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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione X
16.
Mercoledì 11 novembre 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Vignali Raffaello, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA SITUAZIONE E SULLE PROSPETTIVE DEL SISTEMA INDUSTRIALE E MANIFATTURIERO ITALIANO IN RELAZIONE ALLA CRISI DELL'ECONOMIA INTERNAZIONALE

Audizione dell'assessore alle politiche dell'economia, dello sviluppo, della ricerca e dell'innovazione della regione Veneto e dell'assessore alla piccola e media impresa, commercio e artigianato della regione Lazio:

Vignali Raffaello, Presidente ... 3 5 6 8 10 16
Cimadoro Gabriele (IdV) ... 10
Fichera Daniele, Assessore alla piccola e media impresa, commercio e artigianato della regione Lazio ... 5 14
Formisano Anna Teresa (UdC) ... 7
Gava Fabio (PdL) ... 9
Lulli Andrea (PD) ... 10 13
Sartor Vendemiano, Assessore alle politiche dell'economia, dello sviluppo, della ricerca e dell'innovazione della regione Veneto ... 3 10 13
Torazzi Alberto (LNP) ... 8
Trevisanato Sergio, Segretario regionale alle attività produttive, istruzione e formazione della regione Veneto ... 14
Vico Ludovico (PD) ... 6
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP.

COMMISSIONE X
ATTIVITÀ PRODUTTIVE, COMMERCIO E TURISMO

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 11 novembre 2009


Pag. 3

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE RAFFAELLO VIGNALI

La seduta comincia alle 14,20.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione dell'assessore alle politiche dell'economia, dello sviluppo, della ricerca e dell'innovazione della regione Veneto e dell'assessore alla piccola e media impresa, commercio e artigianato della regione Lazio.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla situazione e sulle prospettive del sistema industriale e manifatturiero italiano in relazione alla crisi dell'economia internazionale, l'audizione dell'assessore alle politiche dell'economia, dello sviluppo, della ricerca e dell'innovazione della regione Veneto e dell'assessore alla piccola e media impresa, commercio e artigianato della regione Lazio.
L'assessore della regione Veneto, il dottor Vendemiano Sartor, è accompagnato dal dottor Sergio Trevisanato; l'assessore della regione Lazio, dottor Daniele Fichera, è accompagnato dal dottor Mario Pagani, funzionario della regione Lazio.
Proporrei ai due assessori di svolgere una breve introduzione, lasciando poi spazio ad eventuali domande e interventi dei colleghi e quindi alla replica. Si tenga conto che entro le 15,30 dobbiamo terminare i nostri lavori.
Do immediatamente la parola ai nostri ospiti, che ringrazio per aver accettato il nostro invito in Commissione.

VENDEMIANO SARTOR, Assessore alle politiche dell'economia, dello sviluppo, della ricerca e dell'innovazione della regione Veneto. Grazie a lei, presidente, per questa occasione.
La Commissione è venuta in delegazione anche lunedì scorso a conoscere una situazione un po' più problematica, relativa a Marghera. Voglio solo svolgere alcune considerazioni generali e presentare alcuni dati.
Il settore manifatturiero nel Veneto riguarda il 30 per cento delle imprese, circa 104 mila su 500 mila, che rappresentano il dato complessivo, e riguarda il 40 per cento di occupazione, corrispondente a oltre 820 mila persone, con punte, su alcune province - in particolare Vicenza e Treviso - che toccano il 35 per cento delle imprese e il 45 per cento dell'occupazione.
Si tratta, quindi, di un settore ancora ben radicato nel nostro territorio, che presenta necessariamente alcune problematiche, la maggior parte delle quali derivano dalla crisi finanziaria. Alcune, tuttavia, come ha avuto occasione di verificare la Commissione, sono anche di natura strutturale, per via di alcuni assetti che devono essere ancora definiti, soprattutto nel settore della chimica. A questo proposito lasceremo agli atti della Commissione anche della documentazione con alcuni elementi informativi.


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Da quando è cominciata la crisi, svolgiamo un continuo monitoraggio della situazione e abbiamo avviato alcune azioni specifiche. Gli ultimi dati, relativi al secondo semestre dell'anno in corso, fanno emergere un calo del 15 per cento della produzione e del 16 per cento degli ordini totali, in dipendenza, soprattutto, di un calo delle vendite all'estero.
Alcuni settori ne soffrono maggiormente, in particolare quelli legati ai metalli, che registrano anche una diminuzione del 30 per cento, relativa soprattutto al sistema della meccanica e della meccatronica applicate al sistema di costruzione di impianti e macchinari.
Ciò comporta anche un riflesso sull'occupazione. Eravamo abituati, nel nostro territorio veneto, a un tasso di disoccupazione inferiore al 3 per cento, quindi quasi fisiologico. Continuiamo sicuramente ad avere un tasso al di sotto della media nazionale, ma aumentato ormai di oltre due punti. Inoltre, le previsioni non sono, su questo versante, di un riassorbimento veloce. Non essendo abituata a tali difficoltà, anche una situazione migliore rispetto ad altri territori comporta comunque per la regione un riflesso psicologico di paura non indifferente.
Le previsioni non sono ottimistiche, anche se migliori rispetto al passato, e possono portare a una inversione di tendenza della discesa in atto, ma non sicuramente nei settori della mobilità e della disoccupazione. Su questa partita, vi è dunque ancora la necessità di investire notevoli risorse.
Come regione, cerchiamo di fare la nostra parte, cercando di intervenire su alcuni parametri della congiuntura, soprattutto sul settore del credito e dell'occupazione, con aspetti di novità rispetto al passato. Uno dei problemi che abbiamo come territorio - ma credo che sia una questione più generale - è la sottocapitalizzazione delle imprese. Questa circostanza, coniugata con la questione della liquidità, comporta alcuni problemi di congiuntura.
Abbiamo stipulato un accordo con il sistema bancario per moratorie e interventi di straordinarietà, ma, contemporaneamente, mettiamo in circolazione anche alcune risorse, che derivano anche dalla programmazione comunitaria, destinate ad alcuni interventi che prevedono spinte forti su innovazione e ricerca, internazionalizzazione e ingegneria finanziaria. A tutto ciò occorre aggiungere alcuni incentivi nel settore della liberalizzazione per stimolare la partenza di nuove imprese.
Cerchiamo, dunque, di contenere la congiuntura economica sfavorevole, ma anche di programmare interventi in prospettiva.
C'è una forte preoccupazione, perché eravamo abituati a una crescita degli anni precedenti derivante soprattutto dalle esportazioni, il settore che adesso soffre maggiormente, mentre sono piuttosto stagnanti i consumi interni. Sul versante del consumo, per lo meno, si osserva un mantenimento.
Stiamo mettendo in campo alcuni elementi di novità anche sulla questione dell'occupazione: oltre alle tutele passive, prevediamo rimodulazioni del Fondo sociale europeo per alcune tutele attive, riguardanti soprattutto la formazione e la rioccupazione delle risorse umane.
Il nostro tessuto industriale presenta caratteristiche specifiche nel territorio di Marghera, sulle cui problematiche, che riguardano soprattutto la chimica, la Commissione è già stata edotta. A parte Marghera, abbiamo un tessuto di piccole e medie impresa diffuse sul territorio, che accusa ora la sofferenza maggiore anche in termini di occupazione. Cito, per tutti, un dato, che trovate all'interno del documento che lascio agli atti della Commissione: la cassa integrazione in deroga, che coinvolge per il 77 per cento imprese artigiane, ha attualmente 47 mila lavoratori in carico. Tenete conto che l'occupazione complessiva dell'artigianato è di 210 mila dipendenti. Il 23-24 per cento del settore ha, quindi, richiesto l'utilizzo di questi ammortizzatori specifici. Ciò dimostra come la situazione sia critica, soprattutto su questo versante.


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Questa è, in sintesi, la situazione della regione Veneto. Vi lascio alcuni documenti di analisi e di dettaglio e rimango a disposizione per eventuali domande.

PRESIDENTE. La ringrazio anche per la notevole sintesi.

DANIELE FICHERA, Assessore alla piccola e media impresa, commercio e artigianato della regione Lazio. Signor presidente, cercherò di essere altrettanto sintetico.
Enuncio subito il concetto generale, di sintesi, la radiografia della situazione. La peculiarità del Lazio è quella di aver apparentemente risentito della crisi meno di altre aree, perché la quota di produzione esposta al ciclo internazionale nella nostra regione è, sul totale, non particolarmente elevata. Questo, secondo gli indicatori, ha attutito gli effetti complessivi della crisi. Non ne ha, invece, attutito affatto gli aspetti specifici. Sul settore della nostra economia che aveva avuto, nell'ultimo decennio, un'evoluzione in direzione del rafforzamento delle aree del manifatturiero, quelle più dinamiche e più esposte alla concorrenza, si sono concentrati gli effetti di crisi.
Il complesso dell'economia regionale tiene per il peso determinato non tanto dalla pubblica amministrazione, quanto dai servizi di tipo metropolitano, che sono comunque anticiclici, mentre, invece, il comparto industriale soffre con particolare evidenza. Questo risulta particolarmente dai dati che riguardano la cassa integrazione guadagni che, nell'ultimo periodo, ha avuto una crescita esponenziale di utilizzo.
Temiamo gli effetti indotti, di seconda fase, che derivano dal ciclo dei consumi e si scaricano sull'economia dei servizi. Abbiamo forse subìto di meno, globalmente, la parte iniziale della crisi, ma temiamo di subire di più gli effetti della seconda fase.
Che cosa abbiamo messo e che cosa riteniamo sarebbe opportuno mettere in campo? Stiamo cercando di mettere in piedi una virata degli strumenti di incentivazione e di supporto al credito da un'impostazione strutturale a una congiunturale. Stiamo, cioè, cercando di spostare tutti gli strumenti per metterli a disposizione del sistema delle imprese in quanto tale, e non di particolari filiere o di settori innovativi, perché riteniamo che il momento lo richieda.
Abbiamo un confronto molto intenso con il sistema bancario, che ha portato alla conclusione di un'intesa con la regione, che consentirà l'attivazione di un flusso di credito alle imprese di 240 milioni nei primi mesi del 2010, una metà dei quali ricavati con questo «viraggio» di fondi regionali, l'altra parte messa a disposizione dal sistema bancario.
Per noi assumono una particolare importanza, in questa fase, le scelte che sono state opportunamente compiute: penso a una per tutte, ossia all'innalzamento del de minimis, che consente di gestire alcune situazioni di difficoltà.
Su questi terreni siamo molto attivamente impegnati, così come su quello della patrimonializzazione delle imprese, settore per il quale stiamo definendo un accordo per un meccanismo analogo, anch'esso compartecipato dal sistema bancario e da quello di finanziamento pubblico.
Avvertiamo, essenzialmente, la necessità di un perfezionamento degli strumenti che riguardano le situazioni di crisi per le imprese di media dimensione. In questo caso, non sto pensando agli strumenti di tipo occupazionale. Ci troviamo di fronte a imprese di media dimensione, che erano nate e si erano sviluppate, negli ultimi anni, con una proiezione internazionale, rappresentando con ciò una novità per il nostro tessuto imprenditoriale, e che rischiano, proprio perché non vivono in un ambiente diffuso, che assorbe tali impatti, che la gelata della crisi sia letale. Occorre, quindi, rafforzare gli strumenti di intervento per questa tipologia di imprese in difficoltà.
Riteniamo poi che vadano rivisti - secondo me sarebbe opportuno rivederle - alcuni strumenti di tipo programmatorio, definiti «pre-crisi». Penso in particolare, per esempio, all'individuazione delle zone franche, in cui concentrare alcune operazioni


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che, essendo state definite in un contesto che non teneva conto dell'impatto degli ultimi due anni, rischiano di non essere, in realtà, effettivamente corrispondenti alle necessità che il nostro territorio esprime.
Lascio anch'io a disposizione della Commissione un documento elaborato dai nostri uffici, che riassume fondamentalmente le questioni che ho esposto.

PRESIDENTE. Rinnovo il ringraziamento per l'estrema sintesi e la grande chiarezza con cui avete descritto la situazione.
Chiedo se avete informazioni, in particolare, sull'andamento del manifatturiero nei settori hi-tech: penso all'aerospaziale in Lazio o alle nanotecnologie in Veneto, che in questi anni hanno avuto un ampio sviluppo. Vorrei capire se e come hanno subìto la crisi e in che termini.

LUDOVICO VICO. Signor presidente, colgo l'occasione, vista la presenza dell'assessore Sartor e della delegazione del Veneto, per svolgere rapidamente una riflessione sulla crisi che si è riaperta questa mattina, dopo che la X Commissione parlamentare è stata a Porto Marghera. Mi riferisco alle ulteriori incomprensioni intervenute tra i subcommissari ed ENI, in ordine al riavvio degli impianti del ciclo del cloro e derivati. Si tratta di incomprensioni ingiustificabili, allo stato dell'arte, in quanto, nella serata del 9 novembre, presso il Ministero per lo sviluppo economico, è stato definito un accordo giusto ed equo, che ha trovato anche la condivisione delle istituzioni, sia veneziane e venete, sia lombarde ed emiliane, in ordine al ciclo del cloro con il riavvio degli impianti. Questa mattina, per ragioni incomprensibili, sembra che tale accordo debba essere ridiscusso nelle prossime ore.
Siamo fiduciosi che la conferenza stampa convocata alle ore 15 a Venezia da Confindustria, ENI e subcommissari, ci metta nelle condizioni di tornare alla situazione di partenza. Insisto che, come Commissione parlamentare, abbiamo registrato, nella giornata di lunedì scorso, la piena condivisione delle istituzioni locali, oltre a quella dei sindacati, di Confindustria e di tutte le associazioni della cooperazione delle piccole e medie imprese, sulla necessità del riavvio degli impianti. ENI conferma la disponibilità di forniture del cloretano.
Forse non compete ai commissari discutere del prezzo delle utility e, quindi, mi permetto di rinnovare, come impegno della Commissione, l'auspicio che rapidamente, nelle prossime ore, si rideterminino le condizioni per il riavvio degli impianti, sapendo che ai subcommissari è affidato il compito della mappa dell'avvio degli impianti e delle procedure, secondo la legge della vendita degli impianti, come è noto.
Più che porre domande, ho sentito l'esigenza, anche per il recentissimo confronto con la regione Veneto, di confermare il nostro impegno nell'ambito dell'indagine conoscitiva in corso, ricordando che è stata recentemente approvata dalla Commissione una risoluzione sulla chimica.
Ovviamente, siamo altrettanto consapevoli che le ragioni della crisi stanno attraversando in Veneto - parlerò poi anche del Lazio - alcuni settori molto significativi dell'economia del Paese. Penso anche alle difficoltà che si sono registrate con Alcoa, cui lei ha fatto riferimento.
Si tratta di un'altra delle questioni che ci riconducono sempre alla necessità di avere un luogo di monitoraggio e di confronto approfondito con il Ministero dello sviluppo economico, soprattutto per il settore dell'alluminio, dopo che i venezuelani, fornitori di materia prima e profilati, hanno lasciato l'Italia un anno e mezzo fa, prima che la crisi scoppiasse.
Il monitoraggio che, in questa Commissione, abbiamo svolto, anche ascoltando i rappresentati di alcuni distretti industriali, ci offre alla fine un quadro secondo il quale, anche laddove appaiono segnali di ripresa, in effetti il mercato è largamente fermo, sia per quanto riguarda gli utilizzatori finali, sia i produttori.
Il terzo elemento che abbiamo osservato, sul ruolo delle regioni, concerne il settore della fornitura e della sub-fornitura, che rappresenta il punto più delicato


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della tenuta di un'impresa, spesso piccola e piccolissima, o la rete dei servizi, che è quella più esposta. Non sono in gioco solo fattori relativi all'accesso al credito, che sono importantissimi, come è stato richiamato dai nostri ospiti, ma anche la questione relativa - questa è la domanda, rivolta a due regioni importanti - il problema del debito della pubblica amministrazione verso le imprese, che rappresenterebbe, ove fosse risolto, una immissione parziale, ma anche corposa, di liquidità, indispensabile per le ragioni note.
L'altro versante riguarda la cassa integrazione ordinaria: si è arrivati quasi ovunque - soprattutto nelle vostre due regioni, ma non solo - alla fine delle prime cinquantadue settimane per migliaia e migliaia di lavoratori. Gli scenari che si prospettano indicano che le grandi e medie imprese sono nelle condizioni di passare, con relativa facilità, dalla CIGO alla CIGS, mentre le piccole e piccolissime imprese si stanno predisponendo obiettivamente - ciò non significa che sia condivisibile - all'avviamento dei processi di mobilità, ossia di licenziamento.
È noto a tutti che, è necessario tutelare il patrimonio del lavoro e delle professionalità. Per questo motivo, in un momento di grave crisi, abbiamo condiviso la richiesta al Governo di Confindustria, CGIL, CISL e UIL, sulla possibilità di prolungare fino a 104 settimane, gli ammortizzatori sociali, misura che potrebbe rivelarsi utile per affrontare la situazione.

ANNA TERESA FORMISANO. Signor presidente, mi soffermerò sulle questioni che ha evidenziato l'assessore della regione Lazio. Riprendendo le sue considerazioni, vorrei anche portare all'attenzione di questa Commissione alcune problematiche che da tempo abbiamo affrontato anche in questa sede e che quest'oggi trovano conferma nelle parole dell'assessore Fichera.
Nel Lazio vi è una situazione particolare, perché la presenza di Roma fa ovviamente saltare tutti i parametri delle altre province. È un po' come la questione del pollo e delle statistiche. Nel Lazio è uguale, ma con un'aggravante: abbiamo due province nel sud della regione - parlo di Frosinone e Latina - confinanti con province appartenenti alle aree di obiettivo 1, ovviamente molto più forti dal punto di vista della capacità di attrarre investimenti rispetto a tali province.
Ci sono lavoratori che da un anno sono in cassa integrazione e che, se entro la fine dell'anno non si risolverà il problema, saranno licenziati. Voglio citare due aziende per tutte, perché una di esse non investe soltanto la regione Lazio, ma anche altre regioni, come la Lombardia: sto parlando dell'Ideal Standard, in provincia di Frosinone, che investe anche Brescia e il Veneto - ci siamo visti più volte al tavolo col sottosegretario Saglia, proprio per ragionare di questi problemi - e della Videocon, un'azienda che, se chiude, manda a casa «soltanto» 1.500 persone, in un momento come questo e in una provincia come quella di Frosinone! La settimana scorsa, il Consiglio provinciale di Frosinone, all'unanimità e senza questioni di schieramento, ha votato una delibera per chiedere al Governo di rivedere l'inserimento della provincia tra le zone in difficoltà dal punto di vista industriale.
Fatta questa premessa, credo che noi dovremmo approfondire alcuni aspetti. Il primo è quello delle zone franche, di cui parlava l'assessore Fichera e che sottoscrivo. Esse sono state pensate tre o quattro anni fa - se non ricordo male - quando certamente nessuno poteva prevedere la situazione di oggi. I protocolli di intesa tra Governo, regione e comuni sono stati firmati un mese fa.
Peraltro, presidente, mi rivolgo a lei perché si faccia carico di sollecitare il Ministero per i decreti di attuazione perché, al di là della firma di protocollo, se mancano questi provvedimenti, i sindaci che mi hanno chiamato non sanno come comportarsi: è tutto pronto, tutto fatto, comprese le foto, però non si sa che fare. Sollecitiamo, dunque, il ministero ad attivarsi affinché vengano emanati i decreti di attuazione, perché le amministrazioni comunali non sanno come agire.
Proporrei - come dicevo - alla Commissione due questioni da analizzare e mi


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rivolgo al presidente perché conosco la sua sensibilità in materia. La prima è se possiamo, come Commissione, approfondire la questione relativa. Mi rendo conto che non è un'impresa facile, ma anche che nessuno quattro anni fa avrebbe potuto prevedere quello che è successo oggi e il momento drammatico che stiamo vivendo dal punto di vista industriale. La seconda questione è legata alla legge sullo sviluppo n. 99 (Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese nonché in materia di energia), che abbiamo approvato nel luglio di quest'anno. All'articolo 2, comma 7, si prevede «l'individuazione delle aree o dei distretti in situazione di crisi in cui realizzare interventi di cui al presente articolo, per i quali si applicano le disposizioni» e via elencando. Il medesimo tema viene poi ripreso all'articolo 3, dove si legge «Al fine di rilanciare l'intervento dello Stato a sostegno delle aree o distretti in situazioni di crisi, con particolare riferimento a quelli del Mezzogiorno...». Ne abbiamo discusso molte volte in Commissione.
Propongo una questione: vediamo se, in questo scorcio di anno, in qualche collegato, tutta la Commissione si faccia portavoce di questa emergenza. Non è soltanto una questione del Lazio, ovviamente, ci sono altre crisi: prima sentivamo il Veneto, che ha altrettanti problemi in alcune zone particolari. Vediamo, dunque, se possiamo rivedere le grandi questioni che ci sono in tutto il Paese, ma non per - cercherò di usare un eufemismo - alimentare lo show elettorale. Non è quello che ci interessa. Mettiamo da parte per una volta i colori e le casacche e ragioniamo in termini di risposte.
Ci sono cittadini che, da oggi alla fine dell'anno, non sanno che fine faranno i loro posti di lavoro. Cerchiamo, anche in piccola parte - credo che su questo tutte le regioni siano pronte a fare la loro parte, perché è un discorso che coinvolge tutti, Governo, regioni e province - di aprire un tavolo, un discorso complessivo su alcune questioni, che ognuno di noi conosce bene per il proprio territorio, ma che riguardano tutto il sistema Paese, per vedere se possiamo dare un segnale di concretezza e di collegialità - il che non guasterebbe - e mettere al primo posto gli interessi dei cittadini che, dalla politica si aspettano misure concrete.

PRESIDENTE. Sicuramente comunicherò al presidente Gibelli, le questioni che lei ha sollevato perché le riferisca al Ministro. Faccio presente, altresì, che il prossimo 1o dicembre è prevista l'audizione del Ministro Scajola che potrà rappresentare un'altra occasione importante per sottoporgli tali problematiche.
Quanto al fatto di pensare agli interventi necessari, invece di litigare sulle competenze, lei sa che la disponibilità della maggioranza a discutere di questi temi è totale.

ALBERTO TORAZZI. Signor presidente, cercherò di essere sintetico come lo sono stati i nostri ospiti.
La prima domanda parte da una considerazione: la crisi deriva dalla globalizzazione, però sappiamo che le nostre imprese e il nostro settore sono rimasti colpiti non perché non si fossero attrezzati, perché avessero commesso errori, perché non fossero competitivi, ma perché è venuto a mancare il mercato. Ora, quando questo riprenderà, seppur lentamente - come pare adesso stia avvenendo - incomberà il problema dell'inflazione americana, che ci arriverà «sulle gobbe», visto che gli Stati Uniti si sono largamente indebitati per rilanciare l'economia. La prima domanda è, dunque, la seguente: poiché, all'interno del fenomeno della globalizzazione, noi abbiamo subìto moltissimo il peso delle importazioni dalla Cina e da altri Paesi del Far East - se ne parla spesso, però siamo nell'aula di una Commissione parlamentare e sarebbe interessante sentire la vostra opinione - che ne è della volontà di porre dazi etici? Considerando che chi esporta nel nostro Paese non deve rispettare l'ambiente, né i diritti dei lavoratori, né la sicurezza - sappiamo quanto costi alle aziende la legge n. 626 - e che il renminbi (o lo yuan, che dir si voglia) ha un tasso di cambio fisso con il


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dollaro, che adesso è in caduta libera perché gli americani devono risanare i loro debiti, il che rappresenta una svalutazione competitiva non autorizzata dal punto di vista del mercato, vorrei sapere se, dal vostro punto di vista, vi sia la volontà di supportare un'azione che ponga tali problemi in termini concreti al Governo e poi all'Unione europea.
Chiedo, quindi, che si intervenga sul tasso di cambio, facendo presente che il cambio fisso tra dollaro e yuan cinese è ingiustificato, e che si affronti il problema dei dazi etici. Questa è la prima domanda. Vorrei sapere se siete d'accordo su tali questioni.
Passo al secondo punto. In questi giorni si sta discutendo della proroga della proroga degli aiuti all'auto per rilanciare tale settore. Sappiamo che si tratta di un segmento importante dell'economia, perché ha ricadute sull'intero sistema produttivo e non solo perché interessa agli affari della FIAT.
In quest'ottica, è stato proposto di introdurre anche la rottamazione delle macchine utensili e delle attrezzature di produzione obsolete, chi dice di vent'anni, chi di sedici, chi di quindici. Oltre ad interessare il settore specifico di tutti coloro che producono attrezzature, da tale agevolazione dovrebbe derivare un beneficio per le nostre imprese, perché potrebbero essere più competitive e migliorare sia la qualità, sia la capacità produttiva. Naturalmente tutto ciò riguarda anche il settore del software, quindi non è rivolto solo a chi si occupa di pura produzione. A questo riguardo, vorrei sapere se voi ritenete valida l'ipotesi di affiancare a quelli per l'auto anche incentivi per la rottamazione delle macchine di produzione e di software.
Il terzo e ultimo punto è più semplice. Il Governo sta cercando di individuare le risorse per poter intervenire sull'IRAP, una delle imposte che pesano di più sulle nostre piccole e medie imprese, ma in generale sulle nostre attività produttive, per le aziende fino a cinquanta dipendenti. Io ritengo che sia un'iniziativa positiva. Vorrei, però, sapere da voi, a parte questa considerazione, quali sono i tre provvedimenti che voi auspichereste venissero approvati in tempi il più possibile brevi dal Parlamento. Dal momento che siamo qui per fare leggi, vorrei avere da voi alcuni suggerimenti. È questa la mia ultima domanda e vi ringrazio.

FABIO GAVA. Signor presidente, anche io cercherò di essere assolutamente sintetico.
Vorrei concentrarmi soprattutto su una considerazione, che mi sembra senz'altro da prendere in esame e che descrive una situazione che potremmo definire paradossale.
Nel momento in cui si cominciano a leggere, sia pure in maniera debole, alcuni segnali di ripresa, probabilmente nelle aree particolarmente ricche di PMI, di piccole e medie aziende, assistiamo, invece, a una forte sofferenza dal punto di vista occupazionale. Questo avviene perché, in realtà, gli effetti della crisi in quelle aree stanno arrivando adesso. Finora le aziende hanno sostanzialmente resistito ricorrendo ad autofinanziamento o a forme di utilizzo di risorse accantonate nei periodi migliori. Questo pone, secondo me, in maniera piuttosto evidente la necessità di evitare, o di limitare, un paradosso: evitare che, nella fase in cui c'è la possibilità di una lenta ripresa, vi siano meno soggetti in grado di riprendere perché non hanno le risorse finanziarie per percorrere - come si potrebbe dire prendendo in prestito un'espressione - «l'ultimo miglio».
Credo che diventi assolutamente centrale il rapporto con il credito e con il finanziamento. So che alcune regioni stanno prendendo e hanno preso iniziative a questo riguardo, ma ritengo che forse si potrebbe fare di più. Anch'io, come legislatore, vorrei sentire la vostra opinione in merito per capire quali interventi ulteriori, al di là dei provvedimenti di ristrutturazione del debito e di moratoria che sono stati già introdotti, si potrebbero attuare per evitare che la ripresa sia meno incisiva di quanto potrebbe. La moratoria, di fatto, non consente di salvare un numero adeguato di PMI, che sono le aziende che soffrono


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particolarmente la situazione del rapporto con il credito. Penso, per esempio, che l'eliminazione, nella base imponibile dell'IRAP, degli interessi passivi sarebbe un modo per intervenire ulteriormente, aiutando le imprese che sono più indebitate di altre. Credo che questo - non ho fatto i conti, ma mi baso su alcune informazioni - non dovrebbe essere un costo insopportabile per la finanza pubblica.
Chiudo con un'ultima considerazione, riprendendo anche una parte dell'intervento del collega che mi ha preceduto, in relazione ai dazi etici. Proprio l'altra sera, in un incontro pubblico con il viceministro per il commercio estero, ho sentito enunciare da lui l'impegno del Governo italiano per andare in Europa in questa direzione. È evidente che il dazio in sé non ha un significato importante, però quando diventa un elemento di compensazione per la competitività fra le imprese, di un aiuto di Stato indiretto, quale può essere il fatto che in certe aree la produzione non venga realizzata secondo le regole che dovrebbero essere applicate, diventa un fattore di riequilibrio molto importante.
Una parte di tali risorse potrebbe essere addirittura utilizzata proprio per favorire il miglioramento ambientale in quei luoghi, che rappresentano, in un mondo che ormai è diventato piccolissimo, un interesse di tutta la collettività. Ritengo che le politiche ambientali non si possano attuare solamente nel proprio Paese, ma che sia sempre più importante un loro sviluppo complessivo e su scala mondiale.
Anche su questo, ovviamente - immaginando che voi siate favorevoli - vorrei capire che cosa possano fare le regioni nel loro complesso per supportare l'iniziativa che il Governo sta intraprendendo a livello europeo.

GABRIELE CIMADORO. Signor presidente, capisco che ogni regione abbia una propria specificità, ma alla fine tutte hanno problematiche comuni: la difficoltà del lavoro e la possibilità di lavorare. Potrebbe, dunque, essere più auspicabile una politica unitaria rispetto a quest'esigenza.
Vivo nella realtà lombarda e bergamasca della Val Brembana, che tutti conoscono e che probabilmente è simile a quella della Val Seriana. È un mondo fatto anche da partite IVA e da singoli lavoratori, i quali, rispetto a tutti i progetti messi in campo dalle vostre regioni e da tantissime altre, non ricevono nessun vantaggio. Un lavoratore di queste piccole aziende - che in realtà non si possono neanche definire piccole e medie, perché mi pare che per queste voi stessi vi stiate attivando - non rientra neanche nella capitalizzazione delle piccole e medie imprese. Si tratta di artigiani, a migliaia - sono 2 o 3 mila solo in Val Brembana - che non godono né di ammortizzatori sociali, né di altre forme di protezione sociale.
Mi piacerebbe comprendere meglio, rispetto all'esigenza, che credo sia diffusa anche nella vostra regione, di tutelare quel mondo oggi poco o mal rappresentato, che cosa sia possibile mettere in campo e che cosa stiate facendo in questa direzione e se, in particolare, abbiate proposte specifiche da sottoporre a questa Commissione o al Governo.

ANDREA LULLI. Vorrei porre una domanda, associandomi ai primi interrogativi posti dal vicepresidente, che non ripeto. L'assessore Sartor ha parlato di una sostanziale stazionarietà dei consumi. Mi piacerebbe capire se vi siano dati più approfonditi, e se essi - magari lo stesso assessore della regione Lazio può rispondermi anche su questa seconda parte della domanda - siano accompagnati, a quanto risulta a voi, da una maggiore propensione al risparmio. Vorrei capire se vi siano dati indicativi in questo senso. Non pretendo dati precisi, ma almeno indicativi.

PRESIDENTE. Do la parola agli auditi per la replica.

VENDEMIANO SARTOR, Assessore alle politiche dell'economia, dello sviluppo, della ricerca e dell'innovazione della regione Veneto. Cerco di rispondere, magari complessivamente ai quesiti posti. Inizio naturalmente dalla domanda del presidente,


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che era relativa alla situazione del settore delle nanotecnologie e, in particolare, dell'hi-tech.
Tra i settori insediati a Marghera, vi è, peraltro, non solo la chimica, ma anche il «meta distretto» digital-mediale, che va meno peggio di altri. Tale settore non ha, quindi, grandi problemi, ma teniamo conto, si sta cercando di internazionalizzare, oltre alla produzione, anche i servizi ad esso collegati.
Quello delle nanotecnologie - lo sa anche l'onorevole Gava, che mi ha preceduto nel ruolo che attualmente ricopro - è un settore sul quale stiamo investendo molto e sul quale c'è un accordo anche con il ministero nazionale. È un settore sul quale spingiamo, sia dal punto di vista delle ricerche, sia dal punto di vista dello start-up e del finanziamento per le imprese, ed è in crescita.
Esso, è, però, piuttosto contenuto in questa fase, perché non si è avviato da molto, pertanto, nell'ambito del'intero tessuto produttivo è relativamente ininfluente. Si tratta, comunque, di settori nei quali crediamo e che sicuramente ci stanno dando alcune soddisfazioni, dal punto di vista sia delle imprese, sia degli impianti e della ricerca.
L'onorevole Vico ha posto il problema della chimica, che peraltro avevo evidenziato anche io. Mi auguro che si continui a seguire tale vicenda nel suo complesso, dal momento che non interessa solo Marghera, ma anche altri siti: o si tiene tutta, o si molla tutta, questo è il problema, perché vi è un collegamento nelle forniture.
Parlo della questione di Marghera. Mentre prima della crisi potevamo avere anche un tempo di decisione più ampio, ora dobbiamo decidere assolutamente, altrimenti bisogna trovare soluzioni alternative, anche per tale sito, che comportino investimenti di natura diversa. Non possiamo più tergiversare.
Lei citava la questione dell'Alcoa, che però non c'entra con il settore della chimica, ma con un altro problema di concorrenza diversa che riguarda differenti territori, ossia la questione energetica. C'è un accordo che scade il 17 novembre. Se non viene rinnovato, facendo sì che, attraverso un intervento del ministero con l'ENEL, l'energia elettrica venga erogata a un prezzo accessibile, si fermano gli stabilimenti, perché non sono più competitivi. Questo è il meccanismo: se abbiamo un costo dell'energia doppio rispetto agli altri territori, non c'è competizione che tenga. Ci potranno essere alcune iniziative, anche attraverso il presidente stesso, con il Ministro Scajola e anche con la Presidenza del consiglio, perché si tratta di una questione che va risolta.
Rispondendo alla questione del debito della pubblica amministrazione, dico qualcosa di più anche in relazione ad alcune domande di chiarimento che sono state poste e anche su che cosa dovremmo fare. Vorrei essere piuttosto schietto e non girare intorno alla questione: la priorità più importante per noi, che riguarda anche altri interventi, è la rimodulazione del Patto di stabilità interno. Questa è la strada maestra. Così com'è, non ci permette di compiere molti interventi. Noi abbiamo fatto quello che potevamo - rispondo così anche ad altre questioni - abbiamo stipulato un accordo col sistema bancario, e prima con l'ABI, sottoscritto da quasi il 90 per cento del sistema bancario, sia quello locale, sia quello più ampio, che prevedeva alcuni punti. Uno di questi è la cessione pro soluto dei debiti della regione nei confronti del sistema delle imprese, che permette anche uno strumento di utilizzo molto più veloce e certificato. Sullo stesso accordo abbiamo previsto una moratoria del credito anche sugli impegni specifici e agevolati e non solo su quelli ordinari. Il terzo elemento è un'anticipazione delle risorse della cassa integrazione, se l'INPS la paga in ritardo. Questo è quanto abbiamo ottenuto attraverso l'accordo con le banche. La questione sulla quale ci siamo bloccati, non solo nelle risorse disponibili, ma anche nei contributi che diamo, è quella del Patto di stabilità.
Per quanto riguarda i dazi, teniamo conto che si tratta di una partita molto delicata. Il viceministro Urso conosce bene la questione perché, anche in un'altra


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occasione, con il percorso sulla tutela del made in Italy, erano stati proposti alcuni interventi. Finché parliamo di antidumping, si tratta di interventi ammissibili e, anzi, auspicabili. Nel momento in cui, invece, parliamo di dazi, sulla questione della reciprocità il Veneto ci rimette, trattandosi di un territorio che esporta.
Dobbiamo stare, dunque, attenti a decidere quali interventi mettere in piedi . C'è un percorso sul made in Italy: chiudiamo anche quello, in modo che la questione diventi più di tutela della filiera e della garanzia.
Sempre grazie all'azione che sta conducendo il viceministro Urso, si sta chiudendo la questione in sede comunitaria relativa all'obbligatorietà di etichettatura di tutti i prodotti che vengono da fuori Europa. Credo che sia un intervento che va a tutelare le nostre produzioni.
In merito agli incentivi, anche nel Veneto siamo piuttosto impegnati con la filiera dell'automobile, non solo per la FIAT, ma anche, soprattutto, per il sistema tedesco in alcune aree del nostro territorio. Ci dovrebbero essere iniziative per impianti e macchinari. Ben vengano. Mi pare che l'effetto degli investimenti potrebbe essere esteso alla legge Tremonti. Ci sarebbe la necessità di intervenire anche su altri beni durevoli, perché non c'è solo la meccanica. Si potrebbero magari incentivare alcuni settori, come gli immobili.
Sulla questione dell'IRAP, tenete conto che essa viene alle regioni. Cito tre interventi possibili, dopodiché si attueranno se ci saranno risorse disponibili. Il primo è quello, che favorisce un po' di più la piccola impresa, di aumentare una franchigia di non applicabilità. Il secondo intervento potrebbe essere quello, menzionato dall'onorevole Gava, di togliere gli interessi passivi dalla base imponibile. Occorrerebbe, però, poi compensare le regioni con un altro trasferimento di risorse. Un terzo strumento che può essere attuato, che rappresenta un costo solo per lo Stato centrale, è quello della deducibilità. Dal momento che non è un'imposta sul reddito, né sulle persone fisiche o giuridiche, potrebbe almeno essere un costo deducibile. Si potrebbe, dunque, ricorrere alla deducibilità, che è un vecchio problema di questa imposta. Non so peraltro che oneri finanziari possa avere questa misura.
Ho risposto alla domanda. Sarebbe un intervento a costo zero per le regioni, perché sono preoccupato in questo senso. Se mi ponete una domanda, io sono qui in veste e per conto della regione. Non vorrei che succedesse quello che è accaduto con l'ICI.
Per quanto riguarda alcuni interventi prioritari che possono essere attuati, ho avuto un incontro, non più tardi di sabato, con un rappresentante della Cassa depositi e prestiti. Sulla questione del l'andamento della raccolta del risparmio postale, sono state fatte alcune considerazioni secondo le quali il risparmio aumenta. Nel tavolo di monitoraggio che abbiamo costantemente aperto con il sistema del credito, osserviamo che anche nel sistema bancario aumenta la raccolta. Ciò significa, come dicevo all'inizio, che c'è anche un po' di paura a spendere da parte delle persone.
La Cassa depositi e prestiti sta compiendo alcune operazioni egregie. Pongo, però, due questioni sui possibili interventi per favorire la piccola e media impresa e, di conseguenza, anche le imprese molto piccole. Alcuni strumenti funzionano se sono utilizzati direttamente nel territorio. Se li utilizziamo a livello nazionale, funzionano solo per grandi operazioni.
La Cassa depositi e prestiti ha dato una tranche al sistema bancario di 3 miliardi e ne erogherà altri 5 entro marzo. Noi riteniamo che la nostra società Finanziaria regionale - non conosco quella delle altre regioni - dal momento che è intermediario finanziario vigilato e può offrire la stessa garanzia delle banche, possa accedere a un plafond che, attraverso la società finanziaria Veneto Sviluppo Spa, può essere messo a disposizione delle imprese col modulo dei fondi di rotazione che abbiamo. Come regione saremmo disponibili a pagare gli interessi e le imprese potrebbero così avere un costo dimezzato del denaro, visto che un 50 per cento è coperto da Veneto Sviluppo e l'altro dal


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sistema bancario. Questo potrebbe essere uno strumento di liquidità, visto che la Cassa depositi e prestiti ne dispone, che arriva nel territorio e può essere alla portata anche delle piccole imprese.

ANDREA LULLI. Mi perdoni l'interruzione. Quali sono i tempi per l'istruttoria per un'impresa che vuole accedere ai benefici e ai servizi della vostra finanziaria? Qual è la documentazione da presentare? Temo che questo sia un problema, non solo per il Veneto ma in generale, molto complicato.

VENDEMIANO SARTOR, Assessore alle politiche dell'economia, dello sviluppo, della ricerca e dell'innovazione della regione Veneto. Dal momento che gli strumenti ci sono sarebbe bene utilizzarli, noi non vogliamo aggiungere nulla di nuovo, perché altrimenti finiremmo per complicare ciò che in realtà vorremo semplificare.
Abbiamo un sistema che funziona nel modo seguente: come mi suggerisce il dottor Trevisanato vorrei evidenziare che stiamo mettendo a punto un accordo di questo tipo con le banche - è pronto anche il tavolo tecnico - che prevede una sorta di questionario con alcune informazioni da chiedere alle imprese diverse rispetto al passato. Ne faremo due, uno per la piccola impresa e uno per quella media, prevedendo alcuni dati e attività istruttorie, a fronte dei quali le banche ci devono rispondere entro tempi certi. Per noi il credito, in questo momento, non è importante solo nel momento dell'erogazione, ma anche per il tempo di risposta.
Ripeto, abbiamo tempi di risposta medi. Il passaggio per la nostra finanziaria richiede, in media, venti giorni in più rispetto a un finanziamento normale della banca, non di più. Il sistema è collaudato. Abbiamo cominciato a occuparci dei fondi di rotazione dal 1999, quindi da dieci anni, e con queste risorse non andremo a creare strumenti nuovi.
Per la crisi - rispondo anche all'onorevole Gava - abbiamo rimodulato questi fondi di rotazione, che normalmente erano utilizzati solo per investimenti, anche per liquidità temporanea, proprio per via della crisi, a fronte della moratoria di mutui e di crediti incagliati che le imprese non pagano così come i debiti non pagati della pubblica amministrazione.
Non pensiamo quindi di proporre, quindi, uno strumento in più. Abbiamo un'esperienza positiva sui fondi di rotazione con un finanziamento della Banca europea per gli investimenti (BEI) di 50 milioni di euro. In un anno abbiamo già speso l'80 per cento. Il canale è sempre quello. Se c'è la necessità, si passa per la garanzia dei confidi e la banca ha, dunque, un'ulteriore garanzia. È un sistema che già funziona. Portiamo a casa solo il budget per effettuare l'investimento.
Credo che questo potrebbe essere utile, così come un'altra iniziativa utile potrebbe essere quella di modificare il Fondo centrale del mediocredito, che è già stato rimodulato con l'inserimento dell'artigianato. Sono state comprese dunque tutte le imprese, però una «co-garanzia» o «contro-garanzia» a livello centrale per una piccola impresa non arriva mai e i tempi diventano proibitivi. O utilizziamo un sistema attraverso le nostre finanziarie, oppure prevediamo la possibilità di una controgaranzia del fondo centrale ai confidi stessi e, quindi, un sistema che rafforzi la patrimonializzazione dei confidi territoriali, che hanno le proprie reti di vendita nei territori e valgono ciascuno per la propria categoria.
Rispetto alla domanda dell'onorevole Gava, vorrei precisare che abbiamo asseverato tutta la programmazione comunitaria. Abbiamo messo in campo tutto ciò che potevamo: un forte incentivo su innovazione e ricerca, un forte incentivo nell'ingegneria finanziaria - non solo, dunque, fondi di rotazione o garanzia al sistema dei confidi - e anche, soprattutto per la piccola impresa, un elemento di fondi partecipativi al capitale dell'impresa, non come prestito ma come patrimonio.
Sono tre forme di diversa forza di intervento e, soprattutto, dedicate alla piccola impresa, perché per la grande impresa esistono già strumenti finanziari.


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Ricordo che la nostra finanziaria è al 51 per cento di capitale regionale e al 49 per cento delle banche. Anche queste nuove forme di incentivo stanno per partire.
Per quanto riguarda l'artigianato, sarebbe il mio settore, lo conosco e credo di avere un po' di sensibilità in materia. Quando parliamo di strumenti di natura di incentivo, abbiamo le leggi normali e anche quelle specifiche per l'artigianato, per quanto riguarda sia i fondi di rotazione, sia il credito, sia le garanzie. Anche nei bandi che realizziamo per l'innovazione e la ricerca dedichiamo una quota per piccoli progetti che siano adatti anche a queste tipologie di imprese.
Nel Veneto ci sono 147 mila imprese artigiane e, complessivamente, l'occupazione è di 210 mila dipendenti, ma tra titolari, soci e collaboratori ce ne sono ancora altrettanti. Complessivamente sono, dunque, 420 mila posti di lavoro.
Passo ora la parola al dottor Trevisanato, che conosce anche la Segreteria del lavoro e dell'occupazione e, quindi, potrà fornire alcuni elementi in merito agli ammortizzatori sociali.

SERGIO TREVISANATO, Segretario regionale alle attività produttive, istruzione e formazione della regione Veneto. Sarò molto breve, presidente. Mi occuperò di due questioni solamente. Mi pare che valgano non solo per il Veneto, ma per tutte le regioni. Il grande sforzo che è stato compiuto è stato di mettere insieme risorse provenienti dal fondo sociale con gli ammortizzatori, andando a coprire gli ammortizzatori in deroga e tutte le categorie che in passato non erano coperte. Devo dire che questo è un grande risultato, ma soprattutto è stata attuata una grande governance tra Stato e regioni, pur con difficoltà e diversi problemi, alcuni dei quali, anche la settimana scorsa, sono stati sciolti, proprio perché si è data la disponibilità all'INPS di pagare a prescindere. Per quanto riguarda la situazione, devo dire, in risposta alla domanda che era stata posta, che ci sono categorie prive di tutela.
In realtà, bisogna riconoscere che, per quanto ci riguarda, come Veneto, abbiamo previsto alcune linee dedicate proprio a tutti i settori che non hanno alcuna tutela e non sono coperti. Peraltro, se avete letto recentemente il Corriere, sono stati riportati dati relativi ai settori che stanno perdendo e non hanno nessuna tipologia di garanzia. Su questo siamo intervenuti con linee finanziarie collegate al fondo sociale, attraverso strumenti che ormai si stanno diffondendo, dalle doti ai voucher, e che riguardano tutti i soggetti che, in qualche misura, non sono garantiti, per periodi ovviamente diversi rispetto a quelli garantiti dagli ammortizzatori in deroga normali, più contenuti e limitati. D'altra parte, è anche vero che tali soggetti, dal punto di vista della formazione, sono i più dotati: sono persone laureate, che magari hanno anche difficoltà a inserirsi, ma, contemporaneamente, hanno meno difficoltà nel trovare collocazione e possibilità di individuare nuove opportunità e strumenti. Per queste credo che ci sia un sostegno anche da parte delle casse dei singoli ordini professionali. Noi ci siamo esercitati a dare una valutazione e abbiamo osservato che, effettivamente, ogni cassa degli ordini ha garantito, in assenza di attività, al proprio iscritto - ovviamente in termini proporzionali - un minimo di garanzia per accompagnarlo nelle situazioni di gravità. A me risulta che anche il Governo, stia cercando di trovare alcune soluzioni in questo senso. Mi pare di aver capito che la questione dovrebbe essere oggetto di prossimi provvedimenti dell'Esecutivo.

DANIELE FICHERA, Assessore alla piccola e media impresa, commercio e artigianato della regione Lazio. Cercherò di essere sintetico come nell'introduzione, anche perché su due punti fondamentali condivido pienamente quanto detto dal collega del Veneto. Li evidenzierò quando li affronterò.
Intanto vengo alle questioni specifiche. Non abbiamo, allo stato, un segnale specifico di difficoltà del settore aerospaziale che è, tutto sommato, abbastanza strutturato


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nella nostra regione. Le nostre maggiori criticità sono, nella fattispecie tipica, quelle che ha citato prima l'onorevole Formisano, ossia le realtà singole, isolate, di medie imprese, tuttavia innovative, molto esposte all'esterno, su cui è arrivato l'impatto della crisi.
La questione del debito della pubblica amministrazione è uno dei due punti su cui concordo pienamente con il collega del Veneto, ed è la prima risposta alla domanda sui tre provvedimenti da attuare. Il paradosso è che non solo noi, ma anche le amministrazioni locali, hanno oggi soldi in cassa e non li possono spendere e hanno sospeso i pagamenti per il rispetto formale del Patto di stabilità interno.
Dobbiamo decidere se ci troviamo realmente in una situazione eccezionale oppure no. Allora, se si prende atto - questo è il punto fondamentale - che anche il 2010 sarà un anno eccezionale dal punto di vista della crisi, possono essere concepite alcune misure straordinarie e questa è la prima di quelle da immaginare.
Anche noi stiamo mettendo in campo tutti gli strumenti possibili col sistema creditizio per affrontare e superare al meglio la questione, ma si tratta di strumenti su cui, peraltro, richiedono molto impegno per moltissimo tempo e che alla fine costano. Spesso abbiamo un blocco di tipo formale.
La seconda questione risponde, in parte, anche alla domanda posta sul tema delle piccolissime imprese. Ciò che noi avvertiamo da parte delle piccolissime è - lo banalizzo - la domanda di credito commerciale, mentre abbiamo un attrezzaggio complessivo che va sul credito per investimenti. Abbiamo alcune difficoltà - e questo potrebbe essere un secondo ambito in cui un intervento legislativo potrebbe aiutare - anche in questo caso limitatamente all'eccezionalità del momento. È giusto che gli strumenti di agevolazione del credito siano, di norma, strumenti di agevolazione all'investimento strategico; tuttavia, siamo in una congiuntura particolare in cui, forse, anche strumenti di tipo agevolativo al credito ordinario, al credito commerciale, sarebbero opportuni, tenendo peraltro conto che, proprio immaginandoli tarati sulle piccole e piccolissime imprese, si avrebbe alla fine una distribuzione del rischio su una moltitudine di casi, che consentirebbe di assorbirne i costi. Studierò anche quello che ha attuato il collega del Veneto. Stiamo lavorando sulle frontiere degli strumenti normativi e legislativi per riuscire a introdurre possibilità di questo genere: un allargamento di queste frontiere, ancorché temporaneo e limitato all'arco di tempo della crisi, sarebbe fortemente utile.
Un ulteriore elemento sul settore di intervento riguarda la possibilità di utilizzare strumenti di finanza e di partecipazione, anch'essi limitati e ristretti ad un arco temporale ben definito. Abbiamo imprese di media dimensione che hanno magari prospettive di lungo periodo, ma non di breve e medio periodo. Ci sono anche soggetti disposti a rilevare queste imprese, ma non riusciamo a trovare gli strumenti agevolativi in questa direzione.
Riguardo alla questione dell'IRAP, sottoscrivo totalmente quanto detto dal collega del Veneto. Non è però opportuno che ciascuno faccia una proposta autonoma, ma si dovrebbe riconoscere una condizione di fatto: l' imposta rappresenta un costo per le imprese, la sua deducibilità produrrebbe l'effetto senza creare scompensi. Ciascuno deve fare la sua parte, come è stato ricordato, ma la deducibilità dell'IRAP non viene decisa da noi. In questa sede, ci è stata chiesta un'opinione che siamo disponibili a dare.
Presterei più attenzione alla questione delle soglie, perché tutti i meccanismi che possono indurre comportamenti viziosi contengono un margine di rischio: si fissa un dato incentivo solo per chi arriva fino ad un determinato risultato che poi - caso strano - nessuno supera.
Questo è il tema, per quanto ci riguarda, tenendo conto che, peraltro, noi, come regione Lazio, siamo in condizioni del tutto particolari, perché sull'IRAP siamo bloccati ai massimi livelli, in relazione alla vicenda del deficit sanitario. È un puro esercizio, per quanto ci riguarda.


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Non abbiamo nulla in contrario, ovviamente, a ipotesi di incentivazioni alla rottamazione dei mezzi di produzione, anche perché la domanda all'innovazione dei mezzi di produzione viene, anche in questa fase, dal sistema.
Sui dazi, sintetizzo la posizione: bisogna sempre stare attenti, perché chi di dazio ferisce di dazio perisce! Non è una questione cruciale, o almeno non l'avvertiamo come tale.
Noi avvertiamo come cruciale - lo ripeto - il 2010, ancorché oggi avvertiamo dei segnali non di ripresa, ma di modifica dell'atteggiamento. Se, fino a pochi mesi fa, si stava «rintanati», la nostra sensazione è che adesso il sistema imprenditoriale stia mettendo la testa fuori dalla tana per guardare.
Proprio per questo riteniamo che il 2010 sia un anno cruciale da questo punto di vista e, quindi, la possibilità di attuare un pacchetto di misure ad hoc di carattere eccezionale e temporaneo è, per noi, estremamente utile.

PRESIDENTE. Ringrazio gli intervenuti per gli utili contributi e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,30.

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