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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione IX
7.
Mercoledì 9 maggio 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Valducci Mario, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE PROPOSTE DI LEGGE C. 4662 VALDUCCI E ABBINATE RECANTI «DELEGA AL GOVERNO PER LA RIFORMA DEL CODICE DELLA STRADA, DI CUI AL DECRETO LEGISLATIVO 30 APRILE 1992, N. 285»

Audizione di rappresentanti di associazioni di familiari e vittime della strada:

Valducci Mario, Presidente ... 3 5 9
Velo Silvia, Presidente ... 20 24 27
Cassaniti Mastrojeni Giuseppa, Presidente dell'Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada (AIFVS) ... 3 25
Cesari Gianmarco, Avvocato dell'Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada (AIFVS) ... 6 26
Chironi Teresa Maria, Presidente dell'Associazione «I bambini di Flami&Ale» ONLUS ... 16
Cipollone Elisabetta, Vicepresidente dell'Associazione «Diamo valore alla vita» ... 9 24
Conte Francesca Grazia, Consulente tecnico dell'Associazione gruppi uniti tutela e giustizia per le vittime della strada ONLUS (Agusv) ... 13
Falco Concetta, Presidente nazionale dell'Associazione gruppi uniti tutela e giustizia per le vittime della strada ONLUS (Agusv) ... 12
Garofalo Vincenzo (PdL) ... 21
Guarnieri Stefano, Vicepresidente dell'Associazione Lorenzo Guarnieri ONLUS ... 17
Landolfi Mario (PdL) ... 22
Lovelli Mario (PD) ... 23
Monai Carlo (IdV) ... 20
Musicco Domenico, Presidente dell'Associazione Vittime Incidenti della Strada e del Lavoro (AVISL) ... 11
Panepucci Erina, Vicepresidente dell'Associazione Vittime Incidenti della Strada e del Lavoro (AVISL) ... 12

ALLEGATI:

Allegato 1: Documentazione depositata dai rappresentanti dell'Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada (AIFVS) ... 28
Allegato 2: Documento congiunto dell'Associazione «Diamo valore alla vita», dell'Associazione Vittime Incidenti della Strada e del Lavoro (AVISL), dell'Associazione Lorenzo Guarnieri ONLUS e dell'Associazione «I bambini di Flami&Ale» ONLUS ... 31
Allegato 3: Documentazione depositata dai rappresentanti dell'Associazione Vittime Incidenti della Strada e del Lavoro (AVISL) ... 36
Allegato 4: Documentazione depositata dai rappresentanti dell'Associazione gruppi uniti tutela e giustizia per le vittime della strada ONLUS (Agusv) ... 37
Allegato 5: Documentazione depositata dai rappresentanti dell'Associazione Lorenzo Guarnieri ONLUS ... 40
Allegato 6: Parere del professor Carlo Federico Grosso sull'introduzione dei delitti di omicidio stradale e di lesioni personali stradali ... 57
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA.

[Avanti]
COMMISSIONE IX
TRASPORTI, POSTE E TELECOMUNICAZIONI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 9 maggio 2012


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
MARIO VALDUCCI

La seduta comincia alle 11,15.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di associazioni di familiari e vittime della strada.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle proposte di legge C. 4662 Valducci e abbinate recanti «Delega al governo per la riforma del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285», l'audizione di rappresentanti di associazioni di familiari e vittime della strada.
Do la parola agli auditi per lo svolgimento della relazione.

GIUSEPPA CASSANITI MASTROJENI, Presidente dell'Associazione Italiana familiari e Vittime della Strada (AIFVS). Buongiorno a tutti. Abbiamo coinvolto il direttivo e anche gli ingegneri e gli avvocati dell'associazione per discutere della proposta di legge C. 4662, in maniera da fare delle proposte.
Non abbiamo avuto il tempo di fare un punto di sintesi, che portasse ad un documento specifico, però c'è stato un apporto sul piano della discussione. Ci siamo resi conto che c'è una proposta di legge delega al Governo, quindi ci sono ancora i tempi per incidere nelle Commissioni che poi tratteranno i vari temi riferiti alla proposta C. 4662.
Per quanto riguarda la prevenzione, noi partiamo dall'obiettivo posto dall'Europa, che è quello, nel decennio 2011-2020, che prevede di garantire la sicurezza per tutti. Dobbiamo cambiare mentalità e pensare che dobbiamo avere un'ottica diversa nell'affrontare il problema della sicurezza stradale, partendo proprio dall'utenza debole. Siccome sappiamo che il maggior numero degli incidenti si verifica in città - dove troviamo una disomogeneità nella mobilità, per cui abbiamo il pedone, il ciclista, il ciclomotorista, la macchina, il mezzo pesante - ci deve essere un impegno per rivedere la velocità nelle città.
Come per esempio nelle autostrade è vietata la circolazione di pedoni, ciclisti e motorini, allo stesso modo nelle città si deve regolare la velocità dei mezzi pesanti. Il punto di riferimento che noi dobbiamo avere è quello di recuperare spazi urbani vivibili per le persone. Se quindi in autostrada è vietata la bicicletta, non capisco come si possa circolare in città con mezzi molto grandi, come ad esempio i SUV. La velocità si deve quindi regolare in rapporto alla potenza e alla massa del veicolo.
Dobbiamo avere un'ottica di rispetto dell'utenza debole e quindi prevedere il discorso delle zone 30, oltre che la diversificazione della velocità.
L'altro aspetto sul quale puntiamo moltissimo è la formazione del conducente. Ricordo che quando si doveva modificare


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il codice della strada lei aveva detto che era giustificabile la revoca della patente dopo due incidenti con morti. Allora avevo chiesto un'audizione perché il nostro punto di vista era diverso: noi puntiamo principalmente sulla prevenzione, e quello che abbiamo maturato nell'associazione in cui operiamo da parecchi anni è che bisogna avere un punto di vista particolare sulla patente.
Non nasciamo con la patente, che è un titolo che si consegue e che si mantiene, a condizione che a questo titolo corrisponda il dovere di osservare la norma. La grande attenzione deve essere posta all'osservanza della norma, perché in Italia l'osservanza della norma in un certo senso è un optional, in quanto cerchiamo sempre di superarla.
Quando ho la patente, alla mancata osservanza della norma consegue la perdita dei punti della patente, ma dobbiamo andare oltre: riteniamo che per dare un segnale sul piano della prevenzione, sulla necessità di cambiare il comportamento facendo in modo di evitare l'incidente, chi ci tiene ad avere la patente deve capire che deve osservare le norme e cambiare comportamento perché, se gli vengono tolti 10 punti, non potrà più recuperarli tutti, ma potrà magari recuperarne 8.
Deve essere un chiaro segnale che colui che trasgredisce la norma, se non cambia comportamento, a poco a poco perderà definitivamente la patente. Non vogliamo che ci sia un buonismo nei confronti di coloro che mettono in atto comportamenti di trasgressione delle norme: questo è il nostro obiettivo.
L'altro discorso riguarda la formazione del conducente, e bisogna rivedere la formazione delle scuole guida. Riteniamo che la patente debba essere data non a tutti, ma a persone che esprimono un'integrità e un equilibrio della personalità, e quindi si deve guardare con molta attenzione al conseguimento della patente.
Come abbiamo scritto, vorremmo che fosse data a «coloro che dimostrino di possedere, attraverso opportune indagini psicologiche e mediche, uno stato psicofisico equilibrato e un radicato rispetto per la vita e per la salute propria e altrui, ed abbiano conseguito non solo la padronanza della conduzione del veicolo e la conoscenza delle regole della circolazione, ma anche le norme di pronto soccorso, la responsabile percezione dell'altro, la piena consapevolezza degli effetti del consumo di alcol e di sostanze psicoattive alla guida». Vogliamo veramente che ci sia un'attenzione particolare per la formazione responsabile del conducente.
Un altro punto che riteniamo molto importante è la realizzazione di una banca dati riferita a coloro che compiono gli incidenti. Così come si stabilisce il motivo dell'incidente o della trasgressione della norma, allo stesso modo si dovrebbe dire da quale scuola guida provengono tali conducenti, perché nel discorso della formazione del conducente, se in un sistema isoliamo un aspetto e non lo mettiamo in relazione con l'altro che crea il seguente, non evidenziamo eventuali cause dovute alla cattiva formazione del conducente effettuata dalle scuole guida, penalizzando il conducente laddove però va messo in evidenza che anche la scuola guida deve migliorare.
Dobbiamo fare in modo che ci sia un'anagrafe da cui emerga da quali scuole guida provengano queste persone. In questo momento non so dire come si debba costruire questa banca dati, ma dobbiamo pensarci, se vogliamo agire sul piano della prevenzione.
Un altro discorso si deve fare anche per le istituzioni che hanno la responsabilità delle strade. Non dobbiamo pensare che le sanzioni si debbano applicare soltanto alle persone che adottano comportamenti di non rispetto delle norme, mentre le istituzioni deputate a garantire la sicurezza possono farlo ed essere chiamate in causa solo quando l'incidente si verifica.
Vogliamo invece prevenire l'incidente, quindi si deve condividere l'obiettivo di prevenire l'incidente stradale. Discutevamo con gli ingegneri che si potrebbe anche dare questo compito alla Polizia stradale, che, così come sanziona le persone per la trasgressione delle norme, dovrebbe sanzionare gli enti che per esempio mantengono


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una segnaletica o lo stato delle strutture non adeguati. Altra cosa avviene quando si verifica l'incidente, per cui l'ente gestore della strada viene portato in tribunale.
Un ingegnere di Catania ci ha informato del fatto che era stato chiesto che si facesse un marciapiede di 70 centimetri, ma era stato giudicato impossibile perché si sarebbero dovute ampliare le via di fuga dell'auto. L'ingegnere metteva in evidenza come in questo caso si facesse in modo che il pedone passasse nella corsia delle macchine. Bisogna avere un'ottica diversa: se non c'è la possibilità di fare due corsie, una per i pedoni e una per le macchine, vuol dire che quella strada è per i pedoni, non per le macchine.
Dobbiamo avere una visione corretta della realtà, se non vogliamo accettare che la persona venga investita dalla macchina. Dobbiamo cambiare mentalità.
L'altro discorso è la rilevazione degli incidenti, per cui l'ingegner Vangi evidenziava l'esigenza di seguire le norme UNI per la ricostruzione degli incidenti.
Ci sono tanti altri aspetti, per cui potrei lasciarvi questa raccolta di pareri, però chiediamo di essere ascoltati quando ci sono i gruppi di missione, perché noi continueremo a discutere su queste cose e penso che sia interesse politico delle istituzioni fare un salto di qualità nella gestione della prevenzione.
Il giudice Guido Salvini, che è un nostro collaboratore, prima a Milano e ora a Cremona, rifletteva sull'esigenza di tendere a sanzioni che siano efficaci, quindi proponeva di non demandare al tribunale alcune fattispecie, e di far applicare le relative sanzioni dal prefetto, dal momento che queste sanzioni, uguali a quelle che potrebbe applicare il Prefetto, diventano tardive e più costose, e determinano l'intasamento dei tribunali.
Sosteneva quindi che nell'articolo 186 del Codice della strada, per ottenere maggiore efficienza e velocità di giudizio e di applicazione della pena, bisognerebbe affidare al Tribunale le violazioni commesse con assunzione di alcol da 1,5 in su, mentre da 0,8 a 1,5 potrebbe essere ancora compito del Prefetto applicare la sanzione, perché questa verrebbe applicata subito. Altrimenti la pena diventa una cosa irrisoria, perché è solo a parole, ma di fatto non c'è. Questo è il parere di un giudice, che potete anche tenere presente.
Per quanto riguarda l'omicidio stradale, vorrei lasciare la parola all'avvocato Cesari. In generale, poiché ciascuno di noi è portatore di un'esperienza di privazione della vita e di grave offesa da parte della giustizia, considero assurdo che il giudice vada a cercare nella testa dell'imputato se volesse o non volesse uccidere: deve valutare i comportamenti oggettivi.
Secondo noi ci sono comportamenti criminali alla guida, che non sono soltanto quelli dell'alcol e della droga, ma anche quelli della gravissima trasgressione di norme cautelari, perché le norme del codice della strada garantiscono la civile convivenza. Dobbiamo essere più attenti al comportamento del conducente, perché non posso sentirmi dire, come mi è successo all'Università di Catanzaro, che era stato fatto un sorpasso in curva ma il conducente non aveva l'intenzione di uccidere. Sono saltata dalla sedia, chiedendo al professore se insegnasse queste cose ai ragazzi, perché non si può sostenere che se uno fa un sorpasso in curva vuole fare solo un sorpasso: se una norma lo vieta, vuol dire che la non osservanza determina gravi conseguenze.
Bisogna veramente cambiare mentalità e andare nella direzione per cui ci può essere un omicidio colposo, su cui si può anche applicare la sospensione condizionale o la riduzione della pena, ma ci può essere un omicidio colposo aggravato da comportamenti criminali alla guida, che sono non soltanto quelli dello stato di ebbrezza o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti, ma anche comportamenti di gravi trasgressioni delle norme, di cui abbiamo fatto un elenco con il professor Vangi dell'Università di Firenze.
Lascerei la parola all'avvocato Cesari.

PRESIDENTE. Vorrei solo comunicarvi che intorno alle 13,30 dovremmo chiudere, lasciando spazio anche ai colleghi di intervenire


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per fare delle domande. Tutte le vostre relazioni sono già state distribuite a tutti i colleghi presenti e quindi, se fate una sintesi evidenziando le parti più importanti, acceleriamo i lavori e arriviamo a conclusione per tempo.

GIANMARCO CESARI, Avvocato dell'Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada (AIFVS). Apprezziamo l'impegno della Commissione su questo tema non solo della riforma del Codice della strada, ma in particolare per quanto riguarda il tema dell'omicidio stradale.
Ci ha fatto molto piacere constatare come il Ministro Severino, nell'audizione che ha svolto presso la vostra Commissione, abbia richiamato tutti i passaggi legislativi, per cui da una pena minimale e banale che si applicava nelle aule di giustizia dieci anni fa, pari a 3, 8, 6 mesi, si è passati all'inasprimento delle pene con i vari provvedimenti legislativi che il Ministro ha richiamato - e da ultimo con la legge n. 102 del 2006, legge fortemente voluta dall'associazione - oltre all'inasprimento delle pene già avvenuto con il Ministro Bianchi con attraverso la modifica degli articoli 186 e il 187, che sono frutto del confronto della nostra associazione con il ministero e soprattutto con il Ministro Bianchi, che all'epoca diede appoggio alle nostre tesi.
Siamo in un momento in cui veniamo fuori da esperienze processuali che da un lato hanno inteso andare incontro a questo mutamento della coscienza sociale, che reputa una vera forma di devianza criminale la criminalità stradale, e quindi non più una normalità sociale, ma dall'altro non possiamo non rilevare come, nonostante gli inasprimenti di pena che ci sono stati, in alcuni casi i tribunali e i giudici applicano purtroppo il minimo del minimo.
Vengo da una sentenza del Tribunale di Palermo che nei confronti di una persona che era ubriaca con un tasso di 1,35, quindi poco al di sotto di 1,50, ma correva a circa 160 chilometri orari nel tronchetto che va dall'aeroporto verso la città di Palermo - un'autostrada dove però c'è un limite di 100 chilometri orari, e, come ha stimato il nostro perito di parte dell'Università di Firenze, questa persona procedeva a 160 chilometri orari - è stata comminata la pena di un anno e dieci mesi con tutti gli sconti di pena finali, quindi dall'Aula di giustizia, dove non è neanche comparso, è tornato a casa.
Il Giornale di Sicilia ha riportato a grandi lettere la parola «vergogna» nei confronti di questa decisione, che, come associazione che si era costituita parte civile mio tramite nel processo, abbiamo stigmatizzato aspramente, perché sono sentenze che delegittimano la giustizia.
Di fronte a questa attualità che il caso di Davide Scarfeo evidenzia, questo giovane di 35 anni la cui famiglia è rimasta senza giustizia purtroppo come tante altre, è necessario un intervento legislativo il prima possibile. Avevamo fatto un grande confronto giuridico, che aveva portato alla proposta di legge C. 3274, che le consegnai in un incontro personale, proposta dall'onorevole Barbaro, che aveva avuto il riconoscimento delle più alte cariche dello Stato, a iniziare dal Presidente della Repubblica, dal Presidente della Camera, dal Presidente del Senato.
L'onorevole Terranova era presente alla conferenza di presentazione, e quella proposta nasceva dall'omicidio del processo Lucidi, perché volevamo evitare quello che il Ministro Severino ha evidenziato, cioè il balzello tra colpa cosciente e dolo eventuale nell'applicazione della norma sia dell'omicidio colposo, sia dell'omicidio con dolo eventuale, ex articolo 575.
Non riusciamo a capire come la proposta di legge si sia potuta disperdere e non sia anche abbinata ai disegni di legge che voi state discutendo, perché quella proposta era frutto anche di un confronto con l'ufficio legislativo del Popolo della Libertà per esempio, che l'aveva anche adeguata agli schemi normativi dei disegni di legge, in modo tale da poter essere discussi.
In questa proposta, che iniziava accogliendo il nostro appello come associazione, avevamo articolato delle modifiche che prevedevano l'inasprimento della pena


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nei confronti non solo di chi in stato ebbrezza alcolica, ai sensi dell'articolo 186, comma 2, lettera c) del codice della strada o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope, causava la morte, ma anche di chi poneva in essere condotte azzardate e temerarie. Su questo abbiamo anche aperto un dibattito televisivo presso Rai Uno in varie trasmissioni.
È vero che l'omicidio stradale è riconducibile nel 30 per cento dei casi alla guida in stato di ebbrezza o sotto l'effetto di sostanze psicotrope, ma, come ha detto anche il Ministro della salute nell'audizione precedente, deve essere assolutamente applicato anche ad alcune condotte di guida che non devono essere definite, come la proposta di legge fa, in maniera generica azzardate e temerarie, ma facendo riferimento a specifiche violazioni del codice della strada e a precise modalità di guida.
Abbiamo incaricato l'Università di Firenze, il Dipartimento di meccanica della Facoltà di Ingegneria, di individuare delle norme del Codice della strada in cui l'elemento psicologico travalica i confini della colpa cosciente. L'Università di Firenze le ha individuate tenendo conto di questi princìpi: che il reato di omicidio stradale sussiste, se la causa del decesso è determinata dalla condotta di guida azzardata, accertata tecnicamente come causa determinante. Nei casi di condotta di guida con efficienza causale marginale, come causa concorrente, non può sussistere atto di omicidio stradale, ma solo l'omicidio semplice. Per l'imputazione del reato deve essere provato tecnicamente che, se fosse stata una condotta di guida rispettosa delle norme del Codice della strada, il decesso non si sarebbe verificato, quindi l'evitabilità dell'incidente e delle conseguenze, elencando le violazioni: l'articolo 187, la guida in stato di alterazione psico-fisica, il 186, la guida in stato di ebbrezza, il 43 del codice della strada, il mancato arresto a un posto di blocco e/o inseguimento, le gare in velocità all'articolo 9-bis del Codice della strada, l'elevata velocità di marcia.
Quando però chiunque provochi la morte di una o più persone, l'elevata velocità di marcia in rapporto alle condizioni e allo stato dei luoghi deve superare il novantesimo percentile della velocità rilevata nel luogo del sinistro, ma rilevata nelle medesime condizioni di traffico e atmosferiche presenti tramite autovetture debitamente omologate per il calcolo della velocità media di percorrenza, per evitare le interpretazioni della giustizia.
A queste si aggiungono il passaggio con il rosso quando la luce è scattata al rosso da almeno due secondi, l'inversione di marcia in prossimità e in corrispondenza di intersezioni, delle curve e dei dossi con la morte di più persone, l'uso di dispositivi elettronici, quindi quando la morte è legata a una guida distratta dovuta all'utilizzo improprio di apparecchi elettronici, il sorpasso nel caso in cui nel sorpassare in prossimità di un dosso, di una curva, di strisce pedonali si provochi la morte, e la marcia contromano, quindi all'interno di una corsia o carreggiata destinata all'opposto senso di marcia.
Riteniamo che il minimo della pena prevista debba essere portato da 2 ad almeno 5 anni, e il massimo della pena ad almeno 15 anni, diversificando assolutamente come omicidio stradale l'omicidio colposo semplice, nella previsione delle pene minime/massime, per proporzionarlo al bene giuridico della vita e della dignità da tutelare, e garantire così certezza della pena.
Un altro difetto della disposizione attuale contenuta nell'articolo 589 del codice penale si evidenzia quando si parla di morte di più persone o ferimento di una persona oltre la morte. La pena attuale prevede, infatti, fino a un massimo di 15 anni e questa formulazione consente al giudice di aumentare soltanto di un mese la pena rispetto a quella prevista per l'omicidio di una sola persona e rispettare la norma.
Questo avviene addirittura anche in casi con omissione di soccorso, in cui abbiamo visto soggetti che hanno ucciso più di due persone, come è avvenuto nei casi in cui erano coinvolti più automobili


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o un pullman, tornare a casa con una pena di 2 anni e 6 mesi. Tenete presente che quando la norma dice «fino a», come ho visto anche in disegni di legge abbinati al C. 4662, si consente al giudice di diminuire la pena anche di un solo mese.
Riteniamo che ci sia da incidere sulla pena per l'omissione di soccorso. Ricorderete che insieme all'ASAPS (Associazione Sostenitori ed Amici della Polizia Stradale) abbiamo svolto una conferenza stampa presso il Parlamento sulla pirateria stradale. Abbiamo chiesto una misura di triplicazione della pena per omicidio colposo semplice quando c'è omissione di soccorso, perché attualmente il pirata della strada fa un bilanciamento di interessi, valutando che, se scappa, rischia poco più della pena che prenderebbe se si fermasse, per cui a questo punto gli conviene scappare, perché magari non lo prendono, non rischia la confisca del veicolo se è ubriaco, non gli viene sospesa la patente.
Al massimo, se lo arrestano, può cavarsela solo con un anno di più, come l'attuale legislazione per l'omissione di soccorso consente. Occorre quindi un inasprimento severissimo, che porti non a raddoppiare la pena per omicidio semplice, come prevediamo nel disegno di legge C 3274 in caso di guida in stato di ebbrezza, ma alla triplicazione della pena.
Ci aspettiamo che la Commissione e anche il Governo sostengano in modo deciso il valore della norma come regola che garantisca la civile convivenza. Dalle audizioni dei Ministri abbiamo visto che c'è una certa perplessità, un rimandare a dei contenuti tecnici di approfondimento.
Proprio per questo l'8 giugno, presso la Camera dei deputati nella sala della Conferenza dei Gruppi, con la collaborazione delle altre associazioni delle vittime, abbiamo promosso con la Società italiana di vittimologia e l'Ordine degli avvocati di Roma una Conferenza nazionale per la riforma dell'omicidio stradale, in cui avremo modo di ascoltare i più esperti criminologi per definire esattamente la differenziazione tra dolo e colpa, e i più esperti giuristi, accademici di diritto penale.
Vogliamo garantire un contributo giuridico, criminologico e vittimologico, invitandovi a partecipare tutti, contributo che vi sia poi d'aiuto per i lavori della vostra Commissione sotto il punto di vista scientifico, per evitare perplessità.
Ho fatto parte anche della Consulta nazionale della sicurezza stradale, ma vedo che nei disegni di legge che state esaminando non sono stati considerati gli omicidi che derivano dalle carenze delle infrastrutture stradali. Riteniamo che le pene debbano essere riviste con delle integrazioni per responsabilizzare i proprietari o concessionari delle strade, tanto nelle figure apicali tecniche che in quelle amministrative, chiaramente tenendo conto delle caratteristiche funzionali delle stesse, che sono già normativamente stabilite dall'articolo 2 del codice della strada.
Suggeriamo quindi di prevedere un raddoppio della pena, se la morte deriva da grave carenza manutentiva della strada, e di triplicarla se la morte deriva anche da manifesta inadeguatezza funzionale in relazione all'uso, secondo la classificazione prevista dal codice della strada, un raddoppio se le lesioni derivano da grave carenza normativa della strada, una triplicazione se le lesioni derivano da manifesta inadeguatezza funzionale in relazione all'uso, secondo la classificazione del codice.
Nel disegno di legge C. 3274 avevamo previsto anche una rivisitazione del reato di lesioni personali colpose, anche perché non dobbiamo perdere di vista chi perde l'integrità psico-fisica addirittura fino al cento per cento, tanto che avevamo equiparato la morte al coma vegetativo permanente. I disegni di legge parlano solo di morte, ma dovete considerare che attualmente chiunque subisce una paraplegia o la perdita di arti è sottoposto a un giudizio penale a querela di parte davanti al giudice penale di pace, le cui udienze subiscono rinvii di due anni in due anni.


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Vi invitiamo quindi come Commissione a valutare anche il reato dell'articolo 590 del codice penale, il reato di lesioni, perché riguarda persone cerebrolese, che hanno perso arti o con gravi mutilazioni, la cui dignità umana è messa in crisi dal sistema giustizia.
Per quanto concerne l'attribuzione del Comitato tecnico di cui all'articolo 119 del codice della strada, quindi sulle Commissioni mediche, desideriamo evidenziare l'assoluta assenza di psicologi, laddove, invece, la cosa più importante è valutare la personalità dei soggetti. Nelle Commissioni mediche deve quindi essere prevista anche una valutazione psichica, che è fondamentale, anche quando, dopo la sospensione della patente, si torna a far parte della comunità stradale.
Bene la previsione del diritto dei veicoli al servizio invalidi, ma attenzione al provvedimento di comunicazione della decurtazione del punteggio dei punti come atto amministrativo, perché questi provvedimenti sono sempre inferiori alle pene che stabiliscono poi i giudici: c'è qualcosa che non va, quindi va rivisitato assolutamente il meccanismo amministrativo, quindi bisogna dare le indicazioni sulla sospensione e la revoca.
Quanto ai veicoli, ricorderete che a Roma si sono verificati due gravissimi incidenti stradali derivanti dalla guida di microcar, delle cosiddette «macchinette» prodotte da Aixam. In particolare, un incidente stradale ha comportato, a seguito di una denuncia, un accertamento sulle condizioni dei veicoli. Una perizia presso la Procura della Repubblica di Roma ha evidenziato come queste macchine per rispettare il limite di 350 chilogrammi siano composte nella maggior parte di plastica, non proteggano assolutamente il giovane conducente sedicenne, addirittura il volante vada a configgere con il cranio del pilota che non ha alcuna salvezza in caso d'urto, e la perizia afferma che si può staccare il tubo che porta la benzina all'auto con il rischio di incendio.
Siamo in una situazione in cui i genitori mettono nelle macchinette i giovani con il rischio di ucciderli, perché sono esposti a un pericolo maggiore della guida su motoveicoli.
Su questo punto chiediamo un approfondito esame specialistico, in linea con quanto la Procura della Repubblica di Roma ha avviato. Attualmente i lavori sono stati sospesi per problemi interni, ma noi faremo in modo che continuino.
Riteniamo opportuno che la Commissione trasporti, giacché il disegno di legge prevede un Comitato di omologazione, faccia un approfondimento specifico su questo problema delle microcar, perché molti giovani attualmente sono a rischio della vita.
Per sintesi chiudo qui. Vi ringrazio e comunque ci riserviamo di portarvi questo contributo, invitandovi a partecipare a questa Conferenza presso la Camera dei deputati, per cui abbiamo richiesto anche il patrocinio del Presidente della Repubblica e delle più alte cariche dello Stato, per offrirvi dei contenuti di approfondimento scientifico, vittimologico, criminologico, tecnico ricostruttivo e soprattutto giuridico. Grazie.

PRESIDENTE. Grazie. La proposta di legge che lei menzionava è stata assegnata nel 2010 alla sola Commissione giustizia.

ELISABETTA CIPOLLONE, Vicepresidente dell'Associazione «Diamo valore alla vita». Buongiorno, sono Elisabetta Cipollone, Vicepresidente dell'Associazione «Diamo valore alla vita», ma innanzitutto sono una mamma ferita e mutilata come amo definirmi, perché mio figlio è stato falciato sulle strisce pedonali sedici mesi fa. Era a piedi, rientrava dall'oratorio, aveva il semaforo verde, quindi la dinamica è stata paradossale, perché mio figlio non aveva alcuna colpa.
Sono qui soprattutto per presentarvi il mio caso giudiziario perché è stato emblematico, nel senso che dopo tre udienze preliminari il patteggiamento all'omicida di mio figlio è stato negato. Credo che ci siano pochissimi casi come il mio, perché l'assassino di mio figlio non era recidivo, non aveva precedenti penali, e non aveva


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assunto alcol o droga, quindi era completamente pulito, per cui questo può fare giurisprudenza in un certo senso perché vorremmo che il patteggiamento fosse sempre negato nei casi eclatanti, quando ci sono dinamiche certe e gravissime come quelle che hanno portato alla morte di mio figlio e alla morte di migliaia di altre persone.
Quando si recide una vita umana con determinate dinamiche, che ci sia alcol o droga, che ci sia velocità eccessiva, che ci siano tutte e tre le cose o anche il non rispetto delle regole, il patteggiamento a mio parere va negato. Io sono di Milano e abbiamo trovato una giudice molto coraggiosa che ha negato il patteggiamento, per cui adesso andremo al rito abbreviato, ma non deve essere un caso sporadico. Chiediamo che questa sia la norma, patteggiamento negato sempre, perché è un ulteriore sconto di pena con pene già quasi sempre al minimo ed è paradossale, perché si arriva all'impunità totale e non c'è deterrenza.
A nome della mia associazione sono qui a chiedere che la vita sia tutelata e che questo argomento sia prioritario, per cui chiedo che qualcuno se ne prenda cura e che questo omicidio stradale, che stiamo invocando da tempo, possa essere effettivo subito, compreso l'ergastolo della patente, cioè il ritiro definitivo della patente, perché nel caso specifico di mio figlio l'assassino ha continuato a guidare la sua vettura dopo tre mesi, situazione estremamente paradossale.
Vorrei leggervi alcuni stralci sintetici del documento che vi è già stato distribuito, che è stato redatto dalla dottoressa Barbara Benedettelli, che è la presidente dell'associazione, e di cui sono anche firmataria. Per dileguare eventuali dubbi sulla opportunità di introdurre l'omicidio stradale e quindi di una norma che possa fungere da deterrente, vorrei lasciarvi con un interrogativo e con la preghiera di fare una verifica.
Vorrei sapere quanti sono stati gli omicidi stradali (perché di omicidi si tratta) realmente puniti, vorrei lasciarvi con questa domanda e dirvi che li potete contare sulle dita di una mano. Questo secondo noi non è da Paese civile, non è accettabile.
Vi leggo quindi brevi stralci del documento: «La punizione non significa tortura, è fondamentale per compensare il male fatto, per intimidire i consociati inducendoli a non farlo, per dare valore al bene infranto o forse dovrei dire "prezzo" in una società in cui purtroppo l'economia è un gradino superiore al valore e al rispetto della vita umana, per ristabilire quell'ideale di Giustizia con la G maiuscola intrinseco nell'essere umano, che ci ha portati a creare la società civile.
È certo che una percentuale di delitti che possiamo chiamare realmente incidenti c'è, anche se è veramente minima, ma non va dimenticato, neanche giuridicamente parlando, che l'incidente è un evento dovuto al caso, quindi nei casi con dinamiche accertate gravissime, con alcol e con droga non possiamo chiamarli incidenti».
Dobbiamo quindi cominciare a chiamarli omicidi stradali, colmare il vuoto legislativo che fa sì che le istituzioni siano latitanti e non ci sia deterrenza, perché il problema è la non deterrenza, per cui sulle nostre strade si continua a fare quello che si vuole, c'è l'impunità e quindi la gente si sente autorizzata a drogarsi, a ubriacarsi, ad andare a velocità molto elevate, infischiandosene della vita altrui. Questo non è assolutamente da Paese civile.
Poiché nel comune sentire e nel comune dialogo giurisprudenziale o legislativo è norma comune usare il termine «omicidio stradale» per distinguerlo da altri omicidi ritenuti attualmente colposi, l'introduzione dell'omicidio stradale colmerebbe l'attuale vuoto legislativo.
Si chiede la certezza della pena e che venga gradualmente ridotto il peso degli elementi soggettivi del reato, ovvero il dolo e la colpa, in quanto la linea di confine che li separa è sottile e suscettibile all'interpretazione del magistrato. Chiediamo quindi che il magistrato si trovi davanti a


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prescrizioni legislative sicure, in grado di evitare la discrezionalità nell'applicazione della pena.
Chiediamo l'ergastolo della patente, che è assolutamente prioritario introdurre velocemente, e chiediamo processi brevi. In dinamiche accertate che non richiedano ulteriori perizie o indagini, come ad esempio nel caso di mio figlio che si trovava sulle strisce pedonali e non aveva alcuna colpa, chiediamo che nel giro di sei mesi questa ulteriore tortura ci venga risparmiata, grazie a processi brevi, condanne veloci e risarcimenti veloci, perché c'è anche un discorso risarcitorio.
In questi casi chiediamo che questa ulteriore tortura possa essere evitata, perché fa male rivangare sempre lo stesso dramma, essere costretti a presentarsi, e noi in genere ci presentiamo, mentre gli omicidi sono quasi sempre contumaci perché fa male vedere negli occhi di una madre, di un padre o di un fratello il dolore che hai provocato.
Chiediamo quindi che questa ulteriore tortura sia breve e che nel giro di sei mesi il tribunale possa esprimere una condanna definitiva, senza procrastinare ulteriormente. Grazie.

DOMENICO MUSICCO, Presidente dell'Associazione Vittime Incidenti della Strada e del Lavoro (AVISL). Buongiorno a tutti. Ringrazio, a nome dell'Associazione vittime incidenti della strada e del lavoro che ho l'onore di presiedere, la Commissione presieduta dall'onorevole Valducci e tutti i componenti per l'invito e per la pazienza che hanno nell'ascoltarci. Sarò molto sintetico e poi passerò la parola brevemente anche alla mia vicepresidente, Erina Panepucci.
Il grande lavoro che ha fatto la Commissione in questi anni con l'onorevole Valducci è sotto gli occhi di tutti e noi proprio a lui ci rivolgiamo perché abbiamo dei punti fermi da chiedere, innanzitutto la diminuzione appunto degli incidenti stradali attraverso una politica di prevenzione, con maggiori controlli. So che dipendono non dalla Commissione trasporti, ma dal Viminale, comunque vorremmo sollecitare un maggiore numero di controlli sulle strade, con utilizzo di un maggior numero di alcoltest e narcotest, perché siamo ancora abbastanza indietro rispetto agli altri Paesi europei.
Chiediamo inoltre pene effettive soprattutto in relazione alla gravità del comportamento del responsabile - e su questo arriveremo a parlare dell'omicidio stradale -, risarcimenti congrui, anche perché occorre vigilare sul comportamento delle assicurazioni che tentano costantemente di ridurre i risarcimenti. Un altro punto che potrebbe essere interessante sottolineare è l'educazione stradale fin dalle scuole primarie, con brevi corsi o introducendo un'ora di educazione stradale nelle scuole.
Un punto dolente, di cui si è parlato anche prima, è quello della segnaletica e delle strade, giacché spesso le strutture stradali sono concausa di incidenti, per cui appare necessario adeguare la nostra rete alle esigenze della sicurezza stradale attraverso guard rail che siano a norma e asfalto drenante e altri accorgimenti volti a migliorare la sicurezza stradale.
Per quanto riguarda la battaglia per l'introduzione dell'omicidio stradale, che l'onorevole Valducci ha portato avanti insieme ad altri (l'Associazione Guarnieri qui presente ha raccolto oltre 50.000 firme), tutte le associazioni convergono su una maggiore punizione e una limitazione della discrezionalità dei giudici, perché abbiamo una discrezionalità troppo ampia che porta quasi sempre a una pena solo sulla carta.
Chiediamo quindi l'introduzione del reato dell'omicidio stradale con la previsione del ritiro definitivo della patente nei casi più gravi, e l'introduzione citata da Elisabetta Cipollone del parere della parte civile sulla richiesta di patteggiamento, proposta che avevo avanzato qualche anno fa per quanto riguarda la possibilità per i familiari di esprimere almeno un parere in ordine alla richiesta di patteggiamento da parte dell'imputato. A queste si aggiungano anche iniziative di sensibilizzazione attraverso tutti i mezzi sia del Governo e del Parlamento che dei media.


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Ringrazio ancora la Commissione per aver dato la possibilità di ascoltare oggi la voce delle vittime, che è molto importante. Vi ringrazio tutti e vi auguro buon lavoro.

ERINA PANEPUCCI, Vicepresidente dell'Associazione Vittime Incidenti della Strada e del Lavoro (AVISL). Buongiorno a tutti, sono Erina Panepucci, vicepresidente AVISL ma soprattutto, come ha ribadito prima Elisabetta Cipollone, sono una mamma, la mamma di Giuseppe Magnifico.
Mio figlio è stato massacrato sulla strada il 2 ottobre 2005, aveva soltanto 22 anni e l'individuo che ha reciso la giovane vita di mio figlio non era ubriaco né drogato: ha semplicemente pensato di lanciare la propria autovettura ad oltre 150 chilometri orari, travolgendo così l'autovettura sulla quale mio figlio viaggiava come trasportato, quindi una vittima assolutamente non responsabile dell'accaduto.
Sono anche tra i firmatari della proposta che è stata inoltrata alla Commissione dalla dottoressa Barbara Benedettelli, quindi non ribadisco i punti già evidenziati da Elisabetta Cipollone e Domenico Musicco. Mi preme ribadire il discorso della velocità, perché purtroppo sulle nostre strade non uccidono soltanto i drogati e gli ubriachi, ma uccidono tutti coloro che non hanno rispetto delle regole stradali, quindi chi oltrepassa i limiti di velocità, chi invade una corsia opposta, chi guida parlando al cellulare e fumando una sigaretta.
Tutti questi comportamenti portano prima o poi al verificarsi di un evento tragico come quello che ha colpito le nostre famiglie. Spero quindi che al più presto si giunga all'introduzione quantomeno dell'ergastolo della patente, che considero un deterrente necessario e importantissimo per interrompere questa strage stradale, perché 5.000 vittime l'anno, 200.000 feriti e 20.000 disabili gravi sono un numero inaccettabile per una società civile.
Vorrei sollevare un altro punto riguardo alla durata dei processi, come prima ribadito da Elisabetta Cipollone. Il processo per l'omicidio di mio figlio dal punto di vista penale si è concluso il 20 aprile con la sentenza della Corte di Cassazione, ma il processo civile per l'omicidio di mio figlio è in corso da quasi 7 anni e siamo ancora al primo grado. Per dei familiari già pesantemente colpiti è una situazione veramente inaccettabile.
Ringrazio l'onorevole Valducci e la Commissione tutta per averci dato la possibilità di parlare in questa sede. Vi auguro buon lavoro e lascio la parola ai miei amici.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SILVIA VELO

CONCETTA FALCO, Presidente nazionale dell'Associazione gruppi uniti tutela e giustizia per le vittime della strada ONLUS (Agusv). Buongiorno a tutti, sono Tina Falco, presidente nazionale dell'AGUSV. Dovremmo ribadire tutto quello che si è detto fino adesso, ma l'unica cosa che non ho sentito dire è come fare prevenzione.
La prevenzione parte dai 14 anni e si parlava di inserire qualcosa nelle scuole, ma sarebbe opportuno farla anche nelle scuole guida, considerando che tempo fa si è proposto di concedere la patente a 16 anni e qualcuno si è meravigliato, ma non dimentichiamo che il patentino ai ragazzini viene dato a 14 anni, dopo aver fatto pochissime ore di teoria e una pratica quasi nulla.
La prevenzione nel frattempo non c'è stata, perché non dimentichiamo che i ragazzi oggi cominciano a bere a 12-13 anni, quando si consegna il patentino a un ragazzino non si ritiene opportuno fare un alcoltest o un esame tossicologico, mentre secondo il mio punto di vista la prevenzione all'incidentalità stradale dovrebbe cominciare da lì. Mi auguro che questa norma prenda piede, anche perché la prevenzione e l'educazione al rispetto della vita dovrebbe cominciare da lì, ed è quello che manca anche come normativa, considerando che questi ragazzi sono liberi di uscire in scooter o guidare le


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minicar, per cui godono della massima fiducia.
Guidare la minicar è come condurre un'auto, per cui mi sembra assurdo che qualcuno si meravigli che a 16 anni si possa dare la patente quando la si dà già a 14 anni! Mi sembra quindi ridicolo meravigliarsi di questo.
Bisognerebbe fare prevenzione nelle scuola guida, che non dovrebbero avere l'obbligo di dare la patente, bensì il contrario: la scuola guida dovrebbe essere la migliore forma di prevenzione nel conseguire la patente, partendo da test psicologici. So che nessuna scuola guida adotta lo psicologo per dare una patente, ma sono convinta che, se dai 16 ai 26 anni si facesse prevenzione insieme alla Motorizzazione (questo sarebbe interagire con le varie istituzioni, essendo concreti), questa potrebbe, interagendo con le varie istituzioni e anche con le ASL, fare periodicamente test alcolemici a chi va a prendere la patente o effettua la visita medica per prendere la patente.
Tutti dovrebbero essere controllati durante il periodo del corso per prendere la patente, ma anche dopo si dovrebbero fare semestralmente test sia alcolemici che tossicologici. Per quanto riguarda la guida azzardata, lo psicologo dovrebbe dare una mano più degli altri, perché non possiamo conoscere le difficoltà di una persona alla guida, e la guida azzardata è un pericolo per tutti.
Siamo potenziali assassini perché a chiunque di noi può capitare un attimo di distrazione che causa un incidente stradale. Mi ci metto anch'io perché sono un essere umano, per cui penso a me stessa prima che agli altri perché l'educazione che manca a tutti è quella, ed è necessario voler bene a se stessi per voler bene agli altri.
Questa è una delle mie prerogative come presidente dell'associazione, perché per quanto riguarda la giurisprudenza ci sono l'avvocato Conte e l'avvocato Bonanno, che si scusa oggi di non essere intervenuto per quanto riguarda la giustizia civile.
C'è chi parla di lungaggine processuale, ma ci sono anche processi che vengono chiusi a priori, senza una spiegazione logica, per cui si deve trovare il modo di riaprirlo, l'istituzione non ti è vicina e soprattutto non lo è nei primi momenti. Chi come me ha vissuto questa esperienza si trova catapultato in una vita che non è sua, ed è una cosa deleteria che tutti noi abbiamo provato sulla nostra pelle.
Due giorni fa mio marito mi ha detto che mio figlio era abbandonato su una lettiga in uno sgabuzzino, non me l'aveva detto prima perché credo non abbia avuto il coraggio di dirmelo, ma i nostri figli non sono numeri ma sono esseri umani, e con quello che stiamo facendo oggi speriamo di non trovare altri figli così, chiusi in uno sgabuzzino.
Il Ministero dei trasporti deve combattere insieme a noi per il rispetto dell'essere umano, che ha diritto di essere rispettato anche dopo, cosa che non esiste, anzi spesso fanno sentire colpevoli noi genitori e familiari, che è la cosa peggiore. Chi non ha provato sulla propria pelle questa cosa non sa cosa significhi e vi assicuro che si ha paura anche di esternare il dolore.
La figura dello psicologo sia nei primi momenti della nostra tragedia che nelle scuole guida deve essere una figura fondamentale, che deve interagire con la nostra prevenzione dell'incidente stradale. Vorrei lasciare la parola all'avvocato Conte e mi auguro che abbiate letto la relazione relativa al processo civile redatta dall'avvocato Bonanno, che si scusa di non essere presente. Grazie.

FRANCESCA GRAZIA CONTE, Consulente tecnico dell'Associazione gruppi uniti tutela e giustizia per le vittime della strada ONLUS (Agusv). Sono l'avvocato Francesca Conte e da circa trent'anni mi occupo di attività soprattutto nel settore penale.
Ringrazio il presidente Valducci per la sensibilità dimostrata nei confronti di una tematica così pregnante, così assorbente e così multidisciplinare. Ritengo che da un punto di vista legislativo il problema principale - e sono certa che i colleghi saranno d'accordo con me - sia il problema


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dell'armonizzazione. Il codice stradale, pur rinnovato, non può essere una monade nel panorama normativo nazionale o europeo, nel quale ormai siamo inseriti istituzionalmente a tutti gli effetti.
Spesso, sull'onda emotiva di incidenti molto gravi che purtroppo quotidianamente riempiono le cronache della stampa, il Parlamento investito dalle istanze del popolo è giustamente portato a delle modifiche a macchia di leopardo, che incidono semplicemente quoad poenam, ma che, slegate da un'armonizzazione contestuale con le normative di riferimento (mi riferisco al codice penale, al codice civile, a tutte le direttive europee, alle norme amministrative), spesso rimangono fini a se stesse.
Sentivo parlare di processi troppo lunghi o troppo brevi, ho sentito parlare addirittura di raddoppio e di triplicazione delle pene, ma il problema principale in questo momento è il coordinamento. Abbiamo la fortuna di avere un Ministro altamente competente, un grande esperto penal-processuale, che quindi più di altri può incidere in una materia come quella di cui ci stiamo andando a occupare.
Abbiamo la necessità cogente di coordinare il lavoro delle Commissioni laddove, come diceva giustamente il presidente Valducci rispondendo alla puntualissima e competente relazione del collega che mi ha preceduto, questo progetto giace presso la Commissione Giustizia. Su materie di tale valenza, in cui ci sono valori di rango costituzionale come la vita, come la sicurezza di tutti i cittadini, come la necessità di educare tutti i cittadini - perché non si può prevedere, come diceva l'amica presidente Tina Falco, il patentino per i quattordicenni, le macchinette killer che spesso si trasformano in trappole mortali per i nostri figli - ci vuole una rivisitazione globale del nostro legislatore, è necessaria un'armonizzazione.
Noi siamo qui al cospetto di chi legifera e ci rivolgiamo a lei, signor presidente, perché una materia di questo genere richiede un'armonizzazione parlamentare innanzitutto a livello di Commissioni, uno studio congiunto delle Commissioni, perché non ci può essere prevenzione senza che vengano investite non solo la Commissione Trasporti, che ha una competenza funzionale di vasto respiro, ma anche la Commissione Giustizia e la Commissione Cultura, perché non ci può essere prevenzione senza coinvolgere le scuole, la Commissione Affari costituzionali, perché non ci può essere prevenzione senza coinvolgere gli enti locali, la Commissione Affari sociali.
È necessario quindi coinvolgere le scuole, gli enti locali, le ASL e tutte quelle istituzioni che a livello sia nazionale sia locale possano consentire l'adozione di strumenti adeguati. Nelle scuole bisogna educare, ma è chiaro che un ente locale che mostra lo scempio di strade insicure, di segnaletica che non esiste, di scarsa educazione civica non potrà pretendere la prevenzione.
Il problema non riguarda solo l'omicidio stradale, anche se comprendo le famiglie che vorrebbero giustamente un crucifige anche attraverso normative più severe: come evidenziato dalla presidente, il problema è innanzitutto la sensibilizzazione. Sensibilizzazione significa prevedere una rete obbligatoria per legge, non affidata alla sensibilità di questo o di quel sindaco, di questo o di quel preside o provveditore, una prevenzione in rete obbligatoria, che veda i sindaci, i presidenti delle province finché ancora ci sono, i presidi, i responsabili delle ASL obbligare le scuole a istituire corsi di educazione stradale a partire dall'età scolare nelle scuole inferiori, perché cittadini non si nasce, ma si diventa a partire dalla scuola.
Le leggi devono prevedere questo e la possibilità di educare attraverso progetti pilota, non pretendendo dalle casse asfittiche degli enti locali sforzi che non sono in grado di ottemperare, una politica della mobilità che sia integrata con una politica di educazione civica e una politica di controllo, perché non basta aumentare il numero delle strumentazioni per i controlli sulle strade: le ASL, che sono il presidio territoriale di controllo della salute pubblica per la legge del 1978 istitutiva del Servizio sanitario nazionale, devono


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prevedere obbligatoriamente dei controlli anche a campione sui cittadini che abbiano superato l'età sensibile per il rilascio del patentino e delle patenti di guida, con tutti i distinguo che le normative di riferimento prevedono.
Solo se la politica di prevenzione si implementa possiamo non chiedere il raddoppio o il triplicare delle pene. La pena di morte in America ci ha insegnato che l'inasprimento delle sanzioni da solo non basta per eliminare o diminuire il numero delle stragi, perché purtroppo non è un discorso populistico o enfatico: si tratta di stragi dei nostri figli, che sono figli di ogni mamma, anche di quelle che fortunatamente non si sono viste colpire da queste tragedie.
Da un punto di vista normativo, che fare? Come avvocato penalista, che ha anche insegnato queste materie all'Università del Salento, sono contraria a raddoppiare la pena perché così un domani un cittadino automobilista o motociclista ci penserà due volte prima di assumere sostanze stupefacenti psicotrope o sostanze alcoliche o adottare una guida temeraria, non consona alle norme principali del codice della strada, cui il collega prima faceva riferimento.
Le norme già sono nel nostro codice: basterebbe un intervento additivo al codice penale, per esempio un comma aggiuntivo all'articolo 575 del codice penale che preveda la condotta omicidiaria con tutti i suoi distinguo in termini di dolo eventuale (lo dico agli amici che avvocati non sono).
Come per il rapinatore che va a fare una rapina armata si rappresenta l'eventualità (da cui l'espressione «dolo eventuale») di adoperare l'arma e quindi rischia l'ergastolo se la rapina diventa a mano armata, il guidatore che bevendo, drogandosi o assumendo una condotta di guida contraria alle norme cogenti causi incidenti quoad vitam et valetudinem dei cittadini, nel momento in cui il giudice è chiamato a valutarne la condotta, il che significa l'atteggiamento psicologico del reato - lo dico in termini tecnico-giuridici perché questo è il mio ruolo - non può non valutare se vi sia stato un dolo eventuale, cioè se a un cittadino capace di intendere e di volere si sia rappresentata la concreta possibilità o di ammazzare o di provocare lesioni gravissime e/o permanenti.
Basterebbe un intervento additivo del Parlamento, giacché abbiamo un Ministro competente e Commissioni competenti, per cui lancio un appello perché le Commissioni Trasporti e Giustizia in seduta comune possano farsi portatrici di un disegno di legge, che aggiunga questa particolare figura, che è diventata una figura di entità sociale rilevante per il numero, la gravità e l'impunità che spesso caratterizza queste condotte. Con impunità mi riferisco anche alle pene risibili comminate a persone che commettono stragi e con un semplice patteggiamento a 6 mesi o 1 anno di pena e una sospensione per 6 mesi della patente tornano a fare quello che ha fatto fino a 6 mesi prima, con il sorriso sulle labbra di chi sa di averla fatta franca.
Chiedo quindi di aggiungere un comma che preveda questa particolare forma di omicidio, di aggiungere delle pene ad hoc sempre agli articoli 575 o al 576 del codice penale ad hoc, di aggiungere delle misure ad hoc in tema di patente: revoca definitiva per chi uccide, sospensione per anni per chi causa lesioni gravissime o permanenti perché, come diceva giustamente il Ministro, l'Italia non può essere l'unico Paese in Europa a prevedere la revoca permanente, ma bisogna armonizzare la nostra normativa interna, in quanto si va verso un diritto paneuropeo.
L'importante è fare presto, perché comprendo perfettamente lo scrupolo che anima il nostro legislatore allorché deve metter mano, anche sull'onda emozionale, a queste leggi, ma ormai la misura è colma, ormai bisogna riformare sia l'accesso alle scuole guida ormai gestite da cani e porci - scusatemi l'espressione: non sia considerata una mancanza di rispetto - come se fossero un negozio di alimentari o di dischi e non un luogo di altissima formazione del cittadino, che poi viene chiamato a circolare sul proprio mezzo e quindi si trova a poter arrecare danno.


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Armonizzazione, quindi, del codice penale, armonizzazione con il codice della strada, armonizzazione con il codice civile. Già è prevista nel codice civile la condanna per quei genitori che rispetto ai figli minori non adottino tutte le cautele necessarie, ma con l'introduzione di una normativa del codice civile ad hoc all'interno del più ampio spettro della responsabilità ex articolo 2043 e seguenti, si dovrebbe prevedere un'ipotesi che obblighi i genitori dei figli minori che si iscrivono per ottenere il patentino ad assumersi la responsabilità di dichiarare che i figli sono nelle condizioni di intendere e di volere ottimali, perché ci deve essere una presa in carico di responsabilità anche da parte del genitore e non un buonismo di maniera e di facciata tutto italiano.
Come associazione auspichiamo che le associazioni presenti sul territorio possano agire in rete, perché non ci siano interventi a singhiozzo, a macchia di leopardo, ma si condividano le istanze che, a parte alcuni distinguo, sembrano assolutamente comuni e animano sia i componenti laici delle associazioni, sia i tecnici che all'interno delle associazioni come me operano, perché si possa essere uno strumento consultivo importante per l'organo legislativo.
Auspichiamo che entro l'anno queste nuove fattispecie previste in maniera additiva al codice penale o come figure speciali ad hoc (penso che ci sarebbero profili di costituzionalità ove ciò fosse previsto) possano trovare luogo in un provvedimento legislativo, per consentire alle vittime, che spesso sono i convitati di pietra assenti nei nostri processi penali e nelle Aule di giustizia, di avere giustizia. È vero che nessuno potrà restituire loro il parente defunto o gravemente leso, ma ottenere giustizia quantomeno è un rispetto alla memoria di chi se ne va, ottenere giustizia è una sorta di panacea anche per le coscienze e per il cuore di chi si è visto così gravemente mutilato, come ha detto la presidente dell'associazione.
In questo senso, quindi, ci poniamo al fianco di tutte le altre associazioni e ringraziamo ancora per l'importanza di questa giornata e per gli esiti auspicabilmente proficui in termini di approvazione legislativa, per migliorare la qualità della vita nelle nostre strade e anche nelle Aule di giustizia. Grazie.

TERESA MARIA CHIRONI, Presidente Associazione «I bambini di Flami&Ale» ONLUS. Buongiorno a tutti, non sono una giurista, sono la mamma di Flaminia, la ragazza che quattro anni fa è stata investita in via Nomentana con il fidanzato.
La persona che l'ha investita era un giovane arrogante, che ha passato tre semafori rossi. Al terzo semaforo verde per mia figlia e per il fidanzato chiaramente ha trovato chi avrebbe falciato, le persone a cui avrebbe tolto la vita a 22 anni, mentre stavano all'università, mentre sognavano un matrimonio, mentre sognavano dei figli e una vita gioiosa.
Io sono una scienziata - lo dico con un po' di imbarazzo, ma lo devo dire - e ho impattato il mondo giudiziario e il sistema che sottende a questo mondo. Sono abituata a ragionare in termini logici, in termini matematici, in termini tali che tutto mi ritorna, in quanto la matematica non è un'opinione, ma anche la giustizia non è e non deve essere un'opinione. Sono avvilita, sono mortificata anche a stare qua, sono anni che vado anche in televisione, che vado ai dibattiti pubblici a confrontarmi con chi penso abbia non dico una professionalità nel settore, ma abbia il buonsenso e una testa per ragionare.
Mi trovo sempre a ricordare a un mondo civile e a voler chiedere a tutti noi e a tutti voi quale sia il valore più grande che abbiamo. Il valore più grande - è retorico dirlo - è la vita umana, non sono gli yacht da 32 metri, non sono le ville a Montecarlo, perché senza la vita umana non possiamo godere o piangere di niente.
Mi sembra quindi che il teorema sia facile: quando viene tolta la vita umana credo che il corrispettivo della pena debba essere quello più alto, quello più importante come risultato di pena. Ho trovato tante incongruenze, e nella mia educazione morale sono abituata ad avere una


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scala di valori, ma in questo sistema la scala di valori non esiste. Ho trovato un ladro di sigarette che un giorno, quando all'omicida di mia figlia e del fidanzato sono stati dati 5 anni di carcere, mi ha fermato e mi ha detto che non era giusto che lui avesse avuto 5 anni di carcere per aver rubato 100 pacchi di sigarette. Per la giustizia la vita di mia figlia valeva 100 pacchi di sigarette.
Bisogna riflettere su queste cose, bisogna trovare non professionalità, ma buonsenso, senso morale, senso civico. Sto qui ad attendere una legge che ancora non arriva, sto qui a domandarmi perché esista una legge che parla di omicidio colposo. Mi è stato detto che la legge appartiene a un lontano passato, che forse è obsoleta, che nel frattempo la società è andata avanti e la vita si è complicata, il traffico è diventato un'altra cosa, noi siamo diventati un'altra cosa, la nostra morale è diventata un'altra cosa.
Perché devo star qui a chiedere giustizia quando è stata tolta una vita umana? Io vado oltre quello che si racconta e credo che quando si distrugge una vita umana la colpa debba essere certa, inequivocabile. Ho scoperto con tristezza che i reati patrimoniali per il nostro sistema valgono molto di più di una vita umana, e dobbiamo riflettere su questo perché non è giusto, non è civile, non è umano.
Per capire, amo farmi anche degli esempi per darmi una ragione di tutti questi conflitti, di questa irrazionalità, e mi è venuto in mente che quando si va in un negozio di cristallerie e sbadatamente si rompe un vaso di cristallo, che si sia fatto volontariamente o involontariamente, dobbiamo pagare fino all'ultimo centesimo quello che abbiamo rotto, invece sulla vita umana si va a disquisire se sia colposo o volontario. Personalmente questo non lo accetto e non lo capisco, il teorema non mi torna.
Vi ringrazio e vi lascio solo con delle riflessioni in questo senso. Sollecito una legge che è giusta, dignitosa, civile, che serve per noi e per il nostro futuro, è la speranza per tutti noi e per la nostra vita. Grazie.

STEFANO GUARNIERI, Vicepresidente dell'Associazione Lorenzo Guarnieri ONLUS. Vi chiedo dieci minuti di attenzione e parlo anche a nome dell'Associazione sostenitori e amici della Polizia stradale e dell'Associazione Gabriele Borgogni. Noi siamo stati promotori di una proposta di legge popolare, per la quale abbiamo raccolto 50.000 firme, che abbiamo depositato anche qui in Commissione.
Il mio sarà un intervento esclusivamente legato al discorso dell'omicidio stradale, quindi vi parlerò della definizione che noi vogliamo darne, del quadro normativo attuale e perché cambiare, dei suggerimenti che noi abbiamo portato per il cambiamento, e di una cosa che non abbiamo detto fino ad oggi, ovvero quali siano le possibili obiezioni.
Sono presidente di questa associazione perché mio figlio è morto circa un anno e mezzo fa, ucciso da un guidatore ubriaco e drogato. Di mestiere faccio il direttore amministrazione finanza e controllo in una multinazionale farmaceutica, siedo nel consiglio di amministrazione di una società che fattura circa 600 milioni di euro l'anno e cerco di approcciare la cosa, anche se purtroppo non sono uno scienziato e mi sarebbe piaciuto farlo, da un punto di vista logico.
Noi abbiamo fatto una proposta di legge iniziale, che prevedeva di parlare di omicidio stradale quando vi sia almeno un morto e il guidatore guidi in stato di alterazione psico-fisica, quindi ebbrezza o alcol, conducendo un veicolo a motore. La proposta di legge C. 4662 è assolutamente in linea con quanto stiamo dicendo. Da parte nostra era uno stimolo, quindi c'è la massima apertura a valutare anche altre violazioni del codice della strada riferite alla guida pericolosa. Ovviamente le lesioni vanno considerate proporzionalmente.
Passiamo al quadro normativo attuale. Immaginiamo da un lato un omicidio con infrazione del codice della strada, che è poi il caso dell'omicidio di Lorenzo, dall'altra il furto pluriaggravato, cioè un borseggio. Attualmente, il primo caso, disciplinato dall'articolo 589, comma 2 o 3, del codice penale, prevede una pena va da un


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minimo di 2 a un massimo di 10 anni; nel secondo caso, disciplinato dall'articolo 625 del codice penale, la pena va da un minimo di 3 anni a un massimo di 10.
Questo significa che per la legge italiana - non sono un avvocato, ma so leggere il codice - il criterio di proporzionalità non è rispettato, in quanto un omicidio viene gestito come un furto pluriaggravato. Sfido chiunque dei penalisti in quest'aula a dimostrarmi che non è vero. Il quadro normativo attuale non garantisce quindi un criterio di proporzionalità, che è uno dei criteri costituzionali.
Si parla spesso di dolo eventuale, della possibilità di applicare l'omicidio volontario, e andiamo a vedere la realtà. Abbiamo stimato il numero di omicidi con infrazioni del codice della strada nel periodo 2001-2010 in 25.394, sulla base degli effettivi sulla provincia di Firenze nei 10 anni, considerando quelli con violazione del codice della strada che sono pari all'87 per cento, e in più ho dato un 50 per cento di probabilità al fatto che una persona che muore è il conducente e l'altro la persona offesa, quindi questo è il numero di riferimento del potenziale degli omicidi 2001-2010. Questo riguarda un omicidio stradale allargato, in cui una persona ha violato il codice della strada (anche una violazione lieve) e che ha causato la morte.
A mia conoscenza di omicidi volontari ad oggi passati in Cassazione (575) ce n'è uno. Ho cercato in letteratura e ne ho trovato solo uno, quindi ce ne sono 25.393 che sono colposi, per cui l'applicazione del dolo eventuale è una chimera. Quando i giuristi ci dicono che c'è, i giudici non lo fanno e la realtà di 10 anni testimonia che questa è una cosa che nella pratica non avviene mai.
Rispetto a come cambiare, i suggerimenti che noi abbiamo dato sono: nome, pena, arresto e patente. Ovviamente siamo disponibili a discutere su questo, ma sono previste nel progetto di legge C. 4662. Il nome ha un ruolo molto importante, perché l'aggettivo «colposo» ha valenze particolari: da un punto di vista giuridico lo rende di serie C, perché in procura o in tribunale l'omicidio colposo è considerato come un furto a tutti gli effetti.
Dirò di più: le questure non li contano, cioè, se chiedete quanti omicidi ci siano stati nella provincia di Firenze, vi contano solo gli omicidi volontari, quindi nessuno si prende la briga di contare gli omicidi colposi. Lo stesso effetto lo fa ovviamente sulle vittime.
La pena prevista da 3 a 10 anni deve essere aumentata a 8-18 anni, perché vogliamo che le persone si facciano almeno un giorno di carcere, l'arresto in flagranza di reato perché è previsto per il furto pluriaggravato, l'ergastolo della patente, quindi la possibilità che la patente non venga più restituita. Un'annotazione su quest'ultimo punto: se c'è un omicidio colposo da arma da fuoco, il responsabile non vede più il porto d'armi, se c'è un incidente di caccia e per qualche motivo involontario scappa il grilletto e il proiettile, la persona non rivede più il fucile per tutta la vita, perché per avere un porto d'armi si deve avere la fedina penale assolutamente pulita.
Ho trovato cinque obiezioni, che emergono nelle varie discussioni. Nel nostro codice esistono solo tre tipi di omicidio, volontario, preterintenzionale e colposo, e su questo si basa tutto il nostro diritto. Parzialmente è vero, esistono già altre tipologie di omicidi nel nostro codice, che sono quelli previsti dall'articolo 578 del codice penale, il reato di infanticidio, e dall'articolo 589, l'omicidio del consenziente. Altri ne esistevano, ma fortunatamente sono stati abrogati, come il delitto d'onore che è stato abrogato nel 1981.
Il nostro codice quindi si è evoluto per aggiungere o togliere tipologie di omicidi, che avevano una valenza nel passato. Il codice si deve quindi modificare con i tempi.
Si apre un fronte: se facciamo l'omicidio stradale, dobbiamo fare l'omicidio ospedaliero, l'omicidio di caccia, l'omicidio del vaso di fiori che cade. Faccio riferimento alla prevalenza del fenomeno, perché stiamo parlando di un fenomeno con almeno 2.500 omicidi l'anno contro i 600


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omicidi volontari per arma da fuoco e da taglio e i 33 morti per incidenti di caccia.
In particolare, su 1.170 morti sul lavoro nel 2011, 507 sono in itinere, quindi sono morti in incidenti di violenza stradale, ed è la prima causa di morte fino ai 40 anni in Italia secondo fonti Istat. La violenza stradale è quindi l'emergenza sociale numero uno, quindi non chiediamo l'omicidio di caccia perché sono 33. Possiede quindi una valenza particolare come fenomeno sociale.
Altro aspetto: trasformare la colpa in dolo è anticostituzionale e viola i più elementari princìpi del diritto. Chi si mette alla guida in stato di ebbrezza o drogato accetta un rischio di circa 380 volte superiore di provocare un incidente, e i profili del dolo sono senza dubbio presenti. Come dichiarato da un giurista di chiara fama come Carlo Federico Grosso, non solo il reato è legittimo, ma è auspicabile. Carlo Federico Grosso è docente di diritto penale a Torino, è stato vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura dal 1996 al 1998, vicesindaco di Torino con il Partito comunista italiano, e ha presieduto la Commissione ministeriale per la modifica del codice penale. Credo che abbiate il documento che riporta il parere di Grosso nella vostra cartella.
Non lo affermo io (non avrei titolo per farlo), ma il reato è ammissibile, quantomeno se ne può discutere, essendoci opinioni diverse.
Gli altri Paesi sono come noi e non ce l'hanno. Qui il quadro è variegato, il reato specifico è previsto in gran parte degli Stati Uniti, mentre in Europa è previsto dal 1988 in Inghilterra e più recentemente in Olanda e Norvegia, ed è in discussione in altri Paesi come la Spagna. Nel Road Traffic Act del 1988 c'è una linea specifica, che si chiama Causing death by careless driving when under influence of drink or drug, causare la morte per guida pericolosa avendo bevuto ed essendosi drogati. Esistono quindi esempi in altre legislazioni.
Un'altra obiezione è che non serva a limitare la violenza, non sia una forma di prevenzione efficace, perché sono altre le cose che servono per migliorare la sicurezza stradale. Premesso che la funzione di una pena non è solo preventiva, ma deve essere anche retributiva ed educativa, quindi non c'è solo l'elemento della prevenzione, ma c'è anche da dare una retribuzione e da rieducare le persone, in quanto nessuna pena equivale a nessuna possibilità di rieducazione, i Paesi con legislazioni più severe sono quelli a più bassa mortalità.
Se infatti consideriamo gli indici di mortalità per milione di abitanti nei vari Paesi europei, la Svezia, l'Inghilterra e l'Olanda sono ai vertici e non conosco la legislazione svedese, quindi non posso dirlo, ma conosco la legislazione inglese e quella olandese che sono le più severe nei confronti di chi uccide. Non abbiamo mai detto che per diminuire la violenza stradale questa sia l'unica cosa da fare, perché ci sono tantissime altre cose da fare, ma sicuramente è una delle prime, perché lancerebbe un segnale molto importante.
Cosa ne pensano i cittadini. Ad oggi, abbiamo raccolto 58.755 adesioni qualificate e ci siamo fermati nella stampa a 50.000. Con adesioni qualificate intendo dire che ogni cittadino ci ha dato il suo documento di identità e un contatto (e-mail o telefono cellulare), quindi siamo in grado di recuperare tutte le informazioni su questi cittadini. Abbiamo raggiunto 50.000 firme in 5 mesi, quindi significa che il problema è sentito e comunque da un punto di vista di democrazia diretta saremmo in grado di dire che abbiamo un consenso.
Abbiamo un consenso anche da parte di varie associazioni, che non riguardano solo le vittime la strada, da comuni, quindi enti locali, e da varie associazioni culturali, quindi siamo a più di 60 adesioni formali da associazioni ed enti. Sono stati inoltre realizzati sondaggi dal Corriere della sera, il quotidiano nazionale, e anche dall'ISPO-Fondazione ANIA, per cui l'85 per cento dei cittadini risulta favorevole all'introduzione dell'omicidio stradale.
La legislazione attuale a nostro parere è carente e non al passo con i tempi, quindi lo status quo è secondo noi inaccettabile.


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L'introduzione dell'omicidio stradale è giuridicamente possibile, per cui a chi obietta che non si può fare giuridicamente noi rispondiamo che è una balla, perché possiamo dare delle opinioni esattamente contrarie.
La violenza sulla strada rappresenta il fenomeno criminale a più alto impatto sociale, purtroppo non ce ne rendiamo conto ma siamo messi male, nel senso che siamo migliorati molto e quindi diamo atto del lavoro fatto dalla Commissione e da tutti i politici che hanno lavorato su questo, perché partivamo messi male, ma siamo adesso all'indice di mortalità che l'Inghilterra aveva nel 1991.
I cittadini sono favorevoli, su questo non c'è alcun dubbio, perché si tratta quasi di un plebiscito bulgaro. Chiudo citando una frase di Einstein che ci è piaciuta molto, il problema non è dei pochi criminali (fortunatamente sono pochi), ma il problema è nostro, mio compreso, che stavo lì a guardare e non facevo niente. Ho avuto una doccia fredda che è stata quella della perdita di un figlio e mi sono messo a guardare il fenomeno, quindi invito voi, che avete posizioni di potere da un punto di vista legislativo, a non stare lì a guardare e ad agire nel tempo più breve possibile.
Vi ringrazio per il tempo che mi avete dedicato.

PRESIDENTE. Ringrazio le associazioni intervenute.
Do la parola ai colleghi che vogliano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

CARLO MONAI. Vi esprimo, a titolo non solo personale ma anche per il gruppo dell'Italia dei Valori che qui rappresento, la massima solidarietà per le vicende umane che avete testimoniato con legittima e giustificabile trepidazione, che in qualche modo mette anche in imbarazzo nell'affrontare una discussione tecnico-giuridica su questa proposta, perché è sempre difficile ragionare in termini tecnici quando il tema suscita ricordi drammatici, laceranti, e vicende personali ancora irrisolte.
Ho fatto questa premessa per rimarcare il rispetto e l'amarezza che nasce dal sentire genitori e familiari insoddisfatti dal sistema giustizia, che dovrebbe invece essere presidio della tutela dei diritti e delle legittime aspettative che ne derivano.
Faccio anche l'avvocato, magari con meno capacità della collega che abbiamo sentito poco fa, ma certo è che ho segnalato alcune riflessioni di cautela nell'introduzione delle modifiche che voi avete illustrato, ma che erano state già oggetto, per iniziativa del presidente Valducci, dell'esame di questa Commissione.
In particolare, la petizione di principio che va verificata è se la detenzione di un soggetto che si sia macchiato di un omicidio colposo debba essere l'unica sanzione afflittiva che abbia in sé quella forma di giustizia retributiva nei riguardi delle vittime del reato e di coloro che affiancano la vittima come familiari e congiunti.
Vedo con grande interesse, soprattutto in queste fattispecie delittuose di natura colposa, la possibilità di individuare delle sanzioni che possano essere meno afflittive dal punto di vista della libertà personale, ma certamente più rieducative dal punto di vista della condotta del reo, come per esempio l'assistenza in un centro per malati terminali o di persone che, a causa non solo di sinistri stradali, abbiano subito limitazioni devastanti della loro capacità e della loro autonomia.
Penso anche a sanzioni che dissuadano il soggetto dal mettersi alla guida di un'autovettura senza i necessari controlli sulla sua capacità e sulla sua maggiore responsabilità nella conduzione di un veicolo. Deve essere anche valutato che l'automatismo, che verrebbe introdotto nel sistema penale, di un aumento significativo della pena minima, così come dell'esclusione di possibili formule che evitino all'autore del reato l'esperienza detentiva, sarebbe forse anche eccessivo nel momento in cui nell'ambito giurisprudenziale il nesso di causalità tra condotta del conducente ed evento delittuoso, nello specifico il decesso


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o la grave infermità, viene ravvisato, ancorché ci sia una bassissima percentuale di colpa tra condotta ed evento.
Basta che ci sia un nesso di causalità anche molto modesto per dover rispondere di omicidio colposo, e questo automatismo rende assai problematica la valutazione dell'eventuale concorso di colpa della vittima, che certamente nei casi oggi citati non c'è, ma che nella esperienza comune può essere a volte determinante.
È vero anche che potrebbe non apparire proporzionato e ragionevole il fatto che un borseggiatore risponda in maniera più grave di quanto non faccia un omicida colposo della strada, ma è anche vero che ontologicamente le due fattispecie muovono da una diversa pericolosità sociale, se intesa come volontà del soggetto di minare l'ordine costituito. Mentre infatti il borseggiatore agisce in modo doloso, l'omicida colposo agisce in base a un altro tipo di approccio psicologico.
Dovremmo quindi trovare un punto di equilibrio, che, per evitare eccessi punitivi controproducenti per la stessa finalità rieducativa della pena, consenta al giudice una graduazione del sistema afflittivo meno vincolata di quanto non possa essere il disegno rappresentato in questa proposta emendativa.
Mi rendo conto che questi ragionamenti possano urtare la vostra sensibilità, e di questo mi scuso, ma voglio essere molto franco con voi, nel senso che, se immaginassimo un'esperienza penale, in cui peraltro mi è capitato di dovermi confrontare fortunatamente solo da un punto di vista professionale e non personale, che veda coinvolta una studentessa universitaria che magari abbia la sventura di trovarsi alla guida del veicolo e con prevalente colpa di un pedone si trovi a provocare un omicidio colposo, costringere il giudice magari a distanza di 3 o 4 anni dal fatto, dal momento che l'immediatezza del processo non appartiene alla nostra giustizia, ad applicare un meccanismo sanzionatorio così imperioso a una persona che ha avuto un momento di distrazione o di eccessiva irresponsabilità, ma in un percorso di vita che ha tutt'altra impostazione, mi parrebbe veramente deleterio per lei e per il tessuto sociale in cui si muove.
Una sanzione così afflittiva da costringere alla detenzione mi parrebbe veramente un rimedio che male si adegua alle vostre legittime sollecitazioni e all'obiettivo finale, che è quello di trovare un metodo sanzionatorio che sia congruente e compatibile con le criticità della vita, che non sono catalogabili in maniera così schematica, come la proposta sembra delineare. Grazie.

VINCENZO GAROFALO. Desidero innanzitutto ringraziare gli auditi, anche comprendendo l'emozione che ogni volta in ognuno di voi, chiamato ad esprimere considerazioni seppur di carattere generale, suscita il triste richiamo a vicende personali. Questo ci rende ancora più responsabili, qualora non lo fossimo già, nell'affrontare un tema così delicato, che però abbiamo deciso di affrontare.
Una Commissione che non ha competenze in materia di giustizia, come voi avete rilevato e questo è stato oggetto di una considerazione a monte, ha però ritenuto necessario affrontare questo percorso di necessaria chiarificazione legislativa e di soddisfazione, che è la soddisfazione non solo delle vittime, ma anche di una società che, come avete giustamente sottolineato, al primo posto deve porre il valore della vita come valore base, perché, come la dottoressa Chironi rilevava, senza il valore della vita tutto il resto non esiste.
Sappiamo che questo tema è difficile e che non è facile soddisfare l'aspettativa, ma abbiamo comunque avviato questo percorso. Devo riconoscere al presidente Valducci di aver voluto tenacemente metterci la faccia, anche in momenti in cui avevamo serie perplessità, perché parlare di omicidio stradale sembra volere già catalogare qualunque incidente stradale che abbia una vittima, e voi avete saputo distinguere tra incidenti e omicidi.
Abbiamo ascoltato il Ministro della giustizia, che è qualificato anche per la sua origine professionale, ma abbiamo questa perplessità di carattere legislativo, normativo,


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e ogni audizione che aggiungiamo a quelle già fatte ci induce a trovare la soluzione per arrivare a un obiettivo, che è quello di avere meno incidenti, meno vittime, meno persone con disabilità causata da incidenti, casi molto dolorosi, come alcuni genitori possono testimoniare.
Oggi non sono in condizione di dirvi quale sarà la soluzione finale, perché questi incontri servono a formare una competenza sempre maggiore. Certo è che gli spunti che ci avete fornito hanno arricchito alcuni nostri orientamenti, per cui vi assicuriamo che faremo tutti gli sforzi perché la giustizia sia giusta e perché - ho una formazione tecnica, sono ingegnere, quindi anch'io sono razionale, dottoressa - segua percorsi razionali.
Mia figlia si sta laureando e sta facendo uno stage presso il Tribunale penale di Milano e assiste ad alcuni processi. L'altro giorno mi ha raccontato che in un giudizio il giudice ha emesso una sentenza, che sia lei che il coadiutore non hanno condiviso, per cui hanno parlato con il giudice, che ha spiegato loro che bisogna essere lontani dall'aspetto emotivo quando si esprime una valutazione.
Nei giorni scorsi, ho sentito dire in tema di lavoro che quando un giudice esprime una sentenza rispetto al licenziamento pensa che c'è una famiglia, che non vuole danneggiare anche se il licenziamento è legittimo. Anche in quel caso c'è una valutazione di carattere emotivo, ma non farsi coinvolgere emotivamente significa essere giusti, obiettivi.
Se la legge fosse applicata correttamente, darebbe delle risposte differenti, ma purtroppo oggi non viene applicata in maniera perfetta. La presidente Velo ha anche chiesto l'audizione di rappresentanti dell'ordinamento giudiziario per confrontarci con loro rispetto a questo, in quanto sono gli attuatori delle leggi. Non basta quindi fare delle leggi, ma bisogna che siano applicate in maniera efficace.
Ci auguriamo comunque che queste audizioni portino all'obiettivo da voi auspicato.

MARIO LANDOLFI. Ovviamente faccio mie le premesse dei colleghi Monai e Garofalo sul dato relativo a questa audizione, che pone molti problemi, anche perché questi problemi ci sono stati sottoposti da persone che hanno vissuto e vivono sulla propria pelle il dramma che oggi hanno evidenziato in questa Commissione.
Dalle loro parole è possibile trarre spunti molto interessanti anche sul significato della nostra attività, della legislazione. Come diceva la professoressa, la matematica non è un'opinione, il diritto non deve essere un'opinione, ma purtroppo è soggetto all'interpretazione. Non sono un giurista, sono un giornalista, quindi vivo di opinioni, la mia attività consiste nel mettere in campo opinioni, nella speranza di farle entrare nel dibattito e farle addirittura prevalere, però è chiaro che dalle vostre parole emerge un forte desiderio di giustizia, e penso che le questioni da voi sollevate siano meritevoli di grande attenzione.
Come evidenziato dall'onorevole Garofalo, possiamo prefissarci l'obiettivo di rendere più sicura la strada, di fare in modo che vi siano meno incidenti e quindi di elevare lo standard della sicurezza non solo nelle nostre città. Per fare questo, occorre agire anche sul versante delle pene, perché una pena blanda non garantisce l'adeguata deterrenza rispetto a comportamenti che possono diventare criminali. Deve essere inoltre curato l'aspetto della prevenzione, in quanto questi due elementi vanno di pari passo.
Se un borseggiatore che rubi un portafoglio in treno o in autobus rischia di essere punito con una pena più severa di chi stronchi una vita, non c'è logica, non c'è proporzionalità, non c'è l'adeguata rispondenza di una sanzione a un comportamento. Tutto questo incide, così come le obiezioni che abbiamo letto.
Mi sembra che una linea di mediazione si possa trovare nelle parole del professor Grosso, sebbene io non sia un giurista e quindi rischi di dire delle castronerie. Nel confine che separa la colpa dal dolo, quando il professor Grosso afferma che chi


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si mette alla guida di un autoveicolo sotto l'effetto dell'alcol o di sostanze stupefacenti ha una possibilità 380 volte superiore di commettere qualcosa che non dovrebbe fare, l'imprudenza o l'imperizia lascia il posto a qualcosa di diverso, che dovrebbe indurre il legislatore, quindi noi, a riconsiderare il termine della colpa quando il fatto avviene sotto l'effetto di alcol o sostanze stupefacenti.
Il dolo consiste nel mettersi alla guida della macchina dopo aver assunto queste sostanze o aver bevuto, quindi conosco l'effetto, ma nonostante questo lo faccio lo stesso. Ritengo quindi che su questo si potrebbe trovare un modo per evitare che ogni omicidio sulla strada venga derubricato come colposo, quando invece molte volte per effetto di queste sostanze colposo non è, perché il responsabile era consapevole di poterlo fare e non ha fatto nulla per evitarlo.
Siamo la Commissione Trasporti e telecomunicazioni, quindi non spetta a noi incidere sul codice penale in quanto c'è la Commissione Giustizia, ma sicuramente questa Commissione potrà dare un contributo qualificato, che può incidere su queste cose. Considero necessario agire sotto il profilo delle pene e delle sanzioni di tipo amministrativo - l'ergastolo della patente è una cosa molto forte - ma una sospensione temporanea molto più lunga sarebbe un valido deterrente.
Dobbiamo quindi agire sotto il profilo della deterrenza con una norma più severa, allargando il concetto di dolo e restringendo quello di colpa, agire sulla prevenzione e dare importanza alle sanzioni amministrative. Quando fu introdotta la disciplina di decurtazione dei punti dalla patente, gli effetti sono stati molto evidenti.
Credo, presidente, che il risultato di questa audizione possa essere indirizzato alla Commissione che dovrà entrare nel merito di questa vicenda, al fine di partorire un testo che non sia matematica, ma dimostri logica, buonsenso e rispetto delle persone che soffrono per queste cose. Grazie.

MARIO LOVELLI. Ringrazio gli auditi per l'importante contributo che ci hanno fornito nell'esame di un provvedimento normativo che è incardinato qui, nella Commissione Trasporti, in una logica abbastanza ovvia, secondo la quale ci stiamo occupando di un riordino del codice della strada.
L'argomento che è oggetto dell'odierna audizione è un pezzo di questo percorso, ma è evidente, anche per le cose che abbiamo sentito questa mattina e che ognuno di noi aveva già ben presenti grazie ad approfondimenti o confronti territoriali - vengo dalla provincia di Alessandria, dove sono stati realizzati convegni e iniziative e c'è un movimento su questo tema, anche a livello di prese di posizione dei consigli comunali -, che le informazioni aggiuntive che ci avete fornito siano molto importanti.
Abbiamo potuto verificare che non c'è un'univocità di posizione da parte delle associazioni che stanno facendosi carico di questa questione, ma c'è certamente una molteplicità di proposte che spetta al legislatore ridurre a una visione univoca. In questo momento ci sono due ordini di difficoltà che è utile tenere presenti e di cui, come legislatori, dobbiamo farci carico.
Una difficoltà deriva dalle competenze delle Commissioni parlamentari, laddove è evidente che noi come Commissione Trasporti stiamo seguendo un iter, la Commissione Giustizia, nell'ambito delle sue competenze, potrebbe concentrarsi sull'oggetto della discussione di oggi. Questo sarà un problema che dovremo affrontare anche nei rapporti fra le Commissioni. Il presidente Valducci è momentaneamente assente, ma la presidente Velo naturalmente ha ben presente la questione di competenza delle Commissioni, che dovremo analizzare per individuare il percorso più utile per arrivare ad una conclusione, tenendo conto di un altro aspetto noto a tutti.
Questa legislatura è agli sgoccioli, per cui con i colleghi dovremo valutare come fare in modo che la legislatura si concluda con un risultato, perché altrimenti, a


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causa del poco tempo e del fatto che naturalmente quello che faremo dovrà passare all'esame del Senato con tutte le incognite del caso, rischiamo di non arrivare in fondo a una decisione.
Dobbiamo scegliere una strada: se oggi è prevalente la tematica dell'omicidio stradale e su questo dobbiamo concentrare la nostra attenzione, dobbiamo trovare il percorso parlamentare per giungere a un risultato utile. Arrivati a questo punto, non sono neanche pregiudizialmente contrario a un provvedimento d'urgenza, se ci fosse una convergenza politica di merito.
Poiché fortunatamente in questa Commissione abbiamo fatto molte cose in modo unitario, a cominciare dalla legge n. 120 del 2010, dalla riforma del codice della strada che è stata fatta con un voto unanime, in sede legislativa, senza neanche l'esame in Assemblea, stiamo cercando di fare un percorso analogo, quindi analogamente dobbiamo trovare un'intesa unitaria per vedere cosa sia più utile fare. Se quindi c'è un'intesa unitaria, non è da escludere nessun percorso di tipo legislativo, perché è necessario fare ciò che consenta di ottenere il risultato.
Ritengo che la proposta di legge iniziale ricordata e la proposta di iniziativa popolare alla nostra attenzione siano i riferimenti su cui si possa trarre una conclusione. Credo che l'odierna audizione sia stata molto importante per dare un impulso per fare dei passi avanti, e quindi, per quanto riguarda il gruppo del Partito democratico che rappresento, cercheremo di cogliere questa occasione. Ho sentito l'opinione dei colleghi, quindi penso che si possa fare un buon lavoro e vedere quale sia la strada più utile da percorrere per arrivare in fondo. Grazie.

PRESIDENTE. Do ora la parola agli intervenuti per la replica.

ELISABETTA CIPOLLONE, Vicepresidente dell'Associazione «Diamo valore alla vita». Sarò veramente breve, ma vorrei riprendere alcuni punti. Sono un po' stufa di partecipare a convegni e di sentirmi sempre dire che le leggi ci sono, ma dovrebbero essere correttamente applicate. Sono un po' stufa di questa cosa, perché mi sembra come affermare in ospedale che la chemioterapia esiste e, se te la prescrivono, ti curano il tumore, se non te la prescrivono, il tumore non esiste.
Non sono una giurista, sono una psicologa, quindi non mi addentro in dettagli tecnici, ma trovo di una gravità assoluta dire che le leggi ci sono ma non sono applicate. La trovo una cosa terribile. Mi chiedo infatti chi debba far applicare le leggi, perché qualcuno deve controllare e, se qualcuno non svolge bene il proprio lavoro nell'applicazione della legge, che come dite voi c'è, non me ne intendo però qualcuno deve fare qualcosa.
Nessuno vuole mettere alla gogna gli assassini dei nostri figli, quindi misure alternative potrebbero andare bene, però, se chi ha ammazzato Andrea e mille altri Andrea si facesse qualche anno di galera, non ci vedrei nulla di male, perché magari daremmo a questa persona la consapevolezza della gravità delle cose che ha fatto, perché non ammazzano solo i nostri figli, ma ammazzano tutto ciò che c'è intorno. Noi non sappiamo più come recuperare l'altro mio figlio, gemello di Andrea, perché è in una situazione disastrosa.
Nessuno vuole metterli alla gogna, nessuno vuole tenerli in galera vita natural durante, ma qualche anno anche per dare a queste persone la consapevolezza di quello che hanno fatto. Una giusta pena è terapeutica per noi familiari, ma non dimentichiamoci che è riabilitativa per chi ha compiuto il reato, perché, una volta che tu paghi, sei riabilitato nella società. Lasciarli completamente impuniti o obbligarli a sei mesi di servizi civili mi sembra realmente troppo poco: quanto vale la vita dei nostri figli, sei mesi? L'assassino di mio figlio, come tutti gli altri, se farà qualcosa, farà 5-6 mesi di affidamento ai servizi sociali?
Mentre il tempo passa, ogni giorno ci sono 12 morti. Credo quindi che qualcuno debba prendere atto di questi numeri terrificanti, giacché oggi siamo qui a discutere e oggi con una deterrenza forte data da una giusta piena - e ripeto che


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non vogliamo mettere alla gogna i responsabili, ma vogliamo solo ridare valore alla vita - probabilmente riusciremmo a salvare qualcuno dei 12 Andrea che vengono uccisi ogni giorno.

GIUSEPPA CASSANITI MASTROJENI, Presidente dell'Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada (AIFVS). Le leggi ci sono, ma non vengono applicate bene. Lo dico consapevolmente perché ci sono magistrati che hanno trasformato la discrezionalità in arbitrio, perché è vero che l'articolo 133 del codice penale stabilisce il compito del magistrato e dice che il giudice nell'esercizio del suo potere discrezionale deve valutare la gravità del reato, indicando anche i parametri da utilizzare. Stabilisce, infatti, che debba valutare la gravità del reato desumendola dalla gravità del danno, per cui a volte mi chiedo se uccidere un figlio, un padre o una madre possa essere considerato un danno grave da parte del giudice, o no.
Deve valutarlo desumendolo dalla gravità del danno, dal grado della colpa, laddove agire sotto l'effetto di alcol o droga o adottare una guida azzardata - in quest'ultimo caso addirittura si è consapevoli, e quindi è ancora peggio di quando si è ubriachi o drogati e non si è più lucidi - e lucidamente ci si mette a guidare come pazzi con la consapevolezza di non poter fronteggiare un rischio e quindi di poter ledere la vita propria e quella degli altri, è una colpa grave.
Deve inoltre valutare il comportamento del reo. Ci sono questi elementi e il legislatore ha stabilito un minimo e un massimo di pena, perché compito del giudice è stabilire una pena congrua, cioè adeguata alla gravità della colpa, alla gravità del danno e al comportamento del reo. I giudici si sono presi sempre questa libertà che non possiamo perdonare, perché hanno sempre deciso di applicare il minimo della pena.
Poiché ora sanno che le associazioni si stanno muovendo, ci sono sentenze più pesanti, ma non è stato così in passato, quindi è veramente tutta colpa dei giudici, che dovrebbero cambiare la loro cultura perché sono chiamati ad applicare una pena congrua e invece, partendo sempre dal minimo della pena, si sono sostituiti al legislatore. Il legislatore ha stabilito un minimo e un massimo di pena non certo perché il giudice dovesse sempre applicare il minimo. Il problema quindi riguarda i giudici.
Desidero anche mettere in evidenza che l'articolo 27 della Costituzione stabilisce che la responsabilità penale è personale, non che è solo dolosa o solo colposa: dice che è personale e quindi coinvolge sia la colpa che il dolo. Non riusciamo a capire, dal momento che oggi la legge n. 125 del 2008 prevede pene da 3 a 10 anni, come mai i giudici per esempio per guida in stato di ebbrezza o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti diano pene di un anno e mezzo o due anni con la sospensione condizionale della pena.
Secondo noi si può restare nell'ambito dell'omicidio colposo, stabilendo un primo grado di colpa lieve quando vi sia anche colpa della vittima e un livello aggravato di colpa, perché non sarà mai dimostrabile che si sia partiti da casa con l'intenzione di uccidere, ma si uccide perché si mettono in atto comportamenti azzardati con i quali non si è in grado di fronteggiare il rischio.
Chiediamo che i giudici smettano di cercare nella testa dell'imputato se volesse o non volesse uccidere, di sostituirsi agli psicologi, e che piuttosto valutino obiettivamente i comportamenti alla guida. Non siamo quindi favorevoli a un omicidio stradale legato soltanto alla guida in stato di ebbrezza o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti, perché provocherebbe ulteriori discriminazioni e conflittualità sociali.
Se volete stabilire un omicidio stradale specifico, deve essere comprensivo di tutti i comportamenti criminali alla guida, altrimenti si resta nell'ambito dell'omicidio colposo stradale, prevedendo, come avevamo stabilito, un livello di colpa a cui si possa anche applicare la sospensione condizionale della pena, e un livello di colpa


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a cui non si possano applicare la sospensione condizionale della pena né le attenuanti generiche.
Questi possono essere dei correttivi, come anche prevedere la possibilità che la pena venga aumentata fino al doppio o fino al triplo: questo deve essere espunto e sostituito da un chiaro «la pena è raddoppiata o la pena è triplicata». Questo è il nostro punto di vista.

GIANMARCO CESARI, Avvocato dell'Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada (AIFVS). Vorrei prendere spunto dalle considerazioni dell'onorevole Monai in merito alla ricerca di un punto di equilibrio.
Non abbiamo mai fatto una proposta legislativa senza prima farla precedere da un convegno presso la Camera dei deputati, interpellando gli esperti, i giuristi e gli accademici. Così abbiamo fatto il 30 ottobre 2007, ma ancora prima nel 1999, perché la prima audizione che abbiamo fatto qui alla Camera verteva sulla proposta di legge Misuraca C.1885, che riguardava l'aumento delle pene.
Come ho spesso ribadito in Aula, non vogliamo una pena più alta perché l'imputato torna a casa e quindi è come se non fosse neanche stato giudicato. Sono partito proprio dal processo dei fidanzati di via Nomentana, che come avvocato ho vissuto in tutti e tre i gradi dei processi, con smarrimento vedendo non tanto la derubricazione da doloso a colposo, quanto in primo grado il Pubblico Ministero concedere le attenuanti generiche a una persona che era senza patente da 2 anni, che ha occultato la macchina, che è fuggito dopo aver ucciso due ragazzi e che, se fosse stato per uno che con un cane ha trovato la macchina, non avremmo mai individuato.
A questa persona sono state date le attenuanti generiche, per cui scrissi un cartello «attenuanti generiche???» con tre punti interrogativi e lo passai al pubblico ministero. Se non fossero state concesse le attenuanti generiche, la pena non sarebbe stata derubricata da 10 a 5 anni. Il meccanismo della Procura della Repubblica, che si basa su questi limiti edittali minimi e massimi, deve quindi essere rivisto.
Sul fatto dell'aggravante o della norma speciale, nel disegno di legge C. 3274, che è stato confezionato in un convegno del 2010, abbiamo chiesto una modifica della disciplina dell'articolo 589 e dell'articolo 590 del codice penale, quindi di costituire un'aggravante specifica. Poi c'è stata la richiesta di una norma speciale, ma su questa istituzione di una norma speciale per i reati di violenza stradale, che a mio avviso sarebbe giusta, c'è molta opposizione a livello accademico, costituzionale, ma soprattutto della categoria dei colleghi penalisti.
Si potrebbe staccare dal semplice omicidio colposo e creare la categoria dei reati di violenza stradale, così come ci sono i reati di violenza sessuale. Non vediamo però né un consenso politico, né soprattutto un consenso scientifico.
Per noi questa legge delega che il Parlamento poteva prendere è la strada più lunga, mentre la proposta di legge del 2010 a questo punto avrebbe potuto essere già legge dello Stato, se non vi fosse stato quel muro di indifferenza, citando il quale Stefano Guarnieri ha concluso la sua relazione.
Adesso si rende necessaria e assume ancor più rilievo, se si tiene conto della manifesta volontà della popolazione italiana, che richiede una tutela sulla strada. Occorre quindi garantire non tanto la certezza della pena, perché la pena è certa anche quando è di 1 anno e 10 mesi, quanto la congruità della pena, che invece non c'è.
È quindi questa l'esigenza di armonizzazione che ho letto anche nel progetto a firma dell'onorevole Velo, laddove è necessario far sì che nelle aule di giustizia ci sia questa armonizzazione, anche con l'applicazione di misure alternative, ma tenete presente che l'imputato non si presenta mai, ho più di 300 processi per omicidio sulle spalle e li avrò visti presenti in Aula in 20 casi.
A nostro avviso la via più rapida è il decreto-legge o una legge ordinaria, ma vorrei suggerirvi anche una modifica per


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aggravare il reato quando colpisce le Forze dell'ordine sulla strada, cosa che non vi deve sfuggire. La modifica con la previsione di un'aggravante rappresenterebbe un segnale di grande considerazione da parte dello Stato per chi espone la propria vita al rischio per la tutela collettiva, e quindi un grande segnale per la criminalità.
Vi invitiamo tutti a partecipare l'8 giugno, quando metteremo i risultati della Conferenza a disposizione sia della vostra Commissione che della Commissione Giustizia. Grazie.

PRESIDENTE. Nel ringraziare i rappresentanti delle associazioni di familiari e vittime della strada oggi intervenuti, dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 13,30.

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