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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione IX
4.
Giovedì 18 settembre 2008
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Valducci Mario, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'ASSETTO E SULLE PROSPETTIVE DELLE NUOVE RETI DEL SISTEMA DELLE COMUNICAZIONI ELETTRONICHE

Audizione di rappresentanti di SLC-CGIL, FISTEL-CISL, UILCOM-UIL e UGL:

Valducci Mario, Presidente ... 3 10 12 15
Genovesi Alessandro, Segretario nazionale della SLC-CGIL - Area TLC ... 3 12
Giacomassi Armando, Segretario generale della FISTEL-CISL ... 5 13
Meta Michele Pompeo (PD) ... 10
Misiti Aurelio Salvatore (IdV) ... 10
Serao Giorgio, Segretario nazionale della UIL Comunicazione ... 8 14
Varesi Paolo, Segretario confederale della UGL ... 9 15
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.

COMMISSIONE IX
TRASPORTI, POSTE E TELECOMUNICAZIONI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di giovedì 18 settembre 2008


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MARIO VALDUCCI

La seduta comincia alle 14,40.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di SLC-CGIL, FISTEL-CISL, UILCOM-UIL e UGL.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'assetto e sulle prospettive delle nuove reti del sistema delle comunicazioni elettroniche, l'audizione di rappresentanti di SLC-CGIL, FISTEL-CISL, UILCOM-UIL e UGL.
Do la parola ai nostri ospiti.

ALESSANDRO GENOVESI, Segretario nazionale della SLC-CGIL - Area TLC. Desidero innanzitutto ringraziare il presidente e i membri della Commissione per averci invitati a partecipare a questa indagine conoscitiva. Dal punto di vista del sindacato confederale CGIL, la premessa con cui guardiamo a questi processi è legata ovviamente tanto agli impatti sul sistema-Paese quanto a quelli sui cittadini e sui lavoratori del settore, che ammontano comunque a 250 mila unità.
Per quanto riguarda il sistema-Paese, dal nostro punto di vista - ovviamente parziale per gli interessi che rappresentiamo - credo sia interessante citare un importante rapporto del marzo 2008 sulla produttività dei cosiddetti «Paesi a capitalismo avanzato». In tale documento si sottolinea come rispetto al 6 per cento di aumento della produttività degli ultimi due anni, l'1,2 per cento sia legato al fattore lavoro mentre il 4,8 per cento è costituito da investimenti in capitale. Al riguardo, la velocizzazione dei processi informatici e le connettività connesse alle nuove reti presentano un valore che si aggira tra lo 0,8 e l'1 per cento, quindi quasi quanto tutta la produttività del fattore lavoro.
In Italia la produttività è aumentata del 2,4 per cento, di cui l'1,6 per cento dal lavoro e lo 0,8 per cento da investimenti in capitale-innovazione. Per dirlo con altre parole, in un momento in cui sembra che la produttività viaggi solo sulle gambe, sulle braccia o sulle menti dei lavoratori, tutti i principali studi ci dimostrano che quest'ultima, riferita al sistema-Paese, è fondamentalmente legata, invece, agli investimenti in capitale-innovazione. Da questo punto di vista il costo relativo del lavoro è soltanto una delle piccole variabili rispetto al complesso sistema.
L'importanza delle reti di nuova generazione consiste pertanto proprio nel contributo che esse danno al sistema delle imprese in termini di produttività e, più in generale, in termini di rendimento.
In merito al discorso sulla cittadinanza, le reti di nuova generazione sono, per noi, sindacato confederale, lo strumento per costruire nuovi diritti. Non solo, quindi, sono lo strumento per avere una pubblica amministrazione più efficace e trasparente o nuovi servizi - dalla telemedicina alla


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teleassistenza, in un Paese che, tra le altre cose, invecchia - ma anche e soprattutto per creare quel fenomeno, che in America chiamano di «autoproduzione culturale e partecipazione». Tale fenomeno aiuta la cittadinanza attiva e, di conseguenza, favorisce il singolo cittadino nel momento in cui partecipa alle scelte pubbliche, e non solo.
Infine, come rappresentanti dei lavoratori del settore, guardiamo ovviamente alle reti di nuova generazione dal punto di vista di chi le progetta, di chi le mantiene o le dovrà mantenere, di chi le implementa; guardiamo, quindi, alla rete dei servizi informatici, di architettura e di infrastruttura nella quale i lavoratori sono impegnati, e il cui valore è riconosciuto dal momento che l'Italia, per quanto concerne le capacità tecnologiche di penetrazione e, soprattutto, la banda larga in mobilità, è tra i primi Paesi al mondo.
Pertanto, anche per il sindacato le reti di nuova generazione sono strategiche. Dico «reti» non a caso, ma perché siamo convinti che quelle di nuova generazione siano più cose: siano reti fisse, in fibra, siano reti mobili; inoltre, sono possibili convergenze di altre tecnologie verso l'utilizzo di piattaforme uniche, la qual cosa consentirebbe anche la ricostruzione di una filiera produttiva più chiara e visibile, a vantaggio di tutti.
Il ruolo pubblico per noi è costituito da tre fattori: incentivare, promuovere la domanda, semplificare.
Per quanto riguarda la semplificazione, diamo un giudizio positivo sulle ultime disposizioni riguardanti sia il riconoscimento dell'infrastrutturazione come intervento di pubblica utilità, sia la semplificazione burocratica, più volte richiesta, e ritrovata nelle recenti norme relative alla conversione del decreto-legge n. 112 del 2008, in continuità con quanto fatto già dai passati Governi.
A nostro avviso, bisogna promuovere la domanda pubblica nelle sue varie forme ed accezioni, dai sistemi sanitari ai sistemi degli enti locali; in questo ambito, tuttavia, registriamo dei ritardi e una parziale incapacità di coordinamento a diversi livelli di governo e della pubblica amministrazione centrale. Da questo punto di vista, il superamento di determinate forme di coordinamento e di authority la cui mission era imperniata su queste tematiche non è, ovviamente, un buon segnale.
Le reti di nuova generazione sono come le autostrade: bisogna capire se si fanno le autostrade perché ci sono le macchine, o se si costruiscono le macchine perché ci sono le autostrade. Il paragone calza con i nuovi servizi a larghissima e a larga banda, nel senso che finché non c'è una domanda non ha senso l'infrastruttura, ma se non c'è l'infrastruttura non nascerà mai la domanda. Il ruolo della domanda pubblica, nelle sue diverse accezioni, può dare un contributo in tal senso.
Infine, per quanto concerne l'incentivazione, gli 800 milioni di euro di risorse sono stimabili, in base ad alcuni studi, intorno ad un 7 per cento se bisogna arrivare alla fibra fino a casa - ovvero alla fibra to home - o a un 10 per cento se bisogna fermarsi al building. È chiaro che una scarsità di risorse non favorisce gli interventi, soprattutto in una logica di digital divide.
Per quanto riguarda il ruolo delle aziende, è in corso - anche in questa sede, come si evince dalla lettura dei documenti prodotti dagli altri soggetti auditi - un dibattito sulla rete di nuova generazione che secondo noi è in parte falsato, nel senso che sembra quasi che la rete di nuova generazione sia concepita come una cosa diversa e separata dall'attuale rete in rame, quando invece, soprattutto per quanto riguarda la parte fissa, ovvero l'evoluzione in fibra, la nuova rete consisterà fondamentalmente in una lenta sostituzione del rame, dapprima a copertura Ethernet, poi superando man mano la centrale, l'armadietto, per giungere infine al posizionamento sotto casa.
Pertanto, da questo punto di vista penso che in ogni discussione concernente il futuro anche della rete dell'incumbent, ovvero della rete sulla quale al 99,9 per cento si giocherà la partita - vista la difficoltà di replicare infrastrutture così costose -, bisogna fare maggior attenzione


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a non sottovalutare l'importanza del passaggio relativo alla lenta sostituzione del rame con la fibra, perché questo ha ovviamente implicazioni che riguardano anche la capacità di costruzione e manutenzione di servizi informatici adeguati e la capacità di ragionare su apparati che favoriscano convergenze in una fase transitoria dal rame alla fibra.
Da questo punto di vista, se la discussione verte su come incentivare gli investimenti, il nostro giudizio è che allo stato attuale la separazione societaria sia un errore, una scelta sbagliata che non aiuterebbe a costituire la rete di nuova generazione perché rappresenterebbe fondamentalmente una operazione finanziaria che priverebbe l'attuale rete italiana - la rete dell'incumbent - del più grande valore che possiede, cioè dell'integrazione con le altre funzioni, con l'informatica e gli altri asset (la ricerca e via dicendo).
A tal proposito, è noto che la nostra posizione è a favore della separazione funzionale quale extrema ratio, anche perché desidero ricordare che sono in discussione alcuni impegni assunti da Telecom; il nostro giudizio è che tali impegni garantiscano parità di accesso, possibilità di sviluppo, quella integrazione funzionale anche al mantenimento degli attuali livelli occupazionali nel settore - che a noi stanno particolarmente a cuore -, nonché la possibilità di migliorare il servizio stesso e, quindi, la migrazione dal rame alla fibra.
Non intendo ricordare in questa sede gli impegni assunti in tal senso da Telecom, perché sono depositati presso un soggetto diverso; tuttavia, in quegli impegni, a partire dalla delivery unica, alla coda unica, ai piani di qualità e di sviluppo, noi rileviamo un elemento di garanzia di sviluppo, di integrazione di funzioni, di parità di trattamento. Qualora vi sia l'esigenza di rendere remunerativi gli investimenti, la partita si gioca, a nostro avviso, esclusivamente dal punto di vista regolatorio, ovvero con interventi che garantiscano agli investitori una politica di prezzi crescenti in maniera graduale, in modo da garantire l'investimento.
Sarà mia cura far pervenire a questa Commissione una sintesi scritta dei contenuti del mio intervento.
Desidero, tuttavia, porre off record - come si suole dire - una questione, essendo questa la sede istituzionale forse più opportuna affinché la mia osservazione venga trasmessa, se ovviamente si riterrà opportuno farlo, a chi è soggetto di controllo nei confronti delle authority.
Trovo particolarmente singolare che, a consultazione pubblica aperta, e non ancora conclusa, presso l'Agcom, sugli impegni di Telecom - cioè dell'incumbent - rispetto alla propria rete in rame e quindi in prospettiva dell'evoluzione verso la rete di nuova generazione in fibra, il presidente dell'Authority esprima la propria opinione influenzando in tal modo il dibattito.
In un Paese come il nostro purtroppo questo accade, ma altrove sarebbe stato oggetto di discussione.
Poiché egli è stato anche audito in questa sede, immagino in funzione di presidente dell'Agcom e non di singolo cittadino, trovo istituzionalmente poco ortodosso che, a dibattito aperto sul futuro della rete, a consultazione aperta, quindi presenti anche gli altri OLO (Other Licensed Operator), le forze sociali e tutti i cittadini come previsto dalla regolamentazione per le consultazioni pubbliche delle authority, il presidente manifesti la propria opinione, influenzando magari anche il dibattito.
Poiché Camera e Senato sono organi che, nelle figure delle loro Presidenze, hanno anche un incarico di verifica delle funzioni, mi permetto di sollevare la questione perché in altri Paesi non è mai capitato che si verificasse una cosa simile in nessuna indagine conoscitiva a consultazione aperta.

ARMANDO GIACOMASSI, Segretario generale della FISTEL-CISL. Colgo l'occasione per fare qualche riflessione, a monte della posizione ufficiale dell'organizzazione che rappresento. Colgo altresì l'occasione per riconoscere a questa Commissione e a questo Governo di avere dato la giusta rilevanza al tema del sistema delle


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comunicazioni nel nostro Paese, argomento che da tempo noi consideriamo fondamentale e strategico.
Oggi la situazione è un po' più complessa, anche le tematiche di mercato sono sottoposte ad attenzione; in questi anni in cui la fase di crescita del PIL è stata prossima allo zero, il settore delle comunicazioni e, in particolare, delle telecomunicazioni, ha rappresentato un momento di sviluppo e di crescita molto importante, il punto più alto di sviluppo e di crescita di valore aggiunto del Paese. È per questo che giudichiamo positivamente la valorizzazione di questo aspetto.
Detto questo, come sempre poi ci vogliono i progetti, ci vogliono le idee e, soprattutto, gli strumenti per metterli in atto.
Avere messo all'ordine del giorno una problematica di questa natura è, a mio avviso, molto importante.
Siamo in una fase storica in cui la tecnologia, ma anche il mercato e il prodotto, pongono al centro la convergenza tra telecomunicazioni, media e informatica. Questo dà vita proprio al sistema delle comunicazioni e richiede necessariamente un'attenzione da parte delle istituzioni, affinché tale sistema non rappresenti solo e soltanto un'opportunità di mercato, ma anche un'opportunità di sviluppo democratico del Paese.
Non a caso, in Europa - recentemente, soprattutto nella zona orientale - i Governi si stanno interessando al sistema della comunicazione e stanno facendo degli investimenti, essendo ritenuto un tema centrale per il futuro dell'economia dei Paesi.
In Italia siamo un po' in ritardo perché, nonostante siamo tra i maggiori consumatori, dal punto di vista infrastrutturale e dell'innovazione tecnologica non siamo affatto tra i primi, in particolare per quanto riguarda la diffusione della banda larga e, soprattutto, di quella che oggi definiamo la banda larghissima.
Pertanto, nel nostro Paese le infrastrutture di rete di telecomunicazioni, ma - aggiungerei - le reti in generale, comprese quelle televisive, necessitano di un progetto più complessivo.
Oggi assistiamo ad una fase nella quale nel settore televisivo viene fissato lo switch off dall'analogico al digitale in tempi anche più ravvicinati di quanto l'Unione europea indichi; ci sono dei progetti di switch off regionale - dalla Sardegna alla Val d'Aosta - e progetti anche di più rapido termine, che consentono di diffondere la tecnologia digitale.
Forse la politica, le istituzioni e le forze sociali dimenticano che in Italia abbiamo, di fatto, un monopolio in una rete infrastrutturale, ovvero quella satellitare.
Dovremmo almeno interrogarci su questa situazione, perché per anni abbiamo assistito a una diatriba sul duopolio, l'oligopolio, il monopolio dimenticandoci forse che l'innovazione tecnologica oggi rappresenta delle incredibili potenzialità di sviluppo, di multicanalità e di un'offerta all'utente, al consumatore che è smisurata, nella logica di un utilizzo di infrastrutture di rete assolutamente diversificata.
Certamente ci sono anche i timidi tentativi di sviluppo tecnologico di reti sul mobile - il DVB-H, l'IPTV - posto che il servizio via cavo nel nostro Paese ha avuto, e probabilmente avrà, poco sviluppo.
Il progetto deve necessariamente essere un progetto-Paese, che riguardi tutte le infrastrutture. All'ordine del giorno della discussione odierna abbiamo prevalentemente l'infrastruttura di rete delle telecomunicazioni; mi soffermerò brevemente su alcuni aspetti, ma desideravo segnalare in premessa questa nostra considerazione.
A mio avviso, per parlare oggi di infrastruttura di rete di telecomunicazioni evitando voli pindarici inutili e tentando di rendere meno utopistica la nostra riflessione, dobbiamo parlare della rete Telecom, altrimenti non ci capiamo.
Dobbiamo quindi parlare di rete fissa - che oggi è di proprietà di una azienda-Paese importante, fondamentale per l'Italia - e di un'infrastruttura di rete fissa che richiede periodicamente importanti investimenti per la sua manutenzione dal


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momento che, oggi come oggi, per la capacità di veicolare voce, dati, immagini e informazioni è assolutamente obsoleta rispetto alle potenzialità del sistema più complessivo e ai bisogni del consumatore.
Pertanto, occorre necessariamente guardare al futuro e impostare una riflessione su come realizzare in tempi rapidi e nel miglior modo possibile una rete di nuova generazione.
Il nostro futuro va progettato oggi, perché più aspettiamo e meno la produttività, l'efficienza e l'efficacia del sistema delle imprese, ma anche del sistema pubblico, avranno ragione nel nostro Paese.
La potenzialità di una rete di nuova generazione in fibra ottica è assolutamente straordinaria, ne conosciamo tutti le possibilità e anche i benefici che può portare alle imprese, al sistema economico e pubblico del nostro Paese, dai servizi sociali alla medicina; si tratta, in ogni caso, di una potenzialità tecnologica tale da mettere in comunicazione il mondo economico con il mondo del lavoro e dei consumatori.
Sappiamo già sin d'ora che la rete di nuova generazione non riuscirà a coprire interamente il territorio nazionale, anche per ragioni orografiche, per la conformazione del nostro Paese; tuttavia, direi che, mediamente, in ogni Paese è difficile che una rete di nuova generazione riesca a coprire interamente il territorio, ragione per cui il tema del digital divide non deve riguardare soltanto le aree meridionali dell'Italia ma tutto il territorio, ogni zona in cui, effettivamente, questa rete non arriva o non potrà arrivare, anche per ragioni economiche.
In questo caso, l'intervento pubblico sul digital divide - com'è avvenuto in passato con il progetto Infratel - dovrebbe trovare una rivitalizzazione e sviluppare anche le tecnologie alternative, dal Wi-Fi al WiMAX, per colmare il digital divide, che è un elemento assolutamente dirimente rispetto al contesto.
Per partecipare a questa audizione, abbiamo sospeso una trattativa in corso al Ministero del lavoro sul piano della riorganizzazione, la quale richiede anche notevoli sacrifici occupazionali.
Noi sosteniamo che Telecom abbia la capacità di realizzare la rete di nuova generazione, e stiamo contrattando con questa società anche il complesso e difficile futuro del mercato. C'è la necessità di abbattere i costi, abbiamo quotidianamente problemi di assetti societari e proprietari in fase di cambiamento, siamo in una continua fase di incertezza e di ambiguità che pone anche i lavoratori da noi rappresentati in una situazione estremamente difficile. Ciò nonostante, noi crediamo che l'azienda abbia le potenzialità per realizzare una rete di nuova generazione, anche in termini di investimento.
Detto questo, va considerato anche il tema dell'apertura ai concorrenti, per il quale è importante il ruolo delle autorità e delle istituzioni - dall'Agcom all'Antitrust - per dirimere un contenzioso e regolare il traffico tra l'incumbent e gli altri operatori.
È per questa ragione che noi da tempo stiamo sostenendo la necessità che Telecom adotti la strada della separazione funzionale e non della societarizzazione, come tra l'altro indicato anche dalla Comunità europea.
Ci rendiamo conto, inoltre, della necessità di ricercare e di trovare le ingenti risorse richieste da un investimento di tale portata, e siamo consapevoli del fatto che bisogna avere necessariamente un valore aggiunto per poter generare risorse, per fare questa mole di investimenti.
Tuttavia, come parti sociali dobbiamo avere la possibilità di essere aiutati, orientati e indirizzati anche dalle istituzioni, per cercare di salvaguardare al meglio la nostra rappresentanza del mondo del lavoro; non dimentichiamo che una societarizzazione della rete romperebbe l'unicità del ciclo produttivo dell'impresa, rischierebbe la finanziarizzazione di un asse strategico ed esporrebbe anche al rischio di un controllo non nazionale.
Nel corso della lunga fase di travaglio che si è avuta dalla privatizzazione di Telecom fino alle ultime operazioni proprietarie,


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questo sindacato ha sostenuto con forza l'italianità di questa impresa ritenendo che, come sta sostenendo anche in altri tavoli di discussione, l'appartenenza sia un elemento importante.
Riteniamo che siano asset importanti nel panorama economico del Paese, e riteniamo a maggior ragione che Telecom lo rappresenti. Fatta questa premessa, è ovvio che le affermazioni, i princìpi e i valori debbano però trovare una corretta coincidenza con la realtà.
A nostro avviso, è bene lavorare al possibile e non all'impossibile: questa è la nostra impostazione. Attendiamo, ovviamente, da parte del Governo, di questa Commissione, dei ministeri competenti e dell'autorità, delle novità coerenti rispetto al tentativo di costruire un futuro serio anche in rappresentanza del mondo del lavoro.

GIORGIO SERAO, Segretario nazionale della UIL Comunicazione. Anche io, come i miei colleghi, ringrazio il presidente e la Commissione per questa audizione su un tema di importanza così centrale per il nostro Paese.
Siamo convinti che la rete di nuova generazione sia un'infrastruttura necessaria e urgente per il Paese, per almeno due aspetti.
Innanzitutto, per quanto riguarda la crescita economica abbiamo un prodotto interno lordo molto depresso, e noi siamo convinti che l'innovazione del sistema infrastrutturale, sia esso fisso o mobile, possa dare una spinta alla ripresa economica del Paese. A questo aggiungo che il sistema delle telecomunicazioni in Italia registra negli ultimi tempi, maggiormente nell'ultimo anno, un calo di redditività importante.
Ci sono stati alcuni effetti regolatori, legittimi perché hanno ricadute positive sui consumatori, e alcuni interventi legislativi. La redditività del settore delle telecomunicazioni si è ridotta anche perché, allo stato, non ci sono servizi innovativi a valore aggiunto da immettere sul mercato per dare una spinta al consumo.
Il sistema delle reti di nuova generazione può creare le condizioni di sviluppo della multimedialità e, quindi, la possibilità di veicolare nuovi prodotti e servizi sulle linee di telecomunicazione. Crediamo che questo sia un punto centrale per favorire e per dare un significativo contributo alla ripresa economica del Paese.
In secondo luogo, la rete di nuova generazione è importante anche per lo sviluppo economico del Paese, perché dà alle imprese e alla pubblica amministrazione la possibilità di essere più efficienti e competitivi sul piano interno e internazionale. Pertanto, la rete di nuova generazione è un'infrastruttura necessaria e urgente per il Paese e, secondo la nostra visione, è anche uno strumento per accrescere le conoscenze e rafforzare la democrazia.
Noi riteniamo che tutti debbano avere accesso alle reti di nuova generazione, per evitare il digital divide, e che si debbano creare le condizioni affinché tutti i cittadini di questo Paese possano accedere velocemente al mondo della conoscenza e dell'informazione.
In merito al problema del finanziamento dell'investimento sulla rete di nuova generazione, riporto una riflessione che è stata anche oggetto della nostra discussione congressuale: in questo momento storico, rispetto alla situazione dell'economia internazionale in Europa e in Italia, riteniamo forse opportuno che l'Unione europea riveda la sua politica sulle telecomunicazioni. Sarebbe auspicabile, in un contesto di depressione economica, che si dia la possibilità, per le infrastrutture necessarie al Paese, di allentare i vincoli di bilancio. È auspicabile, pertanto, un intervento pubblico nella costruzione delle reti di nuova generazione.
Tale intervento sarebbe possibile, ovviamente, attraverso benefici fiscali, creando la remunerazione degli investimenti; a tal proposito, come è già stato sostenuto dai miei colleghi - anche perché tutto è nato da un documento che CGIL, CISL e UIL hanno presentato all'Agcom qualche anno fa, quando si parlava di separazione funzionale o scorporo della


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rete -, noi siamo favorevoli alla separazione funzionale della rete sul modello attuato di recente da Telecom con la creazione dell'Open access; è questo, a nostro avviso, il modello che può funzionare per il nostro Paese.
Pertanto, ritengo che Telecom sia in grado di costruire la rete di nuova generazione, ma l'importante è che l'intervento pubblico, sotto forma di benefici fiscali, di remunerazione degli investimenti anche tramite la digitalizzazione della pubblica amministrazione e altri interventi volti in questa direzione, dia la possibilità all'attuale incumbent di costruire la rete di nuova generazione sullo stesso modello che si è rafforzato in tutti gli altri Paesi, dove l'incumbent ha continuato a mantenere la rete. Crediamo che Telecom possa gestire questa rete e fare gli investimenti necessari.
Sarebbe opportuno favorire le condizioni rendendo meno stringente il sistema regolatorio sull'offerta commerciale, attraverso una serie di interventi di carattere pubblico che possano mettere il nostro Paese nelle condizioni di creare una rete di nuova generazione che dia un contributo significativo alla ripresa economica.
Non mi ripeto sui temi già condivisi con i colleghi di CISL e CGIL nel documento complessivo che abbiamo presentato all'Agcom. Sarà nostra cura produrre una memoria alla segreteria della Commissione.

PAOLO VARESI, Segretario confederale della UGL. Ringrazio per l'opportunità che ci viene offerta e approfitto del fatto di essere l'ultimo ad intervenire per essere breve, riservandomi di far pervenire nei prossimi giorni un documento completo con l'idea della nostra Confederazione.
Condividiamo di massima l'impostazione dell'indagine che questa Commissione sta portando avanti, perché la riteniamo strategica e perché riteniamo che il sistema della comunicazione elettronica oggi sia fondamentale per attuare lo sviluppo economico e culturale del Paese.
Siamo convinti, inoltre, della condizione di arretratezza infrastrutturale in cui versa il nostro Paese, e ciò rende questa indagine ancora più importante perché, come è già stato sottolineato dai colleghi, si vuole dare alle imprese l'opportunità di competere meglio sui mercati e, soprattutto, al sistema la possibilità di recuperare ampie aree del Paese - il cosiddetto Mezzogiorno - che sembrano sempre escluse dallo sviluppo tecnologico.
Viviamo un paradosso, emerso già dall'intervento dei colleghi: siamo i più grandi consumatori in Europa di tecnologie e di comunicazioni telefoniche, ma non riusciamo a realizzare ancora una adeguata diffusione della banda larga. I nostri dati ci dicono che, rispetto allo scorso anno, lo sviluppo della banda larga in Italia ha subito un peggioramento di circa il 4 per cento rispetto alla media dell'Unione europea a 15 Stati.
Si tratta quindi di una sfida tecnologica ma soprattutto di una sfida culturale, tendente a riequilibrare le opportunità di tutti i cittadini di questo Paese. Ho sentito i colleghi parlare di princìpi di democrazia, di nuovi diritti - tutti concetti che condividiamo - ma è importante soprattutto la maggiore sensibilità verso quelle regioni e quelle popolazioni che non hanno la fortuna di vivere in realtà geografiche sensibili rispetto a questo aspetto.
Lo sviluppo del mondo dell'intrattenimento è sicuramente importante, ma lo sviluppo della banda larga per noi significa innanzitutto uno sviluppo culturale, ovvero la possibilità di offrire opportunità professionali alle nuove generazioni e, quindi, anche un maggiore condizionamento verso l'alfabetizzazione e il coinvolgimento del sistema scolastico, che spesso è troppo distante dalle riforme che si fanno in questo Paese e che, invece, potrebbe così offrire opportunità professionali più coerenti col mondo del lavoro.
Termino il mio intervento sottolineando il timore che ho notato emergere riguardo al principio di concorrenza, che in futuro dovremmo salvaguardare tra le aziende che saranno interessate a entrare in questo settore.


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Non intervengo in merito a Telecom, poiché i colleghi che mi hanno preceduto hanno già ben chiarito i timori del mondo sindacale.
Quanto prima consegnerò un documento scritto.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

AURELIO SALVATORE MISITI. Ho ascoltato con piacere i rappresentanti dei lavoratori nelle telecomunicazioni, i cui interventi si sono incentrati sullo scopo e i quesiti che abbiamo posto alla base della nostra audizione. È ovvio che questi vengano affrontati dal punto di vista dei dipendenti, dei dirigenti e degli operatori in genere.
Ascoltando gli interventi ho notato una contraddizione. Per quanto riguarda la rete Telecom, che è quella più importante - altre cose ci sono state riferite da altri operatori -, è opinione diffusa dei lavoratori, non so se completamente condivisa da tutti, che debba esserci un monopolio, nel senso che la proprietà deve rimanere non scorporata e le attività devono restare su quella rete. Il segretario nazionale della SLC-CGIL, Alessandro Genovesi, è stato addirittura più esplicito di tutti, sottolineando che l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni si è pronunciata prima che si definissero certe indicazioni, parlando in questa sede della concorrenza, della possibilità di scorporo e via dicendo.
A mio avviso, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni non poteva non dire ciò che ha detto, qui e in qualunque altra sede, poiché essa, così come l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, ha alla base proprio il principio della concorrenza non monopolistica di gestione dei servizi; quindi, non solo nell'ambito di queste reti ma anche nelle altre - idriche, elettriche, stradali, ferroviarie - si va verso lo scorporo, verso una concorrenza molto forte sulla gestione e verso una proprietà che, in genere, può rimanere pubblica.
Ad esempio, bisognava forse evitare a suo tempo la privatizzazione di questa rete, in modo che rimanesse pubblica e il resto venisse collocato sul mercato. Ad ogni modo, data la situazione attuale, pensare ad un monopolio privato mi sembra anacronistico.
Ritenere che non ci debba essere questa divisione non pensate possa anche andare contro lo sviluppo e, quindi, contro la possibilità di ampliamento del lavoro?
Anche in merito al concetto di italianità, che sembra voi preferiate unitariamente - almeno CGIL, CISL e UIL, non so UGL -, io sono convinto che finché ragioneremo in questo senso avremo sempre dei limiti, perché oggi facciamo parte di un Paese più grande, che è l'Europa. L'italianità è importante se riguarda argomenti culturali, ma con la globalizzazione dobbiamo essere in grado, come europei, di mantenere la capacità di concorrere con il resto dei grandi raggruppamenti di Stati, come l'America del Nord, l'America del Sud, l'Asia e via dicendo. Parliamoci chiaro: l'Italia è una regione dell'Europa, con la quale condivide fortunatamente la moneta e un sistema ormai integrato di fatto - bancario e quant'altro -; manca solo di avere in comune la forza armata e la politica in generale, ma bisogna continuare in questa direzione. Pertanto, anche l'idea che l'italianità debba essere la punta avanzata nelle telecomunicazioni è un fatto che, a mio avviso, sarà o dovrà essere superato da un concetto europeo.
Non pensate che questo danneggi gli operatori, restringendone le possibilità? Vi pongo questa domanda per cercare un orientamento, perché può darsi che abbiate ragione voi. Se avete argomenti in più sono pronto a prenderli in considerazione e a convincermene, ma allo stato attuale non mi pare che questo sia coerente con il dispiegarsi di un maggiore sviluppo.

MICHELE POMPEO META. Siamo in fase di audizione. I lavori di questa Commissione sono a disposizione del Governo, dell'azione legislativa ma anche degli eventuali provvedimenti che necessitano di essere presi in un settore che rappresenta una ricchezza indiscussa del nostro sistema-Paese;


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ci sono, tuttavia, anche limiti strutturali, che vanno fronteggiati attraverso una regolazione che affronti in termini coraggiosi la situazione davanti alla quale ci troviamo.
Ritengo che abbiamo di fronte a noi un'occasione da non sciupare. Il Governo, anche sulla base delle iniziative coerenti della precedente maggioranza, sembra mostrare l'intenzione di voler affrontare alcune situazioni ricorrendo anche agli investimenti possibili in questa fase.
Le posizioni espresse dalle organizzazioni sindacali in questo senso sono chiare; io ritengo necessario, in un settore che in questi anni è cresciuto moltissimo e rispetto agli altri settori è l'unico deflattivo, che la politica ma anche le imprese, i gestori e le organizzazioni sindacali si esprimano chiaramente rispetto agli squilibri riguardanti sia l'offerta a condizioni tecnologiche invariate, sia la possibile offerta da programmare e decidere non solo sulla base delle reciproche autonomie ma anche in uno sforzo condiviso tra pubblico e privato.
Mi riferisco al discorso di Internet, della banda larga, delle reti tradizionali ma anche quelle di nuova generazione.
Ripeto: siamo in una situazione che auspico si possa evitare di ripetere nelle prossime settimane. Mi auguro che si eviti di trovarci di fronte a fatti imprevedibili che mettano in discussione lo stato di salute di qualche impresa e degli ex monopolisti. Tuttavia, alcuni boatos, alcune preoccupazioni vanno condivise; pur non essendo questa la sede per dare giudizi politici dei rischi che si sono corsi e che ancora si corrono rispetto al trasporto aereo, auspico che si affrontino le cose con grande senso di responsabilità, anche rispetto a eventuali altre situazioni.
Per venire al punto, proprio perché questa è una indagine conoscitiva importantissima che credo verrà conclusa nel giro di due settimane, pregherei se fosse possibile le organizzazioni sindacali di farci avere una posizione scritta da parte loro, perché in questi nostri incontri non stiamo facendo un giusto esercizio di confronto politico, culturale e di merito, bensì stiamo tentando di aiutare il legislatore, ma anche il Governo, a prendere le decisioni più utili. Tra l'altro, dal momento che noi conosciamo la dimensione di questo settore, sappiamo anche che alcuni nodi non possono essere più elusi: bisogna affrontarli. Mi riferisco alle questioni delle reti e della gestione.
Dico francamente al rappresentante della CGIL che non reputo improprie le opinioni espresse in questa sede dalle autorità che sono state audite, poiché si tratta di pubbliche dichiarazioni programmatiche. Le posizioni di Calabrò e di Catricalà sono conosciute ormai da tempo; con questo non si è inteso condizionare nessuno, anzi, più volte sono stati sollecitati, da altri e dal sottoscritto, a ribadire tali posizioni. È in corso un dibattito aperto, ci sono modelli a cui riferirsi e c'è anche un ampio margine di ricerca.
Personalmente non mi dispiacerebbe, osservando la situazione italiana nelle sue specificità, che si guardasse a quel modello inglese che tanti problemi ha risolto. Senza imitarlo acriticamente, su tale modello potremmo forse modellare e adattare la vicenda italiana.
A tale proposito, ci farebbe piacere se ci aiutaste - altrimenti ascolteremmo solo le imprese e gli operatori - fornendoci un documento che riporti la posizione quasi ufficiale delle organizzazioni sindacali. Come politico, ne sento la necessità.
Gli operatori hanno partecipato a queste audizioni, e torneranno; stanno fornendo contributi molto interessanti e intelligenti. Loro fanno un mestiere, ma noi dobbiamo farne un altro e voi ne fate un altro ancora: voglio dire che nelle reciproche autonomie e mai cessando di difendere gli interessi della propria parte, noi dobbiamo costruire una sintesi condivisa. Non è semplice, ma penso che in questa circostanza, in questa occasione, ce la possiamo fare perché se la materia viene regolata e disciplinata, accanto ai possibili finanziamenti pubblici e privati possiamo rendere un servizio utile al sistema-Paese. In questa dimensione possiamo probabilmente offrire anche nuove opportunità agli individui, a zone del Paese; possiamo


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contribuire a innovare e a infrastrutturare la nostra economia, come le vostre confederazioni ci ricordano spesso. È necessario risolvere il vecchio gap tuttora esistente sulle infrastrutture materiali (strade ferrate, porti, infrastrutture); siamo ancora a quel livello di risposta ma, accanto a quello, mentre ci si orienta in modo intelligente dobbiamo anche vincere, in questo Paese, la sfida delle infrastrutture immateriali.
Ci siamo, le risorse girano, è un settore che cresce: produciamo le regole che mancano e proviamo anche in questo caso a creare le condizioni di una concertazione positiva in cui ognuno si presenta al tavolo con le proprie idee, le proprie proposte; poi spetterà al legislatore, a chi governa questo Paese, il compito di trarre le sintesi più alte.
Vi ringrazio anche per quanto riguarda questa parte politica - la minoranza - e vi ricordo che sarebbe utile se nei prossimi giorni riusciste a farci pervenire la vostra documentazione, quella ufficiale e quella formale. Infatti, questa Commissione ha voluto audire anche le organizzazioni sindacali perché tiene in particolar conto sia il vostro contributo storico, sia quello che potete dare in questa fase e in questo passaggio.

PRESIDENTE. Mi associo alle parole dell'onorevole Meta sull'importanza di questa indagine e di questa audizione in particolar modo, e quindi mi associo anche alla richiesta di produrre un documento scritto.
Vorrei sottolineare alcuni aspetti delle relazioni che abbiamo ascoltato.
Da tutti i vostri interventi è emerso quanto sia importante la presenza di una rete di telecomunicazioni moderna in Italia, al fine di veicolare non solo i prodotti già esistenti ma anche i prodotti futuri, i quali non avranno una rilevanza solo economico-produttiva, ma anche sociale; si è parlato di telemedicina e teleassistenza, ovvero di servizi che, in una società come la nostra, che non va sicuramente verso un'età media bassissima, sono importantissime attività da mettere a disposizione dei nostri concittadini.
Nei giorni scorsi abbiamo ascoltato altre parti, che hanno sottolineato come questo significhi anche un forte contributo alla crescita del prodotto interno lordo di un Paese che non ha una rete di telecomunicazioni moderna.
Rispetto a tale esigenza, è sotto gli occhi di tutti che, quindi, questa sia un'opera strategica per lo sviluppo del nostro Paese in tutti i sensi.
Conoscete certamente le condizioni dell'incumbent e le situazioni del mercato della telefonia fissa in particolar modo; sicuramente sapete anche come certi tipi di prodotti non siano trasferibili al mobile in modo così efficiente ed efficace come avviene per la rete fissa, e quindi anche come certi servizi e prodotti di qualità possono essere veicolati solamente se si modernizza il relativo settore. Ritengo pertanto che, anche tenendo presente ciò che voi e noi abbiamo cercato di sottolineare nell'incontro odierno, sia importante il vostro contributo proprio per far sì che il nostro Paese non rimanga indietro anche in questa infrastruttura che tutti riteniamo essere strategica per l'intera collettività. In questo caso non si ha a che fare con i colori politici, ma con la comune volontà di modernizzare il Paese.

ALESSANDRO GENOVESI, Segretario nazionale della SLC-CGIL - Area TLC. Non crediamo a un ritorno al monopolio, non ci abbiamo mai creduto tanto è vero che, come sindacato, abbiamo dato anche il nostro contributo tanto alla privatizzazione quanto al tentativo di liberalizzazione - più o meno riuscito, il dibattito è tuttora aperto -, governando un processo che in pochi anni ha visto diminuire di 60 mila unità l'occupazione. Pertanto, come sindacato abbiamo accompagnato questo processo senza un'ora di sciopero, per finire con 60 mila lavoratori in meno, a dimostrazione del fatto che vi crediamo molto.
Come abbiamo scritto formalmente, il nostro modello è il già citato Openreach di


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British Telecom, azienda che offre, a mio avviso, un certo tipo di modello anche di competizione nell'ambito del proprio mercato nazionale, considerati anche gli altri OLO presenti.
Siamo già molto più avanti se, come proposta, osserviamo la posizione del Governo americano, o del Governo francese e tedesco, che ritengo essere esempi di cultura di libero mercato pur essendo parte della Comunità europea.
Pertanto, su questo argomento vi vorrei tranquillizzare: non è il caso di temere un ritorno al monopolio, perché la nostra proposta è l'Openreach di British Telecom.
Considerando anche la situazione degli altri operatori presenti nel nostro Paese, i quali hanno poche o scarse capacità di investimento, ci preoccupa invece un'altra condizione del mercato domestico, ovvero che un'eventuale separazione societaria non generi risorse destinate a investimenti, ma sia fondamentalmente un'opera di valorizzazione finanziaria dei titoli dell'incumbent, cosa che ovviamente non risolverebbe il problema dell'infrastruttura.
Aggiungiamo poi la nostra preoccupazione sul fatto che, quando c'è una good company, c'è sempre una bad company. Dal momento che i dipendenti Telecom sono 58 mila e sulla rete ce ne sono 20 mila temiamo, legittimamente dal nostro punto di vista, per i lavoratori e le lavoratrici che mancherebbero all'appello.
Rispondo all'onorevole Meta dicendo che lo sforzo pubblico-privato è ovviamente nelle cose. Noi come CGIL siamo solo preoccupati che, in qualche modo, soggetti diversi compiano atti impropri. Le authority servono per regolamentare, non per decidere le politiche industriali, che competono ad altri. Le authority hanno la funzione di essere soggetti garanti, in questo caso del libero mercato, della trasparenza e via dicendo; le politiche industriali, il coordinamento, gli indirizzi, invece, ci auguriamo che vengano dati dai soggetti deputati, cioè i ministeri, i presidenti del consiglio e via dicendo. Questa è la nostra preoccupazione.
Non vorrei essere frainteso, ma è bene che ciascuno faccia il suo mestiere. L'Authority faccia l'Authority, il Ministro per le industrie faccia il Ministro per le industrie, e verrà giudicato per quello. Dicendo questo, spero di aver chiarito la posizione dell'organizzazione.

ARMANDO GIACOMASSI, Segretario generale della FISTEL-CISL. Non vorremmo mai essere interpretati come i conservatori di turno, quelli che non sono mai disponibili a cambiare nulla. Forse la sintesi è stata eccessiva e forse abbiamo dato un'impressione sbagliata, in particolare all'onorevole Misiti. Tentiamo sempre di essere moderni, aggiornati e anche un po' riformisti, se ce la facciamo; pertanto, anche su questa materia non vogliamo invocare nessun monopolio, anzi: diciamo che la società o la separazione funzionale sono strumenti diversi per raggiungere un unico obiettivo, cioè aprire la rete di Telecom ai concorrenti. Questo è il tema.
Aprire la rete ai concorrenti significa che per l'ultimo miglio - che poi non sarà più l'ultimo miglio tradizionale ma saranno gli ultimi 200 o 100 metri, dal marciapiede al building, perché con la rete di nuova generazione arriveremo lì - è ovvio che, come avviene in tutti i Paesi, dovrà essere data la possibilità ai concorrenti di utilizzare questa rete.
Poi vale anche il discorso delle autorità che devono regolare i costi, i prezzi, i contenuti commerciali e le modalità, ma l'obiettivo è assolutamente quello, e come organizzazioni sindacali siamo impegnati in questa direzione.
Perché abbiamo sostenuto la separazione funzionale e non la societarizzazione? Perché la societarizzazione rompe di per sé il ciclo produttivo dell'impresa, comincia a definire due imprese e tra le due imprese, come quando si taglia a metà una cosa, tutto ciò che sta in mezzo cade.
Dato che in mezzo ci sono dai 10 ai 15 mila lavoratori, mille più mille meno, capite che abbiamo una necessità di rappresentanza. Prima ancora, dovendo scegliere lo strumento perché il fine è stabilito, privilegiamo la separazione funzionale per quella motivazione.


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Ciò che condivido delle vostre osservazioni, non soltanto quelle odierne ma anche quelle riportate dagli organi di stampa - ho avuto modo anche di leggere qualche intervista rilasciata dal presidente -, è che anche noi conosciamo la difficoltà di reperire risorse importanti, e quelle necessarie per definire la rete di nuova generazione sono ingenti. Tuttavia, è qui che dobbiamo cimentarci: come riuscire a fornire l'incumbent, o chi per esso, di risorse necessarie per realizzare la nuova rete. È questo il tema.
Non confondiamo, quindi, il mezzo con il fine, perché sono due cose diverse.
A proposito dell'italianità, io sono tra coloro che non giudicano questo aspetto un elemento di conservatorismo, per una ragione molto semplice: è vero che il mercato è globale, ma se guardiamo i competitor diretti di Telecom Italia - la Francia, la Germania - gli incumbent hanno ancora al loro interno una partecipazione di capitale pubblico, non al 2 per cento, ma in misura ben più cospicua.
Pertanto, a volte invochiamo il mercato, la liberalizzazione, la globalizzazione ma poi le nostre imprese devono competere con le imprese vicine nelle quali, addirittura, è presente ancora il capitale pubblico.
Non vorrei invocare un fantasma ma, da Alitalia in giù, se definiamo le reti strategiche - e la rete infrastrutturale strategica non vale solo per Telecom, ma per tutto il Paese - e se una attività economica e produttiva è strategica, bisognerebbe anche pensare che l'imprenditoria nazionale si spenda in una direzione positiva. Noi lo auspichiamo; poi il mercato va certamente dove vuole, ma la nostra posizione è una posizione chiara, non conservatrice.

GIORGIO SERAO, Segretario confederale della UIL Comunicazione. Per quanto mi riguarda, l'organizzazione che rappresento si rispecchia in una cultura riformista di libero mercato, per cui mai abbiamo avuto dogmi sul monopolio.
Tuttavia, con la stessa franchezza con la quale l'onorevole Misiti ci invitava alla riflessione, dico che non tutte le reti sono uguali. Una cosa sono le reti idriche, le reti di trasporto di energia, le reti stradali; altra cosa sono le reti di telecomunicazione che veicolano informazioni, dati riservati, contenuti per i quali è necessario anche un regime di riservatezza.
Per la tenuta del nostro sistema democratico noi invitiamo sempre a riflettere, specialmente in sede istituzionale, quando si affida ad altri la gestione delle reti; per cui non c'è, nella nostra cultura, il mantenimento o la volontà di conservare regimi di monopolio. Di certo, per il mestiere che facciamo, abbiamo a cuore le sorti del Paese e desideriamo che questo sia un Paese che evolve, che si rinnova, che si riorganizza.
Diamo il nostro contributo, ma in questo contesto auspichiamo che i lavoratori da noi rappresentati, i cittadini di questo Paese, mai più possano vivere le condizioni che stanno vivendo i lavoratori di Alitalia in questo momento.
Noi riteniamo che la separazione funzionale suggerita all'Agcom qualche anno fa possa essere una soluzione che dia a questo Paese una forte competitività tra le aziende di telecomunicazione - voglio ricordare che già tutte le aziende di telecomunicazione di questo Paese sono aziende non italiane - e crediamo pertanto che, con la separazione funzionale, l'incumbent possa sviluppare una adeguata rete di innovazione di nuova generazione.
Quando questo sindacato ha presentato la memoria all'Agcom - e qui si torna su questo argomento, da qualche anno a questa parte - c'era un problema di parità di accesso alla rete di Telecom; oggi Telecom ha aperto in modo trasparente agli altri operatori, con la creazione di Open access.
La discussione che si è avvitata nell'ultime settimane è che, nonostante l'apertura agli altri operatori, forse c'è un problema di carattere finanziario in merito a chi debba sostenere il finanziamento per la rete di nuova generazione.
Il presidente dell'Agcom diceva che Telecom non ha il cash flow adeguato per sostenere questi investimenti. Invito le istituzioni


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a riflettere sulla tematica del finanziamento, fra chi ha a cuore l'interesse del Paese in termini di sviluppo dell'innovazione e chi ha interesse a entrare in una partecipazione per scopi finanziari. Noi siamo favorevoli al mantenimento dell'investimento industriale italiano, e sono convinto che la parte pubblica, sollecitando l'Unione europea e quant'altro, possa svolgere un ruolo fondamentale per l'innovazione del Paese.
Non chiediamo - parlo a nome mio e della organizzazione che rappresento - fondi pubblici a sostegno; tuttavia in Germania, ad esempio, il Governo, essendo azionista di Deutsche Telecom, ha immesso fondi negli investimenti dell'azienda per la rete di nuova generazione, sfidando anche la Comunità europea sull'infrazione, e pagando magari una multa per il futuro.
Noi non chiediamo questo, vogliamo rispettare le regole del mercato e i parametri europei; tuttavia, c'è un problema grande su cui invitiamo la parte istituzionale a riflettere. Forse lo scorporo non è la soluzione del problema, perché si trasformerebbe un'opportunità di crescita e di sviluppo per tutti in un'opportunità finanziaria per qualcuno. Ciò porterebbe anche delle ricadute pesanti sul mondo del lavoro, e credo che questo sia non solo ciò che meno interessa a noi in quanto sindacato, ma anche al Paese e alle istituzioni.

PAOLO VARESI, Segretario confederale della UGL. Non ho maturato una convinzione, nel senso che mi trovo di fronte a un bivio.
Da un lato penso alle parole di Calabrò, il quale ha detto una cosa che condivido: senza l'intervento privato, senza uno starter, non ce la facciamo a costruire queste infrastrutture, i soldi necessari sono troppi, il Paese non ha queste energie. Questo è un obiettivo importante, fondamentale; attraverso questo sviluppo tecnologico passa il futuro, che non è soltanto quello dei lavoratori che noi rappresentiamo ma anche quello del Paese, del sistema, di questa presunta italianità, di questo modo di affermare le nostre caratteristiche anche in una competenza così specifica.
D'altro canto ci sarebbe la necessità di dire che, proprio per l'importanza che ha la banda larga, sarebbe da considerarla quasi un bene pubblico essenziale, perché attraverso di essa passano dati sensibili, tecnologie che entrano nell'intimità della persona, passano altri aspetti che forse noi stiamo anche sottovalutando.
Ritengo che sia necessario fare uno sforzo per trovare un equilibrio, e quindi non bisogna temere di avere coraggio. Occorre conservare la partecipazione del pubblico e dello Stato, cercando di non farci condizionare da quell'aspetto di Telecom che rischia di inquinare questa audizione. Oggi, in realtà, stiamo guardando al futuro, a come potremmo sviluppare una tecnologia, senza avere la presunzione di risolvere problemi sociali e industriali del Paese, che pure sono importanti e su cui il sindacato unitariamente si sta battendo.
Io penso - lo ribadirò anche nel mio documento - che bisogna aprire al mercato e che l'esperienza fatta in Inghilterra sia un'esperienza valida che può dare quell'input in più per poter sviluppare la tecnologia in questo Paese.

PRESIDENTE. Ringrazio i rappresentanti della CGIL, CISL, UIL e UGL per le considerazioni svolte nei loro interventi e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,50.

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