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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione IX
15.
Giovedì 23 ottobre 2008
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Valducci Mario, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'ASSETTO E SULLE PROSPETTIVE DELLE NUOVE RETI DEL SISTEMA DELLE COMUNICAZIONI ELETTRONICHE

Audizione di rappresentanti di Autostrade per l'Italia:

Valducci Mario, Presidente ... 3 7 10 12
Barbareschi Luca Giorgio (PdL) ... 7
Bergamini Piero, Direttore servizi evoluti di Autostrade per l'Italia ... 4 10
Castellucci Giovanni, Amministratore delegato di Autostrade per l'Italia ... 3 7 10
Lorenzin Beatrice (PdL) ... 9
Lovelli Mario (PD) ... 9
Moffa Silvano (PdL) ... 7
Montagnoli Alessandro (LNP) ... 9
Nizzi Settimo (PdL) ... 7 10

Audizione di rappresentanti di Ferrovie dello Stato:

Valducci Mario, Presidente ... 12 15 16 18
Barbareschi Luca Giorgio (PdL) ... 15
Cipolletta Innocenzo, Presidente di Ferrovie dello Stato ... 12
Iapicca Maurizio (PdL) ... 15
Montagnoli Alessandro (LNP) ... 16
Moretti Mauro, Amministratore delegato di Ferrovie dello Stato ... 13 15 16
Nizzi Settimo (PdL) ... 15
Sarubbi Andrea (PD) ... 16

Audizione di rappresentanti di RAI - Radiotelevisione italiana:

Valducci Mario, Presidente ... 19 23 25 26 27 31
Barbareschi Luca Giorgio (PdL) ... 22 23 26 27 29
Carra Enzo (PD) ... 23 24
Lainati Giorgio (PdL) ... 24
Nizzi Settimo (PdL) ... 25 31
Petruccioli Claudio, Presidente di RAI - Radiotelevisione italiana ... 19 23 25 26 27 29 31
Sarubbi Andrea (PD) ... 24

Audizione di rappresentanti di Cisco Systems:

Valducci Mario, Presidente ... 31 36
Lainati Giorgio, (PdL) ... 35
Lorenzin Beatrice, (PdL) ... 34 35
Venturi Stefano, Amministratore delegato di Cisco Systems Italy ... 31 34 35 36

Audizione di rappresentanti di Infracom network application:

Valducci Mario, Presidente ... 36 38 39
Bandinelli Francesco, Amministratore delegato di Infracom network application ... 36
Manuali Stefano, Responsabile affari regolamentari e istituzionali di Infracom network application ... 38
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.

COMMISSIONE IX
TRASPORTI, POSTE E TELECOMUNICAZIONI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di giovedì 23 ottobre 2008


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MARIO VALDUCCI

La seduta comincia alle 15,10.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di Autostrade per l'Italia.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'assetto e sulle prospettive delle nuove reti del sistema delle comunicazioni elettroniche, l'audizione di rappresentanti di Autostrade per l'Italia, ai quali do la parola.

GIOVANNI CASTELLUCCI, Amministratore delegato di Autostrade per l'Italia. Onorevole presidente, onorevoli deputati, vi ringrazio dell'opportunità che ci avete dato oggi di contribuire all'indagine conoscitiva sull'assetto e sulle prospettive delle nuove reti del sistema delle comunicazioni elettroniche.
Mi permetterò di fare una rapidissima sintesi iniziale dell'argomento e della nostra visione, lasciando all'ingegner Bergamini, direttore dei servizi evoluti, che vanta un'ampia esperienza anche nel settore telefonico, in Italia e all'estero, all'interno del gruppo Telecom, di entrare nel dettaglio e dare ulteriori elementi di conoscenza a questa Commissione.
Permettetemi di dire, in termini generali, che noi siamo stati possessori di una rete di comunicazione a banda larga fino al 2003, anno in cui siamo stati costretti, per una richiesta dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, a vendere la nostra rete di banda larga Autostrade Telecomunicazioni (ATLC). Abbiamo mantenuto il controllo di otto fibre ottiche, necessarie per tutte le nostre esigenze operative di Autostrade per l'Italia e, alla luce dell'aumento vertiginoso della capacità di trasmissione di una singola coppia di fibra ottica, riteniamo che quanto è rimasto in nostra totale disponibilità - otto fibre, quindi quattro coppie - sia più che sufficiente a coprire il nostro fabbisogno futuro.
Devo anche dire che, per quanto riguarda la capacità di trasmissione su lunga distanza, riteniamo che oggi la domanda sia limitata. Come esempio cito il caso delle fibre ottiche che abbiamo sulla Roma-L'Aquila, recentemente posate, che non hanno trovato ancora un utilizzatore interessato a pagare il costo di posa. Esiste, quindi, una sovracapacità di banda larga sulla lunga distanza, mentre - e su questo tornerà l'ingegner Bergamini nel dettaglio - esiste probabilmente una sottocapacità nei centri urbani, quindi nell'ultimo miglio.
Noi, peraltro, siamo interessati alla comunicazione di banda larga wireless, perché essendo produttori di contenuti di infoviabilità, contenuti che avranno sempre più bisogno di banda per clienti in movimento, riteniamo che la diffusione della banda larga wireless sia un elemento per noi abilitante, e che i contenuti che noi


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svilupperemo e che stiamo già sviluppando saranno un elemento abilitante della costruzione della banda larga. Pensiamo, quindi, di poter essere un partner fornitore di contenuti e servizi utilizzabili tramite la banda larga wireless che crediamo si debba sviluppare.
Con questo ritengo di aver disegnato il quadro complessivo, che spero sia stato sufficientemente sintetico. e lascerei all'ingegner Bergamini l'illustrazione di dettaglio.

PIERO BERGAMINI, Direttore servizi evoluti di Autostrade per l'Italia. Ringrazio anch'io l'onorevole presidente e gli onorevoli deputati per la pazienza.
Seguirò nell'esposizione il documento che abbiamo consegnato. Noi abbiamo declinato questo intervento riferendolo in particolare all'ambito autostradale, quello che ovviamente ci compete. Un dato che sicuramente conoscerete tutti è che la rete autostradale italiana a pedaggio è lunga 5.600 chilometri ed è gestita da oltre venti concessionarie, che sono riunite sotto l'associazione AISCAT e che lavorano in regime di concessione con ANAS. Autostrade per l'Italia è la più grande e si estende per 2.800 chilometri.
Il Gruppo Atlante, di cui Autostrade fa parte, comprende anche altre sette società per altri 600 chilometri. Possiamo dire che Autostrade per l'Italia è la lunga distanza del trasporto, connettendo - dato che non tutti conoscono - ben quindici regioni e sessanta province; la nostra società ha quindi una struttura organizzativa dispiegata sul territorio, che si articola su una direzione generale a Roma e una a Firenze nonché su direzioni territoriali e strutture periferiche tipiche di una struttura di esercizio, per essere vicini al cliente e al funzionamento della rete.
È una percezione diffusa ovunque che gestire un'autostrada sia una questione di asfalto, di ferro e di cemento. Questo è quanto di più misleading possa esserci. Oggi una moderna rete autostradale richiede, invece, un uso particolarmente sofisticato di tecnologie. C'è solo un problema riguardante il nomen iuris: tutti lo chiamano ICT, da noi si chiama ITS (Intelligent Transport System). Tuttavia, si tratta solo di un problema di comunicazione, per il quale non veniamo aggregati al mondo dell'ICT, ma siamo a pieno titolo nel mondo dell'ITS.
Autostrade per l'Italia ha una caratteristica le cui radici affondano negli anni: ha sempre inventato, lanciato, ideato e precorso il mercato con nuovi prodotti. Voi sapete che il telepass ha superato i 6 milioni di clienti; è attivo dagli anni Novanta e rappresenta ancora più del 40 per cento dell'intero parco europeo. Un anno fa avremmo detto il 50 per cento, ma anche gli altri si stanno muovendo; comunque, siamo al 40 per cento.
Un'altra «invenzione» di Autostrade per l'Italia, molto cara all'ingegner Castellucci, è quella del tutor. Oggi i tutor sulla rete del gruppo coprono 1.800 chilometri di carreggiata, un'estensione enorme. Gli effetti benefici sull'incidentalità e, soprattutto, sulla mortalità sono noti a tutti. In questo settore possiamo dire che Autostrade per l'Italia rappresenta un esempio di leadership, che ci è riconosciuto non solo nella nostra rete. Quasi tutte le concessionarie italiane usano, propria sponte, tecnologie prodotte da Autostrade per l'Italia e anche all'estero abbiamo casi di eccellenza di interi Paesi che funzionano su infrastrutture e su servizi e prodotti forniti da Autostrade per l'Italia.
Chi gestisce un'infrastruttura si trova a dover fare un trade-off tra sicurezza, fluidità, eventi esogeni (atmosferici, meteorologici, incidenti) e la possibilità, non sempre realizzabile, di regolare i flussi di traffico. A questo punto, non lo si può fare solo con l'uomo, ma c'è bisogno di una infrastruttura e di una rete di telecomunicazioni capillare e diffusa sul territorio.
Passo rapidamente a illustrare come è realizzata un'infrastruttura di rete. Partendo dalla periferia, la nostra infrastruttura, come il corpo umano, è costituita da sensori fissi e mobili. Abbiamo 2.200 telecamere, 500 sensori di traffico, 600 sensori meteo, 4 mila colonnine SOS, 1.000 pannelli a messaggio variabile, 1.200 varchi, sensori GPS, telecamere mobili, sistemi


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di tracciamento. Insomma, è un'infrastruttura «nervosa» molto articolata.
Esiste, poi, un'infrastruttura di rete che gira - lo dico non solo perché è di moda - su protocollo IP. Non stiamo parlando, quindi, di infrastrutture obsolete. L'infrastruttura di rete è tipica di una qualunque rete di telecomunicazione: ha una rete di backbone, che collega i nodi della rete, una rete che aggrega i dati e una rete di accesso che, come tutte le infrastrutture, va a raccogliere i segnali che i sensori captano e rilevano in tempo reale.
Pertanto, abbiamo una fase di raccolta dei dati e una fase di integrazione. Quando parliamo di integrazione non ci riferiamo solo ai nostri sensori, poiché noi integriamo i dati di altre concessionarie. Inoltre, vi è un nuovo mercato che sta crescendo, quello del floating car data. Le scatole, che molti automezzi installano a bordo a fini prevalentemente assicurativi, sono generatori, di fatto, di velocità di questo mezzo. Questi dati, assolutamente svincolati dal possessore della macchina, permettono di integrare i nostri e consentire una previsione dei flussi di traffico molto più sofisticata rispetto al passato.
Esiste, poi, una fase di diffusione delle informazioni, che noi dividiamo in tre grosse categorie: sistemi gestiti da Autostrade, ossia i pannelli a messaggio variabile, che rappresentano oggi il punto di maggiore attenzione dell'azienda, per far sì che sempre quello che si legge sul pannello corrisponda alla realtà o al meglio dell'approssimazione che lo stato dell'arte permette; sistemi gestiti da terzi, come radio, Internet, telefonia mobile; navigatori satellitari, un nuovo canale apparso sul mercato in quest'ultimo anno, sul quale aggiungerò qualche dettaglio in un secondo momento.
Come funziona la rete? Come ha detto l'ingegner Castellucci, la rete funziona su fibra ottica, posata a suo tempo da Telecom Italia in un tubo di proprietà di Autostrade (anche le fibre sono nostre). Nell'accesso usiamo le tecnologie disponibili allo stato dell'arte, dunque Wi-Fi, Wi-Max, HDSL. Insomma, non scaviamo più le ultime centinaia di metri, ma usiamo tecnologie di accesso wireless.
La nostra è una rete che oggi - ma anche in futuro - è in grado di soddisfare pienamente le nostre esigenze. Questo avviene intanto perché le nostre infrastrutture sono posizionate lungo i principali assi di comunicazione, quindi in zone raggiunte sia da reti pubbliche che da reti private, ma soprattutto perché il movimento delle nostre infrastrutture è ampiamente pianificato, quindi mai potrà succedere che esigenze improvvise di banda in un posto non siano ampiamente prevedibili.
Ricordo, come ha già detto l'ingegner Castellucci, che fino al 2003 avevamo una società posseduta al 100 per cento da Autostrade, chiamata Autostrade Telecomunicazioni, che soddisfaceva non solo i nostri fabbisogni, ma era anche fornitore di banda sul mercato. A seguito di prescrizioni delle Autorità regolatorie, questa società è stata venduta. Di questa società, acquistata da Infracom - lo ricordo perché è nell'elenco delle audizioni odierne - siamo clienti, non avendo più nessuna attività diretta in questo settore.
Ad ogni modo, non ci fermiamo qui. Abbiamo due altre iniziative fortemente consone al nostro ruolo, cioè quello infrastrutturale. La prima è una sperimentazione, in venti aree collocate sulla Milano-Brescia e sulla Milano-Bologna, di servizio Wi-Fi nelle aree di servizio, che gestiamo tramite una società specializzata del settore. Abbiamo scelto quella zona perché pensiamo che lì ci sia - almeno potenzialmente, visto che il mercato non è ancora decollato - possibilità di utilizzo di accesso rapido ad Internet.
La seconda iniziativa è la creazione di una società di scopo, chiamata TowerCo, che costruisce, gestisce e commercializza impianti per gestori mobili, per Wi-Fi. Insomma, mettiamo a disposizione dei clienti un traliccio, un contenitore (uno shelter o un container) con l'alimentazione elettrica e condizionamento. Quindi, chi utilizza questi siti costruiti lungo l'autostrada non fa altro che montare gli apparati


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in questo contenitore, «attaccare la luce», come si suol dire, e il servizio parte immediatamente.
Con una tecnologia, a nostro avviso particolarmente sofisticata, copriamo anche le gallerie, sia nel GSM che nell'UMTS. Ricordo che la copertura delle autostrade è compito dei gestori. Noi non siamo gestori e non abbiamo le frequenze; favoriamo la copertura, ma è sempre il gestore che, in base a sue considerazioni economiche e di rapporto con la clientela, decide se coprire o meno. Ad oggi - lo cito perché è un dato importante - abbiamo circa 250 siti lungo l'autostrada, con un numero medio di operatori di 1,8 (questo vuol dire che alcuni ne hanno uno, alcuni due, alcuni tre, alcuni quattro, alcuni cinque), e abbiamo altri cento siti in costruzione.
Oggi, al di là del ruolo infrastrutturale, rivolto particolarmente alle nostre esigenze, crediamo di poter sviluppare importanti contenuti per chi viaggia. La domanda di chi è in mobilità si sta facendo particolarmente sofisticata. Proprio l'uso di queste tecnologie sta facendo nascere nuovi database molto più sofisticati nei quali - è un auspicio e insieme un obiettivo - le informazioni dovranno essere complete (pertanto, si dovranno avere tutti i sensori a disposizione) e georeferenziate. Oggi il GPS, domani Galileo, ci garantiscono questa fortuna (o sfortuna) di poterci georeferenziare. Non si è quindi più costretti a mandare informazioni in modo generico, ma queste possono essere mirate a un punto sulla rete e collegarvi il database, creando quindi database georeferenziati locali.
Un'altra caratteristica è che l'informazione sia aggiornata dinamicamente, in tempo reale. Vogliamo quindi raccogliere, impacchettare e distribuire.
Altri due nuovi importanti fenomeni di interesse della Commissione sono rappresentati dalle mappe stradali e dai dispositivi utente. Oggi le mappe stradali vedono sul mercato colossi mondiali, ovvero Navteq, TeleAtlas e Google, che con mezzi che rilevano giorno e notte il territorio, con sistemi fotografici integrati da foto satellitari e aeree, hanno reso disponibili mappe tridimensionali in grado di ricreare la realtà virtuale che ci circonda. Non si possono però utilizzare questi contenuti senza dispositivi di elevata qualità. Oggi, abbiamo puntato molto sui navigatori satellitari e, attraverso una società del gruppo denominata Infoblu diamo informazioni ai navigatori satellitari. In questo momento, circa 150 mila navigatori usano le informazioni che ricevono attraverso un canale radio denominato RDS-TMC (Traffic Management Channel).
Anche la telefonia mobile si sta evolvendo. Tutti voi utilizzerete l'I-Phone, esempio tangibile di come sarà il terminale del futuro. Esiste Nokia Navigator, un terminale in cui c'è il GPS, la bussola, le mappe e un software di navigazione.
In conclusione, più i servizi sono sofisticati e pieni di contenuto, più i database sono ricchi, più si necessita di connessioni always on. Uno dei difetti dell'I-Phone è che ogni volta si paga per connettersi, quindi si ha la funzione immediata ma con le tariffe delle connessioni always on. Questo è il futuro del terminale, che, semplicemente cliccando sull'icona di un servizio, permette di avervi accesso in tempo reale.
Dal nostro punto di vista, questa indagine ha obiettivi ampiamente condivisibili. Come produttori e fornitori di contenuti georeferenziati, multimediali, in real time, riteniamo di poter muovere la domanda della larga banda, in particolare per chi è in movimento. Per quanto ci riguarda, siamo interessati alla larga banda in senso lato, ma in particolare alla larga banda di terza e in prospettiva di quarta generazione. Consideriamo quindi con favore una strategia che sviluppi l'attuale infrastruttura di rete, che sia del gestore incumbent o di altri gestori, per colmare il digital divide di rete fisica, e parallelamente una strategia che veda nei posti a più elevato valore economico lo sviluppo della rete di nuova generazione, quindi wireless.
La prospettiva è rappresentata quindi da reti convergenti fisso-mobile, che consentano la fruizione di più servizi, fissi e


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in movimento. A tale rete da un posto fisico ci si connette a un nodo Wi-Fi locale, mentre in movimento si vuole evitare discontinuità di banda. Oggi telefonare in treno o comunque in movimento può essere a volte un supplizio, mentre la prospettiva deve essere una continuità territoriale della banda, perché il nostro cliente viaggia e vogliamo che sia sempre connesso con noi e informato.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

SETTIMO NIZZI. Grazie per la vostra relazione. Constato come nel 2008 Autostrade per l'Italia, società privata che vuole confrontarsi con il mercato, non abbia ancora preso in considerazione il fatto che una delle più grandi isole del Mediterraneo manca ancora di una struttura autostradale. Noi sardi non siamo contrari a pagare i pedaggi, però vorremmo in cambio un servizio. Dovreste provare a realizzarne almeno 5, 10 o 500 chilometri e non credo che finanziamenti per 1 miliardo di euro costituiscano un problema per Autostrade per l'Italia.
A parte questo problema, siamo convinti che il futuro del nostro Paese consista nell'effettiva integrazione della rete fissa con quella mobile, soprattutto con il Wi-Fi. Le trasmissioni delle comunicazioni e tutti i nuovi servizi devono avvenire tramite rete mobile. Vorremmo quindi che anche voi faceste la vostra parte per sostenere le aziende che intendano impegnarsi economicamente all'interno di questo campo.
Provenendo da Telecom e avendo rapporti abbastanza stretti con l'unico proprietario della rete fissa, qualcuno potrebbe considerare inutile spingere, come invece una parte di questa Commissione e di questo Parlamento vorrebbe fare, per dare in tempi brevi servizi utili all'intero Paese. Se aspettiamo di avere i soldi per far passare ovunque il cavo di fibra ottica, nemmeno i nostri figli vedranno mai la realizzazione di tale progetto.
Vorrei sapere se ipotizziate di dare servizi anche in Sardegna e se a tal proposito ci sia stata un'interlocuzione tra ANAS e Autostrade per l'Italia per eventuali collaborazioni riguardanti le strade di questa regione. In secondo luogo, vorrei sapere se abbiate previsto di collaborare con le importanti aziende che oggi lavorano nel sistema di telefonia per migliorare il sistema Paese.

SILVANO MOFFA. Anche io vorrei ringraziare i rappresentanti di Autostrade per l'Italia per il contributo apportato ai lavori di questa Commissione. Vorrei chiedere sinteticamente quanto incidono sulla tariffa di pedaggio gli investimenti che fate in questo settore. Conoscere questa percentuale, infatti, può aiutare a capire la direzione verso cui ci stiamo muovendo.

LUCA GIORGIO BARBARESCHI. Appoggio totalmente la richiesta del collega Nizzi, essendo io stesso un deputato sardo di adozione e avendo avuto modo di girare la Sardegna e di constatare la situazione logistica dell'isola, che peraltro dovrà affrontare in emergenza il G8 ospitato dall'Italia, se tutto andrà come viene auspicato. Si rilevano infatti problemi enormi sia per le zone meno turistiche, che per quelle turisticamente evolute in maniera vertiginosa, che sono rimaste indietro dal punto di vista infrastrutturale.
Spero veramente che si possa pensare a un progetto per la Sardegna, che altrimenti rischia di perdere la possibilità di una crescita turistica. Spesso, infatti, si considerano le cifre relative alla Sardegna valutando solo quelle riscontrate nei mesi invernali, laddove ad esempio alcuni rilevano un limitato numero di viaggiatori da Sassari a Cagliari. Nei mesi estivi, però, si muovono tante persone, il cui numero con adeguati collegamenti potrebbe anche aumentare.

PRESIDENTE. Do la parola ai rappresentanti di Autostrade per l'Italia per la replica.

GIOVANNI CASTELLUCCI, Amministratore delegato di Autostrade per l'Italia. In Sardegna non siamo presenti, perché è


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presente l'ANAS, cui non possiamo chiedere di darci le sue autostrade, perché siamo ad essa subordinati. L'ANAS è infatti la nostra concedente e noi i concessionari; pertanto, dobbiamo rispondere all'ANAS del nostro operato sulle autostrade che ci ha dato in concessione. Se quindi in futuro l'ANAS dovesse chiederci di partecipare a gare per la gestione, la costruzione, l'ampliamento e l'ammodernamento di qualche tratta, sicuramente lo faremmo con entusiasmo. Non possiamo però chiedere pezzi e asset che non ci appartengono.
In Sardegna vendiamo i servizi, giacché, come ricordato dall'ingegner Bergamini, siamo leader di mercato in Italia nella vendita di servizi TMC sui navigatori satellitari. Tutti i navigatori satellitari di alta gamma hanno infatti il servizio TMC, che informa in tempo reale della situazione della viabilità, consigliando anche percorsi alternativi. Abbiamo accordi di esclusiva con i principali operatori (Garmin e TomTom), da cui traiamo anche un vantaggio economico in quanto percepiamo delle royalty su ogni apparato venduto, grazie al servizio che forniamo. Questo copre anche la Sardegna grazie al meccanismo di floating car data, che ci permette di capire se in alcune strade si rilevino blocchi o rallentamenti. Chi viaggia in Sardegna con un navigatore di alta gamma, che possiede anche l'optional del GSM e quindi è in grado di ricevere telefonicamente le informazioni sullo stato della viabilità, riceverà quindi informazioni da noi fornite a Garmin, a TomTom ed anche a BMW, di cui siamo i partner su questo tipo di prodotti. Siamo quindi orgogliosi della leadership tecnologica che abbiamo sviluppato e che ci ha permesso di essere partner proprio di BMW a livello europeo, non solo italiano.
Abbiamo collaborazioni con le aziende che producono satellitari e con quelle di telefonia mobile. Costruiamo e diamo siti multivendor a società quali Vodafone, Telecom o Wind, permettendo loro di ottimizzare i costi di localizzazione, i tempi per i permessi, in quanto riusciamo a collocarne più di uno sullo stesso sito, dando anche servizi di manutenzione soprattutto per la parte generale (condizionamento, temperatura, alimentazione).
Per quanto riguarda l'accesso Wi-Fi nelle nostre aree di servizio, abbiamo una prima collaborazione con un operatore su venti aree di servizio, ma è nostra intenzione diffondere questa possibilità per farla diventare uno standard su tutte le aree di servizio, cui tutti potranno accedere. Stiamo quindi elaborando un nostro progetto per far sì che il Wi-Fi sia non un'eccezione nelle aree di servizio a più alto traffico, ma qualcosa su cui possa contare chi viaggia. Potremo completare questo progetto nel giro di dodici mesi, qualora tutto proceda secondo le nostre previsioni. Siamo infatti vincolati sulle modalità di realizzare partnership con vari operatori, essendo stati assimilati dalla recente normativa del 2006 a un'amministrazione pubblica in tutti i nostri rapporti con terzi. Siamo quindi appesantiti e rallentati dalle problematiche tipiche dei tribunali amministrativi, dai ricorsi sugli appalti, sugli affidamenti e via dicendo. Quel che avremmo potuto fare, in tempi non tanto remoti e in breve, adesso siamo costretti a realizzarlo in tempi più lunghi, a causa della normativa che ci assimila a una amministrazione pubblica, con l'ulteriore aggravante di dover utilizzare per tutti gli affidamenti commissioni di nomina ministeriale, procedura che rallenta ulteriormente le cose. Queste sono le collaborazioni che abbiamo con le imprese, di cui siamo sicuramente soddisfatti.
Per rispondere all'onorevole Moffa, che ha parlato dell'incidenza degli investimenti nel settore delle tecnologie sulle tariffe di pedaggi, dico che in realtà non c'è incidenza, per il semplice motivo che tutti questi progetti tecnologici sono autofinanziati; vedi le informazioni che forniamo ai navigatori satellitari, attività per la quale, anzi, guadagniamo qualcosa, anche se poco.
In altri casi, invece, questi investimenti vengono predisposti per motivi di responsabilità sociale, come ad esempio quello relativo ai tutor che ci è costato qualche decina di milioni di euro, senza alcun


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impatto sulle tariffe. Riteniamo, tuttavia, che aver raggiunto una diminuzione del 50 per cento della mortalità nelle tratte in cui abbiamo applicato il tutor sia un elemento già sufficiente a giustificare tale investimento, per la responsabilità che non possiamo non sentire come gestori di un servizio pubblico.
Ad oggi, quindi, non c'è alcun progetto tecnologico che viene scaricato nelle tariffe per recuperare i costi. Gli unici interventi tecnologici che hanno un'influenza sulla tariffa sono quelli sulle gallerie, per quanto riguarda le tecnologie di sicurezza imposte dall'Unione europea. Peraltro, tale normativa comunitaria è forse più tarata sulle gallerie europee che non su quelle italiane, ma questo è un altro tema che non vorrei aprire in questa sede. Parte del piano di messa a punto delle gallerie potrà avere in futuro un impatto sulle tariffe, che tuttavia sarà minimale. Parliamo dell'ordine di grandezza dell'1 per cento del totale tariffe, quindi totalmente marginale rispetto al loro importo complessivo.
Quanto alla Sardegna, penso di aver risposto al quesito formulato: non ci tiriamo indietro, ma non ci possiamo fare avanti.

ALESSANDRO MONTAGNOLI. Le altre concessionarie sono a conoscenza delle vostre attività? Le attività che state ponendo in essere sono in accordo con quelle portate avanti dalle altre concessionarie? Osservando la piantina, si nota che la vostra proprietà copre il 61 per cento del totale. Ho posto tale domanda, per capire se il processo relativo alla banda larga è condiviso o se si tratta di un percorso a voi riservato.

MARIO LOVELLI. Più che porre un'ulteriore domanda, vorrei esprimere una considerazione riguardo a quanto è stato detto nel corso della seduta. In materia di realtà attuali (il futuro sviluppo del sistema tutor, ad esempio, la diffusione del Wi-Fi su tutta la rete in modo generalizzato) direi che l'apprezzamento da parte della Commissione non può che essere totale. Esprimiamo un incoraggiamento in tal senso e naturalmente formuliamo la richiesta a continuare su questa strada, perché il sistema dei tutor si è rivelato veramente efficace per combattere l'incidentalità stradale.
D'altronde, è vero quel che dice lei, ossia che i vostri investimenti non incidono sulle tariffe, ma non penso che possiate lamentarvi del sistema tariffario recentemente introdotto. Se poi, come abbiamo letto, il Ministero modificherà anche la normativa sugli appalti, potrete agire ancor più in fretta. Dico questo, pur non essendo completamente d'accordo con le impostazioni ministeriali, ma ne parleremo quando sarà il momento opportuno.
Aggiungo una curiosità. Dato che la vostra rete effettivamente è notevole e molto efficiente, disponete di un'impressionante banca dati sulle persone. Ebbene, come vi muovete in materia di tutela della privacy? Quali accorgimenti avete adottato? Come assicurate che le informazioni, raccolte costantemente su tutti gli utenti dell'autostrada rimangano riservate e non accessibili da parte di terzi in modo improprio?

BEATRICE LORENZIN. Signor presidente, mi scuso del fatto di essere arrivata in ritardo, ma purtroppo ero trattenuta in un'altra Commissione e non ho il dono dell'ubiquità.
Approfitto della presenza dell'amministratore delegato per rivolgergli una domanda che riguarda ovviamente il settore e la struttura. Tale domanda, tuttavia, non si lega tanto all'aspetto dell'information technology, quanto piuttosto a una curiosità che mi è venuta leggendo le relazioni che si sono susseguite in questa Commissione negli anni. Vorrei chiedervi qual è lo stato attuale del reinvestimento dei soldi che percepite dalle tariffe dei pedaggi. Si è svolta infatti una polemica annosa sulla capacità di reinvestimento nelle infrastrutture da parte di Autostrade per l'Italia. In parte, tale quesito è stato già posto dall'onorevole Moffa, per quanto riguardava l'aspetto tecnologico. Tuttavia, colgo l'occasione


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per affrontare tale argomento, che considero tra i più interessanti della materia in esame.

PRESIDENTE. Vorrei porre una domanda di carattere tecnico. La vostra rete è completamente autonoma e indipendente da quella dell'incumbent Telecom o è appoggiata su di essa?

PIERO BERGAMINI, Direttore servizi evoluti di Autostrade per l'Italia. È completamente autonoma, salvo che per i numeri urbani. Tra l'altro, abbiamo fatto una gara e credo che non sia più l'incumbent a darci il servizio voce.

SETTIMO NIZZI. Signor presidente, mi permetta una piccolissima domanda. Siccome avete tante tecnologie e dati, avete pensato se sia possibile l'aumento dei limiti di velocità in sicurezza?

PRESIDENTE. Do la parola ai rappresentanti di Autostrade per l'Italia per un'ulteriore replica.

GIOVANNI CASTELLUCCI, Amministratore delegato di Autostrade per l'Italia. Quello che noi facciamo è condiviso con altre concessionarie. Alcuni aspetti della nostra attività lo sono totalmente. Ad esempio, il sistema di pedaggio telepass è gestito in maniera totalmente coordinata con le altre concessionarie. Altri aspetti, invece, sono condivisi solo parzialmente.
Lo sviluppo di alcuni nuovi prodotti è totalmente condiviso con le altre concessionarie. Ad esempio, stiamo sviluppando con le altre concessionarie tutta la tecnologia RFID - tecnologia di prossimità, simile a quella dello sky pass - per il pedaggio autostradale e anche per l'accesso urbano. Altri progetti e altri prodotti, per velocità e semplicità, ci vedono molto spesso fare da rompighiaccio, lasciando la possibilità, successivamente, alle altre concessionarie di allinearsi. Posso solo dire che ad oggi non ci sono in Italia sistemi incoerenti. Laddove anche altre concessionarie, nella loro libertà e facoltà imprenditoriale, sviluppano soluzioni, ci preoccupiamo che queste siano compatibili tra di loro. Quindi, al momento non esiste alcun problema di omogeneità a livello di settore. Anzi, stiamo andando nella direzione opposta e stiamo continuando, quindi, a rimuovere, come settore, le barriere, sfruttando sempre di più l'interconnessione. È stata appena abbattuta la barriera di Piacenza della Torino-Piacenza; così come la barriera di Lucca della Livorno-La Spezia, a dimostrazione che l'integrazione informativa sta procedendo.

PIERO BERGAMINI, Direttore servizi evoluti di Autostrade per l'Italia. Tenete presente che un'autostrada nel nord-est oggi ha attivato il tutor che le abbiamo fornito. Si tratta della Brescia-Padova che ha montato quattro impianti, come riportavano i giornali di oggi. Questo è un esempio di collaborazione. Noi abbiamo venduto questi prodotti.

GIOVANNI CASTELLUCCI, Amministratore delegato di Autostrade per l'Italia. Circa l'articolo 12 e il codice degli appalti - l'articolo 12 è quello del 2006 che ha rivoluzionato il settore autostradale -, dico che, obiettivamente, operare come abbiamo fatto per la Brescia-Padova, come sviluppatori e venditori di tecnologia, per noi è estremamente complesso. Infatti, per vendere un prodotto ad altri, siamo costretti a comprarlo e se lo vendiamo sul mercato, siamo in concorrenza con altri fornitori; tuttavia, per comprare i componenti dobbiamo fare delle commissioni di gara e delle gare pubbliche con commissione ministeriale, ovviamente correndo il rischio di essere totalmente fuori mercato riguardo ai tempi e alle garanzie. Quindi, questo è un problema.
Circa il sistema tariffario, non ci siamo lamentati, ma non lo avevamo fatto neanche per quello precedente. Abbiamo semplicemente detto, a suo tempo, al Governo di rimettere in vigore la vecchia concessione o di darci la garanzia che la nuova, firmata nell'ottobre 2007, fosse efficace. Ebbene, il Governo ha deciso per l'efficacia della nuova convenzione e di non tornare alle vecchie. Comunque, non siamo qui per lamentarci.


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Quando ho parlato del fatto che l'investimento in ICT non grava sulle tariffe, non ho voluto neanche a livello subliminale trasferire il messaggio che non siamo contenti delle tariffe. Le tariffe che abbiamo - grazie al nostro livello di efficienza, quasi raddoppiato rispetto al momento in cui la società era privata e nonostante il fatto che esse siano inferiori del 30 per cento rispetto a quelle delle altre concessionarie europee e che siano sempre aumentate meno dell'inflazione - ci permettono di avere un ritorno sull'investimento adeguato a remunerare correttamente i nostri investitori.
Quindi, sicuramente il fatto che le tariffe in Italia siano più basse e crescano meno dell'inflazione non è un problema, grazie al lavoro impostato nel 2002, un paio d'anni dopo la privatizzazione. Tale lavoro si è concentrato sul miglioramento dell'efficienza e ci ha permesso, ad esempio, di aumentare del 40 per cento la produttività degli esattori, di ridurre del 40 per cento il costo del metro quadro di pavimentazione, lavorando sulle miscele, sui fornitori e sull'ottimizzazione del processo.
Con riferimento alla banca dati in nostro possesso e alla privacy, dico che siamo costretti, giustamente, seguendo la legge, a non tenere alcun tipo di informazione, se non per lo stretto indispensabile, e a dare un accesso estremamente limitato e selezionato ad esse. Quindi, stiamo molto attenti a come queste informazioni vengono gestite, anche perché con sei milioni di clienti Telepass, avremmo, se le informazioni fossero gestite male, una pervasività forse eccessiva.
Per quanto riguarda, ad esempio, le informazioni sul sistema tutor, queste vengono gestite dalla Polizia stradale. Ricordo che abbiamo ideato, brevettato e sviluppato il tutor, dandolo tuttavia in gestione totale alla Polizia stradale, che decide se e come applicarlo e soprattutto come tararlo. Può essere tarato a 130 km/h, a 140 km/h o a 150 km/h. Non siamo noi a poter sapere o poter dire a quanto deve essere tarato.
Posso solo dire, prima di passare all'ultima domanda, che obiettivamente, se il limite di velocità a 150 km/h fosse effettivamente garantito, forse il livello di sicurezza sarebbe ancora accettabile. Tuttavia, con le franchigie, le tolleranze degli strumenti e via elencando, il limite a 150 km/h, farebbe correre il rischio di avere le armi spuntate contro chi va a 190 km/h. Questo è il motivo per cui l'aumento della velocità limite da 130 km/h ad un livello più alto potrebbe avere un impatto negativo sulla sicurezza. D'altronde, anche l'inconveniente meccanico più innocuo - ad esempio, una gomma forata - a 150 km/h ha un impatto ben differente che a 130 km/h.
L'ultimo tema riguarda gli investimenti e le tariffe. È fuori dall'argomento, ma giustamente penso che possa interessare. Quando la società Autostrade è stata privatizzata, nel 2000, ciò è stato fatto con un livello di tariffe che da contratto doveva crescere con il price cap, quindi in funzione dell'inflazione meno un tot, indipendentemente dall'avanzamento degli investimenti. La società Autostrade si era assunta l'onere di eseguire la variante di valico per un importo presunto di 3,5 miliardi di euro, da terminare in un certo periodo. Addirittura, il contratto stipulato nel 1997 prevedeva che il lavoro relativo alla variante di valico avrebbe dovuto terminare nel 2002.
Ebbene, nel 2000, quando abbiamo preso la società, non c'erano nemmeno i progetti approvati. Quindi, evidentemente si era già in ritardo di quattro o cinque anni rispetto alla tabella di marcia, inapplicabile già da all'inizio. Da allora le tariffe hanno continuato ad aumentare, secondo la formula tariffaria che non era dipendente dagli investimenti, e noi nel 2001 abbiamo finalmente sbloccato la conferenza di servizi e iniziato ad appaltare le opere. Ora i lavori per il completamento della Variante di Valico sono tutti appaltati, ma il costo è passato da 3,5 miliardi a circa 6 miliardi, salvo ulteriori oneri per l'aumento del costo delle materie prime. Questo onere aggiuntivo di 2,5 miliardi rientra nell'ambito del rischio da noi assunto,


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né potremo scaricarlo sulle tariffe. Esso compensa ampiamente, come è anche certificato dall'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, i benefici finanziari dovuti a un ritardato investimento. Infatti, per quanto possiamo aver avuto un beneficio finanziario a spendere poco, quando l'importo quasi raddoppia questo beneficio viene immediatamente annullato.
Detto questo, nella nuova convenzione, efficace da giugno, è contenuta una previsione contrattuale che fa sì che anche se noi accumuliamo ritardi negli investimenti, siamo costretti a congelare la capacità di indebitamento e le linee di credito che sarebbero state necessarie per finanziare quegli investimenti come da piano. In pratica, ci viene tolto anche - giustamente - ogni incentivo a ritardare per poter utilizzare quei soldi in altro modo. Le linee di credito necessarie per fare gli investimenti, come da piano, vengono comunque congelate e noi dobbiamo avere quelle risorse in linee di credito vincolate, da mostrare all'ANAS in qualsiasi momento. Dunque, se ritardiamo complessivamente di un miliardo dobbiamo avere una linea di credito impegnativa congelata di un miliardo.
Per tutti gli investimenti addizionali negoziati al di fuori del contratto base del 1997, venduto con procedura di privatizzazione nel 2000, è prevista una formula di remunerazione specifica, legata allo stato di avanzamento dei lavori effettivi; quindi, solo a esecuzione dei lavori viene calcolata la componente tariffaria necessaria a compensare quell'investimento, come da direttiva CIPE emanata nel gennaio 2007 e modificata nel giugno successivo.
Il piano originale del 1997, quindi, è a forfait e scollegato rispetto alle tariffe. I piani aggiuntivi inseriti successivamente sono a stato di avanzamento dei lavori. In ogni caso, l'autorità di vigilanza, nella sua relazione recente, ha accertato che i ritardi dei lavori non sono nostra responsabilità, ma responsabilità di un sistema amministrativo, di appalti e quant'altro che in Italia ha qualche problema.

PRESIDENTE. Nel ringraziare i rappresentanti di Autostrade per l'Italia, dichiaro conclusa l'audizione e sospendo brevemente la seduta.

La seduta, sospesa alle 16, riprende alle 16,10.

Audizione di rappresentanti di Ferrovie dello Stato.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'assetto e sulle prospettive delle nuove reti del sistema delle comunicazioni elettroniche, l'audizione di rappresentanti di Ferrovie dello Stato.
Do la parola ai rappresentanti di Ferrovie dello Stato.

INNOCENZO CIPOLLETTA, Presidente di Ferrovie dello Stato. Signor presidente, grazie dell'invito. Innanzitutto esprimo la nostra piena disponibilità a fornire tutte le informazioni necessarie.
Innanzitutto, Ferrovie dello Stato è una rete e quindi, come tale, è sede anche di una rete di telecomunicazioni. Soprattutto, per noi le telecomunicazioni sono uno strumento importante del nostro business, non solo per la produzione di servizi nei confronti della clientela, ma anche e soprattutto per la gestione del traffico e per la sicurezza.
Il nostro sistema di sicurezza si basa su un impianto di telecomunicazioni su cui si è investito in maniera consistente nel corso degli anni. Non solo, quindi, abbiamo a disposizione una rete, ma ci presentiamo anche come gestori, e da questo punto di vista abbiamo un progetto importante di completamento del nostro sistema. Al tempo stesso, questa rete può essere una struttura a disposizione del Paese per collaborazioni con altri operatori - e in proposito siamo ben disponibili - per coprire anche le aree meno servite da parte del sistema infrastrutturale. La nostra azienda ha interesse a completare un progetto per il quale - non lo nascondiamo - non ci sono finanziamenti. D'altra


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parte, il completamento del nostro progetto può essere un contributo consistente anche a risolvere un problema del Paese. Questo è il concetto che volevo sottolineare.
A questo punto, se il presidente consente, pregherei l'ingegner Moretti di specificare i dettagli. Vi lasceremo anche una documentazione scritta e ovviamente restiamo a vostra totale disposizione per tutto quello che vi potrà essere utile.

MAURO MORETTI, Amministratore delegato di Ferrovie dello Stato. Le Ferrovie dello Stato operano nel campo delle telecomunicazioni da sempre, ovvero da quando sono nate le ferrovie. Come diceva il presidente, le telecomunicazioni sono uno strumento di lavoro, dapprima per le comunicazioni tra gli uomini e poi semplicemente per utilizzare i sistemi automatici. Negli ultimi anni abbiamo sviluppato tantissimo in questo senso e siamo peraltro quelli che hanno portato al massimo l'utilizzazione delle tecnologie di telecomunicazione per il controllo automatico dei treni, cioè per il comando remoto di varie stazioni lungo una stessa linea.
È noto che con un sistema radio, sempre del tipo GSM, una banda di frequenza dedicata alle Ferrovie - non a caso si chiama GSMA - abbiamo realizzato quello che è l'ultimo sistema di controllo automatico della marcia dei treni, diventato dopo la nostra esperienza standard di interoperabilità europeo (European Train Control System). Questo sistema, peraltro, sta travalicando i confini europei, giacché è usato in tutto il mondo dalle nuove applicazioni, in quanto risulta essere il più innovativo e di gran lunga il più sicuro, adottando standard di sicurezza equiparabili a quelli dell'avionica e del nucleare. In campo di standardizzazione europea siamo al livello quarto di sicurezza e abbiamo anche il sistema che si gestisce in maniera più economica, considerando le varie prestazioni che si possono fare.
Abbiamo esteso queste applicazioni alle comunicazioni degli uomini (naturalmente non commerciali, ma industriali), alle applicazioni legate al controllo dei treni nella loro marcia, al controllo degli scambi e dei segnali lungo la linea, attraverso posti remoti di comando (ad esempio, da Bari comandiamo tutte le stazioni che arrivano fino a Bologna e da Pisa tutte le stazioni da Roma a Genova e così via). Infatti, da qualche anno stiamo applicando questo tipo di strumento, come succede in qualsiasi azienda complessa, anche ai processi industriali più complicati, come quello delle manutenzioni. Attraverso due tipi di applicazioni - naturalmente si tratta di un sistema che si basa su una stessa base SAP, per poter avere tutte le informazioni in database tra di loro colloquianti - riusciamo ad organizzare il lavoro nel territorio, laddove operare sul territorio non è come stare in una fabbrica: dall'emissione degli ordinativi alla risposta dei lavoratori in linea, fino alla ricostruzione della verifica di magazzino e del processo completo, tutto viene fatto sulla base di supporti radio. Anche le ultime più importanti applicazioni (anch'esse da primato mondiale), peraltro realizzate da imprese italiane, come tutte quelle che ho citato prima, ci permettono di fare una verifica complessa con un sistema diagnostico mobile. Si tratta sostanzialmente di un treno, che nell'ultimo esemplare abbiamo portato fino a 350 chilometri all'ora, in grado di passare lungo la linea da un'alta velocità a un'altra e compiere automaticamente 150 misure nella particolare sezione che il treno attraversa: dalla geometria all'usura dei binari e della linea di contatto a tutte le grandezze elettromeccaniche, fisiche e così via.
Tutte queste applicazioni, da un lato, ci sono servite ad aumentare la qualità della nostra produzione e la sicurezza e, dall'altro, ci hanno consentito di portarle a un livello di forte interesse, visto che molto spesso, con i nostri partner fornitori italiani, siamo chiamati in giro per il mondo per esportare servizi e forniture. Siamo presenti in tutti i continenti, a partire dall'Europa, che rimane sempre il mercato più difficile. Vendere queste applicazioni in Germania è più difficile che venderle in Cina o in Africa. Le stiamo vendendo, ad esempio, in Francia: lo sta facendo Ansaldo


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Sistemi ferroviari con la sua controllata Union Switch. In questo caso, per la prima volta nella storia delle Ferrovie, non importiamo tecnologia, ma siamo noi ad esportarla in Francia e negli Stati Uniti.
Come è fatta la nostra rete? Abbiamo una rete telefonica che copre tutta la rete ferroviaria di 16.500 chilometri. Si tratta di una rete tradizionale, con uno sviluppo nelle centrali di commutazione tutte aggiornate recentemente. Abbiamo, inoltre, una rete di circa 8 mila chilometri - in parte non di nostra proprietà - utilizzata per quanto riguarda la fibra ottica. Come sapete, una decina di anni fa Ferrovie dello Stato stipulò dei contratti con altri fornitori affinché questi potessero usare il sedime al fine di installare delle fibre. Questo accordo prevedeva l'esclusiva per un certo numero di anni, oggi cessata, ma, giacché le fibre erano state installate, anche noi a volte piuttosto che inserirne delle nuove, utilizziamo quelle facendo semplicemente una valutazione economica del vantaggio o meno dell'operazione.
Per il resto, abbiamo una rete estesa. In particolare, abbiamo circa 6 mila chilometri di rete in fibra ottica che ancora ha una capacità di sfruttamento e che può essere utilizzata anche per scopi non strettamente ferroviari.
Questa rete è nata essenzialmente per il supporto alla circolazione dei treni, alla sua sicurezza, alle comunicazioni e così via ed è ancora legata a questi scopi. Può essere utilizzata, potenzialmente, da un punto di vista tecnico anche per altri scopi, compresi quelli commerciali. Naturalmente occorrono delle modifiche anche normative affinché questo sia possibile.
Abbiamo una rete radio GSM 900 Hz, modificabile a seconda dei bisogni, che si sta estendendo fino a una lunghezza di circa 8 mila km. Noi utilizziamo questa rete per il controllo dei treni sulla linea ad alta velocità, sia per le comunicazioni di sicurezza lungo bordo, ovvero per quelle industriali, per manutenzione e via elencando. Naturalmente questa rete ha una capacità residua ancora interessante da utilizzare.
Quale contributo possiamo fornire all'indagine conoscitiva che state svolgendo? Intanto, possiamo offrire gli asset che ho citato, la possibilità di sfruttare il sedime ferroviario per ulteriori capacità di installazione, naturalmente ai livelli più elevati; gli obiettivi sono ormai di 100 megabit per secondo e su questa base, peraltro, anche noi stiamo facendo l'upgrading di ogni generazione della nostra rete, a partire da quella meno potente fino a quella più recente e potente.
Possiamo naturalmente mettere a disposizione anche dei siti. Abbiamo una diffusione territoriale molto estesa e il vantaggio di arrivare fino al cuore delle città con le nostre stazioni e con i nostri sistemi; pertanto, abbiamo la possibilità di arrivare fino a quel «pre-ultimo» miglio che entra negli uffici e nelle case; una possibilità che credo rappresenti, nella discussione che stiamo tenendo, l'aspetto di maggiore interesse.
Gli sviluppi industriali futuri ci portano ad avere necessità di ulteriore capacità. Ad esempio, stiamo portando avanti l'operazione di completamento nel campo manutentivo utilizzando l'identificazione degli enti per radiofrequenza, ossia la tecnica RFID, affinché con una strisciata si possa ricostruire immediatamente la vita del componente che si deve trattare con sistemi diagnostici predittivi e con la possibilità di intervenire in maniera economica, ma soprattutto molto efficace. Stiamo naturalmente allargandoci soprattutto nei servizi che vanno verso l'alta velocità e in quelli di comunicazione alla clientela del trasporto locale nelle grandi città, che richiedono maggiori capacità, maggiore potenza e maggiore abilità nel loro utilizzo.
Stiamo applicando questo tipo di interventi anche alle merci, per dare un supporto alla logistica, che si avvale soprattutto del sistema dell'informazione, nell'ambito dei dati scambiati tra gli operatori nella catena logistica, dal primo fornitore all'ultimo utilizzatore, e per supportare l'identificazione della merce durante il viaggio e durante i vari trattamenti, affinché possa essere identificata e


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localizzata istantaneamente. Spesso si rileva la necessità di avere informazioni sullo stato di alcune particolari tipologie merceologiche, affinché possano essere controllate durante il viaggio. Mi riferisco da un lato alle merci pericolose, che possono essere monitorate con sensori via radio o via GPS riguardo alla loro temperatura e alla loro pressione e, dall'altro, alle merci deteriorabili, come le derrate alimentari, che evidenziano necessità legate alla curva di deteriorabilità, quindi alla temperatura e agli altri aspetti fondamentali per mantenere integra la merce.
La mia relazione si ferma qui, anche per evitare un'eccessiva prolissità, dichiarandomi disponibile a rispondere a ogni vostra eventuale domanda.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni. Invito ai colleghi di non porre domande che esulino dall'argomento all'ordine del giorno, perché i rappresentanti di Ferrovie dello Stato torneranno mercoledì 29 settembre per un'audizione informale, nel corso della quale saranno approfondite le tematiche riguardanti il loro business.

LUCA GIORGIO BARBARESCHI. Vi ringrazio per essere venuti a riferire degli sviluppi di un'azienda così importante per questo Paese come Ferrovie dello Stato.
Pur senza andare fuori tema, vorrei porre alcune domande. Come parlamentare eletto in Sardegna, vorrei sapere come intendiate risolvere i problemi logistici della Sardegna rispetto alle ferrovie, ambito in cui è molto indietro. Faccio notare che si rilevano seri problemi anche per la parte privata.
Si sono registrate forti lamentele riguardo ai disservizi e soprattutto all'igiene. Vorrei sapere se questo avvenga per colpa di Ferrovie dello Stato oppure se gli stranieri ritengano di poter adottare nel nostro Paese comportamenti che nei loro Paesi forse non adotterebbero.

MAURO MORETTI, Amministratore delegato di Ferrovie dello Stato. Anche gli italiani, per la verità.

LUCA GIORGIO BARBARESCHI. Certo, anche gli italiani. Vorrei sapere quindi perché sia così difficile gestire questa situazione.
Per quanto riguarda i contenuti, mi auguro che le vetture del futuro avranno degli schermi a cristalli liquidi, giacché tratte ferroviarie come la linea Milano-Roma saranno competitive rispetto all'aereo e personalmente credo all'idea del treno come luogo in cui si possa crescere intellettualmente, quindi di aggregazione di contenuti, dall'infotainment all'edutainment e anche all'intrattenimento leggero. Pertanto, vorrei sapere cosa intendiate fare sotto questo punto di vista.

MAURIZIO IAPICCA. La mia è una domanda in parte tecnica. Il 13 dicembre inaugurerete la linea ad alta velocità Milano-Bologna in via provvisoria. Vorrei sapere se questo sia dovuto al fatto che l'Ansaldo Segnalamento Ferroviario non ha ancora terminato il suo lavoro o a problemi di altro genere. Perché la notizia è stata riportata così dalla stampa?

SETTIMO NIZZI. Avete parlato di 16 mila chilometri di rete telefonica in rame, di 8 mila chilometri di fibra ottica, di altri 6 mila chilometri di fibra ottica facilmente utilizzabili, vendibili e immessi sul mercato per dare servizi alla nostra nazione. Vorrei chiedere a che punto è la digitalizzazione di tutti gli strumenti trasmissivi della rete e a quale punto siate con l'informatizzazione per la trasmissione dei segnali reali all'interno delle gallerie.
Lei ha parlato molto di trasmissione delle comunicazioni tramite onde radio, dichiarandosi orgoglioso del fatto che l'azienda esporti tecnologia in grado di permettere anche ad altri Paesi di lavorare meglio. Ebbene, su questo punto vorrei avere alcune delucidazioni. Vorrei sapere se abbiate già siglato accordi con aziende che lavorano sulla trasmissione delle linee telefoniche oppure di servizi importanti per via etere e se la vostra rete telefonica in rame possa essere usata anche da altri utilizzatori delle infrastrutture.


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ALESSANDRO MONTAGNOLI. Lei ha affermato che l'utilizzazione della vostra rete potrebbe essere consentita ad altri scopi con alcune modifiche normative. Vorremmo sapere a quali modifiche si riferiva.
Abbiamo audito i rappresentanti di Autostrade per l'Italia, che ha il servizio telepass. Notoriamente anche sui treni c'è chi non paga il biglietto. Vorrei quindi sapere se esista uno strumento tecnologicamente avanzato che consenta di recuperare questo gap, soprattutto in determinate zone.

ANDREA SARUBBI. Vorrei soltanto ricordare un aspetto. Chi oggi prende il treno al posto dell'aereo lo fa perché ammortizza gli spostamenti da e per il centro città, aspetto che costituirà sempre un vantaggio competitivo, e perché in treno si può lavorare. A breve, se ne aggiungerà anche un terzo, quando ci sarà il monopolio sulla tratta aerea Roma-Milano. Condivido quindi l'aspetto evidenziato dal presidente Valducci, perché, se si prende il treno per lavorare ma ogni 30 secondi in una galleria si perde il segnale di Internet o del telefono, il vantaggio competitivo diminuisce. Vi chiedo quindi se abbiate ipotizzato rimedi e definito anche le tempistiche.

PRESIDENTE. Pongo la solita domanda: la vostra è una rete completamente autonoma da quella della Telecom o si appoggia ad essa?
Do la parola ai rappresentanti di Ferrovie dello Stato per la replica, pregandoli di rispondere alle domande che riguardano il tema odierno e di rimandare il resto a mercoledì prossimo.

MAURO MORETTI, Amministratore delegato di Ferrovie dello Stato. Parto da quest'ultimo problema che forse nella fretta non ho esposto in maniera efficace. Abbiamo una rete radio completamente separata da Telecom e inoltre degli accordi per fare roaming, laddove non c'è il nostro campo agli effetti degli usi industriali. Ad esempio, per i nostri capitreno che si trovano in una zona dell'Abruzzo è inutile mettere tanti ripetitori, perché utilizziamo quello che esiste. Purtroppo, in Italia il campo disponibile per qualsiasi provider è molto limitato, nonostante la possibilità di siglare accordi di roaming. Ciò è dovuto a due grandi problemi: il numero limitato di stazioni radio base e la potenza di emissione.
Voi siete esperti della materia e sapete come siamo arrivati a questo. Il fatto però straordinario è che coloro che ci contestano sono poi gli stessi che ostacolano la realizzazione di stazioni radio base. In alcuni casi dolorosi, le stazioni radio base non c'erano per la mancanza del permesso urbanistico. Intere squadre di dirigenti sono sotto processo perché un procuratore ha chiamato a rispondere di danno paesaggistico tutti, dal primo dirigente fino all'ultimo amministratore delegato.
Ritengo che il Paese debba affrontare questo problema. Paradossalmente ogni giorno il nostro cliente subisce questo danno e si rivolge a noi. Tuttavia, noi non possiamo includere i telefoni cellulari sulla rete in nostro possesso perché è dedicata ad uso industriale e non abbiamo la licenza per uso commerciale. Per questo, finché non si cambia la normativa, non possiamo effettuare l'operazione.
D'altra parte, tutti i nostri siti, difficilmente raggiungibili da un normale provider, sono attrezzati di antenne o cavi fessurati per riproporre il campo anche all'interno di lunghe gallerie. Se però il provider non installa le sue stazioni radio base che alimentino il campo, il problema non si risolverà mai e non si tratta di un problema nostro: d'altra parte, si paga il gestore, anche se tutti si lamentano con noi, anziché con lui. Per questo stiamo già iniziando a confrontarci con i dicasteri competenti in merito alla possibilità di avere anche un nostro ruolo commerciale, oltre quello industriale. Affinché, come richiesto dalla clientela, treni moderni con alte prestazioni diventino zone di lavoro, possiamo attrezzarci ad uso commerciale ed investire per far sì che la nostra clientela abbia tutti i servizi che richiede. Se aspettiamo che i vari gestori allestiscano


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le stazioni radio base, non ce la faremo mai. Purtroppo partiremo con alcuni pezzi dell'alta velocità privi di questo servizio. Sull'alta velocità Roma-Napoli, metà tratta ne è sprovvisto. Vi prego però di chiederlo non a noi, ma a chi vi propone i contratti. Viceversa, dateci la possibilità di realizzare un'operazione commerciale; allora facciamo il contratto con voi e insieme al biglietto utilizzeremo il nostro sistema.
Peraltro, il GSM che abbiamo fatto adotta i sistemi intelligenti più avanzati in Italia. Siamo gli unici che hanno messo su una rete di questo genere negli ultimi quattro anni, proprio perché era legata all'operazione di interoperabilità europea, all'European train control system. Si tratta anche di un modo per utilizzare ciò che di molto pregiato già abbiamo.
Oggi siamo su 8 mila chilometri che si ramificano in tutti i rami importanti, dove viaggia il 97 per cento delle persone. In posti come la Sardegna non esiste un servizio eccezionale, ma ciò è dovuto anche a una situazione di urbanizzazione molto rarefatta, dove, a fronte di una forte concentrazione urbana presso Cagliari, non ve ne sono altre di grande importanza. In Sardegna tuttavia abbiamo realizzato l'operazione di massima tecnologizzazione esistente oggi al mondo. Nella rete sarda ci sono due sistemi: il primo consente di controllare da un luogo tutte le stazioni della Sardegna - lo saprete, perché c'è stata la protesta dei capistazione, che si sono naturalmente sentiti in esubero -; il secondo, che non è ancora presente su tutti i treni, ma che stiamo completando, è un sistema di controllo automatico della protezione dei treni. Quindi, nel caso in cui si superi un segnale non riconosciuto, automaticamente entra in funzione un dispositivo frenante a garanzia della sicurezza. Un sistema del genere non esiste ancora in nessun'altra parte del mondo. Naturalmente, si tratta sempre di sistemi di potenza, legata al traffico della Sardegna. Non utilizziamo certamente tali sistemi dove ci sono 400 treni al giorno, ma stabiliamo l'utilizzo in relazione al tipo di traffico.
Vorrei chiarire anche un altro aspetto di quanto ho detto in precedenza. Abbiamo 16 mila chilometri di rete in rame, con centrali di commutazione piuttosto evolute, cambiate quasi tutte una decina di anni fa con tecnologia digitale. È rimasto pochissimo in tecnologia analogica.
La parte di fibra è così composta: si tratta di 10 mila chilometri, 2 mila dei quali li prendiamo in affitto, gli altri 8 sono nostri e 6 di questi hanno ancora capacità per essere venduti, eventualmente utilizzati in maniera commerciale, come dicevo in precedenza. Siamo quindi disponibili a realizzare tutte le operazioni possibili. Può trattarsi, ad esempio, di una backbone che riesce a portare segnali fino al centro di Roma o di Olbia. Pertanto, siamo in grado di unirci e di metterci a disposizione, anche in sinergia con altre imprese, per realizzare delle operazioni.
Allo stesso modo, la nostra propensione a favorire l'espansione delle comunicazioni c'è stata anche in passato. Ricordo - anche se normalmente i brand non si devono nominare - che Infostrada fu il primo operatore privato ad aprire l'operazione alla concorrenza in Italia, attraverso un contratto stipulato con le Ferrovie, per poter posare le sue fibre ottiche sul sedime ferroviario. Si partì con l'affitto di due nostre fibre tra Roma e Milano, che allora erano importantissime e, in questi anni, sono stati installati circa 5 mila chilometri di fibre ottiche. Attualmente, il contratto di esclusiva è scaduto. Chi è succeduto ha ancora in essere un contratto che sarà in vigore fino a trent'anni da allora. In questo momento, tuttavia, il sedime può essere utilizzato anche per altri operatori, per noi stessi e per fare delle installazioni. Peraltro, le nuove linee di alta velocità hanno cavidotti già predisposti per essere infilati e rapidamente utilizzati.
Quanto all'alta velocità, non attuiamo alcuna sperimentazione, ma apriamo in maniera definitiva. Non si può aprire il sistema commerciale in maniera non chiara e non definitiva. Non c'è alcun tipo di problema dal punto di vista di Ansaldo Segnalamento Ferroviario. Semmai, c'è


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l'ultimissima generazione di segnalamento che abbiamo preparato insieme e che farà scuola per i prossimi dieci anni.
La rete è coperta da un sistema di controllo della massa treni, l'European rail traffic management system, che considera sia i centri che guardano il segnalamento, sia gli scambi, e che è gestito da un GSM-R molto ridondato. Abbiamo fatto prove con treni lanciati a velocità fino a 360 chilometri all'ora. Peraltro, approfitto per dire che abbiamo già treni che vanno a tale velocità. Li utilizziamo a 300 chilometri all'ora, come normalmente si fa in tutto il mondo, anche per i limiti di linea. Dal 14 dicembre saremo in grado di dare all'Italia un servizio veramente importante, non solo sulla dorsale centrale, ma, come vi dirò, anche su un'altra serie di città importanti che dialogano con le due metropoli maggiori, Roma e Milano. Si prevede anche il rilancio su Napoli, che è il terzo polo importante del nostro Paese.
Non entro nel merito dei problemi legati all'igiene e ad altre questioni, però vorrei svolgere una considerazione. Si pongono problemi di inciviltà sia da parte di stranieri che di italiani. L'altro giorno viaggiavo su un treno. Dovevo andare verso il macchinista, ho fatto 4 o 5 fermate, sono tornato indietro e mi sono accorto che nel giro di mezz'ora erano state danneggiate una decina di poltrone. La questione, quindi, non attiene solo allo sporco, ma a veri e propri atti di vandalismo. Il nuovo treno locale Vivalto, a Genova - atteso da tempo, perché ogni volta che c'è un treno nuovo si fa giustamente festa - dalla mattina alla sera è stato completamente coperto di graffiti, tanto che dai finestrini non si poteva veder nulla. Sono fatti che purtroppo accadono.
Fate leggi per punire la gente, non si può continuare a lavorare in questo modo. La polizia ferma queste persone e poi le manda via. In Italia esiste il turismo dei graffitari che vengono dalla Francia e della Germania, perché da noi non esistono controlli efficaci. Anche se individuata, la persona colpevole viene rimandata a casa. Non possiamo continuare a trovare ogni giorno i treni imbrattati, da ripulire la mattina successiva, e poi essere accusati di non riuscire a star dietro ai graffiti.
Abbiamo ancora un ulteriore problema che voglio sottoporre alla vostra attenzione. Abbiamo iniziato da troppi mesi - ma queste sono le procedure che dobbiamo seguire -, a rifare le gare per la pulizia dei treni. Abbiamo aperto il bando e sono 86 le ditte che hanno avuto la qualificazione per partecipare alla gara; tuttavia, siamo bersagliati quotidianamente dalle ditte che oggi hanno l'appalto e che si occupano dei treni garantendo un servizio che suscita proteste da parte di tutti. Un giorno qualcuno fa ricorso al TAR, un altro giorno al Consiglio di Stato e via dicendo. Ebbene, non riusciamo a indire una gara per fare ciò che qualsiasi operatore normale privato fa in due giorni: visto che i treni sono sporchi, risolvere il contratto e rivolgersi a un'altra ditta.
Non si può pensare che in un settore come questo, da un lato, ci sia la liberalizzazione e il mercato - abbiamo anche concorrenti privati e ben vengano -, ma, dall'altro, dobbiamo lavorare con mani e piedi legati, senza avere alcuna possibilità di competere in maniera ragionevole. Dobbiamo avere le stesse armi e le stesse possibilità. Se è vero ed è ragionevole - tutti i giornali riportano le proteste degli assessori in merito - che qualcuno non pulisce, non può più essere accettato che faccia ricorso al TAR. Non ci si può attaccare agli aspetti formali, per nascondere i problemi sostanziali. Scusate questo piccolo sfogo, ma parleremo diffusamente del problema prossimamente.

PRESIDENTE. Nel ringraziare l'ingegner Moretti e il presidente Cipolletta dichiaro conclusa l'audizione e sospendo brevemente la seduta.

La seduta, sospesa alle 16,40, riprende alle 16,45.


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Audizione di rappresentanti RAI - Radiotelevisione italiana.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'assetto e sulle prospettive delle nuove reti del sistema delle comunicazioni elettroniche, l'audizione dei rappresentanti di RAI - Radiotelevisione italiana.
Do la parola al presidente, dottor Claudio Petruccioli.

CLAUDIO PETRUCCIOLI, Presidente di RAI - Radiotelevisione italiana. Signor presidente, onorevoli deputati, vi ringrazio per l'invito a partecipare all'odierna audizione che ci dà l'opportunità di portare a vostra conoscenza i nostri attuali punti di vista sull'argomento oggetto della vostra indagine.
Il tema è a voi noto e cercherò di attenermi strettamente ad esso, ovvero le prospettive che riguardano le reti di comunicazione per il futuro. Vorrei fare prima di tutto una distinzione. La vostra indagine, se non ho capito male, ha come oggetto le reti cosiddette «commutate», ossia quelle predisposte per il trasferimento di un qualunque messaggio da punto a punto.
Noi siamo un broadcaster, il quale si affida ad una rete del tutto diversa. Il broadcaster lancia il suo messaggio nello spazio e chiunque disponga di un apparecchio in grado di captarlo può farlo proprio. Quindi, si tratta di due sistemi e di due logiche assolutamente diverse.
Il fatto che, attualmente e in prospettiva, nell'una e nell'altra rete si adotti il sistema digitale non fa venire meno questa differenza. Il fatto che l'una e l'altra rete siano digitali consente il passaggio della comunicazione fra diverse piattaforme e la possibilità che un prodotto confezionato per una rete broadcaster, quindi da uno a tutti, sia veicolato anche su una rete da uno a uno. Ciò che ho detto, vale per quanto riguarda l'alfabeto; invece, le strutture sono completamente diverse. Questo è il primo aspetto che volevo mettere a fuoco, perché, come vedrete, ne derivano alcune ulteriori specificazioni.
La banda larga riguarda le reti commutate, vale a dire quelle che vanno da punto a punto. Essa, peraltro, non è un bersaglio da colpire una volta per tutte, bensì una dimensione. Come sapete, noi disponiamo di un certo livello di banda larga che, come copertura, arriva al 27 per cento, livello riportato nel documento con cui è stata deliberata la vostra indagine. In Italia, la diffusione della banda larga per l'utenza raggiunge poco più di un quarto.
Ci sono altri Paesi che hanno livelli molto più alti di questo. Tuttavia, parlando di banda larga, indichiamo aspetti diversi. Alcuni Paesi, come il Giappone, che hanno una banda larga già altamente diffusa, lavorano per una banda ulteriormente allargata. Insomma, la banda larga è una dimensione. Si entra nella logica della banda larga, si arriva a certi livelli di ampiezza e poi naturalmente si propone l'allargamento. È una situazione simile a quella delle autostrade che, inizialmente, sono state realizzate con due corsie, che poi sono state allargate a tre e qualche volta anche a quattro e così via. Quindi, la dimensione della larghezza non è nota. Si conoscerà in futuro. Noi stessi non siamo in grado di definire un tetto ipotetico.
A tale riguardo, però, posso fare un'affermazione chiara che già dà una definizione del broadcaster televisivo. Non parlo solo del broadcaster televisivo pubblico, bensì del broadcaster televisivo in generale. La banda larga ci interessa, in quanto permette la trasmissione di immagini di una certa qualità: tanto più larga è la banda, tanto più è facile e possibile trasmettere su di essa immagini di qualità più alta. Quindi, il nostro coinvolgimento riguarda la qualità delle immagini.
Tuttavia, la banda larga ha anche un altro versante - che voi conoscete meglio di me, tant'è che avete ascoltato altri operatori che incidono su di esso - vale a dire il tipo di servizi. Noi siamo interessati per la qualità dell'immagine. È chiaro che su una banda larga non sufficientemente robusta non potremmo trasmettere con effetti soddisfacenti per l'utente ciò che trasmettiamo attualmente attraverso la nostra rete di diffusione. Questo è quello


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che ci interessa. Vorrei chiarire che questo è anche il livello che riguarda le famiglie e i singoli, che sono interessati alla banda larga soprattutto per questo aspetto.
Imprese ed amministratori, invece, sono interessati alla banda larga per altre ragioni, ossia per il tipo di servizi e per la quantità di dati necessaria per veicolare un determinato servizio. Alcuni di essi richiedono una banda molto capiente, ad esempio quelli di sicurezza militare, per i quali occorre una banda larghissima; un altro esempio può essere quello di un'operazione medica in collegamento con un luminare che fisicamente si trova da un'altra parte.
Ci sono, quindi, due fasce di utenti: imprese e amministrazioni da un lato, famiglie e singoli (ad esempio i ragazzi che accedono al web durante il giorno) dall'altro. Noi, come broadcaster generalista, operiamo sul versante famiglie e singoli. Per l'altro versante non siamo coinvolti né coinvolgibili.
Il terzo punto riguarda le aree di intersezione tra la banda larga e la RAI. La prima area di intersezione riguarda RAI Way, la nostra consociata che assicura la diffusione, come proprietaria degli impianti. L'infrastruttura materiale di RAI Way è costituita da siti materiali, luoghi su cui sorgono impianti, antenne eccetera, che adesso servono per la trasmissione analogica e che poi passeranno al digitale. Tra l'altro, sono lieto di potervi informare che lo switch-off della prima regione d'Italia è avvenuto una settimana fa in Sardegna in modo tutto sommato ordinato, senza che la popolazione abbia mosso eccessive critiche o lamentele. Questo è un fatto importante, che evidentemente ci consente di disporre di una base sperimentale utile alle ulteriori iniziative programmate, grazie anche alla decisione finalmente presa dal Ministero, che ha calendarizzato per zone i passaggi al digitale. In assenza di questa calendarizzazione, tutto era evidentemente molto più aleatorio.
RAI Way potrebbe partecipare, prevedendo eventuali investimenti, propri o di altri partner, alla creazione di basi per una rete a banda larga. Se volete conoscere l'orientamento degli attuali amministratori della RAI, vi dico che noi siamo favorevoli a un impegno della nostra consociata in questa direzione e aperti anche a forme di cooperazione con altri soggetti, per coordinare eventualmente investimenti in questa direzione. Tuttavia, vi ricordo che questo è uno degli argomenti più controversi dal punto di vista politico.
Già alcuni anni fa questo tema è stato oggetto di discussione tra il vertice della RAI e il Ministero delle comunicazioni dell'epoca. Comunque, la questione è ancora oggetto di diverse valutazioni. Evidentemente non è mio compito intervenire su tali questioni, dunque mi limito a chiarire il nostro orientamento: noi saremmo disponibili ad operare in questo senso, ma evidentemente dobbiamo tener conto anche delle scelte pubbliche, dell'autorità politica, amministrativa e del Governo in questo campo.
La seconda area di intersezione con la banda larga è rappresentata dai contenuti. È evidente che noi possiamo immaginare e programmare - sia dal punto di vista dei format, sia dal punto di vista del target - contenuti sulla base della possibilità di veicolarli sulla banda larga. È chiaro che l'utenza raggiunta attraverso la banda larga per un broadcaster generalista, come siamo noi, non può essere considerata identica rispetto a quella che raggiungiamo attraverso i nostri attuali strumenti di diffusione generalista. Attraverso la banda larga, evidentemente, non si trasmettono programmi che durano tre ore in modo indifferenziato, ma occorre compiere scelte di contenuti. Tuttavia, per affrontare questo problema è necessario conoscere qual è la possibilità di accedere ad una determinata rete e quali sono le condizioni che quella rete garantisce dal punto di vista quantitativo e qualitativo.
Il quarto punto riguarda la banda larga in riferimento a un progetto nazionale generale di digitalizzazione delle reti diffusive. Su questo voglio essere molto chiaro. Certo, parlo anche dal punto di vista di un broadcaster generalista, come siamo noi, impegnato nel lavoro di passaggio


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dall'analogico al digitale, tuttavia sono convinto che quello che sto per dire valga in generale. La banda larga non potrà mai diventare il solo canale distributivo per il prodotto televisivo.
Dico questo perché a volte ci sono approcci schematici e tecnicistici che sostengono che quando ci sarà la banda larga non ci sarà bisogno di altro per la diffusione. Questa è una fesseria, consentitemi il termine poco rispettoso, ma comunque contenuto nel vocabolario italiano. Questo non è possibile perché la banda larga (quindi, da punto a punto) è strutturalmente diversa da una rete diffusiva generalista, che manda il suo segnale nell'etere in forma analogica o in forma digitale, per il digitale terrestre o per il digitale satellitare, e questo viene captato da chi dispone di un determinato apparecchio.
Solo questo secondo tipo di rete è adatto a una diffusione generalista e - questo è il punto che sottolineo - gratuita. Il meccanismo della banda larga da punto a punto è strutturalmente organizzato, anche se dovesse essere utilizzato gratuitamente, in modo da determinare forme di pedaggio: per entrare bisogna pagare.
Non so che cosa accadrà da qui a venti o trent'anni, ma certamente la banda larga e il potenziamento delle reti da punto a punto, che creeranno nuove occasioni e nuove sfide anche per la tv generalista, non costituiranno - almeno per i prossimi due decenni, se posso permettermi di fare una previsione - un'alternativa che consenta di eliminare le reti diffusive come quelle di cui dispone il broadcaster RAI, ma anche Mediaset.
Inoltre, guardate cosa è accaduto a una serie di ipotesi formulate negli anni passati, che attribuivano alla televisione generalista il compito di driver per la diffusione della banda larga. Anche in Telecom ci sono state idee di questo genere, ma si è dovuto constatare che non hanno avuto riscontro nella realtà. I veri driver della banda larga sono i servizi, quei servizi che, se non utilizzano la banda larga, non sono realizzabili. La tv generalista dovrà articolarsi anche sulla base delle esigenze, delle possibilità e delle occasioni che la banda larga consente, ma non sarà lei a trainare la banda larga. Ciò avviene quando c'è una domanda che ne richiede specificamente l'utilizzo perché altrimenti non può essere soddisfatta. La televisione, invece, si soddisfa anche in altro modo, soprattutto con il passaggio al digitale.
Non si potrebbe evitare di passare al digitale terrestre se si fa la banda larga? A questa domanda rispondo di no. Innanzitutto, il digitale terrestre è indispensabile ai fini della digitalizzazione complessiva del sistema delle comunicazioni. Se continuasse ad esserci, sia pure in calo, una quota dell'utenza televisiva generalista che usa l'analogico, l'unificazione digitale del sistema non si verificherebbe, con tutte le conseguenze del caso, a cominciare dal digital divide. Se, infatti, ci sono solo alcuni che sono spinti ad accedere al digitale, gli altri - soprattutto nelle fasce di popolazione più anziana, meno colta e meno coinvolta nei processi dinamici - si adagiano e non vogliono cambiamenti. Per un sistema Paese questo costituisce un grande problema.
La digitalizzazione delle reti diffusive dei broadcaster è un compito assolutamente essenziale. Lo sottolineo con grande forza, perché ha un'implicazione anche per quel che riguarda le risorse. Spero che queste, in questo impegno di digitalizzazione del sistema Italia, siano le più cospicue possibili, ma comunque non saranno mai illimitate. Entro quei limiti, dunque, che mi auguro i più ampi possibili, si dovrà decidere. Non si possono impegnare le risorse solo sulla banda larga, trascurando il processo di digitalizzazione delle reti diffusive a cui fanno riferimento gli attuali broadcaster. Soltanto con un sistema complessivo digitalizzato sono possibili le convergenze, i passaggi fra le diverse piattaforme, la convergenza multimediale.
Ricordo che insieme a me sono presenti la dottoressa Silvia Calandrelli, vice direttrice di New Media, e il dottor Luca Balestrieri, direttore del digitale terrestre. Infatti, nonostante i miei sforzi, non sono


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un tuttologo, e per eventuali domande tecniche particolarmente impegnative chiederò la loro assistenza.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

LUCA GIORGIO BARBARESCHI. Ringrazio il presidente Petruccioli di essere qui con noi, tuttavia sono innanzitutto sbalordito dall'imbarazzante assenza del direttore generale. Abbiamo svolto audizioni di grandi aziende di telecomunicazioni - Mediaset, aziende con fatturati come quello della RAI e alcune multinazionali - i cui direttori generali ci hanno delineato anche le strategie editoriali.
Poiché ritengo che lo sviluppo tecnologico dei prossimi venti anni equivarrà pressappoco a quello verificatosi negli ultimi cento, non si può trattare la banda larga, e non solo, con queste certezze. Mi spiace, quindi, per l'assenza del direttore generale Cappon, che spero comunque verrà a trovarci, perché credo che la riflessione da fare sulla RAI sia molto ampia. Capisco che il presidente non possa entrare nel merito delle reti e dei contenuti, ma il direttore generale dovrebbe essere qui a esporci alcune cose.
Ovviamente, ci spiace anche di non avere neppure una relazione, a differenza di quanto hanno fatto altri, perché una relazione esaustiva come quella di Mediaset (60 pagine con numeri, grafici e previsioni di quanto accadrà nei prossimi anni nel campo dell'innovazione) ci permette di avere un'alfabetizzazione maggiore.
Non riesco a capire quale sia la direzione di questo grande colosso multimediale che è la RAI. Dall'esterno non appare chiaro il ruolo della RAI nei contenuti, dal punto di vista della televisione pubblica e perché si sia svuotata completamente di quella funzione educativa che dovrebbe avere su temi importanti.
Mi è capitato di essere parte, nel ruolo di vice presidente dei produttori, di alcune trattative e ho constatato come l'atteggiamento della RAI, nei confronti degli esterni, sia molto imbarazzante. Neppure in qualche antico Ministero ci si comportava in questo modo. Se tra venti anni rimarrà qualche carteggio, si penserà che esisteva un gruppo di strane persone esterne alla RAI che scriveva, mentre dall'interno del palazzo non rispondeva mai nessuno. L'atteggiamento contrattualistico è imbarazzante, perché la RAI stipula i contratti con mesi di ritardo, mettendo in serie difficoltà economiche le aziende, divorate dalle banche, perché, quando i contratti vengono firmati all'ottava o nona settimana di ripresa di un film, la banca si è mangiato l'utile.
Rilevo una responsabilità nelle news. Sul tema, recentemente, ho organizzato un convegno, al quale sono intervenuti il Presidente della Camera, il Ministro per i beni e le attività culturali Bondi e il Ministro Gelmini (il presidente Petruccioli, purtroppo, per altri impegni non ha potuto partecipare). La responsabilità di quello che si manda in onda è estremamente importante perché con qualsiasi Governo, di destra o di sinistra, il lavoro di riforma del legislatore viene vanificato dalla potenza dei contenuti. I contenuti della RAI sono spesso sotto il livello di guardia.
Le news non possono essere pornografia della comunicazione, vale a dire non possono insistere continuamente su temi pruriginosi assolutamente inutili dal punto di vista dell'informazione, che sembrano studiati ad arte per distrarre dal vero tema.
Insisto sull'etica, perché l'azienda deve riconquistare trasparenza nella contrattualistica, laddove non si capisce la ragione per cui produttori e soggetti esterni che sono palesemente farabutti che non pagano l'ENPALS e realizzano truffe continue, continuano poi a lavorare con questa azienda di Stato senza alcuna giustificazione. Qualcuno mi deve dare una spiegazione. Dopo il fallimento, alcuni soggetti esterni si sono ripresentati alla RAI senza avere neppure il buon gusto di cambiare il nome delle loro aziende, riottenendo gli appalti, sebbene la RAI sapesse che si trattava di truffatori.


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Insisto sul piano editoriale della RAI. La RAI deve avere anche uno scopo. Non si capisce perché, nonostante l'elevato numero di creativi italiani - e la fiction dove la RAI ha raggiunto ottimi risultati usando talenti italiani ne è la prova - la RAI non possa ricorrere a tali talenti anche nell'intrattenimento leggero e si preferisca - come mi hanno riferito alcune persone interne alla RAI - affidare gli slot, mentre i contenuti vengono dopo. In nessuna strategia aziendale si affidano gli slot e poi si decide cosa andrà su questo slot. Tutte le aziende multimediali del mondo prima scelgono la qualità, dopodiché la affidano, perché questo è il circolo virtuoso per far crescere soggetti esterni che daranno una fisionomia nuova all'azienda. Quando si pensa a una logica comune per quanto riguarda la pirateria e i diritti, si deve riflettere sul ruolo di YouTube. È molto rischioso fare accordi con Google, con YouTube in un momento in cui sarebbe opportuna una riflessione molto ampia sul diritto d'autore. Interrompendo la filiera del diritto d'autore, infatti, si interrompe l'unica filiera virtuosa tra l'idea e la commercializzazione di un prodotto.
Mi spiace di essermi dilungato, ma l'argomento mi sta molto a cuore. Credo che parlare di tecnologia sia estremamente importante, ma credo anche che in futuro conteranno solo i contenuti. Se non ci concentriamo sui contenuti e sulla virtuosità del sistema, continueremo a penalizzare un discorso editoriale italiano, che ammorberà la responsabilità personale e la tradizione del nostro Paese.

CLAUDIO PETRUCCIOLI, Presidente di RAI - Radiotelevisione italiana. Signor presidente, lei mi ha detto che risponderò alla fine, ma vorrei essere certo che coloro che pongono le domande alla fine siano presenti.

PRESIDENTE. Questo è sicuro. Volevo aggiungere che capisco che l'audizione del presidente della RAI induca a esondare rispetto all'oggetto dell'indagine conoscitiva, come è stato fatto nell'ultimo intervento...

LUCA GIORGIO BARBARESCHI. Mi scusi, presidente, io non ho esondato. Vorrei sapere perché con Mediaset abbiamo potuto porre ogni tipo di domanda e siamo stati esaustivi, invece con la RAI non si può esondare. Abbiamo esondato con Vodafone, con Telecom, con Wind, con Autostrade, con l'ingegner Moretti.

PRESIDENTE. Capisco che al presidente della RAI sia anche giusto porre domande che ampliano l'oggetto dell'indagine.
Tuttavia, poiché la RAI non è stata chiamata qui per rispondere di un piano industriale o editoriale, ritengo che poi sarà il presidente Petruccioli a decidere come rispondere.

ENZO CARRA. Signor presidente, credo che l'esondazione dipenda anche dalla mancanza della sede opportuna, cioè della Commissione di vigilanza RAI. Infatti ritengo che quella sia la sede deputata a questo tipo...

CLAUDIO PETRUCCIOLI, Presidente di RAI - Radiotelevisione italiana. La RAI fa autocritica per il fatto che non c'è ancora la Commissione.

ENZO CARRA. Fa autocritica anche la RAI, va bene. Ho ascoltato con interesse l'esposizione del Presidente della RAI. Tra l'altro, considero inutile il rammarico per l'assenza del direttore generale, perché sono presenti i due tecnici del settore dell'innovazione tecnologica.
Desidero porre un quesito partendo da una premessa. La RAI è un'azienda che ha avuto più di altre in Italia una storia di alfabetizzazione del Paese e una grande funzione di rinnovamento. Il presidente Petruccioli ci ha presentato una situazione per fortuna in movimento sul versante tecnologico, ma mi impensierisce l'emergere di un'innovazione a due velocità, addirittura classista, laddove c'è un'Italia che può permettersela e un'Italia che invece non può.
Il presidente della RAI afferma giustamente che la banda larga non sostituirà la


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diffusione dei programmi televisivi, però comunque la web tv è perfetta, può essere anche più bella della televisione ad alta definizione. Si tratta quindi di un'autostrada che sta correndo verso il rinnovamento di questo Paese, con tutte le difficoltà e i ritardi che conosciamo.
A questo, però, si aggiunge non soltanto il digitale terrestre, sul quale una domanda sarebbe più semplice (abbiamo già accennato alla Sardegna e a quella legge, con tutti i suoi ritardi, che lo prevede), ma anche il fatto che c'è un'altra parte d'Italia che ha Internet e il satellite, altra parte importante del rinnovamento di questo Paese.
Sono quindi impensierito per un'innovazione per ricchi, perché da questa parte della barricata mi interesso di questi aspetti, e vi chiedo se la RAI abbia dati su questa Italia alfabetizzata dal punto di vista della banda larga, quindi della web tv e del satellite. Queste considerazioni racchiudono anche un minimo di autocritica, perché un partito al quale alcuni di noi si riferiscono ha preferito fare una web tv invece che un giornale di partito, scelta che considero classista.

GIORGIO LAINATI. Ce ne aveva già due.

ENZO CARRA. No, collega Lainati, non voglio entrare in polemica con lei.

ANDREA SARUBBI. Fino alla mia candidatura, ero conduttore di una trasmissione su Raiuno, A sua immagine, che andava in onda il sabato pomeriggio e la domenica mattina. Una trasmissione di servizio pubblico, per cui avrei da porre il doppio delle domande formulate dall'onorevole Barbareschi. Tuttavia, credo anche io che non sia questo il momento opportuno per farlo.
Mi auguro che si risolva l'impasse della vigilanza. Se così non dovesse essere, mi auguro che lei trovi il modo di tornare in queste sede. Infatti, non so se ne sia a conoscenza, ma abbiamo anche un problema di competenze, in quanto nella scorsa legislatura è stata separata la competenza sui contenuti, affidata alla Commissione cultura, dalla competenza in materia di infrastrutture - per così dire - assegnata a questa Commissione. In ogni caso, quindi, si tratterebbe di una buona occasione di incontro.
Personalmente, volevo mettermi dalla parte degli utenti. In questo senso, quindi, il mio punto di vista è opposto a quello dell'onorevole Barbareschi, che si metteva dalla parte del produttore, naturalmente.
Ho salutato con grande piacere l'accordo con YouTube e Google, perché, in quanto utente di tali realtà, mi fa molto piacere vedere il marchio RAI sulle canzoni dello Zecchino d'oro, ad esempio, che faccio vedere regolarmente a mio figlio.
Inoltre, sono molto contento del fatto che regolarmente i programmi abbiano la possibilità di avere un'altra visione, oltre a quella classica. Del resto, RAI Click è uno strumento che non funziona sempre e, a mio avviso, non è ancora alla portata di tutti. A differenza di Sky, che sta andando avanti molto bene sulla tv à la carte, la RAI da questo punto di vista è un po' più indietro. Quindi, il discorso di YouTube potrebbe già essere un buon passo.
La mia esperienza personale in proposito è la seguente. Metà del nostro tempo in redazione lo passavamo a rispondere alle richieste dei telespettatori che ci chiedevano copia delle trasmissioni. Questo capita spessissimo e succede a tutti.
Da parte nostra, a volte di straforo, qualche materiale lo davamo (la parrocchia, le suore e via dicendo). Tanti, inoltre, ci chiedevano del materiale di repertorio delle teche, che sono patrimonio nazionale.
Ora, guardando ciò che è diventata e sta diventando l'industria discografica - penso ad i-Tunes che permette, dietro pagamento, di accedere ad un file e di scaricare un disco - mi chiedo se, anziché lasciare tutto alla buona volontà delle singole redazioni, che spesso non possono farlo, perché non tutti hanno il masterizzatore e via dicendo, secondo lei, sfruttando la banda larga, sarà possibile arrivare a fare in modo che la RAI offra un servizio di questo tipo.


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Se qualcuno vuole avere una copia di un programma RAI, compatibilmente con i diritti e con l'uso personale che ognuno ne fa, sarà possibile per questa persona rivolgersi a RAI i-Tunes - chiamiamola come vogliamo - per scaricare il materiale di interesse, pagare il dovuto e portarlo a casa? In questo modo, rimane all'utente il programma in cui si parlava di lui, del suo paesello, della sua città, della sua congregazione di suore e via elencando.
Riconosco che tale considerazione è in contrapposizione con l'osservazione sul diritto d'autore dell'onorevole Barbareschi, ma il Parlamento serve anche a confrontarsi su opinioni diverse.

SETTIMO NIZZI. Anche io sono un po' dispiaciuto per non aver avuto l'opportunità di leggere una relazione scritta, relazione che, invece, tutti gli altri auditi hanno consegnato. Tuttavia, sulla base dei contenuti del resoconto stenografico, vedremo se questa nostra interlocuzione sarà stata utile.
Provengo da una regione, in cui il primo passo è stato compiuto proprio grazie ad un accordo tra Governo e la regione stessa. Abbiamo digitalizzato l'isola. Ritengo che quella sia un'ottima strada che consente di offrire un ottimo servizio, perché la qualità del segnale è sicuramente buona rispetto a quella tradizionale analogica.
Sono d'accordo con l'onorevole Barbareschi sul fatto che l'autore dell'opera deve essere giustamente retribuito. Tuttavia, occorre considerare gli aspetti su cui avete puntato e state puntando, per cercare di interagire con tutti gli altri broadcaster, con tutte le aziende di diffusione del segnale televisivo. Sono stati stipulati degli accordi, oppure c'è solo ed esclusivamente una contrapposizione?
Se mi metto a giocare con il telecomando, come fanno tutti gli italiani, a volte mi capita di non riuscire a vedere ciò che vorrei.
Segnalo il dramma, uno fra tutti, di Raitre nella mia regione.
È possibile che la rete regionale in Sardegna esista soltanto per Cagliari, Sassari e Nuoro? Olbia è la terza città come importanza. Ebbene, non abbiamo una redazione; non esiste un punto d'appoggio, anche se erano stati assunti degli impegni nella scorsa legislatura, quando nella Commissione per la vigilanza c'era una deputato locale.
Ad ogni modo, questo particolare non ha importanza. Tutto dipende dai soldi disponibili.
Oltre a ciò, vorrei sapere come mai la RAI ha bisogno ancora del canone, mentre molte altre aziende ne fanno a meno. Perché accade questo?

CLAUDIO PETRUCCIOLI, Presidente di RAI - Radiotelevisione italiana. Quali aziende?

SETTIMO NIZZI. Per Mediaset, ad esempio, non si paga il canone.
Non siamo contrari a pagare un servizio - ci mancherebbe - ma mi chiedo quali sono i momenti ostativi che impediscono che anche la RAI possa tenersi in piedi da sola.
Non sono contrario al canone, ma mi domando perché la RAI non spinge sulla concorrenza, come fanno le altre emittenti. Perché non dovete essere concorrenti come gli altri?

PRESIDENTE. Tornando al tema specifico della nostra audizione, volevo porre una domanda.
Come è stato ricordato in precedenza, è vero che il video e soprattutto la TV viaggiano su tre grossi canali (adesso i canali sono due; domani, forse, vi sarà anche il terzo canale) ossia quello analogico-digitale, il satellite e, in prospettiva, la banda larga.
D'altra parte, è anche vero che da parte del singolo e soprattutto dei giovani, c'è una forte richiesta di poter acquistare, rivedere e ritoccare dei contenuti.
La RAI sicuramente è stata, è e - mi auguro - sarà, anche un grandissimo produttore di contenuti.
Penso che, anche da questo punto di vista, sia necessario porsi riguardo al tema della banda larga in un'ottica che sicuramente


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non copra un arco temporale di tre o cinque anni - lei parla di venti anni, ma io sono convinto e spero che ne servano anche meno -, ma che sia un'ottica di medio-lungo termine.
Del resto, stiamo parlando di un aspetto che dovrebbe far parte di un progetto strategico di una società importante come la RAI.
Pertanto, dovremmo anche conoscere un parere della RAI su come, tra cinque-dieci-quindici anni, dovrebbe essere questa rete; a chi dovrebbe appartenere; come dovrebbe essere accessibile ciò che lo è stato fino ad oggi, ossia ciò che viene trasmesso sulla rete in rame.
Ci aspettavamo che questi temi potessero essere affrontati in una visione evidentemente strategica di lungo respiro.
Peraltro, non sta a me ricordarlo, ma la library che appartiene a questa azienda rappresenta la storia culturale del giornalismo italiano. Quindi, penso che si possa vedere nell'utilizzo della banda larga una realtà che può diventare per la RAI, più che per qualsiasi altra azienda di questo Paese, un ritorno importante in termini economici.
In definitiva, ritengo che, quanto al modello di rete di nuova generazione come quello della banda larga, il vostro contributo potrebbe essere determinante.

LUCA GIORGIO BARBARESCHI. Speriamo che fra venti anni la library non siano i reality e i pacchi!

PRESIDENTE. Do la parola al presidente Petruccioli per la replica.

CLAUDIO PETRUCCIOLI, Presidente di RAI - Radiotelevisione italiana. Grazie presidente. Al termine della mia replica, se la dottoressa Calandrelli e il dottor Balestrieri avranno ulteriori elementi li potranno aggiungere; adesso devo prendermi le mie responsabilità.
Mi preme innanzitutto sottolineare, di fronte alla Commissione, che quest'oggi non sono accompagnato da due tecnici, bensì da due dirigenti della RAI che hanno grandi responsabilità nel settore delle nuove tecnologie e che partecipano all'odierna audizione, in quanto esperti - loro, non io -, per il rispetto che si deve alla Commissione, nel caso vengano poste domande alle quali non sono in grado di rispondere.
Per quanto riguarda l'assenza del direttore generale, dico che il dottor Cappon e chi vi parla non siamo come i Carabinieri, per cui uno legge e l'altro scrive. Naturalmente, faccio riferimento alla barzelletta; sia ben chiaro. Come è noto, la RAI ha promosso e sostenuto l'Arma benemerita con grande vigore e piacere. Tra l'altro, personalmente ne sono molto contento.
Ad ogni modo, abbiamo deciso insieme chi dovesse partecipare all'incontro di oggi in Commissione. Se fosse venuto il direttore generale, anche lui sarebbe stato accompagnato dal dottor Balestrieri e dalla dottoressa Calandrelli e avrebbe riferito esattamente quanto sto dicendo io.
Per fortuna, infatti - lo posso dire perché siamo in scadenza -, tra me e il direttore generale Cappon non c'è alcuna divergenza e alcuna differenza di valutazione.
Ringrazio il presidente per avermi fornito un argomento che avrei, con grande rispetto per la Commissione, comunque evocato. Ho svolto un'introduzione riferita agli argomenti che mi erano stati proposti, vale a dire quelli riguardanti le reti di nuova generazione, con particolare riferimento alla banda larga.
So benissimo che, relativamente alla televisione e alle comunicazioni in generale della RAI, vi sono molte altre questioni a cui bisogna rispondere. In proposito, non ho nessuna difficoltà a farlo.
L'onorevole Sarubbi ha parlato di conflitti di competenza e via elencando. Per una legislatura, sono stato presidente della 8a Commissione del Senato. Ebbene, fra Senato e Camera c'è una differenza da questo punto di vista. La 8a Commissione del Senato è interamente competente sia per quel che riguarda gli aspetti delle reti, delle tecnologie e così via, sia per il resto.
Si pone dunque una differenziazione, una distinzione, tanto è vero che, nella


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precedente legislatura, quando sono stato chiamato a esprimere l'opinione della RAI sul disegno di legge del ministro competente per la riforma del servizio pubblico radiotelevisivo e delle comunicazioni alla Camera sono stato audito da due Commissioni (questa e la VII, se non sbaglio); mentre al Senato solo dalla 8a Commissione. Oltre ad esse, c'è la Commissione di vigilanza che ha delle competenze per quel che riguarda gli indirizzi.
Detto questo, desidero ribadire che chi viene convocato, in quanto rappresentante della RAI, chiunque esso sia, da qualunque Commissione, è tenuto a rispondere a tutte le domande che vengono poste.
Personalmente, conoscevo le domande, dal momento che ci sono state trasmesse per via formale e su quelle mi sono basato.
Potrei parlare a lungo del ruolo della RAI. Tuttavia, affronterei una discussione di tipo diverso. Voglio essere chiaro. Al momento, non farò riferimento al ruolo della RAI non perché non riconosco l'autorità e la competenza di questa Commissione, o la sua autorevolezza, ma perché dovrei parlare per almeno un quarto d'ora delle prospettive e del ruolo della RAI.
L'onorevole Barbareschi parla di pornografia dell'informazione. Dovrei sapere bene a cosa si riferisce per rispondere specificamente. Ha anche detto che ci sono dei farabutti, sebbene non nella RAI. Se lei, onorevole, se la sente di denunciare nomi e circostanze la RAI le sarà grata perché potrà verificare ed eventualmente prendere delle misure adeguate.
Una cosa tendo ad escludere: che la RAI abbia continuato ad avere rapporti con qualunque soggetto sapendo che tale soggetto era un truffatore. Può darsi che noi abbiamo continuato ad avere rapporti con qualche truffatore senza saperlo, ma escludo che questo sia avvenuto con la nostra consapevolezza di avere a che fare con dei truffatori. Questo, lo ripeto, mi sento di escluderlo, ma se sbaglio sarò pronto a riconoscerlo.
Per quanto riguarda ciò che qualche dirigente le ha detto sugli slot, se lei vuole sono pronto ad accogliere le sue informazioni e a verificarle anche attraverso le procedure interne all'azienda. Una volta verificate le responsabilità, prenderemo le misure previste dalle nostre regole interne. Questo per rispondere alle questioni generali che lei ha sollevato.

LUCA GIORGIO BARBARESCHI. Fare il delatore non è compito né di un onorevole, né di un libero cittadino. Tuttavia, credo che, per quanto riguarda la RAI, basti guardare la contrattualistica e quello che è accaduto negli ultimi anni per vedere che tutto ciò che ho detto corrisponde esattamente alla verità. Comunque, in caso di necessità, saranno eventualmente le associazioni dei produttori, se avranno voglia di farlo, a segnalare queste circostanze. Sono fatti noti anche ai muri, peraltro riferiti anche dai giornali.
Comunque, questa è una polemica sterile. Il mio intervento voleva essere invece uno stimolo, poiché ritengo che la RAI sia determinante per l'assetto futuro di questo Paese essendo la funzione della televisione pubblica, per quanto se ne dica, fondamentale soprattutto guardando al futuro. La BBC questo lo ha capito vent'anni fa, addirittura aumentando il canone e dando all'utenza l'opportunità di partecipare alla creatività.
Se avessi voglia di distruggere la RAI assumerei un altro atteggiamento. Invece, questo discorso mi sta a cuore proprio perché ritengo che la RAI sia l'ultima isola sulla quale si possono assumere iniziative intelligenti.

PRESIDENTE. Facciamo concludere il presidente Petruccioli.

CLAUDIO PETRUCCIOLI, Presidente di RAI - Radiotelevisione italiana. Onorevole Barbareschi, la ringrazio. Ho voluto molto rapidamente fare riferimento ad alcune cose di carattere generale che lei ha detto per dire che da parte nostra non c'è alcuna chiusura.
In merito a una circostanza posso darle completa assicurazione: di tutti gli eventi che hanno presentato sospetti di scarsa trasparenza o correttezza questa gestione della RAI non ne ha lasciato passare


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nessuno, almeno quelli di cui era a conoscenza. Se altri verranno a nostra conoscenza ci comporteremo allo stesso modo.
Per quanto riguarda YouTube, so che ieri il dottor Confalonieri - lo hanno riferito i giornali - ha parlato in questa sede dell'accordo tra RAI e YouTube. Questo tema riguarda una delle più scottanti e controverse questioni che esistano su scala mondiale, quella dei diritti d'autore sul web. Tutti si misurano con questi problemi - chi in un modo, chi in un altro - , ma ancora una soluzione soddisfacente e generale non è stata trovata.
Ho letto che ieri il dottor Confalonieri ha detto che nei confronti di frequentatori di YouTube che scaricano i contenuti di Mediaset ha deciso di procedere per vie legali e ha criticato il fatto che la RAI abbia stretto un accordo con YouTube per cercare di concordare il passaggio di contenuti della RAI, appunto, su YouTube. Mi guardo bene dal fare polemiche, ma questa è una questione aperta. Che cosa si può fare? Si può decidere di mandare la polizia oppure cercare di trovare, per quanto è possibile farlo in una situazione aperta e controversa, forme di accordo che non dico eliminino del tutto la pirateria, ma almeno la contengano.
La nostra decisione si muove palesemente in questa seconda direzione. Non ne facciamo un'affermazione ideologica, né una filosofia. Vediamo che cosa succede e se si hanno dei buoni risultati. Se, magari, si hanno dei risultati almeno un po' soddisfacenti, possiamo anche metterli a disposizione di altri che, invece, in questo momento ritengono più produttiva la strada della denuncia e della repressione.
Non vedo perché si debbano aprire polemiche su questo argomento. Stiamo cercando di capire se è possibile percorrere una strada di un certo tipo. Del resto, anche grandissimi operatori su scala mondiale sono incerti tra le due strade: un momento prendono il bastone, un altro momento prendono la carota.
Purtroppo, in questo caso la difficoltà sta nello strumento tecnico che, come sanno persino le autorità cinesi, è uno strumento che funziona in quanto è libero e aperto. Se cerchiamo di regolamentarlo sarebbe un po' come segare il ramo su cui siamo seduti. Questa è la difficoltà, come ben sapete.
Vengo ora ad un punto su cui, forse, non sono stato chiaro. Prima ho parlato della banda larga relativamente a un versante famiglie e singoli e a un versante amministrazione e imprese. Questo ha un rilievo ai fini della determinazione del livello massimo a cui ci si può riferire per quel che riguarda lo sviluppo della banda larga. In effetti, per quanto riguarda noi broadcaster televisivi generalisti, questo livello è abbastanza chiaro: è il livello attualmente assicurato dall'alta definizione, di circa 10-12 megabit al secondo. Per quanto riguarda, invece, il versante amministrazioni e imprese, che chiama in causa una complessità dei servizi, esso sicuramente ha un'esigenza di sviluppo della banda larga a livelli superiori. Pertanto, signor presidente, per quelle che sono le nostre esperienze, le nostre esigenze e le nostre prospettive noi siamo interessati allo sviluppo della banda larga al massimo fino a quel livello, anche se sappiamo che ci sono altri utenti che sono interessati a sviluppi superiori. Quegli utenti tuttavia non siamo noi e ci tengo a dirlo. Questo mi sembra un dato conoscitivo utile per la vostra indagine.
In riferimento al quesito posto dall'onorevole Carra, non parlerei e non ho parlato di innovazione a due velocità. Si è detto che oggi ci sono tre cose: l'analogico, il digitale e il terrestre. Mi scusi, presidente, ma non è così. Analogico e digitale sono una distinzione riguardante il tipo di unità trasmissiva, chiamiamolo alfabeto. Noi vogliamo passare al digitale e vogliamo che tutto diventi digitale con tutte le diverse piattaforme e qui interviene un'altra distinzione tra il digitale terrestre - ossia la diffusione generalista -, il digitale satellitare, il digitale della banda larga (più o meno larga) da punto a punto, il digitale del web, l'IPTV, i telefonini e così via. La banda larga riguarda un segmento specifico di questo digitale, ossia le reti che trasmettono da punto a punto.


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Per quanto riguarda il digitale televisivo generalista, sia esso free, sia esso a pagamento, cioè sia esso il digitale terrestre o il digitale satellitare, la banda larga non c'entra assolutamente niente. La banda larga riguarda l'altro tipo di reti.
Del resto, c'è l'esperienza degli Stati Uniti d'America, dove queste cose si dicevano venti anni fa. Peraltro lì, non avendo il satellite, erano convinti che con il digitale via cavo sarebbe scomparsa la tv generalista. Non è vero. La tv generalista non scompare, legata com'è a esigenze di mercato, sociali e via dicendo.
Prima ho parlato di venti anni, sebbene non dovrei parlare di un termine così lungo, dato che tra venti anni sarò sicuramente morto.

LUCA GIORGIO BARBARESCHI. Lunga vita al presidente!

CLAUDIO PETRUCCIOLI, Presidente di RAI - Radiotelevisione italiana. Grazie. Non facciamoci deviare da quelle impostazioni tecno-ideologiche per cui una nuova tecnologia determinerebbe la scomparsa della vecchia. Non è vero, non funziona così.
Certo, i rapporti si modificano, ma si assommano tanti elementi: soldi, mercato, esigenze, non è solo la tecnologia...

LUCA GIORGIO BARBARESCHI. In Francia questo è già accaduto. È già tornato tutto sulla tv generalista.

CLAUDIO PETRUCCIOLI, Presidente di RAI - Radiotelevisione italiana. Ma anche negli Stati Uniti, come sa benissimo. La mia è solo un'avvertenza, non certo una pretesa di prevedere alcunché.
Vengo alle ultime domande. Di chi deve essere la rete? Mi scusi, presidente, ma noi non abbiamo nulla da dire su questa materia. Chi deve accedervi? Spero che le regole siano tali per cui possa accedervi il più gran numero possibile di soggetti, e comunque anche noi, se ne abbiamo voglia. Questo possiamo affermarlo, ma non possiamo dire di chi debba essere la rete. Che ne sappiamo?
L'autorità politica, le scelte economiche, faranno sì che se si farà la rete di Telecom... Del resto, noi abbiamo già accordi con Telecom, come ne abbiamo con altri operatori, con 3, con Fastweb. Sottoscriviamo accordi con tutti gli operatori per cercare di accedere e per non restare esclusi da piattaforme e da occasioni di diffusione del prodotto.
Se, però, mi chiedete se la RAI ha una preferenza circa la proprietà della rete, la risposta è «no». Ripeto e sottolineo che noi abbiamo una risorsa, RAI Way: mi riferisco ai siti - non agli impianti tecnologici - che sono molto importanti (costano perché li si mettono le cose). Ecco, noi saremmo non solo pronti, ma interessati a coinvolgerli in un'opera di costruzione, insieme ad altri, di una rete anche nel senso della banda larga.
Noi abbiamo assunto una posizione ufficiale: siamo per un operatore nazionale per quel che riguarda anche le reti di distribuzione generalista del digitale terrestre. In altre parole, non siamo orientati all'idea che ogni broadcaster abbia una sua rete, ma, in accordo con l'orientamento delle autorità comunitarie, crediamo che debba esserci una distinzione tra fornitori di servizi di rete e fornitori di contenuti. Siamo assolutamente favorevoli allo sviluppo, ma non possiamo deciderlo da soli. Siamo comunque pronti e propensi a uno sviluppo di reti in cui ci coinvolgiamo con altri nei modi possibili secondo le volontà del legislatore, accentuando sempre più la caratterizzazione della RAI come fornitore di contenuti.
Questa è la nostra scelta strategica, un punto sul quale, onorevole Barbareschi, anche se i vertici amministrativi della RAI dovessero cambiare, la convergenza delle diverse forze presenti nella RAI è tale da escludere eventuali mutamenti di orientamento nel tempo. Su questo orientamento siamo unanimemente d'accordo.
Prima di concludere parlando del canone - lei, onorevole Nizzi, mi ha offerto un'occasione che non mi perderei per nulla al mondo -, mi è stato chiesto di eventuali accordi con altri broadcaster. Ebbene, non abbiamo alcun accordo con


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altri broadcaster. Lei è sardo. Come sa noi facciamo parte, insieme con Telecom e Mediaset, del consorzio per il passaggio al digitale che lavora per la costruzione della rete. Qui, ad esempio, si realizza una concreta cooperazione sul terreno della costruzione delle reti, anche se non stiamo costruendo una rete unica, ma è un coordinamento per agevolare gli utenti. A metà ottobre, abbiamo realizzato lo switch-off in Sardegna contemporaneamente con Mediaset e LA7. Quindi, gli utenti sardi non hanno subìto alcun danno, perché, tranne qualche fastidio contingente, hanno avuto la possibilità di passare al digitale terrestre.
C'è un'altra cosa che considero importante e che, in questi ultimi mesi, abbiamo fatto insieme a Mediaset. Abbiamo deciso di costituire una società per integrare con il digitale satellitare (lo dico molto sinteticamente, il dottor Balestrieri, se volete, poi completerà questo punto). Poiché soprattutto in alcune zone il digitale terrestre è difficile e particolarmente costoso, è necessaria un'integrazione tecnologica con il digitale satellitare. Con Mediaset e Telecom abbiamo fatto una società, per rispondere in maniera coordinata a questa esigenza. Per il resto, non ci sono accordi.
Sul terreno della costruzione di una rete di digitale terrestre nazionale, da un anno e mezzo ci siamo dichiarati disponibili a creare una struttura di rete unica a cui i broadcaster accedano in quanto fornitori di contenuti e clienti. Se quindi il legislatore vorrà dare un impulso in questa direzione, sappia che la RAI ha dichiarato la sua disponibilità. Non esistono altri accordi.
Sul canone devo dire che sono abbastanza contento perché nel momento in cui, come l'amico Lainati sa, siamo andati ben oltre la scadenza del nostro mandato, lasciamo la RAI in condizioni buone soprattutto dal punto di vista degli ascolti.
Tutti i servizi pubblici europei hanno il canone. Il più pubblico di tutti, la BBC, ha soltanto il canone; non ha introiti dalla pubblicità, ma il canone è più del doppio rispetto a quello italiano e tutti gli investimenti aggiuntivi, quali quello del digitale, sono finanziati al di fuori dall'erario. Tutti gli altri hanno un finanziamento misto. Quindi, il canone c'è in tutti i Paesi.
Si suggerisce di abolire il canone. Nel mese di aprile, ho redatto un breve bilancio della mia esperienza in questi anni, di cui, se il presidente consente, manderò alcune copie, perché allora il Parlamento della nuova legislatura non era insediato. In quel documento dichiaro che la classe dirigente politica e l'opinione pubblica italiana devono dare una risposta al quesito che riguarda il desiderio di avere ancora un servizio pubblico radiotelevisivo. Si può infatti anche decidere che il servizio pubblico radiotelevisivo non sia necessario. Certamente, un servizio pubblico senza alcun finanziamento pubblico appare privo di significato.
Se la RAI si trasforma in un broadcaster che raccoglie le sue risorse solo sul mercato, è un broadcaster che agisce sul mercato e a quel punto non le si può indicare cosa fare. I contratti di servizio che stipuliamo ogni tre anni con il Ministero delle comunicazioni sono legati al fatto che abbiamo un canone. Se la RAI diventa una società come Mediaset, si comporterà di conseguenza, e tuttavia la preoccupazione maggiore per l'abolizione del canone non è della RAI, ma di Mediaset.
Faccio presente come il canone che la RAI ottiene ogni anno costituisca un finanziamento non alla RAI, ma al sistema televisivo complessivo, perché la RAI ha il canone e poi ha i limiti nella raccolta pubblicitaria. Se si decidesse di togliere il canone, dovreste toglierci anche i limiti e ci rimboccheremo le maniche recuperando non tutto il canone, ma almeno una parte togliendo a quelli che prendono la pubblicità. Affermare che il canone sia un finanziamento alla RAI è un modo piuttosto delimitato, per non dire ipocrita, di considerare il funzionamento di questo sistema.
Il canone viene dato alla RAI e insieme a questo alla RAI - come ben sa Lainati, quante volte mi hai sentito dire queste


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cose - si impone un limite nella raccolta pubblicitaria. Il resto lo vanno a raccogliere gli altri.

SETTIMO NIZZI. Presidente Petruccioli, non mi sono dichiarato contrario al canone. Le ho chiesto se avevate pensato ad una strada...

CLAUDIO PETRUCCIOLI, Presidente di RAI - Radiotelevisione italiana. Io sono felicissimo, se lei mi dice vi togliamo il canone...

PRESIDENTE. È il legislatore che decide se togliere il canone.

CLAUDIO PETRUCCIOLI, Presidente di RAI - Radiotelevisione italiana. A quel punto Petruccioli - così terrorizzo tutti i presenti - diventa il presidente della RAI, come è adesso Confalonieri, e vi faccio vedere io quello che vi combino!

PRESIDENTE. E rimane per trent'anni.

CLAUDIO PETRUCCIOLI, Presidente di RAI - Radiotelevisione italiana. Questo direi di toglierlo dallo stenografico, era solo una battuta.

PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Petruccioli e i suoi collaboratori per il dibattito esaustivo.
Dichiaro conclusa l'audizione e sospendo brevemente la seduta.

La seduta, sospesa alle 18, è ripresa alle 18,05.

Audizione di rappresentanti di Cisco Systems.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'assetto e sulle prospettive delle nuove reti del sistema delle comunicazioni elettroniche, l'audizione di rappresentanti di Cisco Systems.
Do la parola al dottor Stefano Venturi, amministratore delegato di Cisco Systems Italia.

STEFANO VENTURI, Amministratore delegato di Cisco Systems Italy. Inizio il mio intervento presentando velocemente l'azienda, perché mi sembra doveroso. Cisco è il leader mondiale nel campo delle infrastrutture Internet a larga banda. Siamo un'azienda giovane, nata nel 1984 in California e siamo diventati in pochi anni il costruttore numero uno al mondo di apparati di telecomunicazione. Tutto questo lo abbiamo fatto unicamente con apparati di nuova generazione, ossia quelli con cui è stata costruita la rete Internet.
Nel mondo, fatturiamo poco meno di 40 miliardi di dollari, cifra che pensiamo di superare quest'anno. Siamo attivi in tutti i settori; infatti, non serviamo solo i telco operator, ma anche il mercato enterprise. Gli operatori di telecomunicazioni sono nostri clienti per poco più del 30 per cento; mentre la restante parte di essi è costituita da aziende, anche di piccole dimensioni, e da amministrazioni pubbliche.
In Italia, Cisco esiste dal 1993; contiamo 750 persone e abbiamo un centro di ricerca e sviluppo a Monza. Quindi, non abbiamo solo un'attività commerciale, ma anche una di ricerca, con 250 ingegneri, principalmente italiani, ma che, per la restante parte, vengono da vari Paesi avendo saputo attirare ottimi cervelli da altre nazioni.
I prodotti disegnati nel nostro centro di sviluppo a Monza cubano all'incirca per un miliardo di dollari e, per oltre il 98 per cento, vengono esportati nei vari Paesi del mondo. Pertanto, la nostra è una realtà di innovazione e di esportazione.
A partire dal 2000 circa, abbiamo investito in Italia quasi 3,5 miliardi di euro, attraverso acquisizioni e soprattutto attraverso lo sviluppo di questo laboratorio di ricerca. Abbiamo fatto importanti investimenti anche nell'ambito della riduzione del digital divide, aprendo in Italia convenzioni con trecento scuole, il 10 per cento delle quali sono università. La restante


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parte è costituita da scuole superiori e di formazione, proprio per formare gli studenti e colmare il digital divide, o meglio, nel senso culturale, il gap di persone che conoscono le reti di nuova generazione e che, oggi, mancano sul mercato.
L'impatto sul business in Italia è di circa un miliardo di euro. Abbiamo un modello totalmente indiretto e, nella filiera del valore del nostro prodotto, lavoriamo in partnership con le entità locali. Tutta la parte di integrazione e adattamento ai mercati locali è, quindi, un valore lasciato sul territorio. Peraltro, questa è la nostra strategia in tutto il mondo.
Dopo questa doverosa presentazione, vorrei iniziare la mia esposizione, per presentare la nostra visione sulla rete a larga banda, ponendo qualche breve domanda.
Internet esiste da circa 5 mila giorni (proprio, recentemente, ho visto il video di uno dei fondatori che parlava di questo). Ebbene, pensiamo un momento a quale incredibile innovazione si è verificata in 5 mila giorni.
La mia domanda è la seguente. Pensiamo che nei prossimi 5 mila giorni - dato che i primi sono stati davvero un tornado - l'innovazione accelererà o rallenterà?
Forse possiamo rispondere che accelererà, poiché non credo che ci siano indicazioni per pensare il contrario. Allora, forse, possiamo dire che la stessa innovazione che è avvenuta in 5 mila giorni, attenendoci alla rete e all'information technology, magari nel futuro avverrà in mille giorni, tanto per dare un numero diverso come slogan?
In questi mille giorni, pensiamo che i Paesi che hanno una infrastruttura a larga banda pervasiva aumenteranno oppure rallenteranno la loro produttività, rispetto ai Paesi che non hanno un'infrastruttura a larga banda?
Ancora, il gap tra quelli che ce l'hanno e quelli che invece non ce l'hanno aumenterà o diminuirà? Mi sembrano tutte risposte abbastanza ovvie.
Abbiamo di fronte a noi un'accelerazione importante dei fenomeni che abbiamo appena esaminato. Credo che chi mi ascolta sia abbastanza convinto del fatto che questo Paese abbia bisogno di una forte spinta. Non mi soffermerò molto su questo dato, dal momento che la nostra presenza in questa sede è dovuta proprio al fatto che vi state ponendo tale domanda.
La nostra visione sulle infrastrutture a larga banda è la seguente. Innanzitutto, vogliamo sfatare il mito secondo cui il wireless sarà il risolutore del gap che oggi abbiamo nella diffusione della larga banda. Le infrastrutture wireless fisse non colmeranno questo gap.
Il wireless sarà importante solo in due casi: per abilitare applicazioni in mobilità e per raggiungere le poche aree lontane e disagiate dove, economicamente, gli operatori non hanno voglia di scavare e portare le fibre.
Per tutto il resto, pensare oggi a infrastrutture wireless è assolutamente uno scherzo, perché vorrebbe dire andare a liberare frequenze che non si possono toccare, che richiederebbero anni di lavoro e che comunque ci porterebbero a lavorare con delle velocità estremamente basse.
Quindi, la nostra ricetta è ovviamente la fibra, nient'altro che questa. Anche se vogliamo avere più wireless, dobbiamo costruire delle infrastrutture in fibra molto capillari che arrivino ad alimentare sempre più antenne (ma poi lo spettro è quello dato per cui non si può mettere più di un tot di canali).
Anche per quanto riguarda la fibra, bisogna porre una grande attenzione. Chiaramente, non voglio intavolare un discorso su quale sia l'architettura giusta. Tuttavia, nel momento in cui si fa un investimento, è importante guardare all'architettura della fibra. Infatti, la fibra ottica viene considerata innovativa, ma ormai esiste da trent'anni. Quindi, vi sono delle infrastrutture e delle architetture antiche che assolutamente non supporteranno i bisogni del futuro.


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Occorre dunque rivolgersi alle architetture più innovative, che oggi cominciano ad essere economicamente molto convenienti, ossia quelle punto a punto, che arrivano in ogni casa e in ogni ufficio.
Vengo adesso ad una riflessione di più grande respiro. Infatti, per almeno i prossimi cento anni si può pensare - magari verremo poi smentiti da qualche nuova tecnologia - che non ci sarà alcuna tecnologia più veloce della fibra. Il problema sarà, dunque, rappresentato dalle tecnologie che l'accendono.
Oggi, con queste fibre si può viaggiare a un gigabit al secondo - una velocità spaventosa - con dei costi abbastanza contenuti. Tra dieci anni, potremo viaggiare a mille gigabit con costi contenuti.
Questa è la previsione, perché l'abbattimento del costo degli apparati continua a procedere. Tuttavia, la fibra rimarrà sempre quella. Tra cinquant'anni, la fibra punto a punto sarà sempre la stessa. Quindi, un'infrastruttura in fibra può diventare un asset di lungo termine per il Paese.
Chiaramente, è davvero difficile - questa è la nostra visione - far partire un investimento del genere di colpo, prendendo un unico attore che si faccia carico dell'investimento, sia esso pubblico o privato.
Ciò è dovuto al fatto che si tratta di piani enormi, spaventosi, che non seguono le evoluzioni degli utenti. In Italia, ad esempio, c'è poca larga banda, perché i nostri utenti usano poco l'IT, quindi occorre predisporre, assieme a un piano di cablaggio, anche un piano di sviluppo culturale.
La nostra visione è che una rete in fibra deve essere chiaramente realizzata, o meglio accesa, dai privati. Eventualmente, il pubblico deve aiutare ad accelerare e a facilitare il più possibile le attività di scavo, magari mettendo assieme i vari elementi che si occupano delle canaline, degli scavi, che mettono la fibra sotto il pavimento stradale, in modo da ottimizzare quel lavoro.
L'ideale potrebbe essere creare un domani una utility che si occupi, per esempio, della fibra spenta. Tuttavia, l'accensione della fibra attiene a quell'innovazione che ogni Paese deve far partire; mi riferisco ad operatori che accendono la fibra ed erogano servizi sempre più innovativi.
Di recente, siamo stati contattati dal Governo inglese per partecipare come advisor, attraverso il nostro centro studi internazionale che si occupa di evoluzione, al piano predisposto con il CEO (chief executive officer) di Cable & Wireless, Francesco Caio.
Durante questo lavoro, abbiamo ispirato e finanziato uno studio - di cui avete copia - con le Università di Oxford e di Oviedo. Ebbene, tale studio ha l'obiettivo di misurare lo stato attuale della larga banda nei vari Paesi non solo in termini di penetrazione, ma anche, per la prima volta al mondo, in termini di qualità.
La larga banda non deve solo essere presente in maniera nominale, ma deve anche rispondere a determinati criteri di qualità. Del resto, se deve essere utilizzata per lavorare, essa deve presentare specifiche caratteristiche. Quindi, abbiamo cercato di definirle e di misurarle nei vari Paesi, per capire qual è lo stato dell'arte.
Prima di tutto, abbiamo misurato tre elementi fondamentali che devono essere presenti in una infrastruttura a larga banda del futuro.
Il primo elemento è ovviamente la velocità di download (e questo è abbastanza ovvio).
Il secondo elemento, che viene tenuto in conto da un minor numero di persone, è la velocità di upload. Del resto, nel Web 2.0 gli utenti diventano i fornitori di informazione della rete. Questo è un elemento importantissimo per la cultura e l'evoluzione di un Paese. Infatti, i Paesi che avranno un'infrastruttura simmetrica, quindi bidirezionale, daranno la possibilità ai propri cittadini e ai propri professionisti di mettere a disposizione i loro contenuti culturali e il loro lavoro molto più rapidamente sulla rete.
Il terzo elemento che misuriamo è quello che in termini tecnici viene chiamato «latenza», ossia il ritardo dei tempi di risposta della rete.


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Questi tre elementi messi assieme indicano quanto la rete risponde alle sollecitazioni. Ebbene, abbiamo misurato tali fattori rispetto alle necessità di oggi e a quelle del futuro. Ciò che è emerso è che la maggior parte dei Paesi presenta già dei gap sulle necessità odierne, ma è emerso anche che esistono dei gap spaventosi sulle necessità che avremo in un prossimo futuro.
La nostra indicazione ovviamente è quella di spingere per avere reti assolutamente in fibra; di non perdere tempo con il rifacimento del rame, piuttosto che con grandi investimenti sul wireless, soprattutto lavorando sulla qualità, sulla tipologia di questa fibra, su come è costruita, ma lasciando agli operatori privati la possibilità di innestare i propri modelli di business.
C'è un importante aspetto che desidero rilevare. Riteniamo che in un piano da realizzare, in un Paese che vuole assolutamente dotarsi di una rete a larga banda, sia importante l'esigenza di abilitare gli operatori a risparmiare.
Spesso, infatti, si propone di aiutare a eseguire gli scavi per far risparmiare gli operatori. In realtà, nel cercare di facilitare questo aspetto, si ottiene un'attrazione di investimenti, perché ci saranno più aziende che vorranno investire in quel Paese per aprire delle attività che daranno servizi a larga banda ai vari cittadini.
Al tempo stesso, in quel Paese nasceranno le entità che costruiranno applicazioni, servizi e oggetti che viaggeranno sulla larga banda. Quindi, quel Paese sarà più in grado di altri di rivendere queste industrie di servizi, di applicazioni e di oggetti che lavorano sulla larga banda.
In conclusione, esistono degli studi che connettono in maniera molto chiara l'investimento sulla larga banda con un incremento del PIL, dovuto sia ad un aumento della produttività di tutto il sistema Paese, e non solo dei singoli, ma soprattutto ad una maggiore attrazione di investimenti.
Questo è, dunque, il nostro punto di vista. Naturalmente, rimango a disposizione per eventuali domande.

BEATRICE LORENZIN. La ringrazio per la sua relazione molto esauriente.
La sua esposizione con il materiale prodotto costituisce, infatti, un elemento prezioso nella serie di audizioni predisposte dal presidente, che hanno dato vita a un'approfondita indagine conoscitiva.
Vorrei porle una domanda. Abbiamo sviscerato alcuni aspetti dello sviluppo della banda larga nel nostro Paese, per cui, confrontandoci con un operatore come voi, che produce anche know-how, sarebbe interessante capire il rapporto di una società italiana, che produce alta tecnologia e lavora nelle innovazioni, con il mondo della delocalizzazione. Alcune aziende che hanno i vostri stessi numeri, in Italia non sono tante, hanno delocalizzato alcune strutture in India, utilizzando le risorse informatiche, matematiche e umane di quel Paese.
Vorrei, inoltre, conoscere le vostre strategie aziendali per i prossimi anni in Italia anche alla luce degli investimenti che state facendo.

STEFANO VENTURI, Amministratore delegato di Cisco Systems Italy.Noi rappresentiamo un caso anomalo, perché siamo gli unici che dal 2000 ad oggi hanno investito pesantemente in Italia in questo e in settori estremamente innovativi; siamo anche gli unici soddisfatti di averlo fatto.
Siamo soddisfatti innanzitutto perché in Italia abbiamo fatto qualcosa di diverso dagli altri, creando non un semplice centro di competenza, ma un laboratorio che sviluppa strategie estremamente avanzate. Cisco è già un'azienda tecnologicamente molto avanzata rispetto ad altre e il laboratorio è uno dei più avanzati. Questo laboratorio non è un centro di competenza, ma una business unit, che crea i prodotti, fa l'indagine, capisce dove deve sviluppare e cosa deve fare e fa lavorare gli altri. Questa business unit di Monza fa infatti lavorare centri di competenza che si trovano in India, Cina e persino negli Stati Uniti.
Questo funziona molto bene innanzitutto perché l'Italia è un Paese attrattivo.


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A Monza, abbiamo creato un'oasi con un'infrastruttura a larghissima banda, con sistemi definiti TelePresence, videoconferenze ad altissima risoluzione con latenza zero, che permettono di parlare con interlocutori che si trovano a Bangalore in India o negli Stati Uniti come se fossero presenti, e con la possibilità di trasferire file giganteschi in pochissimi decimi di secondo.
Nel realizzare un'infrastruttura del genere, abbiamo scoperto innanzitutto che gli ingegneri italiani sanno imparare ed evolvere molto più velocemente degli altri. Magari non sono specialisti in un settore, ma sanno apprendere. Oggi un giovane che entra all'università e inizia a studiare finirà per lavorare su tecnologie che ancora non esistono. La nostra scuola ha dunque saputo e saprà formare persone in grado di imparare.
Un ottimo centro di sviluppo in Italia non è costituito solo da italiani, ma deve attrarre i migliori cervelli. Spesso si pensa all'ingegnere come a un nerd, che sta nel sottoscala, dietro il computer, privo di una vita sociale; al contrario gli ingegneri che lavorano al centro guadagnano 100-200 mila euro l'anno, sono tra i più ricercati, e spesso hanno una moglie che vuol vivere in una città per avere una vita sociale, figli che vogliono imparare, per cui vengono volentieri in Italia, almeno in città come Milano e Roma (forse meno volentieri in altre location). Siamo quindi riusciti ad attrarre i migliori cervelli nel mondo e a rendere questa infrastruttura una specie di oasi di larga banda, che permette a questi soggetti di gestire in tempo reale risorse che sono sparse nel mondo, garantendogli una potenza e una capacità produttiva enormi.

BEATRICE LORENZIN. Che rapporto avete con l'università?

STEFANO VENTURI, Amministratore delegato di Cisco Systems Italy. Negli anni l'abbiamo creato. Certo non è il punto di forza di questo Paese. Oggi, numerosi aspetti ostacolano gli investimenti in ricerca. Uno è rappresentato dai trasporti. Nel 2001, i voli diretti da Milano a San Francisco sono stati tolti e ogni giorno noi abbiamo una decina di persone sugli aerei nelle due direzioni, che devono girare per l'Europa per trovare altri voli. In secondo luogo, l'Italia è molto carente rispetto agli altri Paesi di relazioni tra industria e università. Questo causa due problemi: primo una minore attitudine dell'università a lavorare per le aziende, perché manca questa cultura e questo modo di essere; secondo una forte limitazione dei famosi spin off finanziati da venture capital, che nascono dall'università. Un centro di ricerca si deve collocare in un posto dove questi spin off siano numerosi, per realizzare acquisizioni e collaborazioni in sviluppo. Non si tratta quindi della parte forte, laddove questo rapporto, sebbene stia migliorando, rimane ancora molto indietro.

GIORGIO LAINATI. Considero molto interessanti le sue considerazioni, ma, in assenza dell'opposizione, che probabilmente si starà preparando ad altri appuntamenti, mi incuriosisce questo argomento. Rappresentando la più grande forza politica del Paese, abbiamo infatti la responsabilità non solo di governare, ma anche di legiferare in senso riformista, laddove le polemiche di queste ore vertono proprio sulla delicata questione dell'istruzione e della formazione delle future classi dirigenti.
Nel constatare come la vostra azienda abbia scelto di sponsorizzare un prodotto culturale di ricerca scientifica realizzato dall'università di Oviedo, mi chiedo perché non la statale di Milano o altre università del nostro Paese. Ritengo infatti che, per quanto riguarda il problema della riforma del sistema scolastico e nella fattispecie di quello universitario, ci si debba chiedere perché in questo Paese esistano centinaia di corsi di laurea in scienze della comunicazione, al punto che abbiamo centinaia di giornalisti disoccupati, mentre non si assiste a uno sviluppo parallelo delle facoltà che si occupano delle nuove tecnologie.


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Mi incuriosisce dunque capire questo aspetto, che considero un campanello di allarme. È chiaro che su Oxford non c'è nulla da aggiungere, ma non mi sembra che nel nostro Paese ci siano realtà inferiori all'università di Oviedo, anche se questa ha un storia straordinaria.

STEFANO VENTURI, Amministratore delegato di Cisco Systems Italy. Spesso queste occasioni di ricerca partono da normali contatti ongoing. Ritengo che in Italia esista il know-how per condurre questo tipo di ricerca, però talvolta le idee nascono da una collaborazione e un confronto costanti, come all'estero avviene.
In Italia, però, nel 2003 conducemmo con l'Università Bocconi uno studio estremamente interessante, che presenta ancora importanti spunti di validità. Abbiamo misurato quanto l'aprire alla rete le applicazioni aziendali, quindi non usare più solo l'IT sui computer, ma aprirli in rete ai fornitori e agli stakeholder dell'azienda potesse influire sul conto economico dell'azienda e sul PIL. Il risultato fu un lavoro meraviglioso, ammirato in Italia e anche in Europa, che potremmo eventualmente fornirvi, perché offre ancora spunti estremamente validi.
Concordo con lei, dunque, sul fatto che l'università italiana possieda enormi competenze, come constatiamo nella nostra attività di ricerca. Si rileva però una minore attitudine a un colloquio continuo; è questo che fa nascere le idee, giacché esse emergono parlando e non dalla pubblicazione di un bando per scegliere la migliore.

PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Venturi della sua ampia e valida relazione nonché per la documentazione che ci ha consegnato.
Dichiaro conclusa l'audizione e sospendo brevemente la seduta,.

La seduta, sospesa alle 18,30, è ripresa alle 18,35.

Audizione di rappresentanti di Infracom network application.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'assetto e sulle prospettive delle nuove reti del sistema delle comunicazioni elettroniche, l'audizione di rappresentanti di Infracom network application.
Do la parola all'amministratore delegato della Infracom network application, ingegner Francesco Bandinelli.

FRANCESCO BANDINELLI, Amministratore delegato di Infracom network application. Buonasera a tutti, ringrazio il presidente e la Commissione di averci dato questa opportunità.
Cercherò di essere sintetico, e il più chiaro ed esauriente possibile, per illustrarvi innanzitutto il gruppo Infracom network application, di cui sono amministratore.
Infracom Italia è la capogruppo di questo insieme di aziende, che nel 1997 ha iniziato la propria azione nel mercato delle telecomunicazioni, quando, in ragione di Autostrade Telecomunicazioni, azienda acquisita dal gruppo Infracom nel 2003, fu strutturata una delle prime reti nazionali infrastrutturali di telecomunicazioni in Italia.
Si tratta di un operatore di telecomunicazioni fortemente infrastrutturato, sia nella parte di dorsale, quindi, di backbone, sia nella parte di accesso.
Infatti, sul finire degli anni Novanta, in linea con il processo di liberalizzazione del novembre 1997, fu realizzata un'azione incisiva, che portò a infrastrutturare le fibre ottiche e i cavidotti di contenimento delle fibre in ambito sia metropolitano e urbano, sia autostradale.
Questo processo diede subito i primi frutti, perché gli operatori alternativi che stavano nascendo in Italia cominciarono a utilizzare la nostra rete. Mi ricordo quando Tiscali si quotò in borsa con un prospetto informativo nel quale c'era un power-point della nostra infrastruttura di dorsale. Nacque e si sviluppò su un'infrastruttura che noi deteniamo, che nel


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tempo è stata fortemente utilizzata dagli altri operatori quali Omnitel Pronto Italia, e che, quando la liberalizzazione era efficace e si cercava un'infrastruttura alternativa di trasporto, collegò i principali nodi di commutazione in Italia.
Infracom quindi è un operatore di telecomunicazioni a 360 gradi, con un'importante vocazione infrastrutturale. Abbiamo circa 9 mila chilometri di fibra ottica in Italia, copriamo le 40 città più importanti del territorio nazionale con nostre infrastrutture, avendo effettuato investimenti rilevanti nel corso di questi dieci anni di attività, che utilizziamo sia per il nostro mercato di business essenzialmente rivolto ai servizi e alle imprese, sia nell'ambito del mercato dei carrier, delle telecomunicazioni nazionali.
Infracom non solo è un operatore di telecomunicazioni, ma è anche un operatore IT. Infatti riteniamo che il taglio di interpretazione opportuno da dare al mercato in questo momento consista in una forte convergenza tra la parte telecomunicazione e quella IT. Si tratta quindi di un operatore ICT a 360 gradi.
In questa connotazione di posizionamento di mercato, le infrastrutture in nostro possesso servono per far convergere in punti di aggregazione, in data center importanti, come quelli di Milano, Imola e Verona, le informazioni che i nostri clienti utilizzano per consentire l'accesso alla clientela finale.
Ogni giorno, abbiamo circa 2,5 milioni di visitatori di pagine ospitate presso i nostri data center: Corriere della Sera, Tecnocasa, Gazzetta dello Sport, Il Sole 24 ORE, Google. Consideriamo essenziale questa convergenza nel mondo e nella policy industriale delle telecomunicazioni.
Si tratta quindi di un operatore infrastrutturato e di un operatore IT, perché possiede ambedue le dotazioni di base sia nella rete di dorsale in fibra ottica, sia nella rete di accesso metropolitana, create scavando nei primi anni 2000 e poi continuando con azioni più mirate alla copertura in fibra delle principali aree industriali.
Vorrei evidenziare un altro aspetto importante. Infracom non è solo fibra. Nel 2002, infatti, Infracom ha acquisito la licenza per l'utilizzo pluriennale delle frequenze wireless local loop, a 26 gigahertz. Si posiziona infatti sulla creazione di una rete gestita e detenuta in modo alternativo a quella basata sul rame e sull'accesso sui doppini accesi con la tecnologia opportuna (con diverse declinazioni di natura tecnologica, da 2 a 7 a 20 megabit, che probabilmente rappresentano il massimo della tecnologia in rame), collocandosi in una dotazione infrastrutturale radio, con progetti mirati a coperture sia del digital divide, sia di natura industriale. Nel Veneto, dove abbiamo acquisito la licenza radio nel 2003, quasi 2 mila clienti sono collegati in radio su questa tecnologia, che è una tecnologia a frequenze licenziate, non libere.
Allo stesso tempo, abbiamo creduto e crediamo in Wi-Max e recentemente abbiamo preso la licenza in Emilia Romagna, ove cercheremo di avere un importante posizionamento industriale e infrastrutturale.
La realizzazione di una rete alternativa consentirà di avere il completo controllo dal cliente al punto di erogazione del servizio, garantendo il massimo della qualità. In questo modo, si viene valutati sull'efficienza e sull'osservanza dei service level agreement, dei livelli di servizio contrattuali.
L'altro tema ha una connotazione essenzialmente territoriale. Infracom ha la sua infrastruttura in fibra, radio nei territori di azione commerciale più importante e una forte identità di territorio. Spesso, infatti, lavoriamo con le amministrazioni locali per infrastrutturare, laddove sia necessario e si rilevino fonti di business.
Da questo punto di vista, riteniamo importante ed efficace il decreto dello scorso agosto, perché sottolinea alcuni aspetti fondamentali, come i diritti speciali per l'attraversamento stradale delle infrastrutture. Quindi Infracom è un operatore ICT con un'identità di territorio.


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La nostra attenzione è rivolta prevalentemente alle imprese. In operazioni atte a colmare il digital divide, rivolgiamo un'attenzione particolare anche alla parte residenziale, perché le operazioni spesso hanno una copertura che consente di dotare del servizio la popolazione residenziale. Abbiamo dunque una vocazione da operatore ICT.
Questo è giustificato anche dal ritardo subìto dall'informatizzazione nel nostro Paese. Concordo con l'onorevole Romani e con altri colleghi che mi hanno preceduto per quanto riguarda la connessione tra carenza di informatizzazione e scarsità di penetrazione della banda larga.
Forse, siamo un operatore non molto visibile, perché la nostra attenzione infrastrutturale e il nostro modello di business nei confronti degli altri operatori ci hanno reso più trasparenti sul mercato. Siamo dunque conosciuti in ambito nazionale più dagli addetti ai lavori che dal grande pubblico. La dotazione in fibra, però, sostanzialmente realizzata dall'allora SIP, poi Telecom Italia sul finire degli anni Ottanta e nel corso degli anni Novanta, coincide con la nostra infrastruttura, che si snoda lungo la dorsale autostradale. Di questi 9 mila chilometri di fibra, circa 1.500 sono in aree urbane e metropolitane.
Dotazioni importanti si rilevano in alcune regioni, come l'Emilia-Romagna, con cui abbiamo una partecipazione rilevante in Acanto, l'azienda municipalizzata di ICT del gruppo Era, mentre altre iniziative in Toscana, Veneto e Lombardia concorrono a una dimensione del gruppo che si attesta intorno ai 250 milioni di euro l'anno, di cui la metà dalla parte relativa alle telecomunicazioni in senso stretto, quindi realizzata da Infracom network application.

STEFANO MANUALI, Responsabile affari regolamentari e istituzionali di Infracom network application. Mi occupo della parte regolamentare e, a completamento di quanto detto dall'ingegner Bandinelli, desidero far presente che Infracom in questo momento sta partecipando al tavolo dell'Autorità per lo scorporo della rete di Telecom Italia.
Per quanto riguarda il processo di ammodernamento della rete di nuova generazione, Infracom in questo momento vuole essere parte attiva; non dimentichiamo che una parte rilevante del traffico nazionale delle telecomunicazioni passa attraverso l'infrastruttura Infracom.
Considerato l'impegno che Infracom sta assumendo a livello nazionale per portare la larga banda laddove in questo momento non è servita neanche dall'ADSL Telecom Italia, non vorremmo essere esclusi da un futuro processo di rinnovamento, giacché possediamo una rilevante porzione delle infrastrutture in Italia, che separatamente diamo anche a Telecom Italia.

PRESIDENTE. Vorrei, innanzitutto, sapere se la vostra rete si appoggia su quella di Telecom oppure è completamente autonoma.
In secondo luogo, poiché state partecipando con l'Agcom al protocollo di impegni per l'Open Access, vorrei chiedervi di esprimere un giudizio su quanto è avvenuto in questi dieci-undici anni nel processo di liberalizzazione e su questo protocollo in fase di definizione.

STEFANO MANUALI, Responsabile affari regolamentari e istituzionali di Infracom network application. Affronto prima l'aspetto regolamentare, mentre l'ingegner Bandinelli tratterà la parte delle infrastrutture. Si tratta di una rete proprietaria, per cui non ci appoggiamo a Telecom Italia, se non per una parte marginale che a volte è quella in ULL, in unbundling, per arrivare fino a casa dell'utente. In alcune parti d'Italia arriviamo invece con un accesso diretto fino a casa del cliente, sia con la fibra ottica, sia con accesso wireless a frequenze non libere, ma proprietarie, quindi licenziate dal Ministero delle comunicazioni.
Per quanto riguarda la liberalizzazione, attualmente sulla parte Open Access non siamo d'accordo sugli impegni proposti da Telecom, ovvero sullo scorporare una rete


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per poi lasciare che Telecom Italia realizzi una propria rete proprietaria sulla NGN (il famoso fiber to the home). Non vogliamo infatti avere la vecchia rete, ma partecipare al fiber to the home, perché sulla vecchia rete non sarebbe possibile implementare il fiber to the home. Conosciamo bene il processo, perché la rete di Telecom è stata un'acquisizione della vecchia rete dell'azienda di Stato dei servizi telefonici, con tutte le frequenze incluse. La SIP era la società che gestiva solo i circuiti urbani.
Siamo quindi estremamente disponibili per un processo che porti al fiber to the home e non ad avere quello che oggi potrebbe essere regolamentato con uno scorporo tra una Telecom Italia wholesale e una Telecom Italia retail, che, come sancito dall'autorità, dovrebbero già essere due entità separate. Questo però non avviene. Per realizzare un vero scorporo, si deve parlare anche delle NGN, non soltanto della rete attuale, altrimenti si parla del passato.
Oggi, grazie a una battaglia che nel 2001 abbiamo condotto presso l'Antitrust, abbiamo anche noi accesso alle risorse del Piano Socrate, quindi il 30 per cento dell'Italia è già cablata con la fibra ottica. È necessario considerare però come Fastweb abbia realizzato il 90 per cento del suo business sulla rete Socrate.
Appare quindi fondamentale parlare di una nuova infrastruttura e di come completare una rete preesistente, ma, se lo scorporo della rete deve essere il cambio della vecchia rete per gestire liberamente la nuova, non siamo d'accordo. In Germania, dove il regolatore voleva lasciare le mani libere all'incumbent, un esperimento simile è stato avviato, ma la Commissione europea l'ha rigettato. Oggi, questo non è accettabile. Si potrebbe invece definire, cosa che nella Commissione del dottor Caio potrà trovare un suo spazio, un common carrier, ossia un operatore comune che riunisca e gestisca tutte le risorse di questo Paese.

PRESIDENTE. Ringrazio i rappresentanti di Infracom network application e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 18,55.

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