Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

Cerca nel sito

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Per visualizzare il contenuto multimediale è necessario installare il Flash Player Adobe e abilitare il javascript

Strumento di esplorazione della sezione Lavori Digitando almeno un carattere nel campo si ottengono uno o più risultati con relativo collegamento, il tempo di risposta dipende dal numero dei risultati trovati e dal processore e navigatore in uso.

salta l'esplora

Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

Torna all'elenco delle indagini Torna all'elenco delle sedute
Commissione IX
10.
Mercoledì 1° ottobre 2008
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Valducci Mario, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'ASSETTO E SULLE PROSPETTIVE DELLE NUOVE RETI DEL SISTEMA DELLE COMUNICAZIONI ELETTRONICHE

Audizione di rappresentanti di Italtel Spa:

Valducci Mario, Presidente ... 3 6 7 8 9
De Julio Umberto, Membro advisory board di Italtel ... 3 7 8
Favia David (IdV) ... 8
Moffa Silvano (PdL) ... 8
Nizzi Settimo (PdL) ... 6
Simeoni Giorgio (PdL) ... 6

Audizione di rappresentanti di H3G Spa:

Valducci Mario, Presidente ... 9 13 14
Barbareschi Luca Giorgio (PdL) ... 13
Biasotti Sandro (PdL) ... 14
Montagnoli Alessandro (LNP) ... 14
Nizzi Settimo (PdL) ... 13
Novari Vincenzo, Amministratore delegato di H3G Spa ... 9 14
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.

COMMISSIONE IX
TRASPORTI, POSTE E TELECOMUNICAZIONI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 1° ottobre 2008


Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MARIO VALDUCCI

La seduta comincia alle 14,10.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, anche mediante la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di Italtel Spa.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'assetto e sulle prospettive delle nuove reti del sistema delle comunicazioni elettroniche, l'audizione di rappresentanti di Italtel Spa. Do la parola al rappresentante di Italtel Spa, ingegner Umberto De Julio.

UMBERTO DE JULIO, Membro advisory board di Italtel. Buon pomeriggio a tutti. Desidero innanzitutto ringraziare lei, signor Presidente, e i membri di questa Commissione per aver dato all'Italtel l'occasione di esprimere il proprio punto di vista su questo tema, e portarvi le scuse del presidente della società, Roberto Quarta, che per impegni all'estero non ha potuto partecipare a questo incontro, inviando il sottoscritto, in qualità di responsabile dell'advisory board della società.
Ritengo che il lavoro che questa Commissione sta svolgendo sia di grande importanza per il Paese e sono sicuro che l'opinione che vi farete ascoltando i rappresentanti delle realtà economiche che agiscono in questo settore vi consentirà di agire in modo da accelerare lo sviluppo delle nuove reti di comunicazione in Italia.
Ho consegnato un documento che renderà più agevole seguire la mia esposizione. Affronterò i seguenti tre temi: che cos'è l'Italtel oggi, in seguito alla profonda trasformazione operata per venire incontro alle esigenze e ai cambiamenti del mondo delle telecomunicazioni; le reti di nuova generazione, oggetto di questa audizione, per quanto riguarda non tanto gli aspetti tecnologici - ormai a voi noti - quanto il ruolo pubblico per sostenerne e accelerarne lo sviluppo; il ruolo che Italtel ritiene di poter giocare.
Nel 2007 Italtel ha fatturato 543 milioni di euro. Più del 20 per cento di questo fatturato è realizzato all'estero. Ciò rappresenta uno dei risultati più importanti delle trasformazioni degli ultimi anni, con un margine di 110 milioni di euro, anche questo superiore al 20 per cento del fatturato, che dimostra la capacità della società di generare reddito. Per quanto riguarda gli azionisti, un tempo la società era controllata dalla Stet e poi da Telecom Italia. In seguito, c'è stato un controllo congiunto con la Siemens. Ha successivamente creduto e investito nella società uno dei più grossi fondi americani che ha portato investimenti nel nostro settore e nel nostro Paese, Clayton Dubilier & Rice. Oggi, quindi, la struttura della società ha partner finanziari importanti come Clayton Dubilier & Rice e Advent International e due partner industriali forti, Telecom Italia e Cisco.


Pag. 4


Per quanto riguarda la capacità dell'azienda di reggere le sfide e di mantenere una forte leadership nella tecnologia, quest'anno Italtel è stata inserita per la prima volta nel «quadrante magico» di Gartner, società che certifica la qualità nel settore delle tecnologie. Per la tecnologia del Softswitch, Italtel è risultata leader a livello europeo e tra i primi tre player a livello mondiale. È stata anche considerata leader a livello europeo per le NGN, le reti di nuova generazione, che sono oggetto di questo incontro. Italtel si pone quindi con una forte presenza in questo settore affermandosi con i suoi prodotti, i suoi servizi e le sue risorse umane in molti Paesi del mondo, ovvero nei maggiori Paesi europei, in America latina, e più recentemente in Medio Oriente e Africa, dove si aspettano grandi sviluppi nel settore delle telecomunicazioni.
L'azienda, che possiede una forte capacità di innovare e di mettere sul mercato nuove tecnologie e nuove soluzioni, nel 2007 ha investito 110 milioni di euro in sviluppo e innovazione. Il 20 per cento del fatturato generato dall'azienda è quindi dedicato ai nuovi prodotti e ai nuovi servizi. Questo è stato possibile grazie al fatto che 1.030 delle 2.300 persone che lavorano in azienda si occupano di ricerca e sviluppo. Mi chiedo quali aziende di ogni settore in Italia abbiano più di 1.000 persone che lavorano in ricerca e sviluppo, in gran parte laureati in ingegneria, informatica, economia. Nei laboratori Italtel di Castelletto a Settimo Milanese e di Carini, vicino a Palermo, arrivano i laureati più brillanti delle università italiane, dai Politecnici di Milano e Torino all'Università di Palermo, che fortunatamente preferiscono restare in Italia piuttosto che andare negli Stati Uniti.
Da uno studio realizzato dall'Unione europea nel 2007 sulla capacità di ricerca e sviluppo nel settore industriale, Italtel è stata considerata la prima azienda italiana e la quarta a livello europeo dopo i grandissimi player nel settore delle telecomunicazioni.
Per quanto riguarda la nuova rete di comunicazione, non ribadirò quanto detto da altri, ma sottolineo che dopo tanti anni si assiste a un ulteriore, grande cambiamento del mondo delle telecomunicazioni, il quarto o il quinto a seconda da dove si scelga di partire (la teleselezione automatica, l'introduzione alla commutazione elettronica, il telefono mobile). Adesso siamo alle reti di nuova generazione, o a larghissima banda, e l'Italia ha avuto la fortuna o la capacità di essere quasi sempre leader. Lo è stata nell'introduzione e nella diffusione della telefonia mobile (i giocatori con il telefonino durante i campionati del mondo del 1990), lo è stata nell'introduzione della commutazione elettronica e ritengo che come industria del Paese nel settore dei servizi e dei prodotti abbia la capacità di essere leader anche in questo grande cambiamento, quello delle reti di nuova generazione. L'intero settore è concentrato a realizzare quello che serve per rendere più facile, più efficiente e più piacevole la vita delle persone - non amo definirle utenti o clienti - a casa o in ufficio, ferme o in movimento.
Le nuove reti di comunicazione consentiranno quindi di comunicare in modo più efficiente, completo e piacevole, avendo due caratteristiche di fondo. Si parla sempre di fisso, di mobile, di fibre ottiche, ma la tecnologia che supporta questo nuovo modo di fare comunicazione è la cosiddetta tecnologia IP, ovvero Internet Protocol. Si tratta di un modo con cui il software, le macchine e i sistemi parlano tra di loro e sono capaci di trasportare tutti i tipi di informazione, gestire tutte le operazioni più sofisticate seguendo la logica di Internet. Italtel è leader per quanto riguarda la capacità di realizzare prodotti, funzioni e prestazioni basate sulle tecnologie IP.
Un'altra caratteristica è la necessità di lavorare con tutte le reti esistenti, presenti e future. La rete di nuova generazione non nasce in uno o in tre anni, ma si espanderà e si diffonderà sul territorio in dieci anni o forse più, per cui è necessario partire subito. In tale lasso di tempo questa rete dovrà lavorare con tutte le altre reti esistenti. Stiamo già verificando


Pag. 5

la capacità di trovare sui terminali portatili o i televisori che abbiamo a casa tutti i tipi di informazione.
Desidero in particolare soffermarmi su due servizi che riguardano il settore pubblico e le aziende. In primo luogo mi riferisco all'informatizzazione in ambito scolastico. Ho dei nipoti, uno dei quali ha 5-6 anni ed è capace di fare tutti i giochi possibili con il telefonino, e mi sembra strano che non possa collegarsi con la sua scuola o che manchi un meccanismo per interagire con essa. I libri non devono sparire, giacché per me sono il miglior modo di trascorrere qualche ora a casa, ma i nostri ragazzi potrebbero imparare di più. Ovviamente non servirà solo la rete, ma anche le applicazioni, i servizi e i contenuti, di cui prima parlavo con l'onorevole Barbareschi.
Per quanto riguarda il software reiserservice, in qualsiasi ufficio o piccola azienda oggi si acquistano pacchetti software su dischi per gestire il personale e i dati fiscali. Questo porta alla conseguenza che tutti talvolta si trovano sfasati, perché il Ministero dell'economia può cambiare una norma oppure l'entità dei contributi da versare per i dipendenti. Invece di distribuirli su dischetti, i software possono essere trasmessi direttamente dai grandi centri di servizi.
In questo incontro desidero sottolineare l'esigenza di stringere un grande patto tra il pubblico e il privato, per realizzare e sviluppare una rete di nuova generazione, nonché individuare il ruolo del settore pubblico.
L'industria privata chiede l'aiuto del pubblico, chiedendo al Governo e al Parlamento di porsi alla guida di questo progetto, che impegnerà dai 15 ai 25 miliardi di euro e che rappresenterà uno dei più grandi progetti di ingegneria di questo Paese. Con tutto il rispetto per i miei colleghi ingegneri civili, ritengo più complesso realizzare un progetto di questo genere che lo stretto di Messina. C'è quindi bisogno della guida del Governo e del Parlamento, dell'Authority, dei comuni e della pubblica amministrazione locale. Il settore pubblico dovrà assicurare le risorse per realizzare questa rete non solo nelle aree dove c'è un ritorno degli investimenti e in cui quindi i privati possono investire, ma anche in quelle a fallimento di mercato, evitando il digital divide.
Questo può essere importante per l'industria italiana e per il nostro settore dell'ICT, che ha vissuto tempi difficili e che da anni attende una ripresa, perché gli investimenti in questo settore sono stabili o decrescenti. Italtel ha fatto fronte a questi tempi difficili con trasformazioni profonde, riducendo il personale. Le grandi riduzioni di personale nel settore non mi pare abbiano creato «problemi» al Paese, giacché questo è stato fatto con sacrificio dei singoli e grande determinazione delle aziende, mantenendo sano il settore. Nelle prossime settimane, purtroppo, essendo anche questo un anno di limitati investimenti nel Paese, Italtel farà ricorso alla cassa integrazione straordinaria per molti occupati.
Ritengo tuttavia possibile superare questa fase anche grazie a un progetto di reti di nuova generazione. Per noi questo rappresenterà una credenziale per crescere, migliorare e andare più veloci all'estero. Se si propone in Polonia piuttosto che a Dubay di progettare e realizzare una rete di nuova generazione, ad Italtel verrà chiesto se e da chi un analogo progetto è stato fatto in Italia e chi ci ha dato fiducia nel nostro Paese. Si tratta quindi di una credenziale importante per incrementare la nostra presenza all'estero.
Per quanto riguarda il ruolo di Italtel, vorrei fare un raffronto con quanto avviene nel campo delle costruzioni, che si realizzano con i mattoni, il cemento - elemento oggi fondamentale, infatti Italcementi è una delle nostre aziende più importanti all'estero - e in seguito gli infissi. Nel campo delle reti e delle comunicazioni elettroniche, i mattoni sono rappresentati dai cavi ottici, dagli apparati di trasmissione, dai nodi di commutazione realizzati dai grandi costruttori di prodotti di telecomunicazioni (Cisco, Nortel, Motorola, Juniper), che sono sempre più uguali fra loro perché devono vendere prodotti standardizzati in tutto il mondo. Si tratta


Pag. 6

di grandi produttori che stanno spostando i loro centri di ricerca e i laboratori verso l'India e la Cina, dove si effettuano grandi investimenti. Laboratori che un tempo si trovavano in Germania, in Svezia e in Italia sono stati quindi trasferiti.
Per costruire questa rete, però, è necessario fissare questi mattoni con cemento di buona qualità, che nelle reti di comunicazione è rappresentato dal software, che crea «l'intelligenza» della rete, che dà ai «mattoni» la capacità di funzionare con gli altri, con le reti vecchie e con quelle più moderne, di portare nuovi servizi. La capacità di realizzare questo software diventa più importante quando i grandi produttori sono lontani. Chi compra questi prodotti in Italia (ma anche in Francia, in Spagna, nel Regno unito) ha bisogno di sviluppare localmente questi prodotti come Italtel è capace di fare a Castelletto e a Carini.
Italtel sa quindi fare i suoi prodotti: il softswitch, così come altri prodotti che hanno l'hanno resa leader nell'innovazione a livello europeo e mondiale. Questo software ha grande valore e può essere fatto in maniera industriale anche all'estero.
In conclusione, una rete di nuova generazione è fondamentale per la competitività del Paese e delle nostre industrie, per l'efficienza della pubblica amministrazione. Perché questo si realizzi, sono necessari un forte impegno e una forte collaborazione - probabilmente questo è l'obiettivo più difficile da raggiungere - tra il pubblico e privato. L'audizione di oggi dà però la sensazione che questo sia possibile, perché avete avviato un percorso in questa direzione.
Per l'industria italiana è fondamentale avere un progetto italiano in cui credere e su cui lavorare in futuro. L'Alitalia è stato un grande successo raggiunto in questi mesi e sarebbe bello per noi se l'industria delle comunicazioni, in cui siamo sempre stati considerati leader nel mondo, divenisse anch'essa oggetto di un grande progetto. Crediamo di essere capaci e vogliamo essere gli «ingegneri» di questo progetto, fornendo le tecnologie di fondo e le soluzioni perché esso possa essere realizzato.

PRESIDENTE. Ringrazio l'ingegner De Julio. Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

SETTIMO NIZZI. Ringrazio per la brillante relazione. Anche se il capitale sociale appartiene a grossi gruppi stranieri per la maggioranza, è importante che il lavoro «si svolga in casa» e che la tecnologia venga sviluppata soprattutto da nostri ingegneri. Questo ci fa ben sperare per il futuro, al contrario di quanto avviene quando le nostre grandi aziende vanno all'estero, sviluppando tecnologia il cui know-how appartiene a quello Stato, a quelle menti, a quei giovani che si svilupperanno nel loro Paese.
Poiché abbiamo già audito numerose aziende, vorremmo sapere se nel vostro programma futuro abbiate già programmato investimenti o siate in attesa di grosse commesse da parte di altri Stati per sviluppare le NGN. Poiché il software è fondamentale nello sviluppo di queste tecnologie, vorremmo sapere se il software che avete sviluppato permetterà all'attuale infrastruttura nazionale in rame di raggiungere velocità tali da permettere alla maggioranza dei nostri ragazzi, delle scuole, dei servizi pubblici e delle aziende di confrontarsi con il mondo, prima di poter arrivare alla fibra ottica.

GIORGIO SIMEONI. Ho bisogno di qualche chiarimento, anche se concordo con le considerazioni del collega Nizzi sulla brillante ed esaustiva relazione. Molte aziende sono venute a esporre i propri problemi in audizione, ad esprimere le loro diversificazioni, frutto della forte concorrenza che esiste tra di loro. Si tratta di aspetti interessanti per chi come noi ha il ruolo prevalentemente, se non unicamente, di legislatore. Italtel - che nonostante il capitale straniero, ha simbolicamente mantenuto il nome italiano - è presentata come un'azienda florida, con


Pag. 7

un fatturato importante. Potrebbe però realizzare un grande salto di qualità nella rete di nuova generazione attraverso un forte aiuto da parte del pubblico.
In maniera molto garbata, lei ha dichiarato di non essere qui a chiedere i soldi del pubblico, come spesso avviene. Vorrei quindi chiederle quale ruolo possa svolgere il pubblico, oltre a operare un intervento legislativo, che però senza una copertura economica sarebbe inutile. Questo è il chiarimento di cui ho bisogno.

PRESIDENTE. Do la parola all'ingegner De Julio per la replica.

UMBERTO DE JULIO, Membro advisory board di Italtel. Risponderei innanzitutto alla domanda sul ruolo del pubblico. Queste reti si faranno, perché questa è la direzione ormai intrapresa, ma senza un ruolo del pubblico si faranno a Milano, Torino, Parma, magari a Roma in alcuni quartieri, laddove un'azienda, pubblica perché quotata in borsa ma privata come risorse, sarà in grado di investire grazie al ritorno degli investimenti. Rilevo l'esigenza di un intervento del pubblico per le aree in cui il ritorno degli investimenti non può essere garantito in assoluto o nel giro di 4-6 anni affinché le reti si diffondano tempestivamente e non si accentui il digital divide. Se questo accade, si accelera il progetto. Come già ribadito da Telecom Italia o da altri operatori, in questa incertezza nessuno si muove, perché il grande operatore si domanda come fare la rete. Telecom Italia la sta già facendo a Milano, ma ogni operatore si chiede se farla solo a Milano, a Torino, oppure anche da altre parti, se sarà destinata a partire zoppa senza permettere le efficienze auspicate. Il ruolo del pubblico consiste quindi nell'indirizzare, nell'indurre a realizzare questa rete anche in aree non profittevoli, nel far convergere tutte le risorse pubbliche oggi già investite in queste reti.
Regioni e comuni già stanno realizzando le proprie reti, investendo talvolta centinaia di milioni di euro. Secondo una stima, ammonterebbe a 1 miliardo di euro la cifra oggi spesa o impegnata in rivoletti per costruire reti di comunicazione nel Paese. Il pubblico dovrebbe quindi far convergere queste risorse verso un unico progetto, che crei maggiore efficienza e si sviluppi più rapidamente. Ritengo che il settore pubblico debba svolgere questo ruolo.
Gran parte del lavoro consiste nel realizzare canalizzazioni, infrastrutture fisiche, che non è il lavoro di Italtel che verte sulla parte del software. Il ruolo del pubblico è quello di indirizzare gli enti locali affinché si predispongano gli impianti per le reti di comunicazione. Il pubblico quindi è importante per creare l'ambiente adatto a far decollare subito e meglio il progetto.
Italtel già oggi sviluppa e vende prodotti di reti di nuova generazione. Un piano di investimenti importante è definito per i prossimi tre o quattro anni e sarà uno stimolo ad assumere altri ricercatori e quindi accelerare lo sviluppo e la disponibilità di questi prodotti, che già oggi però funzionano sulle reti in rame. La rete IP di Telecom Italia, che è stato il primo operatore a realizzare una rete IP di lunga distanza, è stata fatta da Italtel ed è quella che serve oggi le reti in rame con ADSL a varie velocità.
Ritengo che dovremmo esser contenti del capitale straniero investito in Italia. Due settimane fa, per incarico della regione Lombardia mi sono recato a Boston per convincere il mondo dei business angels e del venture capital a prendere in considerazione le aziende italiane di valore. Si sono dimostrati entusiasti della proposta, anche perché tra loro vi sono molti imprenditori italiani di successo, spinti anche dalla nostalgia. Considero questo un fatto molto positivo, perché significa avere capitale non solo italiano, ma anche straniero investito in Italia. Sarebbe diverso se il capitale fosse di un'azienda straniera. Nel caso di Alitalia, ad esempio, si è stabilito che nessun operatore straniero possa avere la maggioranza di Alitalia; se un grande fondo di private equity avesse proposto di investire in Italia, credo che sarebbe stato il benvenuto,


Pag. 8

perché avrebbe garantito maggiori risorse. È quindi necessario distinguere il capitale straniero che viene in Italia per far sviluppare le aziende radicate sul nostro territorio dalle aziende straniere che vengono ad acquisire le nostre.

SILVANO MOFFA. Chiedo scusa, ma sono stato sollecitato dalle sue ultime considerazioni
Probabilmente il collega si riferiva alla preoccupazione che oggi riguarda i fondi di investimento americani per quanto può succedere. È certo auspicabile l'intervento di un capitale ancorato a una capacità produttiva, ma, quando si tratta di fondi di investimento, spesso aleatori, esiste qualche preoccupazione.
Condivido la sua considerazione in merito alla necessità di un quadro organico da parte del settore pubblico, che impedisca sovrapposizioni e una competizione distorta in un settore che necessita di regolamentazione e di un progetto complessivo come sistema Paese, come affermato in questa sede anche dall'Autorità. Vorrei sapere se, nel far riferimento a questa criticità, dal suo punto di osservazione di addetto ai lavori e di esperto nel settore evidenzi la necessità di una revisione del quadro normativo o di un sistema di regole cui ispirare una più forte presenza del regolatore. È insomma necessario rimettere mano alla legislazione - è noto che nell'ambito del Titolo V le competenze sono abbastanza diversificate - oppure è sufficiente intervenire sull'Authority per regolare questo settore? Si tratta di un passaggio focale.
Ieri, dall'audizione di Tiscali e di Telecom è emersa una radicale disparità di vedute anche sulla separazione delle reti di nuova generazione. Vorrei conoscere la posizione di Italtel in merito e il suo giudizio come osservatore.

PRESIDENTE. Prego i colleghi che devono ancora intervenire di fare uno sforzo di sintesi, visto anche il calendario che ancora ci aspetta.

DAVID FAVIA. Si tratta di un corollario al quesito del collega Moffa. La ringrazio anche del documento scritto che ci ha consegnato, in cui sono indicati utili esempi di esperienze internazionali. Poiché si tratta di formule diverse e poiché stiamo parlando del ruolo del pubblico, ma soprattutto della connessione fra pubblico e privato, quale potrebbe essere l'intervento migliore per il nostro Paese?

UMBERTO DE JULIO, Membro advisory board di Italtel. Vi ringrazio per queste domande, che mi danno modo di spiegare meglio le posizioni della società.
I fondi di private equity - tra cui Clayton Dubilier & Rice, Apax, Carlyle - investono esclusivamente in aziende, non hanno partecipazioni, né coinvolgimenti in strani prodotti derivati. Sono definiti fondi di private equity perché portano equity privata e non pubblica nelle aziende, ovvero rischiano insieme alle aziende. In questo momento, in cui le aziende hanno difficoltà a finanziarsi, dovremmo augurarci che tanti fondi stranieri indirizzino le loro risorse verso quelle nostre. Diverso è il caso di nomi come Lehman Brothers, che invece investono molto in prodotti finanziari ad alto rischio.
Per quanto riguarda il ruolo dell'Authority, parlo come una persona che da molti anni è in questo settore, rischiando magari di dire cose inesatte sotto il profilo giuridico. Ebbene, non credo che ci sia bisogno di una nuova normativa, quanto di condividere alcune aspetti molto semplici e forse una formula italiana. Non vi è dubbio che una nuova rete deve essere realizzata. Poiché si ribadisce sempre che per farla occorre anche un aiuto pubblico, probabilmente qualcuno è preoccupato del fatto che, dal momento che solo Telecom Italia può essere il leader in questo progetto, automaticamente il sostegno pubblico vada a Telecom Italia.
Ritengo che si possa realizzare una rete, la cui parte fisica (cavi di accesso, cavidotti, cavi per i collegamenti a lunga distanza) non sia riprodotta più di una volta, perché considero uno spreco di denaro avere sugli stessi collegamenti più cavi in parallelo invece di uno solo che serva tutti. Considero inutili tante torri


Pag. 9

affiancate lungo l'autostrada, di cui mi assumo parte della colpa perché ero amministratore delegato di Tim, anche se in un momento diverso dal punto di vista della competizione.
Su questo è necessario il ruolo di moral suasion affinché ci sia un intervento pubblico per convogliare le risorse in una stessa direzione per realizzare infrastrutture fisiche. In seguito ognuno ci metterà i software, le funzioni, gli apparati e si farà la competizione su quello e sui servizi. Credo che questo debba essere il modello. Oggi spesso si rileva contrapposizione tra l'incumbent (o ex incumbent) e gli altri concorrenti. Credo che si possa fare molto e che abbiate l'autorevolezza, più che l'autorità, per rasserenare gli animi e indirizzare le cose nella giusta direzione.
Il modello si differenza nei vari Paesi, perché diverse sono le condizioni di competizione delle reti esistenti. Ad esempio, negli Stati Uniti la rete in cavo degli operatori di cable television tradizionali corre in parallelo a quella in rame degli operatori di televisione. Lo stesso accade in Germania. In Italia credo che la soluzione migliore sia rappresentata da un'infrastruttura fisica unica e apparati, funzioni, software, che danno la capacità di sviluppare i servizi, realizzati in competizione. I cavi durano trenta o quaranta anni, mentre la vita di questi apparati è molto più corta, perché le tecnologie si evolvono molto più rapidamente.

PRESIDENTE. Nel ringraziare l'ingegner De Julio e Italtel, dichiaro conclusa l'audizione e sospendo brevemente la seduta.

La seduta, sospesa alle 14,55, riprende alle 15.

Audizione di rappresentanti di H3G Spa.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'assetto e sulle prospettive delle nuove reti del sistema delle comunicazioni elettroniche, l'audizione di rappresentanti di H3G Spa.
Do la parola al dottor Vincenzo Novari, amministratore delegato di H3G Spa.

VINCENZO NOVARI, Amministratore delegato di H3G Spa. Signor presidente, onorevoli deputati, questa indagine conoscitiva lancia tre oggetti di riflessione sulle bande larghe del futuro. Tuttavia, permettetemi prima di presentarvi un breve biglietto da visita dell'azienda, come d'altronde hanno fatto i colleghi che mi hanno preceduto.
3 Italia nasce nel 2000 con il nome di Andala; oggi è leader europea nelle comunicazioni a banda larga mobili. È stata la prima a costruire un NGN in tempi non sospetti, investendo 8 miliardi di euro senza richiedere alcun tipo di garanzia, di protezione, di assicurazione. L'abbiamo fatto puntando tutto sull'innovazione e siamo stati i primi al mondo a realizzare un'infrastruttura a banda larga UMTS funzionante. Questa innovazione ha contraddistinto tutto il nostro percorso. Siamo stati i primi al mondo a lanciare una rete UMTS e a rimediare a un grande problema: perché in tutti i Paesi del mondo i cellulari costavano 10 dollari o 20 sterline, mentre in Italia 500 o 600 mila lire? Il motivo è che nessun operatore aveva infatti mai utilizzato la pratica del sussidio del terminale, che H3G ha introdotto in Italia trascinandosi dietro tutta la concorrenza, che consiste proprio nel fatto che c'è chi fa la lepre e gli altri che inseguono.
Nel 2006 siamo stati i primi a lanciare una televisione in standard DVBH, utilizzando il digitale terrestre ma nella versione mobile, comprando una televisione esistente, digitalizzandone le frequenze e lanciando un progetto che al momento è il benchmark al mondo. Indiani, americani, arabi vengono ad apprendere da noi. Siamo stati i primi a lanciare in Italia un'offerta e una tecnologia hy speed: l'HSDPA è l'evoluzione della banda larga sull'UMTS che abbiamo presentato lo scorso anno con una velocità di 14,4 megabit al secondo. Siamo stati i primi a fare un modello outsourcing della parte tecnica con Ericsson, come poi stanno


Pag. 10

facendo in tutto il mondo i grandi operatori e come anche in Italia gli incumbent stanno valutando di fare. Lo scorso anno con Skype abbiamo lanciato per la prima volta al mondo la VOIP sul mobile, che consente di chiamare attraverso uno standard IP gratuitamente in tutto il mondo. La nostra azienda è quindi uno dei protagonisti più autorizzati a parlare di innovazione e di tecnologia.
Abbiamo realizzato tutto questo anche grazie a un azionista particolare, che ha pagato1 miliardo di euro all'anno negli ultimi otto anni, dopo aver pagato 3,2 miliardi per potersi sedere al tavolo del gioco. In totale, quindi, questo signore cinese ha sborsato 11 miliardi di euro, ovvero il 20 per cento degli investimenti stranieri in Italia negli ultimi dieci anni.
Il primo tema proposto riguarda i trend dell'industria e i nodi del mondo della regolamentazione che sottostanno a questa politica di investimento sulle nuove reti a banda larga per il Paese. Non affronterò i trend delle telecomunicazioni, perché ne hanno già parlato i miei colleghi e perché ormai conoscete ogni aspetto, mentre mi soffermerò di più sul mobile, area su cui siamo più ferrati. Il mobile è stato il grande booster di accelerazione del nostro Paese negli ultimi vent'anni. Un recente studio di Oftel, ente di regolamentazione inglese, ha analizzato 30 settori ad alto livello tecnologico e ha ordinato le nazioni in base al livello di servizio, ai prezzi, al livello di tecnologia raggiunto. Di queste 30, l'unica industry in cui l'Italia è nei primi tre posti al mondo è l'industria mobile, dove è terza. Nelle altre 29 l'Italia non rientra tra i primi 20 Paesi.
L'industria mobile rappresenta quindi il fiore all'occhiello di questo Paese per quanto riguarda il mondo della tecnologia. Negli ultimi tempi ha iniziato a marcare il passo per due fattori: uno tipicamente endogeno, per cui tutti ormai hanno un telefono e quindi crescere diventa sempre più complesso; l'altro invece esogeno, ovvero un cattivo contributo del sistema normativo e regolatorio allo sviluppo di questa industry in Italia. A causa degli interventi del decreto Bersani e dell'Autorità di regolamentazione, che ha seguito le indicazioni del commissario Reading, la nostra azienda ha perso a tavolino, senza poter fare nulla, 1,5 miliardi di ricavi nel periodo 2007-2012. Credo che un intervento di questo tipo sia in grado di uccidere qualsiasi tipo di azienda e sia giustificato solo da argomentazioni tipicamente demagogiche e populiste.
Le telecomunicazioni mobili sono alla base di una rivoluzione che sta toccando soprattutto i Paesi del terzo mondo. Il professore Waverman, che insegna politica economica alla London School of Economics, ha scoperto un algoritmo che collega la presenza di reti mobili al PIL. Si è capito, quindi, che per aiutare i Paesi in via di sviluppo è utile non tanto mandare semenze o cibi per sostenere la popolazione, quanto installare reti radiomobili, perché la comunicazione mobile incide sull'aumento della produttività dei mestieri più umili (artigiani, agricoltori, pescatori), che hanno una piattaforma per il loro business. L'agricoltore riesce a collocare il suo prodotto in maniera molto più libera attraverso un telefonino che lo segue, riuscendo a migliorare il suo fatturato.
Questo professore ha quindi scoperto che ad una crescita del 10 per cento di penetrazione addizionale della telefonia mobile, il PIL del Paese cresce dello 0,59 per cento. Questo sta funzionando nella regione del Karhal in India, ove questo modello è stato applicato, e nell'Africa subsahariana. L'Africa sta diventando un continente importante, che non siamo riusciti ad aiutare in cinquanta anni mettendo insieme tutti i contributi dei Paesi più industrializzati del mondo. Invece, la presenza di reti mobili sta oggi dando un enorme contributo allo sviluppo delle economie rurali.
Quello che la comunicazione mobile fa sulle economie di sviluppo, le reti dati lo fanno sui sistemi avanzati. Avere una rete dati sviluppata è un ingrediente fondamentale per l'evoluzione di una società già forte. Si sta riflettendo su come questo debba avvenire, perché alcuni modelli sono in crisi, laddove in tutto il mondo si


Pag. 11

sta mettendo in discussione la possibilità di cablare tutto a prescindere o di ricorrere al telelavoro. Si è infatti scoperto che funziona meglio il lavoro mobile, come è testimoniato dal boom dei personal digital assistant (PDA) in tutto il mondo, non solo in Italia e in America.
Se si considera Internet, l'Italia è indietro a livello sia di penetrazione che di tipologie di utilizzo. Non trascurerei però la via italiana a Internet, che potrebbe passare attraverso le reti mobili. Questo è esattamente ciò che stanno facendo tutti i grandi player americani, Google, Apple, Microsoft. Per espandere il loro business Internet stanno passando dal mondo mobile. Apple ha quindi lanciato iPhone, evitando di polemizzare sul fatto che in Italia sia stato distribuito dai due incumbent e mortificando in tal modo la possibilità di renderlo disponibile a tutti; infatti, i pacchetti applicati all'iPhone in Italia sono i più cari d'Europa. Tuttavia, questo è il modello che sta seguendo anche Google, che per sviluppare il suo business lancerà a fine anno il GooglePhone, piattaforma per entrare nel mondo Internet partendo dalla telefonia mobile.
Mi chiedo quindi se servano 100 megabit al secondo in tutto il territorio e se si possa aspettare dieci o quindici anni per averli. Nel documento che ci avete inviato è scritto che per almeno i prossimi dieci anni la rete in rame non sarà sostituita, se non parzialmente, dall'NGN. La nostra proposta è quella di realizzare in 24 mesi una rete a 2 o a 4 megabit che copra il 100 per cento della popolazione italiana. Si può fare in maniera abbastanza semplice. Ad esempio, nel 2003 siamo partiti come prima rete UMTS al mondo con 394 byte al secondo, mentre dopo due anni la rete è passata a 1,8 mega al secondo, nel 2007 abbiamo lanciato i 14,4 megabit al secondo e nel 2011 siamo pronti a lanciare i 100 megabit al secondo attraverso tecnologie radiomobili. È evidente che cablare 30.000 antenne è diverso dal cablare 20 milioni di abitazioni italiane. Gli enti locali sono fondamentali in questo percorso, perché hanno in mano sia le location in cui installare i siti, sia il processo autorizzativo.
Abbiamo provato a fare la prima rete democratica in Italia, perché, anziché pianificare la nostra rete di antenne in base al PIL pro capite, come fanno abitualmente tutti gli operatori, abbiamo provato a mettere l'antenna dove c'è la gente. È venuto fuori un numero di antenne maggiore in Sicilia, in Calabria, in Campania e nel sud Italia. Tutte le antenne che abbiamo pianificato di mettere in Lombardia, Piemonte e Veneto dopo due anni erano sul territorio, mentre non era stato autorizzato nemmeno il 10 per cento delle antenne che avevamo pianificato di installare in Campania, in Calabria e in Sicilia. Questo è purtroppo il risultato di una scarsa presenza degli enti territoriali e di un loro scarso coinvolgimento nei progetti. Mettendo insieme gli enti territoriali, gli operatori e gli infrastrutturali (le persone che producono apparati) si realizza in 24 mesi il 100 per cento di copertura con 2 o 4 megabit al secondo. Noi l'abbiamo fatto e tutti insieme potremmo farlo molto più agevolmente.
I nodi giuridici fanno capo a due grande punti. Tutte le reti a banda larga degli operatori mobili sono state finanziate in maniera autonoma, dopo aver pagato una decina di miliardi per acquisire le licenze. Oggi nessuno sta chiedendo a chi vuole costruire una banda larga di versare una cifra allo Stato prima di costruirla, ma si sta pregando di investire soldi. Noi in passato abbiamo dovuto pagare 3,2 miliardi di euro per fare questo tipo di lavoro. La situazione è quindi paradossale.
Alla fine il modello con cui si remunerano le reti a banda larga mobile è abbastanza semplice: ogni operatore paga un prezzo per far connettere il proprio cliente a chi ha costruito la rete. Quando un cliente Tim, Vodafone o Wind vuole chiamare un cliente 3, queste aziende pagano un prezzo, commisurato al costo sostenuto, al periodo dell'ammortamento, al tipo di rete (ovviamente reti più avanzate


Pag. 12

costano di più) e alla quantità di clienti, perché la parte variabile si divide sul volume.
Oggi questo strumento, teoricamente molto semplice e che ha sempre funzionato perfettamente, è stato forzato al di là degli strumenti della contabilità regolatoria da pressioni da parte dell'Unione europea, che in maniera a nostro avviso errata ha ritenuto che abbassando questi costi di terminazione si favorissero i consumatori. Questo non è affatto vero, perché in Francia, dove i costi di terminazione sono molto più bassi, le tariffe sono molto più alte.
Il modello però funziona molto bene. Questo dibattito è infatti una grande cortina fumogena, perché nella realtà l'unico tema centrale si riassume in quanto costa, visto che ognuno vuole entrare in quelle infrastrutture pagando il meno possibile. Il problema di società interna o esterna nella realtà nasconde questo. Vi posso esprimere allora una posizione interessante per una sola ragione: siamo gli unici che possono parlare del tema con relativa imparzialità, perché siamo l'unico operatore mobile che non ha un'infrastruttura fissa. Né Vodafone né Wind, infatti, hanno questa posizione perché anche loro sono concorrenti sul fisso come Fastweb, Tiscali e tutti gli altri.
La nostra riflessione è abbastanza semplice. La rete è un asset di Telecom, appartiene agli azionisti di Telecom ed è un bene che serve a garantirne il debito. Su questo, a mio avviso, non c'è molto da discutere. Diverso è l'utilizzo che se ne fa, perché in quest'ottica riteniamo che debba essere percorsa la strada della condivisione delle infrastrutture. Lo strumento di una società esterna potrebbe permettere una gestione nell'interesse dell'azionista di Telecom molto più trasparente per il sistema, fermo restando che a questa società potrebbero contribuire anche altre aziende. Il prezzo a cui si potrà accedere in futuro a queste reti deve essere stabilito in funzione di due parametri: quanto abbia contribuito l'azienda che ha costruito questa infrastruttura, laddove chi abbia investito tanto avrà diritto ad avere un prezzo più basso; il volume caricato, in quanto, ad esempio, chi compra un etto di prosciutto non può pretendere di vedersi praticato lo stesso prezzo fatto a chi ne compra sette tonnellate. Il problema risiede sempre in questo scarto e le due variabili su cui vi invito a riflettere sono l'entità del contribuito nel costruirla e dell'impegno a far transitare una certa quantità di prodotto su questa struttura.
Siamo più in difficoltà nel sentir citare investimenti con garanzie di ritorno, laddove la mia natura di economista rileva un controsenso, giacché l'investimento per definizione deve sottostare a un rischio. L'investimento è tale quando un imprenditore scommette su un'idea senza garanzie di un ritorno, come avviene invece nel caso della rendita.
Il rapporto tra pubblico e privato è il secondo tema fondamentale all'interno di questa riflessione. Ritengo che all'interno di questo rapporto si individuino due pilastri essenziali, uno dei quali è quello delle regole, su cui vi invito a usare il criterio della chiarezza e della trasparenza. Molte delle nostre industrie sono bloccate dall'incapacità di interpretare le regole, che devono essere poche ma chiare, e non lasciare adito a interpretazioni, discussioni e contenziosi. Nel mondo delle risorse lo Stato può - e forse deve - contribuire a progetti di questa natura, secondo me non necessariamente con risorse finanziarie, avendo una quantità di asset utili a un'opera del genere, ovvero le risorse immobiliari e fisiche che può mettere a disposizione. Se infatti avessimo potuto avere gratuitamente a disposizione l'infrastruttura statale, avremmo impiegato la metà del tempo e dei soldi. È infatti fondamentale un intervento dello Stato senza mettere soldi, ma dando la disponibilità di questi beni.
Il terzo e ultimo tema riguarda la valutazione di quanto questo sviluppo di reti di nuova generazione potrà incidere sul digital divide. Un'infrastruttura non è in grado di risolvere il problema del digital divide; sarebbe come dire che l'analfabetismo si sconfigge dando gli occhiali a tutti. L'infrastruttura è uno strumento che


Pag. 13

consente la trasmissione di un prodotto, su cui è necessario compiere un altro tipo di operazione culturale, partendo dalle scuole, dagli asili, dalle università. Oggi nel nostro Paese alcuni ragazzi si laureano senza saper accendere un PC. Si combatte il digital divide con l'infrastruttura e con un progetto serio e importante di educazione telematica e digitale. Abbiamo assicurato il nostro apporto al Ministero della pubblica istruzione e siamo disponibili a promuovere qualsiasi tipo di progetto, cercando di scalzare anche alcuni pregiudizi in base ai quali oggi il videotelefonino è associato, ad esempio, ai fenomeni di bullismo. Strumenti realizzati ad hoc, grazie alla loro facilità di utilizzo, possono consentire un'alfabetizzazione digitale che altri strumenti non sono in grado di garantire. Soprattutto per i ragazzi è molto più semplice navigare dal cellulare che non dal PC.
Per concludere credo che l'industria delle comunicazioni mobili sia uno dei pochi fiori all'occhiello di questo Paese. Essa è stata fatta oggetto di un depauperamento miope da parte di grossi pezzi del mondo normativo e regolatorio.
L'America sta utilizzando il mobile, perché ha fallito con altre tecnologie, quali il Wi-Fi o il Wi-Max. L'unica tecnologia su cui l'Europa e l'Asia hanno prevalso sugli Stati Uniti è stata la tecnologia radiomobile, primo standard mondiale partito dall'Europa e non dagli Stati Uniti. L'America adesso lo ha capito e sta utilizzando i suoi giganti per impadronirsi di questo mondo. L'Asia lo sta utilizzando per diffondere la banda larga, laddove Giappone e Corea hanno deciso che i 100 megabit saranno realizzati sul mobile, mentre sul fisso vi saranno solamente le connessioni per università, ospedali ed uffici pubblici. Il lavoro che state svolgendo è dunque fondamentale per costruire la strada che porterà o meno questo Paese nel futuro.

PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Novari.
Do la parola ai colleghi che desiderino intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni. Raccomando la brevità per poter proseguire con il resto dell'ordine del giorno di oggi.

LUCA GIORGIO BARBARESCHI. Innanzitutto volevo ringraziare il dottor Novari per questa straordinaria e innovativa spiegazione, l'unica che ci ha fornito un foreseing, (guardare avanti), invece di lamentarsi e chiedere soldi a Pantalone.
Conoscendo molto bene questo mondo e avendo anche lavorato nell'azienda di Novari per due anni, ritengo fondata l'affermazione di usare il digitale attraverso il telefonino e non attraverso i cavi, che peraltro ha un parallelo con un precedente fallimento in America. La Warner tentò di fare un grande progetto via cavo in Florida per tutta la comunicazione di contenuti, progetto rivelatosi fallimentare. Spinsero poi tutto sul satellite, perché non funzionava.
Sono quindi contento di sentire queste parole e di immaginare una trasformazione in due invece che in dieci anni, perché quello che accadrà nei prossimi dieci anni dal punto di vista tecnologico sarà paragonabile a quanto avvenuto negli ultimi settanta o cento. Come stiamo sbagliando sul nucleare, con investimenti trentennali su una tecnologia che sarà risolta forse nei prossimi dieci anni, pensare ad investimenti decennali su un sistema che rischia di essere vecchio è assolutamente miope.

SETTIMO NIZZI. Ringrazio anch'io per i molti spunti forniti, che vorremmo utilizzare per agire concretamente dal punto di vista normativo. È unanimemente riconosciuta l'inopportunità di continuare a foraggiare con fondi pubblici aziende che possiedono un grande debito, come avvenuto alla grande azienda italiana di cui, venduti gli immobili, sono rimasti solo debiti. È molto meglio in due anni puntare sull'etere piuttosto che rimanere attaccati al cavo.
Nel condividere l'intera relazione, le chiedo di fornirci una piccola relazione e degli spunti, anche dal punto di vista normativo, per lavorare.


Pag. 14


SANDRO BIASOTTI. Mi associo ai complimenti per l'ottima esposizione. Lei ha detto che anni fa ha lanciato la televisione via mobile. Giorni fa in un'altra audizione è stato dichiarato che si è trattato di un flop. Vorrei capirne le motivazioni.

PRESIDENTE. Do la parola al dottor Novari per la replica.

VINCENZO NOVARI, Amministratore delegato di H3G Spa. La cosa migliore in questi casi è parlare con i numeri e con le opinioni. Dal luglio del 2006 abbiamo raccolto 800.000 clienti in 24 mesi. La televisione su IP, con cui tutti si riempono la bocca, in sette anni non è arrivata ancora a 100.000 clienti. Definire flop una tecnologia che ha avuto tassi di crescita dieci volte più grandi mi sembra fazioso. Non sbandieriamo i nostri successi, ma sappiamo che il DVBH italiano è oggi considerato un riferimento in tutto il mondo. Dall'Arabia alle Filippine, dall'Indonesia al Canada, dall'Austria all'Australia, dalla Germania alla Nuova Zelanda tutti stanno creando infrastrutture DVBH. Si tratta di un mercato su cui forse noi siamo arrivati troppo presto, come ci capita spesso, ma sono errori che servono, perché quando arrivano gli altri si hanno già 4 o 5 anni di esperienza. Non è detto che arrivare prima sia sempre un inconveniente.

ALESSANDRO MONTAGNOLI. Ringrazio anch'io e faccio i complimenti per l'esposizione. Visto che abbiamo in programma ancora molte audizioni, suggerisco che siano fatte relazioni a braccio piuttosto che lette in 10-15 pagine, in modo che da parte nostra si possa seguire meglio. Il nostro compito sarà quello di fare il sunto.
Sapere che avete impegnato 8 miliardi, mentre ieri qualcuno si è lamentato di averne impegnati quattro, ci induce a ragionare su certe scelte. Dovremo operare delle scelte e costringere i vari operatori a sedersi intorno a un tavolo per il bene di tutti. Dieci anni sono tantissimi soprattutto in un questa èra, per cui dovremo compiere il massimo sforzo. Vorrei chiederle un unico chiarimento per quanto riguarda 1,5 miliardi che avete perso tra decreto Bersani e Agcom.

VINCENZO NOVARI, Amministratore delegato di H3G Spa. Un miliardo e mezzo è la somma di impatti diretti e indiretti dovuti all'eliminazione dei costi di ricarica contenuta nel decreto Bersani e i 700 milioni dovuti alla diversità di trattamento che l'Autorità delle telecomunicazioni ci ha riservato rispetto a Wind.
Sostanzialmente il nostro piano prevedeva di avere il trattamento di Wind, senza chiedere privilegi, ma solo di essere trattati con le stesse regole usate due anni prima. In realtà avremmo avuto vari motivi per avere un trattamento diverso, perché Wind era entrata senza pagare risorse, mentre noi avevamo pagato 3,2 miliardi, Wind era entrata quando il mercato era ancora disponibile, mentre noi in un momento ormai chiuso e con una tecnologia completamente nuova. Nonostante questo avevamo ipotizzato in modo cautelativo di ricevere un trattamento esattamente uguale a chi ci aveva preceduto solo 24 mesi prima.
Così non è stato e a livello di costi di terminazione si rileva tra noi e Wind una differenza di 700 milioni di euro. Quando l'Autorità ha preso questa decisione, ci siamo trovati ad avere 700 miliardi in meno nei bilanci e, come ho spesso sottolineato all'Autorità, questo ha comportato l'esubero di 350 persone, che evidentemente non sono al centro delle priorità di chi è preposto a regolare questi mercati.

PRESIDENTE. In attesa della relazione scritta, ringrazio il dottor Novari e H3G e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,35.

Consulta resoconti delle indagini conoscitive
Consulta gli elenchi delle indagini conoscitive