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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione IX
5.
Mercoledì 18 aprile 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Valducci Mario, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE PROPOSTE DI LEGGE C. 4662 VALDUCCI E ABBINATE RECANTI «DELEGA AL GOVERNO PER LA RIFORMA DEL CODICE DELLA STRADA, DI CUI AL DECRETO LEGISLATIVO 30 APRILE 1992, N. 285»

Audizione di rappresentanti della Federazione italiana amici della bicicletta (FIAB) e di rappresentanti del Movimento «Salvaiciclisti»:

Valducci Mario, Presidente ... 3 10 15 18
Bellino Paolo, Coordinatore romano del Movimento «Salvaiciclisti» ... 9 17
Berardi Massimo, Coordinatore del Movimento «Salvaiciclisti» ... 17
Chiarini Enrico, Responsabile gruppo tecnico della FIAB ... 7 15
Galatola Edoardo, Responsabile sicurezza della FIAB ... 3 15
Garofalo Vincenzo (PdL) ... 11
Lovelli Mario (PD) ... 14 15
Motta Carmen (PD) ... 13
Nizzi Settimo (PdL) ... 12
Parigi Valerio, Coordinatore del Movimento «Salvaiciclisti» ... 16
Pierfranceschi Marco, Coordinatore del Movimento «Salvaiciclisti» ... 16
Velo Silvia (PD) ... 13

ALLEGATO: Documentazione consegnata dai rappresentanti della Federazione italiana amici della bicicletta (FIAB) ... 19
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA.

[Avanti]
COMMISSIONE IX
TRASPORTI, POSTE E TELECOMUNICAZIONI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta antimeridiana di mercoledì 18 aprile 2012


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MARIO VALDUCCI

La seduta comincia alle 11.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti della Federazione italiana amici della bicicletta (FIAB) e di rappresentanti del Movimento «Salvaiciclisti»

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle proposte di legge C. 4662 Valducci e abbinate recanti «Delega al governo per la riforma del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285», l'audizione di rappresentanti della Federazione italiana amici della bicicletta (FIAB) e di rappresentanti del Movimento «Salvaiciclisti».
Do la parola ai rappresentanti presenti per lo svolgimento della relazione.

EDOARDO GALATOLA, Responsabile della sicurezza della FIAB. Nella mia esposizione vorrei sottolineare alcuni elementi che evidenziano la necessità di affrontare l'argomento in oggetto e individuare sia le iniziative che sono stati portate avanti anche nell'ambito di questa Commissione sia i possibili interventi a livello parlamentare che si potrebbero intraprendere in questa legislatura, con alcune richieste puntuali che vorremmo presentare. Parlo a nome della FIAB, Federazione italiana amici della bicicletta, ma anche dell'associazione «Camminacittà» che rappresenta i pedoni.
Partiamo da quelle che, a nostro giudizio, rappresentano le priorità, ossia quali sono i comportamenti da evitare, in cosa consista la sicurezza e in cosa no. La prima domanda da porsi è: è sicuro andare in bicicletta? Per rispondere è importante analizzare la curva che correla la probabilità di morte con la velocità di impatto: la normale velocità tenuta da un ciclista, sui 20-25 chilometri all'ora, comporta un rischio trascurabile, paragonabile a quello di andare a piedi. Il rischio vero, pari al 50 per cento, è quello di impatti oltre i 50 chilometri all'ora: essere investiti a 30 chilometri all'ora è come cadere dal primo piano, a 50 dal terzo. A 30 chilometri orari, infatti, ci si riesce a fermare, a 50 no, a causa del tempo di reazione. A seconda della velocità, dunque, ci sono reazioni diverse, così come aumentando la velocità diminuisce l'angolo di visuale, che permette di avere una maggiore capacità di osservare anche se esce un bambino da dietro una macchina. A 50 all'ora non si riesce a vederlo.
Veniamo ai dati dell'incidentalità. I dati relativi alla situazione della mortalità di pedoni e ciclisti, evidenziano una leggera diminuzione.
Come certamente saprete il III Programma quadro comunitario chiedeva la riduzione del 50 per cento della mortalità nei Paesi dell'Unione europea: abbiamo raggiunto una riduzione del 42 per cento,


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che è un risultato buono, anche se non proprio il dimezzamento della mortalità. Se però scorporiamo il dato, notiamo che c'è stata una riduzione del 52 per cento tra gli utenti delle quattro ruote e del 29 per cento nell'utenza debole: pedoni, ciclisti e motociclisti. Questo significa che non si è raggiunto l'obiettivo perché non si è protetta l'utenza debole.
Disponete anche di questo dato nella documentazione che ho consegnato alla Commissione che contiene i risultati dei vari Paesi, ma questo dato in particolare ci permette di notare un altro fatto rilevante: dal 2009 l'Italia è il primo Paese dell'Unione europea in cui i morti dell'utenza debole sono superiori a quelli delle quattro ruote. Non si può più garantire la sicurezza se non si protegge questo settore dell'utenza della strada.
Per quanto riguarda il ranking italiano sulle quattro ruote siamo in piena media europea, mentre sull'utenza debole siamo nelle ultime posizioni. Il dato che trovate nella nostra documentazione è scorporato per pedoni, ciclisti e motociclisti, in termini di morti per 100.000 abitanti.
Va certamente evidenziata una peculiarità italiana, su cui è importante intervenire, nella distribuzione, che emerge dai dati ISTAT dell'ultimo anno, dei morti e feriti in incidenti in funzione della tipologia della strada. Che il 76 per cento di incidenti avvenga in città rappresenta un dato normale, ma non lo è il 40 per cento dei morti. Nel confronto a livello europeo, siamo ben oltre la media; siamo il Paese nelle cui città si rileva maggiore incidentalità grave. Se, addirittura, confrontiamo il dato dei morti in città, notiamo come uno su due è un pedone o un ciclista, 3 su 4 un pedone, un ciclista o un motociclista. È fondamentale intervenire.
Prima di passare ad illustrare le nostre proposte specifiche, vorrei sottolineare che riteniamo necessario consultare soprattutto i diretti interessati, pedoni e ciclisti, perché spesso esiste una percezione non completamente corretta delle tematiche che li riguardano.
Il primo intervento per migliorare la sicurezza dei ciclisti - siamo a livello delle statistiche - è aumentarne il numero. Sembra paradossale ma, raddoppiando i ciclisti, si dimezzano i morti, e dimezzando i ciclisti, si raddoppiano i morti perché cambia il regime del traffico. Questo, naturalmente, reca vantaggi a tutti gli utenti della strada.
Se confrontiamo l'incidentalità con i chilometri percorsi in bicicletta o in modal split, che individua il numero di percorsi fatti in bicicletta sul totale, osserviamo che i Paesi dove esiste maggiore utenza ciclabile presentano anche una minore incidentalità per tutti gli utenti della strada, quindi anche per i pedoni e questo è un fattore fondamentale. Bisogna, dunque, aumentare e facilitare la mobilità sostenibile perché questa migliora anche la sicurezza stradale.
Il secondo elemento da tener presente come fattore importante è la riduzione delle differenze di velocità, quindi la moderazione del traffico. Nella documentazione che vi abbiamo distribuito trovate anche i dati estratti da una pubblicazione comunitaria che descrive bene cosa succede a pochi chilometri all'ora in termini di differenza di impatto: a 30 all'ora non c'è problema, a 60 potete vedere quali sono le conseguenze. Le azioni per promuovere le zone a 30 km all'ora devono essere, dunque, prioritarie, e il non superamento dei 50 chilometri all'ora in città, che è un obbligo, deve essere fatto rispettare.
Veniamo al Codice della strada, oggetto di questa audizione, e agli interventi possibili di modifica. Innanzitutto, è importante intervenire per due ragioni primarie. L'articolo 1 di ogni codice contiene i suoi princìpi informatori, quindi ha anche una valenza di tipo strategico e programmatico. Secondo il nostro codice all'articolo 1, comma 2, «le norme e i provvedimenti attuativi devono ispirarsi al principio della sicurezza stradale perseguendo gli obiettivi di ridurre i costi economici, sociali e ambientali derivanti dal traffico veicolare e migliorare il livello di qualità della vita dei cittadini attraverso una razionale utilizzazione del territorio».


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Si tratta, in sostanza, di incentivare la mobilità sostenibile, quindi diminuire i costi economici, sociali e ambientali, che non sono affatto irrilevanti - parliamo spesso di costi, sappiamo che il Paese non ha la possibilità di navigare nell'oro - mentre il costo della insicurezza stradale ammonta oggi a circa 28 miliardi di euro l'anno, tra morti e feriti; i costi ambientali indotti dal traffico veicolare sono circa 70 miliardi di euro l'anno. Si tratta di 3 mila euro di tassa per macchina che paghiamo tutti per il fatto stesso di avere questo tipo di organizzazione del traffico. Questo significa che quando parliamo di armonizzazione, se gli articoli del codice non rispettano i princìpi fondatori previsti, dovrebbero essere rivisti.
Un secondo elemento che è necessario affrontare - sembra banale - è la terminologia adottata: nel nostro codice, agli articoli 2 e 50, si continua a parlare di velocipedi. I nomi hanno importanza anche se è evidente che possiamo identificarci in qualsiasi termine, ma questo significa semplicemente che non si è provveduto ad aggiornare un corpo normativo ancora legato a una visione arcaica dell'utilizzo del mezzo. Non parlare, quindi, di ciclisti, ma di velocipedisti dice tutto su come il codice attualmente sia organizzato e sulla sua attenzione a questo tipo di segmento della mobilità.
Chiediamo, quindi, in generale armonizzazione e semplificazione. Abbiamo un codice particolarmente ipertrofico che cerca di normare anche il colore dei segnali stradali o altri, argomenti che potrebbero essere rinviati al regolamento di attuazione, mentre è necessario un codice funzionale a ridurre l'incidentalità anche attraverso analisi statistiche che ci indirizzano su come intervenire.
Il codice deve tenere conto che in ambito urbano non è diminuita e in qualche caso è aumentata l'incidentalità e interessa maggiormente l'utenza debole. Sarebbe, allo stesso modo, opportuno che esplicitamente il codice si potesse ispirare anche ai princìpi della mobilità sostenibile e abbiamo già parlato dello snellimento delle norme ivi previste.
Peraltro occorre ricordare che non partiamo da una tabula rasa. Ci sono stati degli interventi importanti di modifica del codice, ed una serie di proposte di legge presentate da parlamentari di diverse forze politiche in questa legislatura. A seguito di queste iniziative c'è stato un momento significativo quando in sede deliberante questa Commissione ha approvato delle modifiche al codice.
Faccio riferimento in particolare alle sedute del 30 giugno e del 1o luglio 2009, in cui sono stati presentati anche alcuni emendamenti contenenti proposte per l'incentivazione e tutela della mobilità sostenibile. Nella seduta del 7 luglio tali emendamenti sono stati ritirati dai presentatori, ma è stato affermato esplicitamente che se ne condividevano i princìpi - così, almeno, da quanto ho letto dagli atti parlamentari -, ma che non era quello il momento opportuno perché dovevano piuttosto essere inseriti in una revisione più organica del codice della strada.
A tali emendamenti facciamo esplicito rinvio anche nel documento che vi abbiamo consegnato oggi; gli emendamenti ritirati sono stati riscritti come ordini del giorno che prevedono determinati impegni e raccomandazioni al Governo. Dal momento che la spettabile presidenza di questa Commissione ha già manifestato una particolare attenzione su questi temi, chiediamo «se non ora, quando» intervenire per una riforma organica effettiva e che comprenda alcuni degli elementi che abbiamo segnalato in questa sede?
Tali interventi sarebbero oltretutto in linea con quanto richiesto dall'Unione europea. Sapete che il III Programma quadro di azione europeo per la sicurezza stradale si è concluso con il 2012, è in corso il IV Programma quadro 2011-2020, che tra gli impegni richiesti a livello comunitario pone esplicitamente la protezione degli utenti deboli e vulnerabili della strada con interventi specifici, come la raccolta dati, il monitoraggio, la ricerca e l'individuazione degli obiettivi, rendere più sicure le infrastrutture.
Sulle modifiche al codice della strada, lascerei la parola all'ingegner Chiarini, che


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ha presentato un'analisi dettagliata e che, sinteticamente, esporrà i punti sui quali riteniamo importante intervenire con modifiche puntuali. Vorrei, però, prima fare riferimento a pochi altri aspetti.
Innanzitutto, la campagna che FIAB ha condotto per il riconoscimento da parte dell'INAIL dello spostamento in bicicletta casa-lavoro negli infortuni in itinere - ho su questo particolare aspetto anche un'informativa, che lascio agli atti della Commissione - un problema banalissimo, ma culturalmente fondamentale. La bicicletta non è riconosciuta come mezzo di trasporto in caso di infortunio in itinere, se non come mezzo necessitato, quindi equiparato ai mezzi privati, e non al trasporto pubblico o all'andare a piedi. La motivazione non esplicita è che la sicurezza in bici è inferiore a quella dei mezzi pubblici, per cui chi adopera la bicicletta si assumerebbe un rischio eccessivo.
Secondo le statistiche sanitarie, andare in bicicletta riduce anche il costo del Servizio sanitario nazionale: i mesi di vita guadagnati sono 20 contro 1 in rapporto a quelli persi a causa degli incidenti. Abbiamo proposto un intervento in questo senso, un punto da aggiungere al decreto legislativo 38 del 2000 perché anche l'uso della bicicletta sia tra quelli prioritari per la mobilità sostenibile.
Ovviamente, ci sono proposte senza oneri finanziari e proposte che al contrario recano oneri maggiori. È evidente che esistono priorità diverse anche in funzione della situazione economica nazionale, ma vorremmo individuarle come priorità in generale.
L'European platform on mobility management è, ad esempio, un'organizzazione che sta raccogliendo i dati sulla mobilità di tutte le città europee. In Italia sono pochissime le amministrazioni comunali che hanno risposto, ma senza dati sulla mobilità non si possono pensare politiche di intervento mirate, per cui la nostra richiesta è quella di un intervento che induca le amministrazioni locali a raccogliere le informazioni che servono per le politiche locali.
Quanto al Piano Generale della Mobilità Ciclistica (e anche pedonale), ovviamente quasi tutti i Paesi europei hanno un masterplan e un Servizio nazionale di mobilità ciclistica. Si tratta di strumenti fondamentali perché senza pianificazione non si riescono ad attuare le politiche. La Germania con la sua azione è passata dal 10 al 20 per cento e ha investito tantissimo in questo settore.
Quanto ai Piani della Sicurezza Stradale, è opportuno che l'analisi di rischio e di dettaglio sia effettuata da tutte le amministrazioni. Secondo il Piano Nazionale della sicurezza stradale le amministrazioni provinciali dovevano procedere in tal senso, mentre abbiamo una situazione a macchia di leopardo. Nella documentazione abbiamo previsto anche un'analisi metodologica specifica: in particolare a nostro giudizio dovrebbe essere prevista l'obbligatorietà per tutte le amministrazioni locali di dotarsi di specifici Piani di sicurezza e una specifica Autorità sulla sicurezza che verifichi l'attuazione dei piani di sicurezza realizzati. Non basta, infatti, una mera valutazione di principio, bisogna anche verificare l'attuazione di quanto previsto nei Piani, dare dei criteri coi quali individuare se gli obiettivi sono stati perseguiti o meno.
Il finanziamento della mobilità sostenibile è, ovviamente, un tasto dolente, ma stiamo parlando di spiccioli se guardiamo la situazione complessiva: occorre innanzitutto prevedere il rifinanziamento della legge n. 366 del 1998, mai più rifinanziata, sulla mobilità ciclistica, ma anche l'individuazione di altre risorse. Nella campagna «salvaiciclisti» si individuava, tra altri, la questione della fonte cui attingere un finanziamento, in quel caso per piste ciclabili, mentre ora parliamo, più in generale, di finanziare la mobilità sostenibile.
Queste sono alcune delle proposte. Non entro ulteriormente nel merito, ma se siete interessati possono essere approfondite. Occorre la volontà di reperire le risorse necessarie anche perché non si tratterebbe di nuove risorse, ma si tratterebbe di


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modificare la destinazione di risorse già esistenti, come i proventi delle multe.
Inoltre, si potrebbero inserire le opere per la mobilità ciclistica e pedonale tra gli oneri di un'urbanizzazione secondaria, quando c'è una modifica a livello urbanistico. Ovviamente, il momento opportuno è quello in cui ci sono anche risorse per farlo.
Ancora, è importante individuare ulteriori risorse da destinare ad una campagna di sensibilizzazione e promozione della mobilità sostenibile. In televisione non esiste nessuna campagna a favore della mobilità sostenibile e sapete quante ce sono, invece, a favore della motorizzazione. Basterebbe che una frazione anche minima di tali risorse fosse indirizzata a una campagna di pubblicità progresso.
È necessario anche un rafforzamento di quanto disposto dell'articolo 191 del codice per i pedoni. È forse uno degli scandali maggiori in Italia il mancato rispetto della precedenza dei pedoni. Serve un'azione di monitoraggio, verifica e, comunque, rafforzamento di questo aspetto fondamentale per la convenienza di tutti gli utenti della strada.
Concludo parlando dell'osservatorio dell'incidentalità: i dati raccolti dall'ISTAT e le statistiche elaborate a livello locale sarebbero utilissime ma purtroppo non sono conosciute dalle amministrazioni. Con l'Osservatorio utenze deboli, un'altra organizzazione senza scopo di lucro a cui partecipiamo, si è proceduto a un'indagine prototipale, che vi invito a consultare sul sito Internet. Ho fornito, in ogni caso, insieme alla documentazione un opuscolo sulla sicurezza stradale realizzato dall'Osservatorio. Una campagna di questo genere applicata a tappeto in tutte le amministrazioni comunali e provinciali potrebbe rappresentare uno strumento utile per raccogliere i dati conoscitivi necessari a realizzare politiche locali.
Lascerei ora, la parola all'ingegner Chiarini per un intervento relativo alle modifiche del codice della strada che riteniamo necessarie.

ENRICO CHIARINI, Responsabile gruppo tecnico della FIAB. Sappiamo benissimo per quale motivo oggi la bicicletta diventa un'emergenza per situazioni di stress, di sostenibilità e sicurezza, difficoltà di tipo relazionale e di altra natura. Nel nostro impegno a favore della bicicletta, che dura ormai da 25 anni, la mobilità ciclistica, oggi più che mai, soprattutto in questa contingente situazione economica, è una componente essenziale per un moderno sistema di mobilità urbana, ma occorre, fondamentalmente, ritrovare un equilibrio tra la ripartizione modale degli spostamenti.
È sicuramente una questione di cultura, basata ancora su una concezione sostanzialmente autocentrica e su regole di circolazione basate, soprattutto, su rapporti di forza. Tutte le proposte che vorremmo avanzare vanno nella direzione di una maggiore armonizzazione tra le varie componenti di traffico.
Vorrei richiamare l'elenco delle proposte di modifica normativa che si trovano anche nella documentazione che avete a disposizione. Mi soffermerò, in particolare, su alcune di queste che ritengo più rilevanti.
Per quanto riguarda il controsenso ciclabile, la diffusione della bicicletta dipende soprattutto dalla continuità e dall'estensione della rete ciclabile, costituita sia da spazi dedicati, ossia piste ciclabili, sia da spazi condivisi, ossia sistemi di fruibilità delle strade in zone a traffico moderato. La possibilità di circolare in bicicletta in doppio senso di marcia permette un completamento, naturalmente a basso costo, dalla rete ciclabile.
La proposta è di introdurre anche nella normativa italiana il concetto di senso unico eccetto che per le biciclette alla stregua di quanto accaduto in altri Paesi europei, come Belgio, Polonia, Spagna, Olanda, Danimarca, Spagna, Germania e Francia, per citarne alcuni. Il recente parere che abbiamo ottenuto dal Ministero delle infrastrutture nel dicembre 2011, che ha anche avuto ampia diffusione sulla stampa nazionale, va esattamente in questa direzione, ma fa riferimento, in modo


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un po' complicato e in maniera forse non esattamente comprensibile da tutti, a quanto è previsto dalla normativa vigente.
In questo senso, la strada a doppio senso limitato consentirebbe un doppio transito solo alle biciclette e un'unica direzione, invece, per tutti gli altri mezzi. Questo renderebbe necessaria la apposizione di alcuni segnali di direzione obbligatoria che non rientrano, appunto, nei consueti segnali utilizzati e quindi facilmente comprensibili.
Vorremmo proporre l'uso di questi segnali molto diffusi in Europa, dove, chiaramente, è specificato l'utilizzo della strada a doppio senso di marcia per i ciclisti, si tratterebbe nient'altro che un'evoluzione dell'autorevole parere del ministero che, però, dovrebbe avere il suo completamento nell'acquisizione di questo tipo di segnaletica.
In alcuni casi di Paesi esteri non ci sono particolari limitazioni delle dimensioni stradali a proposito di questa modalità di circolazione. Anche in Italia questa modalità è estremamente diffusa, anche se la norma attualmente in vigore non consente una facile applicazione di tale modalità. Esistono peraltro esperienze ben diffuse sul territorio nazionale anche in grandi città capoluogo che hanno dato ottimi risultati anche in termini di sicurezza.
Per quanto riguarda i segnali sulle piste, abbiamo i cartelli che ben conosciamo come rappresentati in alcune delle fotografie contenute nella nostra relazione. Questi segnali di obbligo, attualmente, non prevedono eccezione alcuna, salvo per le competizioni ciclistiche, per cui anche tutti gli amatori o ciclisti o anche professionisti, in allenamento, sarebbero obbligati a utilizzare le piste ciclabili.
Questo, tuttavia, crea alcune difficoltà di fruibilità da parte di questi ciclisti e potrebbe essere, oltretutto, in alcuni casi comodo utilizzare percorsi anche alternativi. La nostra proposta è, quindi, di integrare questa segnaletica come, ad esempio, nel codice francese, dove sono stati inseriti pannelli quadrati riportanti più o meno le stesse figure che individuano i percorsi consigliati.
Per quanto riguarda l'attraversamento delle intersezioni semaforizzate, l'attuale situazione crea qualche difficoltà perché in questo momento, secondo il codice dalla strada, svoltare a sinistra non è possibile in un unico tempo, ma è necessario farlo in due fasi, a meno di scendere dalla bicicletta e percorrere la strada portandola a mano. Provenendo per esempio da sud, bisognerebbe percorrere i due attraversamenti pedonali scendendo dalla bicicletta in senso orario o in senso antiorario, o bisognerebbe spostarsi al verde pedonale, dirigersi nel punto in alto a destra, aspettare un altro verde e percorrere la strada. Secondo le modifiche che proponiamo, il ciclista dovrebbe poter percorrere legalmente la svolta a sinistra come un normale veicolo.
La linea di arresto avanzata consiste, appunto, nella realizzazione di una linea avanzata di arresto per le biciclette in modo da facilitare la svolta a sinistra e, nel momento di attesa del verde, di non respirare i gas di scarico delle automobili. Questa è una pratica in parte diffusa in Italia. Vediamo benissimo che molti ciclisti si approcciano alla lanterna semaforica quasi sempre in posizione avanzata, ma non è identificato uno spazio loro dedicato.
Venendo al segnale di indicazione ciclistica, nel nostro codice attualmente non sono previsti segnali specifici. Questo per noi è un argomento molto importante perché lo sviluppo della mobilità ciclistica in Italia ormai pone questo tipo di esigenza. Questi due segnali sono in fase di studio per una serie di rapporti con alcune istituzioni e si sposano un po' con l'attuale segnaletica di tipo turistico, ma si differenziano caratterizzando proprio l'utenza ciclistica sul territorio nazionale.
Esistono per esempio segnali in cui sono rappresentati due percorsi, di carattere internazionale e nazionale, i percorsi EuroVelo e Bicitalia, che caratterizzano il sistema di rete nazionale e, appunto, internazionale.


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L'ultima questione che vorrei evidenziare riguarda l'educazione stradale nelle scuole. Fino a due anni fa era previsto, all'interno dei percorsi di educazione stradale, l'apporto anche di tutte le associazioni di promozione ciclistica, tra cui sicuramente la FIAB, che conduce da tantissimi anni progetti di collaborazione con le scuole a tutti i livelli, dalla primaria alla secondaria. Riteniamo, dunque, di essere un soggetto particolarmente efficace in questo tipo di promozione alla educazione stradale. La proposta che facciamo è di reinserire, in particolare, FIAB, ma anche altre associazioni del settore, in un piano di collaborazione con il ministero in questi settori di educazione. Segnalo in proposito che in alcuni casi con le nostre associazioni siamo riusciti a collaborare efficacemente ai vari livelli del previsto percorso di istruzione.

PAOLO BELLINO, Coordinatore romano del Movimento «Salvaiciclisti». Vi parlo a nome della campagna «Salva i ciclisti», che penso abbiate visto recentemente sui giornali. Nel materiale che la segreteria vi ha distribuito c'è il nostro volantino di convocazione della grande manifestazione nazionale del 28 aprile, convocata per un motivo semplice: ci siamo stancati di morire per strada.
Il traffico di tutte le nostre belle città, tra le città più belle del mondo, è parossistico, omicida e diseconomico. Dopo tanti anni di inutili tentativi di far parlare di questo argomento, ovvero di come le nostre città siano vissute male e anche, in una certa misura, in maniera criminogena per via di certi comportamenti a bordo di automobili, ci siamo finalmente stufati e abbiamo catalizzato l'attenzione da due mesi costantemente sullo stato delle nostre strade.
Siamo in questa Commissione per parlare con voi, osservatori principali della società italiana. Sapete benissimo cosa succede per strada, avete idea perfettamente di quello che sta succedendo nel nostro Paese costantemente ogni giorno. È una situazione eccessiva: 70 macchine per 100 persone, mentre la media europea è 40.
Sempre più gente si sposta in bicicletta e al momento è pericolosissimo perché, come diceva Galatola, se non si raggiunge una soglia critica - generalmente, la percentuale dei ciclisti si aggira intorno al 15 per cento, siamo a rischio. Il momento italiano è particolare e su questo vorrei la vostra attenzione perché faremo una conferenza stampa sulla giornata di oggi e anche per l'iniziativa del 28: -10 per cento di acquisto di benzina, 2 euro al litro, -37 per cento di acquisto macchine. È evidente a tutti, ma non vogliamo dircelo, che questo modello di mobilità personale è ormai obsoleto e sta diventando anche pericolosissimo.
Non c'è modo per modificare questa situazione? Noi riteniamo di sì. Abbiamo scelto la bicicletta. Come avete visto ieri da un sondaggio, incomprensibilmente capitato quasi dal cielo, in Italia 25 milioni di persone si spostano in bicicletta. Gli spostamenti modali rasentano il milione al giorno in bicicletta. Oggi sulla pagina romana di Repubblica on line trovate la storia, anche questa paradossalmente arrivata come una benedizione del Padreterno, di un imprenditore romano di 43 anni che ha rottamato due macchine e vive solamente con mezzi pubblici e bicicletta. Ha famiglia, due bambine piccole e risparmia 7.080 euro all'anno di benzina.
Come vedrete dal retro del nostro volantino, ci sono esigenze sociali in atto di cui sarebbe opportuno prendersi carico e capire come favorire tali tendenze. Non vi chiediamo atti particolari. La FIAB ha esposto perfettamente e lucidamente ciò che stiamo sostenendo da ormai troppi anni. Chiediamo solamente di guardare cosa succede nelle strade italiane e capire che la società sta cambiando.
In questo momento siamo in diretta su Twitter, tutto quello che diciamo qui è già all'attenzione di chi ci segue. Siamo tutti molto contenti che la parte più alta, più nobile della rappresentanza italiana, abbia accolto la nostra istanza di essere ascoltati. Siamo un movimento culturale, facciamo


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essenzialmente pressione perché ce n'è bisogno, perché l'esigenza, come leggete sul retro del volantino, è quella che è e a voi chiediamo di vedere l'Italia nelle sue modifiche.
Non è più come negli anni Sessanta, quando la macchina era il mezzo di libertà che ci portava a Ostia per il picnic, non è più così da molti anni, ma continuiamo a comportarci come se fosse così. Vi chiediamo di agire come legislatori per ottenere un cambiamento reale.
Siccome stiamo conducendo una campagna di cultura, di pressione, di opinione e siamo quasi 18 mila persone e chissà che cosa succederà in piazza il 28, con alcuni coordinatori della campagna che, se vogliono intervenire brevissimamente, spero possano farlo, avanzeremmo una proposta simbolica e concreta: da questa stanza, dalle vostre penne dovrebbe uscire l'atto simbolico di obbligare i vostri autisti, chi guida la vostra auto, a rispettare i limiti di velocità e a parcheggiare dove è consentito.
Sapete benissimo che l'auto blu oggi è l'oggetto più odiato dagli italiani. Le cosiddette auto blu sono un patrimonio pubblico e voi siete la più alta rappresentanza pubblica che abbiamo in Italia. Non saprei come definirlo, ma vi chiedo un atto qualsiasi, legislativo, regolamentare, come preferite, per dare un segnale preciso agli italiani, che non ne possono più di vedere, oltretutto, questi privilegi.
Ve lo chiedo non come atto significativo per il cambiamento per noi ciclisti. Non stiamo parlando, infatti, solo di ciclisti, ma di vita in strada. Quello che riguarda noi, utenza fragile, non debole, riguarderà tutta l'Italia. Un atto qualsiasi in quella direzione degli organi legislativi si tradurrebbe in un beneficio per tutti gli italiani anche per il risparmio in tempi di crisi.

PRESIDENTE. Ritengo opportuna una rettifica relativa all'ultima questione trattata. I parlamentari non usano l'auto blu. Io sono l'unico che usa un servizio di auto messo a disposizione da 16 autisti per la Camera dei deputati, che forniscono servizi a 80 parlamentari che rivestono alcune cariche all'interno del Parlamento, dai vicepresidenti ai segretari dell'Ufficio di Presidenza della Camera, ai questori, ai presidenti di Commissione. Quindi stiamo attenti.
Capisco che sia bello, ma a mio giudizio anche demagogico, «sparare sulla croce rossa», ovvero su noi parlamentari, ma penso che si debba anche avere rispetto per molti di noi che, quotidianamente, siamo messi sotto traccia come oggi da Libero. Spendo, per regalare a persone che collaborano con me, con cui ho un rapporto, 2.000 euro ogni Natale per regalare delle agendine che non mi fornisce la Camera e oggi Libero ha voluto sostenere che con la pelle dei cittadini si rilegano le agende della Camera.
Penso che queste siano iniziative barbariche, scandalose, ma è refrain, per cui chi vi parla non è più molto interessato a continuare questo tipo di attività, sempre svolta in maniera professionale. Vedo, infatti, che non è utile a nessuno, e quindi è bene tornare a ciò che ciascuno di noi faceva prima di essere eletto, per quanto mi riguarda anche con più soddisfazione e con meno problematiche di quante oggi subiamo.
Chi rappresenta la classe dirigente in un Paese dovrebbe essere remunerato di conseguenza se i livelli di selezione sono adeguati. È colpa anche nostra che negli ultimi tempi abbiamo fatto venire meno questi livelli di selezione, ma ho tenuto a questa precisazione perché, purtroppo, chi dovrebbe dire queste cose anche alla Camera dei deputati non lo fa, per cui mi corre l'obbligo di dirlo anche a nome dei colleghi.
Voglio ricordare che, in presenza già di una riforma del codice della strada, che voi conoscete, approvata nell'agosto 2010, audiremo pochissimi soggetti e voi siete tra questi proprio per gli impegni che ci eravamo presi allora col mondo che rappresentate e con alcuni colleghi che avevano presentato un pacchetto, che avete ricordato, di riforma sul tema della mobilità delle fasce cosiddette deboli, ciclisti, pedoni e così via.


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Voglio ricordare che, però, per quanto riguarda i pedoni, abbiamo previsto un inasprimento notevole. A chi non si ferma alle strisce pedonali quando passa un pedone sono tolti 8 punti dalla patente, mentre prima il codice della strada prevedeva solo una riduzione della velocità. Si tratta sicuramente di poco, ma questa modifica c'è stata già.
Visto che abbiamo deciso di includervi fra i soggetti da audire, siamo sicuramente intenzionati a portare avanti gli impegni che avevamo preso a suo tempo, in particolar modo sul tema della mobilità ciclistica. Molto dipenderà anche dai comuni. Ci tengo a dirlo perché molti degli aspetti che avete ricordato non sono più di competenza nazionale, ma regionale e comunale. I comuni possono facilitare enormemente, come avete ricordato nella vostra relazione, la mobilità nelle aree metropolitane. Penso, infatti, che il tema vero sia quello delle aree metropolitane.
Come è stato ricordato non solo in questa sede, ma in generale, la nostra società ha bisogno di una decongestione verso la mobilità cosiddetta «leggera», nell'ambito della quale quella ciclistica è fondamentale in tutte le aree metropolitane. Garantiamo che porteremo avanti questi impegni.
Rimane il punto interrogativo, che voglio anticiparvi, dei finanziamenti. Credo che anche in questo caso molto possano fare i comuni sulle piste ciclabili e sul tema delle multe. Sapete che, in teoria, il 50 per cento delle multe per chi guida lungo le nostre strade e autostrade dovrebbe andare alla sicurezza stradale. Così non è oggi. I comuni le investono prevalentemente per altri scopi, minimamente per il discorso di manutenzione ordinaria delle strade o addirittura per il trasporto pubblico locale.
Nel nostro iter legislativo, che mi auguro sarà breve, verificheremo anche la possibilità di modificare questa norma, che abbiamo visto essere inattuata, per valutare, magari, se sia possibile destinare una quota eventualmente inferiore al 50 per cento in un fondo nazionale, che venga poi ripartito nei singoli territori e sia effettivamente utilizzata per la sicurezza stradale e per la mobilità che vi riguarda perché ritengo che questa sia una strada che la nostra società deve sempre più condividere e intraprendere.
Do la parola ai colleghi che desiderano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

VINCENZO GAROFALO. Ho chiesto di intervenire soprattutto per ringraziare il presidente Galatola e gli altri due rappresentanti che sono intervenuti. Ci hanno fatto un quadro molto chiaro della loro posizione anche sugli aspetti di cui questa Commissione ha ritenuto, comunque, già necessario occuparsi. Ricordo quando abbiamo lavorato, appunto - abbiamo concluso i lavori nel luglio 2010 - e la collega Motta presentò una serie di emendamenti sul tema. Il presidente Valducci in quell'occasione prese l'impegno che di questo argomento avremmo parlato specificatamente.
Se oggi abbiamo potuto ascoltare voi, quindi, mi permetta di dire che era perché avevamo il desiderio di occuparcene, per cui è stato sì un incontro di necessità, ma che deriva anche dalla volontà di affrontare un tema che si collega, come è stato ben detto, a quello della mobilità sostenibile.
Bisogna fare attenzione al fatto che l'attuale situazione finanziaria, che ha generato una riduzione di consumi dei combustibili e anche di vendita inferiore delle automobili, genera, come ieri è stato detto in un'audizione da rappresentanti delle concessionarie auto, anche però una riduzione di gettito per il Paese, per cui sono anche minori le entrate, come inferiore è la disponibilità dello Stato a destinare risorse a settori della mobilità virtuosi come il vostro.
Tornando a quanto avete voluto illustrarci, ho apprezzato anche la questione relativa all'educazione stradale e che riguarda l'istruzione. Credo che la campagna di educazione stradale nelle scuole sia uno degli elementi più importanti. Probabilmente, servirebbe un lavoro di sensibilizzazione col Ministero dell'istruzione affinché


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sia previsto, nelle attività svolte nei programmi dalle prime classi, quindi alle elementari, un numero di ore necessarie per diffondere la cultura della bicicletta non come solo svago, ma come possibile e successivo mezzo di locomozione ordinario. Di questo, infatti, si tratta per poter arrivare a un sistema di mobilità sicuro.
Per quanto riguarda la questione delle auto blu sulla quale è giustamente intervenuto anche il presidente Valducci - siamo ormai abituati a sentire cose inesatte, lo scrivono i giornali, figuriamoci che non ci sia anche un aspetto di diffusione della disinformazione - desidero precisare che, per quanto riguarda la velocità e le soste in zone che creano disagio a chi utilizza la bicicletta, purtroppo il tema non è quello delle leggi. Abbiamo, infatti, inasprito e creato sanzioni forse anche esagerate, ma il problema è di chi controlla. I compiti sono differenti.
Magari, interpretando anche in maniera a volte rigorosa il nostro ruolo, mettiamo in piedi delle norme severe, poi gli organi che devono irrogare le sanzioni si girano dall'altro lato. Questa è una campagna di sensibilizzazione che va fatta nei confronti degli amministratori dei vari settori se la sicurezza, come avete giustamente sottolineato, è maggiormente a rischio nelle aree urbane. Dovremmo costringere i comuni a far fare ai vigili urbani il loro mestiere, che purtroppo, come sapete, fanno poco. Non stanno, infatti, nelle strade e quando ci sono rilevano soprattutto alcune sanzioni e violazioni e non altre. Su questo, quindi, le norme sono ben chiare, come anche voi avete riconosciuto.
Diverso è intervenire sulla segnaletica stradale, che potrebbe incentivare l'utilizzo della bicicletta ovvero favorire una migliore possibilità di utilizzo del mezzo bicicletta; condivido quindi la necessità di intervenire con le correzioni che ci avete chiesto, richieste alle quali ovviamente, attraverso anche i tecnici che collaborano con noi, cercheremo di dare una risposta in tempi ragionevolmente brevi.

SETTIMO NIZZI. Vorrei riportare un'esperienza personale in quest'Aula. Sono stato sindaco per dieci anni nella mia città, Olbia, e ho realizzato 4-5 chilometri di pista ciclabile a doppio senso. Oggi, come consiglio di amministrazione del consorzio industriale, stiamo realizzando un'opera ancor più avanzata, una pista ciclabile di cinque chilometri che collega la città alla spiaggia più importante dei cittadini olbiesi, coperta con un sistema di fotovoltaico. Spendiamo 8 milioni di euro, per cui, da una parte, c'è la copertura grazie alla quale durante l'estate non ci sarà caldo per i ciclisti, dall'altra parte, produciamo energia pulita.
A voi vorrei consigliare di sollecitare le amministrazioni comunali, ma soprattutto i comandi delle polizie municipali perché il problema della mancata rimozione delle auto dalle strisce pedonali, la sosta in doppia fila o la sosta nell'intersezione degli incroci sono tra gli esempi più eclatanti del malcostume degli automobilisti della città di Roma, dove viviamo. Io viaggio in bicicletta a Roma, non in macchina, e mi accorgo di cosa questo significhi.
In secondo luogo, chiedo al presidente della Commissione se non sia il caso di approvare una risoluzione in questo senso in modo da garantire che una delle modifiche più importanti che abbiamo approvato a salvaguardia dei pedoni e dei ciclisti sia effettivamente applicata. In Italia nessun vigile eleva la multa per divieto o perché non si è fermato durante l'attraversamento pedonale per far passare il ciclista o il pedone. Bisogna fare qualcosa. Forse 8 punti sono tanti, ma se iniziamo con 20 persone, poi 200, forse tutti gli altri impareranno a fermarsi. Chiedo sempre ai vigili e a tutti perché non si elevi la multa per questo tipo di infrazione, ma la risposta è sempre la stessa.
Un'ultima osservazione riguarda la questione dei fondi in maniera così ampia teoricamente assegnati dall'elevazione delle multe agli automobilisti: bisogna far qualcosa di concreto. Sono forse il Ministero dell'interno, quello dell'economia che


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consentono che le risorse che i comuni introitano, anche se sono pochi, con le multe, siano spesi anche per altro.

CARMEN MOTTA. Porterò via pochissimo tempo ai colleghi che vorranno intervenire, ma solo per ringraziare il presidente Valducci anche della puntualizzazione, e cioè dell'impegno reciproco sostanziale che avevamo raggiunto nella precedente occasione di intervento sul codice della strada. Erano stati presentati effettivamente diversi emendamenti, lei aveva chiesto un ritiro sostanzialmente di questi emendamenti per circoscrivere la materia su cui il codice della strada interveniva.
Credo che questa sia l'occasione - così ci era stato detto - per intervenire e riproporre i temi che oggi i rappresentanti della FIAB e, in altro modo, anche dell'associazione «Salvaiciclisti», hanno rappresentato.
Vorrei dire a tutti i colleghi che non sono temi marginali, di nicchia, che riguardano amanti della bicicletta, ma è un modo di vivere le città, di percorrere le nostre strade, una modalità di spostamento che, soprattutto nei centri storici, va incentivata, ovviamente regolamentata, ma anche tutelata perché consente un decongestionamento del traffico e dell'ambiente cittadino. Io abito in pianura padana, dove la qualità dell'aria rappresenta un problema serissimo. È chiaro che non è grazie all'aumento di mille ciclisti che la qualità dell'aria improvvisamente cambia - ci mancherebbe - però tutto questo può concorrere a invertire una tendenza e ad aiutare persone con stili di vita che non solo aiutano la qualità della vita stessa, ma possono aiutare a loro volta le collettività.
Raccomando, quindi, i temi che sono stati rappresentati anche negli interventi dei rappresentanti delle associazioni intervenuti nella seduta odierna perché su questi, tra l'altro, ci sono sì sensibilità e attenzione, ma c'è bisogno anche di una cultura di una diffusione corretta di questi dati e, soprattutto, dell'impegno per il quale tutti gli attori che agiscono sulla strada devono essere rispettosi, hanno diritti ma hanno anche regole.
Spero che in questa occasione ci sia la possibilità di vedere accolte alcune questioni che erano state poste nella precedente occasione di dibattito di modifiche al Codice della strada. In particolare, presidente, segnalo il riconoscimento e la tutela dell'incidente in itinere, davvero un tema molto sentito.
Vorrei ringraziare ulteriormente il presidente per le precisazioni sui mezzi utilizzati dai parlamentari. Io sono una parlamentare di lungo corso, terminerò, come il presidente, la mia esperienza, non ho mai avuto auto blu, non mi sono mai mossa «in modo privilegiato», ho una Panda di colore blu, ma non so se questo sia un problema. Mi muovo in bicicletta tutte le volte che posso e tutte le volte, ovviamente, che la distanza me lo consente.
Vorrei che anche da parte delle associazioni che si interessano di questi problemi si valorizzasse, non tanto per me, gli interventi, gli sforzi e il lavoro svolti da parte di tanti parlamentari anche su questi temi, che non si confondesse proprio sempre tutto. Bisogna sempre sapere distinguere tra chi si comporta bene e chi si comporta male, tra chi fa il proprio dovere e chi non lo fa, e valorizzare il merito, se possibile. Credo che questo ridarebbe voglia di lavorare a tutti, anche a quei cittadini che chiedono, come ha ricordato il presidente, che a essere più rigorosi siamo prima di tutto noi stessi nelle scelte che compiamo.

SILVIA VELO. Sarò rapidissima perché i colleghi hanno già detto molte cose, in particolare la collega Carmen Motta del Partito Democratico che, appunto, ha sempre sollecitato in Commissione trasporti questo tema ogni volta che ci siamo occupati di sicurezza stradale e di codice della strada.
Ringrazio l'associazione sia per il contributo puntuale che ha fornito e consegnato per il lavoro di revisione del Codice affrontato dalla Commissione, sia direi


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soprattutto per il lavoro di pressione, come è stato definito, rispetto a un tema per il quale abbiamo - sta diventando evidente che dovremmo trovare gli strumenti - necessità di aggiornamenti e adeguamenti normativi, ma soprattutto di assumere un ruolo rilevante nella cultura politica, nella pianificazione delle città, nelle scelte sulla mobilità sostenibile e via discorrendo.
I colleghi l'hanno dimostrato con alcuni esempi: siamo intervenuti nella legislazione anche pesantemente - mi chiedo se non troppo pesantemente, vengono anche quei dubbi perché quando una sanzione diventa pesante c'è la tendenza a volte a non applicarla - siamo intervenuti sul Codice della strada a tutela dei ciclisti e dei pedoni, però i risultati non sono quelli sperati.
L'audizione di oggi deve servirci non solo per il nostro puntuale lavoro legislativo, ma soprattutto per il lavoro di sensibilizzazione di una cultura politica. La sicurezza dipende non solo da una legislazione più severa, dai controlli, come abbiamo detto, ma necessariamente - siamo arrivati da più parti a questa conclusione - da un cambiamento dei medesimi strumenti di mobilità. Se non si riduce il traffico privato, il traffico su gomma, se non si passa a una mobilità sostenibile come quella ciclistica, a un incremento consistente del trasporto pubblico, collettivo, i nostri risultati sulla riduzione del numero degli incidenti e dei morti arriveranno a un tetto al di sotto del quale non riusciremo a scendere.
Propongo alla Commissione un lavoro - l'abbiamo già detto e lo stiamo in parte già facendo - attraverso mozioni per l'Aula, attraverso una ricognizione sull'attuazione del decreto 120, una sollecitazione agli organi di polizia locale, ma anche agli organi di polizia stradale per l'attuazione. Ieri in un'interrogazione un collega ha segnalato che clamorosamente una norma non era neanche presa in considerazione. Francamente, questo diventa inaccettabile. È inutile ritornare a modificare il Codice se ciò che esiste già non è attuato. Dobbiamo impegnarci a un lavoro organico.

MARIO LOVELLI. Rubo pochi istanti perché sono stato preceduto da colleghi che hanno già detto ampiamente ciò che intendevo esprimere. Innanzitutto, una mozione parlamentare del gruppo interparlamentare «Amici della bicicletta» sarà presentata a breve, e quindi sarà oggetto di discussione in Aula, così come - li avete citati anche voi - ci sono progetti di legge già depositati, altri in fase di elaborazione che riguardano la normativa specifica sulla mobilità ciclistica. Oggi, però, approfittando della vostra presenza e ringraziandovi per il materiale informativo che ci avete consegnato, molto ampio e sicuramente molto utile, anche per chi non lo conosceva, vorrei porre alcune domande.
Oggettivamente, questa è una legislatura che non può durare all'infinito perché siamo in una situazione di emergenza, e non è pensabile che sia prolungata oltre il termine, e quindi abbiamo pochi mesi di lavoro per lavorare alle modifiche del Codice della strada senza, peraltro, sapere dove riusciremo ad arrivare. Se estrapolassimo le norme dedicate al tema della mobilità ciclistica - abbiamo visto le vostre proposte e già le conoscevamo - scegliendo anche sulla base delle vostre indicazioni le questioni essenziali su cui intervenire e che magari, in sede legislativa, si potrebbero portare avanti, quali potrebbero essere le vostre proposte in materia? Si tratta di valutare se, di fronte a una situazione particolare e decidendo di intraprendere il procedimento in sede legislativa, cioè solo in Commissione - d'altronde, è stato fatto così anche per la legge 120 - possano essere individuate alcune specifiche questioni che rappresentano effettivamente delle priorità da affrontare nel corso di questo scorcio di legislatura.
In secondo luogo, a me sembra chiaro - lo scrivete anche voi - che la legge di riferimento n. 366 del 1998 è una legge «di riferimento» nel senso che lì si era


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trovato un percorso anche dal punto di vista del finanziamento. Dovremmo ripartire di lì per rilanciare il finanziamento del piano della mobilità ciclistica sulla base delle indicazioni che vorrete fornirci in questa sede, quindi su questi aspetti sono utili le vostre indicazioni, ma in particolare vorrei porre un quesito su di una questione specifica. Avete sollevato la questione della riduzione dell'IVA sulle biciclette: è un'idea in qualche modo improvvisata o esiste un'elaborazione dalla quale si possa partire per delle riflessioni più approfondite?

PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

ENRICO CHIARINI, Responsabile gruppo tecnico della FIAB. Abbiamo evidenziato le problematiche, a nostro giudizio, più urgenti nella relazione. Le rileggo molto velocemente e, comunque, provvederò a consegnarvi anche questa relazione che non è nella vostra cartella. Si tratta di: controsenso ciclabile (ovvero senso unico eccetto biciclette), segnali di indicazioni ciclistica, linea di arresto avanzata per le biciclette, riorganizzazione della modalità di attraversamento nelle intersezioni semaforizzate, riconoscimento della FIAB nella collaborazione ai programmi di educazione stradale e revisione dei segnali di obbligo e consiglio sulle piste ciclabili.

MARIO LOVELLI. Avete acquisito una ragionevole certezza sull'efficacia di questa norma in termini di sicurezza stradale? Cosa potete dirci?

ENRICO CHIARINI, Responsabile gruppo tecnico della FIAB. Sicuramente sì. Passerei, però, la parola a Galatola che, oltre che rispondere alla sua seconda questione, farà una puntualizzazione su questo aspetto.

EDOARDO GALATOLA, Responsabile della sicurezza della FIAB. Vorrei, prima di tutto, ringraziare perché considero la seduta di oggi proprio come il mantenimento di un impegno. Ha sempre valore rinviare la discussione di un problema e poi affrontarlo successivamente perché significa che c'è una buona organizzazione, per cui sono fiducioso, anche solo per l'attenzione che ci avete riservato.
Vorrei dire che anche, a proposito delle osservazioni che sono state fatte sulle diverse responsabilità, che in sede legiferante e applicativa - è ovvio che è diverso il discorso delle amministrazioni locali - abbiamo cercato di sottolineare l'importanza dell'affrontare in modo organico la materia e questo può essere fatto solo in sede parlamentare per orientare le modifiche che saranno approvate nella giusta direzione.
Si sono elencati dei punti specifici. Chiediamo che ci sia un interesse a recepire delle valutazioni tecniche che dopo possano confluire in norme. Abbiamo cercato di sottolineare che alcuni elementi non sono congruenti, soprattutto nell'impostazione del Codice stesso.
Per quanto riguarda quanto c'è da fare, ovviamente la campagna dell'infortunio in itinere è anche simbolica, ma di valenza generale perché unisce il fatto di riconoscere lo spostamento in bicicletta con la valorizzazione della mobilità sostenibile in sé.
Naturalmente, ci sono altri elementi, come la campagna sulla riduzione dell'IVA, troverete un riferimento specifico riportato nella documentazione. Noi facciamo parte di un'organizzazione europea per la promozione ciclistica, l'European cyclists' federation, che spinge molto su questo e su altri interventi, per cui l'abbiamo inserito tra le nostre proposte in quanto è stato dimostrato che è di sicura efficacia.
Dal punto di vista, operativo, chiediamo quindi soprattutto - siamo ormai alla fine della legislatura, sicuramente, e ovviamente non si può ottenere tutto - che siano date indicazioni in sede di pianificazione. In Italia spesso siamo carenti su questo aspetto. Se si lavora in questo senso, potremmo anche riuscire anche ad impostare il lavoro per i futuri interventi normativi.


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Sotto questo profilo, sono importanti la partecipazione e la condivisione. Vogliamo semplicemente - spero che sia stato chiaro - mettere a disposizione un umilissimo servizio di approfondimento tecnico sugli argomenti che crediamo importanti.

MARCO PIERFRANCESCHI, Coordinatore del Movimento «Salvaiciclisti». Cercherò di rubarvi solo il tempo indispensabile per fornirvi una sintesi complessiva di quanto è stato detto perché, a scendere troppo nel dettaglio, si finisce col perdere la visione di insieme.
In questi anni i ciclisti stanno aumentando. È un dato positivo, anche nell'ottica in cui l'ha presentato il dottor Galatola, perché all'aumentare del numero dei ciclisti si riduce l'incidentalità e per un motivo ben preciso. La percezione dell'automobilista, di chi gli sta davanti in mezzo alla strada, in quel momento non è più di un estraneo, ma di qualcuno di famiglia, come suo figlio, uno zio.
Temo che in una situazione sostanzialmente anarchica e mal gestita, come quella della mobilità italiana in generale e a Roma, dove vivo, questo nel breve termine porterà a un aumento dell'incidentalità stradale se non saranno prese le dovute misure.
In quest'ottica, voglio semplicemente stimolarvi ad avere a cuore questa questione. Ho cominciato ad andare in bicicletta circa vent'anni fa. Mi è piaciuto, ho continuato, ho coinvolto i miei amici e nel corso degli anni ho cominciato a contare quelli che si erano fatti male andando in bicicletta. Un'amica è finita per un mese in coma con un trauma cranico e a seguito di riabilitazione adesso sta bene. Altre persone che conoscevo di vista sono morte. Una bicicletta bianca è su via dei Fori Imperiali ed è di una ragazza che ho conosciuto frequentando l'ambiente della bicicletta a Roma.
Non voglio dire che questo accadrà anche a voi, ai vostri cari, ma è un'esigenza quella di intervenire sul codice della strada perché, almeno attualmente, esso equipara le biciclette agli altri veicoli: nella situazione attuale, con le amministrazioni distratte, con i vigili che pensano ad altro, questo significa che i ciclisti sono abbandonati in mezzo a un mare di macchine. L'automobilista se ne sta protetto nella sua scatoletta di lamiera, non ha la sua pelle esposta, non rischia la sua, ma la pelle degli altri e non sente la necessità di stare attento. Bisogna fare in modo - voi siete quelli che possono farlo - di limitare i danni perché il numero dei ciclisti aumenterà e la cultura di questo Paese non è adeguata a gestire questo momento.

VALERIO PARIGI, Coordinatore del Movimento «Salvaiciclisti». Sono lieto che siamo in una sede legislativa o almeno a monte di future iniziative legislative. Molto brevemente, l'immagine che vedete proiettata, che ho intitolato «non è un sogno», è una realtà così come la vedete illustrata, con i bambini che giocano per le strade delle terre in cui ho trascorso gran parte della mia vita adulta, il mitico nord Europa. Ho piena comprensione quando si dice in maniera un po' generica che i vigili urbani non intervengono o, per esempio, che molte amministrazioni locali sono inerti su questi terreni. Questi risultati si ottengono anche con interventi legislativi che, soprattutto nel caso nostro, possono eliminare alcune oscurità e nebulosità della nostra normativa, che spesso diventa l'appiglio per non fare.
Riporto, se mi permettete, due esempi. Questa, diffusa in tutta l'Europa, è chiamata una strada a moderazione del traffico, un passaggio oltre alla cosiddetta zona 30. Il cartello che vedete è quello che nel codice della strada italiano è detto di zona residenziale ed è, in pratica, soltanto informativo. Ormai in tutti i codici della strada europei quel cartello e questo contesto significano ribaltamento della gerarchia del traffico, per cui il mezzo motorizzato passa all'ultimo posto e deve dare la precedenza a tutti, compresi i bambini che giocano per strada.
Faccio notare anche che non si tratta, però, soltanto di segnaletica. Vedete che ci sono degli interventi costruttivi, che potrebbero anche essere vincolati o inseriti


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in indicazioni legislative che impediscano, di fatto, il traffico e la sosta selvaggia. Ci sono dei restringimenti ed esiste un'intera tecnica ingegneristica detta, appunto, della moderazione del traffico che dovremmo inserire nella nostra normativa, spesso per sottrarre alle amministrazioni comunali inerti e cavillose il famoso «non si può».
Mi permetto solo di rispondere su una delle questioni più controverse, i cosiddetti controsensi ciclabili, ormai diffusi in maniera massiccia in tutti i Paesi d'Oltralpe, ossia in tutta Europa eccetto l'Italia. Questo già dovrebbe dire qualcosa. Se sono diffusi dappertutto, vuol dire che funzionano. In ogni caso, tutti gli studi e le statistiche effettuati in questo campo provano che il senso unico, eccetto bici in zone 30 o contesti simili, non solo non è pericoloso, ma riduce in maniera massiccia l'incidentalità generalizzata, ovvero non solo quella nei confronti dei ciclisti.
Questo mi pare uno dei punti essenziali su cui intervenire sul Codice della strada. Peraltro, alcune amministrazioni un po' più coraggiose già lo applicano in Italia. Per avere un'applicazione generalizzata e sottrarre i tipici cavilli del «non si può» necessitiamo di un chiarimento esplicito nel Codice della strada.

PAOLO BELLINO, Coordinatore romano del Movimento «Salvaiciclisti. Ho già parlato troppo, voglio solo scusarmi col presidente in primis e con tutti i commissari per aver detto una sciocchezza sull'auto blu. Adesso Massimo Berardi offrirà in sintesi alcune risposte ai quesiti posti.

MASSIMO BERARDI, Coordinatore del Movimento «Salvaiciclisti». L'onorevole ci chiedeva cosa possiamo suggerirgli. La prima cosa che verrebbe da rispondere è che siete voi gli esperti e dovreste darci voi, invece, le indicazioni, ma questo, chiaramente, è uno scherzo.
Noi usiamo la strada ogni giorno con la bicicletta, a Roma in particolare, io come altri amici, quindi forse è giusto che vi diamo le valutazioni a caldo che raccogliamo sulla strada. La risposta è semplice: innanzitutto - l'abbiamo detto già e l'avete detto anche voi - bisogna stimolare le amministrazioni al rispetto delle normative vigenti. Già quello ci porterebbe molto avanti, per cui da questo punto di vista non servirebbero nuove norme. Tutto ciò che diceva il rappresentante di FIAB sulla segnaletica deve invece essere introdotto, il controsenso è sicuramente una soluzione ottimale per aumentare anche il livello di attenzione dell'automobilista e questo, secondo me, deve essere il punto fondamentale perché gli automobilisti rappresentano effettivamente il pericolo. Dico sempre che l'automobile uccide il pedone e il ciclista e l'automobilista. Il paradigma è molto semplice, il rischio è che abbiamo un mezzo grosso pesante che circola in città dove ci sono degli utenti, che chiamiamo leggeri, della strada e che possono essere colpiti molto facilmente.
I punti, quindi, sono: limiti di velocità, zone 30 rispettate, divieto assoluto della doppia fila, pericolosa per i ciclisti e per i motociclisti addirittura - basta spostarsi un attimo in centro di carreggiata e chi ha lasciato la macchina in doppia fila per andare a prendere un caffè in cinque minuti può causare un danno a volte anche molto grave - intermodalità. Perché non stimolare, infatti, le compagnie di trasporto pubblico ad adottarla, ossia a permetterci di portare la bicicletta in metropolitana? In questo modo, se si deve andare all'Eur, si prende la bicicletta, si sale a Cavour, si scende all'Eur e si va a lavorare tranquillamente senza dover percorrere la Cristoforo Colombo, effettivamente molto trafficata.
Quanto ai parcheggi per le biciclette, le leghiamo al palo, ma potrebbe esserci qualche altra soluzione, come chiedere all'amministrazione dei condomini di obbligare, lì dove c'è spazio, all'utilizzo di rastrelliere. Sarebbe sicuramente un incentivo alla ciclabilità.
Perché, inoltre, non dare degli incentivi economici? Quando si parla di crisi si incentivano i cittadini italiani a comprare l'automobile: perché, invece, non incentivare a comprare la bicicletta? Questo non favorirebbe solo la ciclabilità, ma anche gli


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interessi economici dei produttori di biciclette, creerebbe un indotto interessante.
In Italia siamo degli ottimi produttori di biciclette, ma la maggior parte del fatturato credo che derivi dal settore delle biciclette da corsa e delle biciclette sportive: perché non introdurre un altro mercato che potrebbe interessare tutto il nostro Paese, che ha bisogno comunque di nuove risorse, magari con una legge ad hoc del Ministro della salute? In fondo, stiamo parlando anche di una campagna a favore della nostra salute. Chi si muove in bicicletta ha meno esigenze di andare in palestra o di tutelarsi fisicamente e non parliamo dei risvolti ecologici perché sarebbe troppo banale. Ci sono delle note positive in tutto questo, mentre a volte si innescano ragionamenti che sono in realtà come un cane che si morde la coda, come quello che non si utilizzano i mezzi pubblici perché non sono sufficienti.
Con le biciclette stiamo andando un po' avanti, sono aumentate. Adesso non conosco più tutti i ciclisti di Roma, prima purtroppo li conoscevo tutti e questo è molto bello. Io sono napoletano e quando vivevo a Napoli non vedevo mai biciclette, forse una volta l'anno, mentre adesso vado a Napoli e vedo biciclette per strada. Si è innescato un processo.
Cerchiamo di stargli dietro, di offrire a chi sta facendo una scelta per ora ancora coraggiosa la normalità. Non vogliamo essere i simpatici ciclisti un po' fricchettoni che vanno in giro in bicicletta perché fricchettoni non siamo. Vogliamo essere persone normali che hanno diritto a usare una strada, per la quale pagano le tasse. In questo modo, invece, paghiamo le tasse per strade che non possiamo utilizzare come si converrebbe.

PRESIDENTE. Ringrazio i rappresentanti di FIAB e del Movimento «Salvaiciclisti» per la relazione e per la documentazione depositata, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 12,15.

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