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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissioni Riunite (IX e X)
5.
Mercoledì 23 marzo 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Valducci Mario, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DELLE PROPOSTE DI LEGGE C. 2844 LULLI E C. 3553 GHIGLIA RECANTI «DISPOSIZIONI PER FAVORIRE LO SVILUPPO DELLA MOBILITÀ MEDIANTE VEICOLI CHE NON PRODUCONO EMISSIONI DI ANIDRIDE CARBONICA»

Audizione di rappresentanti di Sorgenia, Federutility, CEI-CIVES, I-Com e del professor Fabio Orecchini, coordinatore del Gruppo energia e ambiente:

Valducci Mario, Presidente ... 3 5 7 9 14 19 24 25 26
Bartolini Alessandro, Project manager del progetto e-moving di A2A Spa ... 8
Bergamini Deborah (PdL) ... 25
Cimadoro Gabriele (Idv) ... 25
D'Amore Franco, Vicepresidente e direttore area energia di I-Com ... 14
Fiocchi Andrea, Direttore investimenti di Sorgenia ... 3 26
Lulli Andrea (PD) ... 18 25
Maggioni Marco (LNP) ... 24
Menga Pietro, Presidente di CEI-CIVES ... 9
Orecchini Fabio, Coordinatore di GEA - Gruppo energia e ambiente ... 19
Santini Fabio, Direttore area mercato dell'energia di Federutility ... 5
Sileo Antonio, Ricercatore esperto sui temi della mobilità di I-Com ... 14 18
Sperandini Francesco, Responsabile area industriale reti di ACEA Spa ... 8
Allegato 1: Documentazione depositata dai rappresentanti di Sorgenia ... 27
Allegato 2: Documentazione depositata dai rappresentanti di Federutility ... 37
Allegato 3: Documentazione depositata dai rappresentanti di CEI-CIVES ... 43
Allegato 4: Documentazione depositata dai rappresentanti di I-Com ... 74
Allegato 5: Documentazione depositata dal professor Fabio Orecchini, coordinatore di GEA - Gruppo energia e ambiente ... 115
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Futuro e Libertà per l’Italia: FLI; Italia dei Valori: IdV; Iniziativa Responsabile (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): IR; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.

[Avanti]
COMMISSIONI RIUNITE
IX (TRASPORTI) E X (ATTIVITÀ PRODUTTIVE, COMMERCIO E TURISMO)

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 23 marzo 2011


Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA IX COMMISSIONE MARIO VALDUCCI

La seduta comincia alle 11,15.

(Le Commissioni approvano il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti di Sorgenia, Federutility, CEI-CIVES, I-Com e del professor Fabio Orecchini, coordinatore del Gruppo energia e ambiente.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle proposte di legge C. 2844 Lulli e C. 3553 Ghiglia recanti «Disposizioni per favorire lo sviluppo della mobilità mediante veicoli che non producono emissioni di anidride carbonica», l'audizione di rappresentanti di Sorgenia, Federutility, CEI-CIVES, I-Com e del professor Fabio Orecchini, coordinatore del Gruppo energia e ambiente.
Do la parola all'ingegner Andrea Fiocchi, direttore investimenti di Sorgenia, per lo svolgimento della sua relazione.

ANDREA FIOCCHI, Direttore investimenti di Sorgenia. Sono Andrea Fiocchi, direttore degli investimenti di Sorgenia. Spendo due parole su Sorgenia, il primo operatore privato dell'energia in Italia. Sorgenia opera nel campo della produzione e della vendita di energia elettrica e del gas naturale. È una società piuttosto giovane, nata nel 1999 col nome di Energia Spa. Oggi è trasformata in Sorgenia e fin dal primo anno ha chiuso i suoi bilanci con profitto.
In Sorgenia abbiamo una potenza installata di circa 4.000 megawatt, costituita da impianti che funzionano con fonti fossili e con fonti rinnovabili. Abbiamo ulteriori impianti in costruzione, per circa 850 megawatt, e piani per espandere la nostra presenza nel campo delle fonti rinnovabili.
Siamo attivi anche nel gas naturale. Importiamo 2 miliardi di metri cubi di gas naturale e ne acquistiamo circa 3 miliardi per i nostri impianti produttivi. Il nostro fatturato negli ultimi tre anni è stato nell'ordine di grandezza di circa 2,5 miliardi.
La mobilità sostenibile, ossia la mobilità elettrica, è sicuramente un'opportunità, a nostro avviso, per il Paese. Diverse stime mostrano la possibilità di espandere la penetrazione del veicolo elettrico nel parco dei veicoli italiani. Una stima che noi consideriamo conservativa ipotizza una penetrazione del 5 per cento al 2020 dei veicoli elettrici, il che equivale a introdurre nel mercato italiano circa 1 milione 600 mila veicoli. Che impatto comporta l'introduzione di questi veicoli nel contesto del mercato elettrico italiano? Noi stimiamo un impatto piuttosto limitato, ossia una domanda addizionale di 5 terawattora, che equivale a circa l'1,4-1,5 per cento del consumo nazionale previsto al 2020.


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Occorre notare, inoltre, che prevediamo che il consumo di elettricità per alimentare i veicoli elettrici si verificherà prevalentemente nelle ore notturne, in cui notoriamente la domanda di energia elettrica è bassa. Si tratta, quindi, di un impatto che non richiede potenza addizionale nel parco produttivo italiano.
Con una penetrazione di questo livello sicuramente si ipotizza una riduzione significativa nelle emissioni di CO2. Ipotizziamo circa 3,5 milioni di tonnellate all'anno, grazie al fatto che con il parco produttivo italiano, quindi col mix produttivo degli impianti di produzione di energia elettrica italiani, i veicoli elettrici avranno un'emissione per ogni chilometro di percorrenza nell'ordine dei 70 grammi di CO2, contro i 130 della media prevista dall'Unione europea per i nuovi veicoli a partire dal 2012. Per il Paese riteniamo che ci sia un'opportunità interessante anche per l'indotto, per quanto riguarda l'installazione dei sistemi di ricarica, nonché la loro gestione e manutenzione.
Sicuramente ci può essere anche un altro importante impulso per il settore della ricerca e dello sviluppo. Oggi si stanno affacciando nuove tecnologie sulle batterie e l'Italia potrebbe cogliere l'opportunità per lanciare questi nuovi prodotti. Non si tratta solo di batterie, ma anche delle cosiddette smart grid, le reti intelligenti, e dei sistemi di ricarica veloce.
Quali sono i vantaggi di una penetrazione dell'auto elettrica nel panorama della mobilità italiana? Sicuramente un vantaggio sarà la riduzione degli inquinanti primari, il che va molto a favore dei grossi centri urbani, che oggi sono pesantemente colpiti dall'impatto dell'inquinamento del PM 10, degli NOx (ossidi azoto), del monossido di carbonio e degli idrocarburi incombusti. Come abbiamo visto, ci sarà una riduzione delle emissioni di gas serra, ossia dell'anidride carbonica.
Non è da trascurare il miglioramento dal punto di vista dell'impatto acustico: i veicoli tradizionali hanno un impatto estremamente fastidioso nei grossi centri urbani e l'auto elettrica può essere la risposta per risolvere anche questo problema.
Con l'introduzione dell'auto elettrica si hanno sensibili vantaggi anche sulla riduzione dei costi di rifornimento. Un veicolo elettrico, quando effettua una ricarica, comporta un costo nell'ordine di grandezza della metà rispetto a un veicolo tradizionale che si muove con un motore a combustione.
Ci sono, inoltre, vantaggi legati alla riduzione dei rischi connessi alla movimentazione dei prodotti petroliferi e dello stoccaggio degli stessi.
Indubbiamente per favorire la diffusione del veicolo elettrico bisogna pensare che occorre anche un'infrastruttura specifica, la quale oggi è già stata perfettamente individuata a livello di tipologia. Esistono quattro tipi di ricariche: due sono rivolte alla ricarica domestica e sono ricariche lente e due sono più veloci. La ricarica lenta richiede circa otto ore per ricaricare un veicolo. Si aggiungono una ricarica veloce e una ultraveloce, la prima su tensioni dell'ordine di 22 chilovolt e la seconda su sistemi a 50 chilovolt. Entrambe comportano tempi di carica molto più veloci. Anziché di otto ore, si parla, nel caso della ricarica veloce, di un'ora per ricaricare completamente il veicolo e di circa mezz'ora con nel caso di quella ultraveloce.
Noi riteniamo che questi sistemi di infrastruttura siano necessari. Abbiamo anche tratto spunto da esperimenti condotti in altri mercati. In particolare, nella nostra presentazione facciamo riferimento a un lavoro svolto in Inghilterra, con una prova di diffusione del veicolo della Mini elettrica da parte della BMW, in cui si è visto che gli utilizzatori di questi veicoli alla fine faranno un grossissimo affidamento sulla ricarica domestica, più che su quella pubblica. Ciò premesso, bisognerà comunque anche considerare e favorire la diffusione di una ricarica pubblica.
A questo proposito, riteniamo che la diffusione dei sistemi di ricarica pubblica non debba essere un'esclusiva prerogativa dei distributori, ma che debba essere lasciata


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la libertà di investire a tutti coloro che intendano farlo in questo campo.
La mobilità oggi ha un impatto importante sull'inquinamento. Nel diagramma a torta riportato a pagina 5 del documento consegnato alle Commissioni, si vedono i contributi che danno alle emissioni del particolato sottile i diversi settori. Come si nota dalla slide, la cui fonte è la provincia di Milano, l'attuale circolazione stradale porta un contributo del 50 per cento alla concentrazione di particolato nell'aria. Il veicolo elettrico può essere una risposta in tal senso, anche perché abbiamo visto che l'attuale parco produttivo italiano porterebbe un beneficio sulla riduzione delle emissioni di particolato. In più, i grossi centri produttivi non si trovano all'interno dei grandi centri urbani.
Conosciamo le difficoltà di molti capoluoghi di provincia nel Nord, nella pianura padana, dove le condizioni atmosferiche non favoriscono la dispersione di tali inquinanti. Ci sono comuni che hanno superato il limite ammesso dall'Unione europea sulle soglie di particolato sottile nell'aria e ciò ha portato la Commissione europea a deferire l'Italia presso la Corte di giustizia in merito a tale argomento. C'è anche il rischio che l'Italia possa subire importanti sanzioni pecuniarie.
Siamo assolutamente favorevoli al fatto che vengano stabiliti alcuni incentivi per favorire la diffusione dei veicoli elettrici. Oggi sappiamo che tali veicoli hanno un costo ancora assai più elevato rispetto ai veicoli tradizionali e ciò è dovuto al fatto che le batterie sono prodotti sostanzialmente nuovi, con un costo significativo. Occorre, per favorirne la diffusione, che ci sia anche un incentivo all'acquisto in favore di chi sarà interessato ad acquistare tali veicoli.
Vediamo, quindi, con estremo favore le proposte di legge. La slide riportata a pagina 6 vuole illustrare in verde i punti in cui riteniamo che le proposte di legge indirizzino bene le tematiche. In particolare, siamo assolutamente favorevoli al fatto che vengano dati sia contributi in conto capitale, sia sgravi fiscali, per quanto riguarda l'acquisto sia del veicolo, sia dei sistemi di ricarica.
Riteniamo anche positivo che ai veicoli elettrici siano offerte alcuni vantaggi rispetto ai veicoli tradizionali, ovvero la possibilità di circolare nelle giornate in cui vengono stabiliti blocchi alla circolazione oppure il libero accesso nelle zone a traffico limitato.
Siamo favorevoli anche al fatto che venga semplificata per i cittadini tutta la parte urbanistica relativa all'installazione di punti di ricarica e anche alle regolamentazioni all'interno di abitazioni comuni.
Nutriamo, però, anche alcune perplessità. Riteniamo che debba essere chiarito il contesto normativo e che possa essere data la possibilità a tutti di favorire la diffusione di punti di ricarica.
Che cosa stiamo facendo fattivamente in questo settore? Abbiamo stipulato un accordo con Peugeot, che ha messo a punto un veicolo, la Peugeot iOn, che sarà il primo a essere commercializzato in Italia. Si tratta di un veicolo ormai pronto per la commercializzazione. L'accordo, che è già operativo da circa un anno, ci ha fatto incontrare e lavorare insieme per cercare di favorire la diffusione dei veicoli elettrici in Italia.
Stiamo anche cercando di coinvolgere nel nostro accordo alcune società della grande distribuzione, con l'idea che gli utilizzatori di questi veicoli possano, nelle situazioni in cui si recano presso grossi centri commerciali, avere l'opportunità di ricaricare i loro veicoli. Stiamo anche mettendo a punto pacchetti di offerte commerciali per la ricarica dei veicoli stessi, rivolti ai clienti che intenderanno acquistarli da Peugeot. Grazie per l'attenzione.

PRESIDENTE. Grazie, ingegner Fiocchi. Do la parola all'ingegner Fabio Santini, direttore area mercato dell'energia di Federutility, per lo svolgimento della sua relazione.

FABIO SANTINI, Direttore area mercato dell'energia di Federutility. Ringrazio il


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presidente e tutta la Commissione per aver dato la possibilità a Federutility di poter intervenire in questo momento di discussione su un tema su cui noi siamo particolarmente sensibili.
Federutility, come voi sapete, è l'associazione che racchiude le imprese a matrice pubblica, le famose ex municipalizzate che nel tempo hanno avuto una loro evoluzione societaria, pur mantenendo un particolare legame con il territorio che le contraddistingue.
Queste imprese, peraltro, hanno un'altra caratterizzazione: sono localizzate prevalentemente nelle grandi aree urbane cui faceva riferimento il collega, in cui la tematica della mobilità sostenibile è particolarmente sentita. Abbiamo tra le nostre associate imprese presenti, oltre che a Roma e a Milano, anche a Torino, a Genova e a Bologna, ma non sottovaluterei le presenze che abbiamo in centri di minori dimensioni, ma che comunque rivestono una rilevante importanza da un punto di vista storico-architettonico, centri minori che hanno un particolare interesse anche da un punto di vista ambientale. Si tratta di imprese che distribuiscono e vendono energia sul territorio, ragion per cui sono direttamente coinvolte su questo tema.
Noi abbiamo da tempo avviato una riflessione all'interno dell'associazione, dovuta anche al fatto che sono stati avviati progetti pilota da alcune grandi imprese. Sono con me i colleghi Sperandini di ACEA e Bartolini di A2A, i quali potranno eventualmente, se lo ritenete opportuno, illustrare brevemente questi progetti pilota, che hanno attirato anche l'attenzione di altre imprese. Prevediamo, quindi, uno sviluppo della partecipazione anche in altre realtà.
Abbiamo preso atto con molto favore del fatto che su questo tema così importante siano in corso interventi legislativi proprio per costituire un quadro normativo e regolamentare idoneo allo sviluppo della mobilità elettrica in particolare. Non possiamo non ricordare che anche l'autorità di regolazione si è mossa in questa direzione, il che ha fatto sì che anche in questo caso si creassero le condizioni per avere elementi di facilitazione. Ricordiamo, per esempio, la regolazione sul doppio contratto per l'alimentazione dei veicoli elettrici.
In questa sede le nostre imprese sono coinvolte su molteplici punti. Il primo è quello, come ricordavo all'inizio, relativo a una particolare sensibilità esistente rispetto al territorio, la quale fa sì che tali imprese debbano rivolgere il loro impegno a un tema di questo tipo.
In secondo luogo, in quanto operatori del mercato, sono in grado di vedere gli eventuali sviluppi dei loro mercati, anche se mi pare che le previsioni sugli incrementi dei consumi da questo punto di vista non siano particolarmente incoraggianti. Il punto di vista in questo momento prevalente, però, è quello dei soggetti distributori, che gestiscono le reti di distribuzione urbana, quelle che dovrebbero sostenere l'infrastrutturazione di ricarica, un elemento ovviamente fondamentale per creare le condizioni di sviluppo della mobilità elettrica.
Noi abbiamo sviluppato alcune riflessioni che ci portano ad affermare che, rispetto ai diversi modelli, siano necessarie la definizione di un modello di business e una regolazione rispetto a questo tema. Noi temiamo principalmente che ci sia uno sviluppo incontrollato dell'infrastrutturazione, che vada anche al di là delle esigenze strettamente necessarie per sostenere lo sviluppo della mobilità elettrica e che potrebbe comportare ricadute negative soprattutto in termini di costi sulla collettività.
Mi sembra che gli studi svolti siano piuttosto concordi nel ritenere che le aspettative del pubblico sulla ricarica dei veicoli elettrici siano rivolte prevalentemente alla ricarica notturna, quella che si potrà eseguire nei box degli appartamenti, ossia quella lenta, attuata con ricariche da 3 chilowatt, paragonabili a utenze domestiche.
Se i numeri avranno la progressione che è stata prevista, non dovrebbero comportare - uso il condizionale - un impatto forte sulla rete. Quando parliamo di infrastrutture


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che gravano sulle aree pubbliche, che devono avere la caratteristica di una rapidità di ricarica, perché nessun utente è ovviamente disponibile a rimanere parcheggiato nell'angolo della strada per otto ore, parliamo però di infrastrutture che hanno potenze ben superiori, fino a 50 chilowatt, e che quindi comportano un impatto sull'infrastruttura di distribuzione decisamente diverso.
A nostro giudizio quindi l'attenzione da parte delle Commissioni riunite dovrebbe riguardare anche la necessità di dare una regolamentazione soprattutto a questo tipo di ricarica su area pubblica, una regolamentazione che nasca anche da un'accurata pianificazione del territorio, attuata congiuntamente agli enti locali, i quali non possono restare fuori da questa partita. Sicuramente riteniamo che il soggetto deputato a sviluppare queste infrastrutture dovrebbe essere un soggetto terzo rispetto agli operatori della vendita, per una serie di motivi.
Il primo è, se vogliamo, anche un motivo di mercato, ossia proprio per garantire l'accesso a queste infrastrutture di ricarica a tutti gli operatori della vendita in maniera indistinta. Il secondo è quello che citavo prima, cioè la necessità di pianificare e di controllare sul territorio i punti di ricarica, che altrimenti avrebbero un impatto molto forte sulla rete distributiva. Dal punto di vista dell'efficienza la soluzione migliore sarebbe non una fioritura spontanea delle colonnine di ricarica, ma l'attribuzione di un ruolo specifico a un soggetto terzo, che potrebbe essere anche il distributore. Noi non riteniamo che possa essere esclusivamente il distributore, ma che possa essere anche il distributore. Questo, secondo noi, è un primo elemento molto importante da considerare.
L'altro tema fondamentale riguardo allo sviluppo della mobilità elettrica è quello della standardizzazione. Riteniamo che per uno sviluppo del mercato delle auto elettriche non si possa prescindere da una standardizzazione di tutti gli elementi tecnologici che saranno necessari proprio per la ricarica di tali veicoli. Sappiamo che gli enti normatori stanno lavorando, ma sicuramente è necessaria un'accelerazione dei tempi, proprio per evitare che i progetti pilota che stanno venendo avanti avvengano in carenza di una normativa tecnica di riferimento.
Un ulteriore spunto di riflessione è tratto dai disegni di legge che sono stati presentati e riguarda le forme di incentivazione. Noi riteniamo che la forma di incentivazione economica sull'acquisto di veicoli sia fondamentale, ma non la sola. Si parlava anche di altre forme di incentivazione, come, per esempio, l'accesso alle zone a traffico limitato, che potrebbe essere un elemento molto importante rispetto all'ingresso nei centri storici delle grandi città.
Per quanto riguarda l'incentivazione economica, che pure si prevede nei disegni di legge, noi riteniamo che essa dovrebbe essere finalizzata alla massima efficienza ed efficacia. Probabilmente il mercato più pronto a recepire le novità e, quindi, quello che darebbe i più immediati risultati anche in termini di benefici ambientali potrebbe essere quello atto a favorire l'acquisto dei veicoli elettrici da parte delle flotte aziendali.
Le flotte aziendali hanno normalmente, in particolare quelle che riguardano i servizi pubblici di pubblica utilità, tutte le caratteristiche per poter dare un beneficio immediato in termini ambientali. Hanno percorsi compatibili con le durate delle batterie, prevedono aree di sosta notturna dove poter effettuare agevolmente la ricarica senza problemi di alcuna natura e sono in continuo movimento quotidiano. L'efficacia dell'incentivo potrebbe assumere un'importanza rilevante.
Queste sono le riflessioni sviluppate all'interno della nostra federazione. Se mi concedete ancora due minuti, lascerei la parola ai colleghi Sperandini e Bartolini di ACEA e A2A per presentare sinteticamente i progetti che le loro due imprese stanno portando avanti in due città grandi come Roma e Milano.

PRESIDENTE. Se si tratta di due minuti, do loro la parola. In caso contrario


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non posso farlo, altrimenti non riusciamo a dare la possibilità ai componenti delle Commissioni di intervenire nel dibattito al termine delle relazioni di tutti i soggetti auditi.

ALESSANDRO BARTOLINI, Project manager del progetto e-moving di A2A Spa. Buongiorno a tutti. Sono Alessandro Bartolini di A2A, responsabile del progetto e-moving che A2A ha lanciato nelle due città di Milano e Brescia.
In sostanza, stiamo installando 270 punti di ricarica tra pubblici e privati. Un terzo sono su suolo pubblico. Come accennava il direttore Santini prima, è importante il coordinamento degli enti locali. Infatti, noi abbiamo individuato le postazioni pubbliche in accordo con i comuni di Milano e di Brescia. Le infrastrutture che stiamo installando sono già pronte sia per la ricarica lenta, sia per la ricarica veloce. Ovviamente quelle pubbliche sono a ricarica lenta o veloce a seconda del veicolo che si andrà a connettere, mentre quelle in area privata del singolo cittadino sono solo a ricarica lenta. Attueremo lo stesso progetto anche a Bergamo.
Sull'infrastruttura che abbiamo già realizzato per la parte pubblica per oltre l'80 per cento abbiamo testato numerosi veicoli per garantire l'interoperabilità con i veicoli esistenti sul mercato in questo momento, in particolare con Renault, Nissan, Citroën, Mitsubishi e Peugeot.

FRANCESCO SPERANDINI, Responsabile area industriale reti di ACEA Spa. Sono Francesco Sperandini, direttore dell'area reti di ACEA, che, come è noto, gestisce Roma. Roma sta investendo molto nella mobilità sostenibile. È in corso il progetto di pedonalizzazione del Tridente e ci sono progetti che vedono già coinvolta l'amministrazione di Roma capitale. Il 9 marzo 2011 è stata approvata con delibera della Giunta la possibilità per le auto elettriche di accedere alle zone ZTL in modo gratuito. Si sta pensando anche di adottare ulteriori provvedimenti incentivanti, come la possibilità di passaggio sulle corsie preferenziali o di parcheggiare nelle strisce blu gratuitamente.
Da questo punto di vista c'è tantissima attenzione da parte di ACEA all'interno di Federutility, nonché con il protocollo di intesa che abbiamo stipulato con ENEL sullo sviluppo della mobilità elettrica, affinché Roma veda sicuramente applicata una mobilità elettrica significativa, in quanto Roma esalta i benefici della mobilità elettrica.
In questi giorni è in corso l'IBAC, l'International Business Advisory Council, l'organizzazione che vede le principali capitali del mondo, Shanghai, Londra e da due anni anche Roma, incontrarsi con i vertici delle multinazionali, tra cui Google, IBM, Microsoft, Pepsi e i costruttori di autovetture, come Renault, Nissan, FIAT, Jaguar. In queste occasioni, Roma e le citate multinazionali si confrontano per trovare le soluzioni che possono essere implementate a Roma allo stato dell'arte della tecnologia e della ricerca a livello mondiale.
Quest'anno i temi sono tre: uno è quello del turismo, il secondo quello dell'information technology e il terzo quello della mobilità sostenibile, che mira a identificare le soluzioni che possono essere implementate su Roma a livello di conoscenze mondiali.
ACEA è parte fondamentale di Roma capitale in questo discorso. Siamo sia amministrazione, sia azienda all'interno delle multinazionali e riteniamo che a breve ci sarà una imponente mobilitazione al fine di introdurre a Roma la mobilità elettrica in modo massiccio, con messaggi significativi tipo «Se ami Roma come te, come azienda compra almeno due auto elettriche».
Ricordiamo sempre che Roma ha il più alto numero di autovetture per abitanti e che l'Italia è il secondo Paese al mondo. Ciò significa che effettivamente la mobilità elettrica potrebbe esaltare i propri benefici nel nostro Paese. Come ACEA, come Federutility e come tutti i distributori ci stiamo credendo tantissimo e riteniamo che già quest'anno potremo dare visibilità al progetto pilota che stiamo portando avanti.


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PRESIDENTE. Do ora la parola al dottor Pietro Menga, presidente della Commissione italiana veicoli elettrici a batteria, ibridi e a celle a combustibile del Comitato elettrotecnico italiano, CEI-CIVES.

PIETRO MENGA, Presidente di CEI-CIVES. Buongiorno a tutti e grazie per l'invito. Spendo brevemente qualche parola per presentare la nostra associazione.
CIVES è la sezione italiana di una struttura europea, la European Association for Battery, Hybrid and Fuel Cell Electric Vehicles, che è stata costituita dalla direzione del mercato interno dell'Unione europea oltre trent'anni fa. L'associazione è presente in 16 Paesi europei con circa 500 soggetti interessati al tema del veicolo elettrico. In Italia essa è stata costituita all'interno del Comitato elettrotecnico italiano, l'ente normatore che si occupa della sicurezza elettrica e, in generale, di tutti gli aspetti di standardizzazione che riguardano le tecnologie elettriche e delle telecomunicazioni, inclusa la tematica della standardizzazione dei veicoli elettrici.
L'associazione è presente in Italia con una settantina di operatori, che vanno dai soggetti istituzionali, fino agli operatori specifici del settore, all'industria automobilistica o della componentistica, alle associazioni di categoria, a soggetti che appartengono al mondo della domanda e dell'offerta, con l'obiettivo di non essere un organismo di parte, ma una struttura che svolge un servizio informativo per le istituzioni che intendono attivare iniziative su questo tema. Come ricordato, essa opera su questo tema da trent'anni.
Dall'attività svolta emerge un quadro assolutamente favorevole al veicolo elettrico. Moltissima attenzione è stata rivolta negli ultimi sei anni al tema delle emissioni di CO2. L'immagine che vedete rappresenta molto sinteticamente la situazione, basata su dati raccolti dal Joint Research Centre di ISPRA, la struttura di ricerca dell'Unione europea sulla motorizzazione stradale, un organismo al di sopra delle parti che rappresenta una proiezione di quanto potrebbe essere il livello di emissioni dei veicoli all'orizzonte del 2020.
Vediamo che i veicoli a batteria sono in ogni caso quelli più direttamente compatibili con l'ambiente in termini di emissioni di CO2. L'Italia è evidentemente in una situazione un po' meno favorevole, proprio perché il mix di fonti energetiche usate per la produzione di energia elettrica non è favorevole quanto nella media europea. In ogni caso il distacco rispetto ad altre alternative è molto importante. Queste indicazioni si riferiscono all'ipotesi, che credo un po' astratta, per cui all'orizzonte del 2020 non intervenga alcun miglioramento al mix di generazione delle fonti energetiche italiane.
In realtà, per avere un'immagine complessiva non è sufficiente pensare alle emissioni che riguardano soltanto l'utilizzo del veicolo, sia pure dal pozzo alla ruota, ma occorre anche tenere conto delle emissioni che riguardano la costruzione del veicolo.
L'immagine a pagina 5 del documento da noi predisposto fornisce un paio di indicazioni importanti. La prima è che tutte le tecnologie sono un po' sul filo di lana; se si considera la somma di queste due emissioni, non c'è molta differenza tra tutte le tecnologie termiche. La differenza è di 10-20 grammi di CO2 al chilometro all'orizzonte del 2020. La sola che si discosta moltissimo è ancora la tecnologia elettrica, anche se la quantità di emissioni dovute alla costruzione è più importante di quanto non sia per i veicoli termici, proprio perché via della presenza della batteria, la quale comporta un ciclo tecnologico più complesso.
L'Italia è di nuovo leggermente sfavorita, sempre ammettendo che entro il 2020 nulla cambi, ma in ogni caso la tecnologia elettrica resta largamente preferibile rispetto a qualunque altra alternativa. La differenza tra tutte le tecnologie termiche è dell'ordine di 10-20 grammi al chilometro e la sola ad avere una differenza più importante di 50 grammi al chilometro resta ancora quella del veicolo elettrico. Questo è il punto per quanto riguarda i gas serra.


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In realtà, come gli eventi di questi giorni ci stanno ricordando una volta in più, ci sono altri aspetti che devono essere tenuti in conto, quando si parla della parola «sostenibilità». Nell'immagine di pagina 6, supponendo un po' arbitrariamente che il consumo di energia primaria abbia la stessa rilevanza delle emissioni o delle mancate emissioni di gas serra o dell'impatto economico sulla salute umana e sulla qualità dell'aria locale, viene rappresentato il quadro complessivo, che attraverso un singolo indicatore ci mostra quale di queste tecnologie sia la più favorevole. Di nuovo vediamo che il sistema a batteria, sommato anche ai veicoli ibridi plug-in con la batteria ricaricabile dalla rete elettrica, è il più vantaggioso. Proprio per via del fatto che dalla connessione della rete elettrica deriva un'efficienza energetica e ambientale particolarmente favorevole, queste due tipologie restano ancora largamente vantaggiose. L'ultima colonna, forse un po' astratta, rappresenta il livello di emissioni complessivo per le tre variabili considerate di un'ipotetica popolazione di veicoli elettrici alimentati esclusivamente attraverso il fotovoltaico e, in ogni caso, attraverso l'interconnessione con la rete elettrica, non attraverso la connessione diretta dai pannelli alla batteria.
È interessante, a titolo puramente indicativo, il fatto che per la percorrenza media di 15.000 chilometri di un veicolo a batteria in Italia con l'insolazione media italiana basterebbero 15 metri quadri di pannelli su un tetto. Con 15 metri quadri di pannello idealmente si correrebbe con un'auto elettrica per tutta la percorrenza media italiana.
Guardando la prossima immagine e l'indice di merito della soluzione elettrica rispetto alle altre, si osserva che complessivamente un'auto elettrica vale più o meno due volte e mezzo rispetto agli altri tentativi in termini di sostenibilità complessiva.
Tutto il vantaggio citato in termini di sostenibilità si può tradurre anche in termini economici, in relazione al costo delle fonti energetiche importate per la mobilità. In particolare, ciò comporta un minor costo della quantità di fonti primarie da dover importare in Italia, un Paese che importa tutte le fonti primarie per la produzione di energia elettrica, e dell'auto elettrica rispetto alla quantità di fonti da importare per alimentare i veicoli tradizionali. Si aggiungono una valorizzazione delle mancate emissioni di CO2 e minori costi sanitari dovuti al minore impatto sulla salute umana delle emissioni locali.
In questa ipotesi puramente indicativa, che suppone ancora un costo del petrolio a 50 euro al barile e una monetizzazione delle mancate emissioni di CO2 di 15 euro per tonnellata, emerge una differenza di costo che si tradurrebbe in 1 miliardo di euro all'anno risparmiati dal Paese, nel caso della penetrazione del 10 per cento di auto elettrica.
Nella situazione odierna, con il costo del petrolio oltre i 100 dollari al barile e con una monetizzazione della CO2 più vicina ai 20 euro che ai 15, saremmo attorno ai 2-4 miliardi di euro risparmiati ogni anno, con una penetrazione del 10 per cento delle percorrenze, che non si riferisce necessariamente al numero di veicoli. Può esserci un minor numero di veicoli, ma con percorrenza media più elevata. Esiste, dunque, un vantaggio in termini non solo ambientali ed energetici, ma anche economici, oltre che strategici, per la maggiore diversificazione dalla dipendenza dalle fonti fossili.
In questa situazione come si è mosso il meccanismo a livello internazionale? Sul mercato ci sono già in Europa almeno 15 grandi case, le quali hanno annunciato 20 modelli che realisticamente verranno prodotti a tempi molto brevi, secondo le proiezioni largamente variabili dei diversi guru degli scenari futuri, da Global Insight a Deloitte, a Deutsche Bank, i quali stimano al 2020 una penetrazione dal 3 al 6 per cento e più lontano, al 2030, dal 10 al 20 per cento.
C'è sicuramente un interesse della domanda. In termini astratti, il 60 per cento della popolazione europea sostiene che sarebbe interessata al veicolo elettrico. Una quantità più rilevante, il 14 per cento,


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sarebbe decisamente disponibile ad acquistare un'auto elettrica, se avesse condizioni di contorno favorevoli. Addirittura un 1-2 per cento di coloro che gli addetti ai lavori chiamano first mover sarebbe interessato all'acquisto anche con interventi piuttosto limitati, ossia con un piccolo sostegno all'abbattimento dei costi iniziali più alti e un minimo di vantaggi di tipo operativo.
A noi sembra che tutto sommato questi livelli di penetrazione non dovrebbero essere tali da creare una forte rivalità tra le diverse tecnologie e tipologie di veicoli elettrici. C'è spazio per tutte le tecnologie e per tutte le tipologie. L'obiettivo potrebbe essere quello di cercare di massimizzare la sostenibilità complessiva a livello di Paesi, introducendo ciascuna tipologia di veicolo nel contesto applicativo più congeniale, per l'ambito urbano l'auto elettrica e per l'ambito extraurbano le altre tipologie.
Con questo obiettivo si sono mossi moltissimi piani di intervento a livello europeo, ma anche internazionale. Ce ne sono sei o sette importanti in Francia, Inghilterra, Spagna, Germania, Olanda e in altri Paesi ancora e nel mondo ci sono circa 80 piani di intervento strategici puntati sul veicolo elettrico, non solo in Paesi in cui è presente un'industria automobilistica forte sul territorio.
Le proposte presentate nei due progetti di legge in esame sono assolutamente condivisibili. Noi vediamo molto bene le esigenze di queste incentivazioni, sia economiche, sia tributarie, decrescenti nel tempo a mano a mano che il volume produttivo aumenta e, quindi, i costi di produzione saranno più ridotti, su un arco temporale piuttosto esteso. In passato in Italia sono state attuate molte azioni di sostegno, ma con un respiro molto corto, azioni spot con interventi limitati in quantità e nel tempo, che di fatto non hanno consentito di stimolare un concreto interesse dell'industria.
In questo caso è evidente che su un arco temporale di cinque anni è possibile - si tratta dell'ipotesi lanciata dalla grande industria automobilistica - che si raggiungano complessivamente i 6-7-8 milioni di veicoli di produzione a livello internazionale, sufficienti ad abbattere radicalmente i costi dei mezzi e a farli correre sulle proprie gambe, o meglio ruote.
È importante la presenza di un fondo specifico per la gestione dell'azione di sostegno economico, proprio perché in una fase iniziale i volumi saranno ridotti e aumenteranno successivamente. Occorrerà un meccanismo di compensazione, ma su questo tema entreremo più in dettaglio in seguito, e si porrà l'esigenza di un'infrastruttura.
Ci sembra un po' carente nelle proposte di legge un incoraggiamento più esplicito e forte nei riguardi delle amministrazioni locali, quanto meno nella fase iniziale di lancio del prodotto. Si prevede sicuramente un'efficacia molto grande. Dove sono state tentate esperienze di agevolazione alla mobilità con accesso alle aree, possibilità di sosta e di orari di carico e scarico delle merci per gli operatori che provvedono a tali servizi, si vede che questi elementi hanno una valenza anche economica che viene molto spesso percepita come più importante rispetto al solo contributo economico. La somma dei due elementi è, quindi, in grado di innescare sinergie molto forti e di produrre un risultato più importante.
Questo aspetto non ci sembra fortemente presente nel disegno di legge. Non ho idea di come sia possibile intervenire direttamente sulla sfera di competenza delle singole amministrazioni comunali, però pensiamo che un indirizzo in tal senso potrebbe essere fruttuoso.
L'altro punto importante è che si parla genericamente di veicoli, ma si tratta di capire quali veicoli siano ed esattamente a quali tipologie ci indirizziamo. Abbiamo visto che il veicolo a batteria è il più favorevole, ma riteniamo che anche i veicoli ibridi, i cosiddetti plug-in o i range extender ricaricabili siano ugualmente importanti, nonostante le loro prestazioni a emissioni zero siano più limitate, a 20-30 chilometri. Di fatto la distribuzione delle percorrenze giornaliere del parco veicoli italiano è molto concentrata sulle basse


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percorrenze. Con un veicolo ibrido plug-in con un'autonomia di 30 chilometri si coprirebbe, pertanto, il 60-70 per cento delle esigenze. In ogni caso ci sarebbe un impatto molto forte sulla mobilità e, quindi, anche queste tipologie, a nostro parere, dovrebbero essere inserite nel disegno di legge.
Attendiamo una documentazione più dettagliata, che con più particolari definisca, anche sulla base di quanto indicato nelle direttive europee e nel Codice della strada italiano, quali potrebbero essere esattamente le tipologie interessate, certamente autovetture, ma anche autocarri, cioè furgoni o piccoli autocarri. Le ragioni sono due. È presente in Italia una buona costellazione di produttori di questi prodotti, che nel nostro Paese sono forse poco conosciuti. Sono già in circolazione realizzati da questi costruttori italiani circa 14.000 furgoni elettrici tipicamente destinati alle flotte di pubblica utilità, all'amministrazione pubblica, alla distribuzione delle merci e via elencando.
È altrettanto importante, poi, il fatto che in Italia esiste una rete di costruttori di motoveicoli, come Piaggio e Ducati Energia, e di autocarri, ancora Ducati e Piaggio. Ce ne sono moltissimi che, in effetti, hanno un minimo di capacità competitiva nei riguardi della grande casa automobilistica, perché la grande casa automobilistica non è interessata a queste tipologie di prodotti, ma molto più direttamente all'autovettura. Lasciare uno spazio per queste tipologie significherebbe lasciare uno spazio di competizione anche per quanto riguarda l'industria nazionale.
Anche nel settore dei bus e dei minibus l'Italia è il primo Paese europeo per costruzione, utilizzo e importazione di minibus elettrici e ibridi. Ve ne sono un migliaio sul territorio. Molti di essi vengono venduti in altri Paesi europei.
Probabilmente il tema del trasporto pubblico non è affrontato direttamente in questi disegni di legge, ma voglio ricordare che esistono già interventi che riguardano il trasporto pubblico locale nella legge n. 194 del 1998, che però sono di poca utilità. La legge dispone che una quota dei fondi destinati alle regioni per il supporto al trasporto pubblico debba essere utilizzata per i veicoli a basso impatto ambientale. Di fatto, però, le regioni assegnano ai veicoli tradizionali, per esempio ai diesel, e all'elettrico un contributo nella stessa misura percentuale, il 50 per cento all'uno e il 50 per cento all'altro, senza considerare minimamente il fatto che i veicoli non convenzionali hanno un costo molto più alto e, quindi, vanificando l'interesse o comunque la possibilità di sostegno economico da parte degli operatori di flotta. Un'attenzione anche su questo tema aiuterebbe a delineare un quadro strategico più generale sul tema della mobilità elettrica, che include anche le suddette applicazioni.
L'altro punto è quale livello di incentivazione prevedere. Le cifre indicate nelle proposte di legge sono esattamente in linea con quanto già in atto nei diversi Paesi europei, ma anche a livello internazionale, compresi alcuni Paesi oltreoceano, per quanto riguarda l'autovettura. È chiaro che, parlando di veicoli più grandi, ossia di furgoni, questi incentivi non sarebbero sufficienti a coprire il differenziale dei costi e che, quindi, occorrerebbe commisurare maggiormente le tipologie con l'entità delle contribuzioni. Lo stesso discorso vale per i motoveicoli. Troverete molti dettagli nella documentazione allegata.
Si parla molto spesso - mi sembra di ricordare che lo si faccia anche nelle proposte di legge - di acquisto, ma molti di questi soggetti in realtà non acquistano i veicoli, bensì li acquisiscono in forme di noleggio di lungo termine o di leasing finanziario. Occorrerebbe sorvegliare che anche questi soggetti possano accedere ai contributi, questione che in interventi passati a livello di alcune regioni non era stata affrontata.
Vorrei, inoltre, concentrarmi brevemente sul motivo per cui i veicoli utilitari sono tanto importanti, presentandovi uno studio condotto, almeno a livello orientativo, nell'area metropolitana di Milano. I dati non sono recentissimi e, quindi, lo studio non è rigoroso al 100 per cento, ma ci mostra qual è la composizione del


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parco: nella diapositiva a pagina 10, quelle in giallo sono le autovetture e quelli in rosso i furgoni adibiti al trasporto di merce. Nonostante il numero di questi ultimi sia molto più piccolo, la percorrenza è molto più alta e i consumi sono ancora più alti, perché si tratta di veicoli mediamente più grandi. Le emissioni di particolato sono ancora più alte, perché si tratta di veicoli molto più vecchi.
Se andassimo a sostituire un 10 per cento di questo circolante con veicoli con capacità operativa adeguata, nei limiti di autonomia dell'elettrico, ne deriverebbe un vantaggio in termini di riduzione del livello di polveri del 15-18 per cento e altrettanto consistente per gli altri effetti. Se operassimo una sostituzione del 10 per cento, a questo punto, non per questa tipologia applicativa, ma per le autovetture, su 40 mila autovetture anziché 40 mila furgoni, il vantaggio sarebbe molto più ridotto: dal 15-18 per cento si scenderebbe soltanto al 3-4 per cento, per le ragioni che abbiamo visto, ossia per percorrenze medie più basse e veicoli più nuovi.
Il suggerimento che ci sentiamo di avanzare, quindi, è di destinare una quota specifica della spesa complessivamente prevista per sostenere l'operazione per queste applicazioni, ossia per le flotte, per il trasporto delle merci e per la tipologia dei veicoli commerciali, poiché sono in grado di dare un impatto maggiore a parità del sostegno che viene loro erogato.
Una situazione molto simile riguarda anche i motoveicoli o i ciclomotori. Anch'essi potrebbero essere considerati, quanto meno in una fase successiva, perché anche il livello di emissione di un ciclomotore è molto più alto, paradossalmente, di quello di un'autovettura. Sostituire un ciclomotore elettrico a uno termico comporta un vantaggio locale quanto meno superiore a quello che deriverebbe dalla sostituzione di un'auto elettrica a una termica. Anche questo è un tema da considerare, benché i numeri non siano ancora molto consolidati.
Per quanto riguarda l'infrastruttura, sono state svolte molte considerazioni e condividiamo assolutamente tutte le indicazioni avanzate nelle proposte di legge, per quanto riguarda sia il sostegno fiscale ed economico, sia l'attività edilizia.
Mi limiterei ad aggiungere soltanto, con riferimento soprattutto all'ultimo punto previsto, relativo ai contributi o al sostegno alle amministrazioni comunali per le reti infrastrutturali, che noi suggeriremmo, usando una parola sgradevole, di «forzare» le amministrazioni locali all'attuazione di misure di regolamentazione della mobilità. Non è sufficiente che ciascun piccolo comune si senta incentivato al fiorellino all'occhiello di poche colonnine all'interno della città, ovvero del paese. È importante, invece, che attui contestualmente una politica effettiva di sostegno. Correlare le due questioni, almeno in una data misura, ci sembrerebbe in grado di produrre una sinergia più efficace nella penetrazione.
L'altro punto importante è il discorso della standardizzazione, che sta operando e procedendo a livello europeo in sede CENELEC e CEI, del quale facciamo parte. Ci stiamo lavorando con uno degli attori particolarmente attivi e positivi, anche con la prospettiva di sostenere l'industria nazionale nelle scelte di standard che verranno utilizzate.
Solleviamo anche l'esigenza dal punto di vista dell'utilizzatore finale, cioè quella di un'infrastruttura amichevole dal punto di vista della gestione, evitando decine di contrattualizzazioni diverse o di modalità di accesso differenti. Sarebbero viste con molte difficoltà operative da parte dei soggetti interessati.
L'ultimo punto riguarda le esigenze di finanziare tutto questo sistema. Noi abbiamo formulato semplicemente alcune ipotesi, che fanno riferimento agli esempi attuati in questo momento negli altri Paesi europei, quali Francia, Germania, Inghilterra e Olanda.
Tra i principali meccanismi presi in considerazione vi è una tassazione all'acquisto bonus/malus del veicolo. Cito l'esempio francese, ma ce ne sono molti altri e molto più variegati. L'esempio francese stabilisce una tassazione addizionale


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all'atto della prima immatricolazione di un'autovettura nella misura addirittura di 2.600 euro per le auto con emissioni oltre 300 grammi di CO2, veicoli decisamente molto grossi. Ne vengono venduti 100 mila all'anno con prezzi nella fascia molto alta, che non incidono sulla propensione all'acquisto.
Una tassazione di questo tipo non incide sulla propensione all'acquisto di tali beni e l'introito che ne deriva, totalmente trasparente per il bilancio dello Stato, viene riversato su veicoli a emissioni zero. La soglia assunta nella legislazione francese è di 60 grammi al chilometro e tutti i veicoli con emissione di CO2 inferiore possono beneficiare di tali contributi, nella misura che abbiamo citato in precedenza.
Noi ipotizziamo interventi in misura molto più ridotta, da 750 a 1.500 euro, che sarebbero già sufficienti, con la vendita di tali veicoli in Italia, che comunque è già in atto - anche quest'anno ne sono stati venduti altrettanti - a racimolare un montante di spesa complessivo dell'ordine di 500 milioni di euro, la quantità di risorse finanziarie necessaria per sostenere gli interventi già previsti nelle proposte di legge in termini di fiscalità e di sostegno. Questi sono alcuni casi in diversi Paesi europei in cui questi meccanismi vengono attuati.
Un altro meccanismo spesso utilizzato, pur in modi molto diversificati, è un intervento a livello della tassa di proprietà. La tassa di proprietà, il bollo, oggi è molto centrata sulla potenza. In realtà, nelle nuove tecnologie non c'è una correlazione diretta tra potenza ed emissione di CO2. Moltissimi nuovi motori hanno una potenza molto più alta, ma un'emissione di CO2 molto più bassa. L'idea è di rivedere il meccanismo, come è stata realizzato altrove, incrementando mediamente di cifre molto modeste, 4-5 euro per veicolo, la tassa di proprietà, per arrivare comunque a raggiungere il montante di spesa stabilito.
Abbiamo svolto un tentativo di valutazione dei pregi, dei vantaggi e degli svantaggi che possono essere percepiti da tutti i soggetti implicati per quanto riguarda le diverse possibilità illustrate. Si è trattato di una sintesi delle nostre osservazioni, che sono riportate in un documento separato.
Vi ringrazio dell'attenzione e mi scuso se il mio intervento è stato eccessivamente lungo.

PRESIDENTE. Do la parola al dottor Franco D'Amore, vicepresidente e direttore area energia di I-Com, l'Istituto per la competitività.

FRANCO D'AMORE, Vicepresidente e direttore area energia di I-Com. La presentazione sarà svolta dal dottor Antonio Sileo, il nostro esperto sulla mobilità.

ANTONIO SILEO, Ricercatore esperto sui temi della mobilità di I-Com. Il mio intervento è frutto di un lavoro di ricerca mirato a vedere le vicende dell'auto elettrica nella storia del mercato dell'auto, in particolare perché nel passato ha fallito e perché questa volta può farcela. Mi scuso anticipatamente se la passione ha prevalso sulla ricerca.
Già agli inizi del Novecento una frase di Ford, ora diventata famosa, affermava che nel 1914 - dopo che Ford aveva lavorato con Edison ed erano sul punto di lanciare un'auto elettrica - erano stati risolti i problemi di peso e di autonomia delle batterie. Peccato che da allora le prestazioni dell'auto elettrica non siano mai riuscite a superare le prestazioni di una vettura tradizionale, la Ford T, che si vendeva già nel 1913 e costava 550 dollari, neanche 12 mila euro attuali.
L'auto elettrica si è affacciata almeno tre volte sul mercato dell'auto, oltre che agli albori, anche negli anni Settanta, un po' per le suggestioni dello sbarco sulla Luna, dal momento che il Rover non poteva essere alimentato da un motore a combustione e che quindi funzionava a batterie, ma anche per le crisi petrolifere, che portarono ad alcuni van, ossia furgoni, costruiti in alcune centinaia di esemplari, in particolare negli Stati Uniti e in Inghilterra.


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Negli anni Novanta sembrava che si facesse davvero sul serio. Negli Stati Uniti, dopo la campagna elettorale della coppia Clinton - Gore, che fece già allora della lotta ai cambiamenti climatici un cavallo di battaglia, fu emanato lo ZEV mandate, che prevedeva 1,5 miliardi di dollari per veicoli a emissioni zero. Alcuni Stati, a cominciare dalla California, si diedero molto da fare e la General Motors produsse l'incredibile EV1 - esiste anche un famoso film documentario - in quasi 1.000 esemplari, 800 dei quali vennero noleggiati. La EV1 fu prodotta in due versioni ed è l'unica macchina col marchio GM che non è stata venduta. Al di là delle teorie complottistiche, l'auto rappresentava un salto generazionale che forse precorreva troppo i tempi.
Anche in Europa furono attuati tentativi piuttosto seri, tanto che dal 1995 al 2002 il solo gruppo PSA, Peugeot Citroën, produsse 10 mila autoveicoli. Si partì con il progetto di La Rochelle che prevedeva 25 Peugeot 106 e 25 Citroën Saxo, quindi 50 auto, una ogni 2.700 abitanti. È significativo rapportare tale esempio a ciò che si vorrebbe sperimentare a Parigi quest'anno, con l'Autolib' elettrico, in cui le auto sarebbero 3 mila, ben una ogni 735 abitanti.
Anche in Italia le auto elettriche ebbero una notorietà, più che una diffusione. Molti ricorderanno la Panda Elettra, alla quale si affiancò e seguì poi la Cinquecento. Fu prodotta nei primi anni del 2000 anche una Seicento Elettra, che aveva addirittura opzionali le batterie al litio. L'auto blu, nella slide n. 4, nell'ambito della documentazione da noi consegnata, il mese scorso si poteva comprare usata su Internet a 14 mila euro. Le cause dell'insuccesso furono innanzitutto il prezzo elevato e lo scarso interesse dei principali costruttori. I modelli elettrici appositamente progettati non arrivarono mai nelle concessionarie. Significativo fu il caso della Peugeot iOn, che si chiamava come quella che sarebbe dovuta uscire nel 2000 e che non uscì mai. Si aggiungono poi il relativo costo ridotto dei derivati petroliferi e i problemi tecnologici ancora una volta legati all'utilizzo delle batterie, che nella seconda metà degli anni Novanta erano principalmente a piombo, con problemi di autonomia, peso e ingombro. Addirittura l'ingombro toglieva spazio al bagagliaio, se non ai sedili posteriori. Inoltre, l'elettronica e la telematica erano del tutto inadeguate: non esisteva il recupero dell'energia in frenata e non c'erano i navigatori, che, se utilizzati bene, fanno consumare meno. Non erano ancora pronte, inoltre, le tecnologie che permettono alle auto di comunicare tra loro e di consumare meno.
Furono anni difficili anche per le auto ecologiche in generale. È significativo l'esempio della Volkswagen, che commercializzava la Lupo a 3 litri, un'auto con prestazioni ecologiche notevoli, se non eccezionali: percorreva, infatti, 33 chilometri con un litro e con 81 grammi a chilometro e aveva materiali pregiati, però costava oltre 27 mila euro, quasi il doppio dell'omologa versione con motore meno «performante» ecologicamente, ma piuttosto conveniente. Il ritorno dell'investimento non si riusciva mai a coprire nell'arco della vita utile del periodo.
La Volkswagen ci riprovò con un'auto premium come l'Audi A2, che aveva prestazioni leggermente superiori a quelle della Lupo, ma fu a sua volta un fiasco. In realtà, fu un fiasco l'intera gamma A2 e non solo il veicolo ultraefficiente.
Al di là del fatto che i tempi fossero maturi o meno, è estremamente difficile capire quale sia la disponibilità a pagare un'auto ecologica da parte degli automobilisti e, quindi, ragionare su prezzi e numeri, ed è ancor più difficile capire chi siano i potenziali acquirenti.
Negli ultimi anni, anzi negli ultimi mesi, tutto sembra essere cambiato. È in aumento anche la percezione del costo delle materie prime energetiche, che ha già sortito alcuni effetti. Tutti ricordano il petrolio a 147 dollari, così come la benzina vicino a euro 1,50 euro al litro.
A ciò si aggiunge una crescente preoccupazione per i cambiamenti climatici a livello globale e locale. È inevitabile, quindi, il ricorso a standard di emissioni


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sempre più stringenti. Bisogna anche tener conto degli impatti sull'economia reale della crisi finanziaria che, a cominciare proprio dagli Stati Uniti, ha richiesto l'intervento dello Stato. Il signore nella foto che vedete nella slide n. 7 è Keynes. Bisogna tener conto poi che l'auto è in difficoltà: è considerato un prodotto vecchio, brutto, sporco e inquinante.
Ho considerato gli anni 2007-2009, un po' perché il 2010 è ritenuto un anno interlocutorio, un po' perché i dati non erano ancora tutti disponibili. Negli ultimi due anni tutti i big player hanno subìto grosse perdite e difficoltà, tanto che l'industria americana, i colossi di Detroit, hanno accusato un vero tracollo, che sembrava aver dimostrato definitivamente l'inadeguatezza dei loro veicoli a un nuovo mondo, in cui la benzina si avvicinava ai 4 dollari al gallone. A quel punto gli americani non solo non hanno comprato nuove auto, ma hanno tenuto ferme nel giardino quelle che avevano, proprio perché consumavano troppo.
Che cosa sta facendo l'industria automobilistica in questo mercato difficile per tutti? Nei Paesi OCSE i mercati sono sempre più maturi e ormai in sovrapproduzione. Il tasso di sostituzione dei veicoli ben difficilmente può essere aumentato. Si è lavorato molto sulla riduzione del ciclo di vita del veicolo stesso. Porto l'esempio della Ford Fiesta, che è stata sostituita molto velocemente, però sotto i cinque anni il ciclo di vita del veicolo non può essere compresso, altrimenti i conti non tornano.
È significativo considerare che anche nei Paesi a elevata potenzialità di crescita, come Cina, India, Russia e - bisognerebbe aggiungerlo - Brasile, la capitale e gran parte dei centri maggiori sono già troppo congestionati e inquinati. In questi contesti, quindi, l'auto elettrica rischia di essere inclusa tra le opzioni iniziali di una motorizzazione davvero di massa.
Come stanno reagendo i produttori automobilistici? In un mercato caratterizzato da notevole livello di concorrenza si sono strette tantissime alleanze, che, per ridurre i costi e coprire tutti i segmenti, condividono numerose componenti, dalle piattaforme ai propulsori, nonché interi stabilimenti. Significativo è il caso della Citroën C1, della Peugeot 107 e della Toyota Aygo, che vengono prodotte in Romania nello stesso stabilimento e sono davvero ben poco diverse, così come la Cinquecento e la Ford Ka, che esternamente sono molto diverse, ma in realtà si assomigliano moltissimo. I costruttori si stanno apparentando con matrimoni più o meno nobili, alcuni frutto della crisi, come la Tata, che ha comprato dalla Ford la Jaguar e la Land Rover.
In questo grande movimento vengono stipulati anche accordi specifici e partnership per innovare, come quella di Mitsubishi con il gruppo PSA, che ha portato all'i-Miev, sorella più che cugina di Peugeot e Citroën.
Perché un cambiamento ci possa essere c'è bisogno di tanti, se non di tantissimi stakeholder. L'aspetto che differenzia l'auto elettrica, questa volta rispetto agli anni scorsi, è che sono tantissimi i portatori di interesse, dai produttori delle colonnine ai produttori elettrici, all'intero sistema elettrico, perché occorre allestire la rete e tutto il discorso delle opportunità delle smart grid, ai produttori di componentistica e di elettronica, fino ai colossi dell'informatica, come IBM. Al di là del grafico, notate l'interesse di IBM su questo tema.
In questa corsa per salvare il pianeta, che progressivamente ha subìto spinte, come la catastrofe provocata da BP, sono tantissimi gli attori coinvolti e i portatori di staffette.
Chi sembra farlo molto seriamente e con grossi investimenti, come Renault, che ha stanziato 4 miliardi, integrati da altri 4 miliardi del Governo, con i famosi quattro modelli e 2.000 persone coinvolte. Ha già vissuto, però, una prima figuraccia, ossia la vicenda dello spionaggio, che in realtà non esisteva. Ghosn, il manager più pagato di Francia, è dovuto tornare in televisione, dopo aver alluso ai cinesi, per scusarsi. Ho riportato un fumetto per sottolineare le potenzialità di quest'uomo, che in Giappone ha risanato la Nissan con lacrime e


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sangue e poi ha riassunto le persone. I giapponesi gli hanno dedicato un manga, un fumetto, come se fosse la massima onorificenza giapponese.
Si riconoscono altri attori coinvolti in questa corsa. Spendo solo due parole su Agassi, l'israeliano che vorrebbe realizzare il distributore elettrico con il cambio di batterie. A mio avviso, si tratta di una tecnologia che può essere molto funzionale in mercati chiusi come quello di Israele e meno in contesti con interscambi con macchine che viaggiano molto, perché bisogna creare un'infrastruttura non costosa e prevedere cauzioni per il parco batteria, che sappiamo essere comunque molto costoso.
La Rolls Royce è stata presentata alcuni giorni fa a Ginevra, ma è un classico caso d'immagine, perché non verrà mai prodotta.
Che cosa pensano gli esperti del settore sulle motorizzazioni da qui al 2020? Sicuramente sostengono che nel mondo benzina e diesel lasceranno spazio a nuovi carburanti, tra cui il gas naturale. È significativo l'aumento di penetrazione dei veicoli a metano negli Stati Uniti. Un simbolo nell'immagine indica il gas non convenzionale, che tanti sommovimenti ha comportato nel mercato del gas negli Stati Uniti e che ha avuto effetti indiretti anche da noi.
Nei Paesi ad alto potenziale di crescita la motorizzazione andrà avanti senz'altro con le auto low cost. L'esempio più famoso è la Tata Nano, prodotta in India. È opinione condivisa che i veicoli elettrici e ibridi con plug-in potranno giocare un ruolo in tutti i mercati.
Si noti anche l'elettrizzazione dell'auto in generale. Ci saranno auto sempre più ibride, con batterie atte a rendere più efficienti i tradizionali modelli alimentati con diesel e benzina.
Per poter capire la mia previsione e perché il contesto attuale sia completamente diverso, semplificando al massimo, diamo uno sguardo all'industria dell'automotive rappresentata nella slide n. 15. Mi sono avvalso di una presentazione del professor Fujimoto, un guru dell'auto dell'Università di Tokyo, tratta da un convegno cui ho partecipato che si è tenuto a Milano nello scorso mese di maggio. Le auto in Europa e in Giappone si costruiscono con un'architettura integrale, che dà performance maggiori, ma anche costi superiori. Per questo motivo è molto difficile creare auto sotto un dato prezzo. Realizzare un'architettura integrale significa qualificarsi come fornitori. Creare una partnership con Volkswagen o con Mercedes è molto difficile. Ci sono, però, altri soggetti che si affacciano sul mercato dei new player, i coreani, ma molto di più i cinesi, che costruiscono le auto in modo un po' diverso. Peraltro, si vede, perché prendono pezzi creati per altri.
In questa filiera diversa è molto più facile realizzare fusioni e acquisizioni e costruire partnership. Da un lato, si tratta di un'occasione per i produttori tradizionali e per i nuovi entranti di entrare nel molto promettente mercato cinese e, dall'altro, della possibilità per alcuni produttori cinesi, che in realtà hanno storicamente prodotto sistemi di accumulo, ossia batterie, di entrare nel mercato dell'auto.
Il problema è una questione di accumulo. Ancora volta rispetto al passato, però, l'auto elettrica ha un doppio binario: da un lato, vi è l'auto PEV, totalmente elettrica, di solito di piccole dimensioni per i centri urbani e, dall'altro, l'auto ibrida plug-in, ad autonomia estesa e a filo che, invece, proprio in virtù della possibilità di essere comunque alimentata con un carburante tradizionale, può percorrere lunghe distanze. Valgono in proposito molte considerazioni del relatore che mi ha preceduto.
Dal confronto delle tecnologie è opinione condivisa che le batterie al litio siano molto superiori rispetto a quelle del passato. Ormai quelle a piombo acido hanno finito il loro ciclo di vita. Quelle a nichel metalidrato non hanno più margini di miglioramento, mentre il litio, oltre a essere prestazionale, oggi ha buone e, secondo alcuni, ottime potenzialità.
Senza entrare nel merito tecnico, perché anch'io non sono un tecnologo, al di là dell'evidente superiorità del litio...


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ANDREA LULLI. Esiste già un presente del litio.

ANTONIO SILEO, Ricercatore esperto sui temi della mobilità di I-Com. Sì, esiste un presente del litio, però ci interessa di più il futuro. C'è una convergenza degli studi sul fatto che nei prossimi anni, anche con l'aumento di domanda, i costi dei sistemi di accumulo scenderanno. Tutti gli studi si muovono in questo senso.
Per ragionare su quante auto elettriche si potrebbero vendere in Italia bisogna distinguere tra parco e mercato e tener conto dei tassi di sostituzione. Nella nostra previsione, stanti le difficoltà di capire chi siano i potenziali acquirenti e la loro disponibilità a pagare, abbiamo svolto un'analisi quantitativa, ragionando sul GPL e sul metano, che sono stati incentivati stabilmente dal 1997 fino all'anno scorso e che in questi anni, con una tecnologia matura, sono arrivati al 5,4 per cento del parco.
A ciò si aggiunge che, se si volesse vedere quale sia l'auto tradizionale più simile a quella elettrica, sicuramente si concluderebbe che è la Smart, la quale ha riscosso tantissimo successo a Roma e a Milano ma che, in realtà, per la Daimler-Benz intesa globalmente, come colosso industriale, è stata un mezzo flop. Per arrivare a 2 milioni di esemplari ha impiegato dieci anni. È significativo che la Smart dovesse nascere elettrica e che proprio il fatto della non produzione nel 1998 dell'esemplare elettrico portò alla rottura della joint venture tra Swatch e Mercedes.
Quante auto ci sarebbero e quanta energia consumerebbero da oggi al 2020? In questa stima, in cui mi sono fatto aiutare dal professor Lorenzoni dell'Università di Padova, ragionando sulle ipotesi di cui sopra e su una percorrenza stimata nel caso in cui le auto elettriche fossero l'1 per cento del parco circolante in Italia, ossia oltre 330 mila vetture, concludo che esse consumerebbero 1 terawattora, il che non sarebbe un problema. I terawattore sarebbero due se si aggiungessero le ibride ad autonomia estesa, che coprissero il 2 per cento del parco.
Dell'incentivazione si è già parlato. Anche secondo me non si può parlare solo di incentivi economici, ma di un mix di strumenti che debba coinvolgere gli enti locali.
Svolgo una sola notazione sulle flotte aziendali. Si parla molto di partire dalle flotte. Purtroppo non ho trovato dati più recenti, ma le flotte aziendali, pur crescendo in ecologicità, hanno ritmi piuttosto lenti.
Sulle ricariche mi soffermo solo sulla ricarica ultraveloce, secondo me una tecnologia win-win, nel senso che in Italia, per esempio, permetterebbe il riassetto della rete di distribuzione carburanti, con l'aggiunta di un prodotto non oil e aiuterebbe a conseguire l'obiettivo del 10 per cento di rinnovabili negli usi finali dei trasporti previsto dalla direttiva 2009/28/CE.
Quello che vedete nella slide n. 22 non è un fotomontaggio, ma un distributore esistente a Genova. Un consorzio nato in Giappone per la ricarica ultraveloce stima che si possa ricaricare l'auto nel tempo di un caffè americano.
Ricapitolando, il contesto è molto cambiato rispetto a 10-15 anni fa, il numero degli stakeholder è notevolmente aumentato e gli standard di emissione sono mutati. La questione indicativa è tutte le case automobilistiche si sono più o meno impegnate in percorsi ecologici, molti dei quali includono l'auto elettrica. Ci sono tanti nuovi entranti con diverse modalità produttive, come abbiamo visto. Si aggiunge poi l'interesse di tutto il sistema elettrico.
Certamente i limiti e gli ostacoli sono ancora tanti: l'autonomia, il costo delle batterie, la mancanza di una filiera, però per la prima volta per l'auto elettrica la strada non pare poi del tutto in salita. Non bisogna dimenticare, comunque, l'effetto indiretto che un'auto a basse emissioni o a emissioni zero allo scarico come l'auto


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elettrica ha sulle auto tradizionali, le quali diventano sempre più efficienti a tutti livelli e in tutti i segmenti.
La Volkswagen ha presentato la seconda release del modello da 100 chilometri con un litro e dopo la terza si arriverà al prodotto finito. L'anno scorso a Ginevra la Porsche ha presentato la 918 Spyder, una supersportiva che raggiunge i 330 chilometri all'ora, ma ha prestazioni di 70 grammi al chilometro. Quest'anno la FIAT a Ginevra ha presentato la Cinquecento turbo a metano con motore bicilindrico, un motore piccolo.

PRESIDENTE. Passiamo all'ultima relazione, cui posso concedere purtroppo solo pochi minuti, se possibile.
Do la parola al professor ingegner Fabio Orecchini, coordinatore del Gruppo energia e ambiente.

FABIO ORECCHINI, Coordinatore di GEA - Gruppo energia e ambiente. Buongiorno a tutti. Consegno alla presidenza un documento che illustrerò molto brevemente, cercando di andare velocemente al punto, che è quello di non considerare mai l'automobile staccata dal mondo cui appartiene, ossia il mondo dell'energia.
Una questione che mi sembra importante sottolineare subito è che non stiamo parlando di auto, ma di energia e di mobilità. Questo, secondo me, è il punto nodale. L'auto non potrà mai cambiare da sola, se il sistema energetico che ha attorno non cambia o non le consente di cambiare. Sembra ovvio, ma, se si parte da questo punto di vista e da quest'ottica, sicuramente si arriva a conclusioni coerenti con quella che può essere l'evoluzione del sistema energetico e, quindi, del sistema nel quale si muove l'automobile.
Nel testo ho scritto «l'era dei vettori energetici». In realtà, io mi occupo di sistemi energetici e di sistemi automotive e una domanda che mi viene posta da quando ho iniziato, vent'anni fa, è che cosa verrà dopo l'era del petrolio: l'era del metano, l'era delle rinnovabili o altro?
In realtà, dopo l'era del petrolio, forse l'ultima che potrà essere caratterizzata come legata a un'unica fonte di energia, la prossima era, che stiamo già vivendo, è l'era dei vettori di energia, in cui il problema è come produrre vettori che ci consentano utilizzi finali da diverse fonti. Credo che anche questo sia molto importante come elemento iniziale, visto che stiamo parlando dell'auto elettrica, la quale accede proprio a uno di questi vettori producibili da più fonti. Questa è una delle caratteristiche dell'elettricità che credo ci dovrà interessare particolarmente nelle valutazioni che andremo a svolgere.
L'altra questione importante di base è che, mentre il mondo procede in modo molto disordinato verso la sostenibilità - gli economisti hanno le loro teorie, i naturalisti ne hanno altre, i geologi altre ancora e noi ingegneri energetici abbiamo le nostre - fortunatamente sta nascendo un quadro globale nel mondo, che rappresenta la nascita di una vera e propria nuova scienza, la scienza della sostenibilità.
Tale scienza sta nascendo sotto la guida molto sicura e anche interessante dell'Università delle Nazioni Unite, la quale ha sede a Tokyo e non a New York, ma che ha avuto a New York a ottobre 2010 un momento importantissimo, in cui la scienza della sostenibilità ha dimostrato, nel suo incontro con il mondo dell'industria e con i protagonisti del New York Stock Exchange, quale sia l'attrattività vera dei nuovi prodotti e dei nuovi mercati che possono essere creati grazie alla sostenibilità.
All'interno di questa nuova scienza l'Italia ricopre un ruolo importante, come il nostro centro interuniversitario. Noi ci occupiamo proprio della parte della sostenibilità energetica. Tutti parlano di sostenibilità, ma bisogna capire che cosa sia. Da buoni ingegneri cerchiamo di dare risposte, magari perfettibili, ma delle quali discutere.
La prima risposta è quella di stabilire alcuni pilastri che possano reggere la sostenibilità del sistema energetico. Parliamo di mondo, quindi di sistema energetico globale. I pilastri possono non essere realizzati tutti in un sistema energetico, ma


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naturalmente più ne sono realizzati e maggiore è la sostenibilità del sistema stesso.
Il primo pilastro condiviso da tutti è la rinnovabilità delle risorse. Un sistema che si basa su risorse rinnovabili è sostenibile per definizione. Assicurare la sostenibilità significa rendere disponibili alle prossime generazioni ciò che abbiamo noi, in modo molto banale. Con le risorse rinnovabili non consumiamo, ma utilizziamo e le stesse risorse saranno di nuovo disponibili.
Un'altra questione importantissima per il nostro discorso sull'automobile è l'efficienza di conversione. L'efficienza energetica, intesa come conversione, distribuzione e utilizzo finale, è sicuramente uno dei pilastri. A parte stabilire quale sia la fonte, dobbiamo usarla bene. Anche questo pilastro apparentemente banale non è stato realizzato nella storia dell'energia.
Si aggiungono la riduzione dell'impatto ambientale intesa in senso lato - ovviamente ognuno di questi pilastri prevede alcuni sottopunti che non ho citato, ma che possiamo approfondire quando volete - e l'aumento dell'accesso all'energia. I buoni due terzi del mondo non hanno accesso all'energia quotidiana abbondante e per il benessere, come succede al restante terzo del mondo. Una nuova scienza mondiale ovviamente deve inserire questo tra i pilastri della sostenibilità, il che è coerente con i punti sopra citati.
Un altro aspetto importante, sempre per l'automobile, un bene usato localmente - non dobbiamo mai dimenticarlo, specialmente quando parliamo di auto elettriche per mobilità urbana - è l'adattamento dei sistemi energetici alle condizioni locali. Non è vero che lo stesso sistema va bene a Roma come a Bombay o a Kuala Lumpur. Esistono alcune similitudini, ma anche grandi differenze e bisogna prestare grande attenzione ai sistemi locali.
Entrando «all'interno» dell'automobile, ciò significa che il sistema energetico dell'auto va smontato almeno in tre pezzi. Uno considera che cosa c'è prima dell'automobile, ossia principalmente le risorse energetiche combustibili, ciò che inseriamo «dentro l'auto». All'interno dell'automobile, quindi a bordo, c'è poi sicuramente l'efficienza energetica del sistema di trazione e dopo l'auto ci le emissioni di scarico.
Se facciamo riferimento a questi punti, capiamo subito che, se risolviamo il primo, il secondo e il terzo abbiamo risolto tutto il problema. Se risolviamo solo il primo e il secondo, abbiamo comunque risolto due terzi del problema. Non siamo fermi.
Prima dell'automobile, quali sono gli elementi positivi da tenere in considerazione? Sicuramente la rinnovabilità delle risorse dalle quali produciamo il vettore energetico, i biocombustibili che ben conoscete, come il biometano, che adesso va particolarmente di moda, ma che esiste da tempo, l'elettricità da rinnovabili e anche un altro vettore di cui oggi si parla poco, ma che in prospettiva potrebbe ridiventare interessante, ossia l'idrogeno, sempre da rinnovabili.
Occorre considerare se si possano produrre localmente questi vettori energetici, con la riduzione delle emissioni e naturalmente l'accessibilità delle fonti. Per noi che siamo un Paese industrializzato l'accessibilità delle fonti significa la garanzia di approvvigionamento. È chiaro che possono esserci risorse non nazionali, ma figlie di accordi strategici che ben conosciamo, uno dei quali, quello con la Libia, oggi è su tutte le prime pagine dei giornali, e naturalmente fonti energetiche nazionali.
Dentro l'automobile, invece, che cosa sta succedendo in termini di efficienza energetica? Cominciamo, secondo me, a capire quali sono le tecnologie. Abbiamo visto molti modelli. Non nomino né un costruttore, né un modello, ma le tecnologie che riguardano molti dei modelli che finora sono stati nominati.
C'è sicuramente un percorso di elettrificazione nell'auto, di cui bisogna tener conto. Non esiste soltanto l'auto elettrica, ma un'automobile con motore a combustione interna che si va elettrificando. Questa automobile è importante, perché porta a bordo molte tecnologie che, oltre a diventare competitive grazie a questo


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grande mercato, diventano anche amiche di chi guida l'automobile. Se avete avuto modo di guidare un'automobile ibrida con capacità di entrare parzialmente in elettrico - se non avete avuto modo di farlo, visto che ci occupiamo di questo tema, vi invito a provare - vi scoprirete a voler passare al sistema elettrico. Scatta una voglia di miglioramento assolutamente virtuoso, una parola che va di moda adesso, che è un elemento importantissimo del processo di elettrificazione.
Ci sono alcune sigle, come il micro-ibrido, che oggi è pubblicizzato in uno spot in cui tutti i ciclisti respirano volentieri dietro al semaforo, perché si tratta del modello che spegne il motore al semaforo e poi recupera parzialmente l'energia in frenata. Da tale modello, che comunque porta a bordo elementi elettrici, si passa per un ibrido medio o pieno, l'ibrido plug-in, nominato anche dal CIVES, come auto con parziale autonomia in elettrico, l'elettrico ad autonomia estesa, l'elettrico a batterie.
L'auto a idrogeno sembra caduta nel dimenticatoio, ma è un'auto elettrica. Se diffondiamo l'elettrificazione, non possiamo sapere, perché fortunatamente la competizione tecnologica e anche quella scientifica sono materia viva, se nel prossimo decennio non sarà di nuovo l'idrogeno a dare autonomia maggiore alle automobili elettriche. Questo, secondo me, quando si emana una normativa di medio-lungo termine, è un aspetto che va tenuto in considerazione.
Vi faccio notare velocemente la crescita degli «yes», andando verso il basso e verso destra nella tabella riportata a pagina 6 del documento consegnato alle Commissioni. Sono elencate le caratteristiche positive di tutte le tecnologie: più sono gli yes e migliore è la tecnologia, se il veicolo può andare in elettrico, se ha zero emissioni, se può essere ricaricato dall'esterno, se può avere un vettore producibile da più fonti. A mano a mano che aumenta l'elettrificazione, tutto ciò può avvenire. L'apertura energetica della tecnologia è maggiore.
Vediamo poi che cosa accade dopo l'automobile. Dopo l'automobile, secondo me, in questa fase è il caso di guardare, come state facendo, alle emissioni zero. Le emissioni zero, però, non hanno tutte lo stesso significato e non sono realizzabili tutte allo stesso modo. Molte auto che ho indicato hanno un parziale funzionamento a emissioni zero e probabilmente il processo virtuoso che citavo prima va considerato e anche premiato. Ci sono auto a emissioni zero a tratti molto limitati o limitati, come le auto ibride. Si prova la sensazione di andare in elettrico, ma dura un chilometro e mezzo o due. Dipende da quanto sono cariche le batterie, visto che si ricaricano durante il funzionamento e, quindi, da come si guida.
Poi ci sono autonomie di marcia da centro urbano. Pietro Menga del CIVES ha citato gli ibridi plug-in, che hanno un'autonomia di marcia di dai 20 ai 50 chilometri. In realtà, oggi quelli che stiamo vedendo e che arriveranno tra il 2012 e il 2013 sul mercato anche in Italia hanno un'autonomia di 20-30 chilometri.
Ci sono poi le autonomie zero per utilizzo cittadino, praticamente tutti i veicoli elettrici finora citati, cioè tutti quelli che considerano un mercato del veicolo elettrico. Tutti i grandi costruttori considerano un mercato urbano, cittadino, metropolitano, perché si tratta di autonomie di marcia che vanno dai 150 ai 250 chilometri con una ricarica, il che dipende fortemente anche da come si guida, se fuori fa molto caldo e se si deve accendere il condizionatore. Siamo in una fascia di utilizzo urbano, in cui sembrerebbe che praticamente tutte le emissioni urbane quotidiane possano essere coperte.
Ancora, c'è un tipo di emissioni zero per utilizzo interurbano, che oggi queste auto non coprono, a differenza, per esempio, dei prototipi a idrogeno. Ripeto che in questo momento esiste un'auto a idrogeno della Mercedes che sta facendo il giro degli Stati Uniti. È una classe B. I costruttori possiedono tale tecnologia e avrebbero e hanno la possibilità di metterci a disposizione automobili che percorrano da 500


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chilometri in su di autonomia già da oggi in emissioni zero. Nella nostra analisi dobbiamo considerare questo punto.
Poiché si parla principalmente di auto elettrica, mi sono concentrato su quali siano i suoi vantaggi. Si parla sempre degli svantaggi dell'auto elettrica e si capisce poi come evitarli, come coprirli, come nasconderli.
L'auto elettrica presenta due vantaggi enormi, che fino a oggi l'automobile non ha mai avuto a disposizione. Le nostre auto per tutto il secolo scorso e in questo inizio di secolo non hanno le seguenti due possibilità.
In primo luogo, non possiamo fare il pieno a casa alle nostre automobili, a prescindere dalla fonte energetica che utilizziamo, in questo caso l'elettricità. Non abbiamo la funzione dell'autoricarica, una funzione importante.
In secondo luogo, quando andiamo a vedere l'utilizzo di fonti nazionali e di produzione diffusa sul territorio, il tema è quello dell'autoproduzione. L'altra possibilità che abbiamo, anche se non tutti, perché esistono i condomini, ma molti di noi e comunque molto più che non importando petrolio dai Paesi arabi, è quella dell'autoproduzione del vettore energetico, in questo caso dell'elettricità, per la ricarica. Queste due opzioni con le auto a trazione elettrica arrivano per la prima volta sullo scenario energetico e automobilistico mondiale. Sono due prime assolute, che ritengo molto interessanti.
Si aggiungono poi alcuni vantaggi non intrinseci. Si possono scegliere caratteristiche che non fanno parte del prodotto, ma dello scenario all'interno del quale il prodotto può essere inserito. Possiamo scegliere una maggiore o minore rinnovabilità della fonte, mentre oggi non lo possiamo fare. Possiamo abbattere i costi di utilizzo. Sono stati citati alcuni numeri. È chiaro che oggi l'auto elettrica costa tanto all'acquisto e che, se vogliamo autoprodurre anche da rinnovabili, costa tanto anche l'impianto di rinnovabili per produrre l'elettricità con cui vogliamo fare il pieno, però fare il pieno costa poi molto meno. In realtà, i costi di utilizzo possono essere abbattuti. Esiste un vantaggio non intrinseco realizzabile. Inoltre, l'automobile può diventare, essendo un sistema di stoccaggio di energia a due vie rispetto alla rete, qualsiasi sia la rete, in questo caso quella elettrica, un V2G, vehicle-to-grid, per cui veicolo e rete possono cominciare a dialogare: si può caricare con un contratto particolare nel momento notturno in cui c'è il picco, per cui il fornitore elettrico avrebbe bisogno di eseguire un pompaggio, un'operazione più costosa, mentre invece eroga l'elettricità, si può addirittura accettare, se si ha un grande parco veicoli nella propria azienda, che esso faccia da stoccaggio e rimetta addirittura parte dell'energia in rete in determinati orari. Sono questioni delicate e non semplici da realizzare, ma possibili. Sono potenziali non intrinseci, ma realizzabili.
Arrivo al punto finale della mia presentazione, che credo di aver condensato al massimo il mio intervento. Eventualmente con le domande che saranno poste vedremo se occorre approfondire alcuni argomenti. Arrivo ai punti che, secondo me, sono importanti per il legislatore, cioè per voi.
Visto quanto premesso, ciò di cui c'è bisogno - di nuovo sono d'accordo con Pietro Menga del CIVES - è di avere alcuni incentivi o comunque una normativa di medio-lungo respiro. Non parliamo di incentivi al mercato dell'auto. Se fossero incentivi al mercato dell'auto e se domani mattina bisogna incentivare un prodotto per far ripartire mercato, forse non stiamo parlando di quello giusto. Se, invece, stiamo parlando di incentivazione di una filiera industriale di sviluppo a lungo termine anche della nostra industria, e di una filiera industriale di sostenibilità dello sviluppo, allora deve essere necessariamente una struttura di interventi a medio-lungo respiro.
Occorre poi capire quale energia e quali auto possano far parte di un unico sistema. Non mi piace molto vedere il mio legislatore, sia esso regionale o nazionale, fare figure, come è successo in passato, per cui si incentiva una tecnologia e, poiché abbiamo una burocrazia lunga, si


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arriva a incentivarla quando tutti parlano già di un'altra tecnologia. Poiché non vorrei vedere - e credo neanche voi - ripetersi situazioni in cui invece di incentivare la tecnologia, incentiviamo i suoi risultati. Se vogliamo le emissioni zero e non sappiamo se tra tre anni rispunterà fuori l'idrogeno, il che è possibile - io dirigo anche un laboratorio a idrogeno, che interagisce con tutti i laboratori delle grandi case che lo stanno sviluppando - non andiamo a scegliere tra elettricità e idrogeno: scegliamo le emissioni zero e siano poi il mercato, la tecnologia e la scienza a darci risposte. Le risposte ci saranno, se il quadro incentivante sarà interessante.
L'altra questione importante, se energia e auto sono parte di un unico sistema, è la rinnovabilità della risorsa primaria e la producibilità locale, elementi assolutamente strategici per un sistema energetico come il nostro, che quindi vanno tenuti in considerazione.
Dare un occhio all'efficienza di conversione è molto semplice. Si è parlato della tassa di acquisto sulla CO2. In realtà, si tratta di efficienza di conversione, perché più un veicolo consuma a chilometro, più significa che è poco efficiente per spostare il suo contenuto di un chilometro. Parliamo di paroloni, ma è un numerino, le emissioni di CO2, che va tenuto in considerazione e che incentiva l'efficienza di bordo. Occorre puntare sulle emissioni zero allo scarico, andando a capire quando sono realizzabili.
Ho descritto sei punti che vogliono essere anche altrettanti suggerimenti sul contenuto dei progetti di legge che stiamo esaminando. Secondo me, un sistema incentivante dovrebbe essere composto a puzzle, dove ogni tessera può unirsi con le altre. Chi è più bravo le mette insieme tutte e vede il quadretto completo. Chi non è bravo al punto di mettere insieme tutte le tessere, comunque può realizzarne una o due.
Per esempio, ci sono l'utilizzo di vettori energetici prodotti da fonte non petrolifera e a basse emissioni di CO2, di cui fa parte l'elettricità producibile con fonte non petrolifera e biocombustibili, ma anche il metano, che è a bassa emissione di CO2, o addirittura il GPL, che oggi in Italia, secondo gli ultimi numeri che ho a disposizione da Assogasliquidi, in realtà è per il 55 per cento prodotto da metano. Il GPL è gas di petrolio liquefatto, ma arriva per il 45 per cento da raffineria e per il 55 per cento da butano e propano, che sono negli stessi giacimenti insieme al metano. Il gas naturale è, quindi, composto da metano, butano, propano e da altri mix gassosi. Sono una fonte non petrolifera e di interesse. Sull'utilizzo di fonti energetiche rinnovabili credo di essermi espresso diverse volte e mi sembra che la convinzione sia passata in modo chiaro.
Ancora, c'è l'autoproduzione di piccola taglia. Aggiungo di piccola taglia perché il rischio è di cadere negli stessi problemi che si vedono con l'incentivazione delle rinnovabili in generale. Nel momento in cui la famosa collina senese coperta di pannelli fotovoltaici non piace più all'inglese che ha comprato nel Chianti-shire, abbiamo distrutto il nostro territorio. Se, invece, diamo l'incentivo all'autoproduzione in base al numero di veicoli, la situazione cambia. I numeri che ho sentito prima vi hanno dato una chiara indicazione. In realtà, per un veicolo elettrico bastano 3 chilowatt di fotovoltaico installati in Italia. Sono 12-15 metri di pannelli. Tre veicoli elettrici significano meno di un tetto di capannone e tre o cinque veicoli elettrici sono in possesso di una piccola azienda che ha un capannone. Non stiamo parlando di installare i pannelli fotovoltaici sugli alberi di mele, ma di usare superfici assolutamente utilizzabili.
Passo agli ultimi tre punti.
L'infrastruttura è stata nominata e sicuramente ha bisogno di essere ancora sostenuta. Sono d'accordo sul fatto che tutte le evidenze scientifiche, le esperienze pilota, le interviste, ma anche le esperienze personali - io uso spesso un veicolo elettrico per mestiere e lo ricarico a casa la notte, perché ho un box con la presa normale, nonché al lavoro, quando sono in università - mostrano due momenti importanti. Ciò che è in mezzo deve essere la sicurezza di circolazione e il fatto di non


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rimanere a piedi, ma le due grandi questioni da risolvere sono quelle che ho citato.
Vi è poi l'efficienza energetica di bordo. Se stiamo compiendo interventi sulla riduzione di CO2, andiamo a vedere i livelli di CO2, che siano sul bollo o altrove. Gli strumenti sono molti, però i livelli di CO2 sono sicuramente indicativi.
Tutto questo processo dell'auto mira al fatto che nel 2020 o 2030, ancora non si capisce, esse dovranno avere prestazioni medie di 50 grammi di CO2. Il parco auto venduto da un costruttore dovrà avere prestazioni di 50 grammi di CO2 al chilometro. Su questa grande paura tutti i grandi costruttori hanno cominciato a mettere in listino tale tipo di automobili. Le normative contano, non è vero che non contano. Se si dà un obiettivo, il costruttore poi lo centra.
Infine, è importante la marcia in modalità zero emissioni. Mi sento di poter affermare che possono essere create alcune fasce, di cui la prima fino a 5 chilometri in ZEV, Zero Emission Vehicle. Le auto ibride attuali percorrono fino a 5 chilometri in ZEV e potrebbero aumentarli molto facilmente, se ci fossero le condizioni di mercato.
Si può prevedere un'autonomia in ZEV, cioè la possibilità di andare in solo elettrico fino a 5 chilometri, praticamente per le auto ibride, fino a 50 per le ibride plug-in, fino a 300, con un miglioramento tecnologico, perché oggi si attestano a 200-250, per le elettriche, e oltre i 300 a salire, perché noi vogliamo automobili o veicoli a zero emissioni per tutta la loro durata.
Non dimentichiamo, inoltre, l'importanza della ricerca indipendente. Vanno bene le case e vanno bene le parti, ma un Paese importante trae le sue conoscenze anche dalla ricerca indipendente, se vuole veramente prendere le strade giuste. Io sono coordinatore scientifico di un tavolo che comprende CNR ed ENEA e che ogni anno tiene un evento. Quest' anno è il decennale. Da dieci anni in Italia CNR, ENEA e università attirano le grandi case automobilistiche in un evento in cui ci si confronta su un tavolo indipendente.
Non dimenticate l'importanza ricerca e della ricerca indipendente, dei centri di ricerca pubblici o privati (non è in tale differenza il discrimine, purché siano centri di ricerca di università), il CNR - noi abbiamo ancora istituti di ricerca in questo settore tra i migliori del mondo - e l'ENEA, sui cui banchi sia noi, sia il CIVES teniamo gran parte delle nostre prove. Credo che sia molto importante tenere conto, magari in quanto valutatrice di performance, del fatto che la ricerca indipendente nazionale abbia un ruolo in un quadro globale.
Vi ringrazio per l'attenzione.

PRESIDENTE. Visto che gli interventi sono stati molto ampi, suggerisco di porre domande indicando il destinatario delle domanda, perché alle 13,10 dobbiamo concludere l'audizione.
Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

MARCO MAGGIONI. Ringrazio i relatori. Dovendo essere sintetici, penso che il legislatore effettivamente debba dare un quadro normativo affinché il settore si sviluppi da oggi ad alcuni decenni, senza entrare nell'ambito tecnologico, perché la tecnologia muta, in particolare in questo settore.
Ciò premesso, passo al tema delle colonnine di ricarica, dei sistemi di ricarica e delle automobili. Intenderei focalizzare la mia domanda sui sistemi di ricarica, in particolare su quanto affermava il rappresentante di Sorgenia.
Si parla a livello domestico di un sistema di ricarica lento, basato su 3 chilowatt in un tempo di circa otto ore. Dal momento che non è possibile a livello domestico mettere a disposizione tutta la potenza per ricaricare l'auto, neanche di notte, e che, quindi, si dovrà necessariamente aumentare il tempo utile per la ricarica - non impiegando 3 chilowatt, evidentemente non si riesce a ricaricare in


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otto ore, ma lo si dovrà fare in più tempo - a livello di tecnologia a oggi si prevede un miglioramento della riduzione dei tempi di ricarica e, in caso affermativo, in che termini?

ANDREA LULLI. Io non porrò domande. Voglio soltanto ringraziare dell'audizione, che per me e per il mio gruppo è molto utile. Noi siamo convinti di andare avanti su questa normativa, anche con le precisazioni che ho sentito svolgere e che condivido. Vi ringrazio.
Le questioni sono tante e ho visto anche indicazioni interessanti per quanto riguarda il recupero dei finanziamenti, che credo sia molto utile. Del resto, in tutta Europa si discute di fatto sul superamento attuale della tassazione sulla mobilità. Si parla della CO2 e forse anche nel nostro Paese è giunto il momento di svolgere una riflessione.
Condivido quasi tutte le osservazioni che sono state svolte. Naturalmente il lavoro non sarà semplice, ma mi auguro che ci possiate dare una mano anche a promuovere la cultura dell'approccio a questa tecnologia. In queste audizioni spesso nel dibattito ho visto un deficit all'approccio di tipo culturale non indifferente.

DEBORAH BERGAMINI. Credo che sia stata senz'altro, secondo la mia opinione, una mattinata utilissima. Le sollecitazioni sono state numerose e mi voglio complimentare, in particolare, con la relazione dell'ingegner Menga perché, per quanto ho potuto apprezzare, è stata particolarmente dettagliata e ricca di suggerimenti, quasi tutti assolutamente recepibili.
Volevo concentrarmi - non voglio una risposta adesso; pregherei magari chi ne ha competenza di farcela avere in seguito - sul tema delle infrastrutture, ossia della ricarica in area pubblica versus la ricarica domestica.
Mi sembra che da un paio delle vostre relazioni sia emerso l'aspetto per cui l'uso privato è senza dubbio superiore a quello pubblico. Non so se ipotizzare i due terzi dell'uso domestico rispetto a un terzo di uso pubblico possa essere una cifra strampalata oppure no, però mi piacerebbe saperlo.
L'ingegner Santini sosteneva che è fondamentale una pianificazione accurata di tutta la rete di infrastrutture di ricarica, questione di cui siamo ben coscienti, però per realizzare tale obiettivo per noi è importante, ovviamente con la situazione che conosciamo oggi, avere una proiezione di questo dato e incrociarlo, se possibile, anche con l'uso commerciale di questi veicoli rispetto all'uso privato. Si tratta di elementi chiave per poter addivenire a una mappatura il più possibile utile e futuribile per l'aspetto della costruzione e della creazione della rete infrastrutturale. Non voglio la risposta adesso, ma vi ringrazio se ce la farete avere per iscritto.

GABRIELE CIMADORO. Anch'io intervengo non per chiedere risposte, ma per ringraziare innanzitutto i relatori. Ho apprezzato molto gli interventi di tutti. L'ingegner Orecchini mi ha messo la pulce nell'orecchio, in particolare per quanto riguarda l'idrogeno. Mi pare che dalla sua relazione traspaia la voglia e quasi la certezza di avere come ricerca e mercato di sviluppo futuro l'idrogeno. Pensiamo tutti - e credo anche lei - che l'elettrico misurato in relazione alle emissioni sia il tema su cui puntare nell'immediato, nei prossimi anni.
Rimane il dubbio se non bisogna abbandonare comunque, come sosteneva lei, l'altra possibilità di ricerca, quella dell'idrogeno. A questo punto, però, è meglio che puntiamo su questa vicenda e sul provvedimento su cui stiamo lavorando. Mi sembra che le indicazioni che ci avete fornito in generale siano queste. Grazie.

PRESIDENTE. Lasciamo svolgere una battuta rapida all'ingegner Fiocchi sulla domanda precisa. Rimanderei eventuali ulteriori vostri approfondimenti ad una nota scritta che potrete inviarci a completamento dell'audizione di oggi.


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Do la parola all'ingegner Fiocchi per una breve replica.

ANDREA FIOCCHI, Direttore investimenti di Sorgenia. Per rispondere alla domanda, già oggi l'Autorità per l'energia elettrica e il gas prevede la possibilità di installare una seconda linea per il servizio di ricarica del veicolo elettrico. Se si dedica una linea a tale servizio, chiaramente non si hanno altri consumi che interferiscono e che tolgono potenza a disposizione per la ricarica. Se si volessero ulteriormente abbattere i tempi di ricarica, si dovrebbe ricorrere a una potenza maggiore, quindi a 6 chilowatt, con costi connessi maggiori.

PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi per la relazione e per la documentazione depositata, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegati).
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 13,10.

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