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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione IX
13.
Martedì 14 giugno 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Valducci Mario, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SUL SETTORE DEL TRASPORTO FERROVIARIO DI PASSEGGERI E MERCI

Audizione di rappresentanti di Confetra:

Valducci Mario, Presidente ... 3 5 7 9
Garofalo Vincenzo (PdL) ... 6
Lovelli Mario (PD) ... 6
Luzzati Piero, Direttore generale di Confetra ... 3 8
Toto Daniele (FLpTP) ... 5

ALLEGATO: Documento depositato dal direttore generale di Confetra ... 10
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Italia dei Valori: IdV; Iniziativa Responsabile (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): IR; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.

[Avanti]
COMMISSIONE IX
TRASPORTI, POSTE E TELECOMUNICAZIONI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta pomeridiana di martedì 14 giugno 2011


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MARIO VALDUCCI

La seduta comincia alle 15,35.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di Confetra.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul settore del trasporto ferroviario di passeggeri e merci, l'audizione di rappresentanti di Confetra.
Do la parola al dottor Piero Luzzati, direttore generale di Confetra, per lo svolgimento della sua relazione.

PIERO LUZZATI, Direttore generale di Confetra. Innanzitutto, scusandomi per l'assenza del vicepresidente Nicolini, delegato al trasporto ferroviario, che non è potuto essere presente perché ammalato, consegno alla presidenza un breve documento relativo al trasporto ferroviario di merci.
La Confetra si occupa di trasporto merci, quindi di cargo. Il nostro mondo lamenta il fatto che il trasporto ferroviario delle merci è ridotto a livelli quasi da collasso; infatti è sceso ormai sotto il 6 per cento, mentre fino a pochi anni fa costituiva il 10-12 per cento del trasporto complessivo nazionale. Ciò rappresenta, secondo noi, un fallimento della politica nazionale del trasporto delle merci. D'altra parte, ovunque - in tutti i documenti europei e nazionali e in tutti i programmi dei partiti - si sostiene che bisogna incrementare il trasporto ferroviario delle merci per decongestionare le strade, per migliorare la qualità dell'aria, per la sicurezza della circolazione, per problemi energetici; insomma, vi sono una serie di importanti motivi, ma ci siamo muovendo esattamente nella direzione opposta.
La Confetra ritiene che vi sia una carenza di fondo nella politica nazionale del cargo ferroviario, innanzitutto perché non vi è un progetto. È anche vero che di piani si muore, ma nel caso del trasporto ferroviario riteniamo necessario, opportuno e indispensabile, da un punto di vista metodologico, che il Governo si doti di un Piano nazionale del trasporto ferroviario delle merci. Ciò è necessario da un punto di vista metodologico proprio per distinguere gli interessi dello Stato da quelli di Ferrovie dello Stato, che è un'azienda.
Oggi, viceversa, si confondono totalmente gli interessi della società Ferrovie dello Stato con quelli del trasporto ferroviario delle merci, che quindi rappresenta un elemento strategico e politico che prescinde dagli interessi dello Stato. Il fatto che Ferrovie dello Stato sia partecipata al 100 per cento dal Tesoro non vuol dire che i suoi interessi si identifichino con l'esigenza strategica dell'Italia di avere un cargo ferroviario efficiente. Sarebbe come dire che la politica per il trasporto marittimo è affidata alla Finmare o la politica del sistema radiotelevisivo, alla RAI. Quindi, un conto sono le società, anche


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pubbliche, un altro è il quadro all'interno del quale queste società si devono muovere. Nel nostro ambito non c'è nulla di tutto questo; anzi, il potere che detiene Ferrovie dello Stato in merito ai rapporti con la clientela, con i fornitori, con i concorrenti e quant'altro è enorme e condiziona l'intera evoluzione del sistema.
In primo luogo, bisognerebbe, quindi, dotarsi di un progetto di politica nazionale del trasporto ferroviario delle merci. All'interno di questo piano è, poi, indispensabile distinguere il ruolo della rete da quello del traffico. Preciso che mi sto riferendo sempre al cargo; non mi interesso dei passeggeri, anche se i due discorsi spesso interferiscono. Un conto, quindi, è la rete; un altro è Trenitalia. Il fatto che entrambe facciano capo a un'unica holding - Ferrovie dello Stato Spa - fa sì che quella società, per ridurre l'enorme deficit del ramo del cargo ferroviario, si ritiri lentamente da quel settore. Del resto, questo è il sistema più semplice che una società ha per ridurre un ramo in perdita: uscire lentamente da quel campo. Tuttavia, al tempo stesso, siccome quella società è il detentore della rete, sta «avvelenando i pozzi», cioè sta impedendo ai potenziali competitor di subentrare in attività che potrebbero essere redditizie. D'altronde, i competitor potrebbero subentrare nei settori in cui non opera Trenitalia per diversi motivi.
Tuttavia, Trenitalia eredita il contratto di diritto pubblico di Ferrovie dello Stato, mentre le aziende nuove hanno dei contratti che non riguardano il trasporto ferroviario. Su questo aspetto, ad esempio, vi è una difesa corporativa delle Ferrovie dello Stato, d'intesa con i sindacati, i quali vogliono che tutte le aziende che mettono un treno sulla rete ferroviaria debbano applicare il contratto dei ferrovieri. Ecco, dal nostro punto di vista, questo non sta né in cielo né in terra.
Il trasporto ferroviario delle merci compete e concorre nel Paese con il trasporto delle merci su strada; un settore che ha il suo contratto collettivo e che occupa 400.000 lavoratori. Ora, che ai 6.000-7.000 lavoratori di Trenitalia che si occupano di cargo si debba applicare lo stesso contratto degli altri 50.000-60.000 ferrovieri che si occupano di passeggeri e che tutti quelli che intendono operare in quell'ambito debbano applicare il medesimo contratto, ci sembra eccessivo. Viceversa, a nostro avviso, sarebbe corretto che, siccome il mercato del trasporto delle merci è unico, si applicasse un unico contratto: quello relativo al trasporto su strada, non quello dei ferrovieri. Peraltro, si tratta di un contratto che ha una sua lunghissima tradizione - esiste dall'inizio del secolo scorso - ed è dotato di tutte le garanzie possibili e immaginabili e si stipula con CGIL, CISL e UIL.
Porto questo caso per dire che vi è un problema contrattuale relativo alle aziende nuove che nascono. Tutti - l'industria italiana, i committenti, gli spedizionieri, gli organizzatori di traffico, gli stessi vettori stradali - vorrebbero avere un sistema ferroviario efficiente; tutti vorrebbero fare trasporto combinato. Tuttavia, non vi sono le condizioni oggettive per realizzarlo, perché la politica di Trenitalia è disincentivare questo tipo di trasporto, innanzitutto sul piano tariffario. Infatti, questa società ha ormai ridotto la sua attività soltanto a tratte redditizie, in relazione ai suoi costi, e con treni completi; aveva 270 terminali in Italia, ne ha dismessi circa 200; ne sono rimasti operativi soltanto 70. I terminali dismessi - che, tra l'altro, erano patrimonio pubblico - li ha trasferiti a una sua società del gruppo affinché li monetizzi, sottraendoli alla rete, quindi a una possibilità di fare trasporto ferroviario. Trenitalia ha locomotori - anch'essi acquistati con denaro pubblico - che gradualmente lascia in disuso, mentre i privati devono acquistarli.
Vi è, poi, il problema della sicurezza, delle licenze, dei raccordi ferroviari e quant'altro; insomma, vi sono molte strozzature attraverso le quali il sistema ferroviario, di fatto, sta ostacolando l'ingresso dei privati. Pertanto, facciamo una denuncia molto forte su questo argomento.
A nostro avviso, occorrerebbe, innanzitutto, una netta separazione societaria tra la rete e la società che gestisce il cargo


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ferroviario. Quest'ultima deve essere in competizione con le altre società che fanno il cargo ferroviario e vi deve essere la neutralità della rete ferroviaria nei confronti degli operatori che la percorrono. Vi sarebbe, poi, bisogno di un'autorità indipendente - che non può essere uno dei concorrenti - che controlli la sicurezza, le qualità professionali dei conducenti, che rilasci le autorizzazioni, le licenze e via dicendo; insomma, tutti gli aspetti tecnici a corredo di un'impresa ferroviaria devono essere gestiti da un'autorità indipendente che non può essere Ferrovie dello Stato.
Vi sono altre riflessioni su questo argomento. Innanzitutto, il trasporto ferroviario delle merci non ha nessun obbligo di servizio sociale, così come il trasporto stradale delle merci. Secondo uno slogan che spesso ripetiamo lo Stato non deve produrre automobili o panettoni, pertanto non ha nessun obbligo di trasportare automobili o panettoni. Di conseguenza, per ridurre l'enorme deficit e per sviluppare il trasporto ferroviario delle merci, che è un obiettivo strategico, l'iniziativa più immediata che il sistema italiano deve realizzare è quella di approntare un progetto in cui le Ferrovie dello Stato gradualmente si ritirano - se vogliono - da questo settore e, mentre questo avviene, si incentiva la sostituzione del vettore ex monopolista con i vettori privati. Poi, che questi ultimi siano, in gran parte, emanazione di altre compagnie ferroviarie europee, non importa. Siamo in Europa e non ci si può far niente, soprattutto se le compagnie tedesche o francesi sono più brave di noi. Ad ogni modo, accanto a queste aziende riconducibili alle compagnie europee, vi sono anche iniziative private italiane, realizzate da imprenditori italiani che investono i loro capitali, sanno acquisire dei traffici, organizzare dei groupage, treni blocco o dei treni completi, e che potrebbero operare, occupando gli spazi da cui lentamente Trenitalia si ritira.
Ho concluso.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

DANIELE TOTO. Grazie, presidente. Ringrazio il direttore Luzzati per l'esposizione piena di pathos nell'ambito di una situazione che emerge sempre più come uno spaccato drammatico.
Provo a mettere insieme alcuni elementi: noi abbiamo un competitor che ha comunque una posizione di vantaggio rispetto agli altri competitor privati. Questo competitor limita i punti di accesso attraverso la direttiva del luglio 2009; non mette a disposizione i locomotori, nonostante interrogazioni parlamentari e nonostante si dichiari disponibile a farlo, sostenendo, però, che non ci sono state offerte in questo senso; accusa i suoi competitori privati di fare dumping sociale perché loro hanno contratti nel settore merci più vantaggiosi rispetto a esso; come lei ha sostenuto, quest'azienda vuole «avvelenare i pozzi» perché sta abbandonando un settore; inoltre, interviene sulla sicurezza, imponendo la necessità che vi siano più persone all'interno del locomotore, quindi facendo sì che, attraverso gli standard di sicurezza che definisce essere qualificanti, sia impossibile per un competitor privato arrivare a tali definizioni; infine, gode di un finanziamento pubblico di circa 100 milioni di euro all'anno, attraverso un contratto di servizio che non è stato oggetto di smentita da parte del Governo.
Ecco, credo che ci siano tutti gli elementi per determinare non già il leggero pathos della sua esposizione, ma un grido di allarme fortissimo. Del resto, la responsabilità della politica nei confronti di questo gestore è enorme. Quando lei dice che quei locomotori sono stati pagati con i soldi di tutti, ha perfettamente ragione. Invece, il competitor viene in Commissione e dice che la politica deve prendersi le sue responsabilità; infatti, l'ingegner Moretti è venuto qui chiedendo che la politica si assuma le sue responsabilità. Ebbene, credo che, di fronte a questa situazione, le responsabilità siano di tutti noi, soprattutto


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verso chi è in un mercato, come quello del settore merci, che deve essere oggetto di uno sviluppo, anche perché ce lo impone l'Unione europea sulla base delle normative per il contenimento delle emissioni.
D'altronde, stiamo parlando di un comparto che, secondo me, ha una grande possibilità di essere remunerativo perché vi è veramente la possibilità di essere in nero con i conti. Forse, al di là delle singole posizioni, è il caso di essere più incisivi nei confronti del competitor, anche per costringere ognuno di noi a prendersi le proprie responsabilità.

MARIO LOVELLI. Ringrazio anch'io il direttore generale per la sua esposizione. Vorrei porre due domande specifiche.
Nel documento che ci ha consegnato, al punto 3, si parla di «Misure incentivanti e contributive». Ecco, se fosse possibile, le chiederei di argomentare meglio questo tema al quale - a meno che non mi sia sfuggito - non ha fatto riferimento nella sua relazione. Credo, infatti, che sarebbe utile un approfondimento, anche perché mi pare che questa richiesta sia avanzata con riferimento a quanto avviene nel campo dell'autotrasporto e delle autostrade del mare; sarebbe, perciò, utile conoscere la vostra posizione in relazione al trasporto merci ferroviario.
La seconda domanda riguarda quanto ha detto a proposito della dismissione di scali ferroviari da parte di Ferrovie dello Stato e dell'impossibilità da parte degli operatori privati di servirsene. Le chiedo, se è possibile, di fornirci - adesso o in un'altra occasione - una relazione di dettaglio dalla quale possiamo capire quali e quanti sono gli eventuali operatori che, avendo fatto domanda di accesso alla rete, si trovano in difficoltà e non possono effettivamente operare.

VINCENZO GAROFALO. Desidero ringraziare il dottor Luzzati, che, peraltro, non è la prima volta che viene in questa sede, fornendoci elementi per approfondire un tema che la Commissione, dall'inizio del suo insediamento, ha ritenuto vitale per l'economia del sistema trasportistico, oltre che per l'intero sviluppo del Paese.
Ormai siamo in una fase avanzata - anche in termini di convinzione dei gruppi politici che partecipano a questa Commissione - dell'esame delle proposte di legge che riguardano l'istituzione di un'Autorità indipendente del trasporto, che possa regolare l'accesso alle infrastrutture e occuparsi del sistema che ruota attorno al servizio ferroviario, il quale, oggi, è non solo di proprietà di una società controllata dallo Stato, ma anche concesso, nell'accezione più ampia del termine, ad altri operatori, quando ne fanno richiesta.
Mi vorrei soffermare sull'ultimo punto sollevato dal collega Lovelli. Abbiamo ascoltato diverse volte in audizione l'amministratore delegato Moretti, a cui abbiamo ripetutamente fatto presente la sintesi delle considerazioni che emergono da tutte le audizioni, soprattutto in riferimento agli scali merci oggetto di trasferimento a una società delle Ferrovie che ne può fare libero uso, operando per una ripatrimonializzazione del gruppo. Ci è stato risposto che, di fatto, non erano mai state fatte richieste concrete, né remunerative e che anzi, questa decisione è stata utilizzata per alimentare la contrapposizione e per creare, nei confronti delle Ferrovie, un'ostilità anche da parte di chi, come noi, accoglie queste lamentele.
Sarebbe, allora, il caso di avere un documento ufficiale attraverso il quale singole aziende, gruppi di aziende o anche un'associazione in loro rappresentanza ci possano fornire elementi chiari, concreti e inoppugnabili. Lo stesso vale per quanto riguarda i locomotori o le attrezzature, infatti, anche in questo caso - se non ricordo male - ci è stata riferita la stessa cosa. Per di più, in alcuni casi, ci è stato risposto che le poche volte che è stata fatta richiesta si pretendeva di pagare canoni irrisori, fuori dal valore di mercato. Pertanto, rispetto a ciò, abbiamo bisogno di avere elementi certi.
Inoltre, per quanto riguarda il ferrobonus, che è stato introdotto nel tentativo di fornire uno strumento per il riequilibrio


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modale e che tra l'altro è giusto mettere in campo anche per equilibrare il sostegno alle varie modalità, vorrei sapere che cosa non funziona o non ha funzionato, e in che modo ritiene che possa essere reso produttivo. L'entità, poi, è un capitolo a parte; a noi interessa il meccanismo che può funzionare. Infatti, nelle proposte di legge - almeno in quella che ho presentato io - la volontà è avere un'Autorità che eviti il cannibalismo tra le varie modalità e che guardi con equità a un riequilibrio modale del Paese, senza favorire settori, bensì trovando quelle interconnessioni di intermodalità che credo siano la ricetta migliore per un Paese che funzioni meglio e che fornisca un servizio più completo.
Le sarei grato, quindi, se potesse fornirci queste ulteriori informazioni.

PRESIDENTE. Prima di dare la parola al direttore Luzzati per la replica, volevo fare alcune considerazioni, visto che domani abbiamo anche l'audizione dei rappresentanti di Ferrovie dello Stato. Difatti, questo è un tema ricorrente che investe due società, Poste italiane e Ferrovie dello Stato.
È vero che i nostri predecessori avevano ritenuto impossibile portare i conti in ordine in queste due aziende, ma è anche vero che chi ha avuto il merito di condurre queste aziende a risultati economici positivi ha ereditato un patrimonio molto rilevante. Si tratta di oltre 14.000 sportelli per il sistema di Poste italiane e di 10 mila chilometri e non so quante stazioni ferroviarie, immobili e quant'altro per le ferrovie; tutte infrastrutture pagate con i soldi dei cittadini, come veniva ricordato.
Adesso ci troviamo in questa fase - che io spero di transizione, anche se dura ormai da un po' di anni - che coinvolge la politica tutta; infatti, non è una questione di maggioranza o di opposizione; con un cambiamento di maggioranza, non cambierebbe nulla, neanche il nome dell'amministratore di Poste italiane o di Ferrovie. È una fase che prevede che, avendo portato in utile gli esercizi, i vertici di queste aziende dicano, per esempio, se volete che i treni fermino in questa stazione, che secondo i nostri conteggi è antieconomica, lo Stato deve inserire nel contratto di servizio questa prestazione in più e pagarla; se volete che mantenga tutti questi scali aperti, che oggi non fanno movimentazione, lo Stato deve pagare la gestione dello scalo perché l'azienda non può valorizzare, da un punto di vista immobiliare, queste strutture.
È chiaro che questo comportamento continuerà fino a quando il legislatore non si pone l'obiettivo di istituire non solo l'Autorità regolatrice - cosa fondamentale per l'utilizzo della rete in modo corretto e trasparente da parte di tutti gli operatori interessati - ma anche un soggetto che decida, prima di dismettere queste strutture, che, peraltro, sono state ricevute gratuitamente da questi soggetti giuridici privati, essendo state pagate con i soldi dei cittadini, se questo si può fare oppure no, al di là del fatto che la proprietà delle reti in questione sia di soggetti privati (e qui c'è uno scontro giuridico importante). Questo è un problema di rilievo. Del resto, ricordo che una delle ultime volte che abbiamo audito i rappresentanti di Ferrovie dello Stato, proprio parlando del trasporto merci e degli scali, ci fu proposto un grafico che riportava le motivazioni degli scali chiusi e quasi tutti avevano una movimentazione pari a zero.
Ho voluto proporre questa breve osservazione per evidenziare che si tratta di un problema di cui tutti abbiamo assunto la consapevolezza, ma che non è di facile soluzione. D'altra parte, una cosa è la creazione di un ente regolatore (e questo si può fare), un'altra è prevedere un soggetto terzo che decide su una struttura che ormai è diventata una struttura patrimoniale di diritto privato e che, pertanto, nessun capo azienda regalerebbe o dismetterebbe, anche se questa azienda è al 100 per cento pubblica.
Quindi, questo problema non è di facile soluzione. Ecco, ho voluto dirlo perché il dottor Luzzati, che ritengo un esperto del settore, ci può forse indirizzare, in attesa della relazione richiesta in merito agli eventuali asset di Ferrovie dello Stato che potrebbero essere utilizzati da soggetti


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privati per il trasporto merci ferroviario. Del resto, l'intero Parlamento vorrebbe che il 6 per cento dell'attuale trasporto merci ferroviario diventasse il 20 per cento, anche per un decongestionamento del traffico su gomma.
Do la parola al direttore Luzzati per la sua replica.

PIERO LUZZATI, Direttore generale di Confetra. In linea di principio, il mondo delle imprese private che Confetra rappresenta è fondamentalmente contrario al sistema dei contributi e degli incentivi, che in qualche maniera «drogano» il mercato. Invece, sarebbe necessario che lo Stato creasse le condizioni giuste e le opportunità che consentano agli imprenditori di fare le loro scelte e i loro investimenti.
Ora, per quanto riguarda il ferrobonus, esso è servito a evitare, in parte, la fuga delle imprese. Vi sono state, infatti, aziende che hanno investito nel sistema ferroviario, creando un raccordo e dotandosi di casse mobili. Tuttavia, quando lentamente, settimana dopo settimana, mese dopo mese, il servizio ferroviario è venuto meno perché Trenitalia ha cominciato a non fare più la raccolta del traffico diffuso e tradizionale, puntando solo a tariffe crescenti su treni blocco di tipo combinato, queste imprese che ci hanno creduto e hanno investito si sono trovate in grande difficoltà. Pertanto, è stato chiesto alla politica di fare questo sforzo, ovvero di investire affinché l'utilizzatore del trasporto ferroviario fosse un po' sollevato.
Oggi la richiesta è sicuramente di rifinanziare il ferrobonus. Peraltro, la cifra investita la volta scorsa era veramente insignificante; alla fine si è tradotta in qualche centesimo di contributo - non ricordo se 50 o 60 centesimi per treno chilometro - che comunque è molto poco. Quindi, quei 30 milioni di euro che sono stati investiti dovrebbero essere, se si vuole avere un effetto, perlomeno triplicati, se si potessero trovare.
Allo stesso tempo, si chiedono incentivi per raccordarsi. Non c'è dubbio che bisogna evitare che la cassa mobile sia prima messa su un camion per arrivare al terminale e lì essere messa sul treno. Infatti, la movimentazione - metterla sul camion, scaricarla e poi metterla sul treno - non è conveniente: una volta che sta sul camion tanto vale mandarla fino a destinazione. È chiaro, quindi, che il raccordo ferroviario dello stabilimento rappresenta un grosso passo avanti. Occorre, quindi, anche un incentivo a costruire raccordi.
Ad ogni modo, in linea di massima, la nostra richiesta fondamentale è evitare le discriminazioni. Le poche imprese ferroviarie chi ci credono e hanno investito hanno dovuto superare, come dicono, ostacoli di tutti i tipi; peraltro è abbastanza logico e naturale che sia così, visto che c'è un monopolista che, anche ritirandosi, difende la sua ritirata e la rende più comoda possibile, evitando che vi sia un concorrente che gli subentri e gli soffi un cliente. Ci vuole poco a dimostrare che sta avvenendo questo perché è fin troppo evidente.
Arrivo al ragionamento più ampio. Trenitalia chiede la prova di un interesse vero, diretto e sostanziale da parte di qualcuno che vorrebbe utilizzare i locomotori non impiegati in questo momento o lo scalo merci dismesso, regalato a FS Logistica affinché ci faccia quello che meglio crede, sottraendolo alla rete. Ebbene, questa prova la daremo senz'altro; produrremo, come Confetra, delle dichiarazioni di imprenditori che hanno interesse per quegli scali, per crearci una base ferroviaria, o per quei locomotori.
Tuttavia, vorrei dire che questo approccio è metodologicamente sbagliato. È nella natura delle cose, come dicevo prima, che il monopolista ostacoli i nuovi operatori, ma è altrettanto nella natura delle cose che lo Stato adotti un Piano nazionale. Mi dispiace per il pathos, ma io sono fatto così; mi accaloro. D'altra parte, non è che per fare il Piano ci si debba confrontare con l'ingegner Moretti, che rappresenta una società con degli interessi, perché pur essendo il Ministero dell'economia il suo unico azionista, si tratta tuttavia di una società di diritto privato.


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Mi chiedo, allora, qual è il progetto? Abbiamo un patrimonio di rete, immobiliare, di terminali, di raccordi, di binari, di stazioni e quant'altro, che è dello Stato. Ora, se vogliamo incentivare il cargo ferroviario, occorre creare un progetto, una strategia, si facciano, per esempio, delle gare di appalto.
L'equazione è molto semplice. Ferrovie dello Stato, se non guadagna, vuole essere pagata. Tuttavia, là dove questa azienda non guadagna, un altro imprenditore potrebbe guadagnare. Del resto, i motivi per cui Ferrovie dello Stato non trae utili sono innumerevoli. Certo, non ci sono colpe, ma vi è una storia centenaria dietro. Spesso le aziende vecchie non guadagnano più; poi, trattandosi di un'azienda pubblica, con tutte le incrostazioni e i problemi che si porta dietro, con il sindacato dei ferrovieri - il più agguerrito, accanto a quello dei portuali - è naturale che gli utili diminuiscano.
Ad ogni modo, non è corretto che l'interlocutore Ferrovie dello Stato partecipi pesantemente al progetto del sistema. È come se, dovendo studiare il trasporto marittimo, lo si affidi a Finmare. Questo non è possibile.
Nonostante tutti questi ostacoli, è particolarmente significativo che il 20 per cento del settore sia costituito da operatori alternativi. Ciò dimostra, infatti, che se non vi fossero stati questi problemi e vi fosse stata una politica avveduta, quel 20 per cento sarebbe il 40 o il 50 per cento. Di conseguenza, probabilmente la quota del trasporto ferroviario non sarebbe del 6 per cento, ma dell'8 o del 10 per cento. Pertanto, questa quota di operatori è emersa per la sua forza, nonostante gli ostacoli. Quindi, al di là degli incentivi, vogliamo, prima di tutto, che siano rimossi gli ostacoli e, per fare questo, bisogna escludere l'azienda ferroviaria dalle scelte strategiche, con tutto il rispetto e la stima assoluta per quel management e per l'ingegner Moretti in particolare.
Detto questo, penso di essere in grado, in una decina di giorni, di potervi fornire le prove concrete che ci avete richiesto.

PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Luzzati della sua relazione e del documento depositato, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16,15.

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