Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

Cerca nel sito

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Per visualizzare il contenuto multimediale è necessario installare il Flash Player Adobe e abilitare il javascript

Strumento di esplorazione della sezione Lavori Digitando almeno un carattere nel campo si ottengono uno o più risultati con relativo collegamento, il tempo di risposta dipende dal numero dei risultati trovati e dal processore e navigatore in uso.

salta l'esplora

Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

Torna all'elenco delle indagini Torna all'elenco delle sedute
Commissione IX
11.
Martedì 7 ottobre 2008
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Valducci Mario, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'ASSETTO E SULLE PROSPETTIVE DELLE NUOVE RETI DEL SISTEMA DELLE COMUNICAZIONI ELETTRONICHE

Audizione di rappresentanti del Consiglio nazionale degli utenti (CNU):

Valducci Mario, Presidente ... 3 5 6
Borgomeo Luca, Presidente del CNU ... 3 5
Misiti Aurelio Salvatore (IdV) ... 5

Audizione di rappresentanti di Ericsson:

Valducci Mario, Presidente ... 6 11 12 14
Avenia Cesare, Amministratore delegato di Ericsson ... 6 12
Misiti Aurelio Salvatore (IdV) ... 11
Nizzi Settimo (PdL) ... 11 13

Audizione di rappresentanti di Linkem Spa:

Valducci Mario, Presidente ... 14 16 17 19
Colucci Francesco (PdL) ... 17
Iapicca Maurizio (PdL) ... 17
Nizzi Settimo (PdL) ... 16 17
Rota Davide, Amministratore delegato di Linkem Spa ... 14 17
Simeone Carlo, Direttore generale di Linkem Spa ... 18

Audizione di rappresentanti del Consiglio nazionale dei consumatori dei consumatori e degli utenti (CNCU):

Valducci Mario, Presidente ... 19 23 25
Crosio Jonny (LNP) ... 23 24
Lorenzin Beatrice (PdL) ... 23
Nizzi Settimo (PdL) ... 23
Pierani Marco, Responsabile relazioni esterne istituzionali di Altroconsumo ... 19 24
Sebastiano Giorgio, Esperto di Adiconsum ... 21 23
Vergari Mauro, Esperto di Adiconsum ... 24

Audizione di rappresentanti della Federazione industria musicale italiana (FIMI):

Valducci Mario, Presidente ... 25 28
Mazza Enzo, Presidente della FIMI ... 25

Audizione di rappresentanti dell'associazione emittenti locali per la libertà e il pluralismo dell'informazione (ALPI):

Valducci Mario, Presidente ... 28 33
Biasotti Sandro (PdL) ... 33
D'Alessandro Bernardo, Direttore tecnico dell'associazione ALPI ... 28 33
Nizzi Settimo (PdL) ... 33
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.

COMMISSIONE IX
TRASPORTI, POSTE E TELECOMUNICAZIONI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 7 ottobre 2008


Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MARIO VALDUCCI

La seduta comincia alle 11,10.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti del Consiglio nazionale degli utenti (CNU).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'assetto e sulle prospettive delle nuove reti del sistema delle comunicazioni elettroniche, l'audizione di rappresentanti del Consiglio nazionale degli utenti (CNU).
Do la parola al dottor Luca Borgomeo, presidente del CNU.

LUCA BORGOMEO, Presidente del CNU. Grazie, signor presidente, per l'opportunità che la Commissione ha offerto al Consiglio nazionale degli utenti. Il ringraziamento non è soltanto dettato da regole di buona educazione, ma contiene anche una sfumatura di garbata rivendicazione: intendo dire che nella precedente legislatura, in più di un'occasione il Consiglio nazionale degli utenti ha lamentato la propria mancata convocazione per riferire su provvedimenti che, invece, interessavano molto da vicino la sua attività. C'era stato, dunque, un certo disagio - espresso peraltro con alcune lettere anche al Presidente della Camera e ai presidenti delle Commissioni IX e VII - per la nostra assenza, cui poi è stato posto riparo nella parte finale.
Approfitto di questa annotazione perché, a nostro giudizio, la mancata convocazione era dovuta ad una conoscenza non approfondita del ruolo svolto dal CNU. Il CNU è un'istituzione prevista dalla stessa legge che ha istituito l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Noi operiamo, infatti, nell'ambito dell'Authority, pur in uno spazio di piena autonomia.
Desidero mettere in evidenza, prima di passare al merito, che il Consiglio nazionale degli utenti è espressione di un vastissimo mondo associativo. Mi sono permesso di portare al presidente della Commissione l'elenco delle associazioni di cui il Consiglio è espressione, non potendo affermare che le rappresenta, perché formalmente così non è. Gli attuali undici esperti del Consiglio nazionale degli utenti sono indicati da ventisei associazioni: telespettatori, utenti, consumatori, genitori, diversamente abili e via dicendo. Insomma, si tratta di un vasto e variegato mondo associativo che esprime una serie di esigenze che, come Consiglio nazionale degli utenti, cerchiamo di interpretare, incanalare e fare oggetto della nostra specifica attività di tutela. Questo è il motivo per cui abbiamo accolto con soddisfazione questo invito.
Il mio intervento sarà breve per due ragioni. In primo luogo, il Consiglio nazionale degli utenti ha preso visione di quanto detto in questa sede dal presidente Corrado Calabrò. Ne condividiamo per grandi linee la relazione e sarebbe quindi


Pag. 4

inopportuno ripetere questioni sulle quali conveniamo. La seconda ragione, di merito, è che i tre aspetti salienti del tema dell'assetto delle nuove reti del sistema delle comunicazioni elettroniche - tecnico, economico-produttivo e sociale - vedono il Consiglio nazionale degli utenti legittimato a parlarne (se non c'è competenza, anche la legittimazione viene meno sul piano sostanziale), perché per le sue attribuzioni, per il suo ruolo, per le sue competenze il CNU non ha l'autorevolezza e la competenza necessaria per affrontare materie di ordine tecnico. Al contrario, rivendico lo spazio del risvolto sociale, nonostante una certa interdipendenza esistente tra i tre aspetti prima ricordati.
Fatta questa premessa, il CNU esprime le preoccupazioni, peraltro manifestate da molte delle persone audite, per il ritardo del sistema Italia in questo specifico campo. Voglio indicarvi solo due dati, relativi alla penetrazione della banda larga, che sono un indicatore netto, non equivoco e chiarissimo di questo ritardo. Nel 2008 l'indice italiano è del 17,8 per cento a fronte di una media europea (nell'Europa a 15) del 23,3 per cento; siamo lontanissimi dalla Germania (25 per cento), dal Regno Unito (26,5 per cento), dalla Francia (23 per cento) e anche dalla Spagna (19 per cento).
I dati fanno riflettere su questo ritardo. Sono ancora più significativi, anche per i collegamenti che hanno con gli aspetti societari ed economico-finanziari, i dati relativi alla nostra dipendenza dalla banda larga della rete in rame. In Italia siamo al 96,4 per cento, mentre la media europea - come è noto - è dell'83 per cento. La riflessione relativa al nostro ritardo non può assolutamente essere contestata. È un dato di fatto, non un giudizio, né una valutazione, né un'opinione.
Se c'è, e certamente siamo tutti d'accordo nel ritenere che ci sia, un collegamento diretto tra lo sviluppo delle moderne reti informatiche e, più in generale, dell'intero sistema delle comunicazioni elettroniche e lo sviluppo economico e sociale - addirittura la produttività nel lavoro cresce nelle aree a più forte presenza di reti informatiche - i dati esposti inducono a considerazioni molto preoccupanti e molto negative sul futuro del Paese. Lo diciamo riferendoci non solo al piano economico, ma anche a quello sociale, se pensiamo che nuove reti di comunicazione possono avere - ed hanno - effetti sul pluralismo dell'informazione (oggettivamente questo è un tasto dolente), sull'educazione scolastica, sulla salute dei cittadini, sui consumi energetici e sul miglioramento dell'ambiente. Sono evidenti, insomma, le conseguenze sul piano non soltanto economico, ma anche sociale. È necessario definire rapidamente, recuperando il tempo perduto, un piano organico di interventi - certamente con il sostegno del Governo che, per il periodo 2007-2013, ha stanziato 800 milioni di euro - che possono incentivare la realizzazione di reti a banda larga o larghissima e favorire fra i cittadini la diffusione di servizi integrati di comunicazione.
Non servono, quindi, interventi sporadici o attuati sotto la spinta di ben individuati interessi economico-finanziari di questa o quell'impresa, né sotto la spinta di emergenze vere o fasulle che siano, ma occorre un piano organico, un progetto nazionale che sia funzionale alla crescita economica e sociale dell'intero sistema Italia. In questo senso - e il Consiglio nazionale degli utenti non ha remora alcuna ad esprimersi, in piena autonomia dal quadro politico e dal quadro dei rapporti tra maggioranza e minoranza - sono da considerarsi opportune, a parere del Consiglio, le misure contenute nella recente manovra finanziaria. Tali misure mirano a semplificare le procedure per costruire le reti, a razionalizzare e semplificare la disciplina delle concessioni, alla realizzazione di interventi infrastrutturali, anche con il coinvolgimento o, se vogliamo, in sinergia con le regioni e almeno i grandi comuni.
Per questo motivo, viene considerata favorevolmente dal CNU l'iniziativa del Governo in questo campo, così come indicata nella manovra finanziaria. Tuttavia, la nostra preoccupazione è che questo sia considerato un intervento settoriale. Invece,


Pag. 5

proprio per le riflessioni che schematicamente e rapidamente ho svolto prima, questa deve essere concepita come un'azione di carattere più generale. Sebbene certamente mirata a un determinato settore, questa azione deve avere il respiro politico e culturale di un'azione di carattere generale, per le implicazioni e le ricadute che ha sulla vita dei cittadini, degli utenti e della collettività in genere. Questa è la preoccupazione che esprimiamo, perché da alcuni segnali e da alcune, anche legittime, contrapposizioni di tesi avvertiamo il rischio che la materia venga relegata in un ambito di tipo settoriale, perdendo una caratteristica che invece per noi è fondamentale. Proprio se si mantiene questa caratteristica si può avere un quadro di miglioramento di carattere generale, con ricadute importanti soprattutto sul piano sociale.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

AURELIO SALVATORE MISITI. Ringrazio il dottor Borromeo che nella sua esposizione si è richiamato alla relazione del presidente Calabrò, aggiungendo alcune considerazioni che personalmente ritengo condivisibili.
Desidero porre una domanda. Dal quadro penoso dei rapporti tra i Paesi dell'Unione europea di fronte a una crisi così grave, che si rifletterà certamente anche sui cittadini, emerge l'incapacità di agire secondo una linea comune e di avanzare proposte unitarie. Nello specifico, proprio a difesa degli utenti, vorrei conoscere la vostra opinione sulla questione delle autorità nazionali e sull'opportunità, anche in questo settore, di una visione europea, quindi di un'autorità unica che porti condizioni omogenee in tutti i Paesi.
Un caso specifico ha riguardato gli SMS: come sapete, gli SMS in Italia costano 0,13 euro, mentre nell'Unione europea costano mediamente 0,11 euro. Ebbene, una visione unitaria sarebbe auspicabile dal punto di vista degli utenti. Certo, le aziende, come ricordava il sottosegretario Romani, perderebbero circa 500 milioni di euro all'anno, ma questi soldi resterebbero nelle tasche degli utenti rientrando comunque nel giro dei consumi.
Questo è solo un esempio, ma ritengo che occorrerebbe un'iniziativa più unitaria dal punto di vista europeo, sia a livello di autorità, sia a livello di rapporto tra le aziende e di direzione politica del settore delle telecomunicazioni. Bisogna abbandonare l'ottica secondo la quale ogni Paese risolve i propri guai, come sta emergendo dalla posizione assunta da Angela Merkel e da Gordon Brown.
Può esserci una spinta, anche da parte vostra e da parte del cittadino, in quella direzione, oppure restiamo in attesa che gli eventi maturino da sé?

LUCA BORGOMEO, Presidente del CNU. Onorevole Misiti, è senz'altro auspicabile che ci sia da parte degli utenti un'iniziativa anche a livello sovranazionale. La situazione degli utenti dei servizi di comunicazione nel nostro Paese - lo dico con rammarico - è di gran lunga più problematica di quella di altri Paesi (Germania, Spagna, Francia e via elencando). Le ragioni, certamente, vanno al di là di questo nostro incontro, dunque non mi soffermo su di esse, ma questo resta un dato di partenza reale. La nostra posizione, anche negli organismi associativi europei, è di gran lunga minoritaria.
Tuttavia, il peso degli utenti si potrebbe far sentire, ma verrei meno a un obbligo di sincerità e di lealtà se non indicassi una situazione di grande preoccupazione. È vero che ci sono vincoli europei, ma da questa situazione di crisi, con effetti ancor oggi difficilmente definibili nelle loro reali dimensioni, comunque emergerà una competitività maggiore tra i sistemi.
Proprio per le situazioni di difficoltà nelle quali si trova l'economia cosiddetta «occidentale» e l'economia in generale, è evidente che ci sarà una crescita della competitività. In questo settore, però, la crescita di competitività ci vede in una situazione di oggettiva difficoltà. Quindi, la pressione esercitata dagli utenti in questa


Pag. 6

direzione, pur con limitate risorse, è certamente positiva; tuttavia nutro dubbi che possa determinare modifiche sulle iniziative complessive del Governo.
Oltretutto - lo dico senza alcun intento polemico - è nel settore delle comunicazioni che registriamo, fra i Paesi della comunità, un'anomalia del tutto italiana che certamente non fa sperare nella direzione auspicata dall'intervento dell'onorevole Misiti.

PRESIDENTE. Ringrazio i rappresentanti del CNU per il contributo offerto.
Dichiaro conclusa l'audizione e sospendo brevemente la seduta.

La seduta, sospesa alle 11,30, riprende alle 11,40.

Audizione di rappresentanti di Ericsson.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'assetto e sulle prospettive delle nuovi reti del sistema delle comunicazioni elettroniche, l'audizione di rappresentanti di Ericsson.
Do la parola all'amministratore delegato di Ericsson, Cesare Avenia.

CESARE AVENIA, Amministratore delegato di Ericsson. Signor presidente, onorevoli deputati, sono veramente felice di essere qui oggi, nell'ambito di quest'audizione, a parlare del mio mondo. Sono trent'anni che vivo dentro al settore delle telecomunicazioni, di cui ho vissuto tutte le stagioni. Questo mondo ha compiuto tanti progressi negli ultimi anni, tra l'altro, ha visto crescere di pari passo le industrie e il Paese e in questo momento, invece, si sta misurando con una situazione particolarmente difficile e addirittura paradossale. Ne parlerò in seguito, ma fin d'ora sottolineo come tutti noi del settore siamo consapevoli che il nostro è un mondo che può fare tantissimo per il sistema Paese; tuttavia, sappiamo anche che senza interventi immediati e pressanti da parte della politica in futuro non saranno possibili gli ulteriori ed auspicati progressi.
Vorrei oggi parlare proprio di questo paradosso, cercando di spiegare perché è importante, anzi fondamentale, che ci sia da parte vostra l'attenzione che dimostrate. In questi trent'anni ho vissuto un'intensa carriera, a partire dal mio primo impiego in Italtel, quando si coltivava il sogno delle telecomunicazioni in Italia. Giovane ingegnere, fui assunto ed emigrai al nord, a Milano, per far parte di questa avventura. Sono passato alla Face Standard, che allora era parte del gruppo ITT, successivamente Alcatel, e poi, dal 1994 opero in Ericsson, dove ho sviluppato una carriera internazionale. Dopo una breve esperienza qui a Roma, infatti, mi sono occupato di Medio Oriente e Africa, esperienza importantissima, che mi ha fatto capire quanto effettivamente il mondo delle telecomunicazioni possa incidere sui sistemi Paese e quanto quest'ultimo abbia significato in termini di evoluzione di quello che fino a qualche tempo fa era chiamato il «terzo mondo» e che di fatto non lo è più, poiché sta progredendo in maniera incredibile. Dopo quell'esperienza importante, sono tornato in Italia e ricopro il ruolo di amministratore delegato di Ericsson dal 2003.
L'Ericsson in Italia è un'azienda ben radicata nel territorio. Quando ne parlo lo faccio come se si trattasse di un'azienda italiana, in quanto non si tratta della classica multinazionale che viene ad investire nel nostro Paese, bensì di un'azienda italiana a tutti gli effetti, fondata più di cento anni fa da imprenditori italiani che, con brevetto Ericsson, cominciarono ad essere anche gestori della telefonia. Nel nostro DNA, quindi, abbiamo non solo la competenza e la capacità di fornire sistemi, ma anche, all'interno della nostra azienda, la capacità di capire le esigenze del cliente finale, cosa che abbiamo fatto per tantissimi anni, fino alla privatizzazione, che avvenne verso la fine degli anni Cinquanta.
Ericsson, lo ribadisco, è una realtà italiana in espansione, che recentemente


Pag. 7

ha avuto anche una crescita importante con l'acquisizione di Marconi Spa, altra azienda italiana che, recentemente, era diventata di interesse inglese. Con questa acquisizione, in Italia, in questo momento, rappresentiamo di gran lunga il più grande gruppo manifatturiero. Abbiamo 4.500 addetti in Italia e a Roma è situato il centro gestionale di tutta l'azienda, cioè il quartier generale dal quale pilotiamo non solo tutte le attività nel Paese, ma, in pratica, anche quelle nel sud-est europeo.
Tengo a ribadire tutto ciò, poiché l'aver potuto mettere a disposizione le competenze e le intelligenze sviluppate in Italia, grazie alla crescita tumultuosa del mondo delle telecomunicazioni nel nostro Paese, ci ha fruttato un riconoscimento della casa madre, che ci ha assegnato anche la responsabilità di pilotare Paesi come Serbia, Romania, Albania, Malta, Cipro, Bulgaria e Moldavia. Questa è l'area geografica di nostra competenza, che pilotiamo da Roma.
L'insediamento più importante in Italia è ubicato a Genova, dove abbiamo trasferito il quartier generale della ricerca e dello sviluppo. Abbiamo poi insediamenti a Milano e importantissimi insediamenti, sempre nell'ambito della ricerca e dello sviluppo, a Pagani. Siamo, quindi, saldamente posizionati anche nel sud del Paese.
L'acquisizione di Marconi Spa e di altre aziende da parte del gruppo Ericsson (ad esempio le statunitensi Redback Network ed Entrisphere, o la norvegese Tandberg Television) testimonia un'attenzione particolare allo sviluppo della larga banda nel mondo delle telecomunicazioni. Ebbene, abbiamo concluso tutte queste acquisizioni proprio perché volevamo potenziare significativamente la nostra presenza come player per la larga banda.
Tutti conoscete Ericsson come fornitore di sistemi mobili. Sapete che abbiamo dato luogo, con Sony, a una joint venture al 50 per cento sui telefonini Sony-Ericsson. Tutto ciò fa parte del grande patrimonio, in termini di leadership, da noi accumulato in tutto il mondo; con le recenti acquisizioni abbiamo voluto dimostrare che la convergenza mobile-fisso e, in particolare, la larga banda, rappresentano in modo sempre più evidente il futuro delle telecomunicazioni.
Ho dimenticato di dire prima che a Marcianise sorge quella che non chiamiamo più fabbrica - non ci piace questo termine - bensì master factory, in cui si opera il montaggio, a livello molto avanzato, di sistemi ottici. Quest'azienda si trova in un territorio molto complesso e difficile, eppure, dopo l'acquisizione di Marconi Spa, abbiamo investito moltissimo in quello che continua a essere un sito produttivo che occupa più di 600 persone.
Il mercato delle telecomunicazioni mondiali vive il paradosso cui ho accennato inizialmente: in questo momento non riusciamo più a registrare quell'incremento significativo dello sviluppo che avevamo riscontrato negli anni scorsi. Inoltre, non riusciamo più a vedere un'adeguata evoluzione della larga banda, fondamentalmente a causa della mancanza di innovazione nonché del grosso impatto conseguente al problema dei prezzi, fortemente deflattivi. Tutto ciò comporta che, in assenza di correttivi, non sussiste la possibilità di arrivare a quei progressi fondamentali che hanno portato tutti i Paesi che hanno investito nelle telecomunicazioni a vedere significativamente incrementato il proprio PIL.
Ci sono casi di cui sicuramente avete sentito parlare. In particolare, il Giappone è un Paese con il quale ci siamo direttamente misurati quando tra il 2003 e il 2004 siamo stati i primi a lanciare il sistema UMTS in Italia. Ero appena arrivato in Italia e mi ritrovai a dover risolvere alcuni problemi tecnici importanti, riguardo ai quali il Giappone rappresentava il Paese di riferimento in quanto per primo aveva deciso di investire sulla larga banda mobile e quindi sul sistema UMTS.
In Italia eravamo fornitori di H3G, che aveva deciso di lanciare per primo questa tecnologia. Ricordo ancora che eravamo cinquantesimi nella lista dei Paesi che avrebbero dovuto lanciare il sistema, mentre il Giappone era in cima all'elenco. Mi ritrovai a dover fronteggiare la sfida importante


Pag. 8

di portare in Italia tutto quello che si faceva in Giappone e di farlo in tempi brevi. Dopo pochi mesi, eravamo rimasti da soli, poiché il Giappone aveva deciso di procrastinare il lancio, mentre H3G in Italia, per assicurare gli investimenti fatti, doveva necessariamente partire. In definitiva, dei cinquanta membri presenti originariamente nella lista, diventammo i primi, trasferimmo tutte le conoscenze e competenze dal Giappone e ci ritrovammo a vincere questa sfida, portando l'UMTS in Italia. L'UMTS in Italia, grazie agli investimenti di Trenitalia, è stato un successo, che ci ha anche permesso di acquisire tante competenze, poi sfruttate adeguatamente.
Il Giappone, poi, ha compiuto un salto di qualità ed è andato avanti. Noi abbiamo avuto la possibilità di anticipare la soluzione dei problemi tecnologici, mentre loro hanno fatto sistema e realizzato un piano fantasmagorico, chiamato Ubiquitous Japan. Il piano prevede che tutti i cittadini del Giappone entro il 2012 abbiano la larga banda a 100 mega. I giapponesi hanno anche lanciato un progetto che prevede la scolarizzazione di tutti i cittadini e il passaggio immediato a tutte le nuove tecnologie che la larga banda prevede. Ebbene, stanno portando avanti tutto questo con ingenti investimenti. Noi, oggi, dopo aver vinto la battaglia tecnologica, ci stiamo chiedendo se Trenitalia ce la farà o meno a sopravvivere alla situazione di mercato.
Tutto ciò è successo soltanto negli ultimi cinque anni, il che fa capire quanto è importante che la politica e il sistema Paese prestino attenzione a questi sviluppi affinché gli obiettivi tecnologici tranquillamente raggiungibili diventino obiettivi di sistema.
Vorrei affrontare un ulteriore passaggio, per dimostrare quanto sia importante l'utilizzazione delle nuove tecnologie per lo sviluppo dei Paesi. Ho citato prima i Paesi del terzo mondo, che non sono più tali. Tra il 1999 e il 2000 ero in Sudafrica per la sponsorizzazione della costruzione di alcune scuole. Lo facevamo di buon grado, poiché riteniamo nostro dovere aiutare la scolarizzazione dei vari Paesi. Quando partecipai all'inaugurazione per la consegna delle chiavi al presidente Mandela, in quel posto non esistevano strade né ferrovie (giungemmo sul posto in elicottero), ma solo una scuola ed un'antenna, con cui avevamo portato in quella zona la telefonia mobile. In quell'occasione mi colpì il fatto che il Presidente, passando in rassegna i giovani scolari, li esortasse con insistenza a imparare l'utilizzo di Internet, perché sarebbe stato il loro futuro. Questo diceva Mandela nel 2000 in Sudafrica!
Recentemente lo stesso sviluppo si è verificato in India e abbiamo appreso negli ultimi giorni di un grande successo commerciale dei pescatori nello Stato del Kerala. In questa regione i pescatori di sardine riscontravano lo stesso problema, sofferto da tutti i pescatori che vivono in luoghi isolati: si pescano magari quintali di pesce ma, arrivati nel porto, senza un mercato di vendita, si è costretti a gettarli via. Questi pescatori hanno messo in piedi un'organizzazione per cui, già dalla barca, prima di rientrare, svolgono un po' di commercio per via elettronica, attraverso il quale riescono a piazzare tutto il pescato. Sto parlando di un posto isolato in India, dove non ci sono strade o ferrovie. Sono solo due esempi, molto semplici, di quello che stanno rappresentando, nel mondo, il mercato delle reti di comunicazione elettronica e la disponibilità della tecnologia.
Io stesso, in azienda, con la responsabilità di tutto il sud est europeo, mi sono attrezzato per tenere i necessari all staff meeting in maniera innovativa: prima dovevo prendere l'aereo, andare in giro e incontrare tutte le persone interessate, tenere imponenti riunioni nelle mense. Oggi, più comodamente, resto seduto in uno studio televisivo nel mio ufficio, utilizzando la rete a larga banda che abbiamo costituito in azienda per interagire con tutti i miei dipendenti in tempo reale. Nessuno prende aerei o si sposta fisicamente.
Stiamo investendo molto sul telelavoro, che rappresenta un altro esempio di come si possa innovare, perseguendo l'efficienza.


Pag. 9

Tutti sollevano perplessità in merito al controllo. Le aziende, però, se non investono oggi per migliorare i propri processi produttivi e per avere un controllo sui risultati e sugli obiettivi, rimangono indietro perché non hanno capito qual è la sfida del mondo moderno. Stiamo quindi puntando sul telelavoro: più di duecento nostri dipendenti hanno accettato di lavorare da casa. Abbiamo dato vita ad un processo, dopo aver raggiunto gli opportuni accordi con i sindacati, per cui ci rechiamo a casa dei nostri dipendenti e verifichiamo che abbiano effettivamente la possibilità di lavorare da casa. Del resto, ci sono persone che hanno problemi anche di spazio. Dopo questa verifica, consegniamo loro un package comprensivo di tutte le macchine necessarie a svolgere il proprio lavoro e stipuliamo il contratto per la larga banda. Da quel momento, i nostri dipendenti possono lavorare da casa, recandosi in ufficio soltanto per riunioni periodiche. Tutto ciò, oggi, è possibile e l'unico problema è che, a volte, dobbiamo dire di no a qualche dipendente, perché scopriamo che nella sua casa non arriva la larga banda. Non dico la larga banda a 100 mega - di cui stiamo parlando oggi - ma neppure la linea ADSL! È la realtà del digital divide, che non si registra soltanto sulle montagne o nei paesini sperduti, ma anche ai Castelli romani, cioè nella zona dove la maggior parte dei nostri dipendenti romani abita.
È importante, a questo punto, capire meglio l'importanza dell'intervento politico nel risolvere il paradosso di cui parlavo in precedenza. Guardiamo, allora, allo scenario competitivo presente in Europa. Il commissario Viviane Reding è fortemente focalizzata sulla competizione e sull'abbassamento dei prezzi. A mio giudizio, a livello europeo bisognerebbe cercare di portare avanti anche una politica industriale di sistema, come attualmente non avviene.
Analizzando le peculiarità dell'Europa, basta svolgere un ragionamento per capire le ragioni per cui il mercato da solo non può risolvere questi problemi. Mettiamo tre mercati di riferimento a confronto: il mercato americano, il mercato cinese e il mercato europeo. Nell'Europa a 25 contiamo 400 milioni di abitanti circa, negli Stati Uniti oltre 300 milioni, in Cina 1 miliardo e 300 milioni. Quindi, se andiamo a fare una caratterizzazione di questi tre mercati in termini di bacino d'utenza, otteniamo numeri abbastanza importanti e significativi. Tuttavia, se valutiamo la situazione di concorrenza e di competitività in questi tre mercati, considerando, quindi, il numero di player operanti in ciascuno di essi, emerge una situazione molto diversa. In Europa abbiamo cinquanta operatori attivi (dunque, una concorrenza importante), negli Stati Uniti quattro, e altrettanti nella Cina da 1 miliardo e 300 milioni di abitanti.
È chiaro ed evidente che, con una situazione di questo tipo, laddove esiste una massa critica enorme - limitiamoci pure ai soli Stati Uniti, dato che per la Cina si parla di un progresso che avverrà solo nei prossimi anni - i quattro operatori sanno di avere la possibilità di muoversi su un mercato di 300 milioni di persone. Con cinquanta operatori e 400 milioni di abitanti è evidente che in Europa la massa critica è totalmente diversa. Se non si compie un intervento regolatore, tale da introdurre in Europa gli opportuni correttivi, nessun operatore sarà in grado di accedere a una massa di mercato tale da giustificare un investimento di lungo termine.
Di conseguenza, tutti fanno esattamente quello che il Commissario Viviane Reding auspica, vale a dire incrementano un tipo di concorrenza che agisce soltanto sui prezzi e non sull'innovazione. Ciò determina, nel breve termine, un beneficio per gli utenti, ma non porta ad effettuare gli investimenti di lungo termine, gli unici necessari per poter ottenere il vero effetto benefico sul PIL e sul sistema Paese. È come se, grazie a questa notevole concorrenza, stessimo considerando soltanto un lato positivo, che sicuramente dobbiamo salvaguardare, ma che non viene immediatamente seguito dall'innovazione e dall'investimento di lungo termine. Stiamo cannibalizzando e quindi sfruttando risorse


Pag. 10

dei vari sistemi Paese europei, investite durante il periodo del monopolio. I grandi investimenti e le grandi infrastrutture realizzati in quel periodo vengono infatti sfruttati e cannibalizzati, senza che se ne propongano altri per il futuro.
Per quanto riguarda l'Italia, troppo è stato scritto sul nostro divario, sul nostro ritardo; è stato più volte ribadito che, pur avendo capacità e competenze significative, l'Italia sia attualmente indietro rispetto ai principali Paesi europei, ovvero al quarto posto come sviluppo della larga banda.
Vorrei lanciare un messaggio evidenziando come nel dibattere di larga banda, della fibra da portare unbundling ci occupiamo di un problema specifico della situazione italiana. Mentre infatti negli Stati Uniti ciascun cittadino ha la sua casa ed è sufficiente arrivare con la fibra nel giardino, in Italia abbiamo importanti agglomerati urbani con palazzi di vari piani, per cui portare la fibra all'edificio non basta, perché il problema maggiore è trasferirla in senso verticale.
Affrontammo questo problema con il progetto «Socrate», che fallì perché i prezzi erano stati altamente sottostimati, perché si era sottovalutato l'impatto dei costi necessari a portare la fibra lungo la verticale dei palazzi. Nessun palazzo è predisposto con cavedi per portare questi impianti. Abbiamo quindi una caratteristica particolare, che è doveroso considerare. Ho già analizzato il divario del mercato - quattro operatori e 300 milioni di persone negli Stati uniti, 400 milioni e 50 operatori in Europa -, ma si rileva anche una certa complessità e quindi la necessità di capire queste differenze.
Quando portiamo la fibra al palazzo e poi ai vari appartamenti dell'edificio, ci dobbiamo porre il problema di portare anche la fibra alle antenne. La rete a larga banda in fibra ottica, che arriva a tutti i cittadini, deve quindi supportare lo sviluppo della larga banda mobile, che, sebbene tecnologicamente possibile, in questo momento è frenata da un unico problema, quello del backhauling. Oggi le antenne radio sono variamente alimentate con un sistema di trasmissione, anch'esso di banda stretta, per cui anche lì deve essere portata la banda larga. C'è dunque bisogno della larga banda non solo per la rete fissa, ma anche per lo sviluppo della larga banda mobile.
Quanto da me rilevato dimostra l'esigenza di un piano di sviluppo nazionale, che metta a disposizione risorse per implementare i correttivi necessari per risolvere i problemi e punti ad aumentare la scolarizzazione delle persone. Dobbiamo infatti realizzare un sistema per cui questa fondamentale innovazione diventi addirittura obbligatoria e realizzare azioni di switch-off non solo dall'analogico al digitale, ma anche dei servizi. Dobbiamo avere il coraggio di creare un'agenda nel sistema Paese, per fissare la data a partire dalla quale, ad esempio, la dichiarazione dei redditi potrà essere presentata solo attraverso Internet, o qualunque tipo di interfaccia con la pubblica amministrazione debba avvenire attraverso Internet. Se non si stabiliscono queste date e questa road map in un piano di sviluppo nazionale, individuando anche interventi per accrescere la scolarizzazione e la creazione di un indotto che dovrebbe poi affiancare le famiglie, si resta indietro come sistema Paese.
In Europa, indipendentemente dalle politiche europee, alcuni Paesi stanno individualmente assumendo questo tipo di iniziative. Si può avanzare l'obiezione che si tratta di Paesi piccoli: nei giorni scorsi la Finlandia ha annunciato che entro il 2012 tutte le famiglie saranno allacciate alla banda larga. Non assumere questo impegno come sistema Paese rappresenterebbe un fondamentale problema per la competitività dell'Italia, che rimarrebbe definitivamente indietro. Dobbiamo quindi collocare al primo posto dell'agenda la creazione di questo piano di intervento nazionale e puntare a dispiegare risorse pubbliche, che il settore delle telecomunicazioni ha messo a disposizione del Paese.
Per la vendita delle frequenze per l'UMTS, infatti, gli operatori spesero 16 mila miliardi. Se si considera il business case di quei 16 mila miliardi, si tratta di


Pag. 11

8 miliardi di moneta corrente che il sistema delle telecomunicazioni ha dato e che non sono stati introitati da nessuno degli operatori. Questo è uno dei motivi fondamentali per cui gli operatori oggi investono sempre di meno e il sistema non regge.
Dobbiamo dunque parlare di queste risorse e di quelle delle frequenze, discorso fondamentale. Negli Stati Uniti, è già stato deciso che tutte le frequenze UMTS, dalla banda dei 700 megahertz fino ai 900 megahertz, siano a disposizione della larga banda. In Europa siamo in ritardo, anche se con gli altri operatori abbiamo cercato di mettere al primo posto il tema della liberazione delle frequenze per la larga banda mobile. È inutile ribadire quale velocità di sviluppo possa avere la banda larga, perché, se non ci sono le frequenze, lo sviluppo si arresta.
Le frequenze in questo momento non ci sono, la banda di 700 megahertz, già condivisa negli Stati Uniti e in altri Paesi del mondo, in Europa deve essere oggetto di attenzione. Alcuni evidenziano come quelle frequenze siano utilizzate dalle televisioni. Con uno switch-off dall'analogico al digitale, si assisterà però a un aumento significativo del numero di canali disponibili e le televisioni e i media non saranno estranei all'utilizzo di queste risorse. Tutti ormai puntano all'interattività televisiva e anche le aziende del settore devono porsi il problema. La convergenza tra il settore televisivo e il settore delle telecomunicazioni si toccherà con mano in un momento che in gergo chiamiamo LTE (Long term evolution), la vera larga banda mobile.
Con la diffusione dell'LTE, un'azienda televisiva non dovrà più mandare in giro i camioncini con le parabole per collegarsi al satellite e fare le riprese ad alta definizione, perché per realizzare un servizio ad altissima velocità sarà sufficiente inviare un reporter con un apparato LTE. Le bande di frequenze messe a disposizione anche del settore televisivo con tecnologie LTE potranno dare un contributo significativo all'incremento della larga banda sul mobile. Si devono quindi perseguire un piano di intervento nazionale, risorse pubbliche non soltanto economiche, ma anche frequenze, e una policy di sviluppo mediante il controllo di piani di investimento definiti. Si tratta di un discorso molto importante, che necessita di un ampio lavoro per evitare di perdere quanto realizzato in termini di concorrenza e di beneficio per l'utente finale. Se questo non si accompagna a un'adeguata policy di sviluppo, si risolve un problema senza avere però nel lungo termine la sostenibilità del settore per il sistema Paese.

PRESIDENTE. Ringrazio l'ingegner Avenia per l'ampia relazione.
Do la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

SETTIMO NIZZI. Ringrazio per la brillante relazione. Constatiamo con piacere come alcuni nostri connazionali, recatisi all'estero per imparare tecnologia, tornino a casa dopo aver ottenuto importanti risultati, come nel suo caso.
Abbiamo ascoltato numerosi vostri concorrenti, ma la titolarità del 40 per cento del traffico mondiale delle telecomunicazioni è un dato rilevante, che vi mette sicuramente ai primi posti o giù di lì. Voi vi avvalete della tecnologia, del know how e dell'esperienza maturata dai vostri tecnici. Lo sviluppo del sistema Italia richiede l'investimento di una rilevante quantità di denaro pubblico e privato nelle infrastrutture concrete della larga banda; tale investimento, tuttavia, ci farebbe comunque arrivare ultimi per quanto riguarda la competitività internazionale, mentre potremmo sviluppare la larga banda LTE via etere in tempi molto più brevi e con finanziamenti molto limitati. A fronte di tali considerazioni vorrei sapere se crediate realmente nello sviluppo della larga banda mobile.

AURELIO SALVATORE MISITI. Tra le varie audizioni fatte mi sembra che quella odierna presenti aspetti particolarmente interessanti. Desidero quindi chiedere un approfondimento. Gli operatori sono quattro negli Stati Uniti, quattro in Cina per un numero di persone sostanzialmente


Pag. 12

uguale (sono 350-400 milioni quelli che si occupano di queste cose) a fronte di 50 milioni in Europa. In primo luogo vorrei sapere quanti ne abbiamo in Italia, come siano distribuiti nel continente e se ciò non sia in contraddizione con l'esigenza di un piano di sviluppo nazionale.
Ritengo infatti che il piano nazionale dovrebbe essere una parte del piano europeo. Dai dati che lei ci ha fornito, l'Europa sembra una zona di utilizzo e non di predisposizione delle tecnologie, come avete fatto inizialmente con l'UMTS. Sembriamo dunque avanti nell'utilizzo degli strumenti, ma indietro nelle tecnologie. Per invertire questa tendenza ed essere concorrenziali con gli altri due o tre giganti del settore, dovremmo abbandonare l'idea nazionale e cercare rifugio nell'Europa, come avvenuto con la moneta e come dovremmo fare anche con i mutui, questioni che ogni Paese europeo non può affrontare da solo. In questo campo specifico ciò è ancora più urgente, perché realizzare un piano nazionale comporta un investimento troppo elevato e non redditizio. Giustamente avete sottolineato gli investimenti realizzati nel periodo del monopolio in tutti i Paesi, in particolare in Italia. Il monopolio poi è finito, perché lo abbiamo venduto a un privato che non vuole investire per note ragioni.
Condivido il piano per l'alfabetizzazione, su cui bisognerebbe investire molto, ma non un piano nazionale. Ritengo che la politica possa venirvi incontro non a questo livello, ma nella battaglia comune affinché questi 50 operatori diventino 10 o 15, fondendosi per formare una certa massa critica che permetta loro di concorrere.
Poiché siete un'importante azienda multinazionale, di cui lei rappresenta la parte italiana, vorrei sapere come consideriate questo aspetto e quali iniziative intendiate prendere in questa direzione. Ritengo infatti che anche le lobby possano aiutare la politica ad arrivare all'unificazione europea.

PRESIDENTE. Do ora la parola all'ingegner Avenia per la replica.

CESARE AVENIA, Amministratore delegato di Ericsson. In uno dei miei passaggi ho cercato di spiegare perché la larga banda serve anche al mobile. Se continuerà ad esserci un'accelerazione sulla diffusione della larga banda, fondamentalmente questo avverrà anche grazie alla tecnologia mobile. Oggi, potremmo comodamente risolvere i problemi più urgenti di digital divide e portare la larga banda in Paesi totalmente isolati, con pochissimi investimenti, semplicemente collocando le antenne.
Tuttavia, quando comunemente si parla di investimenti per la larga banda, si parla della fibra, quindi di una ultra band di 100 megabit al secondo. Oggi con la telefonia mobile abbiamo realizzato per alcuni nostri operatori italiani reti che arrivano già ad una banda in downlink di 7,2 megabit al secondo e in uplink di 2 megabit al secondo. Nei prossimi mesi lanceremo quello che diventerà il padre dell'i-Phone, che tutti hanno apprezzato come prodotto, in quanto comodo da utilizzare. Le applicazioni proprie dell'i-Phone sono velocissime, ma, se ci si vuole collegare con la rete, non si va da nessuna parte. Stiamo per lanciare come Sony-Ericsson un nuovo telefonino di alto posizionamento sul mercato, l'Xperia X1, che, oltre a uno schermo molto grande in touch screen (tipo i-Phone), ha un modulo miniaturizzato che gli permette di essere collegato con 7,2 megabit in downlink e 2 megabit in uplink. Si tratta quindi di un vero strumento di larga banda nelle mani di tutti i cittadini.
Oggi, quindi, la larga banda con il mobile è possibile a queste dimensioni e con queste velocità. Immaginate di dover dare questi telefonini - e quindi questo tipo di banda - a una molteplicità di cittadini collocati sotto la stessa antenna: ebbene, quell'antenna non andrebbe più da nessuna parte. Quindi, quello che accade oggi per l'i-Phone accadrà anche per tutti questi telefonini. Pertanto, dobbiamo avere la possibilità di potenziare il backhauling; dunque aumentare il numero di frequenze disponibili, ma anche in prospettiva avere la possibilità di arrivare con la fibra a tutte le antenne.


Pag. 13


Le antenne, ovviamente, sono montate sui tetti dei palazzi. Se andate nel centro delle città, vedrete che la maggior parte delle antenne si trova proprio sui tetti dei palazzi. È ancora più importante, quindi, far arrivare la fibra sotto quei palazzi, perché possa alimentare le antenne. Questo è il grosso investimento da fare.
Se oggi si chiede a un operatore mobile perché non accelera lo sviluppo della larga banda mobile, perché non mette più cittadini nelle condizioni di avere strumenti con 7,2 mega e via elencando, l'operatore mobile risponderà che oggi il backhauling costa troppo - diciamocelo francamente, in Italia solo un soggetto fa il backhauling e quindi il prezzo è ancora alto - e c'è poca disponibilità. Questo è un freno.
La ragione per cui è importante avere una visione di lungo termine e delineare un piano, come sistema Paese, per investire nella banda larga ed ultra larga, è il rischio a breve che anche lo sviluppo della larga banda mobile venga frenata dalla mancanza di questa infrastruttura. Questa, dunque, diventerà nel giro di pochi anni un collo di bottiglia anche per lo sviluppo della larga banda mobile.
È chiaro che la larga banda mobile e il fatto stesso di utilizzare queste tecnologie porteranno sicuramente a risolvere uno dei problemi più importanti del digital divide. Noi, infatti, non possiamo pensare di arrivare con la fibra ottica anche nel paesino in cima alla montagna. A quel paesino arriveremo con il mobile. La concorrenza di queste due tecnologie dovrà consentire l'investimento ottimale per raggiungere l'obiettivo di dare la larga banda a tutti. Riteniamo che la tecnologia mobile sicuramente continuerà a svilupparsi, senza tuttavia sostituirsi completamente ad una tecnologia basata sulle fibre ottiche, comunque necessaria anche per quelle infrastrutture.

SETTIMO NIZZI. C'è una motivazione tecnica?

CESARE AVENIA, Amministratore delegato di Ericsson. Mi si chiede se i Paesi del terzo mondo, che non hanno rete di accesso in rame, utilizzeranno anche loro la fibra. La maggior parte dei Paesi che hanno già avviato dei programmi di sviluppo della fibra vengono dal terzo mondo. In Corea sono già partiti, l'India sta già partendo. Il fatto che ci sia un elemento di accelerazione nella copertura con le telecomunicazioni mobili di una massa enorme di cittadini - oggi più di 3,5 miliardi di persone al mondo hanno un telefonino - ha fatto sì che il gap tra i vari Paesi si sia colmato. Paradossalmente, però, questo porterà a un'accelerazione della richiesta di ulteriore banda, e dal punto di vista tecnologico - poiché le frequenze sono un bene limitato, che non potrà soddisfare questa domanda - la disponibilità della telefonia mobile dovrà essere nel lungo termine mediata anche dagli investimenti sul fisso.
Questo è esattamente il motivo per cui l'azienda a cui appartengo, essendo leader con il 40 per cento del market share sulla telefonia mobile, ha deciso di investire con le acquisizioni di Marconi ed Entrisphere, cui facevo riferimento precedentemente.
In prospettiva la parola chiave è proprio convergenza. Mi riferisco alla convergenza tra fisso e mobile; non parleremo più di fisso o di mobile, ma di una serie di tecnologie disponibili che daranno la possibilità di dare la larga banda a tutti. Pensare di risolvere tutto con il mobile non è corretto. Il mobile è un elemento di accelerazione del processo, ma deve essere adeguatamente supportato anche da un'infrastruttura di rete fissa.
Quanto al confronto dell'Italia con il resto dell'Europa, è chiaro che siamo inseriti in un contesto europeo. Quando ho messo a confronto i tre mercati cercavo di dire proprio questo. Qualcuno obietta che a questo punto starei parlando di un consolidamento degli operatori, in quanto il numero di cinquanta è eccessivo. Faccio parte del comitato per la larga banda di Confindustria, presieduto dal presidente Galateri. Qualcuno potrebbe chiedere: è corretto che Telefonica prenda Telecom Italia, così ci consolidiamo e diminuisce il numero dei player? Non sta a me, ovviamente, esprimere giudizi su processi di


Pag. 14

consolidamento. Da dieci anni diciamo che nelle telecomunicazioni deve avvenire un processo di consolidamento, ma così come evidentemente questo non è accaduto per altri settori, altrettanto evidentemente non accade nel settore delle comunicazioni.
Prevedere che vi sia un consolidamento e pensare che il mercato da solo lo realizzi è un'utopia che non si è verificata. Quando dico che dobbiamo mettere a confronto questi mercati, intendo riferirmi alla necessità di capire la complessità e la diversità della situazione. Sono assolutamente d'accordo che dovremmo affrontare la questione dal punto di vista della normativa europea. Non c'è alcun dubbio che occorra un dibattito a livello europeo; non c'è alcun dubbio che, a livello di normativa europea, qualche correttivo sia necessario. Ovviamente questo non significa che in Italia possiamo realizzare o implementare soluzioni che non siano armonizzate con un quadro di riferimento europeo.
Tuttavia, credo che sia fondamentale che l'Italia faccia la sua parte e che in questo dibattito non stiamo a guardare passivamente le evoluzioni del mercato. Come sistema Paese dobbiamo prendere atto dell'esistenza di questi problemi. Probabilmente lo possiamo fare in maniera proattiva rispetto all'Europa perché per primi ci stiamo confrontando con questo paradosso. Lo facciamo per primi perché abbiamo un vantaggio: per la prima volta, nel mondo delle telecomunicazioni e della telefonia mobile, abbiamo un vantaggio di conoscenze e di tecnologie. Per primi, rispetto ad altri Paesi europei, stiamo toccando con mano che, pur essendoci le possibilità e le capacità, il sistema da solo non è in grado di avviare un circolo virtuoso. Questo paradosso, cui facevo riferimento prima, farà sì che tra qualche anno ci fermeremo. Tra qualche anno il Paese comincerà a restare indietro rispetto ad altri Paesi i quali, in armonia o meno con l'Unione europea, stanno comunque prendendo iniziative.
Prima ho fatto riferimento alla Finlandia, ma so che altri Paesi si stanno muovendo. Alcuni lo fanno in dispregio alle direttive europee e non so come l'Europa potrà intervenire e con quale forza. Noi non possiamo rimanere a guardare ed essere completamente estranei ed inermi rispetto a questa situazione. Occorre una grande proattività. Dobbiamo incidere con le nostre decisioni sulle politiche europee. A mio avviso, dobbiamo farlo adesso che ancora siamo in vantaggio e non fra qualche anno, quando il vantaggio si trasformerà in un gap di arretratezza.

PRESIDENTE. Ringrazio l'ingegner Avenia e i suoi collaboratori.
Dichiaro conclusa l'audizione e sospendo brevemente la seduta.

La seduta, sospesa alle 12,25, riprende alle 12,30.

Audizione di rappresentanti di Linkem Spa.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'assetto e sulle prospettive delle nuove reti del sistema delle comunicazioni elettroniche, l'audizione di rappresentanti di Linkem Spa, la prima società che interviene nel settore del Wi-Max.
Do la parola all'amministratore delegato di Linkem Spa, Davide Rota.

DAVIDE ROTA, Amministratore delegato di Linkem Spa. Signor presidente, onorevoli deputati, prima di tutto vogliamo ringraziarvi per l'opportunità che ci state dando di esprimere il nostro parere su un argomento così delicato per il futuro della nostra nazione.
Vorremmo trattare, nella nostra presentazione, quattro temi: brevemente vorremmo raccontarvi il background della nostra azienda e come siamo arrivati fin qui; condividere con voi alcune riflessioni sul compito che ci attende nei prossimi mesi e nei prossimi anni; provare a riassumere come le tecnologie wireless in generale e le tecnologie Wi-Max nel dettaglio possano aiutare a raggiungere questi


Pag. 15

obiettivi; infine, indicare una serie di spunti pratici da cui si potrebbe cominciare a lavorare.
La nostra azienda nasce nel 2001 con l'obiettivo di utilizzare le tecnologie wireless per portare la banda larga alle persone. L'idea di fondo era che ci dovesse essere un modo migliore per portare la banda larga, che non fosse quello di scavare buche in tutta la nazione. Da lì siamo partiti. In questi sei anni abbiamo costruito circa 500 reti sul territorio nazionale. Le reti sono essenzialmente di due tipi: reti in luoghi cosiddetti ad alto traffico, quali aeroporti, centri congressi, dove permettiamo alle persone di collegarsi con le tecnologie wireless in viaggio; reti che coprono l'interezza di comuni, arrivando a portare la banda larga sia ai residenti che alle imprese.
Le tecnologie wireless sono concettualmente dei sistemi molto semplici; non fanno niente altro che prolungare la banda larga esistente in un territorio, illuminando un'area molto ampia con questo servizio. Al fine di sviluppare al meglio la nostra azienda, abbiamo recentemente partecipato alla gara indetta dal Ministero delle comunicazioni e ci siamo direttamente assicurati la licenza Wi-Max in tredici regioni. Indirettamente abbiamo raggiunto accordi con altri operatori che ci portano ad avere una copertura nazionale. La nostra è un'azienda giovane, con una età media del personale di 32 anni, fatta sostanzialmente di giovani ingegneri ed esperti di marketing che vogliono investire su queste tecnologie.
Vogliamo ora provare a condividere alcune riflessioni sul compito che ci aspetta nei prossimi mesi, compito che considero relativamente chiaro: dobbiamo infrastrutturare in modo serio il Paese, con una serie di servizi senza i quali difficilmente il Paese stesso potrà avere una competitività reale e una crescita di ricchezza e di conoscenza. Dobbiamo svolgere questo lavoro partendo da alcuni punti, non tutti semplici. Il primo punto è che siamo tra le ultime nazioni in Europa nello sviluppo della banda larga e cresciamo meno delle altre.
Come è stato sottolineato anche da altri interventi che ci hanno preceduto, ad oggi scontiamo l'esistenza in Italia della sola rete ADSL per portare banda larga alle persone, forse unico caso in Europa in cui la banda larga viene affidata a un'unica rete. Scontiamo, inoltre, una situazione orografica particolare, visto che l'Italia è una nazione lunga, montuosa, con molte situazioni peculiari. Per tali motivi riteniamo un sogno poter infrastrutturare un giorno tutta la nazione con la fibra. Qualunque decisione verrà assunta dovrà prevedere un mix di tecnologie di vario tipo, che permettano realmente di risolvere il problema.
Ci sono altri due punti di partenza da considerare per definire meglio il compito che ci aspetta. Innanzitutto, viviamo in un mondo delle comunicazioni che ad oggi è governato da aziende straniere. La tecnologia utilizzata in quasi tutte le aziende non è più quella italiana; la maggior parte delle società di telecomunicazione che oggi operano in Italia sono possedute, o comunque significativamente controllate, da un operatore straniero. Questa è una limitazione, seppure in un mondo che si muove all'interno di un concetto di globalizzazione, che va considerata. Corriamo il rischio di diventare un mercato in cui vengono collezionati abbonamenti e non attuati investimenti.
Infine, dovremmo occuparci del fatto che l'unica rete esistente ad oggi è in gestione a un operatore. Questo è un argomento molto complesso, sul quale persone molto più preparate di noi danno il loro input. Ad oggi, lo ripeto, l'unica rete di telecomunicazioni esistente è in mano a un operatore e noi riteniamo che qualunque decisione venga presa debba considerare questa rete un asset importante per la nazione che deve rimanere in mani italiane.
Come può la nostra tecnologia aiutare a risolvere questa problematica? Il Wi-Max in particolare e le tecnologie wireless in generale offrono una serie di vantaggi che possono aiutare lo sviluppo della banda larga nel Paese. Innanzitutto, si tratta di tecnologie relativamente meno


Pag. 16

care da implementare. La ratio di investimento per la copertura di un'area tra una tecnologia in fibra e una tecnologia in wireless è di circa 1,25; questo permetterebbe di coprire, a parità di investimento, molto più territorio.
Si tratta, inoltre, di tecnologie che danno ai cittadini molti problemi in meno, perché non prevedono scavi, sono molto meno invasive e permettono di mettere a disposizione la banda larga senza creare disservizi laterali. Un aspetto non banale è che queste tecnologie permettono di intervenire molto velocemente. Noi riteniamo, infatti, che non ci sia molto tempo per risolvere il problema della banda larga in Italia e le tecnologie wireless consentono di farlo in breve tempo.
L'ultimo elemento, che noi riteniamo uno dei più importanti, è che, una volta installate, le tecnologie wireless sono disponibili non solo nel terreno, ma in tutto l'etere e permettono di sviluppare, a loro volta, una serie di servizi che altrimenti potrebbero raggiungere difficilmente l'utente finale. Faccio un esempio: ho visto recentemente negli Stati Uniti un'azienda che monitora il battito cardiaco su reti wireless, quindi permette di seguire un cittadino controllandogli il battito del cuore. Questo è un servizio che ha bisogno di una rete wireless, senza la quale il servizio stesso non può essere implementato, per non parlare dei risparmi che possono derivare per altri settori dello Stato.
Riteniamo che siano queste le motivazioni principali per cui, alla fine, il piano sulle telecomunicazioni che dovrà essere sviluppato dovrà prevedere un cocktail di tecnologie che permetta sostanzialmente di risolvere il problema.
Si può partire da una serie di attività molto pratiche. Noi abbiamo avviato la costruzione delle reti in Puglia e in Lombardia. Ci siamo scontrati con una serie di elementi burocratici, in assenza dei quali la nostra azienda potrebbe veicolare altrove gli investimenti. Ad esempio, ad oggi la tempistica per l'attivazione di una rete è varia, a seconda delle diverse regioni. Recentemente è stata approvata una legge per semplificare la stesura in fibra e ci auguriamo che attività similari possano essere sviluppate anche per la parte wireless. Naturalmente occorrerà mettere in sinergia tutte le tipologie di investimento per costruire reti che portino un reale sfruttamento della conoscenza per i cittadini, per i giovani, e non uno sviluppo indiscriminato di Internet.
In conclusione, noi riteniamo che le tecnologie wireless rappresentino un pezzo importante per lo sviluppo del futuro mix di tecnologie. Riteniamo che questo sviluppo debba essere inquadrato all'interno di un piano di un certo tipo e che sia necessario mettere a fattor comune tutte le capacità di investimento per risolvere il problema. Da questo punto di vista, noi siamo a disposizione per fare la nostra parte, secondo le nostre possibilità.

PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Rota.
Do la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

SETTIMO NIZZI. Vorrei rivolgere anche a lei, come abbiamo fatto nei confronti dei suoi colleghi, una domanda dal punto di vista tecnico. Poco fa abbiamo chiesto qual è la differenza di realizzazione della rete wireless e della fibra ottica. Mentre per la fibra ottica c'è la possibilità di espansione all'infinito, con le reti mobili esiste il cosiddetto «collo di bottiglia», dove le antenne sono collegate alle centrali con velocità massima di 2,5 megabit e non danno la possibilità di sviluppare realmente la quantità di traffico che tutti vorremmo avere.
Ci stiamo convincendo che la via etere è quella più veloce al fine di conferire le maggiori possibilità di crescita al sistema Paese. D'altro canto, se implementiamo quella strada e non implementiamo contemporaneamente la fibra ottica, è difficile pensare ad una reale concretizzazione di questo programma.
Le chiedo, in definitiva, se disponiate di una tecnologia tale da permettere l'utilizzo reale dei 100 megabit via etere, non solo all'utilizzatore finale, ma anche tra varie antenne e tra sistema fisso e mobile.


Pag. 17

PRESIDENTE. Mi inserisco nella discussione, chiedendo quale sia la copertura di ogni vostra antenna. Il problema emerso in altre audizioni, parlando del Wi-Fi, è infatti che il Wi-Max, pur avendo altissime potenzialità, è altresì caratterizzato da una capacità di raggio d'azione relativamente limitata.

MAURIZIO IAPICCA. Signor presidente, vorrei domandare se il Wi-Max sarà in grado di andare oltre l'attuale livello di digital divide. Chiedo, in definitiva, se il sistema sia affetto da un suo limite intrinseco o se invece non sia possibile sfruttarlo convenientemente, seppure in maniera regolamentata.

SETTIMO NIZZI. Dal momento che, come sembra, le vecchie centrali a 900 Megahertz sono quelle che hanno una potenzialità di impulso molto più lungo, vorrei domandare se non sia possibile utilizzare queste reti e bande «dismesse» per implementarle e avere così un ritorno maggiore.

FRANCESCO COLUCCI. Signor presidente, voglio rivolgere una domanda a proposito del piano del Governo, presentato in Parlamento, per la programmazione del settore delle telecomunicazioni.
Abbiamo rilevato, ad esempio, che Telecom ha comunicato ufficialmente che il proprio piano di investimento prevede, per il 2016, che il 65 per cento del mercato sarà raggiunto da reti di nuova generazione. Tutto ciò, evidentemente, fa parte delle varie iniziative che le singole società assumono riguardo sia alla programmazione per lo sviluppo, sia agli investimenti.
Poiché il dottor Rota ha sottolineato di rappresentare un'azienda nuova, che si pone sul mercato nazionale con iniziative tecnologiche avanzate rispetto alla realtà esistente a livello europeo e mondiale, o che quantomeno si inserisce in questo contesto allo stesso livello, vorrei chiedergli se esista già una programmazione per quanto riguarda una politica di investimenti di grande respiro.

PRESIDENTE. Do la parola al dottor Rota per la replica.

DAVIDE ROTA, Amministratore delegato di Linkem Spa. Innanzitutto, se ho ben interpretato la prima domanda, mi si chiede se questa sia una tecnologia sulla quale vale la pena investire. Non si vuole rischiare di investire risorse su iniziative che non risolvono il problema. Mi sembra si tratti della domanda centrale, che sta alla base di tutto questo passaggio e anche di tutto il nostro piano di investimento.
In linea di massima, la tecnologia più performante per portare banda larga alle persone è la fibra, l'unica che permetta una scalabilità pressoché infinita. Se entriamo nel mondo reale, però, ci rendiamo conto che in 15 anni, in Italia, non siamo riusciti a portare neanche l'ADSL a casa della gente. Oggi esiste ancora un 20 per cento di italiani che non ricevono l'ADSL. Dobbiamo dunque partire dal presupposto che, volendo, potremmo costruire un piano in fibra nei prossimi 35 anni, sperando che - a qualche stadio di questo processo - non arrivi qualcuno che si accorge che in realtà la fibra non funziona così bene. Ad oggi in Italia non è pensabile, per motivi orografici, di investimento e anche di tempo, realizzare un investimento in fibra.
Esclusa quindi la fibra, la tecnologia Wi-Max segue la stessa dinamica tecnologica di qualunque altra tecnologia: va ottimizzata in funzione della distribuzione della connettività all'utente. Per rispondere alla domanda, posso dire che oggi è in grado di raggiungere velocità di alcune decine di mega, ovviamente prevedendo una pianificazione radio ben fatta. Si tratta di una tecnologia che in altre nazioni è utilizzata per dare servizi molto importanti anche alla cittadinanza. Tra l'altro, è l'unica tecnologia radio che può garantire un buon livello di qualità. Mentre, ad oggi, se compro una connessione UMTS, non so a che tipo di velocità essa potrà operare, con questo tipo di connessione sono in grado di determinare le velocità, in funzione della priorità del servizio o dell'attività che viene svolta.


Pag. 18


In definitiva, parlando di un mondo ideale, anche a me piacerebbe avere l'intera nazione cablata in fibra. Partendo però dall'esperienza pratica - dove non siamo riusciti neanche a portare a tutti l'ADSL, nonostante che il rame fosse stato già steso e che quindi non si doveva neppure scavare - dubito che ciò possa succedere. Nella migliore delle ipotesi, come giustamente si faceva notare, forse nel 2016 una certa percentuale della popolazione sarà coperta dalla fibra.
Non abbiamo, credo, il tempo di aspettare. In questi giorni stiamo girando una serie di realtà locali che viaggiano ancora con il modem analogico. Sono fuori dal mondo! Questa è l'unica possibilità seria che abbiamo di portare quelle parti d'Italia a un livello di normalità. Non stiamo parlando di particolari eccellenze.
La mia risposta è che la fibra sarebbe la soluzione migliore, ammesso che si riesca a collegare in tal modo anche l'ultimo paesino italiano. Vedo due ordini di problemi: in primo luogo non succederà, in secondo luogo la fibra sta sotto terra. Quindi, qualunque servizio si voglia far girare al di fuori della stessa, non sarà possibile realizzarlo,.
Per quanto riguarda la domanda relativa alle coperture, ad oggi le tecnologie wireless, che sono essenzialmente tecnologie non licenziate, dunque tutte quelle prima del Wi-Max (Wi-Fi e tutto quello che si trova anche a casa), permettono coperture molto limitate, nell'ordine di qualche decina di metri dall'antenna. Il motivo per cui abbiamo deciso di fare questo grosso investimento con la nostra azienda, partecipando alla licenza Wi-Max, è che mediamente un'antenna Wi-Max copre circa quindici chilometri quadrati. Siamo nell'ordine di 2,2 o 2,3 chilometri di raggio circa. Chiaramente il numero delle antenne va calcolato in funzione del numero di utenze che insistono in un'area. Comunque, per dare un'idea, stiamo per infrastrutturare alcuni comuni nel sud Italia, dove installiamo un'antenna per comune, con tutti i vantaggi che da ciò possono derivare.
Per tutto quello che viene prima del Wi-Max, l'osservazione fatta è molto pertinente, tant'è che il sistema non funziona neanche sulle frequenze licenziate. Il legislatore non ha avuto neanche - giustamente, credo - il pensiero di regolare quelle frequenze.
Per quanto riguarda il Wi-Max, stiamo parlando di una tecnologia diversa, strutturata anche per erogare servizi dati, che rappresenta, ad oggi, l'unico standard mondiale nelle telecomunicazioni. Chiunque abbia un telefonino UMTS e si reca in Cina, ha buone probabilità che non funzioni, mentre la tecnologia Wi-Max è la stessa dappertutto.
Per quanto riguarda l'ultima domanda sull'investimento, rispondo che tutte le tecnologie evolvono. Quindi, anche la nostra è soggetta a tutta una serie di evoluzioni. Stiamo oggi lavorando su un piano di investimenti, pari a circa 250 milioni di euro per i prossimi quattro anni, con il quale riteniamo di riuscire a portare la banda larga a circa l'80 per cento della popolazione. Stiamo lavorando anche su tutta una serie di ulteriori sviluppi, per arrivare esattamente a quella che viene chiamata «rete di nuova generazione». Per noi la cosa più importante è arrivare a confrontare periodi compatibili: non paragonare quello che c'è oggi con quello che ci sarà tra quindici anni, bensì confrontare quanto sarà disponibile entro termini fra loro confrontabili. Abbiamo assistito in laboratorio (siamo ancora a circa cinque o sei anni di distanza dall'implementazione sulla rete) a tecnologie wireless che raggiungono anche i 200 mega. Esiste un lavoro da svolgere, per poter fare sì che quelle tecnologie rientrino nel concetto di reti di nuova generazione a cui facevate riferimento, ma siamo pronti a fare l'investimento necessario per poterlo portare avanti.

CARLO SIMEONE, Direttore generale di Linkem Spa. Signor presidente, intervengo esclusivamente per fornire un'esemplificazione piuttosto concreta delle potenzialità del sistema Wi-Max. In questi giorni stiamo verificando la possibilità dell'estensione


Pag. 19

della rete in alcune città e ci siamo accorti che una città di 60-70 mila abitanti viene coperta da non più di 6-7 antenne. Il segnale è ottimo in qualsiasi punto della città.
In Italia, però, abbiamo una questione di fondo, ovvero che siamo bravi a crearci i problemi da soli. Lo spettro delle frequenze alle aziende che hanno vinto la gara Wi-Max bandita dal Ministero permette che oggi in Sicilia si arrivi tranquillamente anche a 20 megabit. Rispetto al gradiente che il sottosegretario Romani aveva rappresentato in Commissione, siamo ad un ottimo livello. In Calabria, invece, siamo a 7-8 megabit, perché il sistema di rilascio dello spettro non è stato ottimale. Basterebbe operare qualche piccola, minima modifica per migliorarlo. In questo Paese abbiamo diverse potenzialità, che però spesso trascuriamo.
Il sistema radiometrico, da un punto di vista generale, in termini di sicurezza e di affidabilità non è probabilmente tra i migliori, ma neppure tra i peggiori. Teniamo conto che ancora oggi, la rotta degli aerei si basa su un sistema radiometrico, costituito da antenne, poggiate sul terreno, che guidano gli apparecchi. Ma se la sicurezza di coloro che volano in aereo viene affidata a un sistema del genere, allora la nostra rete diventa fondamentale. Tuttavia, non dobbiamo dimenticare un aspetto essenziale: l'Italia, in questo momento, nelle telecomunicazioni viene vissuta solo come mercato di consumo. Da noi si staccano solamente bollette e abbiamo dimenticato che cosa sia la tecnologia, ma soprattutto che cosa siano la ricerca tecnologica e l'innovazione.
Ci auguriamo che il programma proposto dal Governo con il varo del disegno di legge n. C. 1141-bis, a proposito del fondo di 800 milioni di euro, possa diventare realtà. Anche in questo caso, però, dobbiamo riconoscere alcune priorità, che abbiamo indicato nel documento che vi abbiamo presentato. Se spendiamo gli 800 milioni di euro così come abbiamo fatto in passato, ovvero secondo una filosofia di spesa «a pioggia», disperdiamo le già poche e preziosissime risorse disponibili.
È essenziale, in conclusione, darci alcune priorità: i giovani (portare la banda larga nelle scuole e nelle università), la pubblica amministrazione (il settore che oggi spende di meno in innovazione tecnologica), la sanità e la sicurezza.

PRESIDENTE. Ringraziamo il dottor Rota, il dottor Simeone e tutti i collaboratori della Linkem Spa.
Dichiaro conclusa l'audizione e sospendo la seduta che riprenderà con l'audizione di rappresentanti del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti.

La seduta, sospesa alle 12,50, riprende alle 14,50.

Audizione di rappresentanti del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti (CNCU).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'assetto e sulle prospettive delle nuovi reti del sistema delle comunicazioni elettroniche, l'audizione dei rappresentanti del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti (CNCU).
Do la parola ai nostri interlocutori.

MARCO PIERANI, Responsabile relazioni esterne istituzionali di Altroconsumo. Siamo due associazioni del CNCU, quindi svolgerò il mio intervento per poi lasciare la parola, se il presidente consente, al collega di Adiconsum.
Ringraziamo per l'invito odierno, visto che il tema è importantissimo ed è molto rilevante che sia stata avviata questa indagine conoscitiva.
Da tempo, Altroconsumo ritiene che l'avvento della banda larga, della digitalizzazione e della convergenza nel settore delle comunicazioni elettroniche costituiscano elementi di grande importanza per l'auspicato sviluppo della società dell'informazione e legittimino l'aspettativa che le nuove tecnologie possano consentire accresciute ed interessanti opportunità al cittadino consumatore, in termini di accesso


Pag. 20

sempre più vasto all'informazione, ai servizi della pubblica amministrazione (in termini di governance) e alla cultura.
Condividiamo, in tal senso, quanto espresso recentemente dal presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni di fronte a questa Commissione, e cioè che le politiche di radicale rinnovo delle infrastrutturare e delle telecomunicazioni, vòlte a realizzare in tempi brevi reti a larghissima banda, in fibra ottica, devono rappresentare una delle priorità del Paese, come lo sono state negli anni Sessanta quelle relative alla costruzione delle grandi dorsali autostradali. Chiediamo, tuttavia, al Parlamento e al Governo, di adoperarsi affinché quello che dovrà essere un vero e proprio piano strategico e di sistema, necessario a far compiere il salto di qualità verso la NGN (Next generation networking), rimanga coerente con i princìpi della libera concorrenza e della protezione dei consumatori.
Procederò per punti sintetici, anche per lasciare la parola ai colleghi, lasciando comunque all'attenzione dei commissari un documento scritto.
A nostro avviso, quello che con questa indagine conoscitiva la Commissione sta analizzando è un quadro molto complesso. È difficile realizzare una quadratura del cerchio in questa situazione, perché il punto di partenza necessario per ragionare realisticamente sulle prospettive della NGN è l'analisi obiettiva dei problemi - ancora tutti sul tappeto - della carenza di concorrenza, della problematica liberalizzazione dell'accesso alle reti di telefonia e, soprattutto, di banda larga.
Un primo elemento, dunque, è l'esistenza di un «collo di bottiglia», per cui l'ex monopolista, sostanzialmente, mantiene una posizione «ingombrante» in questo mercato. Un secondo elemento è il dato di fatto che, per parlare di NGN, servono alcune decine di miliardi di euro, mentre l'ex monopolista è un'azienda ad oggi fortemente indebitata.
Esiste un terzo elemento, che congiunge i primi due: se si passa alla NGN con una struttura di mercato come quella attuale, il rischio dell'abuso di posizione dominante da parte di Telecom rischia di aggravarsi, invece di risolversi.
In definitiva, riteniamo che è sicuramente importante capire chi investirà in questa rete, ma anche che occorre innanzitutto pensare alla struttura di questo mercato. Riteniamo che debba avvenire una separazione societaria (quindi, uno scorporo per quanto riguarda la rete dell'ex monopolista), poiché la peculiarità del mercato italiano non permette una trasposizione del modello Openreach come lo conosciamo in Inghilterra, perlomeno a nostro avviso. In effetti, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni in Italia non è stata in grado, almeno fino ad oggi, di proteggere i consumatori e la concorrenza così come è stato fatto in Inghilterra. Anche l'ipotesi attualmente all'attenzione dell'Autorità della divisione Open access, che prevede un board in cui siedano anche membri designati dall'Autorità, non garantisce di porre un piano equilibrato di concorrenza in questo mercato.
Come nell'intervento svolto in occasione dell'audizione dell'Autorità nel 2007 sulla separazione delle reti di nuova generazione, proponiamo una separazione societaria e riteniamo che l'accesso alla rete debba essere considerato un servizio universale e un bene comune, con onere in capo a tutti gli operatori per il suo mantenimento e sviluppo tecnologico. Immaginiamo un'ipotesi one network, per cui la società che gestirà la rete, che sarà scorporata dall'ex monopolista, possa prevedere partecipazioni di altri operatori di telefonia o anche di enti pubblici. Non chiediamo una nazionalizzazione della rete, che rappresenterebbe un passo indietro, ma non riteniamo che lo Stato non possa intervenire in alcun caso. Chiediamo di sbloccare il meccanismo per cui chi oggi detiene il «collo di bottiglia», quindi l'accesso, attraverso questa posizione lucri per ottenere un predominio anche sui mercati a valle, ovvero quelli dei servizi e quelli sempre più rilevanti dei contenuti. Vorremmo che esistesse neutralità nella rete, che garantirebbe un mercato più efficiente. Permettere la concorrenza interna


Pag. 21

significherebbe che questa società scorporata dovrebbe occuparsi solo di gestione della rete e che tutti gli altri operatori avrebbero un equilibrato accesso, rendendoci più competitivi sul piano internazionale.
Nell'introduzione alla vostra analisi si analizzano anche i contenuti. Non bisogna dimenticare che le reti di comunicazione elettronica, tanto più le NGN, se le avremo in questo Paese, fungono da cerniera tra i consumatori che desiderano scambiare e accedere alle informazioni e i fornitori di informazioni. La tutela della concorrenza in questo settore deve quindi essere ormai finalizzata a due scopi: assicurare lo sviluppo dei mercati nelle infrastrutture e, al contempo, dei mercati dei contenuti, che attualmente in Italia non è efficiente.
Conosciamo il problema della pirateria e di quanto vi è connesso, ma riteniamo che per risolverlo non si debba ledere la privacy dei cittadini italiani con indagini invasive. Esempi evidenti sono stati i recenti casi di Peppermint, dove la nostra associazione è intervenuta a tutela di questi consumatori, e di Pirate Bay. Riteniamo quindi necessario mettere mano alla normativa sul diritto di autore per bilanciare gli interessi dei consumatori con quello dei detentori dei diritti, affinché questo mercato possa essere più efficiente.
Riteniamo infine che i consumatori siano disposti a pagare per i contenuti, purché ci sia un mercato concorrenziale ed efficiente. Quella dei contenuti è una tematica strettamente legata a quella delle reti, laddove, possedendo le reti ma non i contenuti e un mercato concorrenziale che li immetta in rete, spenderemmo tanto, ma il nostro Paese non farebbe comunque un significativo passo in avanti nello sviluppo di questi mercati ormai collegati.

GIORGIO SEBASTIANO, Esperto di Adiconsum. Signor presidente, signori onorevoli, vi ringrazio per questa audizione
Quale futuro per l'assetto e quali le prospettive delle nuove reti del sistema di comunicazioni elettroniche, quale modello di sviluppo, quali norme per regolamentare il mercato? Sono queste le istanze che ci avete sottoposto, domande importanti cui non è facile dare risposta per la situazione della nostra rete attuale, che sconta decenni di scelte sbagliate, non assunte o prese troppo in ritardo o in situazioni di emergenza. I costi di questa rete vecchia, obsoleta, inefficiente e soprattutto disomogenea sono quindi ricaduti quasi esclusivamente sui consumatori, che hanno subìto e pagato tutte le inefficienze, i disservizi e le storture di questo sistema. Su tale rete inefficiente si è abbattuto un nuovo modello di sviluppo sociale ed economico, che ha trasformato le reti di comunicazione nel sistema nervoso dell'intero globo.
Per queste ragioni, è fondamentale dotarsi nel più breve tempo possibile di un'infrastruttura di rete in linea con quelle dei Paesi più avanzati. La parola d'ordine che vorremmo muovesse la classe dirigente, politica, normativa, imprenditoriale e sociale è «colmare, i tanti divide» che subisce il nostro Paese nel settore delle nuove tecnologie, che ci penalizzano a livello sociale, economico e imprenditoriale.
Per comprendere il divario apertosi in questi anni, desidero riportare le parole del Ministro delle comunicazioni della Corea nel 2006 Chin Dae-Je, intervenuto al convegno OCSE organizzato dall'allora Ministro Stanca: «Grazie alla fibra ottica estesa in tutto il Paese è stata data all'intera popolazione una banda di 35 megabyte, con punte di 75. Io personalmente ho una linea di 100 megabyte, che contiamo di estendere a tutti a un prezzo che si aggira intorno ai 25 dollari al mese. Oggi abbiamo 36 milioni di utenti registrati alla rete, ma il nostro obiettivo è di coinvolgere l'intera popolazione attiva».
Provate ad immaginare un intero Paese connesso da 35 a 100 megabyte; ciò significa che in questo momento decine di migliaia di tecnici, creativi, ingegneri e progettisti software coreani, ma anche giapponesi - che hanno una rete analoga - stanno realizzando servizi e prodotti estremamente sofisticati e avanzati, che i nostri pur bravi e certamente più fantasiosi tecnici e progettisti possono solo


Pag. 22

ipotizzare. Quando e se avremo questa infrastruttura, saremo comunque inondati di prodotti, servizi e contenuti provenienti da altrove, senza possibilità di offrire i nostri prodotti e servizi all'altezza della situazione.
Oggi, dopo quasi tre anni, siamo ancora qui a discutere esattamente come nel 2006, nel 2004, nel 2001 e così via, sino a ritornare alla fine degli anni Ottanta, quando nei vertici dell'allora SIP si fece strada il progetto «Socrate», sviluppatosi poi negli anni Novanta, che voleva realizzare quello di cui stiamo parlando oggi, ovvero una nuova rete in fibra ottica. Ci chiediamo che fine abbia fatto questa rete, quale sia lo stato dell'arte, se negli anni sia diventata obsoleta o possa ancora essere utilizzata. Nel frattempo, molti ministri si sono avvicendati. Ricordiamo solo gli ultimi: da Cardinale a Gasparri, da Landolfi a Gentiloni, fino all'attuale sottosegretario Romani, nella nuova armonizzazione delle competenze che vede il Dicastero delle comunicazioni come una semplice commodity all'interno del Ministero dello sviluppo economico. Per non parlare dei Ministri Stanca, Nicolais, Brunetta che hanno operato più specificatamente per l'innovazione tecnologica. Al di là delle differenze politiche, tali ministri hanno sempre espresso impegno e volontà per dare al Paese quella infrastruttura digitale di cui ha bisogno, eppure eccoci ancora oggi al punto di partenza. L'unica vera innovazione, o meglio dire adeguamento alla domanda, è stata introdotta dalle aziende, che l'hanno disegnata all'interno di precisi modelli di business, e che mostra oggi tutti i suoi limiti.
Ci può essere d'aiuto solo l'esigenza che l'intera Europa colmi il gap con Corea e Giappone, per cui, usando le parole di Philip J. Jennings, segretario generale della Union Network International, sempre al convegno OCSE del 2006, «È necessario che la banda larga venga offerta come servizio di base a tutti. Serve un ruolo attivo da parte di Governi e istituzioni pubbliche, perché bisogna fare in modo che sempre più persone siano in grado di avvalersi delle nuove tecnologie disponibili, così da creare un mercato».
Ancora, Michael J. Copps, commissario della Federal Communications Commission degli USA dichiara: «Internet sarà l'infrastruttura di base della società futura, ma deve trattarsi di una rivoluzione che non lasci nessuno fuori. Bisogna assicurarsi che le tecnologie digitali raggiungano tutti. La soluzione è quindi una soltanto: una rete completamente in fibra ottica, che sia in mano ad un'unica società, che consenta poi alle Telco di gestire su di essa modelli di business a parità di condizioni di accesso, una rete che sia il braccio operativo di un sistema di connettività, che sia finalmente servizio universale, senza «se» e senza «ma», con il 100 per cento della copertura del territorio e della popolazione».
Per questo non possiamo accettare l'affermazione del sottosegretario Romani, secondo cui non ha senso economico portare la fibra ai 5,5 milioni di italiani che vivono in aree a fallimento di mercato. Al contrario, la fibra va portata proprio in quelle aree, perché il terzo mondo dell'ICT non è nelle zone geografiche, ma nell'intelligenza delle persone. Lo Stato non è un'azienda e il dividendo sociale non può essere subordinato a quello economico.
La rete deve essere tale sino alla presa all'interno degli appartamenti e non deve più esistere il concetto di ultimo miglio, tanto meno da dare in unbundling agli operatori. Il consumatore non deve veder ripetuti gli errori fatti fino ad oggi, che gli rendono la vita impossibile con guasti, scarse prestazioni, difficoltà a cambiare operatore.
Un'unica rete, un'unica authority. È arrivato il momento di unificare tutte le authority in una sola, che contenga al suo interno le competenze e gestisca i problemi in modo coerente e armonico, senza costringere il consumatore in una gincana di competenze, che complicano inutilmente quello che dovrebbe essere semplice: tutelare i propri diritti. Tale rete deve utilizzare quanto è già stato realizzato senza inutili e costosi doppioni. Chiediamo


Pag. 23

quindi la realizzazione di un catasto della fibra ottica e di un piano regolatore delle città digitali.
Per quanto riguarda la NGN wireless, non dobbiamo illuderci di realizzare qualcosa di significativo con le bande attualmente a disposizione, sia pure in un'ottica minimale di punti di trasmissione locale connesse a dorsali in fibra ottica.
Non saranno poche decine o centinaia di megabit a fornire la NGN wireless. La banda già c'è, in primis gli white spaces delle frequenze dei canali tv già abilitati alla trasmissione digitale e le frequenze liberate dallo spegnimento della tv analogica. È inutile farsi illusioni: il futuro della televisione, che sarà solo ad alta definizione, non potrà reggere a lungo sulle frequenze terrestri e non si risolverà mai il broadband wireless senza dipanare il mercato della tv digitale, un ulteriore costo per l'errore di non aver portato tutto il sistema televisivo sul satellite e/o sul cavo.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

JONNY CROSIO. Vi ringrazio; ho ascoltato con interesse la vostra relazione e vorrei sapere se Adiconsum consideri indispensabile una programmazione che preveda la banda ultralarga in tutto il nostro Paese per colmare questo gap con Corea e Giappone.

GIORGIO SEBASTIANO, Esperto di Adiconsum. In fibra ottica su tutto il Paese, come è stato fatto cinquant'anni fa per la rete elettrica.

SETTIMO NIZZI. Vorrei sapere da quali considerazioni partiate per sostenere l'impossibilità di realizzare qualcosa di attuale e di attualizzabile con la NGN wireless. Quali dati avete in mano?

GIORGIO SEBASTIANO, Esperto di Adiconsum. Attualmente abbiamo i dati del Wi-Max, ovvero 75 megabit concessi a tutto il territorio nazionale.
Stiamo parlando del wireless NGN, ovvero banda larghissima, non di wireless broadband attuale. Per veicolare servizi avanzatissimi anche in wireless, per quelle zone dove potrebbe non essere conveniente veicolare la fibra ottica, riteniamo che servano in ogni area locale da 1 a 10 gigabit per poter colmare le richieste di banda sempre superiore che già arrivano, perché oggi essa è insufficiente e lo sarà ancora di più tra dieci anni. Serviranno quindi gigabit di banda per ogni area locale, soprattutto dove la banda impatta in zone con centri ad elevata popolazione.

BEATRICE LORENZIN. A tal proposito, ricordo che esistono esperimenti svolti in varie parti del mondo, dall'Africa all'Asia, dove ci sono situazioni miste, per cui alla mancata presenza di fibra ottica si supplisce con il wireless. Vorrei sapere, quindi, se non riteniate possibile anche un sistema misto, in attesa di giungere alla copertura totale del territorio.

GIORGIO SEBASTIANO, Esperto di Adiconsum. Non ho detto che questo deve essere fatto tutto e subito. Abbiamo posto un obiettivo finale. Il problema non è quello che vogliamo, ma quanto fa il resto del mondo. Ricordo che importiamo l'80 per cento dei contenuti e il 95 per cento dei contenuti nel settore giochi. Non creiamo niente, siamo solo consumatori. Nel settore delle nuove tecnologie, stiamo diventando consumatori e non produttori. Gli altri ci forniscono prodotti e servizi, perché negli altri Paesi hanno a disposizione infrastrutture molto avanzate, che permettono di pensare in modalità avanzata.
I nostri figli giocano con le loro consolle connesse alla rete, ma chi gioca in banda larga o in fibra ottica ha tempi di risposta differenti. Si crea dunque una sorta di divide nei videogame tra chi ha la banda buona e chi ha la banda meno buona. Dobbiamo immaginare nei servizi più avanzati cosa significhi essere connessi con un mondo che viaggia a una velocità differente.


Pag. 24

MAURO VERGARI, Esperto di Adiconsum. Vorrei fare una precisazione. Noi riteniamo che la rete di nuova generazione non debba essere in competizione con quella attuale. Una nuova rete deve essere per tutti e arrivare ovunque con i necessari tempi di attuazione tecnica. L'obiettivo deve essere chiaro all'origine, perché un sistema in competizione, con cittadini connessi a una rete inferiore e altri a una rete ad alta tecnologia, alimenterebbe un nuovo divide. Oggi il 20 per cento della popolazione non ha l'ADSL, ma è connesso con la banda analogica - che definirei «a carbone» - impossibile da utilizzare per quello che vi corre sopra.
Temiamo che tale situazione si ripeta su una rete di nuova generazione. L'obiettivo è sempre il business e dunque tendenzialmente si porterà la rete di nuova generazione, che costa tantissimo, là dove il guadagno è garantito, lasciando quella vecchia dove non c'è remunerazione. Respingiamo questo sistema, in quanto riteniamo che tutto il Paese debba essere dotato della stessa tecnologia, per partire tutti allo stesso modo e poi lavorarci sopra.
Se già in partenza emergono rischi di questo tipo, è preferibile continuare a lavorare con l'ADSL e portarla laddove ancora non esiste, evitando di creare nuove divisioni. Siamo quindi favorevoli a una nuova generazione di rete, evitando però gli errori fatti con il progetto «Socrate». Se quel progetto fosse stato realizzato, forse l'Italia sarebbe stata la nazione più all'avanguardia nel mondo; eravamo con il piede giusto, ma poi per motivi economici è stato fermato tutto. Non dobbiamo ripetere lo stesso errore.

JONNY CROSIO. Signor presidente, tengo al parere di Adiconsum, perché lo ritengo molto importante.
La mia domanda è se, a questo punto, non si ritenga di poter trovare un punto di equilibrio. Difatti, se rapportiamo questo sistema di trasporto dati ad un sistema di trasporto merci, in poche parole ci state chiedendo di togliere le strade comunali e provinciali, per realizzare solo autostrade su tutto il Paese, forse con una visione un po' localistica per quanto riguarda la programmazione.
Sono abbastanza imbarazzato da questa vostra affermazione, poiché credo che le grandi autostrade servano per trasportare le merci dove queste ultime hanno necessità di transitare. Provenendo da una valle in cui si trasportano merci, ma anche dati, posso sicuramente affermare che i 100 megabit al secondo possono servire come dorsale laddove esistono industrie o quant'altro. Mi risulta più difficile concepire una banda ultralarga a copertura dell'intero Paese, anche se sarebbe bello poter adottare il modello giapponese. La domanda, in definitiva, è sul principio economico che si dovrebbe adottare, su come si pensa di poter investire, su quale sistema di investimento occorra programmare per arrivare a tale soluzione. Certo, si tratterebbe di una soluzione ottimale, ma noi come politici e amministratori ci chiediamo come sia possibile realizzarla. La richiesta è legittima, ma vi chiedo se sapete dove possa stare la soluzione.

MARCO PIERANI, Responsabile relazioni esterne istituzionali di Altroconsumo. Bisogna guardare alle cose con un approccio molto concreto, ma anche sapere che parliamo di un futuro che può essere utile a tutti. Quindi, quando l'ho definito un bene comune al quale tutti gli operatori di telecomunicazione, assieme a tutti gli operatori commerciali, le istituzioni, i cittadini devono pensare di dover contribuire, perché ciò significherà far compiere un passo avanti al Paese, intendo dire che occorre portare tutti allo stesso livello, poiché quelle velocità serviranno a tutti in futuro. Se non le abbiamo, non possiamo neanche sapere che cosa abbiamo perso.
In altri Paesi sicuramente tutto ciò si sta facendo grazie all'adozione di modelli più dirigistici, che non sono propri del nostro Paese. La quadratura del cerchio è difficile, come dicevo, perché dobbiamo trovare un modello in cui coesistano competitività e concorrenza nel mercato, dove non prevalga l'approccio dirigistico e che comunque consenta di avere una rete sola,


Pag. 25

alle condizioni tecnologiche che sono state dette, utile al Paese per il proprio futuro.
Il modello giuridico si può trovare, purché ci si convinca che si tratta di un sistema che serve a tutti. Bisogna che ci dimentichiamo di cercare di ottenere qualcosa per il business a breve, ad esempio con l'ex monopolista che utilizza il proprio accesso nel modo attuale. Tutti devono pensare che l'NGN è utile al business di tutti. Tutti, naturalmente, si faranno poi concorrenza. In sintesi, questo è il modello che vorremmo.

PRESIDENTE. Nel ringraziare i rappresentanti di Adiconsum, di Altroconsumo e più in generale il CNCU, dichiaro conclusa l'audizione e sospendo brevemente la seduta.

La seduta, sospesa alle 15,15, riprende alle 15,20.

Audizione di rappresentanti della Federazione industria musicale italiana (FIMI).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'assetto e sulle prospettive delle nuovi reti del sistema delle comunicazioni elettroniche, l'audizione di rappresentanti di FIMI (Federazione industria musicale italiana).
Do la parola al presidente della Federazione industria musicale italiana (FIMI), Enzo Mazza.

ENZO MAZZA, Presidente della FIMI. Signor presidente, ringrazio lei e i componenti della Commissione, per averci dato l'opportunità di intervenire in questa indagine conoscitiva.
La FIMI è la federazione che in Italia rappresenta le maggiori imprese del settore discografico. Il nostro obiettivo, oggi, è quello di evidenziare problematiche e prospettive di sviluppo del mercato dei contenuti, nel contesto delle reti digitali e con particolare riferimento alle reti di nuova generazione.
Il settore musicale, come è noto, sta vivendo una profonda trasformazione collegata alla cosiddetta rivoluzione digitale. Siamo di fronte a una mutazione strutturale, non solo a livello di imprese, ma soprattutto a livello di modelli distributivi e, più in generale, alla diffusione di contenuti musicali nelle reti di telecomunicazioni.
Credo che tutti abbiamo qualche esperienza legata alle reti digitali e sappiamo che oggi attraverso di esse un consumatore, a seconda delle proprie necessità, può acquistare un singolo brano, scaricare un intero album, guardare (spesso anche gratuitamente, grazie alla pubblicità) un video o il concerto di un artista sul computer, ascoltare migliaia di brani segnalati da altri utenti della rete, conoscere nuovi gruppi musicali attraverso i siti cosiddetti social networking, scambiare impressioni e sensazioni su forum e chat, intervenire nell'ambito dei siti degli artisti. Le potenzialità della rete sono di fronte agli occhi di tutti.
A livello mondiale, per avere qualche numero di riferimento, l'offerta di contenuti musicali «liquidi», come li definiamo (cioè scaricabili attraverso download a piattaforma per la vendita di brani, o visionabili attraverso i siti di streaming video, come Youtube), ha raggiunto, nel 2007, il valore di circa 3 miliardi di dollari complessivamente, con una crescita del 40 cento rispetto all'anno precedente. Sicuramente si tratta di un valore ragguardevole, se confrontato con quello del 2003, dove il fatturato digitale per l'industria musicale era, di fatto, pari a zero. Oggi abbiamo più di 6 milioni di titoli disponibili su oltre 500 piattaforme legali per il download e ogni mese vengono annunciati nuovi servizi online, o anche a livello di telefonia mobile.
Il mercato mondiale rappresenta ormai il 15 per cento del totale delle vendite di musica e la media varia, a seconda dei mercati: negli Stati Uniti abbiamo ormai circa il 30 cento del totale fatto di musica scaricata dalla rete o dalla telefonia mobile; nel Regno unito la quota è di poco superiore al 12 per cento; in Italia, nel


Pag. 26

2007, l'offerta digitale ha fatturato 14,5 milioni di euro, tra mobile ed Internet, rappresentando il 7 per cento del totale. Tutta l'area del digitale ha mostrato un incremento del 26 cento nel fatturato del comparto, con particolare riferimento all'offerta di brani musicali e di album scaricabili da siti ufficiali, quindi da reti digitali e, in particolare, da Internet.
Nel primo semestre 2008, secondo i dati di Deloitte, che cura la revisione delle certificazioni dei dati ufficiali del settore, la musica digitale ha raggiunto i 7 milioni di euro, pari a circa il 10 per cento di tutte le vendite di musica registrate in Italia. Prosegue dunque la crescita di questo particolare segmento, che però per i suoi volumi non è ancora in grado di compensare il calo di vendita del mercato tradizionale (soprattutto dei CD), che cala costantemente dal 2000. Negli ultimi anni, la contrazione addetti è stata di oltre il 40 cento, con un calo del fatturato del segmento tradizionale pari al 35 per cento.
Tale crisi economica, insieme alla pirateria dilagante e a un'imposizione tributaria svantaggiosa, sta compromettendo la crescita e lo sviluppo del mercato musicale. Per questo motivo riteniamo opportuno che le istituzioni tutelino questo servizio tramite politiche pubbliche mirate al rilancio del made in Italy musicale nel mondo.
In questo contesto, è evidente che Internet e, in particolare, la banda larga rappresentano un fattore rilevante per il nostro settore. È interesse delle industrie che producono contenuti evidenziare la necessità di un forte impulso allo sviluppo della connettività e alle politiche di incentivazione dei contenuti online.
Suppongo che la Commissione abbia già svolto incontri sul tema, ma l'Italia sconta un rilevante distacco nella diffusione a banda larga e perfino nella penetrazione di personal computer, con numeri preoccupanti, soprattutto a livello di collegamenti per famiglie, ovvero una parte essenziale dei consumatori di contenuti di intrattenimento. Secondo i dati di EUROSTAT per il 2007, l'Italia è posizionata nelle retrovie, con una penetrazione inferiore al 48 per cento per disponibilità di PC nelle famiglie e inferiore al 25 per cento per broadband. Come noto, inoltre, la banda larga nel nostro Paese tanto larga non è, visto lo stato delle connessioni stesse in termini di qualità della trasmissione.
Per noi è fondamentale che qualsiasi intervento istituzionale da parte del Parlamento e del Governo affronti la questione della diffusione dei contenuti creativi e dello sviluppo delle imprese che tali contenuti producono. A nostro avviso, le reti di nuova generazione costituiranno l'infrastruttura determinante per la distribuzione di contenuti di intrattenimento.
Quello che già oggi osserviamo nel settore della musica, con milione di files scaricati online, legalmente e - purtroppo - soprattutto illegalmente, sarà presto una realtà anche per altri settori. Qualsiasi impegno programmatico della politica dovrà mettere i contenuti al centro della strategia. Per troppi anni, infatti, i Governi che si sono succeduti hanno pensato solo ai contenitori e quindi sono stati dati incentivi ai cavi, agli apparecchi, ma nulla sul piano del contenuto, che per noi rappresenta invece l'elemento determinante. I consumi di contenuti e il rapporto con le nuove tecnologie legate ai prodotti creativi sono mutati. La nostra federazione, che è uno dei partner dell'Osservatorio sui contenuti digitali, ha affrontato nel dettaglio i mutamenti in corso. Vi è sempre una più elevata penetrazione delle nuove tecnologie digitali a livello di nuove generazioni e di consumatori di età più adulta, con le quali si possono reperire informazioni di ogni tipo, attraverso strumenti digitali differenti. Soprattutto, è possibile farlo in qualsiasi luogo e in qualsiasi momento della giornata.
È completamente cambiato per il consumatore non solo il modo di accedere ai contenuti culturali di intrattenimento, ma anche l'utilizzo che viene fatto degli strumenti per accedere ad essi, così come sono cambiati i modelli della rete. Parliamo di forum, chat, instant messaging con cui poter comunicare con altri appassionati di musica, siti social networking che stanno esplodendo sotto il profilo della condivisione di


Pag. 27

immagini, esperienze, pensieri, per non parlare delle tecnologie mobili di nuova generazione.
La musica è sempre più diffusa nelle reti e sempre più appaiono nuovi modelli di business che consentono ai contenuti musicali di raggiungere i consumatori e di incontrarne le preferenze. Siamo un settore tradizionalmente legato al supporto fisico - il CD, la musicassetta, la trasmissione radiofonica e televisiva - ma oggi abbiamo mediamente 40 formati diversi con i quali viene lanciata una nuova canzone sul mercato, formati che sono adattabili a tutti ai diversi scenari nei quali il brano musicale può essere ascoltato, visto nel caso di un video, oppure condiviso
Per noi è urgente e necessario elaborare una strategia del Paese che favorisca non solo un accesso più vasto della popolazione alla rete, ma che consenta, da un lato, di utilizzarla per la loro distribuzione legale, dall'altro, di esportare i contenuti creativi italiani nel mondo. Oggi solo grandi Paesi come gli Stati Uniti e il Regno Unito hanno imprese che distribuiscono contenuti sul piano globale, adottando modelli di business innovativi, mentre in Italia questi contenuti e queste società sono rarissimi, o del tutto assenti. Riteniamo che si debba realizzare un piano di sviluppo dell'e-content, che preveda un intervento contestuale sulle reti e su ciò che in esse dovrà transitare.
Il Governo britannico, di recente, ha lanciato un piano di lavoro per le scuole con l'obiettivo di sviluppare nuovi talenti nell'èra della multimedialità assoluta. Anche questo potrebbe essere un esempio sul quale lavorare per fare in modo che le nuove generazioni utilizzino al meglio le reti digitali, ma soprattutto svolgano un'attività positiva nell'utilizzo dei contenuti creativi e diventino essi stessi protagonisti della distribuzione digitale.
Le reti e i contenuti dovranno essere anche strutturalmente separati. Riteniamo fondamentale che le imprese che gestiscono le reti non siano anche fornitori del contenuto, così da garantire che non si generino posizioni dominanti, con riflessi sul piano distributivo. Se lo stesso operatore controlla i cavi e controlla il contenuto, la negoziazione con chi produce il contenuto diventa, evidentemente, molto complicata.
Le imprese che producono contenuti e che rappresentano la produzione culturale italiana, nel nostro caso la musica, dovranno disporre di adeguati incentivi per mettere un sempre maggior numero di opere online. Si dovrebbe prevedere, quindi, un'adeguata politica fiscale per le imprese che producono e digitalizzano il contenuto. Abbiamo cataloghi immensi di musica italiana che, ancora oggi, non sono stati digitalizzati, mentre lo sono già, e sono parecchio avanti, i grandi cataloghi internazionali. Ciò deve avvenire sia per le imprese che producono i contenuti, sia per quelle che adottano modelli distributivi innovativi: piattaforme di download, di social networking, di accesso a questi contenuti nel senso più vasto.
Per queste ragioni le politiche pubbliche dovrebbero essere indirizzate verso azioni di tipo regolamentare, finalizzate a rendere più chiare e omogenee le norme che guidano il corretto funzionamento del mercato e verso azioni per sostenere lo sviluppo, sia con incentivi all'offerta per incoraggiare la domanda di accesso, sia mediante la promozione di iniziative legate ad alcuni specifici segmenti.
Allo stesso tempo, riteniamo fondamentale anche il nodo della sicurezza e della difesa dei contenuti digitali. In Europa assistiamo a un deciso miglioramento nel numero di utenti che si avvalgono di piattaforme legali per acquistare musica. Invece, in Italia e in Spagna esiste ancora un'eccessiva diffusione abusiva. Se la media mondiale è di una canzone originale scaricata ogni trenta, in Italia siamo uno a cinquanta. Anche le recenti operazioni della Guardia di finanza hanno evidenziato un'ampia offerta di contenuti protetti sulle reti peer to peer ed è pertanto necessario che, a fianco dell'azione di contrasto (che in Italia gode peraltro di un'ottima base normativa, come sempre scarsamente applicata, rilevandosi un insufficiente enforcement, soprattutto da parte della magistratura) vengano adottate campagne istituzionali di educazione degli utilizzatori


Pag. 28

della rete. È necessario inoltre che i service provider coprano attivamente, nel contrasto, l'offerta legittima e, quindi, la centralità del diritto d'autore, della proprietà intellettuale e dei contenuti creativi, che rappresentano asset strategici proprio per il futuro delle nostre economie e, soprattutto, per gli aspetti già evidenziati in precedenza e relativi alla creatività attraverso le reti digitali.
Francia e Regno Unito stanno compiendo progressi significativi, con i service provider coinvolti nel contrasto alla pirateria e nell'educazione degli utenti, ovviamente senza che questi siano trasformati in poliziotti della rete. Invece, nel nostro Paese, come constatiamo quotidianamente, è ancora ampiamente percepito l'assunto per il quale, una volta che si accede alla rete, tutto ciò che in essa si trova sia legalmente fruibile. Alla diffusione di tale aspettativa tra gli utenti ha contribuito negli anni una forte e colpevole complicità delle imprese di telecomunicazioni, il cui obiettivo evidentemente era vendere connessioni, indipendentemente dai contenuti.
Credo che questo stato di cose debba cambiare, che le applicazioni di regole e le azioni di sensibilizzazione sull'uso dei contenuti in rete debbano prevalere, affinché questo mercato, elemento determinante proprio per l'economia dei media, possa decollare, concretizzarsi e coinvolgere tutta la filiera e tutti gli operatori del settore, cioè coloro che producono contenuti, coloro che li distribuiscono, società di telecomunicazioni e istituzioni pubbliche.

PRESIDENTE. Grazie, presidente Mazza.
Dichiaro conclusa l'audizione e sospendo brevemente la seduta.

La seduta, sospesa alle 15,35, riprende alle 15,40.

Audizione di rappresentanti dell'associazione delle emittenti locali per la libertà e il pluralismo nell'informazione (ALPI).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'assetto e sulle prospettive delle nuove reti del sistema delle comunicazioni elettroniche, l'audizione di rappresentanti dell'associazione delle emittenti locali per la libertà e il pluralismo nell'informazione (ALPI).
Do la parola al dottor D'Alessandro, direttore tecnico dell'associazione ALPI.

BERNARDO D'ALESSANDRO, Direttore tecnico dell'associazione ALPI. Desidero ringraziare la Commissione prima di esporre, anche a nome del presidente del gruppo Telenorba, ingegner Luca Montrone, il punto di vista dell'associazione sulle infrastrutture che riteniamo necessarie per la diffusione della banda larga e sui contenuti da veicolare per il suo tramite.
Il processo di conversione e di convergenza al digitale mette in gioco diversi soggetti operanti nel settore delle telecomunicazioni e dell'Information and Communication Technology. Si pensi, ad esempio, agli operatori di reti, ai fornitori di tecnologia, ai fornitori di contenuti ed altri.
Nessuno, oggi, discute il ruolo dell'ICT nel promuovere l'innovazione, né tantomeno lo stretto legame esistente tra innovazione e produttività. D'altra parte, la mutazione del paradigma di Internet dal vecchio web 1.0 (ossia la mera consultazione di informazioni in rete), all'odierno web 2.0 (cioè la diffusione capillare delle cosiddette «social networks») e, tra poco, al web 3.0 (ossia la pervasività degli accessi fissi e mobili e la piena integrazione del mondo fisico e dei mondi virtuali), è destinata ad incidere fortemente su tutte le filiere produttive. L'ammodernamento delle reti di accesso ai sistemi ed ai servizi di TLC per seguire l'evoluzione di Internet è dunque una questione centrale per lo sviluppo economico del Paese.
Voglio ora soffermarmi sul ritardo nella banda larga e sulla crisi dei gestori dominanti. Mentre il mondo cambia, l'Italia vive un problema di arretratezza, quello della diffusione della banda larga. Stante la vocazione dell'Italia di mantenersi nel gruppo di testa dei paesi europei,


Pag. 29

è significativo il raffronto con i cosiddetti EU Big Five più che con le consuete medie europee EU-15 e EU 25. Secondo dati Ocse nel 2006 la percentuale delle famiglie dotate di accesso a banda larga - DSL o fibra ottica - era in Italia il 16,2 per cento, contro il 29 per cento della Spagna, il 30 per cento della Francia, il 33 per cento della Germania e il 43 per cento del Regno Unito.
Un rapporto della Commissione europea pubblicato da poco non solo indica che tra i cinque grandi dell'Unione europea l'Italia ha oggi il valore più modesto di penetrazione - numero di clienti della banda larga per cento abitanti - (cioè il 17 per cento), ma presenta anche il più basso tasso di crescita annuale (2,7 per cento). Il confronto con la penetrazione media negli altri quattro grandi Paesi, poi, evidenzia un progressivo ritardo dell'Italia (lo scostamento era pari al 2,55 per cento ad inizio 2006, divenuto il 4,35 per cento nel gennaio 2007 il 5,7 per cento a gennaio scorso). Pertanto il divario, almeno nel breve termine, sembra essere destinato a crescere in assenza di provvedimenti tempestivi, mirati ed efficaci.
D'altra parte numerosi Paesi europei vivono la crisi dei gestori dominanti causata dalle incertezze di prospettive industriali e dal forte gravame del debito accumulato nel trascorso decennio e, come noto, Telecom Italia non fa eccezione. A causa di questi fattori si manifesta una progressiva sfiducia dei mercati: alto indebitamento, insufficiente capitalizzazione, incertezza del quadro regolamentare, defocalizzazione dei piani industriali, tutti elementi che concorrono a generare sfiducia e disincentivare gli investimenti.
Chi potrà in questo quadro accollarsi gli ingenti oneri connessi all'ammodernamento della rete d'accesso? L'investitore privato necessita di prospettive di crescita, quanto meno a medio termine (5 anni), che consentano di pianificare il ritorno dell'investimento. Molti Stati, d'altra parte, hanno da tempo imboccato il percorso della privatizzazione delle reti e della liberalizzazione dei servizi, demandando ad autorità indipendenti la definizione, il rispetto e il controllo delle regole. Ciò viene ritenuto generalmente in conflitto con l'intervento diretto dello Stato in questa settore.
Vorrei porre ora l'accento sulla necessità di un nuovo ruolo dello Stato nelle telecomunicazioni. Come ha scritto in modo esplicito e chiaro un anno fa sul Financial Times il guru americano delle TLC, Eli Noam in occasione della Public Telecoms 2.0 (aggiornamento sulla situazione statunitense): «è venuto il tempo di aprire un nuovo dibattito sul ruolo dello Stato nella prossima generazione delle comunicazioni elettroniche (..). Ciò che sembra emergere ora è un sistema di comunicazioni con un network provider centrale circondato da più piccoli gestori di infrastrutture e servizi. Il gestore centrale, in virtù della sua dimensione e importanza, sarà trattato sempre più come una forma di utility». Si tratta di una visione di intervento dello Stato forse in Europa non praticabile in forma estrema, ma che sarebbe bene considerare senza preclusioni ideologiche.
Occorre prendere piena consapevolezza che la rete di accesso a banda larga è un'infrastruttura fondamentale non replicabile, sia per il suo alto costo (in Italia valutato tra i dieci e i quindici miliardi di euro), che per l'ovvia impossibilità di richiedere al cliente finale di consentire l'accesso fisico alla propria abitazione da parte di più gestori per il solo scopo di facilitare forme di competizione infrastrutturale: anzi, le opere civili richieste per implementare le reti di accesso alle proprietà individuali e condominiali esistenti vengono spesso comunque osteggiate e sono di difficile realizzazione. Se il ciclo delle telecomunicazioni non fosse oggi ben attestato nella fase della privatizzazione, nessuno discuterebbe il ruolo dello Stato nell'allestimento di una grande opera di interesse pubblico quale è la rete d'accesso a banda larga di futura generazione (NGN - Next Generation Networking).
Per caso, qualcuno dubita di questo ruolo per le grandi arterie viarie, per le reti di trasporto ferroviario, per i lavori di urbanizzazione, per gli ospedali? Anche la


Pag. 30

NGN è una grande infrastruttura civile: si stima, infatti, che le opere civili ad essa connesse richiedano fino all'80 per cento degli investimenti. Tali opere andrebbero scorporate dallo sviluppo degli impianti di telecomunicazioni e gestite secondo le stesse logiche usate per i grandi appalti nazionali. Ciò comporterebbe numerosi vantaggi. L'investimento per opere civili, per un importo oscillante tra gli otto e i dodici miliardi di curo nell'arco di un quinquennio (quindi una legislatura), potrebbe fare ricorso, se associato ad un convincente piano di business a medio-lungo termine, ad una significativa leva finanziaria con residuo onere diretto a carico dello Stato che possiamo stimare in circa cinquecento milioni di euro per anno, l'equivalente di soli venti chilomentri di autostrada.
La proprietà condivisa Stato-comuni dell'infrastruttura nel sottosuolo potrebbe essere messa a gara tra i gestori interessati, non solo l'incumbent, ma anche altri operatori in forma individuale o consorziata. Tra le varie opzioni praticabili potrebbe risultare preferibile l'affitto a lungo termine, secondo un approccio simile alle concessioni dello spettro radio o alle forme di affitto a privati del sottosuolo per novantanove anni (autorimesse sotterranee, fondamenta di edifici su suolo comunale, ed altro).
Una rete infrastrutturale di condotti per NGN dovrebbe attestarsi da un lato alle centrali d'utente (stadi di linea) di Telecom Italia, oggi già in grande maggioranza connesse alla rete di trasporto mediante fibra ottica, e dall'altro al marciapiede, lasciando aperte alle scelte degli operatori di telecomunicazioni tutte le opzioni impiantistiche (FTTC, FTTB, FTTH); le opere civili residuali di adattamento al progetto esecutivo rimarrebbero a carico del gestore affidatario.
L'infrastruttura di condotti potrebbe essere messa a disposizione degli operatori di telecomunicazioni a lotti, ossia in modo non dissimile da quanto già fatto con la gara per l'assegnazione delle licenze WiMAX. Le grandi aree urbane potrebbero essere suddivise in quartieri da accorpare in lotti bilanciati con città più piccole e con zone suburbane e rurali di minore interesse commerciale, bilanciando così il valore dei lotti e stabilendo una regolamentazione di gara atta a favorire la copertura del servizio in tutte le zone del Paese. Sì promuoverebbe uno sviluppo armonico della rete a banda larga non soltanto nelle aree metropolitane di maggior pregio, mitigando così i rischi di «digital divide», problema serio soprattutto in alcune aree del Paese. L'organizzazione in lotti bilanciati della rete di condotti avrebbe anche un importante vantaggio pro-competitivo. La NGN non risulterebbe a disposizione del solo incumbent e ciò consentirebbe all'autorità di regolamentazione una più agevole sorveglianza su prezzi e qualità del servizio. Certo, non si avrebbe una «competizione infrastrutturale», di per sé non praticabile nel caso in questione, ma ne deriverebbero quanto meno innegabili vantaggi di maggiore trasparenza nell'erogazione del servizio di accesso da parte di più soggetti.
Oggi, con le severe condizioni al contorno del problema dello sviluppo della banda larga in Italia, una via quanto meno da studiare è rappresentata da un forte e convinto impegno dello Stato nella realizzazione della nuova infrastruttura fisica per la banda larga, in forme consentite dalle regole comunitarie. Un approccio come quello qui delineato richiederebbe un limitato impegno finanziario pubblico, ritorni potenzialmente interessanti per gli investitori, condivisione del rischio tra numerosi attori finanziari e industriali, promozione della competizione sui servizi, oltre al rilancio del comparto delle telecomunicazioni e agli innegabili vantaggi per i cittadini e per le imprese.
Sicuramente i nuovi mezzi di comunicazione, Internet, Tv-Web o telefonia mobile, sono destinati a cambiare il settore. Difatti la valenza strategica della banda larga non risiede solo nei ricavi che genera la connettività a banda larga, ma in massima parte nel suo connotato di infrastruttura abilitante per l'integrazione dei servizi e la distribuzione di una gamma sempre più ampia di servizi convergenti:


Pag. 31

televisivi, di telecomunicazione, informatici e programmi on demand. Il confronto competitivo si sposterà, di conseguenza, sempre di più verso la capacità di confezionare ed impacchettare i diversi contenuti e servizi all'interno del mondo IP (Internet Protocol).
Difatti, come già accade negli Stai Uniti grazie alla banda larga, all'interno di un'unica piattaforma IP si possono veicolare tutte le offerte: TV su Internet, Voce, Dati (servizi per le aziende), sicurezza per i privati e per le aziende mediante sistemi di telecontrollo. Attraverso la banda larga, pertanto, si potrà godere di programmi televisivi ad alta definizione, considerato che la codifica di compressione per la trasmissione dei segnali digitali ad alto bitrate, quale H264, consente di ottenere con soli 9 Mbit/s una trasmissione di un segnale video full HD 1920x1080, ovvero la massima definizione consentita dai nuovi schermi LCD e al plasma. Quindi, gli utenti potrebbero fruire del wide screen 16:9 con la possibilità di guardare documentaristica e programmi televisivi in genere con una definizione di gran lunga superiore - quadrupla - rispetto a quella attuale, corrispondente a 720x576.
Oltre alla normale Tv Digitale Terrestre l'utenza dotata della connessione a banda larga potrà beneficiare di un ulteriore strumento di intrattenimento, il personal computer. C'è quindi la possibilità concreta che il personal computer diventi l'home entertainment box (cioè il sistema di intrattenimento casalingo), nel quale all'interno di una piattaforma media center (facendo riferimento ad alcune proposte già disponibili sul mercato) vengono messi a disposizione dell'utente tutti gli applicativi. Il computer e la Tv quindi diventano una sola cosa: i film, oltre che essere visti live diffusi da un content provider ad essi dedicato, potranno essere scaricati dalla rete con qualsiasi livello di qualità video. È quindi plausibile che il personal computer in futuro diventi il mezzo dal quale poi seguire tutti i programmi televisivi, anche quelli in diretta come i telegiornali e gli eventi di rilievo nell'ambito delle diverse tematiche legate al territorio.
Ci siamo anche chiesti, come rappresentanti di diverse televisioni locali in tutta Italia, su quali argomenti vorrebbero essere informati i cittadini. Sono ormai tanti anni che in tutto il Paese si registra una costante crescita di attenzione nei confronti delle emittenti radio-televisive a diffusione regionale o super regionale, quindi comunque locali. Ad attirare è soprattutto la cronaca (è molto attraente, anche a detta di diversi studiosi di sociologia, leggere notizie su persone conosciute o che magari, abitando vicino a noi, rischiamo di aver incrociato almeno una volta; così come è eccitante riconoscere in foto o al TG luoghi visti o frequentati), ma anche l'economia, lo spettacolo e tutti i temi che possono diventare argomento di conversazione tra amici o in luoghi di ritrovo. Molto richiesta è anche la politica, soprattutto perché i fruitori considerano poco imparziale l'atteggiamento degli operatori broadcast nazionali e preferiscono pertanto confrontare l'informazione fornita dalle emittenti nazionali con quella garantita dalle emittenti private locali.
Le motivazioni di questo crescente interesse sono abbastanza scontate: da un lato il surplus di informazione nazionale, dall'altro il bisogno di conoscere quello che tocca da vicino la realtà della nostra vita di tutti i giorni.
Credo sia opportuno accennare all'importanza delle imprese televisive locali e fare alcune considerazioni sull'antitrust - organo sul quale l'ingegner Montrone aveva già fornito ragguagli nel 2007, evidenziando le problematiche legate al duopolio televisivo Rai-Mediaset -, ma, dato il poco tempo ancora a mia disposizione, chiedo al presidente il permesso di far riferimento alla seconda parte del documento che ho messo a disposizione, concentrando il mio intervento sulle considerazioni riguardanti la banda larga.
L'importanza delle emittenti televisive locali è un dato, almeno per gli addetti ai lavori, abbastanza assodato, perché i cittadini vogliono essere informati e quindi utilizzano moltissimo l'emittenza televisiva locale e confrontano le informazioni così apprese con quelle diffuse dai broadcaster


Pag. 32

nazionali. Pertanto anche per la banda larga si può far riferimento alla miriade di contenuti già prodotti dalle Tv locali con i programmi informativi (l'intrattenimento, la cronaca, lo sport ed altro) con una caratterizzazione prevalentemente legata al territorio.
L'ALPI, rappresentando diverse aziende televisive operanti sul territorio italiano, vuole evidenziare l'importanza del ruolo svolto dalle imprese televisive regionali e super-regionali per lo sviluppo del Paese. Noi riteniamo che le imprese televisive a carattere locale, con la loro capacità di fornire contenuti informativi legati al territorio, siano uno stimolo alla diffusione del digitale in tutte le sue applicazioni. Tale importanza è stata ampiamente dimostrata nel settore televisivo. Pertanto, le varie Tv locali potranno rappresentare anche per la banda larga l'occasione per la crescita delle piccole e medie imprese e quindi dell'economa locale e nazionale, a condizione però che sia regolamentato il settore e che non sorgano situazioni di dominanza sul mercato. La nostra grande preoccupazione infatti, è che anche la regolamentazione del settore della banda larga porti alla situazione del settore televisivo sia per la trasmissione analogica che per quella digitale. In particolare, chiediamo di regolamentare il sistema perché tuteli le imprese d'informazione locale, quali le Tv regionali, evitando situazioni di dominanza. Difatti, per poter garantire il pluralismo dell'informazione il sistema necessita non soltanto dell'esistenza di tante voci, ma soprattutto della reale possibilità che esse possano esprimersi senza venire emarginate da concentrazioni. Soltanto in tal modo la pluralità di voci potrà effettivamente tradursi in pluralismo e soltanto così i cittadini potranno avere la concreta possibilità di scelta tra una molteplicità di fonti informative.
Per quanto riguarda il sistema televisivo italiano, rinvio a quanto detto dall'ingegner Montrone nella relazione resa nel 2007, segnatamente per quanto riguarda la percentuale del mercato pubblicitario e ai prezzi molto bassi della pubblicità.
In conclusione, secondo noi bisognerebbe adottare misure antitrust anche per la banda larga. Abbiamo evidenziato i problemi del settore televisivo perché riteniamo che anche per la banda larga si possano verificare situazioni di dominanza per i broadcaster nazionali presenti che, disponendo di risorse economiche ingenti, acquisirebbero direttamente dai provider una considerevole percentuale di banda non consentendo così ai broadcaster locali di poter usufruire dello stesso servizio o di avere una banda minima residua garantita, come sta già avvenendo nel settore televisivo, dove infatti esiste una situazione di dominanza. Pertanto è necessario che vengano adottate misure antistrust che dispongano un limite percentuale massimo di occupazione di banda. Anche se si parla di fibra ottica, la banda non è infinita ed inoltre per il cavo tradizionale permane il problema dei backbone, cioè della distribuzione di flusso che non può comunque superare un certo bit-rate. Si dovrebbe allora mettere un limite per gli operatori broadcasting nazionali, garantendo una congrua percentuale di banda per gli operatori broadcasting locali.
Così come già previsto per il sistema TV, anche per la banda larga chiediamo che per i fornitori di contenuti nazionali vengano adottate norme che vietino la raccolta della pubblicità locale, perché questo - come già sottolineato dalla relazione dell'ingegner Montrone - danneggia l'economia locale e quindi le piccole e medie imprese che costituiscono il motore dell'economia nazionale. Chiediamo inoltre la fornitura di servizi interattivi e multimediali di qualsiasi tipo a carattere locale, diretti sia alle aziende private che agli enti locali.
I broadcaster nazionali che accedono alla banda larga dovranno avere un unico contenuto per tutta la nazione e un unico messaggio pubblicitario trasmesso in contemporanea, con il divieto assoluto di fornire servizi interattivi, consultativi e multimediali in genere a carattere locale.
Passando ad esaminare qualche esempio di rete a banda larga oggi esistente, ricordo Fastweb, che offre un'ampiezza di banda di 4-6 megabit al secondo, e Alice di Telecom. In particolare Fastweb veicola contenuti di


Pag. 33

network nazionali (Rai 1, Rai 2, Rai 3, Retequattro, Canale 5, Italia 1, LA7 e MTV), ma anche video on demand (VOD), ossia film su richiesta, programmi per ragazzi, tra i quali spiccano quelli provenienti da network stranieri ed in particolare americani (Warner, Cartoon network, Disney channel, ed altri) ed altri programmi ancora. Fastweb è in qualche modo erede dalla vecchia Stream, piattaforma nata adattando la rete in fibra ottica prevista dal «progetto Socrate» e realizzata con investimenti pubblici.
Auspichiamo in tempi brevi, soprattutto perché l'innovazione è un'occasione di crescita dei servizi e dei contenuti, che intervenga una regolamentazione a tutela delle emittenti locali, regionali e super regionali.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

SETTIMO NIZZI. Nelle vostre proposte citate il limite di bit sul cavo, su cui le chiederei un chiarimento. Vorrei inoltre sapere se non ritiene che i divieti di raccolta della pubblicità siano in contrasto con la normativa europea.

BERNARDO D'ALESSANDRO, Direttore tecnico dell'associazione ALPI. Il problema è il seguente. Dalla ricerca svolta dall'ingegnere riguardante la televisione emerge come le aziende locali siano state oppresse dal duopolio, perché purtroppo quando i broadcaster nazionali utilizzano le infrastrutture, veicolano la pubblicità a prezzi molto bassi. A prova di ciò è mostrato il confronto con il resto d'Europa. Il limite che si imporrebbe riguarda soprattutto i broadcaster nazionali, che si confrontano nell'offerta con chi produce programmi televisivi. Non si tratta quindi del content provider, sic et simpliciter, ma del broadcaster che, oltre a diffondere sulla rete televisiva, in parallelo garantisce il servizio anche tramite il cavo. Questa è la nostra richiesta.
Fino a quando non si realizzerà la rete definitiva, anche tramite l'ausilio dei sistemi wireless, la banda non è illimitata e non c'è spazio per tutti, soprattutto all'inizio. Quando invece si realizzerà l'NGN 2, la Next generation advanced network, avremo la possibilità di usufruire di 50 megabit, laddove però questo significa che, se ogni utente a casa ha la connessione sul backbone o comunque sulla dorsale dell'operatore di rete, verificandosi flussi che superano le centinaia di terabyte al secondo non ci sarà subito posto per tutti. La nostra preoccupazione è che fino a quando non ci sarà posto per tutti, esistano comunque regole precise.
Infine, ricordo il discorso della regolamentazione volta a far crescere le aziende locali. Schiacciare le aziende televisive locali, con l'impossibilità di poter proporre progetti e soluzioni per gli enti locali, significherebbe far morire tante piccole e medie imprese.

SANDRO BIASOTTI. Signor presidente, intervengo brevemente solo per ricordare che il Popolo della Libertà è molto sensibile al tema delle televisioni locali, in quanto, anche dal punto di vista della conoscenza del dibattito politico, sono le uniche che possono raccogliere le istanze sul territorio. Chiedo agli auditi, per quanto possibile, di farci sapere, anche in tempi successivi, che cosa potremmo fare per dare loro una mano.
Ad esempio, una televisione ci ha messo al corrente della volontà di Rai3 di trasmettere telegiornali e dibattiti in orari diversi rispetto a quelli classici delle 14,00 e delle 19,30. Almeno in Liguria, ciò ha suscitato molte preoccupazioni. Da questo punto di vista, sarebbe cosa utile riuscire a tenerci in contatto.

PRESIDENTE. Ringrazio il rappresentante dell'associazione ALPI e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16,05.

Consulta resoconti delle indagini conoscitive
Consulta gli elenchi delle indagini conoscitive