Sulla pubblicità dei lavori:
Gibelli Andrea, Presidente ... 2
INDAGINE CONOSCITIVA SULLA SITUAZIONE E SULLE PROSPETTIVE DEL SISTEMA INDUSTRIALE E MANIFATTURIERO ITALIANO IN RELAZIONE ALLA CRISI DELL'ECONOMIA INTERNAZIONALE
Audizione di rappresentanti di Farmindustria:
Gibelli Andrea, Presidente ... 2 4 6
Vignali Raffaello, Presidente ... 6 8
Dompè Sergio, Presidente di Farmindustria ... 2 6
Iannaccone Arturo (Misto-MpA-Sud) ... 5
Lulli Andrea (PD) ... 5
Monai Carlo (IdV) ... 6
Pezzotta Savino (UdC) ... 5
Torazzi Alberto (LNP) ... 4
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP.
Resoconto stenografico
INDAGINE CONOSCITIVA
La seduta comincia 15,25.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla situazione e sulle prospettive del sistema industriale e manifatturiero italiano in relazione alla crisi dell'economia internazionale, l'audizione di rappresentanti di Farmindustria.
Sono presenti il dottor Sergio Dompè, presidente, e la dottoressa Nada Ruozzi, responsabile area relazioni istituzionali.
Do la parola al presidente di Farmindustria, Sergio Dompè.
SERGIO DOMPÈ, Presidente di Farmindustria. Ringrazio per il vostro tempo e per l'invito della Commissione. Cercherò di ringraziarvi concretamente evitando di farvi perdere tempo e non raccontandovi aspetti già noti.
Il settore che rappresento ha alcune particolarità. Oggi, parliamo tutti dell'economia della conoscenza e non c'è settore che abbia un maggiore utilizzo dell'economia della conoscenza di quello farmaceutico e della salute in senso generale.
Ci troviamo di fronte a una trasformazione epocale. Negli ultimi cinquanta anni, compresi gli ultimi dieci, abbiamo guadagnato mediamente un mese ogni quattro di aspettativa di vita, per cui chi nasce oggi può avere aspettative che si avvicinano ai 90 anni nel caso delle donne e agli 83-84 nel caso degli uomini. L'aspettativa media appare dunque realmente importante.
Questo comporta una trasformazione della società. In passato, infatti, a 65 anni una persona usciva dal mondo lavorativo e si avviava verso la pensione, che spesso durava una decina d'anni, mentre oggi è all'ordine del giorno trovare «ragazzi di 73-74 anni» che giocano a tennis, lavorano e viaggiano. Questo è un challenge sotto il punto di vista sanitario e della ricerca che conduciamo.
Negli ultimi anni, siamo riusciti a invertire trend importanti come quello della mortalità sulle patologie tumorali, e le cure si stanno orientando sempre più verso una personalizzazione, che richiede una identificazione delle caratteristiche non soltanto del paziente, ma anche della malattia e della sua fase. Questo è bellissimo sotto il punto di vista della prospettiva, ma molto complesso e costoso sotto quello dello sviluppo di questo tipo di industria.
Una serie di malattie rare continuano ad aumentare non perché aumentino oggettivamente, ma perché si accrescono le conoscenze che ci permettono di individuarle. Arriviamo molto prima sulle malattie e, dove non riusciamo a combatterle efficacemente, cerchiamo di stabilizzarle.
Uno dei recenti successi dell'industria farmaceutica riguarda l'Aids. Solo 17-18 anni fa, c'erano vittime e costi allucinanti, ospedali completamente ingolfati. Per quanto riguarda alcune patologie molto comuni quali l'ipertensione, nel giro di 15 anni abbiamo apportato una diminuzione della mortalità del 40 per cento. Questi sono fatti.
Sotto il punto di vista industriale, il nostro Paese è stato esageratamente disattento quando sarebbe stato necessario essere attenti, e con una responsabilità imprenditoriale, politica, giornalistica ci siamo fatti scippare alcuni gioielli che oggi sarebbero straordinari veicoli di penetrazione nei mercati e del made in Italy in Italia, quali Farmitalia, Carlo Erba, Lepetit e Sclavo, che oggi non ci sono più. Molti protestarono dichiarando ormai persa la farmaceutica, ma fortunatamente siamo ancora qui.
Il nostro settore sta apportando al Paese un contributo incredibile e inaspettato. Fatto cento il nostro fatturato, il 10 per cento di export nel 1991 è divenuto oggi 53 per cento. Meno della metà della nostra produzione in Italia è quindi destinata al mercato interno. Si tratta dunque di un risultato estremamente importante.
Alcune aziende internazionali hanno investito molto nel nostro Paese. Pochi giorni fa, alla presenza del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta, di Enrico Letta, dell'assessore Rossi, del Ministro del lavoro Maurizio Sacconi, abbiamo inaugurato a Firenze un nuovo insediamento di Eli Lilly, il maggiore investimento biotech recentemente effettuato in Europa con 270 milioni di euro, che diventeranno 350 nel giro di un anno. Un gruppo che nel mondo sta riducendo di 5.500 persone il proprio organico, in Italia, grazie al lavoro svolto prima, è riuscito ad assumerne altre 200-250.
Il 90 per cento della produzione di questo stabilimento andrà all'estero, assicurando valuta pregiata per il nostro Paese. Due settimane fa, ho avuto occasione di presentare i dati al Ministro dell'economia e delle finanze Tremonti, che cortesemente ci ha ricevuto e al quale abbiamo mostrato quanto paghiamo in contributi sociali, quanto in tasse. In base al nostro Statuto, siamo gli unici nel mondo confindustriale a pagare i tributi all'associazione secondo i fatturati, ma abbiamo voti rispetto agli investimenti in ricerca, gli occupati, le tasse. Abbiamo dunque sostanzialmente allineato i nostri valori ai sistemi del valore Paese.
Abbiamo fatto i contratti di programma e ottenuto 100 milioni, con i quali abbiamo portato 1 miliardo e 200 milioni di euro di investimenti in Italia, che produrranno circa 4 miliardi di valore aggiunto per il nostro Paese. Se aggiungiamo ad essi i contributi sociali, l'export, le tasse pagate, attualmente abbiamo la bilancia dei pagamenti in attivo, unica voce del bilancio sanitario che è stata sotto il budget prestabilito, al di là del fatto di aver ugualmente subìto tagli per 2 miliardi.
Oggi, quindi, desidero non mostrarvi lucciole per lanterne, né piangere come spesso si fa in situazioni di questo genere, ma mettervi di fronte ad una situazione in cui, se ci aiutate a stabilizzare e a incrementare gli investimenti delle imprese internazionali nel nostro Paese, siamo in condizioni di seguirvi non solo a parole, ma con una serie di impegni delle singole aziende e delle singole situazioni. Non soltanto non abbiamo alcuna problematica di delocalizzazione, ma abbiamo la possibilità di creare sviluppo per il nostro Paese e di garantirvi un conto economico in attivo.
Se invece si continua a penalizzare il settore farmaceutico utilizzandolo come bancomat del Governo per fare cassa, apparentemente non succede niente giacché il mercato non va in crisi perché le malattie non vanno in cassa integrazione e le problematiche del sistema Paese esistono comunque, ma agli effetti pratici non potremo competere con i colleghi di tutti gli altri Paesi.
Gli investimenti nuovi andranno su altri Paesi e in tre o quattro anni si assisterà a un'inversione di tendenza molto negativa per noi, che peraltro andiamo avanti lavorando
comunque in altri Paesi, ma sicuramente non positiva per il sistema industriale del nostro Paese, che considero una delle sue forze. Siamo infatti il secondo settore industriale dopo i costruttori e Confindustria, quindi davanti a numerosi settori che hanno migliore stampa rispetto alla nostra.
Abbiamo purtroppo già perso 7 mila posti di lavoro e forse ne perderemo altri 3 mila, ma il problema è dare qualificazione e impulso all'investimento. Il 90 per cento dei nostri occupati è costituito da laureati e diplomati e più del 53 per cento degli occupati nel settore della ricerca sono donne.
Alcune imprese italiane si stanno internazionalizzando. Una piccola azienda relativamente poco nota come Rottapharm, diretta dal professor Rovati, ha acquisito Madaus in Germania per 600 milioni di euro indebitandosi pesantemente con le banche e portando il livello di internazionalizzazione del suo gruppo a oltre il 70 per cento.
Chiesi è un gruppo che probabilmente pochi di voi conoscono, ma ha oltre 3 mila dipendenti e fa oltre il 70 per cento di fatturato all'estero. Nei prossimi 5 anni, investirà 580 milioni di euro in ricerca e sviluppo nel nostro Paese. Quando in varie sedi cito la Menarini e chiedo quanti dipendenti ritengano abbia, tutti rispondono mille o 2 mila, mentre sono già 12.500 e hanno preso la commenda nella Repubblica federale tedesca per essere la prima azienda in Germania per assunzioni, giacché negli ultimi quindici anni ha assunto 5.500 persone. Questi sono i numeri che è necessario far vedere. Chiediamo quindi un intervento di qualità.
Attualmente, piccole aziende nel settore biotech pubblicano benissimo, conquistano la copertina di riviste tipo Nature o Blood. Si tratta di un settore variegato, in cui stiamo lavorando con un approccio «a network». Chiediamo quindi di essere messi in condizione di fare il nostro lavoro, considerando quello che abbiamo e distinguendo le chiacchiere, che molti vengono a portarvi in questa sede, dai fatti.
Ho portato anche dati scritti e una serie di slide che vi lascio per chi volesse approfondire questi temi. Viene illustrata anche la situazione regionale, perché alcune regioni attualmente in mano alla sinistra o al PdL puntano fortemente su questo settore. In Toscana, abbiano realizzato un lavoro straordinario e oggi il settore è identificato dalla regione Toscana come il primo settore in assoluto per il futuro della regione.
L'altra sera, ero dal presidente Formigoni, che mi ha onorato della presenza del suo Comitato strategico. Per quanto riguarda la trasversalità nel contribuire all'ecologia e all'ambiente lombardo, giacché in Lombardia abbiamo il 45 per cento di tutta la produzione, quindi 1,5 miliardi di pezzi che parte dalla Lombardia, promuoveremo un programma ad hoc per far dimagrire in termini di peso e di dimensione le nostre confezioni a parità di unità al loro interno, quindi senza che il consumatore perda nulla, per cercare di avere un minore impatto sui trasporti e sui rifiuti.
Stiamo collaborando con il Ministero della ricerca per avere programmi integrati su questo, perché attiviamo network di ricerca con le università e siamo i primi contributori. Personalmente, sono anche presidente del Comitato di valutazione del CNR. Anche in quell'ambito, quindi, cerchiamo di interagire.
In conclusione, crediamo di avere dei numeri per poter essere guardati non con gli occhi di ieri, ma cercando di vedere che cosa oggi nel nostro Paese possa creare valore aggiunto e compatibilità con quello che dovrebbe essere il software di lettura del nostro sistema industriale per gli anni a venire.
PRESIDENTE. Grazie. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.
ALBERTO TORAZZI. Grazie presidente. Desidero porre alcune rapide domande. La bilancia commerciale del settore farmaceutico è positiva. Vorrei conoscere i tre principali motivi di competitività
del nostro Paese, quale sia rispetto al passato la forbice del costo dei farmaci tra l'Italia e l'estero, ad esempio la Germania, e quali provvedimenti chiedereste al Parlamento per migliorare la competitività del vostro settore.
ARTURO IANNACCONE. Intervengo molto brevemente. La spesa farmaceutica non si annovera tra quelle che hanno determinato la crisi economica e finanziaria del nostro servizio sanitario. Preciso questo anche per sfatare una linea di tendenza che ha portato a tagli spesso indiscriminati e all'esclusione di farmaci necessari per la salute dall'elenco di quelli erogati dal Servizio sanitario nazionale. In virtù dell'aumento delle aspettative di vita, infatti, i farmaci relativi all'apparato circolatorio si rivelano necessari per migliorarne la qualità.
Considero quindi opportuno che il Ministero della salute che si andrà a reinsediare effettui una valutazione di carattere complessivo nell'interesse dei cittadini e di chi deve far ricorso ai farmaci per curare importanti patologie.
La seconda riflessione riguarda la situazione degli investimenti al Sud. L'MPA-Alleati per il Sud ha un particolare radicamento territoriale al sud. Lei ha fatto riferimento alla Toscana e alla Lombardia, ma vorrei avere informazioni sui progetti che la sua associazione promuove per il Sud, sapere se siano in programma nuovi investimenti e quale sia il rapporto tra gli occupati al Nord e gli occupati al Sud e quali richieste più specifiche formulate alla Commissione per poter affrontare e superare questa fase di crisi.
Perdere 7 mila posti di lavoro e in prospettiva altri 3 mila è comunque indicativo di un settore che accusa le stesse difficoltà degli altri settori. È dunque necessario verificare le possibilità di intervento legislativo e normativo per invertire questa tendenza.
ANDREA LULLI. L'esposizione è stata sintetica, ma efficace. Attribuisco molta importanza a questa audizione per alcuni motivi che desidero rapidamente indicare. Il primo è che questo settore ha un'importanza strategica per il nostro Paese perché, per ragioni demografiche, per le nuove tecniche scientifiche dalle quali saremo sempre più invasi, il campo in cui opera assumerà una rilevante importanza.
Sarebbe utile che le politiche connesse alla produzione farmaceutica non fossero solo legate alle politiche del Ministero della salute. Se reputiamo che questo sia uno dei settori strategici su cui l'Italia può dare molto, anche la nostra indagine sulla crisi dell'industria manifatturiera dovrebbe darlo per acquisito e aprire una riflessione su come trattare questi argomenti.
Tutto passa per politica sanitaria, ma alla fine è necessario riportare la logica dello sviluppo industriale nel settore, perché alcune scelte rischiano di essere condizionate da altri punti di vista, che sono sicuramente molto importanti, ma possono non cogliere la complessità e le potenzialità del settore.
La ricerca applicata in questi settori può essere veicolata per sviluppare anche altri settori e dare impulso alla nostra industria manifatturiera anche in altre direzioni.
L'onorevole Torazzi ha chiesto di indicare tre cose da fare, ma a me basterebbe conoscerne una sulla quale il Parlamento dovrebbe impegnarsi. Un'indicazione del Presidente Dompè in tal senso sarebbe di grande utilità per questo nostro incontro.
SAVINO PEZZOTTA. Vorrei chiedere alcuni chiarimenti. L'8 luglio la Commissione europea ha pubblicato un rapporto su alcuni elementi di carenza del settore farmaceutico. Mi sembra che quel rapporto sia abbastanza inquietante dal punto di vista sia dei monopoli sia dei ritardi sui generici per favorire alcune imprese.
Poiché il rapporto inquieta ed evidenzia ricadute sul piano occupazionale dell'industria nel nostro Paese, vorrei conoscere la vostra opinione e gli effetti delle proposte di una legislazione nuova e di un brevetto europeo che in quel rapporto vengono avanzate.
La seconda questione verte sulla ricerca. Voi avete investito un 10 per cento in più rispetto al settore manifatturiero normale. Vorrei che specificaste dove, come e su quali settori avete destinato questi investimenti, rispetto alla questione dei monopoli e al fatto che in Italia abbiamo una serie di piccole e medie imprese nel settore chimico.
Nella vostra riunione de L'Aquila avete avanzato la richiesta di un credito di imposta automatico per elementi specifici. Vorrei quindi capire quali siano gli elementi specifici.
In un settore come il vostro, perdere circa 7 mila posti di lavoro non è poco. Il problema è come recuperarli.
PRESIDENTE. Grazie. Lascio la presidenza al vicepresidente Vignali, perché ho un altro impegno istituzionale. Vi auguro quindi buon lavoro.
PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Dompè. In questa Commissione riconosciamo unanimemente l'opportunità di smettere di considerare un settore finito, perché poi alla fine non è così.
Dalle sue parole mi sembra di capire che competitività e produttività dipendano dalla ricerca e dall'innovazione e non da altro, tema che sarebbe opportuno approfondire, laddove soprattutto in questo periodo di crisi si è smesso di parlare di ricerca e innovazione come in passato, quasi fossero un altro problema, mentre restano il principale.
Desidero specificare la domanda rivolta dall'onorevole Pezzotta. Sono un sostenitore delle misure automatiche soprattutto su ricerca e innovazione, non fosse altro che per una questione di gestione dei tempi. Vorrei sapere se sareste disposti a chiudere tutte le politiche per la ricerca a bando per spostare le risorse sulla leva fiscale.
Do ora la parola all'onorevole Monai.
CARLO MONAI. Vi sono grato per le informazioni fornite in maniera molto puntuale. Vorrei conoscere la vostra opinione in merito al settore delle parafarmacie, che sta affrontando una situazione piuttosto difficile. Un'eventuale liberalizzazione potrebbe dare significative risposte in termini di servizi al cittadino e di volume di business.
PRESIDENTE. Do la parola al presidente di Farmindustria, Sergio Dompè, per la replica.
SERGIO DOMPÈ, Presidente di Farmindustria. Innanzitutto grazie per la vostra presenza, perché in queste audizioni non è facile avere un parterre così numeroso e qualificato, per cui mi dichiaro orgoglioso della vostra presenza e delle vostre domande e vi sono grato per la vostra attenzione nei nostri confronti.
Cercherò di darvi risposte generali in pochi minuti, rimanendo poi a disposizione di chiunque non fosse soddisfatto della mia risposta.
La bilancia dei pagamenti è in attivo per la sola parte farmaceutica per circa 400 milioni, saldo attivo del nostro Paese. Non soltanto non c'è saldo passivo, ma c'è saldo attivo sui pagamenti.
Negli ultimi otto anni, la spesa farmaceutica territoriale non è cresciuta in termini assoluti, quindi il più 25 per cento di quantità e l'inflazione sono state assorbite nell'ambito della competitività. Oggi - presento dati oggettivi, che nessuno può disconoscere - si registra un costo per cittadino a carico dello Stato di 188 euro, mentre la media europea è di 265 euro. Abbiamo l'offerta più larga a carico dello Stato e il 20 per cento di ultrasessantacinquenni, giacché insieme alla Germania siamo il Paese con più anziani, mentre in altri Paesi questa categoria rappresenta il 14 per cento della popolazione, per cui i due dati non possono essere confrontanti in quanto non omogenei.
Il problema dei generici è dunque un falso problema, perché i generici hanno la maggiore intensità nei Paesi dove i prezzi sono più alti e quindi quando scadono di
brevetto incidono di più. L'obiettivo dei generici è non privilegiare un produttore rispetto a un altro, ma tenere bassa la spesa farmaceutica. Noi abbiamo la spesa farmaceutica più bassa in Europa, nonostante vi sia compresa l'IVA al 10 per cento, mentre in Francia l'IVA è al 2,1 per cento.
Per quanto riguarda i ricavi netti delle nostre imprese, in Italia 6,1 euro su 10 di farmaco vanno all'industria. In Gran Bretagna, la distribuzione e l'IVA insieme consumano il 20 per cento, mentre noi siamo al 40 per cento.
Nello stesso arco temporale 2001-2009, il resto della spesa sanitaria è aumentato di circa il 51 per cento e noi siamo sotto dell'1 per cento in valore assoluto. Alla luce dei vari confronti internazionali, vi chiediamo di fare le vostre considerazioni e valutazioni del caso.
Per quanto riguarda il credito d'imposta nei confronti della ricerca, soprattutto in un momento di questo genere la cosa più preziosa è la percentuale di ricerca dell'industria farmaceutica, che è superiore alla media del manifatturiero non del 10, ma dell'850 per cento. La media del settore manifatturiero in Italia è l'1 per cento, la nostra media italiana, che considero ancora bassa, è all'8,5 per cento. Il mio obiettivo è arrivare al 10 per cento.
Avevamo ereditato una situazione con pochissimi progetti di ricerca, oggi ho l'orgoglio di informarvi che abbiamo 200 progetti di ricerca, di cui 130 in fase clinica, e stiamo raddoppiando la fase 1, che è la parte più innovativa in cui si fanno i primi test, e la fase 2, quella dell'efficacia, cercando di attrarre i migliori esperti, perché gli elementi di competitività del nostro Paese sono la qualità e i costi relativamente bassi della nostra forza lavoro.
Il nostro indotto di tipo manifatturiero, per quanto riguarda la macchina del confezionamento, è leader nel mondo anche grazie a noi. È merito loro al 99 per cento ma, se non avessero avuto l'industria farmaceutica su cui lavorare, con la micromeccanica non avrebbero raggiunto una media del 91 per cento nell'export delle macchine. Per ogni macchina che vendono in Italia, ne vendono più di 9 all'estero.
L'altro elemento è la qualità della ricerca italiana clinica e non clinica, perché esiste non la ricerca in senso generale, ma quella specifica. Per quanto riguarda l'immunologia, l'oncologia, l'ortopedia, la diabetologia, ci sono isole di eccellenza non solo al Nord, come l'Ismet che per quanto riguarda i trapianti con Ignazio Marino è senza dubbio uno dei centri più competitivi che abbiamo in Europa, ma anche al Sud, come anche i centri di biotecnologia che si trovano a Napoli e quelli di bioinformatica in Puglia.
Se s'individua il network, si danno i contributi per la ricerca e si finanziano pochi progetti realmente strategici che non siano di interesse dell'industria farmaceutica, ma che vedano l'industria farmaceutica come pivot di una visione a network in un Paese come il nostro in cui vi sono competenze vere di tipo strategico.
La prima delle quattro cose che noi chiediamo, oltre al credito di imposta che rappresenta la richiesta più importante, è l'appropriatezza nella spesa farmaceutica per cui, laddove si riconosca opportuno concedere una somma, non sia possibile intervenire per effettuare ulteriori risparmi per il Paese che già spende il 35 per cento in meno degli altri.
Chiediamo inoltre regole fisse. Il nostro sistema ha infatti 12-13 anni di ritorno degli investimenti, per cui non possiamo cambiare tutti gli anni. Avete dato un esempio positivo di governo con i contratti di programma inventati dal primo Governo Berlusconi, portati avanti dal Governo Prodi e conclusi da questo Governo. Questo è il sistema perché per organizzare e fare ricerca abbiamo tempi di 12 anni e cambiare di continuo gli strumenti è un disastro.
A questi punti si aggiungano l'accesso dell'innovazione e il dimostrarsi non regolarmente punitivi nei confronti delle imprese. Ho bisogno di fare il vostro ambasciatore, il vostro piazzista, di andare in giro come ho fatto in questi primi quattro anni e mezzo di Presidenza a
convincere tutti che investire in Italia sia il business migliore in assoluto, e qui non c'è delocalizzazione.
Dispiace anche a me avere 10 mila lavoratori in meno, ma riuscendo a reggere bene e a dare impulso con i programmi di ricerca, non soltanto ne stabilizzerò comunque 63-64 mila, più i 140 mila dell'indotto, ma potrò assicurare che negli altri 5 anni incrementerò del 10 per cento questi dati anche con i contratti di programma, compresi l'occupazione.
Per quanto riguarda il settore della parafarmacia ricordo che per legge, noi siamo responsabili fino alla somministrazione al paziente, quindi per noi la parafarmacia va benissimo, purché rispetti la stessa condizione di tutela delle farmacie.
PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi e dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 16.