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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione X
18.
Martedì 1° dicembre 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Gibelli Andrea, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA SITUAZIONE E SULLE PROSPETTIVE DEL SISTEMA INDUSTRIALE E MANIFATTURIERO ITALIANO IN RELAZIONE ALLA CRISI DELL'ECONOMIA INTERNAZIONALE

Audizione del Ministro dello sviluppo economico, Claudio Scajola:

Gibelli Andrea, Presidente ... 3 10 13 15 19
Cimadoro Gabriele (IdV) ... 7 12
Colaninno Matteo (PD) ... 10
Formisano Anna Teresa (UdC) ... 13
Galati Giuseppe (PdL) ... 14
Iannaccone Arturo (Misto MpA-Sud) ... 10 13
Lulli Andrea (PD) ... 14
Mistrello Destro Giustina (PdL) ... 14
Quartiani Erminio Angelo (PD) ... 15
Raisi Enzo (PdL) ... 11
Scajola Claudio, Ministro dello sviluppo economico ... 4 7 15
Scarpetti Lido (PD) ... 15
Torazzi Alberto (LNP) ... 11
Versace Santo Domenico (PdL) ... 15
Vico Ludovico (PD) ... 14
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP.

COMMISSIONE X
ATTIVITÀ PRODUTTIVE, COMMERCIO E TURISMO

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 1° dicembre 2009


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ANDREA GIBELLI

La seduta comincia alle 13,35.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sul sito Internet della Camera.

Audizione del Ministro dello sviluppo economico, Claudio Scajola.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla situazione e sulle prospettive del sistema industriale e manifatturiero italiano in relazione alla crisi dell'economia internazionale, l'audizione del Ministro dello sviluppo economico, Claudio Scajola.
Poiché l'audizione si colloca all'interno di un'indagine conoscitiva che ha impegnato a lungo la Commissione, vorrei elencare brevemente le principali questioni oggetto di discussione nel corso delle audizioni svolte fino ad oggi. Tralasciando - non perché meno importanti - gli aspetti di natura finanziaria, sono emersi elementi di forte criticità nel mondo dell'impresa, soprattutto in materia di semplificazione delle procedure, in particolare di quelle relative all'avvio dell'attività.
Tutti hanno evidenziato la difficoltà di accedere alle linee di credito come una delle questioni più importanti, nonostante una volontà imprenditoriale forte, che in questa fase è condizionata dalla crisi in atto. Molti hanno sottolineato la necessità di accedere ai fondi dello sviluppo; mentre i temi dell'innovazione sono stati approfonditi anche con riferimento alla questione della tutela del made in Italy come un elemento essenziale per lo sviluppo. Un altro tema di dibattito ha riguardato i costi dell'energia e la razionalizzazione del sistema sulle «architetture dei costi». Mi preme sottolineare alla presenza del Ministro come i lavori della Commissione attività produttive abbiano avuto un'accelerazione importante quando insieme abbiamo deciso di stralciare dalla manovra economica la parte relativa allo sviluppo, al fine di consentire un confronto parlamentare puntuale e serio sul grande tema energetico e sulla reintroduzione del nucleare in Italia. All'interno di questi momenti di confronto, sono emerse in particolare due questioni importanti: una sorta di disimpegno delle multinazionali sul nostro territorio e la questione della chimica in Italia che, come è stato sottolineato in tante occasioni, rappresenta un settore strategico per lo sviluppo del nostro sistema produttivo.
Nell'ambito dell'indagine conoscitiva abbiamo effettuato importanti missioni in Sardegna, nel Veneto e nella giornata di ieri in Lombardia, a Mantova, per cercare di comprendere se la chimica avrà un futuro in Italia, come noi crediamo perché lo riteniamo un settore strategico e importante per lo sviluppo del nostro sistema produttivo.
Dopo questa breve elencazione delle principali tematiche, che certo non esauriscono


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tutte le questioni affrontate, non ultima l'audizione del presidente Marcegaglia sul grande tema della revisione degli Accordi di Basilea 2, do la parola al Ministro, ringraziandolo come sempre della sua disponibilità a intervenire ai lavori della nostra Commissione.

CLAUDIO SCAJOLA, Ministro dello sviluppo economico. Signor presidente, colleghi, in primo luogo desidero esprimere apprezzamento per l'iniziativa della vostra Commissione di svolgere un'indagine conoscitiva riguardante lo stato e le prospettive del nostro sistema industriale e manifatturiero in particolare.
Un'attenta analisi dei fenomeni economici in atto è essenziale per meglio comprendere le cause della delicata congiuntura che stiamo attraversando, e quindi prevederne le possibili evoluzioni, cercando di anticipare i futuri scenari. Ho seguito attraverso gli atti parlamentari l'attività di approfondimento che avete svolto, intensa, proficua, anche con qualificati, numerosi soggetti auditi, da esponenti del mondo produttivo a rappresentanti delle istituzioni e a esperti di comprovata competenza.
Al di là degli elementi che potrò illustrare in questa relazione, che mi auguro sia sufficientemente esaustiva dei temi e che ho cercato di contenere nel tempo, decidendo che fosse scritta per non tralasciare nulla, tutto ciò che in essa non fosse contenuto sarà oggetto, con la nostra assoluta disponibilità, di un'ulteriore eventuale documentazione, qualora la Commissione ne avesse bisogno.
Siamo impegnati attivamente a rispondere nel modo più completo, nei tempi più solleciti alla consistente mole di atti di sindacato ispettivo, che quotidianamente sono presentati in Parlamento in riferimento a situazioni di crisi aziendali, settoriali o territoriali.
Dall'inizio della legislatura, il Ministero che presiedo ha risposto direttamente ad oltre cento interrogazioni e interpellanze su questi temi, e ha fornito alla Presidenza del Consiglio o ad altri Ministeri gli elementi necessari per rispondere ad ulteriori duecento atti di sindacato ispettivo. Tali cifre testimoniano il grande impegno che dedichiamo alla questione, anche nel cercare di rispondere nel modo più sollecito, con grande attenzione e rispetto, a Parlamento e interpellanti, senza distinzione nei tempi di risposta fra maggioranza e opposizione.
Questa audizione si svolge in un momento in cui incominciano a registrarsi i primi, timidi segnali di ripresa a livello globale. Anche l'Italia ne è interessata e viene indicata dalle recenti analisi dell'OCSE come uno dei Paesi con il miglior potenziale di crescita. Anche il dato di pochi minuti fa sull'occupazione, nel confronto con l'anno precedente, pur essendo preoccupante la crescita dell'1 per cento in questo anno, ci colloca in una posizione migliore di quella degli altri Paesi europei.
Il risveglio del sistema produttivo mondiale, che è partito dalle economie un tempo emergenti, che oggi sono diventati pilastri dell'economia del mondo, sta stimolando la domanda internazionale e trainando la produzione industriale negli Stati Uniti e in Europa. L'economia statunitense mostra già i primi segnali di ripresa, grazie agli stimoli offerti dal Governo di Washington, alla strategia messa in campo dalla Federal Reserve, alla crescita del mercato internazionale, alla stabilizzazione di quello interno. Per l'Europa l'uscita dalla crisi sarà più graduale, laddove l'aumento del PIL è stimato allo 0,9 per cento per il 2010 e all'1,7 per cento per il 2011.
In Italia, la crescita per il prossimo anno è prevista fra lo 0,6 e l'1,1 per cento, in ripresa significativa dopo la brusca caduta del 2009, che vedrà a chiusura un dato intorno al 4,5-4,8 per cento al 31 dicembre. A partire dal terzo trimestre del 2009, abbiamo già verificato come la produzione industriale mostri tangibili segnali di ripresa. Sono significativi gli ultimi dati ISTAT su fatturato e ordinativi, che sono in crescita e lasciano prevedere un'ulteriore tendenza positiva. Il quadro economico italiano evidenzia quindi la serietà e


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la profondità della crisi, ma dimostra al contempo la bontà della strategia messa in campo dal Governo.
Due sono i pilastri fondamentali: misure anticongiunturali in grado di fronteggiare l'emergenza, salvaguardando strutture produttive e occupazione, e realizzazione di riforme strutturali, che pongano le basi per un recupero di competitività allo svegliarsi della ripresa. Sul fronte anticongiunturale, uno dei due pilastri, abbiamo rafforzato gli ammortizzatori sociali con 8 miliardi di euro, siamo intervenuti sul settore della domanda, stimolando i consumi in settori strategici della nostra economia. Sono in questa logica gli incentivi per le auto, gli elettrodomestici ecocompatibili, gli sgravi fiscali per le ristrutturazioni edilizie, che rispondano sempre a criteri di efficienza energetica, il Piano casa che le regioni stanno mettendo in cantiere su concorde individuazione di linee guida da parte del Governo centrale.
Per assicurare alle imprese accesso al credito e liquidità, allentando la morsa esercitata dalla stretta creditizia, lo strumento che ha meglio funzionato e ha avuto un riscontro oggettivo nel mondo delle imprese è il Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese. Nei primi dieci mesi, ha dato risposta a 18. mila aziende, ha consentito finanziamenti per complessivi 3,6 miliardi, ossia il 90 per cento in più rispetto all'ottobre 2008. A questi strumenti, che riguardano trasversalmente tutti i comparti produttivi, abbiamo affiancato una gestione capillare delle crisi di ciascun settore e delle singole imprese più importanti. Il metodo che stiamo seguendo si basa sul costante e leale confronto con tutti i soggetti interessati: imprenditori, rappresentanti dei lavoratori, associazioni di categoria, istituzioni locali.
Sono convinto che nei momenti di più acuta difficoltà il dialogo fra Governo e rappresentanti delle forze sociali contribuisca ad allentare le tensioni sociali, a individuare le soluzioni possibili e a rafforzare le misure efficaci di sviluppo. Devo dire che l'esperienza di questo anno è stata di una grande coesione sociale, di un grande senso di responsabilità da parte delle forze sindacali. Con questa consapevolezza, abbiamo attivato presso il mio ministero più di 150 tavoli per la gestione di crisi settoriali e aziendali, che coinvolgono più di 300.mila lavoratori.
Le situazioni di crisi riguardano tutto il territorio nazionale, con particolare intensità in Piemonte, Lombardia, Liguria, Veneto, Lazio, Campania, Abruzzo, Sardegna e Sicilia. Per assicurare un più approfondito monitoraggio costante, abbiamo istituito presso il ministero un Osservatorio sulle crisi di impresa, con il compito di seguire l'andamento della congiuntura economica, le sue ripercussioni sui settori produttivi, occupazione e territorio, monitorando così la gestione della crisi.
Questa iniziativa, che ritengo positiva, è diventata operativa lo scorso 29 ottobre e vede la partecipazione di amministrazioni statali e regionali, diversi Ministeri, Unioncamere, Invitalia, associazioni di categoria e forze sindacali. Sin da queste prime settimane, si è dimostrato uno strumento valido per intervenire tempestivamente, scongiurando - in alcune occasioni l'abbiamo già verificato - il verificarsi di conseguenze più gravi.
In questa solenne occasione di confronto con il Parlamento, devo dire che il clima fra tutti questi soggetti è stato molto costruttivo, molto immediato e ha consentito di raggiungere già significativi successi nella conclusione di alcune crisi industriali. Oltre a questo, stiamo gestendo le crisi di 72 gruppi in amministrazione straordinaria, che coinvolgono 215 imprese e 40 mila lavoratori. Fino ad oggi siamo riusciti a ricollocare oltre 15 mila addetti e stiamo lavorando intensamente per risolvere in modo ottimale le situazioni di crisi residue.
A queste situazioni si aggiungono le procedure di amministrazione straordinaria, disposte ai sensi delle leggi Prodi e Marzano, per 8 grandi gruppi, che hanno coinvolto 145 imprese e interessato oltre 32 mila dipendenti. Le amministrazioni straordinarie si sono dimostrate uno strumento molto utile, ma caratterizzato da limiti applicativi. Per questo, già l'anno


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scorso ho presentato un disegno di legge di riforma delle procedure, la cui sollecita approvazione potrebbe consentire di dare positiva soluzione a crisi particolarmente complesse quali ad esempio quella di Eutelia, in cui si verificano i limiti dell'attuale legge Prodi e Marzano, che non consentono un'azione diretta.
Mi permetto quindi di chiedere a lei, signor presidente, e a voi colleghi, che avete all'esame congiuntamente con la Commissione giustizia il disegno di cui sono relatori gli onorevoli Abrignani e Lussana, di imprimere un'accelerazione al suo iter parlamentare, laddove considero assolutamente incongruo che la gestione di crisi nel momento peggiore non possa utilizzare strumenti, che potrebbero semplificarla e quindi permettere la risoluzione di casi molto difficili per i lavoratori, di cui Eutelia è certamente il simbolo. Mi permetto quindi di sottolineare ancora l'urgenza di dotare il nostro Paese di questo strumento che, alla luce delle esperienze positive delle leggi Prodi e Marzano, si dimostra più adeguato al nuovo mondo che è cambiato e necessita delle modifiche necessarie per poter disporre di strumenti maggiormente operativi.
Tutti i dati sin qui richiamati sono riportati analiticamente nelle schede che con il consenso del presidente metto a disposizione di ogni membro della Commissione, affinché possiate avere dati aggiornati su tutte le situazioni di crisi che stiamo seguendo. La gestione di queste numerose situazioni di crisi è molto impegnativa. Desidero ringraziare l'apposita Unità che ho istituito presso il Ministero dello sviluppo economico, con il compito di attivare ogni possibile strumento per garantire la salvaguardia del nostro patrimonio industriale e quindi dei livelli occupazionali. Nell'esercizio di questa attività dell'unità di crisi, oltre alla partecipazione delle amministrazioni statali, è essenziale anche il coinvolgimento di regioni e amministrazioni locali, con le quali ci confrontiamo quotidianamente e non soltanto perché almeno una volta alla settimana Via Veneto è chiusa per manifestazioni in corso.
Il medesimo obiettivo ha ispirato anche la riforma dei contratti di programma, oggi trasformati nei nuovi contratti di sviluppo che voi ben conoscete, perché questa Commissione ha lavorato intensamente alla legge sviluppo che contiene diversi strumenti di riforma, fra i quali i contratti di sviluppo, che hanno il grande merito di applicarsi, oltre che al settore industriale, anche a quello commerciale e a quello turistico precedentemente precluso.
Presidente Gibelli, se vogliamo realmente porre il nostro apparato industriale al riparo dalle conseguenze della crisi, non possiamo limitarci a misure di carattere anticongiunturale, ma dobbiamo attuare politiche economiche di più ampio respiro, in grado di consolidare la ripresa e di innalzare in modo stabile il livello di competitività del nostro sistema Paese. Occorre innanzitutto prendere atto di come gli scenari mondiali siano in rapida evoluzione, aspetto sul quale dovrebbe soffermarsi la vostra attenzione. Paesi come gli Stati Uniti si avviano a modificare le dinamiche di consumo interno, a esportare e a risparmiare di più. Altri invece, come Cina, India, Brasile, Sud-Est asiatico stanno stimolando i propri consumi e dovranno incrementare le importazioni.
Per un'economia come la nostra, che è fortemente orientata all'export, si presentano dunque interessanti opportunità. Dobbiamo essere pronti a rispondere con tempestività alla domanda dei mercati, orientare il nostro sistema produttivo su prodotti e servizi in grado di intercettare le nuove preferenze dei consumatori.
Una misura importante per favorire il riposizionamento strategico del nostro tessuto imprenditoriale è costituita dall'ampia riforma degli incentivi che, sulla base della delega che il Parlamento ha dato nella cosiddetta legge sviluppo, stiamo mettendo a punto in queste settimane, con l'obiettivo di garantire la migliore allocazione delle poche risorse pubbliche disponibili, e quindi di stimolare gli investimenti nei settori più promettenti, facendo emergere le eccellenze produttive del nostro Paese.


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Come recentemente sottolineato dal Capo dello Stato, in questo delicato momento dobbiamo puntare decisamente su ricerca e innovazione, attrarre investimenti esteri in comparti ad alto valore aggiunto, cercare di trattenere qui i nostri ricercatori, premiando il merito e favorendo la creazione di poli di ricerca di grande eccellenza.
Questa strategia di lungo respiro, che siamo chiamati tutti a perseguire, ha trovato una prima, timida attuazione con i tre bandi del programma di incentivi all'innovazione industriale. Abbiamo destinato 570 milioni a progetti innovativi della mobilità sostenibile, della efficienza energetica e delle nuove tecnologie del made in Italy. Su questo argomento desidero citare qualche dato, perché ho letto cifre che non corrispondono alla realtà.
Per i primi due bandi, quindi mobilità sostenibile ed efficienza energetica, abbiamo già firmato 16 decreti di concessione per un totale di 104 milioni di euro di agevolazioni, che vanno in favore di 130 imprese e 33 organismi di ricerca. Sempre su questo primo bando, per i restanti incentivi da allocare, si è in attesa che le imprese completino la presentazione della documentazione prescritta, che è anche macchinosa, per esempio il certificato antimafia. Il bando per le innovative tecnologie del made in Italy, che prevede l'assegnazione di 190 milioni di incentivi, è invece nella fase finale di selezione. Venerdì prossimo, scade il termine per la presentazione dei programmi definitivi da parte delle imprese e degli organismi di ricerca, che sono stati ammessi.
Stiamo poi lavorando alla ridefinizione del credito di imposta per la ricerca, per il quale vogliamo tenere conto delle migliori esperienze adottate all'estero e delle istanze pervenuteci dalle associazioni di categoria. Resto convinto che questo strumento può svolgere una funzione di stimolo molto importante soprattutto per le piccole e medie imprese, che stentano a reperire le risorse da investire in ricerca, e mi auguro che nella maggioranza e nell'opposizione, in occasione della discussione del disegno di legge finanziaria attualmente all'esame di questo ramo del Parlamento, ci sia attenzione nei confronti degli stimoli alla ripresa.
Per le piccole e medie imprese ci ispiriamo a due obiettivi principali: aggregazione e capitalizzazione. Abbiamo varato il contratto di rete per le imprese, di cui si discuteva da più di dieci anni. Avete approfondito e approvato all'unanimità in Parlamento le norme della cosiddetta legge per lo sviluppo. La scorsa settimana, con il Ministero dell'economia e delle finanze abbiamo definito il testo del decreto attuativo di prossima pubblicazione, con benefici fiscali, sgravi contributivi e agevolazioni di carattere amministrativo per le imprese che si mettono in rete.
Nell'ultima riunione del Consiglio dei ministri ho presentato in prima lettura la direttiva di attuazione dello Small Business Act - primo Paese in Europa -, frutto di un lavoro intenso e proficuo al tavolo di iniziativa con le piccole e medie imprese presso il mio ministero, un tavolo di confronto molto positivo con tutte le realtà interessate. Questa direttiva si rivolge a 6 milioni di imprese, società cooperative, ditte individuali, e interessa 9 milioni di occupati. Stimiamo che un buon utilizzo di questa direttiva - che passerà adesso alla Conferenza Stato-regioni -, potrebbe significare una crescita del PIL dello 0,3 per cento e un potenziale di aumento di occupazione di 10 mila unità all'anno.
Nelle misure previste dello Small Business Act c'è anche l'introduzione della legge annuale per le PMI, affinché il Parlamento sia coinvolto sulle piccole e medie imprese. Accanto alle piccole e medie imprese, sulle quali mi sono soffermato a lungo dandovi informazioni non ancora note...

GABRIELE CIMADORO. Potrei sapere quali sono gli obiettivi principali dello Small Business Act?

CLAUDIO SCAJOLA, Ministro dello sviluppo economico. Lo Small Business Act riguarda la semplificazione della vita delle piccole imprese, si tratta di un atto di cui avete parlato a lungo in Commissione.


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Accanto a queste piccole e medie imprese, che certamente meritano tutta l'attenzione, giacché nell'Europa dei 27 una impresa su quattro è italiana, a dimostrazione del ruolo fondamentale che svolgono, non è peraltro meno importante il ruolo della grande industria, anch'essa seriamente colpita dalla crisi.
Su questo versante, l'azione del Governo Berlusconi punta a promuovere e valorizzare, anche con accordi internazionali, le nostre competenze e i nostri asset tecnologici nei settori dell'aerospazio, dell'energia, dei trasporti, delle grandi infrastrutture, della cantieristica e, alla luce degli ultimi, brillanti risultati, dell'automotive. I primi risultati delle misure adottate sono visibili: gli incentivi per l'acquisto di vetture ecologiche hanno prodotto risultati superiori alle attese. Le ultime stime fotografano che nel 2009 chiuderemo le immatricolazioni dell'auto in Italia su un dato simile al 2008. Il dato di stamattina indica una crescita del 30 per cento sul dato dell'anno precedente.
A tale riguardo non dimentichiamo che prima del varo di questi incentivi nel nostro Paese era stata rilevata una diminuzione del comparto fra il 30 e il 35 per cento. Per il 2010 stiamo lavorando a una ridefinizione dello strumento degli incentivi per tale settore sempre all'insegna della protezione ambientale e dell'unificazione tecnologica, ma con un rientro a scendere dell'incentivo, per non distorcere il mercato alla conclusione di queste agevolazioni al consumo.
Desidero ribadire in Commissione quanto ho detto in un'altra sede, ossia che la produzione di auto in Italia è troppo bassa e deve crescere sensibilmente mantenendo sul nostro territorio tutte le fasi a maggior valore aggiunto: progettazione, ricerca, design. In questa prospettiva, si devono valutare i destini dei singoli stabilimenti industriali del settore auto.
Un altro settore di rilevanza strategica è quello della chimica di base. Riteniamo che il Paese non possa rinunciare ad avere un presidio nazionale in questo comparto così rilevante, e sono fiducioso che, grazie all'impegno di ENI e di altri imprenditori che paiono interessati, se stimolati, riusciremo a dare alla nostra chimica un assetto più competitivo, più efficiente e più stabile anche sotto il profilo occupazionale.
Gli interventi nei settori trainanti della nostra economia non possono tuttavia prescindere da azioni di promozione e di sostegno all'attività internazionale delle nostre imprese. Nella legge sviluppo, abbiamo previsto la revisione degli enti di internazionalizzazione ICE, Simest, Finest, Informest, Camere di commercio all'estero, con l'obiettivo della legge - anche su questo argomento con l'unanimità del Parlamento - di adeguare la missione di questi enti alle esigenze dei mercati in rapidissima evoluzione e quindi di accrescerne l'efficacia, l'efficienza e di potenziarne l'azione.
In relazione all'allargamento verso est che l'Europa a 27 ha fatto nell'ultimo periodo, noi punteremmo - ne parlo qui per la prima volta - a valorizzare maggiormente le sinergie tra Simest, Finest e Informest anche attraverso una riorganizzazione delle loro strutture. Lo scenario europeo è cambiato, l'Est europeo è integrato. Prevediamo una razionalizzazione della presenza dell'ICE in Italia e un suo orientamento più forte verso i mercati con le maggiori prospettive di crescita - oggi vi sono 16 sedi in Italia -, un più incisivo coordinamento dei servizi e dell'attività promozionale, per rendere l'istituto ICE una piattaforma integrata al servizio delle imprese che operano all'estero, e sempre all'estero di potenziali investitori che, attraverso quello sportello, possono ottenere informazioni per investimenti in Italia.
Tale logica prevista dalla legge, delegata al Governo nell'attuazione, ha come obiettivo l'ammodernamento degli strumenti ai mercati cambiati e a una logica di maggiore efficienza e di migliore utilizzo delle risorse sui territori. In questa stessa logica, per tutelarci dai numerosi competitor che praticano politiche commerciali spregiudicate e aggressive, stiamo valutando l'opportunità di proporre nelle sedi appropriate l'introduzione di idonee misure antidumping. Nel corso dell'indagine conoscitiva da voi svolta avete affrontato a


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lungo questa questione. Sarò quindi lieto di recepire i suggerimenti e le proposte che la vostra Commissione vorrà fornire al mio ministero.
In parallelo, continua la nostra azione a tutela delle produzioni del made in Italy sia attraverso la nuova direzione generale per la lotta alla contraffazione, che abbiamo istituito in occasione della riorganizzazione del Ministero dello sviluppo economico, sia grazie alla nuova disciplina sull'etichettatura introdotta dalla legge sviluppo e perfezionata nel recente decreto-legge salvainfrazioni. A livello comunitario, prendiamo atto con soddisfazione di come la settimana scorsa il Parlamento europeo abbia approvato a grandissima maggioranza, anche grazie alla forte azione propulsiva del nostro Governo, una risoluzione per l'introduzione del made in sui prodotti importati nell'Unione europea.
Per sostenere la ripresa, uscire dalla crisi più forti di come ci siamo entrati, dobbiamo rimuovere le criticità che frenano il nostro sistema economico, penalizzando trasversalmente tutti i settori produttivi. Sono necessari e non più rinviabili importanti interventi strutturali, a cominciare dal piano infrastrutture, sul quale dall'inizio della legislatura abbiamo stanziato 23 miliardi, anche con strumenti di accelerazione come i commissariamenti per le opere maggiori.
Accanto alle infrastrutture materiali, puntiamo anche allo sviluppo nel tempo della banda larga, che è indispensabile per ridurre il gap competitivo con tutti i nostri principali concorrenti. Siamo al diciassettesimo posto. Senza le opportunità che la nuova tecnologia della comunicazione ci offre, sarà difficile far competere le imprese e creare occupazione. Non meno importante è porre rimedio ai gravi squilibri che caratterizzano il nostro sistema energetico e che ci costano il 30 per cento di più del resto d'Europa per l'energia elettrica.
In questi giorni la vicenda della Alcoa è stato uno dei fatti di cronaca con maggiore rilevanza. Abbiamo potuto constatare ancora una volta quanto la questione energetica sia seria e decisiva per lo sviluppo della nostra economia. Per questo, senza la nuova strategia energetica condivisa, basata sulla riduzione dei combustibili fossili, sullo sviluppo delle fonti rinnovabili, dell'efficienza energetica, sul rilancio del nucleare e sul potenziamento delle infrastrutture (centrali, gasdotti, rigassificatori, interconnessioni, elettrodotti), non potremmo più competere. Oltretutto, l'attuazione di una coraggiosa politica energetica significa ricaduta industriale, occupazione, sviluppo delle nuove tecnologie, perché significa ricerca.
La rinascita del comparto nucleare nazionale, lo sviluppo delle industrie legate alla green economy, alle fonti rinnovabili, all'efficienza energetica possono produrre nel medio periodo una grande occupazione qualificata nel nostro Paese.
Analogamente, alla vigilia di Copenhagen anche le nuove sfide legate alla lotta dei cambiamenti climatici, se da un lato comportano maggiori oneri per le nostre imprese, laddove a Copenhagen si parla di una posizione europea che faccia salire il limite dal 20 al 30, con un conseguente, tremendo peso sul sistema industriale italiano, dall'altro, offrono importanti opportunità, perché promuovono innovazioni tecnologiche sia di prodotto che di processo.
Oltre a minacciare il patrimonio industriale e manifatturiero del Paese, la crisi in corso rischia di accrescere gli squilibri territoriali, che da troppo tempo caratterizzano la nostra economia. Occorre quindi concentrare gli sforzi, per garantire anche alle regioni meridionali solide prospettive di sviluppo. Come recentemente sottolineato dal Presidente Napolitano, il Mezzogiorno è una questione nazionale, che il Governo Berlusconi intende affrontare con il massimo impegno. Abbiamo una grande opportunità, forse l'ultima: entro il 2013 sono a disposizione 90 miliardi per il sud, mettendo insieme fondi europei, FAS nazionali e quant'altro. La stagione dei finanziamenti a pioggia dispersi in una miriade di microinterventi è priva di reale capacità di promozione dello sviluppo. La nuova strategia coordinata a Palazzo Chigi si avvarrà di strumenti operativi


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esistenti o da varare, e dovrà assicurare una più facile possibilità di crescita.
Nel Sud, dobbiamo sostenere gli imprenditori che hanno realizzato iniziative di eccellenza, di cui non parliamo mai, che sono ancora pronti a investire. Penso ai poli dell'aeronautica, dell'automotive, della microelettronica, della petrolchimica. Occorre assicurare condizioni di contesto necessarie per garantire uno svolgimento proficuo delle attività economiche, una pubblica amministrazione più efficiente, una legalità più forte, maggiore sicurezza, infrastrutture adeguate. Credo che anche con il federalismo fiscale si potranno meglio raggiungere questi obiettivi, con una maggiore responsabilizzazione delle classi dirigenti meridionali, chiamate a compiere un salto di qualità, a prendere in mano da protagonisti il destino dei propri territori.
Come richiestomi dal presidente, vi ho fatto un'ampia relazione che riguarda le azioni svolte, azioni in corso e speranze per il futuro. Mi auguro che il vostro lavoro possa essere proficuo nelle conclusioni e che su molti di questi temi si possa trovare una forte condivisione. Vi ringrazio.

PRESIDENTE. Grazie, signor Ministro, per la lunga e dettagliata relazione. Ha affrontato punti che sono stati oggetti di lunghe discussioni e che rappresentano quindi in questa sede le risposte in ordine a molti temi che abbiamo avuto modo di affrontare.

ARTURO IANNACCONE. Signor presidente, proprio alla luce del lungo elenco di deputati che intendono intervenire, mi permetto di suggerire, se fosse possibile, di dare la parola a un rappresentante per gruppo con tempi contingentati e di proseguire in base all'ordine che lei...

PRESIDENTE. Lei ha un grosso vantaggio essendo solo nel gruppo, quindi mi delega un compito abbastanza imbarazzante! Poiché l'osservazione dell'onorevole Iannaccone è assolutamente condivisibile - mi perdonerà la battuta, ma era solo per rendere più piacevole questo momento di confronto -, inviterei i rappresentanti dei gruppi ad accogliere questa indicazione nella prima fase degli interventi. Chiedo ai colleghi che interverranno il dono della sintesi e di non superare i due minuti a domanda, per consentire al Ministro di rendere una risposta, che altrimenti sarà costretto a differire.
Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

MATTEO COLANINNO. Signor Ministro, condivido molte affermazioni espresse nella sua relazione. Fino a questo momento, però, la politica industriale ed economica del Governo rimane per certi aspetti fortemente distante dalla sua relazione, perché finora è stata affrontata la prima parte relativa alle misure anticongiunturali o emergenziali, mentre stentano ancora le iniziative cui lei ha fatto riferimento sulla visione industriale di lungo periodo.
Un punto sul quale non sono perfettamente allineato con le sue considerazioni riguarda il tema dell'export: considero fortemente a rischio la strategia di puntare essenzialmente una parte della nostra politica industriale sull'export, perché si stanno evidenziando enormi spostamenti di valore tra la propensione all'export e la presenza diretta e verticale delle imprese nei mercati in crescita, che nell'emergere dalla crisi rischiano paradossalmente di diventare più difficili per strategie di export e più facili per strategie dirette e di presenza verticale di imprese in quei mercati.
Lei ha giustamente citato la grande discontinuità del consumatore americano, cui aggiungerei quello europeo e quello asiatico. Ritengo che il tema principale sia la capitalizzazione delle imprese, perché oggi la discriminante assoluta è non il tema della dimensione di impresa, laddove lo shock del 2008 ha colpito grandi, piccole e medie imprese, ma la distinzione tra imprese solide e non solide. Gli incentivi da voi proposti, ovvero la franchigia del 3 per cento su un aumento di capitale di 500


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mila euro, sono assolutamente insufficienti e inutili per il processo di capitalizzazione del sistema imprenditoriale italiano, che dovrebbe ritornare su modalità quali la DIT, su cui non voglio soffermarmi in questa sede.
In secondo luogo, in Italia si sta evidenziando un dibattito pericoloso e a volte schizofrenico sul tentativo di scaricare sul sistema finanziario e bancario la totalità degli attuali problemi finanziari e di dinamica finanziaria delle imprese che non serve a nessuno. Oggi, servono misure che coinvolgano con responsabilità diverse il sistema bancario italiano, ma anche maggior capitale di rischio da parte degli imprenditori italiani, dunque più capitale di debito, ma certamente anche più capitale di rischio, che deve avvenire attraverso un sistema di incentivi non del 3 per cento su 500 mila euro.

ALBERTO TORAZZI. Grazie presidente, grazie signor Ministro. Desidero fare soltanto una breve premessa, per poi andare al nocciolo delle questioni che intendo porre. Il nostro interesse è la competitività del sistema Paese, non delle singole imprese. A noi interessa dove si crea il valore. Avere un'impresa che crea lavoro e aggiunge valore al prodotto all'estero e ha soltanto un nome italiano per noi è di nessun interesse. Questa deve essere la direzione del nostro lavoro.
Ho ascoltato la sua relazione, di cui mi sono segnato una serie di punti. Lei ha citato i problemi strutturali dell'energia, ma a me risulta che il problema dell'Alcoa sia legato a problemi burocratici con Bruxelles, relativi a tariffe e incentivi che sui quali siamo in ritardo, rispetto ad altri Paesi. Vorrei sapere quali siano le soluzioni a lungo termine per garantire questa importante presenza. Se questo grande gruppo internazionale dichiara che l'Italia non è un Paese dove si può lavorare, produce l'effetto di rovinarne la reputazione, come rilevato dal Presidente del Consiglio.
Abbiamo parlato dei problemi delle multinazionali, una delle quali in Italia è la FIAT. Se vogliamo aumentare la produzione di auto, vorrei sapere come questa necessità e la presenza di tante multinazionali in Italia possa conciliarsi con la scellerata decisione dei burocrati di Bruxelles di abbattere le barriere con il Sud Corea, ove ci sono 50 milioni di abitanti, mentre noi siamo quasi 800 milioni abitanti, per cui credo che qualcuno giochi la sua politica della grande diplomazia sulla pelle dei cittadini e delle imprese del nostro continente.
Lei ha citato la riorganizzazione dell'ICE. Le segnalo che la Simest ultimamente ha finanziato in alcuni casi la delocalizzazione di imprese italiane. Questo non deve più succedere. Questa impresa deve favorire chi esporta, chi fa marketing, chi fa fiere, ma non la delocalizzazione.
Sempre sul problema della competitività che riguarda anche le piccole imprese, vorrei avere chiarimenti sulla politica nel nostro Paese anche presso l'Unione europea, per portare a una sana rivalutazione in ordine al mercato della valuta cinese (renminbi o yuan). Questa misura è stato annunciata, ma in realtà in Europa ai cinesi non è stato espresso neppure un auspicio, è stato solo detto che potrebbe eventualmente essere un'idea. Questo non va bene.
Per quanto riguarda la questione dei dazi etici, concordo pienamente sull'esigenza di difendere l'innovazione e lo sviluppo. Le ricordo che la tradizione industriale dei giapponesi, la qualità totale e il kaizen insegnano che dove non c'è produzione, non c'è miglioramento continuo, non c'è sviluppo, non c'è ingegneria. Questo ormai è un dato di fatto: chi pensa di avere solo lo sviluppo e di far produrre altrove ha perso in partenza.

ENZO RAISI. Desidero innanzitutto ringraziare il Ministro per la sua relazione, che condivido, e anche per l'ottimo lavoro svolto. Mi permetto di fare un inciso sull'Emilia-Romagna che lei non ha citato tra le regioni particolarmente a rischio. Nei dati che ci ha fornito, però, il primo settore a rischio è quello delle ceramiche, con 15 mila lavoratori a rischio


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su 45 mila, mentre il secondo è il chimico con 4 mila. Da questo punto di vista, quindi, credo che l'Emilia-Romagna dovrebbe essere presa in considerazione.
Considero molto importante e utile il Fondo di garanzia per le PMI, di cui 18 mila aziende hanno usufruito. Mi risulta però che siamo quasi a fine corsa, perché le risorse stanno per finire. Vorrei avere una maggiore precisazione, perché è stato un ottimo strumento, forse poco conosciuto tra i professionisti, ma in grado di garantire risultati eccellenti perché uno dei problemi è proprio quello del credito.
Abbiamo già esaminato in Commissione in sede consultiva il disegno di legge finanziaria. Tutti hanno dimostrato attenzione al fatto che le risorse per il suo Ministero siano al di sotto delle aspettative. Il Parlamento siamo noi e il Ministro giustamente contratta anche per noi. Da questo punto di vista, però, si rileva una certa preoccupazione, anche perché dovrebbero essere trovate risorse per i contratti di sviluppo. Vanno bene gli investimenti su alcuni settori che consideriamo prioritari, quali l'automotive e gli elettrodomestici ecocompatibili. Desidero esprimere la mia solidarietà e il mio appoggio per quanto lei ha dichiarato sul caso FIAT e sullo stabilimento di Termini Imerese. Si tratta di settori che hanno avuto incentivi che hanno dato ottimi risultati, ma la possibilità di mantenere questo trend per il prossimo anno mi preoccupa, perché oggi hanno avuto un incremento del 30 per cento, ma non so quanto questa tendenza possa durare anche mantenendo gli incentivi in questo settore.
Sul tema dell'azione antidumping, stiamo fissando regole molto importanti a tutela del prodotto made in Italy. Chiedo un impegno al suo Ministero: una maggior forza per ottenere controlli più efficaci, perché in Italia esistono numerose leggi a tutela dei prodotti di origine, tra le quali una che punisce colui che acquista incautamente il prodotto contraffatto, ma nessuno la applica mai. Continuare a legiferare senza effettuare controlli è assolutamente inefficace.
Ritengo che l'export sia un elemento fondamentale per quanto ci riguarda, perché il tessuto delle piccole e medie imprese non è stato ancora sufficientemente aiutato a internazionalizzarsi. Dobbiamo ristrutturare tutti gli istituti ad esso dedicati, la Simest serve anche per aiutare lo sviluppo delle nostre imprese all'estero. Vorrei sapere a che punto sia l'applicazione della legge sullo sportello unico, perché è fondamentale, altrimenti ogni volta ristrutturiamo istituti già esistenti, ma non applichiamo efficacemente le normative vigenti.

GABRIELE CIMADORO. Ringrazio il Ministro per la concretezza negli atti e nelle parole. Esprimo però qualche dubbio sulle scelte adottate da questo Governo.
Non riuscirò a riassumere tutte le criticità che abbiamo rilevato in questa legge finanziaria o comunque negli atti di questo ultimo anno di Governo. Parto da alcune considerazioni svolte dal professor Fortis la settimana scorsa nell'ambito dell'audizione presso la nostra Commissione. Riteniamo tutti che la Cina sia un'opportunità, ma secondo il professore, che credo ne sappia più di me di economia, la Cina diventerà un problema, perché sta già realizzando quasi tutti i componenti a tecnologia avanzata. Quando avrà comprato il know how, li produrrà in casa e non avrà più bisogno di risorse o di manodopera proveniente dall'estero. Potrebbe essere importante riflettere sulla situazione di sviluppo dell'Italia rispetto a questo grande Paese, che sta voracemente inghiottendo tutto.
In questo ultimo anno, ho seguito la crisi nella mia provincia di Bergamo, che rappresenta un comparto industriale molto importante e sta soffrendo più di tante altre, forse perché ha avuto il peso e la responsabilità di produrre molta parte dell'industrializzazione del nostro Paese. Soffre soprattutto della limitatezza delle linee di credito, questione che dovrebbe essere affrontata direttamente dal Governo con l'imposizione di regole agli istituti bancari, che potrebbero non avere più


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tutti gli utili di cui hanno sempre goduto, anche ponendo in essere attività speculativa.
Il Governo dovrebbe mettere in campo una politica di sostegno alle banche, a condizione che possano aiutare non più le piccole e medie imprese, ma le piccolissime imprese, sostenendo l'operaio, l'artigiano che emette poche fatture all'anno, che nella nostra struttura industriale e artigianale rappresenta l'ossatura della microimpresa.
È necessario promuovere un'importante battaglia contro il mondo della contraffazione, dietro il quale si cela tutto il mondo del sommerso e della malavita. Un segnale forte in questo senso dovrebbe essere dato dalla politica, anche allontanando i politici, che molto spesso sono collusi in tali vicende.
Passando ad un'altra importante questione, ritengo che non possiamo risolvere sicuramente il problema delle emissioni di CO2 con le centrali nucleari. Abbiamo votato a favore dell'Autorità sul nucleare, per studiare la possibilità di arrivare in fondo alla quarta generazione. Credo che non risolveremo questo problema da subito.
Ho seguito molto il settore delle macchine agricole, che rappresenta 100 mila addetti. Se pensiamo ancora ad interventi di rottamazione per sostenere la Fiat, credo che a questo settore debba essere data attenzione.

PRESIDENTE. Vi comunico una notizia drammatica che mi è stata appena comunicata: purtroppo pare che sia morto un operaio della Thyssen a Terni e che vi siano due feriti gravi.

ANNA TERESA FORMISANO. Signor presidente, cercherò di essere più che europea. Saltiamo i ringraziamenti per giungere al nocciolo del problema. Voglio proporre al Ministro alcune questioni. Per quanto riguarda la legge relativa alle zone di crisi, mancano ancora i decreti attuativi che sollecitiamo, perché urgenti e necessari, così come per le zone franche, per le quali sono anche stati firmati i relativi protocolli - lei è venuto anche nella mia provincia a firmare -, ma i sindaci non sanno come muoversi, se non ricevono le giuste indicazioni da parte del Ministero dello sviluppo economico. Dobbiamo quindi accelerare l'emanazione di questi decreti attuativi, che rappresentano boccate d'ossigeno.
Abbiamo anche ascoltato le opinioni di alcuni assessori regionali che ci hanno sollecitato in questa direzione, per cui si potrebbe verificare se attraverso una modifica della legge n. 99 approvata all'inizio dell'anno, o in sede di legge finanziaria, tale questione possa essere discussa con attenzione per valutare la possibilità di ampliare tali fattispecie. Alcune province come la mia hanno approvato all'unanimità richieste in tal senso al Ministro.
Tutti parlano di investire maggiormente in ricerca e innovazione e auspicano di poter convincere i nostri «cervelli» a rimanere in Italia. Vorrei sapere come questa esigenza si possa coniugare con il taglio dei fondi alla ricerca nelle università e la mancanza di altre risorse oltre al credito di imposta per agevolare ricerca e innovazione. Considero inopportuno fare annunci di iniziative che non siano accompagnate dalla disponibilità di adeguate risorse economiche. Il Ministro ci ha bonariamente stimolato a presentare emendamenti per le piccole e medie imprese, ma sfonda una porta aperta. Formulo quindi una controproposta: fare un'alleanza tra Commissione attività produttive e Ministro Scajola. Siamo pronti a fare squadra con il Ministro Scajola, ma dobbiamo verificare chi ci sostenga in Parlamento.

ARTURO IANNACCONE. Signor Ministro, la ringrazio per la sua relazione. Avrei voluto fare un intervento diverso, ma le riflessioni che lei ha sviluppato mi inducono ad essere estremamente sintetico, in quanto ritengo che molte delle questioni che avrei voluto sollevare hanno trovato una prima risposta nella sua introduzione.
Desidero darle atto del fatto che, tra i tanti soggetti auditi in questa Commissione, lei abbia prestato maggiore attenzione


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al Mezzogiorno, indicando la strategia di fondo del suo Ministero. Ho registrato una complessiva disattenzione al Mezzogiorno da parte dei soggetti istituzionali. In seguito alla crisi che ha colpito il nostro Paese, ci aspettavamo ricette diverse per la parte più sana, più robusta e più forte del Paese e per la parte più debole. Questo non mi sembra che sia ancora avvenuto. La parte finale della sua relazione traccia comunque uno scenario che mi auguro si possa concretizzare.
Concentro l'attenzione solo sulla questione della FIAT, che nel Sud è molto attuale, come dimostrano le vicende di Termini Imerese, di Pomigliano d'Arco, di Pratola Serra in provincia di Avellino. C'è da chiedersi per quale ragione aumentino la produzione di automobili, il fatturato FIAT, i profitti, si capitalizzi la FIAT e si apprezzino i titoli in borsa, ma si riducano gli occupati, aumentino le ore di cassa integrazione, si riduca la produzione nel nostro Paese. Signor Ministro, più che darle solidarietà rispetto all'impegno che sta portando avanti, chiediamo che il Governo eserciti una forte pressione sulla FIAT, per consentire agli stabilimenti FIAT del Sud di continuare a produrre e di mantenere gli attuali livelli occupazionali.

GIUSEPPE GALATI. La ringrazio, signor Ministro, per il tono positivo, ma non facilmente entusiastico, né pessimistico. Lei ha parlato di nuovi servizi per i consumatori, soprattutto per quelli che vengono dai Paesi emergenti. In questo ambito si colloca, a mio giudizio, la questione del turismo e ovviamente dell'industria turistica.
Nella scorsa legislatura, il Ministro Bersani aveva già parlato di programmi multiregionali per grandi «attrattori» nel sistema turistico culturale. Lei ha citato la concentrazione di risorse nel periodo 2007-2013. Vi è poi la questione dei contratti di sviluppo. Ci chiediamo dunque, visto che Invitalia ha una società dedicata e che il suo Ministero controlla anche Promoitalia, se non sarebbe opportuno affidare a questa missione la questione dei contratti di sviluppo che devono avere anche attraverso un'intesa in Conferenza Stato-regioni, maggiori risorse finanziarie.

LUDOVICO VICO. Vorrei chiederle, signor Ministro, se non sia opportuno utilizzare il tavolo nazionale della chimica, più di quanto sia stato fatto finora, come luogo importante per le decisioni di orientamento e di politica industriale.
La stessa cosa vale per il tavolo nazionale della siderurgia, anche in relazione ad alcuni suggerimenti sull'antidumping. Vorremmo sapere inoltre su quali risorse finanziarie possa effettivamente contare la legge per lo sviluppo, dato che continuiamo ad assistere a tagli nella legge finanziaria attualmente in esame.

GIUSTINA MISTRELLO DESTRO. Anche io ringrazio il Ministro dell'ampia e dettagliata relazione. Vorrei chiedere quali benefici si intendano riconoscere alle imprese che utilizzeranno il nuovo contratto di rete.

ANDREA LULLI. La ringrazio perché almeno lei prova ad avere un rapporto corretto con il Parlamento. Credo che questo sia un valore in sé anche per affrontare i problemi della crisi economica.
Vorrei comprendere quante risorse siano a disposizione per gli accordi di programma previsti dalla legge n. 99, sollecitandola magari a sottoscrivere quello che riguarda il mio territorio Prato. Poiché lei ci ha invitato ad essere attenti agli stimoli per la crescita economica, vorrei anche ricordarle che in questa legge finanziaria vedo molti tagli agli incentivi, agli aiuti alla commercializzazione delle imprese. Sul made in Italy si taglia più del 50 per cento delle risorse rispetto all'anno in corso. Vorrei essere rassicurato sul punto. Noi ovviamente abbiamo presentato alcuni emendamenti al riguardo.
Riconosco che qualcosa è stato fatto sul credito alle piccole imprese, ma concordo con il collega Raisi sul fatto che si tratta di una goccia nel mare. Sarebbe importante ragionare su un fondo di garanzia


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interbancario, perché abbiamo il problema di far tornare la fiducia fra banche, affinché possano erogare il credito alle piccole imprese. Abbiamo alcune proposte su questo aspetto, che è uno dei principali accanto all'esigenza di andare verso l'innovazione del nostro sistema imprenditoriale, perché altrimenti rischiamo di non «agganciare» la ripresa.

SANTO DOMENICO VERSACE. Signor Ministro, parliamo molto dell'Italia, ma bisogna parlare anche molto dell'Europa. L'Europa dovrebbe preoccuparsi di difendere i settori manifatturieri, pretendendo reciprocità e correttezza di comportamento. Dobbiamo cambiare questo atteggiamento.
Per quanto riguarda il federalismo fiscale, siamo una regione dell'Europa con 60 milioni di abitanti. Quaranta anni fa abbiamo fatto le regioni, abbiamo moltiplicato i centri di spesa e, in alcuni casi, come la sanità, i centri di corruzione. Abbiamo venti regioni, tra le quali il Molise con 320 mila abitanti, circa 115 province (e continuiamo a crearne di nuove), 9 o 10 mila comuni. Se non incideremo su questo, non avremo risorse per sostenere lo sviluppo industriale e la competitività del Paese. Desidero infine ricordare come il sistema ceramico abbia 45 mila addetti, di cui 15 mila a rischio.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Tratto solo due questioni che riguardano l'energia. Poiché l'industria dell'energia è intrinsecamente anticiclica, raccogliendo anche la sollecitazione del Ministro, considero opportuno ragionare a breve anche rispetto alla legge finanziaria, ma rilevo segnali differenti. Vorrei capire se, dal punto di vista del Ministro, vi siano sollecitazioni ad andare in alcune direzioni: la prima è quella degli incentivi per l'industria energetica che usa fonti rinnovabili. Anche lei ha ricordato l'impegno di Copenhagen e dell'Europa in genere. Poiché emergono segnali contraddittori, sarebbe importante avere una parola certa sull'impegno del Ministro dello sviluppo economico in questo senso. La seconda cosa riguarda un altro elemento contraddittorio, ovvero gli emendamenti già depositati alla legge finanziaria di segno opposto, volti ad aumentare la «Robin tax». Il Governo dovrebbe evitare che questo si realizzi.
Per quanto riguarda, infine, la piccola e media impresa, vorrei sapere cosa succeda di Industria 2015 rispetto a questo settore, se si salvi qualcosa.

LIDO SCARPETTI. Desidero rivolgerle una domanda rapida e diretta. Lei, signor Ministro, ha parlato della necessità di sostenere anche la media e grande impresa, oltre alla piccola.
Per quanto riguarda il settore dei trasporti, la politica industriale del Governo è fondamentale, perché le maggiori imprese in questo settore sono detenute da Finmeccanica. Intravedo il rischio che anche in questo settore il nostro Paese scompaia come player internazionale, se non sarà realizzata una politica di sviluppo che punti sulla ricerca, sulla progettazione e sull'innovazione.

PRESIDENTE. Do la parola al Ministro per la replica.

CLAUDIO SCAJOLA, Ministro dello sviluppo economico. Sicuramente ho dato più soddisfazione nella relazione introduttiva di quanto ne darò nelle risposte che mi accingo a fornirvi, perché, siccome avete parlato di tutto e di più, ho provato a prendere appunti anche con il prezioso apporto dei miei ottimi collaboratori, ma non credo riuscirò a dare risposte a tutti. Ci proverò, mantenendo l'impegno che ho preso prima, ovvero che, laddove non avessi risposto in modo esauriente, me lo comunicherete e vi darò la risposta per iscritto.
Vado velocemente perché al termine di questa audizione, come diceva il presidente, sono richiamato da altri argomenti di vita non privata, ma pubblica. È la quarta volta che vengo alla Commissione attività produttive e ci verrò ancora, perché ogni volta, al di là del rapporto con il


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Parlamento, che giudico doveroso, è anche utile per acquisire alcune indicazioni.
Credo che non si possa affermare che in questa fase sia mancata una politica industriale, perché, se per politica industriale intendiamo annunci, può essere vero ma, se non intendiamo annunci, è la prima volta che in Parlamento si affronta una proposta di politica energetica e nella legge dello Stato è reinserito il tema nucleare, dopo più di vent'anni.
Per la prima volta, dunque, si affronta una politica energetica, e sostenere che la politica energetica non sia politica industriale significa disconoscere il peso dell'energia nell'industria. Mi chiedo cosa sia, se non politica industriale, la significativa e innovativa riforma degli incentivi, approvata all'unanimità dal Parlamento, o la riforma degli enti di internazionalizzazione delle imprese. Mi chiedo cosa sia, se non una chiara politica industriale, inserire per la prima volta nelle leggi dello Stato la legge annuale sulle piccole e medie imprese. Mi chiedo cosa sia, se non grande riforma di politica industriale, stabilire i contratti di sviluppo, trasformazione fondamentale per far risorgere territori industriali, aprendo a settori che erano assolutamente non considerati, quali il turismo.
Credo che parlare di reti di imprese significhi parlare della possibilità di sviluppo effettivo delle imprese che, mantenendo la loro individualità e la loro specificità, riescono stando insieme, fuori da un limite geografico, addirittura in un altro continente, ad avere insieme incentivi e facilitazioni fiscali, contributive e di know-how.
Mi pare, invece, che per la prima volta il Parlamento - cui do il merito, dal momento che l'ho chiamata non «legge Scajola», ma «legge sviluppo» - l'abbia approvata con convinzione. Ci abbiamo messo un anno e in questo provvedimento è inserita la politica industriale significativa per il cambiamento del Paese. Forse è meno nota, perché non è stata occasione di polemiche, di annunci, di titoli sui giornali o di decreti-legge. In riferimento, poi, al tema export, credo che sia significativo dire che in questo Paese dobbiamo tutelare le nostre produzioni. Per la prima volta abbiamo inserito il made in Italy in una legge dello Stato. Con il made in Italy intendiamo tutelare la produzione italiana, a difesa della produzione italiana, ma anche del consumatore che deve sapere da dove proviene la merce che acquista. Se il made in Italy è soprattutto export di prodotti di grande qualità, in un'economia globalizzata nasce - qui concordo con l'onorevole Colaninno - l'esigenza per taluni settori di avere impianti industriali all'estero, di essere presenti sui mercati internazionali: l'una cosa non esclude l'altra.
Il punto fondamentale è che quando cominceremo a parlare in maniera più approfondita - mi auguro che lo faremo con il Parlamento, dandogli anche una formulazione giuridica - di una nostra forte presenza nel mondo anche a livello di produzione, dovremo disciplinare il tema italian concept, per riuscire a mantenere nel nostro Paese la capacità di progettazione, di invenzione, la testa e, per taluni comparti in cui sia necessario per competere, stabilimenti industriali all'estero. Le cose non sono in contrasto. L'internazionalizzazione dei nostri strumenti di attuazione serve proprio a presidiare questi mercati.
Alcoa non è un problema burocratico, ma un problema di concorrenza, che si fa sulla qualità del prodotto e sul prezzo. Per taluni aspetti, laddove si tratta di made in Italy, riusciamo a farcela anche senza il prezzo, perché la gente compra il prodotto per la sua qualità, ma per alcune produzioni, la qualità del prodotto è praticamente identica, e per esse conta il prezzo. In quelle produzioni, in cui la componente energetica è molto elevata, si registrano costi fuori mercato fuori mercato per la folle politica energetica finora condotta dal nostro Paese.
Il problema dell'Alcoa nel passato è di aver beneficiato di tariffe agevolate che l'Europa ci ha contestato, costringendoci a pagare multe salate di arretrati. In seguito a una trattativa abbastanza positiva, abbiamo ridotto questa penalità. Resta il


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problema di fondo, ossia il problema della politica energetica di cui l'Alcoa è il simbolo, che deve dare energia a minor costo. Concordo perfettamente con l'onorevole Torazzi: stiamo lavorando sulla nuova disciplina di l'interconnessione con l'estero e rafforzando il regime di «interrompibilità» delle grandi forniture, sulla scia di quanto abbiamo inserito nella legge sviluppo, per garantire il proseguimento di questa produzione in Italia. Ha perfettamente ragione ed è uno dei motivi per cui dobbiamo riformare le nostre società di internazionalizzazione. Dobbiamo finanziare le nostre imprese quando si ravvisi un ritorno per l'Italia in termini economici, laddove anche costruire all'estero può garantire un forte contributo di ritorno al Paese. Troppi casi dimostrano che così non è stato, ma non dovranno più ripetersi.
La Simest sarà riformata. Non mi avete domandato nulla su questo, mentre io vi ho dato un'anticipazione. Credo che, cambiando lo scenario dell'Est europeo, due di queste società finalizzate per l'Est europeo possano essere l'occasione per mettere tutto dentro Simest, che sarà riformata per rendere più puntuale la sua missione con questo obiettivo.
Per quanto riguarda Corea e FIAT e la politica commerciale europea, sono un critico dell'Europa troppo burocratica, ma sono un sostenitore dell'Europa e mi chiedo dove sarebbe l'Italia, se non fosse partner fondamentale dell'Europa di fronte alla grande crisi internazionale.
Ho sempre sostenuto e continuo a sostenere che l'euro è stata una grande salvaguardia del sistema economico italiano. Quando l'Europa deve prendere delle decisioni, come ha sul tema della politica commerciale nei confronti dei tassi con la Corea, è una mediazione europea, ma da incontri recenti con la FIAT è emerso come questo danno per i nostri prodotti si stia compensando lautamente per una grande azione di penetrazione che la FIAT, grazie all'accordo Chrysler, riuscirà a fare su quei mercati.
Anche l'Emilia è in crisi, caro Raisi, ma credo che nessuna regione ne sia immune. Ho fatto delle esemplificazioni, laddove ci sono asset strategici per la politica industriale del Paese, perché il problema è forte per il rischio della perdita di posti di lavoro, ma sarebbe ancora più forte, se con la crisi il nostro Paese perdesse asset industriali fondamentali che non può perdere, a rischio di non essere più un Paese industriale avanzato. Chi si è mosso in questo modo come l'Inghilterra sta scivolando.
Il fondo di garanzia per le PMI è finanziato per una cifra consistente, che nel 2010 prevede fra 400 e 500 milioni. Abbiamo lavorato bene nel 2009 con un fondo che era intorno ai 200-205 milioni, il che significa che dobbiamo essere tranquilli sull'utilità di questo strumento, che è quello che ha funzionato meglio per garantire il credito.
La novità è stata proprio quella di avere inserito l'allargamento al singolo, all'artigiano, che prima non era compreso. Per garantire il singolo operatore, che è il più bisognoso, perché è il più indifeso nei confronti del sistema bancario, abbiamo inserito la garanzia di Stato, che permette di concedere il credito con più facilità da parte del sistema bancario e diminuisce anche lo spread, rendendo più economico il finanziamento stesso.
È giusto rafforzare i controlli sull'antidumping, obiettivo su cui stiamo lavorando.
Sullo sportello unico do un'altra notizia. Sulla disputa di questa burocrazia che ci facciamo anche da soli, perché la burocrazia è non soltanto quella storica dello Stato o degli enti locali, ma anche la nostra, se non facciamo funzionare a regime la Conferenza Stato-regioni e incominciamo ad aver problemi fra noi e loro, il provvedimento sullo sportello unico licenziato e mandato all'attenzione della Conferenza Stato-regioni lì è rimasto per cinque mesi. Cinque mesi persi! Dobbiamo dire con piacere che nell'ultima Conferenza Stato-regioni il provvedimento sullo sportello unico è passato e quindi anche questa importante azione per le imprese va in porto.


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Con riferimento al nucleare di quarta generazione, devo sottolineare che è come scegliere di non comprarsi la macchina perché si è sicuri che prima o poi si riuscirà a volare solo con gli occhi, quindi a girare nel traffico senza inquinare e senza consumare. Il nucleare non si divide in prima, seconda, terza, quarta, quinta generazione come le classi della scuola: è un'evoluzione tecnologica. L'evoluzione tecnologica che inseguiamo è la più recente, la più innovativa, quella possibile per non cantare alla luna, ma per realizzare entro il 2030 un quarto del fabbisogno energetico dal nucleare. Ciò permetterà di stabilizzare i prezzi dell'energia e di non trovarci casi come Alcoa o altro e, nel contempo, garantire che le emissioni diminuiscano. Certo, non si fa domani mattina ma, se non si incomincia, non si arriva. Visto il tempo perso, dobbiamo incominciare per cercare di arrivare!
Condivido che alcuni settori come quello delle macchine agricole non siano stati incentivati al consumo e abbiano quindi particolarmente sofferto la crisi. Con la collaborazione del Parlamento individueremo un apposito strumento che potrebbe essere più celere, un decreto-legge che potremo approfondire con la Commissione attività produttive, da presentare all'inizio di gennaio 2010, in cui, alla luce dei dati sugli incentivi al consumo sull'automotive e dei settori che sono in difficoltà, si possa prevedere un incentivo al consumo per il loro rilancio. Stiamo quindi valutando quanto mi è stato proposto e troveremo lo strumento e la forma più idonei per affrontare anche questo tema.
Passo velocemente agli accordi di programma. Prima della chiusura del Parlamento per la pausa natalizia, il decreto attuativo sarà firmato. Si tratta di un decreto complesso, praticamente ultimato, all'ultimo vaglio degli uffici legislativi. Non sono andato nei territori: tutte le zone franche sono venute a Roma. Venerdì sera, sulle zone franche abbiamo ultimato l'accordo con il MEF sul contenuto del decreto attuativo. In settimana, dovrebbe quindi essere firmato e dare le certezze sulle procedure, perché i territori possano usufruire a breve anche di questo strumento.
Sono reduce da un incontro, onorevole Iannaccone, con il vertice FIAT. Ho provato a dire qualcosa nella relazione introduttiva. Produciamo poche auto in Italia e non dobbiamo produrne di più, ma molte di più, con il criterio della efficienza degli stabilimenti e della competitività dei costi. Ci stiamo muovendo in questa direzione e due ore fa abbiamo concordato che il mio Ministero e la FIAT in queste prossime settimane affinino ancora il percorso, affinché, nei giorni immediatamente precedenti a Natale, FIAT presenti il suo piano per l'Italia.
Per quanto riguarda gli incentivi per l'industria energetica che usa rinnovabili, non abbiamo previsto nuovi finanziamenti perché le misure fino al 2010 compreso sono già provviste di copertura finanziaria. Se vogliamo essere coerenti con una politica energetica di sviluppo, sarà argomento della prossima legge finanziaria, in cui ci auguriamo ci sia qualche risorsa in più.
Riusciamo ancora a proseguire il bando di Industria 2015 e forse abbiamo individuato anche risorse proprie con cui proseguire ulteriori bandi sull'innovazione tecnologica collegata allo sviluppo di prodotto, mettendo insieme imprese piccole e medie e centri di ricerca.
Sugli accordi di programma abbiamo stanziato 300 milioni di euro nell'ultima riunione del CIPE. Vogliamo aggiungere - è stato presentato un emendamento in questo senso alla legge finanziaria - risorse residue per la legge n. 488 per allargare le sue potenzialità, perché abbiamo bisogno di aiutare quei territori che hanno bisogno di non perdere asset industriali importanti per il Paese.
Il problema del turismo è una competenza che non rientra in senso stretto in quelle attribuite al mio dicastero, ma in quelle delle regioni, con una competenza residuale del Ministro del turismo. Abbiamo inteso inserire il settore turistico nella legge sviluppo, nella modifica dei contratti, ritenendo che il turismo sia


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un'industria. Abbiamo quindi necessità di essere coperti e lo siamo, perché attraverso i contratti di sviluppo possiamo valutare sui territori contratti ad hoc sullo sviluppo industriale turistico per la crescita. Il coinvolgimento di Invitalia è auspicabile e accetto il consiglio, proprio per il suo collegamento con «Italia navigando».
I tavoli sulla chimica e sulla siderurgia sono partiti prima dei tavoli di crisi, e hanno subìto un rallentamento naturale dovuto alla gestione delle crisi emerse in questo periodo. Il tavolo sulla siderurgia si è comunque riunito a luglio e a settembre 2009, e sta seguendo i problemi del settore, speriamo in modo soddisfacente. Sulla chimica c'è il tavolo nazionale e alcuni tavoli regionali. Sono in amministrazione straordinaria due poli significativi, Vinyls e Caffaro, che rappresentano due grandi questioni, per i quali cerchiamo di portare tutto il nostro contributo.
L'onorevole Mistrello Destro mi chiedeva quali agevolazioni diano le reti di impresa. Il testo che abbiamo concordato e che è in via di firma e di pubblicazione prevede agevolazioni fiscali, sgravi contributivi, semplificazione delle procedure. Cerchiamo di ottimizzare l'impiego delle risorse disponibili in modo tale che le reti di impresa rappresentino uno strumento che potrà beneficiare proprio della riforma degli incentivi. Abbiamo avviato il progetto «CHI» (Cluster Hub Italia) che significa un sostanzioso investimento pubblico di 10 milioni di euro per sostenere sul territorio il decollo operativo delle reti di imprese. Abbiamo investito queste prime risorse disponibili. Oggi, ho chiesto alle associazioni di categoria di fare una buona informazione sul territorio, in tutte le piccole province, perché chi si aggrega riesce ad avere una possibilità immediata di vantaggio economico dalla propria aggregazione. Vi ringrazio.

PRESIDENTE. Penso che l'applauso dei colleghi a chiusura della replica del Ministro sia un segno di apprezzamento per l'attenzione che il Ministro stesso ha voluto mostrare in queste due ore di approfondito confronto. Lo ringrazio nuovamente e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,30.

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