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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione IX
14.
Mercoledì 22 ottobre 2008
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Valducci Mario, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'ASSETTO E SULLE PROSPETTIVE DELLE NUOVE RETI DEL SISTEMA DELLE COMUNICAZIONI ELETTRONICHE:

Audizione di rappresentanti di Confindustria:

Valducci Mario, Presidente ... 3 10 11 14 15
Barbareschi Luca Giorgio (PdL) ... 11
Beretta Maurizio, Direttore generale di Confindustria ... 10
Biasotti Sandro (PdL) ... 14
Galateri di Genola Gabriele, Delegato del presidente di Confindustria per le comunicazioni e lo sviluppo della banda larga ... 3 14
Guindani Pietro, Presidente di ASSTEL ... 6
Iapicca Maurizio (PdL) ... 13
Lorenzin Beatrice (PdL) ... 12
Misiti Aurelio Salvatore (IdV) ... 12
Simeoni Giorgio (PdL) ... 13
Tripi Alberto, Presidente di Confindustria per i servizi innovativi e tecnologici ... 4 14

Audizione di rappresentanti di Mediaset:

Valducci Mario, Presidente ... 15 21 22 23 24
Barbareschi Luca Giorgio (PdL) ... 21 23 24
Biasotti Sandro (PdL) ... 22
Confalonieri Fedele, Presidente di Mediaset ... 15 23 24
Fiano Emanuele (PD) ... 22 24
Landolfi Mario (PdL) ... 22
Nieri Gina, Consigliere d'amministrazione di Mediaset ... 24
Ricci Franco, Direttore generale operazioni RTI ... 24
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.

COMMISSIONE IX
TRASPORTI, POSTE E TELECOMUNICAZIONI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 22 ottobre 2008


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MARIO VALDUCCI

La seduta comincia alle 11,40.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, anche mediante la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di Confindustria.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'assetto e sulle prospettive delle nuove reti del sistema delle comunicazioni elettroniche, l'audizione di rappresentanti di Confindustria, ai quali do la parola.

GABRIELE GALATERI di GENOLA, Delegato del presidente di Confindustria per le comunicazioni e lo sviluppo della banda larga. Grazie, presidente e onorevoli deputati. Come sapete, sono qui in qualità di delegato della presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, che mi ha affidato il progetto «Comunicazioni e sviluppo banda larga». Vi ringrazio di averci dato la possibilità, insieme all'ingegner Tripi e al dottor Guindani, di esplicitare una posizione comune di Confindustria sullo stato dell'arte e sulle prospettive di sviluppo delle nuove reti di comunicazioni elettroniche.
La mia introduzione sarà brevissima, anche perché sappiamo che c'è un forte interesse da parte vostra a porci delle domande. Dopo questa mia introduzione parlerà il presidente di Confindustria Servizi innovativi e tecnologici, l'ingegner Alberto Tripi che, in assenza dell'ingegner Lucarelli - impossibilitato ad essere presente a causa del cambio di orario -, rappresenterà anche la posizione delle imprese del settore information technology. Infine, il presidente di ASSTEL, dottor Pietro Guindani, parlerà a nome delle aziende che forniscono servizi di comunicazioni elettroniche.
Preciso che la documentazione consegnata comprende anche il contributo dell'Associazione per i servizi, le applicazioni e le tecnologie ICT per lo spazio (ASAS), come ho indicato.
La delega che mi ha affidato la dottoressa Marcegaglia sul progetto della banda larga, come vi ho detto, e l'impegno stesso che ad esso la presidente sta dedicando testimoniano in maniera chiarissima la grande importanza che Confindustria attribuisce allo sviluppo delle nuove reti di comunicazioni elettroniche come infrastruttura strategica per il Paese e come asset fondamentale per lo sviluppo dell'economia.
Le relazioni che seguiranno, infatti, illustreranno bene come la diffusione della banda larga e l'utilizzo dei servizi innovativi da essa consentiti diano efficienza, produttività e competitività alla pubblica amministrazione, al sistema delle imprese, ma anche alla qualità alla vita dei cittadini. È inutile che io sottolinei l'importanza di tutto questo, soprattutto nella fase che stiamo vivendo dal punto di vista dell'andamento economico.


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Lascerei ora la parola, se il presidente consente, all'ingegner Tripi.

ALBERTO TRIPI, Presidente di Confindustria per i servizi innovativi e tecnologici. Ringrazio il presidente e auguro il buongiorno agli onorevoli deputati.
Voi avete ben individuato nella deliberazione della vostra indagine conoscitiva ciò di cui il nostro Paese in questo momento parla nel nostro campo. L'indagine conoscitiva, infatti, riguarda l'assetto e le prospettive delle nuove reti del sistema delle comunicazioni elettroniche. Non parliamo, quindi, solo dell'assetto tecnologico della banda larga, ma soprattutto di quali prospettive può avere l'introduzione più massiccia della stessa. Peraltro, abbiamo già la banda larga - il collega Guindani ne parlerà diffusamente - perché non è qualcosa che si introdurrà fra qualche anno. L'abbiamo, però, in misura ridotta rispetto a quello che sarebbe possibile.
La vostra richiesta di audizione dimostra l'interesse del Parlamento verso questo settore. Ringrazio particolarmente il presidente Valducci che ha voluto, insieme alla Commissione, intraprendere questa serie di incontri. L'interesse del Parlamento è paragonabile, fatte le dovute proporzioni, con l'interesse di Confindustria per questo settore. Voi avete sentito dal collega Galateri che Confindustria ha previsto una delega specifica per la banda larga.
La federazione che rappresento (Confindustria - Servizi innovativi e tecnologici) raggruppa più di 15 mila aziende, dalle aziende di telecomunicazioni (l'ASSTEL presieduta dal collega Guindani), alle aziende di information technology (avrebbe dovuto rappresentarle l'ingegner Lucarelli, ma si scusa di non essere presente a causa di un impegno personale non procrastinabile), alle aziende che fanno ingegneria, consulenza, marketing. Insomma, in totale si tratta di 15 mila aziende.
La stessa presidenza di Confindustria ha previsto la delega per il coordinamento dei servizi e delle tecnologie, a me assegnata, sapendo bene che non ci può essere sviluppo per un Paese senza che i servizi lo sostengano. In altre parole, tutti noi, quando andiamo in giro negli altri Paesi, avvertiamo come prima sensazione il livello della qualità della vita e dell'efficienza. Tale livello deriva proprio dai servizi che essi offrono: trasporti, telecomunicazioni, sanità, scuola e così via. Badate bene, le attività di questo tipo non sono delocalizzabili, quindi sono proprie della natura di un Paese.
Il Commissario Reding sostiene che il 50 per cento della crescita della produttività in Europa dipenderà dall'introduzione dell'information and communication technology, una delle basi attraverso la quale i servizi avanzati si possono concretizzare. Un Paese, dunque, è competitivo laddove ci sono servizi efficienti per le imprese e per i cittadini.
Senza dubbio, perché questi servizi possano essere efficienti, il sistema di telecomunicazioni è basilare. Tutti i servizi di un Paese, infatti, gravitano ormai intorno al sistema ICT, cioè information and communication technology. Noi siamo soliti fare un paragone, che probabilmente corre il rischio di essere irriverente verso la cultura che senza dubbio caratterizza questa sede. L'esempio è quello di una città nella quale i cittadini e le imprese sono in difficoltà perché non hanno l'acqua di cui avrebbero bisogno. L'amministrazione, allora, pensa di riformare l'insufficiente rete idrica. Oltre a pensare alla rete idrica, questa attenta amministrazione pensa anche alle fonti, ossia a quello che si dovrà mettere dentro questa rete idrica, la più perfetta al mondo, perché i cittadini e le imprese possano avere l'acqua.
Questo è quello che sta capitando in questo momento in Italia nelle telecomunicazioni. Specifico che quando parliamo di elettronica (io stesso sono ingegnere elettronico) nella nostra mente spesso facciamo riferimento ai sistemi idraulici, perché il flusso di bit è molto simile al flusso d'acqua. Ebbene, la banda larga si può paragonare a dei tubi dove può passare tanta acqua, ovvero tante informazioni.
Se, però, non pensiamo alle fonti, quindi ai servizi che potranno essere strutturati


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e meglio definiti con un aumento della capacità di trasmissione, probabilmente non si riuscirà a cogliere il senso di questa iniziativa, pure molto lodevole, in quanto dimostra quanto il Governo e il Parlamento sentano questo importante problema. L'obiettivo non è quello di realizzare una struttura tecnologica più avanzata possibile, ma quello di offrire servizi migliori alle imprese e ai cittadini. Questo è il nostro obiettivo.
Cosa facciamo come sistema imprenditoriale? Uno dei princìpi che ispira la nostra azione è che, prima di chiedere ad altri di fare qualcosa, dobbiamo tentare di farla noi stessi e contribuire con azioni utili al conseguimento degli obiettivi. Proprio nel settore del Coordinamento per i servizi e le tecnologie stiamo impostando alcuni progetti-Paese.
Pensiamo, ad esempio, alla sanità. Ho appreso dalla stampa, e ne sono rimasto favorevolmente impressionato, che si vuole prendere qualche modello campione per verificare come è gestita la sanità - ovviamente da un punto di vista dei flussi informativi, non certo della qualità dei medici, la cui verifica non ci compete - in Lombardia e, sulla base di quei modelli, impostare una serie di attività come, ad esempio, le gare pubbliche. La sanità, senza dubbio, non potrà migliorare - eppure di un miglioramento avremmo tanto bisogno! - se non si introducono moderni sistemi di telecomunicazioni, di informatica e di organizzazione. Diversamente rimarrà una grossa carenza informativa, con tutte le difficoltà che ne conseguono nel comprendere, ad esempio, il fenomeno degli sprechi.
Anche nel campo dei trasporti, infomobilità e logistica (cito solo i titoli dei progetti), vanno introdotti sistemi di telecomunicazioni, informatica e organizzazione. Per quanto riguarda la scuola, l'occasione è ottima per informarvi che domani, a San Pietro in Casale, piccolo paese vicino Bologna, la nostra federazione darà una dimostrazione di come una scuola - una scuola media in questo caso - può essere organizzata usando gli strumenti informatici non solo per insegnare agli alunni a usare Internet (obiettivo comunque importante), ma anche per insegnare loro le diverse materie (storia, matematica eccetera). L'informatica non è più, quindi, uno strumento fine a se stesso, ma la si può utilizzare per rendere più interattiva e completa la didattica.
La sicurezza è al centro di un altro progetto-Paese che stiamo sviluppando e che si occupa di sistemi come il teleavvistamento, la videosorveglianza e altri sistemi di sicurezza. Per quanto riguarda l'e-government, per descrivere quello che si potrebbe fare in questo campo occorrerebbero almeno due ore. Altri progetti-Paese riguardano la giustizia e tante altre materie.
Noi svilupperemo queste tematiche e queste proposte. Cosa ci aspettiamo dal Parlamento e dal Governo? Abbiamo due pilastri su cui basare lo sviluppo di questi progetti collegati all'implementazione della banda larga. Il primo è un progetto di government istituzionale. È nota l'esistenza del Comitato dei ministri per la società dell'informazione, che dovrebbe lanciare - come ha fatto e mi auguro continui a fare - queste priorità, verificando che i progetti possano essere attuabili e che abbiano le caratteristiche di utilità che tutti ci auguriamo. Proponiamo che a questo Comitato dei ministri per la società dell'informazione venga affiancato un comitato tecnico, al quale le imprese vorrebbero partecipare per fornire quei supporti tecnici di cui lo stesso Comitato, a mio avviso, avverte la necessità.
Il secondo pilastro è legato a un problema economico. I deputati sanno, senz'altro meglio di noi, quanto i fondi strutturali europei potrebbero aiutarci in questo campo. È bene che tali fondi, proprio approfittando della enormi opportunità aperte del federalismo, siano ben coordinati, in modo da poter essere spesi per attuare progetti-Paese. Richiamando l'esempio che ho citato prima per la sanità, se l'esperienza della Lombardia viene ripetuta in altre regioni (ma lo stesso vale anche per altre realtà, come ad esempio l'Umbria), usando proprio i fondi


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strutturali europei, essa potrà portare ad una diminuzione dei costi e ad una maggiore efficienza in tempi brevi.
L'ultimo aspetto, forse il più dolente in questo periodo, è il rapporto con le banche. I soggetti che più soffrono della lentezza dei pagamenti della pubblica amministrazione e del taglio degli affidamenti sono proprio le società di servizi. Vi ricordo - ma immagino lo abbiate ben chiaro - che le nostre società sono labour intensiv e, quindi fondano la propria impresa sulla materia prima dell'intelligenza delle persone che vi lavorano. Ebbene, noi paghiamo questa materia prima a quindici giorni (gli stipendi si pagano a trenta giorni, la media è a quindici giorni), al contrario di qualsiasi altra industria, che paga i propri fornitori compatibilmente con i tempi di pagamento dei suoi clienti. Noi, quindi, paghiamo a quindici giorni la nostra materia prima, gli uomini, ricevendo dai nostri clienti il corrispettivo per il lavoro che svolgiamo a 280-300 giorni. Per le aziende di servizi tecnologici questa è una forte penalizzazione. In questa situazione le aziende non riescono più a investire e in alcuni casi neppure ad andare avanti. Il problema che Confindustria in questi giorni sta evidenziando con molta forza, ovvero i ritardi della pubblica amministrazione, per le aziende labour intensive - credo che tutti noi abbiamo interesse che il lavoro in Italia aumenti e che ci sia un alto know-how tecnologico - penalizza in massima parte le nostre aziende, le quali, per dirla con uno slogan, non hanno magazzino, al contrario di quelle manifatturiere, che possono bilanciare i costi per le materie prime e i ricavi per i propri clienti a seconda delle stagioni.
Malgrado il periodo che stiamo vivendo non sia tra i più felici, vogliamo usare questo momento di discontinuità (preferisco questo termine rispetto a parole come «crisi», «dramma» eccetera) per vedere se il modello di sviluppo del nostro Paese possa essere orientato - non cambiato, perché non dobbiamo chiudere le fabbriche - verso quelle attività e quei servizi tecnologici in grado di rendere il nostro Paese più competitivo rispetto a quello dei nostri concorrenti.

PIETRO GUINDANI, Presidente di ASSTEL. Signor presidente, onorevoli deputati, innanzitutto esprimo il mio ringraziamento personale e dei nostri associati per avermi dato l'opportunità di intervenire all'audizione odierna, nell'ambito dell'indagine conoscitiva di questa Commissione sull'assetto e sulle prospettive del sistema delle comunicazioni elettroniche in Italia.
Come presidente di Assotelecomunicazioni, nel mio intervento tratterò quattro argomenti: in primo luogo, citerò alcuni dati di contesto sul settore delle comunicazioni; in secondo luogo, svilupperò il tema dell'offerta di servizi di connettività via radio; analogamente farò al riguardo dell'offerta dei servizi di connettività via cavo, tramite le reti in rame e in fibra; infine, farò alcuni accenni alla domanda di servizi on line, già trattata dal presidente Tripi.
Partendo con alcuni flash qualificanti circa il settore delle telecomunicazioni, tengo a dire che il nostro settore di attività economica annovera imprese per un totale aggregato di fatturato di 46 miliardi di euro. Questo dato ha subìto nell'anno 2007 una contrazione dell'1,4 per cento, primo anno in cui il nostro settore ha fatto registrare una contrazione del fatturato. Questo calo è stato determinato da due motivi: il calo dei prezzi delle interconnessioni regolamentate e il calo dei prezzi al dettaglio, dovuto all'intenso contesto competitivo. Terrei a sottolineare che, per converso, i volumi e i servizi da noi forniti alla clientela sono in fortissimo aumento, quindi viviamo una forbice che vede, da un lato, volumi in crescita, che comportano investimenti sia infrastrutturali che operativi, e, dall'altro lato, un calo costante dei prezzi.
Come è stato segnalato dal presidente Calabrò in questa sede, fatta pari a 100 la spesa per servizi di telecomunicazioni nel 1997, il numero indice oggi in Italia è 72, inferiore alla media europea di 76. La compressione della forbice costi-ricavi ha comportato il fatto che l'anno scorso si siano verificati altri due fatti nuovi: il margine operativo lordo delle imprese che rappresento si è contratto del 10 per cento


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e i flussi di cassa netti della gestione corrente si sono contratti del 15 per cento. Sono dati da tenere presente dal punto di vista del disegno delle prospettive industriali future.
Per concludere con questi dati di apertura, tengo anche a sottolineare che il nostro settore, nel periodo 1999-2007, ha fatto investimenti fissi per 67 miliardi di euro a cui si aggiungono 11 miliardi di euro per le licenze UMTS, per un totale di 78 miliardi. Non credo che esistano altri settori di attività economiche in Italia che abbiano profuso un tale sforzo finanziario. Di questi importi, circa la metà è ascrivibile agli operatori di telefonia mobile, l'altra metà agli operatori di telefonia fissa. Nell'ambito della quota degli operatori di telefonia fissa, quella degli operatori alternativi, concorrenti di Telecom Italia, è intorno al 30-35 per cento. L'incidenza degli investimenti cui ho fatto cenno è nell'ordine del 15-20 per cento del fatturato, livello molto elevato. Vorrei, in premessa, trarre una prima conclusione. Sulla base di dati obiettivi possiamo affermare che non vi è carenza di investimenti in Italia. Il nostro è un Paese che, da questo punto di vista, si confronta da pari a pari, se non meglio, con tutti gli altri Paesi più importanti in Europa.
Vengo ora al secondo dei temi che vorrei trattare, ovvero l'offerta di servizi di connettività via radio. In questo caso, credo che si possa affermare - senza tema di essere smentiti, in quanto confermato anche dal 13th Implementation Report della Commissione europea recentemente pubblicato - che le telecomunicazioni mobili in Italia sono un caso di eccellenza in Europa, a motivo delle dimensioni, dell'innovatività e del dinamismo della concorrenza.
A riguardo della concorrenza vorrei segnalare una progressiva distribuzione, sempre meno diseguale, delle quote di mercato tra gli operatori che hanno avviato la propria attività in anni passati e quelli di più recente introduzione. In secondo luogo, segnalo l'efficace funzionamento della portabilità del numero: ad oggi 16 milioni di persone fisiche - e non SIM - hanno cambiato operatore mantenendo il numero originario. Questo è un altro record europeo.
Infine, in questi ultimi mesi abbiamo assistito all'avvio di operatori mobili virtuali da parte di quindici nuove imprese, che offrono servizi differenziati, soprattutto nel campo dell'integrazione fisso-mobile e servizi più articolati, come ad esempio l'accesso ai conti bancari e postali.
Un altro punto rilevante è la nostra capacità di promuovere i nostri servizi. La copertura UMTS e successive generazioni, che vanno sotto il nome di HSPA, coprono l'80 per cento del territorio. Il traffico UMTS oggi conta il 36 per cento del totale, avendo dunque già in buona parte sostituito il GSM, e questa percentuale è nettamente superiore alla media europea, che è del 26 per cento. L'adozione di terminali UMTS in Italia è pari al 26 per cento del parco, contro il 20 per cento del Regno Unito e il 17 per cento della Germania.
A sostegno di quanto dicevo prima circa l'aumento dei volumi di servizi erogati, segnalo che la telefonia vocale su reti mobili l'anno scorso è cresciuta, in minuti, del 13 per cento, gli SMS del 30 per cento e il traffico dati del 300 per cento. Credo che tutto ciò evidenzi la dinamicità del settore.
Per quanto riguarda il futuro, i quattro operatori mobili si stanno concentrando oggi sullo sviluppo della banda larga mobile, chiamata anche LTE (long term evolution), che è la versione di nuova generazione delle reti mobili. Lo scopo di questo importante programma di investimenti è quello di offrire la trasmissione dati in mobilità, ovvero in condizioni di nomadismo, nonché portare Internet in mobilità, anche in associazione con terminali sempre più simili ai personal computer. Tutto ciò con un programma di investimenti che attualmente viaggia al ritmo di 3 miliardi di euro l'anno.
Concludo questa sezione sugli operatori mobili facendo cenni ai temi regolamentari importanti, che sono relativi, in primo luogo, alla disponibilità di frequenze. Recentemente l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha emanato un provvedimento


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molto importante per la messa a disposizione di frequenze 900 e, in prospettiva, anche 2.100.
Per converso, una nota non tanto positiva è relativa alla quota crescente di ricavi di fatto sotto il controllo delle Autorità di governo e di regolamentazione italiane ed europee. Vorrei solo citare, a questo proposito, il decreto Bersani, la normativa sul roaming, la normativa - che noi non condividiamo, ma che è stata preannunciata dalla Commissione - relativa agli SMS e il continuo calo delle interconnessioni.
Ultimo tema di rilevanza anche regolamentare è il rapporto con i consumatori, un tema importante, che ci sta a cuore, essendo i consumatori nostri clienti. Tuttavia, occorre evitare microregolamentazione e conflitti normativi.
Faccio un'ultima chiosa sul digital divide. Noi riteniamo che le tecnologie radio abbiano la capacità di contribuire fattivamente al superamento di questo fenomeno.
Vengo ora al terzo dei punti che vorrei trattare, probabilmente il più importante dal punto di vista dell'audizione odierna, ovvero l'evoluzione dell'offerta di servizi di connettività via cavo, tramite le reti in rame e in fibra. Cito alcuni dati in premessa. Il settore della telefonia fissa genera, in questo momento, un fatturato di 22 miliardi di euro, con un calo del 3 per cento rispetto all'anno precedente. Assistiamo a trend tra di loro divergenti: da un lato, i servizi tradizionali su rete commutata sono in calo (il dato del 2007 segna un calo del 5 per cento), mentre si registra una crescita sostenuta dei servizi a larga banda fissa (aumento del 16 per cento). Anche in questo caso, pesa in senso negativo il calo delle interconnessioni.
Per parlare di banda larga fissa direi di partire da una piccola fotografia dello stato della rete. Oggi la rete fissa copre il 94 per cento delle utenze con l'ADSL, percentuale di copertura non dissimile rispetto ad altri Paesi (abbiamo, quindi, sei punti di digital divide). Di questa copertura, il 50 per cento offre servizi a 7 megabit di prima generazione, l'altra metà a 20 megabit. Da segnalare che in Italia esiste un operatore che raggiunge già oggi, con la fibra, 2 milioni di abitazioni, pari al 10 per cento del totale delle abitazioni italiane. Questo numero rappresenta il 40 per cento delle abitazioni raggiunte dalla fibra in tutta Europa, altro dato importante.
Complessivamente la rete di telefonia fissa in Italia non è dissimile da quella degli altri Paesi, anzi, per alcuni versi, penso addirittura che sia migliore. C'è, dunque, da domandarsi perché la diffusione del servizio di connessione a banda larga riguardi soltanto il 18 per cento della popolazione, contro una media europea del 24 per cento. A nostro avviso, non esiste un problema strutturale di assetto della rete, ma bisogna viceversa guardare alle caratteristiche della domanda. Il 56 per cento della popolazione - duole dirlo - in Italia non sa usare Internet; l'analoga percentuale in Europa è il 40 per cento. La diffusione dei personal computer nelle famiglie italiane è pari al 50 per cento, rispetto al 62 per cento della media europea.
Per converso, sappiamo anche che l'offerta crea la domanda: laddove l'offerta c'è e la domanda è qualificata, noi abbiamo una quota crescente di popolazione che sa usare Internet molto bene. Infatti, il 9 per cento della popolazione italiana sa usare Internet molto bene, meglio della media europea dell'8 per cento. A questo proposito, vorrei concludere che la via d'uscita dipende dall'evoluzione sia della domanda che dell'offerta. Bisogna lavorare su entrambe perché esse si rafforzino a vicenda.
Qual è la strada davanti a noi? Bisogna lavorare a un modello generale per promuovere la banda larga; promuovere lo sviluppo delle reti a banda larga fissa; avere attenzione a come rendere economico l'investimento nelle reti in fibra; assicurarsi che il mercato della banda larga, in ogni caso, continui ad essere competitivo. A riguardo del primo di questi quattro punti, ossia come promuovere la banda larga in generale, tengo a dire che dobbiamo partire da un'affermazione che, in realtà, è una negazione. Noi crediamo che non esista una soluzione unica che risponda a tutte le esigenze di tutti i segmenti di mercato e a tutte le esigenze di servizio. Bisogna lavorare,


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invece, su una politica di portafoglio, una molteplicità di tecnologie che facciano leva sulla rete in rame esistente, con prestazioni via via crescenti nel tempo; analogamente dicasi per la rete radio e, da oggi sempre di più, per la rete in fibra. È dall'insieme di queste tre piattaforme che si avrà la risposta. Necessitiamo, dunque, come sistema Italia, di un piano organico ed equilibrato cui concorrano tutti gli operatori. La strategia basata sulla gestione di un portafoglio dinamico, con un mix di tecnologie in continua evoluzione, è a nostro avviso l'approccio vincente per il Paese.
Il secondo punto riguarda le modalità di promozione dello sviluppo delle reti a banda larga fissa in Italia. Il piano di Telecom Italia è noto: si parla di oltre 10 miliardi di euro di investimenti, di cui circa la metà per il completamento - dato importantissimo - della rete ADSL di seconda generazione sul territorio nazionale fino a 20 megabit. È chiaro che questo è già un pilastro molto importante per superare un digital divide di performance - chiamiamolo così - e per portare al tempo stesso la connessione sui cellulari fino a 14 megabit. Il secondo pilastro è rappresentato da 5,8 miliardi (così è stato dichiarato anche in questa sede) per rendere disponibile la connessione ultra-broadband fino a 100 megabit in 1.120 comuni italiani, ovvero su 13 milioni di linee, pari al 60 per cento del totale.
Questi sono i due pilastri da cui partire: 20 megabit dappertutto e 100 megabit sul 60 per cento del totale delle linee. Tuttavia, il discorso non si può fermare qui, perché operiamo in un mercato liberalizzato, dunque dobbiamo tener presente che esiste una molteplicità di operatori: operatori diversi, che possono tra di loro collaborare nella costruzione della rete, e operatori simili, che sono tra di loro in concorrenza.
Quali sono i fattori importanti per tenere insieme tutto questo? Ne vorrei citare quattro. Il primo è quello delle economie di scala, che sono molto importanti. I costi sono più bassi laddove vi è maggiore concentrazione di popolazione e di imprese. Questo è un dato di base per valutare qualunque piano industriale. Dunque, anche la rete di accesso non può che essere unitaria per evitare duplicazioni.
Il secondo fattore riguarda il costo delle opere civili. Il decreto legge n. 112 è nella giusta direzione. Le modalità attuative della costruzione delle reti fisse sono importantissime, perché è in questa fase che si concentra una quota prevalente di costi.
Il terzo fattore è il seguente: riconoscendo il fatto che gli operatori sono tra di loro in concorrenza, esiste un tema che va sotto il titolo di regolamentazione. Non tratterò questo tema, trattandosi di tema competitivo su cui ASSTEL ritiene che la responsabilità sia esclusivamente delle autorità. Tuttavia, si tratta di un passaggio fondamentale, perché di fronte a un quadro certo di norme saranno incentivati gli investimenti di tutti gli operatori, a prescindere dalle dimensioni.
Il quarto e ultimo fattore riguarda i fondi pubblici. Nell'uso dei fondi pubblici è fondamentale che si assicurino i princìpi di apertura e standardizzazione di eventuali reti locali e che non si dia luogo a duplicazioni di investimenti e di ruoli.
Come rendere economica la costruzione delle reti fisse? Bisogna innanzitutto partire da un dato di mercato: dobbiamo lavorare affinché il cliente sia disponibile a riconoscere un prezzo maggiore per una connessione in fibra, ma non dobbiamo darlo per scontato. Già oggi solo il 35 per cento delle famiglie raggiunte dalla banda larga ha attivato il servizio. Non è detto che l'offerta crei la domanda in tutti i casi.
In secondo luogo, per quanto riguarda il mercato non al dettaglio, ma all'ingrosso, bisogna affrontare il tema del risk premium. In altre parole, coloro i quali investiranno nella banda larga in fibra dovranno vedere riconosciuto il rischio imprenditoriale in un risk premium adeguato. Anche questo è un tema di rilevanza regolamentare.
Accenno, inoltre, al tema dei volumi di domanda, che possono venire dalla clientela privata, ma anche dalla pubblica amministrazione, come nel caso dei servizi di cui parlava prima l'ingegner Tripi.


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Ultimo punto: come assicurare che la rete di nuova generazione dia luogo sempre a un mercato competitivo? A tal proposito, penso che mi corra l'obbligo, innanzitutto, di affermare un principio, a favore del quale si sono espressi tutti gli operatori a noi associati, ovvero che con lo sviluppo delle nuove tecnologie di rete non si debba avere alcun deterioramento delle condizioni di competitività dei mercati. È noto che esiste, a tal proposito, un intenso dibattito tra gli operatori di telecomunicazioni, e non da oggi. Infatti, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, in data 2 maggio 2007, avviò una consultazione pubblica in materia di eventuale separazione funzionale della rete di accesso di Telecom Italia. Telecom Italia, volontariamente, il 22 luglio 2008, ha presentato all'Autorità una proposta definitiva di impegni. Gli operatori, a loro volta, in data 29 settembre 2008, hanno presentato le proprie osservazioni e contributi. Direi che dalla lettura di tali osservazioni risulta chiaro che il dibattito è ancora aperto e che la materia richiede, dal punto di vista regolamentare, delle risposte puntuali.
Assotelecomunicazioni, come ho detto, non ritiene che sia opportuno, nel nostro ruolo, produrre né una sintesi né un parere sulla materia, ma semplicemente affermare che un quadro di regole chiaro consente agli operatori di pianificare i propri investimenti nelle migliori condizioni. E questo è vero, lo ribadisco, per tutti gli operatori.
Concludo, dunque, con alcune considerazioni di ordine generale. Le telecomunicazioni - credo che ne possiamo andare orgogliosi - hanno rappresentato in Italia un caso di successo. Credo che questo lo dobbiamo non solo alle imprese, ma anzi, e forse soprattutto, alla lungimiranza dell'Autorità di regolamentazione, che negli ultimi quindici anni ha creato le condizioni perché le imprese potessero crescere. I benefici ci sono stati per tutti, per gli operatori e per i loro azionisti, per i clienti e per l'economia in generale. Penso che possiamo affermare che siamo stati un motore di sviluppo. In futuro, però, non saremo solo più un motore di sviluppo, ma dovremo essere anche un elemento essenziale e strategico di competitività per il progresso di tutto il Paese.
Faccio questa affermazione perché è chiaro che le imprese e i Paesi competono nella conquista dei mercati, operando in rete. Dunque, le tecnologie informatiche e le telecomunicazioni, che ne sono il substrato, rappresentano un fattore abilitante indispensabile per mettere in grado le imprese di operare e competere con successo, per permettere alla pubblica amministrazione di erogare servizi utili ed efficaci, con costi di struttura efficienti, infine per consentire ai cittadini di partecipare alla società dell'informazione e al progresso culturale.
In questo momento, siamo all'antivigilia di una svolta senza precedenti dai tempi della prima costruzione delle reti in rame. Le dimensioni degli investimenti, la complessità delle scelte, le criticità di questo percorso sono tali per cui pensiamo sia utile un'orchestrazione complessiva del modello di sviluppo del settore. Crediamo che questa occasione possa essere colta in sede del procedimento avviato dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni per la messa a punto delle regole di funzionamento del mercato, nonché nell'ambito della task force sulla banda larga annunciata dall'onorevole Paolo Romani.
Il Parlamento e il Governo, nelle loro funzioni, possono sostenere questo percorso, definendo innanzitutto il livello di priorità delle telecomunicazioni nell'agenda nazionale e supportando lo sviluppo delle reti sul fronte normativo ed eventualmente del sostegno finanziario, in modo selettivo e mirato anche all'eliminazione del digital divide.

PRESIDENTE. Nel dare la parola al dottor Maurizio Beretta, direttore generale di Confindustria, ringrazio i rappresentanti di Confindustria per la loro disponibilità, visto che nonostante la variazione all'ultimo momento dell'orario dell'incontro, sono stati così cortesi da adattarsi ai tempi del Parlamento.

MAURIZIO BERETTA, Direttore generale di Confindustria. Non ruberò molto


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tempo. Voglio solo unirmi ai ringraziamenti ed esprimere il nostro apprezzamento per la squisita cortesia del presidente della Commissione. Credo che questo rappresenti un punto di snodo per proseguire in un grande lavoro di collaborazione.
La presenza di Confindustria in questa audizione testimonia quanto riteniamo strategico il settore dei servizi tecnologici e innovativi e, all'interno di questo, lo sviluppo della banda larga. Come ricordava il presidente Galateri, ciò è testimoniato dal fatto che la nuova presidenza ha varato un progetto specifico in questo ambito. La presenza di Confindustria sarà caratterizzata da proposte, da idee e naturalmente da un confronto molto stretto con i legislatori e con i regolatori, nella logica di dar vita ad un progetto di carattere industriale che sappia sempre di più integrare lo sviluppo del settore manifatturiero con questi servizi. Infatti, si tratta certamente di servizi per le famiglie e per le persone, ma in maniera sempre crescente di servizi per le imprese. Ringrazio quindi ancora il presidente e la Commissione per l'iniziativa.

PRESIDENTE. Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni, rammentando che i tempi sono molto stretti.

LUCA GIORGIO BARBARESCHI. Signor presidente, desidero innanzitutto ringraziare gli auditi per la presenza e per le relazioni interessanti ed esaustive che ci hanno offerto.
Voglio richiamare l'attenzione dei presenti su un aspetto che all'apparenza può sembrare poco attinente alla tecnologia, ma che considero comunque molto importante. Oggi tutti parlano di nuove tecnologie, ma nessuno parla dei contenuti, ossia di quello che transiterà su queste «autostrade del futuro».
Sono contento di poterne parlare in questa occasione dal momento che la Confindustria rappresenta uno dei tre poli fondamentali: i distributori, la zona tecnologica e i soggetti che forniranno i prodotti che viaggeranno su questi mezzi. In questi anni in Italia non si è mai parlato di contenuti. Siamo riusciti a farci colonizzare totalmente da produttori stranieri, con il rischio molto grosso che tutto il nostro potenziale creativo - non mi riferisco solo ai film o alle fiction, ma anche all'infotainment, all'edutainment, alle news - pian piano si riduca. Ricordo che solo nel Lazio sono circa 180-190 mila le persone che lavorano in questo settore.
Bisogna tener conto della rivoluzione copernicana che, in questi anni, sta riguardando il rapporto fra prodotto e produttore. Mentre negli anni passati il produttore, in realtà, era un indipendente che forniva prodotti ai broadcaster, con il tailoring pubblicitario che verrà nei prossimi anni, il narrowcasting e le diverse evoluzioni, le aziende diventeranno in realtà produttrici di contenuti. Sta avvenendo già in America, dove Blockbuster ha messo sotto contratto Paul McCartney e ottenuto risultati interessanti per il proprio posizionamento sul mercato usando un'altra forma di comunicazione.
Mi chiedo, allora, se è possibile unire le forze: la parte virtuosa e creativa del Paese - che in questo momento è assolutamente in stallo, vedendo davanti a sé una tecnologia che cresce, ma sulla quale non ha accesso più di tanto - e gli imprenditori, che forse non conoscono il potenziale creativo del mondo dello spettacolo in generale, ma in questo momento in particolare dell'infotainment e via elencando.
In secondo luogo, sentivo parlare del problema dei ritardi dei pagamenti e approfitto per fare una considerazione, dal momento che questo è un argomento sul quale sto lavorando dal punto di vista legislativo. Il colpevole più grande di questa situazione è la pubblica amministrazione, che ormai accumula ritardi di centinaia di giorni, persino di un anno. Questa è una tragedia per tutte le aziende. Ormai non paga più nessuno. Mi chiedo, allora, come sia possibile, con il vostro aiuto, riuscire a creare un circolo virtuoso nel sistema dei pagamenti. È difficile tenere in piedi le aziende che subiscono gravi ritardi nei pagamenti. Per quanto riguarda, poi, il reinvestimento nelle tecnologie


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- parlo da imprenditore, avendo un'azienda che si occupa di queste cose - anche potendo disporre di un margine di 300-400 mila euro o addirittura di un milione da investire in questo ambito, il margine viene bruciato da questi ritardi. Ecco, sarebbe opportuno unire le forze per tentare di risolvere questa situazione.

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor presidente, anch'io sono grato agli ospiti che hanno illustrato in modo egregio le questioni riguardanti questo settore. Mi piace sottolineare che i loro interventi non sono stati ripetitivi rispetto ad altri che abbiamo ascoltato nelle audizioni precedenti, ma hanno toccato argomenti nuovi. Mi riferisco, in particolare, alla questione generale dei ritardi dei pagamenti. Credo che dovremmo chiederci cosa fare dal punto di vista legislativo e quali iniziative produrre anche nei confronti della pubblica amministrazione per tamponare questa situazione.
Mi pare che la presidente Marcegaglia abbia denunciato ieri che ci sono circa 60 miliardi di euro di arretrato. È evidente che anche questo settore sarà colpito, dunque avete fatto bene a segnalarlo. Per quanto ci riguarda, dovremo assumere delle iniziative per rispondere a queste esigenze e alle conseguenze negative richiamate dal collega Barbareschi.
Voglio fare ora un'osservazione e, di conseguenza, porre alcune domande. Mi ha fatto piacere che l'ingegner Tripi abbia fatto riferimento all'ingegneria civile, materia che conosco per essermene occupato per tanti anni. Ciò che di solito non emerge nelle audizioni, ma che voi dovreste prendere in considerazione, è il rapporto delle imprese con le università e i centri di ricerca. Qual è il vostro investimento su questo rapporto? Soffrite il fatto di rappresentare aziende piccole, che quindi non possono permettersi di sviluppare questo rapporto? Oppure c'è una difficoltà dall'altra parte? Sarebbe interessante conoscere il vostro approccio verso un settore avanzato, ovvero quello che esiste tra la ricerca tecnologica e la scienza di base. Quali sono le vostre iniziative in questo campo?
Certamente in Paesi avanzati come il Giappone e gli Stati Uniti questo rapporto è continuo, anche perché in quei Paesi le università migliori sono private e dunque il rapporto è più facile. In Italia le università private sono poche e sostanzialmente non si occupano di queste materie, ma di economia e di discipline giuridiche. Vorrei sapere da voi se esiste la possibilità di realizzare questo rapporto, anche in prospettiva.
Mi ha fatto molto piacere che l'ultimo intervento abbia affrontato il tema delle prospettive di sviluppo della banda larga, che dovrebbe essere trainante per tanti settori, ma che certamente necessita del supporto della ricerca.
Quale assenza lamentate? Avete difficoltà che non avete espresso pubblicamente o trovate resistenze da parte dell'interlocutore?

BEATRICE LORENZIN. Mi associo ai miei colleghi nel ringraziare gli intervenuti per le interessanti relazioni svolte e mi limiterò a porre alcune domande, riguardanti soprattutto aspetti legati al progetto industriale, di cui parlava prima il dottor Beretta.
In queste settimane, in concomitanza con l'approvazione del provvedimento che ha previsto - ricordiamolo - 800 milioni di euro di investimenti da parte del nostro Governo sulla banda larga, abbiamo affrontato le tematiche di questo settore con varie audizioni della Commissione.
Tuttavia, un aspetto interessante che non abbiamo toccato, dal punto di vista dei numeri, è il seguente: quanto pesa il digital divide, oggi, nel nostro Paese, relativamente al settore manifatturiero? Mi riferisco all'accesso dei dati nelle industrie piccole, medie e grandi in tutto il territorio.
In secondo luogo, voi avete parlato di grossi investimenti degli operatori di rete fissa e di rete mobile, ma sarei molto curiosa di sapere quanto pesa l'indotto, quindi quante sono le aziende italiane che si occupano, per esempio, del know how e dell'elaborazione di tutto quello che ruota


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intorno all'implementazione degli impianti per la banda larga.
Da questo punto di vista, vorrei sapere se prevedete - mi collego all'intervento dell'onorevole Misiti - investimenti anche sulla formazione e sul collegamento tra le reti territoriali e le reti industriali nelle varie regioni.

MAURIZIO IAPICCA. Signor presidente, a beneficio di quanto è stato detto a proposito del ritardo dei pagamenti, comunico che, dopo che ieri a Napoli la presidente Marcegaglia aveva chiesto a Berlusconi di risolvere questo problema, il Presidente del Consiglio l'ha invitata a un tavolo insieme al Ministro Tremonti. Credo che si incontreranno tra 15-20 giorni.

GIORGIO SIMEONI. Signor presidente, quella odierna è stata l'audizione clou tra quelle tenute, un'audizione ampia, esaustiva e convincente. Sono perfettamente consapevole di correre il rischio di dire cose scontate, ma oggi effettivamente è stata tracciata la via maestra di quello che può essere il nostro futuro, perché ovviamente Confindustria svolge un ruolo più generale. Nelle audizioni precedenti, invece - giustamente ognuno svolge il suo compito - le nostre aziende leader ci hanno un po' preoccupato in quanto, sebbene sia certamente legittima la libera concorrenza, su una sfida di questo tipo, che va oltre il nostro Paese, le abbiamo viste molto distanti.
Il problema dei rapporti tra Telecom e le altre aziende esiste nel nostro Paese. Confindustria ne è sicuramente consapevole, ma a mio avviso il suo ruolo è ancora più importante di quanto possiamo immaginare. È chiaro che ciascuno deve fare la sua parte e la politica farà la propria fino in fondo: la farà il Parlamento, per quanto riguarda la parte legislativa; la farà il Governo, per quanto riguarda gli interventi concreti.
C'è la consapevolezza del periodo che stiamo vivendo, che sicuramente non è un periodo di allegra spensieratezza, bensì di intense preoccupazioni. La politica, insieme a voi, dovrà essere abile nell'uso dei fondi strutturali - lo ha ben detto l'ingegner Tripi - poiché «mamma Stato» non può coprire tutte le necessità di intervento. Dobbiamo specializzarci il più possibile in questo campo, anche per non avvantaggiare altri Paesi. È evidente, infatti, che altri Paesi si avvantaggerebbero dei fondi che noi non dovessimo riuscire a utilizzare. Da questo punto di vista c'è la nostra piena disponibilità.
Devo dire che non ho ben compreso, ingegner Tripi - sicuramente per mia ignoranza - come può entrare Confindustria nel discorso del government istituzionale, che è un momento fondamentale. È giusto che, a proposito della task force, il sottosegretario Romani abbia lanciato una sfida suggerendo di affrontarla tutti insieme. È vero che la politica da sola non va da nessuna parte, ma lo stesso discorso vale per le imprese.
Oggi si è tracciata questa via maestra, ma mi permetto di dire che Confindustria dovrebbe svolgere un ruolo delicato di mediazione tra le aziende. Noi abbiamo avvertito un po' di acredine da parte di altre aziende nei confronti di Telecom. A mio avviso, non può essere la politica a sciogliere il dilemma della separazione delle reti. La politica si occuperà della parte esecutiva di una decisione che deve essere assunta dai protagonisti reali della scommessa che ci attende.
Sono d'accordo con il collega Misiti sul fatto che i nostri poli di eccellenza universitaria dovranno giocare un ruolo importante, e tanto più dovranno farlo quelli che voi rappresentate. Si tratta di una sfida comune. Condivido anch'io che si debba sfruttare - lo diceva l'ingegner Tripi - questo periodo per mettere a punto i nostri servizi tecnologici, ma oggettivamente questo non è sufficiente. Questo è anche il momento di fare investimenti nella direzione giusta. Sono più che mai convinto che i privati nel nostro Paese, e tanto più Confindustria, debbano avere uno scatto di orgoglio. Non è più il tempo in cui lo Stato può accompagnare tutte le iniziative, lo sapete meglio di noi.


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A mio avviso, un ruolo che voi dovete giocare fino in fondo è quello di sensibilizzare i nostri imprenditori. Oggi sappiamo quello che dovremmo fare; come farlo, però, dovrete dircelo voi.

SANDRO BIASOTTI. Signor presidente, ringrazio gli auditi per le relazioni e per gli apprezzamenti espressi, se ho ben capito, sulla politica del Governo, politica innovativa per quanto riguarda il sostegno agli investimenti in tecnologia.
Permettetemi di porre una domanda, anche se non so se potrete rispondermi in pochi minuti. Perché in Italia non si utilizza Internet? Siamo stati i primi in Europa e al mondo nell'uso dei telefonini. Per quanto riguarda Internet, invece, nonostante il fatto che il 94 per cento della popolazione abbia la possibilità di accesso alla rete anche con l'ADSL, non viene utilizzato. È troppo caro l'hardware? È troppo caro l'abbonamento? Non c'è stata una politica di informatizzazione? Non sarebbe meglio prima alfabetizzare e poi prevedere le risorse, o almeno svolgere le due azioni in parallelo?
Nel periodo in cui sono stato governatore della regione Liguria ho organizzato un corso di alfabetizzazione per gli ultrasessantenni. Ancora adesso, a distanza di tre anni, credo che la maggior parte di essi utilizzi il computer. Credo che voi possiate suggerirci cosa fare in questo ambito.

PRESIDENTE. Do la parola agli auditi per la replica. Purtroppo abbiamo solo pochi minuti a disposizione e quindi, eventualmente, le risposte potranno essere completate in forma scritta.

GABRIELE GALATERI di GENOLA, Delegato del presidente di Confindustria per le comunicazioni e lo sviluppo della banda larga. Non c'è dubbio che l'aspetto della domanda sia il più rilevante nella situazione attuale per recuperare il gap che lamentiamo. È per questo che Confindustria si è proposta il compito di affrontarlo, perché riteniamo che almeno verso il mondo delle imprese abbiamo una grande capacità di contatto e di collegamento.
Uno dei princìpi del progetto di Confindustria, pertanto, sarà quello di portare a conoscenza delle industrie e dei servizi, attraverso un contatto diretto sul territorio, le potenzialità che permettono il miglioramento della competitività. Si tratta, peraltro, di prodotti già esistenti, dunque si tratta di un'operazione di acculturamento.
Ci aspettiamo, però, da parte del Governo che sulla pubblica amministrazione si faccia lo stesso lavoro. Il vero motore del miglioramento della situazione è la pubblica amministrazione che, nella misura in cui dematerializza i propri prodotti, costringe tutti i cittadini pian piano ad alfabetizzarsi.
Per quanto concerne i pagamenti - faccio solo un accenno, anche se il discorso riguarda Telecom - parliamo di cifre gigantesche. Nel 1998 abbiamo pagato un canone di 500 milioni di euro che la Corte europea con una sentenza ha dichiarato illegittimo e che quindi deve esserci restituito. Siamo in attesa che questo avvenga.

ALBERTO TRIPI, Presidente di Confindustria per i servizi innovativi e tecnologici. Signor presidente, per quanto riguarda i contenuti, nel nostro panorama annoveriamo un'associazione che si occupa di e-content. Da quello che possiamo vedere - ogni anno facciamo una verifica - l'offerta di contenuti e quindi la scelta aumentano sempre di più, ma la qualità non aumenta con lo stesso ritmo. Per una regola di marketing, se aumenta molto l'offerta e la qualità diminuisce si ha un contraccolpo. Il cittadino rifiuterà l'offerta. Dato che le aziende non sono stupide, per aumentare la qualità si rivolgeranno ai prodotti italiani. Infatti, la qualità dell'offerta estera piace meno al pubblico italiano.
In merito ai pagamenti, non possiamo chiedere al Presidente Berlusconi e al Governo di tirare fuori 70 miliardi di euro. Non credo che il Ministro Tremonti sia d'accordo! Dobbiamo chiedere al Governo di diminuire gradualmente i ritardi e di assumere qualche iniziativa. Il Presidente Sarkozy, ad esempio, ha adottato la scelta di certificare i pagamenti della pubblica


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amministrazione attraverso un timbro. Trattandosi di pagamenti certificati, la banca elargisce i soldi e i relativi interessi sono pagati dal Governo. In questo modo si rimetterebbe tutto in moto. Considerate che le aziende edili stanno chiudendo i cantieri per questo motivo.
Vengo al rapporto tra università e imprese: è colpa nostra o delle imprese? Credo che il punto da sottolineare sia un altro, ossia che tutte le sovvenzioni alla ricerca vengono per metà dai fondi pubblici e per metà da quelli delle imprese. Questo è un metodo che non funziona, innanzitutto perché dà luogo a tanti equivoci. Quello che possiamo fare è l'introduzione del credito di imposta automatico per la ricerca.
Quale può essere il ruolo del Governo? Noi consegneremo i moduli di innovazione per i vari settori. Il Governo dovrà farli suoi e certificare la loro effettiva utilità. I soldi arriveranno dalla Comunità europea, dalle banche e dalle imprese. Se mettiamo insieme questi elementi, riusciremo a stabilire delle priorità che il Governo dovrà riconoscerci. Potrà essere a questo punto lo stesso Governo ad indirizzare le risorse verso i fondi strutturali europei. Noi possiamo assecondarlo con l'istituzione di gare e con suggerimenti riguardo al da farsi.
Non è vero che già sappiamo cosa fare. Il Ministro Brunetta mi ha chiesto pochi giorni fa di stilare un elenco relativo a ciò che le imprese potrebbero offrire alla pubblica amministrazione. Sappiamo che il Ministro Brunetta è uno dei ministri più arditi, non certo uno che dorme.
È compito nostro dare questi stimoli. Se non lo facciamo, Confindustria diventa un'associazione inutile. Poiché sono in Confindustria da quando avevo i pantaloni corti, vi dico che non diventerà inutile.

PRESIDENTE. Ringrazio nuovamente i rappresentanti di Confindustria per il loro intervento. Dichiaro conclusa l'audizione e sospendo brevemente la seduta.

La seduta, sospesa alle 12,40, riprende alle 12,45.

Audizione di rappresentanti di Mediaset.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'assetto e sulle prospettive delle nuove reti del sistema delle comunicazioni elettroniche, l'audizione di rappresentanti di Mediaset.
Do la parola al presidente di Mediaset, dottor Fedele Confalonieri.

FEDELE CONFALONIERI, Presidente di Mediaset. Ringrazio il presidente Valducci e tutti i deputati presenti per l'invito a Mediaset di partecipare a questa indagine conoscitiva che rappresenta un contributo importante al dibattito corrente sulle reti di telecomunicazione e una base di informazione irrinunciabile per gli interventi su cui Governo e Parlamento saranno chiamati ad operare nei prossimi mesi.
Passo ad una veloce presentazione di Mediaset, che troverete poi in versione estesa nel contributo che lasceremo agli atti della Commissione. Mediaset è la maggiore compagnia televisiva privata italiana ed è un operatore integrato verticalmente, avendo al proprio interno le funzioni di editore (RTI), operatore di rete (Elettronica Industriale), concessionario di pubblicità (Publitalia e Digitalia) e produttore di contenuti (Videotime e le neo-acquisite Endemol e Medusa). Mediaset ha via via aggiunto al proprio core business, costituito dall'offerta di tre reti generaliste analogiche finanziate dalla pubblicità, la presenza - a diverso titolo - di contenuti video su tutte le altre piattaforme: dalla tv digitale terrestre, con offerte sia in chiaro (Boing, Iris, Mediashopping) che in pay per view (con Premium Calcio e Gallery); alla piattaforma satellitare, su cui vanno le reti generaliste e un canale pay su Sky, miscellanea dei programmi delle tre reti stesse; alla tv in mobilità con tecnologia DVBH, dove Mediaset funge sia da operatore di rete (per Vodafone e Tim) sia da


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fornitore di contenuti (tramite accordi commerciali con Tim, Vodafone, Tre); all'offerta interattiva del teletext di Mediavideo e del televoto; alla presenza in Internet, che va dai siti collegati alle trasmissioni, all'informazione via web di TGCom, al servizio Rivideo (la possibilità cioè di vedere a richiesta programmi già trasmessi dalle reti), a iniziative di interscambio tv e web come Talent1 (provini inviati dagli spettatori al sito, poi selezionati e trasmessi in tv), alla IPTV di Fastweb, cui Mediaset fornisce contenuti e un servizio di visione ritardata di alcuni suoi programmi.
Mediaset in cifre. Circa il 60 per cento di capitale sul mercato, con il 43,3 per cento è in mano a investitori stranieri (segnatamente anglosassoni e americani). I ricavi consolidati in Italia nel 2007 sono pari a 3.002 milioni di euro; un utile netto di 330,8 milioni di euro. L'84 per cento dei ricavi proviene dalla pubblicità, anche se le attività diversificate stanno crescendo progressivamente. I dipendenti in Italia del gruppo erano 4.558 a fine 2007. Gli ascolti totale giornata del 2007 delle tre reti analogiche erano del 40,6 per cento che salivano al 43 per cento considerando il target commerciale (15/64 anni). Sempre nel 2007 le ore trasmesse dalle reti generaliste sono state 26.280, di cui il 45 per cento autoprodotte; la percentuale saliva al 62 per cento su Canale 5. Le ore d'informazione prodotte e trasmesse sono state 4.822. La quota di mercato calcolata sul totale ricavi tv 2007 di Mediaset è pari al 30 per cento (la Rai è al 34 per cento e Sky al 29 per cento), secondo la Relazione Agcom 2008.
La quota di Mediaset nel settore pay, sempre nel 2007, sempre secondo Agcom, è del 5 per cento, quella di Sky del 91 per cento.
Ogni anno, sempre rispettando quote di trasmissione e di investimento, Mediaset destina la metà dei propri ricavi pubblicitari a investimenti in produzione e acquisto di programmi audiovisivi europei: circa 1.071 milioni di euro nel 2007, di cui 106 milioni per film europei. Una parte rilevante degli investimenti in opere europee è destinata a prodotti nazionali: 244 milioni di euro alla fiction, 71 al cinema italiano.
La rete avanzata della tv terrestre è quella digitale terrestre. Vale la pena in questo consesso fornire una serie di dati relativi al settore nel suo complesso e in particolare alle attività di Mediaset a riguardo. Le trasmissioni digitali terrestri sono partite nel dicembre 2003. In soli quattro anni e mezzo il digitale terrestre si è imposto come la piattaforma digitale a maggior tasso di crescita e nel 2009 si appresta a superare la diffusione della piattaforma satellitare presente.
La diffusione delle diverse piattaforme digitali nel Paese è la seguente: 8 milioni di famiglie hanno il satellite (di queste circa 4 milioni e mezzo sono abbonati Sky), 7 milioni di famiglie hanno il digitale terrestre e 360 mila famiglie hanno l'IPTV. Secondo stime Anie-GFK, fino ad oggi sono stati venduti quasi 10 milioni di decoder, di cui 3.070.000 integrati nei televisori.
Come è noto, il passaggio completo dalla tv analogica alla tv digitale è fissato alla fine del 2012. Recentemente il Ministro Scajola ha fissato il calendario dei progressivi spegnimenti regionali e già a fine 2010 oltre il 70 per cento della popolazione italiana vedrà solo in digitale. Il 15 ottobre è iniziato lo spegnimento definitivo della Sardegna: a fine mese il milione e 600 mila abitanti «digitali» comporranno l'area più importante e ampia finora realizzata in Europa. Già oggi il digitale terrestre consente la visione di oltre 30 canali free e di 2 offerte a pagamento, una di Mediaset (Premium Calcio e Gallery) e una di Telecom Italia Media (La7Cartapiù).
L'Agcom, a seguito di un'offerta pubblica, ha compilato la graduatoria per l'attribuzione di banda tv all'interno dei multiplex dei gruppi con più di due reti televisive che, secondo la legge n. 66 del 2001, devono cedere a terzi il 40 per cento della capacità trasmissiva risultante dalla digitalizzazione. Sono 25 i canali in possesso


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dei requisiti; di questi, i primi 12 si aggiudicheranno banda e si aggiungeranno all'offerta esistente.
Non è senza senso sottolineare come la tv sia l'unico media obbligato per legge a modificare il proprio standard e come in pari tempo gli investimenti necessari alla transizione, anche in termini di acquisto delle frequenze, siano e saranno completamente sulle spalle degli operatori.
A partire dal dicembre 2003, data di inizio delle trasmissioni in digitale, Mediaset ha allestito 3 multiplex digitali, di cui uno interamente dedicato alla tv in mobilità, e ha lanciato 3 nuovi canali free: Boing (interamente dedicato ai bambini), Iris (dedicato al cinema d'autore, d'essai, di genere) e Mediashopping (dedicato alle televendite). Ha avviato la prima offerta di eventi sportivi in pay per view con tessera prepagata. L'offerta Mediaset Premium si è arricchita da inizio anno con Gallery, il meglio dei film e delle serie americane, e da luglio ospita un canale Disney. In sintesi i numeri di Mediaset Premium sono: 2.233.732 le tessere prepagate attive; 228.262 gli utenti con la formula Easy pay; 5.486.367 le ricariche attivate da inizio anno; 126 milioni 200 mila euro i ricavi al 30 settembre 2008.
Riguardo agli investimenti di Mediaset per l'avvio e il consolidamento delle trasmissioni nel nuovo standard, il dato cumulato negli ultimi 5 anni (compresi gli investimenti impegnati fino al dicembre 2009) è pari a 2.164 milioni di euro, di cui 740 per la realizzazione dei 3 multiplex (547 milioni di euro a fine 2007) e 1.424 milioni per l'acquisizione di diritti tv (834 milioni di euro alla fine del 2007).
Questa è sicuramente la sede giusta per segnalare una questione di grande importanza per gli operatori televisivi: la nuova pianificazione digitale e il cosiddetto dividendo digitale. L'esperienza della Sardegna dimostra che è possibile continuare a sfruttare in modo intensivo e ottimizzante lo spettro di frequenze tv assegnate all'Italia, anche alla luce del coordinamento di Ginevra e del nuovo piano delle frequenze digitali a livello internazionale. In Sardegna è stato possibile pianificare 35 multiplex, di cui 2 destinati a nuovi entranti.
In Europa è forte la pressione per un dividendo digitale da assegnare ai Telco Operators per servizi a pagamento aggiuntivi. Gli Stati dell'Unione hanno ribadito, anche recentemente, la «signoria» delle Autorità nazionali sulla gestione dello spettro elettromagnetico e sull'assegnazione di parti dello stesso ai diversi soggetti. Da Mediaset viene una richiesta pressante di salvaguardia delle frequenze tv, che devono continuare ad essere riservate ai broadcasters. Il parallelo che spesso si fa con gli altri Paesi, per esempio la Francia, che ha in animo di assegnare una porzione di frequenze tv a nuovi servizi delle compagnie telefoniche, è assolutamente mal posto: non esiste un altro Paese al mondo che abbia una densità tanto elevata di emittenti locali (oltre 500!). Oggi, che finalmente grazie al digitale può finire quella scarsità di frequenze, che è stata alla base di normative dirigistiche, anche a fini di pluralismo è giusto non depauperare i broadcaster di questa rinnovata ricchezza fondamentale sia per creare spazio a nuovi operatori tv sia per l'offerta di televisione in alta definizione sia per moltiplicare le offerte di tv anche a pagamento.
Veniamo alla parte più specifica dell'audizione odierna, la rete a larga banda, cominciando da un'esposizione delle relazioni tra tv e larga banda stessa, sulla base dei dati e delle ricerche in nostro possesso.
In tutto il mondo la progressiva diffusione della banda larga e l'evoluzione tecnologica danno più potere allo spettatore. In altre parole, i consumatori stanno diventando più esigenti, desiderano una scelta sempre più ampia di contenuti, accessibili ovunque, attraverso una molteplicità di piattaforme: digitale terrestre, satellitare, broadband e mobile. Ciò si riflette nella rapida crescita del consumo di video online. Nei principali Paesi europei almeno il 70 per cento degli utenti Internet fruisce di contenuti video e il 10 per cento del proprio tempo su Internet lo passa a guardare video.


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Cresce il tempo giornaliero dedicato al consumo di contenuti video online, anche se, per adesso, non a spese della televisione. Ciò sembra dovuto al fenomeno del multi-tasking, ovvero al consumo contemporaneo di media diversi, soprattutto fra i giovani. Il successo del video online è legato alla domanda sempre più diffusa di una fruizione personalizzata dei contenuti: gli spettatori vogliono essere liberi di scegliere cosa vedere e quando, costruendo il loro «palinsesto personalizzato».
Cresce l'interesse per la fruizione di contenuti video on demand, ovvero in modalità «non lineare» come strumento per acquisire sempre maggiore controllo sulle modalità di consumo del video. L'on demand guadagna progressivamente terreno sulla programmazione live, soprattutto fra i giovani. Video-on demand, DVR (Digital Video Recorder) e Catch-Up Tv sono i servizi più richiesti.
I sondaggi mostrano una preferenza diffusa per l'accesso ai contenuti video (anche premium) in modalità free, finanziata dalla pubblicità. Viceversa, la propensione all'acquisto di video-on demand è elevata se si tratta di contenuti esclusivi, offerti in anteprima o in alta definizione.
L'interattività, che rappresenta da sempre il tratto distintivo della banda larga, non porta soltanto alla personalizzazione, ma anche alla trasformazione del video in strumento di interazione e condivisione. Questo è un fenomeno che si riscontra soprattutto fra i giovani di ambo i sessi.
Da recenti indagini, per più del 70 per cento degli utenti fra 18 e 30 anni la fruizione di video rappresenta un momento di ritrovo, da trascorrere in compagnia di amici; il 25 per cento commenta i video e vota per i contenuti preferiti; uno su 5 li pubblica sulla propria pagina web per condividerli con gli altri. Su Internet gli spettatori non si accontentano solo di fruire di contenuti video, ma si propongono a loro volta come generatori di contenuti: ne è emblema il fenomeno YouTube. In quest'ottica il video acquista nuove valenze e si afferma come strumento di interazione e comunicazione con gli altri.
In sintesi, dopo mezzo secolo di televisione tradizionale oggi le abitudini e le esigenze degli spettatori stanno cambiando. Dal canto loro, i broadcaster di tutto il mondo rispondono a questa discontinuità cercando di cogliere le nuove opportunità, per dare nuova linfa al business dei contenuti.
La banda larga offre alle Media Company due grandi opportunità. La prima opportunità è rappresentata dalla distribuzione di contenuti audio-video su protocollo Internet, sfruttando la banda larga come mezzo per massimizzare il valore dei propri contenuti, che vengono offerti su videoportali Internet o distribuiti su IPTV.
La seconda opportunità consiste nella possibilità di lanciare servizi dual o triple play, offrendo unitamente all'offerta tv, anche servizi di connettività broadband, voce e dati.
Per le Media Company essere presenti su Internet non è soltanto un'opportunità, ma è essenziale per mantenere la leadership nel mondo dei contenuti tv. Inoltre, la tv si serve di Internet come strumento per promuovere l'interazione tra broadcaster e spettatore, in modo da conoscere sempre meglio il proprio pubblico.
Lo sviluppo di un posizionamento forte, nel business emergente della distribuzione dei contenuti online, è anche essenziale per rispondere in modo efficace all'espansione di giganti Internet come Google/YouTube e lottare efficacemente contro la pirateria. L'ingresso su Internet non è però solo una mossa difensiva, ma rappresenta anche un'opportunità per generare valore: ovvero, per monetizzare i contenuti video, estendendo la finestra temporale di accesso ai programmi tv trasmessi in broadcast.
Inoltre, attraverso la distribuzione di video online, le Media Company possono generare ricavi aggiuntivi derivanti dalla vendita di pubblicità sui propri portali Internet, pubblicità ritenuta sempre più pregiata dagli investitori, grazie alla possibilità di segmentare l'audience andando ad intercettare target specifici. I principali broadcaster a livello globale (come NewsCorp,


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ABC, BBC e Disney) tendono ad adottare modelli di videoportali basati sull'offerta di contenuti premium, fruibili gratuitamente in modalità catch-up: ovvero, dopo essere stati trasmessi in televisione, i contenuti video vengono riproposti online per gli appassionati o per chi se li era «persi» alla tv.
Sempre di più le Media Company vedono nel broadband lo strumento per ampliare la propria gamma di servizi, allargando la base dei clienti e generando nuovi ricavi. In questo senso il caso BSkyB in Inghilterra è fra i più emblematici; infatti, alla fine del 2006 il gigante inglese della pay-tv ha lanciato un'offerta broadband per ridare slancio alle acquisizioni di nuovi abbonati, che ha avuto un successo inaspettato.
Sebbene L'Italia non sia paragonabile al Regno Unito per diffusione di Internet, anche nel nostro Paese la banda larga sta rivoluzionando il mondo dell'intrattenimento digitale e rappresenta per Mediaset una piattaforma da presidiare da vicino. Infatti, se è vero che il terrestre è da sempre la piattaforma di riferimento di Mediaset, oggi l'azienda punta ad essere presente su tutte le piattaforme - terrestre, satellitare, banda larga e mobile - per soddisfare il desiderio degli spettatori di fruire dei contenuti televisivi con modalità nuove.
Sulla banda larga, in particolare, Mediaset opera direttamente, offrendo su Internet contenuti video in modalità on demand, ma anche indirettamente, distribuendo su IPTV i propri contenuti attraverso accordi con le Telco. Su Internet Mediaset offre contenuti video, in modalità free e a pagamento, con due portali distinti: Mediaset Video e Rivideo. Sul portale Mediaset Video è possibile accedere gratuitamente a clip video, in formato «snack», realizzati a partire dalla library di contenuti televisivi Mediaset. Mediaset Video è oggi il secondo portale video italiano, con 300 mila utenti unici e 30 milioni di video scaricati nell'ultimo anno. Il portale Rivideo, lanciato nel 2008, offre i contenuti premium di Mediaset a pagamento: i video sono accessibili dal portale in modalità streaming e possono anche essere scaricati su PC. Sul sito vengono anche trasmessi eventi live di particolare richiamo.
Infine, sul modello YouTube, Mediaset ha lanciato anche alcuni siti di User Generated Content (UGC) legati al mondo dei suoi programmi televisivi. I siti di Content rappresentano un mezzo efficace per rafforzare il legame con lo spettatore, creando con il pubblico un rapporto sempre più interattivo. L'obiettivo è quello di creare comunità online dove gli utenti possano condividere con gli altri i propri contenuti autoprodotti e al contempo interagire con le produzioni dei programmi tv preferiti.
I video autoprodotti inviati a Mediaset sono diventati parte integrante dei programmi televisivi trasmessi in broadcast. Ne è un esempio Le Iene, dove all'interno del programma è presente uno spazio dedicato ai video migliori girati dagli spettatori.
Per rispondere al crescente desiderio di partecipazione degli utenti, si è arrivati a realizzare programmi televisivi incentrati sul contributo produttivo dell'utente stesso: è il caso di Talent1, costruito tutto intorno ai video autoprodotti inviati sull'omologo sito Internet.
Nel campo IPTV, Mediaset ha realizzato accordi con gli operatori telefonici per la distribuzione dei propri contenuti televisivi, in modalità lineare e non lineare. Oggi Mediaset offre agli utenti di Fastweb Tv il simulcast delle tre reti generaliste su IP. Su Fastweb Mediaset offre anche un servizio di Replay Tv, fra i più apprezzati dagli utenti IPTV. Il servizio consiste nel rendere accessibile la programmazione delle reti generaliste nelle 48 ore successive alla messa in onda. Gli utenti possono così fruire dei programmi in modalità on demand senza essere vincolati agli orari di palinsesto delle reti Mediaset.
A partire dall'anno prossimo, Mediaset punta a rafforzare la propria presenza su IP, rendendo i propri contenuti televisivi accessibili anche su Alice Home Tv, con un'offerta sempre più ricca. Su Alice,


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Mediaset intende distribuire la sua offerta televisiva a pagamento: Premium Gallery, con cinema e serie tv in anteprima, e Premium Calcio, con il meglio della serie A. Saranno anche disponibili due servizi di video-on demand: uno con i contenuti delle library Mediaset, l'altro con i contenuti di Premium Gallery, fra cui film e serie Warner e Universal.
In conclusione, sebbene la banda larga in Italia sia ancora a uno stadio iniziale, il suo potenziale rappresenta una straordinaria opportunità di crescita, non solo per Mediaset, ma per tutta l'industria dei media in generale.
Coglierne a pieno il potenziale significa sapersi evolvere, rispondendo in modo efficace ai nuovi bisogni dei consumatori, e poter disporre di un'adeguata infrastruttura di rete, capace di diffondersi presso la grande maggioranza delle famiglie italiane.
Due considerazioni importanti a chiusura di questa parte della relazione. La prima è che Mediaset ritiene la IPTV, quindi la tv via cavo/fibra, una piattaforma integrativa e non sostitutiva o in concorrenza con la piattaforma terrestre, analogica oggi, digitale in un prossimo futuro, già iniziato. Non esiste pertanto una necessità da parte di Mediaset e dei broadcaster insieme di sollecitare gli ingentissimi investimenti richiesti dall'installazione di una rete in grado di portare l'IPTV in ogni casa del territorio italiano. Quello che si vuol dire è che l'IPTV è un «di cui» delle reti di nuova generazione, non è certo la ragione economica che le giustifica.
Quello che invece Mediaset ritiene è che il Paese abbia estremo bisogno di una diffusione capillare di Internet. Le nostre imprese, i nostri studenti, le amministrazioni pubbliche necessitano di una copertura universale per recuperare competitività nei confronti degli altri Paesi dove il cosiddetto «divario digitale» esistente tra aree metropolitane e non, è superato o in via di soluzione. Un Paese più moderno, messo in condizioni di crescita e di sviluppo, è un bene per tutta le imprese, Mediaset compresa. Poi - o in parallelo - è giusto parlare di reti di nuova generazione, ma, lo ripetiamo, l'obiettivo di queste non è e non può essere l'IPTV. Tutto ciò detto, è evidente che quando l'IPTV sarà possibile, con una copertura anch'essa capillare, Mediaset vorrà esserne protagonista insieme a tutti gli altri operatori e chiederà garanzie d'accesso e parità di condizioni economiche del servizio.
La seconda considerazione riguarda contenuti, proprietà intellettuale e modelli di business. Non c'è dubbio che, da quando la rete è in grado di portare video, si sia aperta una fase nuova nello scenario audiovisivo mondiale, contrassegnata da un attacco profondo a onerosità dei diritti coperti da proprietà intellettuale ed esclusive. Non si tratta solo di immagini, film o programmi scaricati illegalmente dai «surfisti» esperti, ma di pirateria in grande stile, attuata anche da giganti della rete, che, «saccheggiando» gratis le library dei broadcaster e delle major, rischiano di incrinare i modelli di business che finora hanno retto i costi della produzione e remunerazione dell'ingegno in ambito audiovisivo (vedi la nostra causa a Google/You Tube).
Se si pensava che la moltiplicazione delle reti (doppino, telefonia mobile, IPTV) avrebbe incrementato la produzione di contenuti nuovi, profilati per le diverse piattaforme, questo non è successo e si è assistito ad un utilizzo sempre più intensivo dei contenuti tipici di cinema e tv.
A scassare quello che c'è non ci vuol molto e ad oggi un altro modo di far vivere l'ingegno non se l'è inventato nessuno. E allora è necessaria la sensibilità di voi legislatori per aiutarci a combattere la pirateria e allargare le risorse che afferiscono alla produzione e promuovere volani positivi in grado di rendere disponibili contenuti sufficienti a riempire le reti sempre più numerose. Logicamente, stiamo pensando a interventi quali tax shelter, agevolazioni fiscali e product placement, capaci di attrarre verso la produzione denari privati, non certo a sterili interventi assistenziali di Stato.
Mediaset ha partecipato con una propria memoria alla consultazione pubblica


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predisposta dall'Agcom sugli impegni proposti da Telecom Italia a fini di una maggior trasparenza di servizi e tariffe praticate. Gli impegni sono la risposta di Telecom alla sempre più sostenuta necessità di separare la rete di Telecom dalle attività commerciali di Telecom stessa e riguardano sostanzialmente: garanzia di una maggiore parità di trattamento tra le divisioni commerciali di Telecom e gli operatori terzi nell'accesso ai servizi di rete offerti da Open Access (la funzione per l'erogazione dei servizi di accesso alla rete); maggiore trasparenza nei confronti degli operatori in merito all'evoluzione della rete fissa di Telecom; soddisfazione degli operatori e dei loro clienti finali attraverso concreti interventi per lo sviluppo e il miglioramento della qualità della rete e dei servizi. Si tratta di impegni che sarebbero tutti garantiti dall'individuazione di un organo di vigilanza, con membri di nomina Telecom, incaricato di vigilare sulla loro corretta esecuzione. A giudizio di Mediaset, tali impegni non sono sufficienti a garantire a tutti gli operatori una sostanziale parità di accesso alla rete, a condizioni trasparenti e non discriminatorie, requisito questo necessario ad una reale concorrenza sulla rete fissa, che è una sola ed è di Telecom. Non sta a noi suggerire la via migliore, anche se la soluzione inglese di una separazione gestionale, affidata ad una struttura indipendente, ci sembrava in grado di garantire maggiormente la trasparenza e l'apertura della rete a terzi.
Certo è che, soprattutto in vista della costruzione della rete di nuova generazione, le attività più squisitamente commerciali dì Telecom dovrebbero essere distinte da quelle afferenti al servizio universale e agli obblighi di accesso garantiti a terzi in forza della disciplina dell'operatore dominante. Il concreto interesse di Mediaset, come già sottolineato precedentemente, è la garanzia di avere assicurato l'accesso anche alle reti capaci di portare l'IPTV a condizioni di listino non discriminatorie con gli altri operatori e con Telecom stessa. Infine, parrebbe opportuno che anche per la rete di nuova generazione - se sarà una, di Telecom, e favorita da investimenti o interventi pubblici - fossero prescritti comportamenti in grado di garantirne l'accesso a tutti gli operatori.

PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Confalonieri per l'ampia relazione, che, oltre ai temi oggetto della nostra indagine conoscitiva, ne ha toccato anche altri di grande attualità.
Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

LUCA GIORGIO BARBARESCHI. Vorrei innanzitutto ringraziare per la relazione straordinaria, esaustiva e interessante per quanto riguarda le telecomunicazioni, che abbiamo ascoltato. Auspico dunque che questa forza propulsiva possa finalmente imprimere una direzione diversa, giacché tutti gli auditi hanno lamentato lo stesso problema.
Colgo l'occasione per invitarvi a partecipare la settimana prossima agli «stati generali contro la pirateria», che saranno tenuti dal Ministro Bondi durante il Festival del cinema. Verrà trattato il tema della pirateria, di YouTube e interverranno players legati al mondo di Internet, che hanno assunto posizioni più anarchiche, ma secondo me anche confuse.
Desidero chiedervi, inoltre, se anche in futuro potrete garantire la centralità di un prodotto italiano, che attualmente rappresenta una forza. Se ne è parlato anche dal punto di vista di una certa responsabilità etica rispetto a quanto sta accadendo nel Paese. Ci troviamo in un momento di importanti riforme istituzionali. Come sottolineerò anche alla RAI, i contenuti sono molto importanti. Ritengo però che si corra un grosso rischio e che la responsabilità di chi gestisce le media company sia paradossalmente maggiore di quella della politica, perché l'impatto dei media è molto più forte di qualsiasi docente universitario.
Trovandomi in questo momento dalla parte del legislatore, vi chiedo quindi un'attenzione particolare nei riguardi di questo aspetto, apprezzando soprattutto la


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diversificazione raggiunta in modo esemplare da questa azienda. È infatti quasi impressionante constatare la crescita di Mediaset in questi trenta anni e rilevare l'intelligenza che c'è dietro questo progetto di media company.
Si deve quindi ritenere che il ruolo delle media company possa educare il Paese a essere migliore in tutti i campi, soprattutto nelle news, laddove spesso ci si lamenta di essere costretti a mandare in onda qualcosa per diritto di cronaca. Questo spesso confonde la cronaca con lo stimolo ad appagare gli istinti più bassi, che con l'informazione c'entrano poco.

MARIO LANDOLFI. Anch'io desidero ringraziare il presidente Confalonieri per il contributo fornito all'indagine conoscitiva deliberata da questa Commissione.
Vorrei approfondire il tema del passaggio al digitale terrestre. Da anni ci troviamo di fronte a un evento atteso soprattutto dagli operatori, sempre spostato in avanti da qualcuno, me compreso; tuttavia, dopo lo scetticismo dei primi anni, è diventato un obiettivo del sistema Paese, che adesso l'Europa quasi ci impone.
Come altri operatori privati, Mediaset è fortemente impegnata anche dal punto di vista finanziario al conseguimento di tale obiettivo. Nel tempo, però, si è creata una sorta di asimmetria tra i broadcasters privati e il servizio pubblico rispetto alla mole di investimenti necessari al passaggio al digitale terrestre. Lei considera il 2012 una data realistica o ritiene opportuno affrontare un nuovo slittamento? Inoltre - mi rendo conto che questa seconda domanda dovrei piuttosto porla alla RAI - lei crede che allo stato delle cose in RAI ci sia eguale determinazione nel perseguire l'obiettivo del digitale terrestre? Il 15 ottobre è avvenuto lo spegnimento (switch off) definitivo nella prima regione, la Sardegna. Poi toccherà alle altre e quindi si procederà a tutta la complessa manovra che deve accompagnare questo obiettivo.
Vorrei sapere quindi se lei ritenga che il 2012 sia una data realistica per lo switch off e che il sistema nel suo complesso, ovvero privati e servizio pubblico, abbia eguale determinazione rispetto al raggiungimento dell'obiettivo.

EMANUELE FIANO. Ringrazio il presidente Confalonieri per la sua relazione, che non ho potuto ascoltare interamente, ma di cui ho letto il testo. Vorrei riferirmi alla questione della pirateria e alla vostra causa contro il gruppo Google-YouTube per chiedere di entrare nel dettaglio e anche per compararlo con analoghe situazioni di cause in corso in altri Paesi. Vorrei sapere infatti se vi siano precedenti di cause concluse contro Google-YouTube per episodi di pirateria attraverso materiale procurato sulla rete Internet.
La seconda domanda riguarda le questioni sollevate dall'onorevole Landolfi. La relazione del presidente Confalonieri presenta un sistema integrato delle varie modalità con cui si può accedere al contenuto di Mediaset, tra digitale terrestre, analogico, Internet, mobile. Mi pare quindi che escludiate con forza la possibilità che in futuro la diffusione della rete Wi-Max, del segnale Internet nel nostro e in altri Paesi possa scalzare per forza e quantità di trasmissione altri sistemi come quello del digitale terrestre. Vorrei chiedervi di delineare lo scenario su come secondo voi si evolverà in un futuro a media o lunga scadenza la quantità di contenuti trasmessi attraverso la rete o attraverso altre piattaforme come il digitale terrestre.

PRESIDENTE. Ricordo ai colleghi che tra pochi minuti dovremo terminare l'audizione in quanto riprenderanno i lavori in Aula.

SANDRO BIASOTTI. Sarò molto veloce, ponendo la domanda che ho rivolto anche ad altri auditi. Lei ci ha spiegato chiaramente i vantaggi di Internet sia per l'utente televisivo, in grado così di farsi un programma personalizzato, sia anche per voi, operatori di televisione. Chiedo quindi a lei, che è una persona pragmatica, perché Internet non si sia sviluppato in modo esponenziale come il telefonino, la televisione o gli abbonamenti a Sky. C'è qualcosa che non riusciamo a capire.


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Desidero aggiungere un'altra osservazione velocissima, che riguarda Le Iene, anche se non è attinente con l'argomento dell'audizione e per questo mi scuso con il presidente Valducci. Noi lavoriamo molto e cerchiamo di dare il massimo. Mi hanno «beccato» Le Iene ponendomi le classiche quattro domande di attualità. Ho risposto a tre su quattro, ma non hanno mandato in onda l'intervista. Sarebbe opportuno che lei intervenisse per informare che trasmettete solo chi è ignorante e non gli altri, perché non è giusto dare l'immagine secondo cui tutti i deputati sono ignoranti. Se si sceglie di mandare in onda solo i video più simpatici, magari quelli con le interviste alle persone più ignoranti, allora si dovrebbe almeno specificare che altri, invece, hanno risposto bene. Non siamo tutti ignoranti.

PRESIDENTE. Do la parola per la replica al presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri.

FEDELE CONFALONIERI, Presidente di Mediaset. Onorevole Biasotti, le do ragione. Lei lo esprime garbatamente, ma talvolta si fa vivo qualcuno anche più arrabbiato. Questo si riallaccia alle considerazioni dell'onorevole Barbareschi sui contenuti, su come si fa la cronaca, sull'informazione. Purtroppo i cronisti affermano di dover diffondere un'immagine agghiacciante, ma ciò non è vero, perché esiste un limite di deontologia professionale per cui, al cospetto di certe cose, ci si deve fermare.
I contenuti italiani, al di là delle quote o di quanto imposto dall'Europa o dalle Autorità, vincono di gran lunga sugli altri prodotti, perché sono storie nostre. In questi giorni ho svolto riunioni con i giornalisti, con i direttori di rete, con chi fa programmi, perché viviamo in un momento particolare, in un clima di ansia collettiva. Oggi non si possono fare i film di Frank Capra, ma il film Mr. Smith Goes To Washington parlava di piccoli azionisti ed è ancora attualissimo. Sarebbe quindi opportuno promuovere storie di questo tipo, che diano fiducia, magari un po' pedagogiche. Spesso si parla di quando la RAI faceva la televisione pedagogica, personalmente sono nato in quel tipo di RAI.
Cerchiamo e cercheremo di farlo, perché ne abbiamo il dovere, senza operare censure, ma riconoscendo che per entrare nelle case altrui ci si deve presentare in un certo modo e che nei momenti di crisi bisogna anche sollevare il morale degli spettatori.
Inoltre, andando a letto presto, non riesco più a vedere un programma di approfondimento, perché è ormai da nottambuli.

LUCA GIORGIO BARBARESCHI. Il prime time in Europa è alle otto.

FEDELE CONFALONIERI, Presidente di Mediaset. Solo gli spagnoli sono peggio di noi, perché lì il telegiornale comincia alle nove.
Presidente Landolfi, relativamente al digitale terrestre, è stato stabilito che per il 70 per cento nel 2010 sarà già realtà, quindi sono convinto che il 2012 sarà una data reale. Chi è in RAI evidentemente ha grossi problemi. Personalmente lavoro da 35 anni in questa azienda, prima Fininvest e adesso Mediaset. Si può programmare e guardare a lungo termine. Non sono invidiabili le condizioni di un direttore generale che ignora se fra tre o sei mesi ricoprirà ancora quella carica. Il nostro direttore generale, Franco Ricci, l'equivalente di Cappon, è da circa 30 anni in azienda. Ha cominciato con Galliani a mettere i ripetitori e ha vissuto tutta l'evoluzione.
Devo tuttavia rilevare che la sensibilità in RAI su questi aspetti esiste ed è stata dimostrata, come lei sa, perché quando era ministro venivamo insieme in Commissione. Certo, la RAI deve fare i conti con quello che ha. Se si recuperassero i 600 milioni dell'evasione del canone, potrebbe fare tutti gli investimenti e probabilmente ricaverebbe anche risorse per produzione e pubblicità.
Per quanto riguarda la causa relativa a YouTube, è basilare rispettare la proprietà intellettuale, i copyright. Capisco che la


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tecnologia possa rappresentare un aspetto positivo. Mi annovero tra coloro che ancora preferiscono il compact disc o i DVD, che sono meravigliosi per gli appassionati. Posso vedere Shakespeare in DVD perché ci sono i sottotitoli in inglese, così come l'opera, il melodramma. Anche Wagner si può apprezzare con i DVD perché c'è la traduzione. Questa è la tecnologia, ma non si può permettere che tutti se ne approfittino. Voi avete una funzione de iure condendo anche su questo. La procedura che abbiamo adottato è quella normale.

EMANUELE FIANO. Ci sono altre cause vinte contro YouTube nel mondo?

FEDELE CONFALONIERI, Presidente di Mediaset. Purtroppo la RAI è scesa ad una transazione.

GINA NIERI, Consigliere d'amministrazione di Mediaset. In Francia, c'è stato un caso in cui Google è stato costretto a ritirare i contenuti. La causa principale, invece, è in corso negli Stati uniti e il suo esito è tuttora in discussione.

LUCA GIORGIO BARBARESCHI. Loro tolgono tutto. Quattro anni fa ho fatto causa da solo, per principio.

EMANUELE FIANO. Non ho capito. Un conto è Google-YouTube che toglie il contenuto, ma ne pagano le conseguenze penali anche i comuni cittadini che lo abbiano replicato varie volte sulla rete?

PRESIDENTE. Scusate, non teniamo un dibattito, anche perché dobbiamo scendere in Aula.

FEDELE CONFALONIERI, Presidente di Mediaset Si va a cercare quello che può rifonderti, perché fare causa a un comune cittadino potrebbe rappresentare solo una spesa.
Per quanto riguarda Internet, sugli aspetti tecnici vorrei lasciare la parola a Franco Ricci. Internet è indietro anche per ragioni storiche e generazionali, perché spesso i miei coetanei incontrano difficoltà.
Per quanto riguarda Le Iene, oneri ed onori. Suvvia, siete onorevoli! Vi assicuro che sono costretto ad intervenire molto spesso. Questa però è una richiesta giusta, perché viene mandata in onda solo l'intervista di chi risponde in modo insufficiente.

FRANCO RICCI, Direttore generale operazioni RTI. Non avrei molto da aggiungere, se non un concetto sulle piattaforme del futuro e sul fatto che Mediaset guarda a tutte le piattaforme. La casa del futuro avrà più piattaforme, una delle quali prevalente. Come televisione generalista, dunque, dobbiamo alimentare tutte le piattaforme, perché se tra 5-10 anni il 60 per cento delle case avesse come piattaforma prevalente il digitale terrestre, il 30 per cento il satellite e il 10 per cento l'IPTV, la limitazione a una sola piattaforma comporterebbe ovviamente dei problemi. Il concetto di piattaforma prevalente e di casa digitale deve quindi essere considerato nella sua complessità.

PRESIDENTE. Ringrazio i rappresentanti di Mediaset e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 13,30.

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