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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione IX
18.
Martedì 18 novembre 2008
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Valducci Mario, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'ASSETTO E SULLE PROSPETTIVE DELLE NUOVE RETI DEL SISTEMA DELLE COMUNICAZIONI ELETTRONICHE

Esame del documento conclusivo:

Valducci Mario, Presidente ... 3 9
Crosio Jonny (LNP) ... 7
Sarubbi Andrea (PD) ... 8

ALLEGATO: Proposta di documento conclusivo ... 10
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.

COMMISSIONE IX
TRASPORTI, POSTE E TELECOMUNICAZIONI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 18 novembre 2008


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MARIO VALDUCCI

La seduta comincia alle 12,15.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Esame del documento conclusivo.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'assetto e sulle prospettive delle nuove reti del sistema delle comunicazioni elettroniche, l'esame del documento conclusivo.
Procederei all'illustrazione sintetica dei contenuti del documento conclusivo, mettendo in distribuzione sia la relazione sintetica sia la bozza, aggiornata ad oggi, del documento (vedi allegato).
La Commissione trasporti è riuscita a svolgere in tempi molto rapidi un'ampia indagine conoscitiva sul sistema delle comunicazioni elettroniche, che rappresenta non soltanto un tema di grande attualità, ma anche un fattore essenziale rispetto al quale si giocano le prospettive di sviluppo del Paese.
L'indagine è stata deliberata il 30 luglio 2008 e, nei mesi di settembre e di ottobre, la Commissione ha svolto ben 42 audizioni, nelle quali sono stati sentiti i Ministri competenti, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, un gran numero di soggetti tra cui gli operatori, le società produttrici di contenuti, gli Internet provider, le industrie manifatturiere, le parti sociali e le associazioni rappresentative del settore, tra le quali ricordo particolarmente le associazioni dei consumatori.
L'attività conoscitiva si è conclusa, come previsto, il 30 ottobre 2008. Sulla base degli elementi acquisiti nel corso delle audizioni ho curato la predisposizione di una bozza di documento conclusivo, nel quale ho preferito, piuttosto che dar conto della situazione esistente e riepilogare i contenuti delle audizioni, concentrarmi sulla definizione delle iniziative che potranno essere assunte per agevolare lo sviluppo delle comunicazioni elettroniche, in primo luogo attraverso la realizzazione di un'adeguata rete infrastrutturale.
Da questa impostazione è derivata una bozza di documento conclusivo sintetica e propositiva, come ritengo opportuno che sia, anche in considerazione del fatto che la documentazione e la resocontazione integrale delle audizioni saranno raccolte e pubblicate in un apposito volume a latere.
Nell'ambito del documento conclusivo è messo in rilievo, in primo luogo, il ruolo strategico e l'incidenza che le comunicazioni elettroniche assumono rispetto allo sviluppo a livello globale. Gli investimenti in questo settore, infatti, hanno rappresentato negli ultimi venti anni il più importante fattore di crescita, determinando fino allo 0,6 per cento dell'aumento del PIL dei Paesi più avanzati.


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Proprio in rapporto all'importanza che le comunicazioni elettroniche rivestono rispetto alle prospettive di sviluppo, occorre prestare attenzione al fatto che l'Italia si trova in una condizione di ritardo sia per quanto concerne le possibilità di accesso alla banda larga, sia per quanto riguarda lo sviluppo della rete in fibra ottica. Nel nostro Paese, infatti, è ancora prevalente la tecnologia di prima generazione ADSL, che permette una connessione fino a 7 megabit al secondo, mentre le reti di nuova generazione (NGN) già esistenti consentono una velocità nella connessione fino a 100 megabit.
La tecnologia ADSL raggiunge attualmente, in termini di copertura, circa il 95 per cento della popolazione. Per quanto riguarda la copertura delle restanti quote di territorio potrebbero utilmente essere utilizzati nei prossimi anni i collegamenti wireless, almeno nelle zone maggiormente svantaggiate sotto il profilo geografico.
Il dato più significativo e preoccupante, tuttavia, è che il nostro Paese manifesta un sensibile ritardo, destinato ad aggravarsi in futuro, sulle reti a banda larga di seconda generazione (ADSL2) e sulla banda larghissima, rispetto alle quali si registra un rilevante digital divide. Soltanto parzialmente il divario potrà essere colmato attraverso il ricorso alla tecnologia wireless e, anche, alla tecnologia satellitare. Tali tecnologie, infatti, sembrano potere assumere una funzione complementare, piuttosto che sostitutiva della rete fissa. Un intervento sistematico di potenziamento e ammodernamento della infrastrutturazione relativa alle comunicazioni elettroniche appare pertanto ineludibile.
Oltre al digital divide infrastrutturale in Italia va inoltre considerato il digital divide sociale, ossia lo scarso interesse della popolazione all'utilizzo degli strumenti informatici e ai nuovi servizi: il nostro Paese sconta infatti un indice di alfabetizzazione informatica ancora basso.
Nell'indagine conoscitiva è stata pertanto evidenziata, in modo pressoché unanime, l'esigenza di affiancare agli interventi di sostegno all'adeguamento della rete, efficaci iniziative finalizzate ad accrescere la conoscenza e l'impiego degli strumenti informatici da parte di quella fascia di popolazione finora sostanzialmente estranea all'evoluzione tecnologica. In questo senso occorre tener presente che il codice dell'amministrazione digitale ha espressamente affidato allo Stato il compito di promuovere iniziative volte a favorire l'alfabetizzazione informatica dei cittadini.
Al tempo stesso meritano di essere considerati con attenzione i programmi delineati dal Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, riguardo al potenziamento dei servizi informatici in settori chiave quali la giustizia, la sanità, la scuola e l'università. Si tratta di comparti nei quali la pubblica amministrazione è chiamata a rendere ai cittadini servizi essenziali. Ciò dimostra che le comunicazioni elettroniche non costituiscono soltanto un settore di interesse per le imprese che in esso operano, ma rappresentano altresì uno strumento fondamentale per raggiungere gli obiettivi di efficienza della pubblica amministrazione, che a loro volta condizionano in misura decisiva la crescita del Paese.
La tendenza, che si è notevolmente sviluppata negli ultimi anni, all'informatizzazione dell'organizzazione e dell'azione amministrativa risulta infatti necessaria, da un lato, a garantire snellezza e produttività, e, dall'altro, ad assicurare trasparenza e a facilitare l'attivazione di adeguati meccanismi di controllo sull'operato dei pubblici poteri.
A livello comunitario tale consapevolezza è ben presente nel piano d'azione e-government elaborato dalla Commissione europea, che prevede l'informatizzazione completa della pubblica amministrazione entro il 2010, in modo da assicurare il conseguimento di obiettivi quali la modernizzazione, l'efficienza e il miglioramento qualitativo dei servizi pubblici resi ai cittadini, assicurandone anche la continuità transfrontaliera, e la riduzione degli oneri burocratici che gravano sulle imprese.
Si stima che le iniziative incluse nel piano d'azione europeo potranno permettere il conseguimento di risparmi fino a 50


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miliardi di euro annui. A tal fine un contributo essenziale potrà derivare dalla piena diffusione dell'uso della fatturazione elettronica.
In questo contesto, per quanto riguarda l'Italia, si rende necessario integrare il quadro regolatorio di sostegno all'apertura del mercato e della concorrenza con misure idonee a favorire i nuovi investimenti, pubblici e privati, necessari per portare il nostro Paese a competere con gli altri Paesi più avanzati.
D'altra parte non si tratta semplicemente di investire di più. Occorre piuttosto, per un verso, coordinare lo sviluppo degli investimenti con quello dei contenuti. In altre parole, gli investimenti e le infrastrutture devono essere sviluppati in parallelo con la crescita del traffico dei contenuti, al fine di evitare sia uno squilibrio e un'asincronia della strategia stessa, sia lo spreco di risorse su infrastrutture che potrebbero essere destinate ad altri settori. Uno degli elementi più significativi emersi nell'indagine conoscitiva risiede infatti nella constatazione che, proprio nell'ambito dell'informatizzazione della pubblica amministrazione, si registrano significativi fenomeni di dotazioni strumentali non utilizzate o utilizzate in misura assai limitata.
È quanto accade, ad esempio, nel sistema scolastico, nel quale l'informatizzazione risulta ampiamente sovradimensionata rispetto all'effettivo utilizzo; anche il settore della giustizia risulta sovraccaricato di server solo parzialmente utilizzati; nella sanità, anche con la rete esistente, si potrebbe fare molto di più, in particolare se si pensa che per tale settore, a fronte di una spesa su base annua pari a circa 105 miliardi di euro, sarebbe sufficiente un incremento di efficienza e una riduzione di spesa del 10 per cento per ottenere l'equivalente di circa 10 miliardi di euro a disposizione. Spesso, dunque, si sollecitano ulteriori spese per l'incremento delle dotazioni infrastrutturali e strumentali, quando non si utilizzano pienamente nemmeno quelle già disponibili.
Contestualmente, occorre concentrare le risorse finanziarie nella modernizzazione della rete e nello sviluppo della banda larga, che deve essere considerata come infrastruttura di base per la competitività, l'innovazione e la crescita del Paese. È stato ricordato, che l'attuale rete di accesso nell'ultimo miglio, totalmente in rame, non consente, ad oggi, una diffusione massiccia dei nuovi servizi. Da qui la necessità di accelerare la realizzazione della futura rete in fibra ottica, alla quale potranno concorrere sia risorse pubbliche, sia risorse statali che regionali, sia finanziamenti privati.
A questo proposito la parte finale del documento è dedicata a illustrare alcune modalità alternative attraverso le quali può essere realizzata un'opera sistematica ed efficace di adeguamento e di modernizzazione della rete di comunicazione elettronica. In ogni caso, in relazione a tale obiettivo sarebbero auspicabili interventi dello Stato a sostegno alla domanda, anche mediante la concessione di agevolazioni e sussidi alle imprese, in particolare a quelle di piccola e piccolissima dimensione, e agli stessi consumatori.
In primo luogo si prende in considerazione il modello costituito da una separazione della gestione della rete, che rimane comunque nell'ambito della società ex monopolista. In questo senso si è mossa la riorganizzazione effettuata da Telecom Italia, attraverso la creazione di una struttura dedicata, Open Access, che risulti autonoma e separata dalle strutture che gestiscono le funzioni commerciali del gruppo. Si tratta di una soluzione che dovrebbe corrispondere alle richieste dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e che, nella sostanza, si avvicina a quella adottata da British Telecom, con la creazione di una nuova divisione, denominata Openreach. All'autonomia della struttura di gestione della rete si aggiunge l'assunzione da parte di Telecom Italia di impegni comportamentali volti a garantire la piena parità di trattamento nell'accesso alla rete tra le divisioni commerciali di Telecom Italia stessa e gli operatori concorrenti e a far conoscere in anticipo agli altri operatori i propri programmi di sviluppo e innovazione della rete fissa di


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accesso. Si tratta comunque di una soluzione che sollecita una riflessione, e probabilmente un intervento, su eventuali adeguamenti da apportare al quadro dei poteri attribuiti all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, affinché sia efficace questo scorporo gestionale.
La seconda ipotesi prospettata è invece quella della costituzione di una apposita società di gestione della rete, di cui, almeno in una prima fase, Telecom potrebbe detenere una quota maggioritaria. Sul versante delle prospettive di innovazione, l'efficacia di questa soluzione sarebbe condizionata alla capacità della nuova società di attrarre investimenti e risorse, a sua volta connessa alle concrete aspettative di remunerazione derivanti, nel medio e lungo periodo, dall'espansione delle possibilità di accesso alle reti di nuova generazione.
In una seconda fase, la società delle reti potrebbe essere partecipata da tutti gli operatori del settore interessati; si potrebbe altresì valutare l'ipotesi di una partecipazione pubblica, sul modello di TERNA Spa, la società responsabile in Italia della trasmissione dell'energia elettrica sulla rete ad alta tensione. Si tratta, in questo caso, di una società quotata sul mercato, il cui azionista di maggioranza è peraltro la Cassa depositi e prestiti. Una soluzione di questo tipo consentirebbe di affidare ad un soggetto terzo la delicata gestione delle infrastrutture, nonché i compiti connessi allo sviluppo della rete e, in questo senso, potrebbe permettere di superare le perplessità espresse dai concorrenti rispetto alla soluzione prospettata da Telecom Italia. Ricordo che, durante le audizioni, il fondo F2I (Fondi italiani per le infrastrutture) aveva dato disponibilità e prontezza di intervento per sostenere questo tipo di soluzione.
Una terza opzione può essere rappresentata da un progetto che preveda l'unione e la condivisione delle reti esistenti, pubbliche e private, e ne affidi la gestione ad un soggetto terzo, sotto il controllo del Governo, in modo da assicurare l'accesso a tutti gli operatori a condizioni eque. Ciò garantirebbe un utilizzo razionale delle risorse infrastrutturali, e potrebbe consentire di avviare, con il concorso di tutti i soggetti interessati, la realizzazione delle reti di nuova generazione. Tale ipotesi presuppone peraltro che in tempi rapidi sia concluso il censimento generale delle reti che il Ministero dello sviluppo economico ha recentemente avviato. Ricordo, in questo senso, che quest'azione è determinante per consentire anche un miglior utilizzo delle risorse finanziarie disponibile perché tante, forse troppe, sono le iniziative regionali e degli enti locali intraprese ma non messe a rete, reti che dovrebbero entrare a far parte della «società delle reti» essendo reti pubbliche.
Occorre infine tenere presente anche la possibilità che l'Unione europea e i singoli Stati membri assumano direttamente il compito di provvedere alla gestione della rete e alle opere di infrastrutturazione per le reti di nuova generazione. Tale intervento potrebbe inserirsi tra le iniziative di sostegno alla domanda concertate a livello globale e comunitario in una fase, come quella attuale, di forte rallentamento della crescita mondiale e di recessione per quanto riguarda le economie dei Paesi europei. Un soggetto non vincolato da logiche di profitto sarebbe in grado di promuovere investimenti sulle nuove tecnologie pur in carenza di garanzie sulle relative remunerazioni. D'altra parte non dovrebbero essere trascurate le ricadute positive, assai significative, che tale azione potrebbe determinare sia in termini di incremento delle potenzialità di crescita dell'economia del Paese, sia in termini di sviluppo sociale e culturale.
Il documento non prende posizione a favore di una determinata soluzione. L'adozione di un modello o dell'altro dipende infatti da valutazioni, complesse, di compatibilità con la normativa comunitaria in materia di concorrenza e di aiuti di Stato e dalla definizione attendibile di un quadro finanziario che dia conto delle risorse pubbliche e private che realisticamente possono essere attivate. Si è inteso tuttavia fornire un esame di tutte le possibili modalità di intervento e, per ciascuna di esse, indicare i vantaggi, i profili


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problematici e le condizioni che la rendono praticabile. Occorre infatti incamminarci su una di queste strade, o, anche, in successione, su più di una. Ciò che invece deve essere assolutamente evitato è l'inerzia rispetto allo sviluppo di un settore dal quale dipendono, in misura decisiva e sempre più rilevante, le prospettive di crescita a livello globale e la capacità dell'Italia di rimanere tra le economie più sviluppate.

JONNY CROSIO. Signor presidente, ci riserviamo di analizzare il documento conclusivo - nella sua architettura sicuramente condivisibile - che abbiamo ricevuto adesso, perché riteniamo che sia molto importante fare un esame attento.
Fin da subito, tuttavia, vogliamo porre l'accento su alcune questioni che riteniamo fondamentali, che sono riportate nel documento, ma forse non con la determinazione e la forza che noi vorremmo. In particolare riteniamo debba essere esplicitata la necessità di un input al Governo e del Governo per una migliore amministrazione pubblica; mi riferisco al tema dell'amministrazione digitale.
Noi abbiamo apprezzato le parole del Ministro Brunetta, al quale, tuttavia, non abbiamo potuto, per questioni di tempo, rivolgere alcuna domanda, cosa che ci riserviamo, comunque, di fare tra 25 giorni, quando il Ministro ha promesso di ritornare in Commissione e allora avremo modo di chiarirci.
Riteniamo che un chiarimento sia fondamentale, non condividendo - lo sottolineiamo ancora una volta - l'idea che la migliore performance che noi cerchiamo nella pubblica amministrazione passi attraverso l'azione di assegnare una casella di posta elettronica ad ogni cittadino italiano. Sicuramente, invece, tale migliore performance passa attraverso un'azione decisa da parte del Governo che indirizzi la pubblica amministrazione a utilizzare le tecnologie a disposizione.
Mi riferisco alla posta elettronica certificata, che non esiste, e alla firma digitale, anch'essa inesistente. È questa l'azione che il Governo deve assolutamente accentuare e deve trattarsi - su questo vogliamo mettere l'accento - di un'azione strutturata. Non si tratta di fornire il servizio di posta elettronica certificata al cittadino, che comunque è un'azione che può andare bene; ciò che non va bene è che non venga utilizzata nelle pubbliche amministrazioni, anche nelle più virtuose, quelle con un sistema «industriale» di tipo piramidale.
Faccio riferimento alla mia regione, la Lombardia, perché la conosco molto bene e perché la si considera una regione virtuosa, e lo è per quanto riguarda la pubblica amministrazione, mentre è assolutamente carente da questo punto di vista. È mai possibile che nella regione Lombardia le comunicazioni tra regione e province non avvengano attraverso la posta certificata o comunque la percentuale sia molto bassa?
Credo che questo documento debba contenere, da questo punto di vista, un'azione forte, un impulso al Governo e ai ministri che si occupano di questa materia.
Tuttavia, abbiamo apprezzato le parole del Ministro Brunetta, in particolare per quanto riguarda le reti di ultima generazione (NGN), argomento sul quale è stato molto chiaro. Anche noi riteniamo che, come è scritto nel documento, forse in Italia esistono infrastrutture che sono scarsamente utilizzate. Crediamo che questo sia anche fisiologico, fino a una certa percentuale. Questo anticipa la necessità che le NGN siano pensate con un'altra mentalità.
Condividiamo - al riguardo il Ministro è stato molto chiaro - che le reti ad alta performance debbano essere realizzate dove c'è l'esigenza di trasportare i dati o grandi volumi di dati. Non condividiamo, invece, quello che abbiamo sentito in quest'aula da parte di chi ha voluto sostenere che le NGN o comunque l'high performance per quanto riguarda le reti debba essere distribuita sul territorio nazionale a prescindere.
Questo ci dà sicuramente lo spunto per stimolare ancora una volta il sottosegretario Romani, che ci risulta abbia aperto


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un tavolo di confronto sulle NGN, del quale tuttavia non conosciamo né i soggetti coinvolti, né gli argomenti che si stanno discutendo, pur avendo ripetutamente chiesto di avere informazioni, anche per un corretto e più organico lavoro di questa Commissione. Come lei ha sottolineato, signor presidente, è in gioco il futuro dell'assetto delle reti nazionali.
È importante che l'input che invochiamo sia rivolto anche all'Europa. Credo che stiamo già perdendo tempo o comunque siamo in ritardo, perché venerdì scorso la Commissione europea ha chiuso i lavori di consultazione pubblica per quanto riguarda le NGN. C'era la necessità di inviare dei documenti per la consultazione pubblica da inserire in questa raccomandazione, come preludio a un sistema comunitario previsto per il 2009. È importante che da questa Commissione partano degli input forti verso il Governo e, di conseguenza, verso l'Europa, soprattutto in merito alle NGN, argomento sul quale tutto è da definire.
Le nostre osservazioni devono essere un fattore di stimolo, perché in questa materia si può fare qualcosa di serio e di concreto. Non vogliamo che il problema del grosso gap del nostro Paese, anche per quanto riguarda l'alfabetizzazione (siamo penultimi, seguiti solo da Cipro), passi attraverso le statistiche, bensì attraverso le azioni concrete.
Secondo le statistiche, per migliorare il gap tecnologico, si dovrebbe assegnare una casella di posta elettronica a ogni cittadino, almeno in Europa, ma non è questo che serve se mancano le azioni concrete. Mi è parso di capire che all'interno di quest'aula tutti i gruppi vogliano muoversi verso lo stesso obiettivo.
Signor presidente, dobbiamo stimolare il Governo - mi permetto di dirlo - affinché faccia meno fumo e più azioni concrete.

ANDREA SARUBBI. Signor presidente, colgo l'occasione per ringraziarla del modo in cui ha condotto l'indagine conoscitiva e della cura con cui sono state organizzate le singole audizioni.
Condivido in gran parte l'approccio concreto dell'onorevole Crosio, sebbene, come lui sa, abbiamo qualche divergenza sulla priorità, sulla quale vorrei porre l'accento.
Pur essendo romano, sono stato eletto a Napoli. Ebbene, quando vado a Napoli, tutte le settimane, vedo abitazioni che definire «case» sarebbe veramente un complimento eccessivo. Proprio ieri, passando di lì, pensavo alla banda larga e a tutti i dibattiti che facciamo in Commissione, riflettendo sul fatto che fa sorridere pensare ad una casella di posta elettronica che arrivi nei «bassi» dei quartieri spagnoli. Questo non significa che non si debba tendere a un certo obiettivo. Tuttavia, siccome governare significa compiere delle scelte e agire secondo priorità, mi chiedo se è mai possibile che la grande priorità italiana, in questo momento, sia questa.
Qualora fosse una faccenda che si risolve con un guadagno netto per lo Stato - noi diamo solo l'input, poi si genera un circolo virtuoso e tutto quel che abbiamo investito rientra con gli interessi - ben venga. Tuttavia, dovremmo esserne sicuri, altrimenti rischiamo di creare l'ennesimo carrozzone statale anche nel campo delle reti e questo sarebbe un errore fatale.
Mi permetto, ora, di fare una seconda osservazione. Signor presidente, credo di essere stato l'unico, in sede di discussione sulla finanziaria, ad aver parlato in Aula di digital divide. È un tema al quale sono molto interessato, perché, come tanti, ho anche una casa in un posto non raggiunto dalla rete Internet e conosco tantissime persone che hanno lo stesso problema. Tanto è vero che il mio intervento, che ho inserito in un blog, è stato tra i più commentati e ho ricevuto i ringraziamenti di tanta gente soddisfatta perché finalmente un politico si era accorto del problema.
Signor presidente, nella sintesi che ci ha illustrato, il tema del digital divide è stato trattato in modo forse un po' superficiale; infatti ha dedicato all'argomento poche righe, limitandosi a dire che la tecnologia ADSL raggiunge attualmente, in


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termini di copertura, circa il 95 per cento della popolazione. Per la verità, siamo oltre il 90 per cento, ma non raggiungiamo il 95 per cento. Ha aggiunto, inoltre, che nei prossimi anni potrebbero essere utilizzati collegamenti wireless. Per carità, potrebbero essere utilizzati anche gli elicotteri, i satelliti e tutto quello che si può immaginare, ma in concreto cosa facciamo?
Dico questo non per polemizzare, ma perché non mi ha convinto nemmeno l'approccio della finanziaria. Mi riferisco agli 800 milioni di euro di cui si è parlato. Ho commesso un errore non presentando un ordine del giorno, ma purtroppo me ne sono reso conto quando ormai era troppo tardi. Di certo, è stata conclusa la discussione sulla finanziaria con il dubbio che questi 800 milioni di euro alla fine non vengano destinati a colmare il digital divide, ma vengano utilizzati per altre finalità, dal momento che nel testo approvato si parla genericamente di adeguamento delle reti elettroniche.
A mio avviso, una priorità deve essere collegata al concetto di Internet come servizio pubblico. Ricordo che, all'inizio di questa indagine conoscitiva, anche l'onorevole Gentiloni poneva l'accento su questo problema ricordando come nel dopoguerra lo Stato si era dovuto preoccupare di portare nelle case l'acqua, l'elettricità e via dicendo, mentre oggi dovrebbe essere portata la rete Internet.
A mio avviso, il discorso del digital divide meriterebbe, da parte nostra, una presa di posizione più decisa di quanto non sia avvenuto finora.

PRESIDENTE. È chiaro che il documento potrà essere integrato e, se occorre, riformulato. Approfitto per avanzare un suggerimento relativamente alle nostre modalità di lavoro: al fine di giungere all'approvazione di un testo condiviso, i membri della Commissione potrebbero far pervenire alla presidenza proposte modificative e integrative in forma scritta, volte a recepire le indicazioni che emergeranno nel corso del dibattito.
Io stesso mi sono reso conto che la mia relazione costituisce la sintesi della sintesi degli interventi, in quanto abbiamo ascoltato quarantadue soggetti, più altri che ci hanno inviato una relazione scritta, il che ci ha permesso di effettuare una raccolta davvero consistente di informazioni relative a un mercato che, come è stato ricordato, è strategico. Giustamente il collega Sarubbi sottolinea la questione del digital divide e alcune problematiche della nostra società e io condivido il fatto che molte di queste problematiche possono essere avviate a soluzione anche attraverso l'azzeramento del digital divide. Ritengo, quindi, che questo sia uno dei settori più strategici della nostra società di oggi e del futuro.
Tornando alla metodologia di lavoro, vi chiedo quindi di far pervenire note di integrazione o di variazione, non solo al documento di sei pagine, contenente una relazione di sintesi, ma soprattutto a quello di ventisei. Naturalmente più riusciremo a condividere un documento finale, maggiore sarà la possibilità che il lavoro svolto si concluda con la soddisfazione di aver prodotto un buon testo, fruibile per azioni che il Governo o i soggetti del mercato potranno condividere e mettere in pratica.
Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvio il seguito dell'esame del documento conclusivo ad altra seduta.

La seduta termina alle 12,50.


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ALLEGATO

Indagine conoscitiva sull'assetto e sulle prospettive delle nuove reti del sistema delle comunicazioni elettroniche

PROPOSTA DI DOCUMENTO CONCLUSIVO

INDICE


Introduzione: l'ambito e le finalità dell'indagine.

1. L'attuale assetto del sistema delle comunicazioni elettroniche:
1.1 Il quadro normativo: le direttive comunitarie, la legislazione nazionale e la regolamentazione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
1.2 Lo sviluppo delle reti di telecomunicazioni nell'ultimo decennio

2. Il ruolo strategico delle reti di comunicazione elettronica - Servizio universale:
2.1 Il superamento del digital divide come contributo alla crescita del prodotto interno lordo.
2.2. La possibilità di collegamenti diretti tra cittadino e pubblica amministrazione.

3. Le condizioni per l'ampliamento delle reti a banda larga e lo sviluppo delle reti di nuova generazione:
3.1 La certezza del quadro regolamentare.
3.2 Il ruolo dell'amministrazione digitale.

4. Conclusioni:
Premessa.
1) Separazione gestionale della rete: Open Access.
2) Società delle reti:
a) Controllo Telecom.
b) Controllo di altri soggetti.
3) Condivisione delle reti.
4) Intervento pubblico europeo.


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Introduzione.

L'ambito e le finalità dell'indagine.

Il mercato delle telecomunicazioni, che riveste un ruolo centrale per la crescita strutturale e la competitività dei sistemi industriali, è stato caratterizzato da una progressiva apertura alla concorrenza, anche alla luce del nuovo quadro normativo di riferimento, in parte di derivazione comunitaria, cui ha contribuito anche la complessa attività di regolazione svolta dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Ne è conseguita una significativa modificazione degli assetti di mercato, laddove all'operatore storico in posizione di monopolio (Telecom) si è sostituita una pluralità di attori e si è nel contempo assistito all'affermazione dei nuovi servizi a larga banda per la rete fissa e per le reti mobili della nuova generazione.
In questo settore si registra d'altra parte un crescente impegno delle istituzioni del nostro Paese per colmare il divario tecnologico che ancora ci separa da molti Paesi europei. Un impegno che deve tuttavia essere ulteriormente rafforzato, in considerazione della valenza strategica che l'implementazione e l'utilizzo delle nuove tecnologie hanno assunto per le prospettive di sviluppo economico e sociale. La recente introduzione di norme di semplificazione per la realizzazione delle infrastrutture connesse alle reti a banda larga rappresentano un'importante indicazione in questa direzione.
La IX Commissione, alla luce dell'evoluzione, sia tecnologica che normativa, che caratterizza il settore delle comunicazioni elettroniche, comprensivo delle telecomunicazioni, della radiotelevisione e delle nuove tecnologie dell'informazione, ha ritenuto di procedere ad una indagine conoscitiva sull'assetto delle telecomunicazioni e sulle prospettive delle nuove reti per le comunicazioni elettroniche, nell'auspicio che tale attività conoscitiva potrà costituire una solida base di partenza per l'avvio di un impegno propositivo da parte del Parlamento, a supporto e a completamento delle iniziative che saranno assunte dal Governo in materia.
L'indagine è stata deliberata il 30 luglio 2008 e si è conclusa, come previsto, il 30 ottobre 2008. Nel corso delle 42 audizioni, svoltesi nei mesi di settembre e ottobre, sono stati ascoltati tutti i soggetti istituzionali coinvolti, gli operatori, le società produttrici di contenuti, gli internet providers, le industrie manifatturiere, le parti sociali e le associazioni rappresentative del settore.
Le audizioni hanno consentito di fornire alla Commissione una quadro completo delle questioni che interessano l'evoluzione e lo sviluppo delle telecomunicazione, nonché un panorama ampio e articolato delle valutazioni e delle proposte che ciascun soggetto ha inteso rappresentare.
Sono state, in particolare, esaminate ed approfondite le tematiche concernenti l'attuale assetto normativo del mercato delle comunicazioni elettroniche, la sua coerenza rispetto all'evoluzione tecnologica in corso, le tappe del processo di liberalizzazione del mercato delle telecomunicazioni, anche in relazione alle esperienze dei principali Paesi europei, il ruolo del settore pubblico, le prospettive di adeguamento delle infrastrutture tecnologiche necessarie per i collegamenti con le reti di nuova generazione, le modalità di reperimento delle relative risorse finanziarie, le modifiche da apportare all'assetto regolatorio.

1. L'attuale assetto del sistema delle comunicazioni elettroniche.

1.1. Il quadro normativo: le direttive comunitarie, la legislazione nazionale e la regolamentazione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.

Nel corso degli ultimi anni il sistema delle comunicazioni elettroniche è stato oggetto di una revisione della regolamentazione, sia a livello comunitario che nazionale, in conseguenza del notevole e rapido sviluppo del settore.


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In ambito comunitario è stata approvata una serie di atti, vale a dire direttive e decisioni (cosiddetto pacchetto sulle comunicazioni elettroniche), che delineano la disciplina delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica, dei titoli occorrenti per l'esercizio dell'attività di operatore, dell'esercizio dell'accesso e dell'interconnessione alle reti e dei diritti degli utenti alle prestazioni di servizio universale.
Va soprattutto ricordata, in questo ambito, la direttiva 2002/21/CE, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro). Il pacchetto è finalizzato a introdurre una fase più matura dell'armonizzazione dei mercati nel settore, a definire un quadro normativo unitario per l'intero comparto della comunicazione elettronica, comprensivo delle telecomunicazioni, della radiotelevisione e delle nuove tecnologie dell'informazione, nella prospettiva della convergenza tecnologica in atto tra i vari mezzi, nonché a definire una piattaforma di regole comuni per le Autorità di regolazione nazionali, con la previsione di un più stretto sistema di relazioni tra le Autorità dei vari Paesi dell'Unione europea, tra le Autorità di regolazione e quelle per la tutela della concorrenza, nonché tra il complesso delle Autorità di regolazione e Antitrust e la Commissione europea. Nell'ordinamento italiano il pacchetto è stato recepito con il decreto legislativo 1o agosto 2003, n. 259, recante il Codice delle comunicazioni elettroniche.
La disciplina delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica contenuta nel Codice è tesa a tutelare diritti di rango costituzionale, quali la libertà di comunicazione, la libertà di iniziativa economica privata e la segretezza delle comunicazioni. A garanzia di tali diritti, gli obblighi per le imprese che forniscono reti e servizi di comunicazione elettronica, disposti dal Codice, sono imposti secondo principi di trasparenza, non distorsione della concorrenza, non discriminazione e proporzionalità. La disciplina è altresì volta a promuovere la semplificazione e la trasparenza delle procedure, a garantire il rispetto degli obblighi del regime di autorizzazione generale, la fornitura del servizio universale, l'accesso e l'interconnessione per le reti di comunicazione elettronica a larga banda, nonché a garantire la convergenza, la interoperabilità tra reti e servizi di comunicazione elettronica e l'utilizzo di standard aperti e, infine, a garantire il principio di neutralità tecnologica. Alla tutela del principio della neutralità tecnologica si ispira la previsione di una regolamentazione tecnologicamente neutrale affidata al Ministero delle comunicazioni(1) e all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, definita quale «Autorità nazionale di regolamentazione», secondo le previsioni della direttiva quadro. Spetta a tale Autorità il compito di definire i mercati rilevanti, effettuare l'analisi dei mercati stessi nonché le valutazioni circa la sussistenza di imprese che detengono un significativo potere di mercato.
Sulla base del nuovo quadro normativo, il settore delle telecomunicazioni ha subito un processo di progressiva apertura alla concorrenza, anche grazie alla complessa attività di monitoraggio e regolazione svolta dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Ne è conseguita una rivoluzione negli assetti di mercato, laddove all'operatore storico in posizione di monopolio (Telecom Italia) si è sostituita una pluralità di attori, proprio mentre nuovi servizi si andavano affermando.
Per quanto concerne in particolare l'implementazione della concorrenza nel mercato della telefonia fissa va menzionata la promozione della liberalizzazione del cosiddetto «ultimo miglio», con la possibilità per gli utenti finali di scegliere un operatore diverso dall'incumbent (Telecom Italia). È stato inoltre avviato il sistema di telecomunicazioni ad alta


(1) Dall'inizio della presente legislatura le funzioni e i compiti del Ministero delle comunicazioni sono state attribuite al Ministero dello sviluppo economico.
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velocità (wireless local loop), alternativo alle tecniche di accesso locale, che permette di trasmettere voce e dati a postazioni finali attraverso onde radio e quindi senza la necessaria connessione alle infrastrutture già esistenti, essenzialmente di proprietà dell'operatore ex monopolista. Il wireless si basa sull'introduzione di sistemi su frequenze radio che presentano notevoli vantaggi rispetto ad altre soluzioni di accesso, in quanto offrono accesso alternativo a larga banda da implementare in tempi brevi, con costi realizzativi e gestionali ridotti e limitato impatto urbanistico.
Per quanto riguarda internet, la maggiore innovazione degli ultimi anni è costituita dall'introduzione della banda larga, infrastruttura di connessione che favorisce forme di comunicazione multimediali e interattive. L'incremento della diffusione della banda larga costituisce un obiettivo strategico comune a tutti i Paesi europei ed è individuata come prima priorità nel Piano comunitario «eEurope 2005», anche come strumento di superamento dell'esclusione sociale, causata da handicap, età o malattia. I principali obiettivi del Piano sono:
servizi pubblici in linea moderni, con particolare riferimento a:
amministrazione elettronica («eGovernment»);
servizi di apprendimento elettronico («eLearning»);
servizi di telesalute («eHealth»);
un ambiente dinamico per il commercio elettronico («eBusiness»);
un'infrastruttura di informazione protetta;
la disponibilità massiccia di un accesso a banda larga a prezzi concorrenziali;
una valutazione comparativa e la diffusione delle buone pratiche.

Anche nel nostro Paese sono state introdotte misure volte a promuovere lo sviluppo della larga banda: si ricorda a tal proposito l'articolo 6 della legge 12 dicembre 2002, n. 273, che prevede l'esenzione dal contributo sulle attività di installazione e fornitura di reti di telecomunicazioni pubbliche, di fornitura al pubblico di servizi di telefonia vocale e di servizi di comunicazioni mobili e personali, anche per quanti abbiano investito nella realizzazione di infrastrutture di rete a larga banda in caso di perdite di esercizio. Con la stessa finalità di agevolare la realizzazione di infrastrutture di comunicazione, il recente articolo 2 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2008, n. 133, ha introdotto norme di semplificazione per l'installazione di impianti di comunicazione con fibre ottiche, prevedendo, per l'attuazione di tali lavori, l'applicazione della procedura della denuncia di inizio attività.
Per quanto concerne i finanziamenti, occorre ricordare la destinazione di parte delle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate al finanziamento degli interventi attuativi del Programma per lo sviluppo della larga banda nel Mezzogiorno, approvato dalla delibera CIPE n. 83/2003, con uno stanziamento iniziale di complessivi 300 milioni di euro. Con la legge finanziaria 2007 sono state incrementate le risorse destinate a tale Programma nella misura di 10 milioni di euro per gli anni 2007, 2008 e 2009 e si è prevista l'attribuzione di ulteriori 50 milioni di euro per l'anno 2009 per il sostegno di nuovi processi di realizzazione delle apposite infrastrutture e per il completamento del Programma per lo sviluppo della larga banda nel Mezzogiorno. Anche con la legge finanziaria 2008 è stato disposto un incremento, pari a 50 milioni di euro per il 2008, della dotazione del Fondo per le aree sottoutilizzate, destinata alla realizzazione del ricordato Programma, al fine di sostenere nuovi processi di realizzazione delle infrastrutture per la larga banda sul territorio nazionale. Tale stanziamento è successivamente stato soppresso ad opera del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, che ha esentato i proprietari dal pagamento dell'imposta comunale


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sugli immobili sulla prima casa. Pertanto le risorse attualmente disponibili sono da considerarsi quelle stanziate dalla legge finanziaria per il 2007, che, come ricordato, ammontano a 10 milioni per il 2008 e a 60 milioni per il 2009. A questo si deve aggiungere il finanziamento di 800 milioni per gli anni 2007-2013, destinato alla realizzazione delle infrastrutture necessarie all'adeguamento delle reti di comunicazioni elettronica nelle aree sottoutilizzate, previsto dall'articolo 1 del disegno di legge atto Senato 1082, già approvato dalla Camera dei deputati, e attualmente all'esame del Senato.

1.2. Lo sviluppo delle reti di telecomunicazioni nell'ultimo decennio.

La crescita nel nostro Paese del settore delle telecomunicazioni, liberalizzato a partire dal 1998, è stata caratterizzata da una pluralità di elementi: continua introduzione di innovazioni tecnologiche, alti investimenti diretti di imprese estere, affermarsi di un contesto concorrenziale che ha favorito una progressiva discesa dei prezzi per il consumatore (- 28 per cento nel decennio 1997-2007). Il settore delle telecomunicazioni (escluse le imprese televisive) rappresenta oggi (dati 2007) oltre il 3 per cento per cento del PIL nazionale e il fatturato delle aziende di telecomunicazioni in Italia ammonta a circa 46 miliardi di euro (laddove l'intero ammontare del fatturato nei Paesi comunitari, esclusa l'Italia, è pari a 276 miliardi di euro). È utile rilevare che in un Paese fortemente sviluppato come il Giappone il fatturato del settore telecomunicazioni (sempre con esclusione delle imprese televisive) è di 95 miliardi di euro, pari al 2,9 per cento del PIL nazionale. Significativo anche il dato relativo degli Stati Uniti, ove si registra un totale di 243 miliardi di euro, pari al 2,4 per cento del PIL.
A partire dalla fine degli anni Novanta, con l'espansione dell'utilizzo di Internet, la rete di accesso fissa basata sul «rame», e gestita da Telecom Italia, si è sviluppata attraverso l'introduzione di diverse generazioni di tecnologie ADSL/SDSL (Asymmetrical/Symmetrical Digital Subscriber Line), che hanno consentito velocità di comunicazione sempre più elevate. Lo sviluppo tecnologico ha permesso di passare in pochi anni dalle prime offerte a 640 Kbit/s, alle recenti offerte a 20 Mbit/s, con il conseguente aumento del consumo di banda e di nuove generazioni di servizi basati sempre più su immagini, video, multimedialità ed applicazioni interattive. Parallelamente, a partire dai primi anni 2000, si è registrata una evoluzione analoga nelle reti di accesso mobile, grazie alle nuove tecnologie di terza generazione che consentono di fornire connessioni fino a circa 7 Mbit/s.
I collegamenti a banda larga, oggi disponibili, consentono una capacità di comunicazione fino a 200 volte quella necessaria alla comunicazione vocale. La velocità dell'accesso fisso e mobile, unito alla diffusione dello standard IP (Internet Protocol) in tutte le reti, hanno pertanto reso possibile la crescita dei nuovi servizi basati sui paradigmi di Internet. Tra questi giova segnalare, in particolare, i trasferimenti di file peer to peer, ad oggi più del 60 per cento dell'intero traffico di rete, e la distribuzione dei contenuti digitali, con la creazione di prospettive per i media tradizionali come stampa, radio e televisione.
Per quanto riguarda le quote di mercato della banda larga, Telecom detiene il 62,2 per cento degli accessi, Fastweb 11,9 per cento, Wind 10,7 per cento, Tiscali 5,2 per cento, Tele2 5,3 per cento (dati Agenzia per le garanzie nelle comunicazioni marzo 2008).
Nella fase attuale, si registra una progressiva saturazione dei mercati - sia quello della rete fissa che quello relativo alla telefonia mobile - ed una conseguente contrazione dei profitti: i nuovi servizi, in particolare quelli legati alla banda larga, stentano a coprire il calo dei ricavi di quelli tradizionali. Anche in Europa si assiste ad un rallentamento globale degli investimenti in nuovi servizi e nelle reti, con un trend preoccupante per la competitività


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nella realizzazione delle reti a banda larga ad alta velocità e nell'offerta ai consumatori di servizi fissi, mobili e Internet, qualitativamente elevati e realmente concorrenziali.
Nel 2007 si è registrata, per la prima volta, una stasi del tasso di crescita in valore del settore, nonostante l'aumento complessivo del traffico.
Il fatturato derivante dalla vendita dei servizi di telecomunicazione ai consumatori è rimasto pressoché immutato. Il tasso di penetrazione dei servizi mobili è ormai prossimo alla saturazione, avendo ormai superato il 150 per cento: ogni cittadino italiano possiede più di una linea telefonica mobile a testa.
Anche nella telefonia di terza generazione (UMTS) sono stati superati i 25 milioni di utenti. Mentre però nel mobile lo sviluppo procede, anche se a ritmi decrescenti, nel fisso i tradizionali servizi voce scontano già da alcuni anni un netto rallentamento. La pressione del mercato contribuisce a ridurne costantemente i prezzi, mentre la crescente presenza di modalità alternative di effettuazione del servizio - cellulare, VoIP (telefono al computer) - ha determinato uno spostamento dei volumi, con una diminuzione netta del traffico voce da postazione fissa. Si può quindi prevedere una decisa riduzione del ritmo di crescita che ha caratterizzato lo scorso decennio.
L'evoluzione del mercato non può ovviamente prescindere dal contesto infrastrutturale nel quale si inseriscono la domanda e l'offerta dei servizi ITC. La situazione italiana è caratterizzata da una ramificata rete di accesso in rame, detenuta dall'operatore incumbent Telecom, che raggiunge le abitazioni attraverso 10.400 centrali. È inoltre presente una rete in fibra ottica, realizzata da altro operatore (Fastweb), con una copertura potenziale di 2 milioni di famiglie, ed un numero di accessi attivi pari a circa 250.000 utenti. Vanno inoltre considerati i principali tratti di rete realizzati da altri operatori:
la rete Tiscali si avvale di circa 9.000 chilometri di fibra a lunga distanza, 8.000 di cavi sottomarini e 3.000 di fibra nelle aree metropolitane (MAN - Metropolitan Area Network);
l'infrastruttura di telecomunicazione del Gruppo Ferrovie dello Stato prevede rete in fibra ottica per un totale di oltre 8mila chilometri, installata in cavidotti lungo la linea ferroviaria tradizionale;
la rete di trasmissione IP di Poste italiane collega in banda larga 11.000 uffici postali su tutto il territorio nazionale;
la rete telematica Lepida, promossa su iniziativa della Regione Emilia-Romagna e degli altri enti locali, collega tra loro la Regione, i Comuni, le Province, le Comunità montane, e, una volta completata, Università, Aziende sanitarie, ospedali e scuole. Per la realizzazione della rete sono state utilizzate le tre principali tecnologie disponibili: la fibra ottica (per un totale, a regime, di 50mila chilometri), HDSL e satellite per le zone montane.

È utile, infine, ricordare le infrastrutture civili, destinate alla posa di cavi in fibra ottica, realizzate nell'ambito del Progetto Socrate di Telecom - progetto poi abbandonato - che consentirebbero una copertura potenziale di circa 1,5 milioni di famiglie.
Proprio al fine di stabilire lo stato, la funzionalità e la precisa dislocazione attuale delle reti, è stato recentemente definito da parte del Governo (Dipartimento delle comunicazioni del Ministero dello sviluppo economico) un programma di censimento delle reti e delle infrastrutture utilizzabili ai fini della realizzazione di reti a banda larga, che potrà costituire il necessario presupposto tecnico per poter predisporre un intervento organico in questo settore.
Per quanto riguarda le modalità di utilizzo condiviso delle strutture di rete, si deve segnalare il recente accordo fra l'incumbent Telecom e Fastweb, avente ad oggetto l'accesso di Telecom alla rete in fibra ottica di Fastweb. La condivisione delle reti - che rappresenta nel contesto attuale un passaggio essenziale per offrire


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la più ampia copertura del territorio - richiede peraltro di essere sostenuta, ove occorra, da opportune politiche di regolazione, che ne incentivino lo sviluppo.

2. Il ruolo strategico delle reti di comunicazione elettronica - Servizio universale.

2.1. Il superamento del digital divide come contributo alla crescita del prodotto interno lordo.

Secondo valutazioni della Commissione europea e dell'OECD (Organization for Economic Cooperation and Development), l'impatto degli investimenti nel settore ICT sulla produttività in Europa è stato negli ultimi dieci anni rilevante; le comunicazioni elettroniche incidono per il 25 per cento sulla crescita globale. D'altra parte, negli ultimi venti anni, gli investimenti nel settore hanno rappresentato il più importante fattore di sviluppo dei PIL dei Paesi più avanzati, determinando fino allo 0,6 per cento di crescita del prodotto annuale lordo.
Appare dunque evidente come le ulteriori prospettiva di sviluppo del mercato delle ITC possano rappresentare un obiettivo prioritario per la crescita complessiva del nostro Paese. Obiettivo che tuttavia può essere realisticamente perseguito solo sul presupposto di un superamento, sia pure graduale, degli ostacoli e i ritardi (strutturali, sociali e culturali) che attualmente caratterizzano la diffusione delle nuove reti di comunicazione.
Pur rappresentando, come si è visto, uno dei principali mercati del settore TLC, l'Italia non è altrettanto all'avanguardia dal punto di vista della diffusione delle infrastrutture e della possibilità di accesso alla banda larga (connessione fino a 20 mb; le NGN giungono fino a 100 mb, mentre l'ADSL, che tuttora è la tecnologia prevalente nel nostro paese, permette fino 7 mb). L'Italia registra attualmente 17 connessioni ogni 100 abitanti, contro una media europea di 20 (Danimarca 34 su 100, Paesi Bassi 33, Svizzera 30). Per quanto riguarda la fibra ottica, l'Italia resta ferma allo 0,4 per cento di connessioni (Svezia 4,7 per cento, Giappone 7,6 per cento).
L'Italia sconta, pertanto, un ritardo di penetrazione della banda larga, un ritardo nel tasso di incremento e un ritardo nello sviluppo della fibra ottica. Inoltre, la copertura della banda larga appare assai disomogenea in termini di velocità di accesso alla rete internet, sia nell'ambito delle varie zone geografiche, sia all'interno delle stesse regioni.
La banda larga di prima generazione (ADSL) raggiunge attualmente, in termini di copertura - e non quindi di accessi effettivi - circa il 95 per cento della popolazione. Le restanti quote di territorio potranno essere coperte nei prossimi anni, anche con l'ausilio dei collegamenti wireless, almeno nelle zone maggiormente svantaggiate sotto il profilo geografico. In questa direzione va considerata la sperimentazione del sistema WiMax - che rappresenta una evoluzione della tecnologia wireless - grazie al quale si potranno garantire l'accesso alla rete nelle aree dove appare più difficile la realizzazione di infrastrutture fisse.
Tuttavia, il vero digital divide cui occorre riferirsi è quello relativo alla banda larga di seconda generazione (ADSL 2) ed alla banda larghissima, che permettono collegamenti molto più veloci e consentono quindi di supportare una gamma assai più ampia di servizi e contenuti. È su questo terreno che il nostro Paese sconta un sensibile ritardo, che rischia peraltro di aggravarsi nei prossimi anni. Se infatti gli oneri finanziari necessari per dotarsi di infrastrutture adeguate sono ingenti, e possono difficilmente essere assunti solo dagli operatori del settore, senza un fattivo concorso del Governo e delle istituzioni, si deve anche sottolineare come un più ampio ricorso alla tecnologia wireless per compensare le carenze infrastrutturali delle reti appare complementare, ma non sostitutivo in ordine a tale obiettivo. È vero infatti che la tecnologia HSDPA (High Speed Downlink Packet Access) permette oggi di effettuare, attraverso la telefonia


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mobile, collegamenti veloci ed efficaci. E che l'Italia è uno dei Paesi leader nel mondo per diffusione e fruizione di servizi in questo settore. È però altrettanto vero che l'effettiva fruizione dei servizi della banda larga mobile, sebbene in crescita, presenta una diffusione limitata e non sembra destinata, almeno nel breve periodo, a estendersi in modo significativo. Ciò anche in considerazione del fatto che l'efficacia dei collegamenti con la banda larga mobile è condizionata dal numero di utenti che sono contemporaneamente collegati: al crescere di tale numero, l'effettiva velocità del collegamento si riduce notevolmente. Peraltro, va anche considerato che nel nostro Paese rimangono piuttosto elevati, rispetto alla media europea, i prezzi finali dei servizi di comunicazione mobile, e ciò costituisce un ulteriore elemento di limitazione.
Allo stato attuale, le prestazioni realizzabili con la banda larga fissa restano pertanto, non sostituibili. In prospettiva, comunque, lo sviluppo dell'accesso alla banda larga con tecnologia wireless potrà costituire la modalità per completare la copertura delle reti fisse.
Fra le soluzioni idonee ad una riduzione del digital divide va considerato l'utilizzo della tecnologia satellitare, che presenta il vantaggio di poter più agevolmente collegare specifiche aree geografiche - come quelle montane - nelle quali sono maggiormente elevati gli oneri e i costi delle opere di infrastrutturazione. I collegamenti via satellite possono raggiungere velocità di connessione equivalenti a quelli dell'ADSL terrestre di prima generazione. Si tratta di una forma di collegamento destinata soprattutto a svilupparsi in aree territoriali del mondo - come l'Africa - dove difficilmente potranno essere impiantate reti fisse. Alcune limitate iniziative sono state avviate, da alcuni operatori, anche in Italia. Esse potranno ulteriormente svilupparsi in futuro, anche in relazione ad una prevedibile riduzione dei prezzi per gli utenti, che sono attualmente piuttosto elevati rispetto a quelli che caratterizzano l'offerta di ADSL terrestre.
L'esigenza di un intervento organico sulle strutture di rete fissa - che, alla luce delle considerazioni sopra svolte, sembra ineludibile - deve peraltro confrontarsi anche con la rilevante questione, cui si è già fatto cenno, che riguarda l'insufficienza della domanda di servizi on line nel nostro Paese. Come sottolineato dal Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione nel corso della sua audizione, si registra infatti in Italia - accanto al digital divide strutturale - un digital divide sociale, che consiste nello scarso interesse di quote della popolazione all'utilizzo degli strumenti informatici e ai nuovi servizi disponibili. In particolare, su 15,7 milioni di famiglie che non hanno scelto di utilizzare il collegamento in banda larga, circa il 60 per cento non avrebbe intenzione di utilizzarla neanche in futuro, non ravvisandone alcuna utilità. A ciò si deve aggiungere lo scarto generazionale, in virtù del quale l'utilizzo del computer riguarda il 68 per cento di chi ha tra 15 e 24 anni, mentre la percentuale scende in modo significativo al crescere dell'età, e diviene assolutamente marginale fra gli ultrasessantacinquenni. Da questi dati - che distinguono l'Italia dalla maggior parte delle altre realtà europee - emerge chiaramente una contraddizione che caratterizza la situazione del nostro Paese: se da un lato, come si è visto, abbiamo il secondo più forte mercato della telefonia mobile per i servizi voce, ed il primo in Europa come numero di utenze mobili di terza generazione (UMTS), scontiamo d'altra parte un indice di alfabetizzazione informatica ancora basso, il che può rendere relativamente poco remunerativi nuovi investimenti per l'infrastrutturazione nel settore della larga e larghissima banda. Secondo l'opinione pressoché unanime dei principali soggetti interessati (Autorità, Governo, operatori), sembra dunque necessario affiancare agli interventi di sostegno all'adeguamento della rete, concrete iniziative finalizzate ad accrescere la conoscenza degli strumenti informatici e delle relative applicazioni nelle fasce di popolazione che finora sono rimaste sostanzialmente estranee alla evoluzione


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tecnologica, che pure ha per molti versi coinvolto, perfino più di altri, il nostro Paese. Va ricordato, in proposito, che il Codice dell'amministrazione digitale (approvato con decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, ha sancito il principio secondo cui spetta allo Stato promuovere iniziative volte a favorire l'alfabetizzazione informatica dei cittadini.
In questo quadro, vanno considerati con particolare attenzione i programmi che il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione ha illustrato nel corso della sua audizione. Essi riguardano il potenziamento dei servizi informatici in diversi settori - quali giustizia, sanità, scuola, università - che hanno rilevante impatto sui cittadini. Secondo i dati forniti dal Ministro, la domanda di collegamenti a banda larga e di servizi ICT che può essere indotta da investimenti in tali settori è stimata in 250 milioni di euro annui nella scuola, in 400 milioni di euro annui nella sanità e in 60 milioni di euro annui nella giustizia. Tali importi sarebbero peraltro destinati a crescere notevolmente nel medio e lungo periodo.

2.2. La possibilità di collegamenti diretti tra cittadino e pubblica amministrazione.

La riforma della pubblica amministrazione italiana avviata nei primi anni '90 si è inserita in un processo di modernizzazione finalizzato alla trasformazione della pubblica amministrazione in soggetto erogatore di servizi che, attraverso il miglioramento della qualità della regolazione, la razionalizzazione della macchina amministrativa e la ridefinizione delle responsabilità tra livelli istituzionali, sia in grado di rispondere alle esigenze degli utenti (cittadini e imprese). L'esigenza di una trasformazione della pubblica amministrazione si è avvertita anche per effetto del processo di integrazione europea che conduce all'inevitabile confronto con gli apparati pubblici degli altri Paesi e al conseguente passaggio da una amministrazione dirigistica, verticale e segmentata ad un'amministrazione orizzontale, orientata al servizio e al cittadino. Una tale modifica corrisponde alle trasformazioni organizzative che le nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione (Information e Communication Technologies - ICT) determinano e consentono.
Nella prima fase della digitalizzazione, che ha caratterizzato gli anni 2001-2004, l'impegno del Governo e delle amministrazioni si è soprattutto riversato nell'orientamento ai servizi, nello sviluppo delle infrastrutture di base, nella diffusione di competenze informatiche fra i dipendenti e nell'attivazione di siti web quali canali d'informazione.
Si attende, oggi, il pieno passaggio alla seconda fase, che invece dovrà connotarsi per la piena valorizzazione degli investimenti già realizzati, per la interoperabilità delle amministrazioni, per la più estesa effettività dell'erogazione dei servizi on line e per la razionalizzazione del sistema nel suo complesso.
Sotto il profilo normativo, si ricorda che il codice dell'amministrazione digitale ha dato rango normativo al principio secondo cui spetta allo Stato promuovere iniziative volte a favorire l'alfabetizzazione informatica dei cittadini con particolare riguardo alle categorie a rischio di esclusione, anche al fine di favorire l'utilizzo dei servizi telematici delle pubbliche amministrazioni.
Come messo in risalto dalla maggioranza degli operatori auditi, le opportunità di crescita della banda larga, quale settore industriale in grado di produrre molto in termini di ricchezza e di occupazione incidendo in modo trasversale sul sistema competitivo ed economico del Paese, appaiono strettamente connesse all'impatto diretto che tale implementazione può avere sulla finanza pubblica, laddove l'informatizzazione della pubblica amministrazione, se ben sviluppata, può produrre maggiore efficienza del servizio, maggiore trasparenza e soprattutto forte riduzione dei costi nella gestione del servizio. Quanto esposto dimostra, quindi, che non ci si trova soltanto di fronte ad un business che interessa i ricavi degli operatori di mercato, ma di un settore senza il quale


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probabilmente non riusciremmo a raggiungere i target di crescita e di controllo della spesa pubblica e di efficienza della pubblica amministrazione.
Gran parte dei soggetti intervenuti nel corso dell'indagine hanno auspicato una semplificazione della pubblica amministrazione proponendo la realizzazione di un collegamento in rete di tutte le informazioni di cui questa risulta già in possesso senza avere però al momento sistemi informativi collegati tra loro in modo efficiente. Fare questo in modo più avanzato, infatti, garantirebbe un'evoluzione molto importante in termini di modernizzazione del Paese.
L'Autorità garante delle comunicazioni ha richiamato, altresì, l'attenzione sull'importanza del contributo dell'Italia alla riuscita del piano e-Government della Commissione europea, che prevede l'informatizzazione completa della pubblica amministrazione entro il 2010.
Il piano d'azione e-Government, contenuto in una Comunicazione della Commissione del 25 aprile 2006, è volto a migliorare l'efficienza dei servizi pubblici, ammodernarli e adattarli alle esigenze dei cittadini. Il presente piano d'azione rientra nell'ambito dell'iniziativa i2010 dell'UE, volta a stimolare lo sviluppo dell'economia digitale in Europa, e si ispira alla dichiarazione ministeriale adottata nel corso della terza conferenza ministeriale sull'amministrazione in linea (novembre 2005, Manchester, Regno Unito), che ha fissato obiettivi quantificabili in materia di amministrazione in linea previsti per il 2010.
A tal fine, il piano propone una serie di priorità e di scadenze finalizzate ad accelerare l'introduzione dell'amministrazione in linea in Europa per rispondere a una serie di esigenze, quali:
ammodernare e rendere più efficienti i servizi pubblici;
offrire ai cittadini servizi di maggior qualità e più sicuri;
rispondere alla domanda delle imprese che auspicano meno burocrazia e più efficacia;
garantire la continuità transfrontaliera dei servizi pubblici, indispensabili per sostenere la mobilità in Europa.

Alcune iniziative di e-Government hanno già permesso di realizzare notevoli risparmi di tempo e denaro in alcuni Stati membri e si stima che si potranno risparmiare ogni anno 50 miliardi di euro, complessivamente, se si riuscirà a generalizzare l'uso della fatturazione elettronica in Europa.
In merito agli obiettivi, mediante questo piano la Commissione intende:
assicurare rapidamente vantaggi concreti ai singoli cittadini e alle imprese nel campo dell'amministrazione in linea;
assicurarsi che l'amministrazione in linea a livello nazionale non crei nuovi ostacoli nel mercato interno dovuti, in particolare, alla mancanza di interoperabilità;
estendere i vantaggi dell'amministrazione in linea a tutta l'Unione europea consentendo la realizzazione di economie di scala.

Per quanto sopra, nel piano sono individuati cinque assi prioritari propedeutici alla realizzazione dei suddetti obiettivi:
accesso per tutti: l'introduzione dell'amministrazione in linea deve portare vantaggi a tutti. A tal fine è essenziale che le persone svantaggiate incontrino meno ostacoli nell'accesso ai servizi pubblici in linea. Nell'ambito di questa lotta contro il divario digitale, gli Stati membri si sono impegnati a far sì che, entro il 2010, tutta la popolazione, comprese le categorie sociali svantaggiate, possano trarre vantaggi significativi dall'amministrazione in linea;
maggiore efficacia: gli Stati membri si sono impegnati a incrementare l'efficienza grazie a un utilizzo innovativo delle tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni e ad alleggerire significativamente gli oneri amministrativi entro il 2010;
servizi d'amministrazione in linea di grande impatto: la prestazione transfrontaliera


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di alcuni servizi costituisce un progresso significativo per i singoli cittadini, le imprese e le amministrazioni e, per questo, può servire da esempio dell'amministrazione in linea europea. Uno di questi servizi a forte impatto sono gli appalti pubblici elettronici: gli appalti pubblici rappresentano tra il 15 e il 20 per cento del PIL, vale a dire 1.500 miliardi di euro ogni anno in Europa. L'aggiudicazione elettronica degli appalti pubblici potrebbe comportare un risparmio di decine di miliardi di euro ogni anno. È pertanto auspicabile che gli appalti pubblici vengano aggiudicati sempre più in forma elettronica;
mettere in atto strumenti chiave: per ottimizzare l'introduzione dell'amministrazione in linea è necessario disporre di alcuni strumenti chiave quali: sistemi interoperabili di gestione dell'identificazione elettronica per l'accesso ai servizi pubblici, autenticazione elettronica dei documenti e archiviazione elettronica;
rafforzamento della partecipazione al processo decisionale democratico.

3. Le condizioni per l'ampliamento delle reti a banda larga e lo sviluppo delle reti di nuova generazione.

3.1. La certezza del quadro regolamentare.

L'assetto regolatorio del settore delle telecomunicazioni - imperniato prevalentemente sulle competenze attribuite all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni - ha assicurato in questi anni un notevole sviluppo del mercato, garantendo nel contempo le necessarie forme di tutela della concorrenza e dei consumatori. Ne è derivata - come si è più volte accennato nei precedenti capitoli - una crescita costante del settore, con ricadute assai positive anche su altri comparti dell'economia nazionale. I benefici per gli utenti sono soprattutto testimoniati dalla dinamica di riduzione dei prezzi, che si è attestata - nel decennio 1997-2007 - su valori più pronunciati rispetto alla media degli altri Paesi europei (-28 per cento contro -24 per cento).
Le linee fondamentali del quadro normativo esistente e gli interventi adottati in questi anni dall'Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni hanno in sostanza mostrato di poter assolvere in termini ampiamente positivi al compito di sostenere e accompagnare l'affermazione e il diffondersi dei nuovi servizi di telefonia e di comunicazione.
Nella situazione attuale, caratterizzata, come si è già detto, da una progressiva saturazione del mercato, e dalla contestuale persistenza di importanti ritardi sul versante delle infrastrutture, si presenta il problema di un possibile adeguamento degli strumenti normativi e regolatori.
Va ricordato, a tale proposito, quanto afferma un recente documento dell'OCSE, che distingue, nell'ambito della regolazione del settore delle telecomunicazioni, fra missione regolamentare in senso stretto e misure di stimolo e sostegno agli investimenti diretti alla realizzazione di reti di nuova generazione, riconducibili alla scelte di politica industriale di ciascun Paese. È su questo secondo versante che si pone oggi l'esigenza di valutare anche possibili modifiche all'assetto normativo, ovvero al novero degli strumenti specificamente attribuiti all'Autorità. In sostanza - come è stato rilevato da molti soggetti auditi nel corso dell'indagine - si rende necessario integrare il quadro regolatorio di sostegno all'apertura del mercato e della concorrenza con misure idonee a favorire i nuovi investimenti, pubblici e privati, necessari per portare l'Italia a competere con gli altri Paesi più avanzati.
È in questo senso che va del resto inteso l'appello che il Presidente dell'Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni, nella sua relazione annuale al Parlamento, illustrata nello scorso mese di luglio, ha formulato alle forze politiche e parlamentari per la definizione di un piano a carattere organico e strategico, che individui una serie di interventi coordinati e


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coerenti, finalizzati al salto di qualità del quale si avverte la sempre più urgente necessità.
Il Presidente dell'Autorità per la concorrenza e il mercato ha a sua volta avuto modo di sottolineare come il sistema regolatorio debba garantire, pur con il pieno rispetto dei principi di mercato, le scelte delle imprese che accettino di sviluppare le nuove tecnologie e ne sostengano i costi.
Occorre naturalmente tenere conto, in questa prospettiva, della cornice normativa comunitaria e della sua evoluzione. Assume particolare rilievo, in tal senso, la bozza di raccomandazione della Commissione europea - attualmente sottoposta a consultazione pubblica - sui princìpi regolamentari per l'accesso alle reti di nuova generazione. Essa infatti cerca di delineare uno schema di intervento regolamentare, volto ad armonizzare le diverse discipline adottate nei singoli Paesi. È soprattutto importante il principio, fatto proprio dalla Commissione, secondo cui, nel nuovo scenario tecnologico, va riconosciuto e remunerato il rischio imprenditoriale - determinato essenzialmente dalla incertezza della domanda - connesso agli investimenti infrastrutturali. Viene quindi proposta l'applicazione di un risk premium a beneficio delle imprese che riservino proprie risorse a tali investimenti. La bozza di raccomandazione prevede inoltre di intervenire solo sui mercati dell'accesso wholesale, e prefigura un assetto deregolamentato per i mercati retail (vale a dire destinati ai consumatori finali) dei nuovi servizi in banda larga. Si riconosce, infine, l'esigenza di individuare i necessari interventi regolamentari mediante il ricorso ad analisi del quadro competitivo condotte a livello geografico, recependo il principio in base al quale le regole per lo sviluppo delle nuove reti a banda larga possano essere differenziate sul territorio, in funzione del grado di sviluppo economico ed infrastrutturale e della densità della domanda.
Le determinazioni sul nuovo assetto regolatorio non potranno ovviamente essere assunte senza tenere conto delle scelte che dovranno essere adottate in merito alla gestione della rete di proprietà dell'incumbent Telecom (su tale argomento si rinvia al paragrafo 3.3.).

3.2. Il ruolo dell'amministrazione digitale.

Una delle principali novità introdotte dal panorama normativo degli ultimi anni è data dall'emergere di una sempre più spiccata tendenza all'informatizzazione dell'organizzazione e dell'azione amministrativa necessaria, per un verso, a garantire snellezza e produttività, per altro verso, ad assicurare trasparenza e facilitare l'attivazione di adeguati meccanismi di controllo sull'operato dei pubblici poteri.
Già con il decreto legislativo n. 39 del 1993 veniva istituita l'Autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione, con il compito di promuovere, coordinare, pianificare e controllare lo sviluppo di sistemi informativi automatizzati delle amministrazioni. Le attribuzioni dell'Autorità sono state poi ereditate dal CNIPA (Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione), istituito dal decreto legislativo n. 196 del 2003.
In materia di procedimento amministrativo si segnala, ancora, che la legge n. 15 del 2005 ha imposto alle amministrazioni pubbliche l'incentivazione dell'uso della telematica, nei rapporti interni, fra le diverse amministrazioni, e fra queste e i privati. La stessa legge ha inteso semplificare ulteriormente le modalità di svolgimento della conferenza di servizi introducendo la possibilità di effettuare la conferenza di servizi attraverso l'uso dell'informatica facilitando così ulteriormente il raccordo fra le amministrazioni con conseguente riduzione dei tempi e dei costi.
Ancora, l'emanazione del Codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005, e quella del decreto legislativo n. 42 del 2005, che ha istituito il sistema pubblico di connettività e la rete internazionale della pubblica amministrazione, segnano una svolta ulteriore nel processo di ammodernamento della P.A.


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Vengono, infatti, forniti a quest'ultima gli strumenti tecnico-giuridici, quali la posta elettronica certificata e la firma digitale nonché la carta nazionale dei servizi, attraverso cui ripensare la propria organizzazione in chiave digitale, al fine di fornire a cittadini ed imprese i propri servizi on line realizzando, nel contempo, una progressiva riduzione dei costi ed un incremento dell'efficienza e della trasparenza. In particolare, viene sancito il principio generale in base al quale i cittadini e le imprese hanno il diritto di richiedere ed ottenere l'utilizzo di tecnologie telematiche nelle comunicazioni con le pubbliche amministrazioni centrali e con i gestori dei servizi pubblici dello Stato.
Per quanto concerne, invece, i rapporti interni tra diverse amministrazioni si è stabilito che le comunicazioni di documenti avvengano di norma mediante utilizzo di posta elettronica, quale canale di comunicazione privilegiata, con la conseguenza che «la prosecuzione delle tradizionali forme di comunicazione, nonostante sussista la possibilità di ricorrere alla posta elettronica, configura l'inosservanza di una disposizione di legge e una fattispecie di improprio uso di denaro pubblico» (si veda la direttiva del Dipartimento per l'Innovazione e le tecnologie del 18 novembre 2005).
L'audizione del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, svoltasi nel corso dell'indagine, ha inteso rimarcare i propositi di rinnovamento delle strutture pubbliche attraverso l'intensificazione dell'utilizzo del digitale da parte delle amministrazioni.
In ordine alla banda larga, intesa come infrastruttura di base per lo sviluppo economico, la competitività e l'innovazione del Paese, è stato ricordato che l'attuale rete di accesso nell'ultimo miglio, totalmente in rame, non consente, ad oggi, una diffusione massiccia dei nuovi servizi. Da qui la necessità di accelerare la realizzazione della futura rete in fibra ottica per lo sviluppo della quale il Ministro ha assicurato la disponibilità di adeguate risorse pubbliche, ma che risultano comunque dislocate tra Stato e regioni. Ulteriore problema è dato dalla necessità di comprendere come i privati possano concorrere in questa infrastrutturazione, considerato che l'onere di questi investimenti non può essere tutto e soltanto a carico dello Stato o del settore pubblico. Un primo criterio, su cui si riscontra consenso, è quello secondo cui le imprese possono e debbono intervenire in solitudine laddove il mercato esiste, dovendo lo Stato intervenire ove gli economisti individuano le aree di fallimento del mercato o dove ci sono aree di quello che si definisce digital divide.
Il fallimento del mercato si registra in assenza di domanda attuale; mentre per digital divide si intendono le zone dove non si arriva fisicamente o culturalmente. Pertanto, anche in questi due casi di digital divide occorre una politica dell'offerta, più che della domanda che preveda, ovviamente, risorse pubbliche.
In merito all'opportunità di mettere insieme settore pubblico e settore privato si è messo in risalto come questo valga tanto per le risorse quanto, e soprattutto, per quello che deve passare dentro la rete, vale a dire per i contenuti, onde evitare di costruire grandi infrastrutture il cui utilizzo però sia sostanzialmente scarso. Ed invero è proprio ciò che oggi appare nella realtà: esistenza di infrastrutture che per lo più risultano scarsamente utilizzate. È quanto accade, ad esempio, nel sistema scolastico, nel quale l'informatizzazione risulta ampiamente sovradimensionata rispetto all'effettivo utilizzo; anche il settore della giustizia risulta sovraccaricato di server solo parzialmente utilizzati; nella sanità, anche con la rete esistente, si potrebbe fare molto e di più (è in corso di definizione il programma denominato «cartella elettronica») specie se si pensa che per tale settore, a fronte di una spesa su base annua pari a circa 105 miliardi di euro, sarebbe sufficiente un incremento di efficienza e una riduzione di spesa del 10 per cento per ottenere l'equivalente di circa 10 miliardi di euro a disposizione. Spesso, dunque, si sottolinea l'esigenza di


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infrastrutture più pesanti laddove non si utilizzano nemmeno quelle più leggere già operative.
Il tema centrale sottolineato dal Ministro, è risultato pertanto il problema del cosiddetto phasing (temporalizzazione degli investimenti e dei contenuti): come sviluppare gli investimenti e le infrastrutture in ragione del parallelo sviluppo del traffico dei contenuti al fine di evitare sia uno squilibrio e un'asincronia della strategia stessa, sia lo spreco di risorse su infrastrutture che potrebbero essere destinate ad altri settori.
Un altro obiettivo è rappresentato dall'abolizione della carta quale conseguenza diretta della digitalizzazione, procedendo ad una dematerializzazione. Il Ministro ha fatto riferimento ad una tecnica di controllo denominata P.E.R.T. (Program Evaluation and Review Technique), ossia una progettualità riferita a tempi e contenuti riguardanti tutta la legislatura e finalizzato alla conoscenza di tempi e modalità di eliminazione della carta, di effettiva realizzazione dell'e-government e della digitalizzazione della pubblica amministrazione nell'arco della legislatura.
In conclusione i punti di intervento sui quali l'Esecutivo intende concentrare i propri sforzi sono: il piano industriale per l'innovazione (scuola, sanità, giustizia, ambiente); l'abolizione della carta e la dematerializzazione; digitalizzazione delle amministrazioni, imponendo a quest'ultime di dialogare, tanto tra di loro quanto con i terzi, unicamente in forma digitale.
In tale contesto, occorre dare ulteriore impulso operativo al ruolo del CNIPA che, come accennato, detiene attribuzioni fondamentali nel campo della informatizzazione della pubblica amministrazione.
Per quanto sopra esposto è stata, altresì, sottolineata l'importanza di un piano coordinato tra Stato, regioni e imprese: Stato e regioni, da un lato, per coordinare competenze e risorse; le imprese, dall'altro, per distinguere gli investimenti con un ritorno di mercato (in presenza di ritorno economico, l'investimento potrà essere sostenuto dai privati), dalle situazioni di fallimento del mercato o di digital divide. Considerato, poi, che le aree dei rapporti tra Stato, regioni e imprese e le aree dove individuare mercato o fallimento del mercato o digital divide non sono omogenee, ma a cluster (a grappoli) nel Paese, appare fondamentale individuare, in prima battuta, i cluster da infrastrutturare secondo le caratteristiche sopra individuate: aree dove c'è mercato e dove quindi dovrà esser fatta un'opportuna valutazione in termini di investimenti delle imprese; aree dove c'è la necessità di investimenti pubblici; aree dove c'è la possibilità e la necessità di normative e politiche di supporto.

4. Conclusioni.

Premessa.

Il sistema delle telecomunicazioni vive un delicato momento di evoluzione, che richiede da parte di tutti gli attori - Governo, autorità di garanzia, operatori - la capacità di compiere scelte strategiche e predisporre i conseguenti interventi. Si tratta di un settore che ha conosciuto negli anni scorsi livelli di crescita superiori a quelli di tutti gli altri comparti dell'economia nazionale, e che, proprio per questa ragione, rappresenta una risorsa fondamentale per l'Italia. In questo senso, sarebbero certamente auspicabili interventi dello Stato a sostegno alla domanda, anche mediante la concessione di agevolazioni e sussidi ad imprese e agli stessi consumatori. La sola azione del mercato, come è emerso dalle audizioni svolte, non appare sufficiente a colmare i ritardi infrastrutturali, come del resto dimostrano le esperienze di Paesi, quali il Giappone, che hanno affidato all'intervento pubblico gli oneri amministrativi e finanziari connessi agli interventi necessari per l'adeguamento tecnologico. I costi, assai elevati, richiesti per le infrastrutture destinate alle reti di nuova generazione, non sono infatti sostenibili da singoli operatori, non risultando garantiti livelli di domanda adeguati alla remunerazione di investimenti di tale portata. Una qualche forma di intervento pubblico - sia pure con criteri che siano


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compatibili con le regole comunitarie - appare dunque, nelle circostanze date, difficilmente eludibile.
Si tratta peraltro di valutare se questa iniziativa debba essere meramente finalizzata ad una ridefinizione dell'assetto regolatorio, ovvero possa configurarsi come un vero e proprio intervento diretto dello Stato nelle attività di realizzazione delle infrastrutture.
Questa seconda ipotesi corrisponde sostanzialmente alla recente esperienza tedesca. Al fine di garantire adeguati incentivi all'incumbent (Deutsche Telecom), che aveva previsto investimenti per 3 miliardi di euro per le nuove reti, con una legge proposta dal Governo federale si era stabilito che i mercati delle comunicazioni elettroniche fossero sottratti dall'ambito della regolazione. Parallelamente, l'Autorità di regolazione tedesca aveva stabilito di imporre all'incumbent l'obbligo di accesso ai concorrenti sulle sue reti. Su tale normativa, considerata non in linea con i principi comunitari, la Commissione europea ha avviato una procedura di infrazione, deferendo lo stato tedesco alla Corte di giustizia; ne è conseguito un netto ridimensionamento dei piani di investimento previsti da Deutsche Telecom.
La mobilitazione di ingenti risorse pubbliche per l'implementazione e diffusione delle infrastrutture NGN caratterizza invece l'esperienza di Paesi come Giappone e Corea del Sud. Il Governo giapponese, in particolare, ha individuato come priorità nazionale lo sviluppo delle nuove tecnologie, considerando l'accesso alla banda larga quale servizio universale da offrire a tutti i cittadini, ed ha di conseguenza previsto finanziamenti diretti ed altre agevolazioni in favore dell'operatore incumbent.
Una terza modalità di approccio per il raggiungimento degli obiettivi di adeguamento e ammodernamento delle reti si è manifestata in Gran Bretagna, dove l'incumbent British Telecom con la creazione di una apposita divisione (Openreach) ha separato le attività di gestione della rete da quelle commerciali del Gruppo, al fine di garantire l'accesso alla rete da parte degli altri operatori. La situazione del settore delle telecomunicazioni britannico è peraltro connotata - a differenza di quella italiana - da una significativa penetrazione della banda larga e dalla presenza di una estesa rete via cavo; pertanto, - come sottolineato nel Rapporto presentato dal consulente Francesco Caio al Governo inglese nel mese di settembre del 2008 - i meccanismi di mercato dovrebbero garantire, almeno nel breve periodo, sufficienti investimenti per l'innovazione.
Per quanto concerne il quadro generale degli interventi pubblici sulle telecomunicazioni, le audizioni svolte hanno permesso di evidenziare alcuni obiettivi che sembrano prioritari:
conclusione del censimento delle reti, quale presupposto essenziale per valutare con cognizione di causa le risorse presenti e programmare le necessarie opere di adeguamento;
necessità di giungere gradualmente - ma in tempi comunque definiti - ad un sistema universale di accesso, imperniato sulle tre tecnologie disponibili: ADSL e fibra ottica, WiMax, Satellite;
accelerazione del processo di digitalizzazione della pubblica amministrazione e completamento della interconnessione fra le diverse banche dati.

Si prospetta inoltre la necessità di adottare iniziative di sostegno alla domanda di servizi informatizzati, e, in questo senso, sembra opportuno rafforzare la politica di contributi alle imprese volti a tale finalità e introdurre parallelamente strumenti normativi e finanziari per promuovere l'accesso delle famiglie alle nuove tecnologie.
Per quanto riguarda la gestione della rete, va preliminarmente valutato come una gestione unificata e condivisa delle infrastrutture pubbliche esistenti - a partire ovviamente dalla rete di Telecom - possa rappresentare il presupposto per una politica volta a valorizzare tale patrimonio e orientarne l'innovazione e l'adeguamento tecnologico.


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Dai numerosi e proficui elementi di valutazione e di riflessione, emersi nel corso dell'indagine conoscitiva, è possibile ricavare alcuni orientamenti in ordine alla necessaria opera di adeguamento e ammodernamento delle nostre infrastrutture di comunicazione elettronica.
Un elemento comune a molti degli interventi svolti in sede di audizione è dato dal riconoscimento della valenza strategica che il sistema di telecomunicazione riveste oggi per il nostro Paese, e dal connesso dibattito sulla «italianità» delle reti. In questo senso, va tenuta in considerazione l'esigenza di promuovere soluzioni che, pur all'interno di una logica concorrenziale, consentano di garantire adeguatamente gli interessi nazionali in questo settore.
Sulla base del lavoro svolto e delle valutazioni espresse nel corso dell'indagine, la Commissione ritiene che si possano delineare cinque possibili ipotesi, di seguito illustrate.

1) Separazione gestionale della rete: Open Access.

L'incumbent Telecom Italia - che detiene, come detto, la quasi totalità della rete fissa italiana - ha varato una riorganizzazione delle attività dedicate alla gestione delle infrastrutture tecnologiche e di rete con una nuova direzione articolata in quattro strutture: Open Access; Network; Information Technology e Technical Infrastructures. In particolare la struttura Open Access risulta completamente autonoma e separata da quella delle funzioni commerciali del gruppo. Tale riorganizzazione, avviata per gestire in maniera autonoma e separata la rete d'accesso del gruppo, mira altresì all'obiettivo di aumentare l'efficienza e la trasparenza nella erogazione dei servizi.
La nascita di Open Access appare rispondere nelle sue grandi linee alle richieste dell'Autorità per le telecomunicazioni in questo settore. L'Autorità, infatti, ha più volte evidenziato la necessità che l'assetto organizzativo della rete di accesso sia funzionalmente separato dalle altre funzioni aziendali e comprenda tanto la rete in rame quanto la rete in fibra ottica. Inoltre l'Autorità ha sottolineato che il perimetro della separazione deve comprendere tutta la tratta della rete di accesso a partire dalle centrali fino all'utente. L'Autorità ha inoltre chiesto un rafforzamento degli obblighi di separazione per quanto riguarda gli elementi NGN inclusi nella raccomandazione europea.
Tale forma di riorganizzazione viene completata da una serie di impegni comportamentali, assunti da Telecom, e volti a garantire la piena parità di trattamento, interno ed esterno, nell'accesso alla rete, ossia tra le divisioni commerciali di Telecom Italia stessa e gli operatori concorrenti. L'incumbent è inoltre tenuto, secondo tali impegni, a far conoscere in anticipo agli altri operatori i propri programmi di evoluzione e innovazione della rete fissa. A vigilare sulla corretta esecuzione di obblighi di separazione sarà un organismo di garanzia, con cinque componenti, tre dei quali dovrebbero essere nominati dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Occorre precisare che Open Access non è una nuova società che fa capo a Telecom Italia, né un gestore della rete estraneo all'operatore Telecom; si tratta invece di una struttura dedicata, frutto di una riorganizzazione che, secondo le assicurazioni fornite dall'azienda, garantirà per Open Access funzionalità indipendenti dalla divisione commerciale.
Tale soluzione presenta, in prospettiva, forti analogie con quella adottata da British Telecom, che ha a sua volta provveduto alla creazione di una nuova divisione, denominata Openreach, strutturata in modo da assicurare una netta separazione funzionale. Accanto al Board direttivo di Openreach opera un organo di garanzia (Equality of Access Board), composto da cinque membri, due dei quali nominati da British Telecom e tre esterni, la cui nomina è sottoposta a ratifica da parte di British Telecom. Il principio cui Openreach ha inteso rispondere - elaborato in seno all'Organismo di regolazione britannico


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(Ofcom) - è quella di garantire a tutti gli operatori non solo un accesso equo e non discriminatorio alla rete (equality of access), ma anche un accesso agli stessi servizi e alle stesse condizioni economiche e tecniche (equality of input). Sulla base dei vantaggi offerti in termini di apertura del mercato e potenzialità di migliore offerta ai consumatori, il modello Openreach è considerato con favore dagli organi comunitari e, in particolare, dalla stessa Commissione europea.
In ordine alla piena realizzazione del modello si separazione gestionale della rete, appare comunque opportuna una valutazione, da parte degli organi politici, circa gli adeguamenti da apportare al quadro dei poteri attribuiti all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.

2) Società delle reti:

a) Controllo Telecom.

Una modalità idonea ad assicurare maggiori garanzie di accesso a tutti gli operatori è quella che prevede la costituzione di una nuova società - di cui Telecom dovrebbe detenere una quota maggioritaria - destinata alla gestione della rete e alla assunzione delle iniziative necessarie ai processi di adeguamento e di innovazione, secondo criteri alla cui definizione dovrebbe contribuire l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Sul versante delle prospettive di innovazione, l'efficacia di questa soluzione sarebbe condizionata alla capacità della nuova società di attrarre investimenti e risorse, a sua volta connessa alle concrete aspettative di remunerazione derivanti, nel medio-lungo periodo, dalla espansione delle possibilità di accesso alle reti di nuova generazione. Peraltro, va registrato il forte interesse di operatori e imprese ad un impegno in questa direzione, come emerso in particolare dall'audizione di F2i (Fondi italiani per le infrastrutture), nella quale si è prospettata la possibilità di costituire un consorzio destinato a partecipare per una percentuale significativa al soggetto titolare della gestione della rete.

b) Controllo di altri soggetti.

In una fase successiva - come accennato nella sua audizione il Presidente dell'Autorità per le garanzie delle comunicazioni, nell'ambito di una iniziativa che aggreghi gli interventi infrastrutturali volti allo sviluppo delle nuove reti - è ipotizzabile la costituzione di una apposita società delle reti con investitori pubblici e privati, destinata alla realizzazione e gestione delle reti di nuova generazione (analogamente a quanto avvenuto per l'energia elettrica, con la società per la trasmissione dell'energia elettrica sulla rete ad alta tensione - TERNA S.p.A - nata nel 1999 in seguito alla liberalizzazione del settore elettrico, il cui azionista di maggioranza è attualmente la Cassa depositi e prestiti).
Tale opzione, cui peraltro alcuni operatori nel corso delle audizioni svolte hanno fatto riferimento, consentirebbe di assicurare, grazie all'elevato grado di autonomia del nuovo soggetto societario, adeguate garanzie di trasparenza nella gestione dell'accesso alla rete.
Una soluzione di questo tipo - peraltro non ancora sperimentata in altri Paesi europei - pur presentando profili problematici, soprattutto con riferimento al ruolo dell'investitore pubblico, consentirebbe di affidare ad un soggetto terzo, e non coinvolto nel mercato, la delicata gestione delle infrastrutture, superando le forti perplessità degli operatori concorrenti rispetto alla soluzione prospettata dall'incumbent Telecom. Inoltre, trasferendo a carico della nuova società gli oneri per gli investimenti - a fronte dei quali dovrebbero essere previsti specifici meccanismi «premiali» - sarebbero in prospettiva incentivate le iniziative e le offerte degli operatori sui nuovi servizi, con prevedibili ricadute positive su tutto il comparto.

3) Condivisione delle reti.

In alternativa alle precedenti opzioni, va considerata la possibilità di prevedere


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un progetto di unione e condivisione delle reti esistenti, pubbliche e private, affidandone la gestione ad un soggetto terzo, sotto il controllo del Governo. In sostanza, si tratterebbe di giungere ad un modello di separazione che, unificando la rete principale di Telecom con tutte le altre risorse di rete presenti sul territorio, e ponendole a disposizione degli operatori a condizioni eque ed accessibili, garantirebbe un utilizzo razionale delle risorse infrastrutturali, e potrebbe consentire di avviare, con il concorso di tutti i soggetti interessati, la realizzazione delle reti di nuova generazione. Tale ipotesi presuppone ovviamente che si giunga tempestivamente alla conclusione del censimento generale delle reti che, come già accennato in altra parte del documento, il Ministero dello sviluppo economico ha recentemente avviato.

4) Intervento pubblico europeo.

La possibilità che l'Europa, mediante la costituzione di un fondo per le infrastrutture, assuma l'impegno di provvedere al finanziamento delle opere di infrastrutturazione per le NGN - anche per il tramite di un'apposita agenzia di sviluppo - potrebbe risultare compatibile, a determinate condizioni, con il quadro normativo comunitario. In particolare, essa andrebbe ricondotta al novero di quelle specifiche iniziative - da concertarsi nell'ambito delle competenti sedi istituzionali comunitarie - volte a promuovere lo sviluppo e a sostenere la domanda in fasi caratterizzate da forti tensioni recessive del quadro economico. In altri termini, tale scelta andrebbe ad iscriversi nel contesto dell'attuale processo di ripensamento dei rigidi criteri che hanno finora presieduto all'applicazione delle regole di Maastricht. Va del resto considerato che l'assunzione dei predetti oneri da parte degli organi comunitari e dei singoli Stati membri, sarebbe finalizzata alla realizzazione e gestione di infrastrutture che dovrebbero essere messe a disposizione, secondo il principio della parità di accesso, a tutti gli operatori del settore, in un regime di pieno rispetto della concorrenza e del mercato.
Questa ipotesi deve peraltro essere soprattutto valutata sotto il profilo dell'opportunità e della sua compatibilità con il quadro economico generale.
In tale contesto, non possono essere trascurati, nell'ambito di una analisi oggettiva dei costi e delle finalità di un possibile progetto pubblico sulle reti, gli effetti assai significativi che possono derivarne su tutti i comparti dell'economia nazionale. Ciò anche considerando che il nuovo soggetto, non vincolato da logiche di profitto strettamente privatistiche, sarebbe in grado di promuovere investimenti sulle nuove tecnologie pur in carenza di garanzie sulle relative remunerazioni. Non meno importanti, sebbene più difficilmente quantificabili, potrebbero essere le ricadute positive sul piano sociale e culturale di un effettivo salto di qualità del nostro Paese in un settore che appare oggi decisivo per le prospettive di sviluppo della società.
Di certo, una tale opzione potrebbe essere concretamente configurabile solo sulla base di un indirizzo politico forte e condiviso, tale da superare i significativi profili problematici, soprattutto sul piano della disponibilità di risorse finanziarie, che ad essa sarebbero connessi.

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