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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione X
5.
Martedì 5 aprile 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Dal Lago Manuela, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DELLE PROPOSTE DI LEGGE C. 2793 BORGHESI E C. 1938 STEFANI RECANTI «MISURE PER LA PROMOZIONE ECONOMICA E DELL'IMMAGINE TURISTICA, COMMERCIALE E CULTURALE DELL'ITALIA ALL'ESTERO»

Audizione di rappresentanti delle organizzazioni sindacali CGIL, CISL, UIL e UGL, di Confagricoltura, di Contadini del Tessile, di Coldiretti e del Ministero dello sviluppo economico:

Dal Lago Manuela, Presidente ... 3 4 5 6 7 8 9 10 12 13 15 16 17 20 21 22 23 24
Balzola Marcello, Operatore politico del dipartimento confederale della CISL ... 4
Belloli Roberto, Portavoce del movimento Contadini del Tessile ... 12
Bucarelli Grazia, Responsabile progetti internazionali di Confagricoltura ... 10 16
Ceotto Mirco, Segretario generale della Fisascat CISL di Treviso ... 8
Cimadoro Gabriele (IdV) ... 7 16 21
Condorelli Giovanni, Segretario confederale della UGL ... 6
De Bernardi Massimo, Consigliere dell'associazione Reparto produzione ... 17
Di Fusco Salvatore, Coordinatore CISL degli enti pubblici non economici ... 8
Frattini Massimo, Rappresentante della Filcalms CGIL ... 3 4 9
Lenucci Vincenzo, Responsabile segreteria tecnica di Confagricoltura ... 16 17
Lulli Andrea (PD) ... 16 22
Marcelli Tullio, Presidente dell'associazione Terranostra (Coldiretti) ... 13 16
Pezzotta Savino (UdC) ... 8
Santini Lamberto, Segretario confederale della UIL ... 5 9
Scarpetti Lido (PD) ... 8 21
Torazzi Alberto (LNP) ... 15
Tripoli Giuseppe, Capo dipartimento per l'impresa e l'internazionalizzazione del Ministero dello sviluppo economico ... 17 20 23
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Futuro e Libertà per l’Italia: FLI; Italia dei Valori: IdV; Iniziativa Responsabile (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): IR; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.

COMMISSIONE X
ATTIVITÀ PRODUTTIVE, COMMERCIO E TURISMO

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 5 aprile 2011


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MANUELA DAL LAGO

La seduta comincia alle 11,15.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti delle organizzazioni sindacali CGIL, CISL, UIL e UGL, di Confagricoltura, di Contadini del Tessile, di Coldiretti e del Ministero dello sviluppo economico.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'esame delle proposte di legge C. 2793 Borghesi e C. 1938 Stefani recanti «Misure per la promozione economica e dell'immagine turistica, commerciale e culturale dell'Italia all'estero», l'audizione dei rappresentanti delle organizzazioni sindacali CGIL, CISL, UIL e UGL, di Confagricoltura, di Contadini del Tessile, di Coldiretti e del Ministero dello sviluppo economico.
Chiedo a voi tutti, in primo luogo, se avete relazioni da lasciare agli atti della Commissione. Poiché siete tanti e occorre permettere ai parlamentari di intervenire per formulare osservazioni e porre domande, chiederei a tutti di essere estremamente brevi; per ulteriori approfondimenti sarà per tutti possibile far riferimento alla documentazione depositata.
Rappresentate anche configurazioni molto diverse, ragion per cui immagino che ci siano sensibili diversità di opinione.
Proprio perché abbiamo molti ospiti, proporrei di ascoltare prima le sigle sindacali e poi, per dare maggiore omogeneità di temi all'audizione, di dare spazio alle domande dei colleghi, in modo che i rappresentanti sindacali possano rispondere. Passerei quindi all'audizione dei rappresentanti delle sigle confartigianali e, per ultimo, al MISE, con cui mi scuso in anticipo. D'altra parte, voi siete qui in qualità di rappresentanti del Governo e potete, quindi, restare anche un po' più di tempo con noi.
Do ora la parola a Massimo Frattini, rappresentante della Filcalms della CGIL.

MASSIMO FRATTINI, Rappresentante della Filcalms CGIL. Buongiorno a tutti. Vi ringrazio per l'opportunità che ci offrite di illustrare il punto di vista della CGIL su queste due importanti proposte di legge. I testi colgono il problema della promozione del turismo all'estero, anche se hanno due sfaccettature diverse. Il tema viene molto enfatizzato in questo momento in cui vi è un calo del turismo, specialmente di quello che proviene dall'esterno. Lo dimostrano i dati, che ci fanno lentamente scivolare nella classifica delle presenze dei turisti stranieri in Italia. Vi è quindi un'attenzione importante. Bisogna focalizzare, però, anche quale sia l'impatto di tale flessione sulle nostre strutture che si occupano di promozione all'estero. Noi crediamo che l'ENIT, per quanto possa essere utile avere uno sportello unico nelle ambasciate e nei consolati, debba giocare un ruolo primario nella promozione all'estero. Il turismo è un prodotto diverso


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dalla commercializzazione di altri prodotti manifatturieri e necessita anche di sinergia e di integrazione con il mondo della cultura e dello spettacolo. Ha bisogno di un suo ruolo molto ben definito e ben chiaro in relazione a ciò che succede in Italia. Si pone anche un ulteriore problema riguardo all'ENIT, che riguarda il taglio delle risorse. Ovviamente una promozione turistica all'estero necessita di risorse ingenti per poter effettuare con efficacia una promozione del prodotto turismo verso i Paesi stranieri. Sono necessarie anche procedure e interventi più efficaci che invece, in questo momento, appaiono farraginosi. Ne cito uno per tutti: ottenere i visti per gli stranieri che arrivano in Italia dovrebbe essere una procedura molto più rapida rispetto all'attuale. Occorre, quindi, prevedere anche sportelli, come sono stati proposti, all'interno di ambasciate e consolati, nell'ambito di un progetto organico evitando appesantimenti burocratici, come nel caso dei visti. È un'iniziativa che potrebbe incentivare sicuramente il turismo.
Crediamo, comunque, che il progetto debba essere un po' più organico, con una riforma di tutta la materia che coinvolga le parti sociali. Per esempio, il Codice del turismo, che è stato emanato di recente, non ha visto le parti sociali molto entusiaste...

PRESIDENTE. Ha ragione, ma si deve rivolgere al Ministro sul Codice per il turismo. Saremmo leggermente fuori argomento rispetto alla proposta di legge, che propone, invece, una semplificazione.

MASSIMO FRATTINI, Rappresentante della Filcalms CGIL. Abbiamo, quindi, la necessità di un progetto più organico, che cogliamo a grandi linee nei due disegni di legge. Credo che un coinvolgimento delle parti sociali, come sta avvenendo oggi, con suggerimenti da parte di tutti, sia la strada corretta.
Tengo a sottolineare che gli sportelli, per come vengono configurati all'interno di ambasciate e consolati, sono molto importanti. Riteniamo anche, però, che l'ENIT abbia un ruolo diverso e che debba essere anche economicamente sostenuto, non solo dal punto di vista delle posizioni strategiche, ma anche da quello economico, per una maggiore propaganda e pubblicità del nostro prodotto nei confronti dei Paesi esteri.
Questa è la nostra posizione. Grazie.

PRESIDENTE. È stato chiarissimo.
Do la parola a Marcello Balzola, del dipartimento confederale della CISL.

MARCELLO BALZOLA, Operatore politico del dipartimento confederale della CISL. Grazie, signor presidente. Noi abbiamo già consegnato un documento alla Commissione e, quindi, cercherò, per ottemperare anche alla sua giusta richiesta e dare la possibilità agli altri di intervenire, di essere il più sintetico possibile.
Voglio rivolgere un ringraziamento a nome della CISL per l'occasione di far conoscere al legislatore il nostro punto di vista, quello dei rappresentanti dei lavoratori sul tema della promozione economica e dell'immagine turistica, commerciale e culturale dell'Italia all'estero.
È indubbiamente necessario, a nostro avviso, dedicare gli sforzi legislativi al rafforzamento e al potenziamento dell'efficacia della promozione dell'immagine dell'Italia all'estero sotto l'aspetto turistico, commerciale e culturale. Il settore turistico ha la necessità di essere adeguatamente promosso all'estero, al fine di riposizionare l'Italia tra i primi posti a livello internazionale come meta turistica.
La necessità, pertanto, di riformare e di razionalizzare il ruolo degli attori impegnati su questo tema è evidente. La CISL ritiene che sia fondamentale un forte coordinamento fra tutti coloro che si occupano dell'immagine dell'Italia all'estero per poter realizzare l'obiettivo sopra descritto e favorire un'immagine robusta e non disaggregata del nostro Paese nei confronti degli interlocutori internazionali.
Le proposte, pertanto, dovranno andare nella direzione della ricerca di un maggior coordinamento tra gli attori della promozione, favorendo, peraltro, una maggiore


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attrazione di investimenti in Italia nel settore turistico e commerciale e potenziando la forza di richiamo del nostro Paese.
Consideriamo fondamentale, in un quadro di coordinamento istituzionale efficiente ed efficace, dare più vigore al ruolo istituzionale e di responsabilità dell'attuale cabina di regia, oggi composta dal Ministero dello sviluppo economico e dal Ministero degli affari esteri, con la partecipazione di Confindustria, ABI e ICE e sotto la vigilanza della Presidenza del Consiglio.
Riterremmo utile e necessario in tal senso il coinvolgimento anche dei rappresentanti dei lavoratori, il cui contributo umano e professionale è perno fondamentale per la riuscita del rilancio di questi settori. Tale cabina di regia dovrà essere il punto di riferimento per l'individuazione delle iniziative da assumere rispetto ai Paesi esteri, programmando le attività degli enti interessati ai diversi progetti, governando la promozione attraverso i budget di spesa e individuando i soggetti adatti alla realizzazione dei programmi previsti.
Sul fronte finanziario si ritiene che le risorse oggi previste vadano potenziate al fine di permettere un'adeguata azione promozionale, con l'obiettivo di rendere le imprese italiane concorrenziali sui mercati internazionali. La CISL è convinta che la promozione del nostro Paese sia argomento di importanza strategica per l'economia complessiva e per la nostra immagine tale da rendere indispensabile il contributo di tutti gli attori coinvolti nei settori interessati.
Le nostre proposte di merito rispetto ai contenuti delle proposte di legge in discussione sono ben dettagliate e riportate nel documento che abbiamo consegnato. Grazie.

PRESIDENTE. La ringrazio per la chiarezza dell'impostazione e per la brevità.
Do la parola a Lamberto Santini, segretario confederale della UIL.

LAMBERTO SANTINI, Segretario confederale della UIL. Innanzitutto ringrazio la presidente Dal Lago e i componenti della Commissione, perché come UIL ritengo che, in questo momento soprattutto, il settore sia non solo strategico, ma anche meritevole di attenzione e di sviluppo.
Nel mio intervento procederò in modo schematico, per punti. Nel pomeriggio manderemo ulteriori dati e, quindi, sarò anche breve. Fornirò alcuni dati precisi per inquadrare un tema delicato, e al tempo stesso preoccupante.
Noi avevamo un appeal e un inserimento mondiale nel 1990 di un 5,6 per cento di quota di mercato. Attualmente nel 2010 abbiamo il 4,1 per cento e il trend del 2020, seguendo questo percorso, rischia di portare la quota del nostro Paese al 3,7 per cento. Si tratta di un dato preoccupante.
Noi riteniamo che uno dei problemi, che le due proposte peraltro evidenziano, sia quello di una governance centrale. Io sono per il federalismo e per le regioni, ma credo che in questa fase, soprattutto per questa materia, il tema della governance centrale debba essere recuperato con grande forza, attribuendo un ruolo ai livelli istituzionali e territoriali attraverso la sussidiarietà.
I dati che citavo pongono in evidenza un percorso, come dire, discendente. Dal primo e secondo posto il nostro Paese è sceso al sesto livello dei gironi infernali. La concorrenza è potenzialmente e obiettivamente vincibile, però riteniamo che per vincere questa battaglia dobbiamo essere molto convinti e soprattutto molto disponibili ad accettare una sfida.
Le proposte di legge che abbiamo esaminato, a nostro avviso, sono intelligenti e concrete. Partono da un percorso, che è quello di recuperare alcuni momenti di eccessiva frammentazione e dai ruoli importanti che hanno rivestito enti come l'ENIT e l'ICE, i quali dovranno continuare a esercitare tali ruoli. Noi riteniamo, però, che il personale vada ulteriormente potenziato nel senso della qualità e dei prodotti.
Soprattutto il ruolo all'estero - parliamo di quote mondiali di mercato - deve essere ulteriormente potenziato. L'incoming


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è fondamentale, ma dobbiamo conquistare le quote laddove ci sono. I flussi di mercato emergenti stanno dando il segnale per cui c'è bisogno di turismo culturale. Il mare è bello e la montagna anche, ma oggi la richiesta fondamentale, soprattutto dei Paesi emergenti, è quella di un turismo culturale intelligente e noi abbiamo una potenzialità enorme, che dobbiamo sfruttare. Occorrono, quindi, infrastrutture, ma soprattutto centralizzazione.
Rispetto alla cabina di regia, noi riteniamo che sia una scelta precisa di governance. Non pretendiamo di entrare per forza dappertutto, non sosteniamo che il sindacato sia la panacea di tutti i mali, però, rappresentando uno degli elementi fondamentali di un'impresa, osservo che laddove ci sono l'imprenditore e l'istituzione anche un momento di coordinamento delle forze dei lavoratori è importante.
Mi avvio alla conclusione. Credo che il dato della promozione dell'Italia e del suo potenziamento sia un fatto importante. Partecipando a una realtà presso il Ministero dello sviluppo economico, quella del punto di contatto, ho visto una sinergia diversa rispetto al passato fra Ministero degli affari esteri e altre strutture. Mi ha piacevolmente sorpreso, ma bisogna darle continuità. Promuovere la sinergia e unire le forze in campo è fondamentale e questo percorso, a nostro avviso, può trovare all'interno delle due proposte di legge un'indicazione cogente.
In questa legislatura credo che il percorso delineato nei testi in discussione vada perseguito con grande forza e, soprattutto, con grande convinzione. Grazie.

PRESIDENTE. Ringrazio moltissimo anche lei, anche per la brevità. Attendiamo nel pomeriggio la vostra relazione scritta.
Do ora la parola a Giovanni Condorelli, segretario confederale dell'UGL.

GIOVANNI CONDORELLI, Segretario confederale della UGL. Buongiorno, presidente, e grazie per l'invito. Noi abbiamo già consegnato un nostro documento, ragion per cui cercherò di stare nei tempi e di leggerne solo la premessa che contiene anche le nostre proposte.
Il processo di globalizzazione, come è evidenziato in entrambi i progetti di legge, ha tra i suoi effetti quello di aumentare la concorrenza fra Paesi. Ciò vale sia per le imprese che producono per esportare, sia per la capacità di attrarre nuovi e consistenti flussi turistici, un contesto di difficile competizione internazionale oggi reso ancora più complesso dalle diffuse e crescenti tensioni che interessano il bacino del Mediterraneo, l'Africa e il mondo arabo. In ragione di ciò, appare necessario un processo di razionalizzazione e di riorganizzazione delle attività di promozione del sistema Paese all'estero, avendo però ben presenti le professionalità acquisite e la preparazione del personale dipendente, che in nessun modo dovrà essere banalizzato da iniziative di concentrazioni di enti o di società.
In questo senso - è una proposta che abbiamo esplicitato nel documento - potrebbe essere utile un potenziamento della competenza del Ministero del turismo che dovrebbe, secondo noi, cambiare il proprio nome in Ministero del turismo, della promozione economica e dell'immagine dell'Italia all'estero, il quale si troverebbe così a fungere da cabina di regia fra diversi dicasteri, ossia affari esteri, economia e finanze e sviluppo economico, enti e società che al momento operano con un coordinamento spesso ridotto, se non addirittura nullo.
Export e turismo hanno sempre rappresentato per il nostro Paese due fattori di crescita economica e sociale. A causa dell'aumentata concorrenza internazionale e della crisi finanziaria nata con il problema dei cosiddetti mutui subprime, l'Italia rischia di perdere posizioni nelle classifiche internazionali. Ciò è un rischio assolutamente da scongiurare per non avere pesantissime ricadute in termini di occupazione e di ricchezza per il Paese.
È, quindi, necessario rafforzare le azioni di accompagnamento alle imprese, soprattutto per le piccole e medie imprese,


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che si affacciano sul mercato internazionale, anche alla luce delle considerazioni esposte nel cosiddetto Small Business Act, il documento con il quale l'Unione europea raccomanda ai partner di agire tenendo presenti le esigenze delle piccole e medie imprese.
Allo stesso tempo, continuando su una linea già intrapresa, è fondamentale promuovere il sistema Paese attraverso la valorizzazione di tutto quanto è made in Italy, dalle bellezze artistiche e paesistiche fino ai prodotti dell'agroalimentare. Sono oltre 220 le specialità DOP registrate in Italia, quasi un quarto di tutte quelle riconosciute in Europa, un patrimonio di sapori, culture, conoscenze professionali e capacità realizzative che ritroviamo nei 4.500 prodotti tipici italiani da tutelare nella loro specialità tipica, garantita contro ogni forma di contraffazione.
Questa è la premessa al nostro documento. Noi condividiamo le proposte di legge e auspichiamo che possano contribuire a realizzare un riordino unico degli enti coinvolti nel settore della promozione all'estero per fare chiarezza e soprattutto - lo sottolineiamo per il ruolo che rappresentiamo - per garantire comunque i posti e le professionalità che in questi enti sono oggi presidente. Vi ringrazio per l'attenzione.

PRESIDENTE. La ringrazio, anche per l'estrema brevità.
Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

GABRIELE CIMADORO. La Commissione sta esaminando le proposte di legge relative al settore del turismo, che riteniamo molto importante; anche noi abbiamo potuto riscontrare alcune criticità nel settore della promozione all'estero e nel tipo di organizzazione attualmente prevista.
Ci aspettavamo da voi, almeno in linea generale, alcune osservazioni critiche, come mi sembra abbia fatto l'UGL. Riteniamo il sistema attuale farraginoso e non in grado di garantire i risultati che vorremmo avere e che dovrebbe dare il turismo in Italia. Ci saremmo aspettati un intervento critico su un sistema che noi riteniamo molto complicato che coinvolge diversi enti con ambiti di competenza che si sovrappongono. Pensavamo anche non a un taglio, ma almeno a una soluzione che potesse essere più pratica e percorribile rispetto all'assetto attuale della promozione del turismo nel mondo. Almeno questo è il mio pensiero personale.
Rispetto alla questione di rafforzare le strutture con il personale, noi riteniamo il contrario, ossia pensiamo che ci sia la necessità di razionalizzare, magari anche tagliando alcune dotazioni eccessive o rappresentanze locali o territoriali non strategiche.

PRESIDENTE. Gli auditi parlavano di rafforzare il sistema attraverso la riqualificazione. Non si è parlato di tagliare, ma neanche di aumento del personale. Lo preciso per correttezza.

GABRIELE CIMADORO. Per questo motivo non ritenevo opportuno ascoltare tutti i soggetti contemporaneamente, perché si può generare anche da parte nostra una confusione rispetto alle posizioni espresse.
Comunque è vero che la cabina di regia è la questione più importante di questo provvedimento. Mi pare di aver capito anche che probabilmente è meglio che sia centralizzata e ritengo anch'io che sia più opportuno centralizzarla, anche se non so dove e come, se presso il Ministero dello sviluppo economico, Ministero degli affari esteri o la Presidenza del Consiglio. Dobbiamo coinvolgere tutti, ma attribuiamo poteri a questa cabina di regia, in modo che sia un unico arbitro di una situazione che altrimenti diventa confusa. Io vorrei interpretare in tal senso lo scopo di queste proposte di legge.

PRESIDENTE. Mi pare di comprendere che la domanda sia se nella ristrutturazione gli auditi ritengano che debbano essere previsti anche tagli o comunque riorganizzazione del personale.


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SAVINO PEZZOTTA. Esprimo semplicemente un'unica preoccupazione. Noi stiamo parlando di una promozione del turismo all'estero e ho sentito alcune osservazioni in merito. La mia preoccupazione è un'altra, ma si inserisce in questo contesto. Noi siamo in un Paese in cui calano i consumi in modo spaventoso, soprattutto quelli delle famiglie. Basta vedere gli ultimi dati ISTAT. Abbiamo una situazione in cui i redditi dei ceti popolari si sono ridotti e pensiamo di poter rilanciare il turismo solo andando sull'estero? È una questione necessaria e opportuna ma, se le due questioni non stanno insieme, non regge né l'una, né l'altra dal mio punto di vista. Mi interesserebbe capire questo elemento.
Credo, inoltre, che il turismo italiano per andare all'estero debba diventare sempre meno artigianale, meno familiare, e più industriale. Voi che ne pensate? Grazie.

LIDO SCARPETTI. Naturalmente ringrazio per le relazioni svolte e pongo soltanto una domanda. Entrambe le proposte parlano di unificazione e di sinergie. Una in particolare prevede l'accorpamento nel Ministero degli affari esteri delle varie competenze dislocate ora in enti diversi. Le questioni generali sul turismo sono solo in parte competenza di queste proposte di legge che hanno un profilo prettamente organizzativo, più che politico sulle materie del commercio estero e del turismo. Chiedo che cosa pensiate dell'ipotesi di accorpamento delle diverse funzioni e se, in conseguenza di questo, si debba attribuire un ruolo di coordinamento al Ministero degli affari esteri.

PRESIDENTE. Do la parola ai nostri auditi per la replica.

MIRCO CEOTTO, Segretario generale della Fisascat CISL di Treviso. In merito alla questione sollevata dall'onorevole Pezzotta, sicuramente le politiche turistiche, sia estere, sia interne, devono essere coordinate tra di loro. Non c'è ombra di dubbio. Devono, inoltre, portare alle soluzioni di modifica e di ampliamento del settore turistico e del prodotto interno lordo del settore stesso.
Sulla questione del dipartimento, noi pensiamo che l'unificazione delle diverse funzioni all'interno di un unico dipartimento possa creare diversi problemi, alcuni sotto il profilo dei lavoratori dipendenti - poi magari il collega amplierà il tema - e altri sotto quello delle competenze. Noi pensiamo che ci siano alcuni istituti che vanno sicuramente razionalizzati e coordinati meglio e che devono rientrare sicuramente sotto questa cabina di regia, la quale, a nostro avviso, dovrebbe comprendere anche la rappresentanza dei lavoratori, come abbiamo specificato.
Nel documento abbiamo specificato diverse ipotesi e troverete approfondite sicuramente ulteriori questioni.

PRESIDENTE. Mi pare di capire che per voi ridurre e semplificare troppo e porre tutto sotto un unico organismo non sia positivo. Ce lo spiegherete meglio per iscritto.

SALVATORE DI FUSCO, Coordinatore CISL degli enti pubblici non economici. Vorrei completare la risposta relativa alla eventuale razionalizzazione dei singoli enti, alla loro struttura e alle questioni del personale. Credo che si possa rispondere alle domande poste dall'onorevole Scarpetti, che dà implicitamente la risposta anche a quanto richiesto dall'onorevole Cimadoro.
Che cosa pensiamo noi, in sintesi, di questi due aspetti? La proposta di legge C. 1938 Stefani tende ad una razionalizzazione degli organi attribuendo un ruolo centrale al Ministero degli affari esteri, dal momento che gli sportelli unici sono rimasti sulla carta e non hanno avuto un'effettiva realizzazione e tale mancato funzionamento potrebbe essere derivato dall'assenza di coordinamento fra i Ministeri degli affari esteri e quello dello sviluppo economico: tale proposta di legge pone il problema in questi termini e potrebbe aprire alcuni scenari, fermo restando


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quanto ha affermato prima il mio collega; la proposta di legge C. 2793 Borghesi si basa essenzialmente su una norma di delega che, allo stato dell'arte, appare scaduta e che non prevede la soppressione degli enti, ma una loro razionalizzazione. Essa parte dal presupposto che gli sportelli all'estero abbiano funzionato, che fatto che in realtà non è avvenuto.
Noi riteniamo che forse le due proposte potrebbero costruire insieme un percorso da attuare attraverso la previsione di una cabina di regia, cui ha accennato anche il mio collega all'inizio, nell'introduzione, e che può dare quella profondità necessaria per raggiungere l'obiettivo della razionalizzazione.
Nel momento stesso in cui si tenta - mi sembra una questione da un punto di vista sindacale riconoscibile come un passo indietro - una pubblicizzazione coercitiva di alcuni organismi privati, perché in questo ambito intervengono tre enti pubblici e tre organismi privati, voler costringere questa pubblicizzazione crea problemi di personale e di funzionamento, perché si fondono radici costruite per finalità completamente diverse.
Noi crediamo che questo possa essere un punto di arrivo da costruire nel tempo, ma non un'iniziativa che «bruci» immediatamente questi tre enti pubblici e queste tre organizzazioni private, nate, peraltro, per soddisfare i più comuni interessi di sviluppo del nostro Paese.

PRESIDENTE. La ringrazio. Visto che i nostri ospiti invieranno alcune proposte per iscritto, dal momento che chiediamo loro anche questo tipo di contributo, potremmo procedere in tempi molto veloci. Noi stiamo concludendo le audizioni previste nel programma dell'indagine conoscitiva. Il relatore predisporre predisporrà, in seguito, una proposta della Commissione che terrà conto delle osservazioni e dei suggerimenti raccolti.

LAMBERTO SANTINI, Segretario confederale della UIL. Vorrei rispondere all'onorevole Cimadoro rispetto al numero di dipendenti, che non era nella nostra intenzione sottolineare, ma che è un dato importante. In questi anni si è attuata una riduzione dell'organico dei diversi enti pari a circa il 30 per cento dei dipendenti. È brutto affermare che abbiamo già dato, ma è vero che il 30 per cento di riduzione è stato già apportato nel settore. A questo punto, quindi, chiediamo un maggiore coordinamento, nella specificità e nella snellezza, ma anche nell'aumento di professionalità. È un dato di fatto.
Al collega Pezzotta rispondo sul dato del mercato estero. A nostro avviso, quando riferivo che dal 5-6 per cento siamo passati al 3 per cento, intendevo sottolineare che dobbiamo invertire la tendenza e andare verso i mercati mondiali, tenendo conto che dobbiamo far viaggiare tutti e che i buoni turistici dovrebbero più ottenere maggiori risultati. L'incoming è importante, ma noi dobbiamo prendere quote all'estero, ragion per cui l'obiettivo che proponiamo è quello di aumentare il 9,5 per cento del PIL nazionale al 18 per cento sulla voce turismo. Questo dato è fondamentale, perché il settore è strategico e può diventare davvero tale se raddoppia la sua potenzialità. Grazie, presidente.

MASSIMO FRATTINI, Rappresentante della Filcalms CGIL. La domanda che poneva l'onorevole Pezzotta è calzante: come rispondere all'incoming e come aumentare i flussi turistici all'interno dell'Italia? È un problema enorme, perché necessita di una razionalizzazione, basata su un turismo non più artigianale, ma industriale.
Concordo con i colleghi e non ripeterò le loro considerazioni. Aggiungo solo un'osservazione riguardo all'accorpamento dell'ENIT, che dipende dalla finalità che gli si vogliono attribuire. Se la finalità è quella di promuovere queste immagini che stanno lentamente perdendo posizioni, non crediamo che sia la strada giusta, perché il turismo necessita di tanti altri fattori, che non cito, altrimenti rubo tempo e vado fuori tema. Sostengo solo che la promozione deve essere attuata a livello centrale e che ogni singolo comune


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non può attuare la sua promozione sui mercati esteri, perché rischiamo di non far capire che cosa sia l'Italia.

PRESIDENTE. Vi ringrazio della vostra presenza e vi chiedo di trasmettere agli uffici tutto ciò che ritenete opportuno inviare, anche tenendo conto delle domande che sono state rivolte. Le vostre osservazioni saranno messe agli atti della Commissione e distribuite ai parlamentari.
Le proposte di legge non si riferiscono solo al turismo e questo mi pare piuttosto chiaro, tenendo sempre presente la Costituzione e le competenze delle regioni.
Passerei ora alle associazioni di categoria, dando la parola alla dottoressa Grazia Bucarelli, responsabile progetti internazionali di Confagricoltura.

GRAZIA BUCARELLI, Responsabile progetti internazionali di Confagricoltura. Ringrazio la presidente per averci invitato a quest'audizione e aggiungo anche che mi dispiace molto che le categorie sindacali siano andate via, perché avremmo avuto piacere che ascoltassero anche le nostre opinioni.

PRESIDENTE. Poiché della seduta viene redatto un resoconto stenografico, saranno messe al corrente delle vostre considerazioni.
Noi abbiamo il dovere di ascoltare e di sentire tutte le opinioni, ma non vorremmo che si creassero anche piccoli problemi, come dire, diplomatici, che ci permetterebbero di comprendere meno facilmente il senso delle considerazioni svolte in audizione.

GRAZIA BUCARELLI, Responsabile progetti internazionali di Confagricoltura. Prima di entrare nel concreto delle due proposte di legge, abbiamo notato che finora si è parlato molto di turismo e ci fa piacere che proprio la presidente abbia ricordato che non siamo noi ad aver compiuto una lettura errata delle due proposte di legge. Parliamo, invece, di tutti i settori economici e produttivi dell'Italia e non solo, ma anche dell'interesse dell'investimento all'estero delle imprese italiane.
D'altra parte, tra gli enti che vengono menzionati in particolare in una delle due proposte ci sono Simest, Finest e Informest, finanziarie volte all'internazionalizzazione delle imprese che vogliono investire all'estero e che fanno capo al Ministero dello sviluppo economico.
Aggiungo anche che, seppure il settore del turismo interessi moltissimo anche a noi, credo che un ottimo esempio di integrazione tra settori produttivi sia proprio quello dell'agricoltura e del turismo, con la conosciuta attività di agriturismo. Confagricoltura ha creato l'associazione più anziana del settore dell'agriturismo, che si chiama Agriturist.
Premesso ciò, ringrazio nuovamente dell'invito e rilevo che condividiamo il fatto di aver messo insieme le due proposte, perché effettivamente, pur essendo state presentate in periodi diversi, nei contenuti tendono allo stesso tipo di concretezza.
Per andare direttamente al concreto, vorremmo svolgere una premessa sugli obiettivi delle due proposte di legge, che condividiamo appieno: si tratta di creare una razionalizzazione di tutti gli enti e gli organismi pubblici e privati, perché si parla anche di un organismo privato, quale le camere di commercio italiane all'estero, che si adoperano, anche se con competenze diverse, proprio per l'attività di promozione delle produzioni italiane all'estero e di investimento diretto delle aziende.
Negli obiettivi generali noi veramente concordiamo totalmente con le due proposte. Tutto ciò presumibilmente dovrebbe portare a un risparmio economico, a un'armonizzazione delle attività e anche a una maggiore sinergia tra i diversi settori produttivi.
A noi interessa questa impostazione anche per un altro elemento di condivisione. Oltre alla razionalizzazione economica e a ciò che ho già rilevato, ci interessa molto il fatto che, avendo un unico coordinamento, si possano individuare


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meglio le necessità delle imprese italiane e anche alcune priorità di tali necessità.
In questo senso più volte abbiamo sostenuto, e lo riconfermiamo anche in questo momento, che riteniamo opportuno e interessante per tutti che le imprese entrino comunque nella gestione, nel miglior senso del termine, di tali attività. Rimaniamo, pertanto, un po' perplessi, anche per questo motivo, sul fatto che si possa costituire un dipartimento presso la Presidenza del Consiglio che accorpi a sé questa materia e l'attività di tutti gli enti che vengono indicati. In realtà ciò ci lascia un po' perplessi, ma, come sosteneva il primo intervento, perché l'importante è avere comunque un coordinamento, che poi ne sia a capo il dipartimento della Presidenza del Consiglio o l'ex Ministero del commercio internazionale, attuale branca del Ministero dello sviluppo economico, o altri, poco importa, purché sia un organismo o un'istituzione che abbia tra le sue competenze principali l'attività del commercio internazionale e dell'investimento delle imprese all'estero e che permetta che la voce delle imprese - ci viene da aggiungere per il tramite delle loro organizzazioni più rappresentative - entri nelle indicazioni di programmazione che tale organismo di coordinamento deve formulare, quindi non solo nell'attuazione pratica, come in parte fa l'ICE. Conosco meno l'ENIT.
Porto un esempio per spiegarmi meglio. È importante che tale coordinamento non esista solo nelle attività degli enti menzionati da una delle due proposte di legge, ma anche, tutto sommato, con chi legifera. Porto un esempio che il dottor Marcelli comprenderà sicuramente.
Esiste un'ottima legge, la n. 1083 del 1954, che prevede un aiuto alle imprese di tutti i settori per la promozione dei propri prodotti all'estero. Questa legge è diventata ormai nei fatti, oltre che povera nel budget economico - ma questa purtroppo è una situazione trasversale - un po' «vecchia», perché magari offre un incentivo economico e un sostegno ad attività che oggi per le imprese sono meno utili. I grandi workshop in cui tutti gli imprenditori incontrano tutti i cosiddetti buyer esteri servono a poco. Sono di grande immagine, ma servono a poco, mentre servono moltissimo le missioni di incoming, quando possiamo invitare gli operatori commerciali esteri a vedere le nostre realtà, dagli agriturismi al mondo produttivo.
Ormai, come sappiamo tutti, chiunque può produrre qualsiasi alimento e qualsiasi prodotto agricolo, ma noi siamo convinti che le produzioni italiane abbiano un elemento in più, non perché ci sia scritto «Italia», quanto perché le nostre imprese seguono sistemi di certificazione di qualità e di tracciabilità. Lo vediamo perché svolgiamo in concreto questi progetti. Quando l'operatore estero, al momento della scelta tra i prezzi bassi spagnoli e quelli un po' più alti italiani, vede che esiste una realtà imprenditoriale, questo può essere il requisito in più che aiuta l'impresa italiana piuttosto che quella dell'altro Paese a vendere e, pertanto, a far crescere, tutte le imprese messe insieme, l'economia generale del nostro Paese.
L'obiettivo generale delle due proposte è quello di creare un coordinamento unico, il che va benissimo. Perché allora creare un dipartimento a livello nazionale e mettere gli uffici esteri sotto il Ministero degli affari esteri? Dov'è l'unicità, dov'è il coordinamento? Noi siamo perplessi, di qualsiasi ministero si parli. Secondo noi, comunque, mettere un'attività di carattere commerciale e promozionale sotto un ministero che ha priorità assolutamente diverse potrebbe far rimanere tale attività in secondo piano.
Va benissimo creare un coordinamento unico, però, se ICE e camere di commercio italiane all'estero possono essere assimilati per il tipo di competenza, seppure uno sia un istituto pubblico e le altre siano entità private, restiamo anche in questo caso perplessi nel capire come Simest, Finest e Informest, che sono società finanziarie, possano essere inserite - mi permetto di esprimermi sempre in termini positivi - in un unico «calderone» insieme con questi altri enti.


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L'ultimissima considerazione è che siamo favorevoli ad un coordinamento per chi attua promozione e attività di assistenza agli investimenti all'estero, però ci chiediamo perché non venga menzionata Buonitalia Spa, perché non vengono menzionate le camere italo-estere, perché non vengano menzionate in parte le regioni, le province e le camere di commercio. Non vediamo enti nazionali come Buonitalia in queste proposte.

PRESIDENTE. Probabilmente la legge fa soprattutto riferimento alle istituzioni nazionali legate attualmente al Ministero.
Do la parola a Roberto Belloli, portavoce di Contadini del Tessile.

ROBERTO BELLOLI, Portavoce del movimento Contadini del Tessile. Grazie dell'opportunità. Abbiamo depositato una memoria alla presidenza, ragion per cui cercherò di essere sintetico.
La prima domanda che ci siamo posti riguarda lo stato dell'arte. Oggi quello che esiste per quanto riguarda noi, che siamo piccole e medie imprese, non rende un servizio funzionale. Abbiamo provato e verificato alcune ipotesi e abbiamo visto che l'attuale assetto organizzativo non funziona. Siamo d'accordo, in sostanza, con l'accorpamento sotto un'unica egida, ma mi preme svolgere una premessa per quanto riguarda le proposte di legge.
Questi enti devono promuovere l'eccellenza italiana all'estero, il turismo e il made in Italy, ma, per avere qualcosa da promuovere, bisogna comunque cercare di rafforzare il prodotto. Noi abbiamo una problematica molto importante: se andiamo sempre di più verso le realtà multinazionali e le grosse aziende, gli enti citati non hanno alcuna utilità. Le grosse aziende, le multinazionali e le grandi imprese non hanno bisogno di questi enti. Questo è il primo passo, che è fondamentale ed è propedeutico a tutto quanto deve seguire. Noi siamo innanzitutto fortemente convinti che vadano prima di tutto tutelate non tanto le piccole imprese, che sono un'eccellenza italiana, quanto le filiere produttive. La polverizzazione è una debolezza, ma anche una ricchezza, perché tiene in forza le filiere e le filiere produttive sono la forza dell'Italia e l'eccellenza italiana. È chiaro, però, che esse devono essere rinforzate e sostenute. Noi abbiamo i distretti, le filiere produttive e altre realtà che oggi non sono sostenute e tutelate, perché sappiamo benissimo che sono osteggiate dalle grandi lobby della commercializzazione.
Questo tema è legato anche al concetto di turismo. È chiaro che, se non c'è fiducia, anche le piccole realtà non hanno successo. Mi dispiace, ma non sono d'accordo con le osservazioni dell'onorevole Pezzotta. Il turismo oggi è composto di piccole realtà, che hanno grandi potenzialità in quanto individuali. Se noi facciamo confluire il nostro turismo nelle grandi realtà industriali del turismo, distruggiamo completamente la nostra risorsa e gli enti citati non hanno ragione di essere. A questo punto, piuttosto che accorparli, è meglio scioglierli. È un concetto fondamentale ed è molto importante per quello che ci riguarda.
Non entro nel merito del ruolo di Simest, Informest, Finest o delle camere di commercio, perché non ne ho le competenze. Non entro nel merito delle funzioni svolte da questi enti, che noi abbiamo provato ad avere come interlocutori. Il vero problema è anche la capacità del personale. Le strutture presenti in questi enti, grandi o piccole che siano, non hanno la capacità e la forza per sostenere le piccole imprese che vogliono andare all'estero.
Che cosa significa sostenerle? Significa fornire assistenza legale, tutela dei diritti di proprietà, brevetti, lotta alla contraffazione, conoscenza delle realtà commerciali e dei distretti in loco.
Vi è una diversificazione nel nostro sistema Paese, che è costituito da distretti, ma anche gli altri Paesi hanno al loro interno realtà diversificate, ragion per cui è fondamentale che gli enti o l'ente preposto, che noi vediamo come ente unico che abbia una governance numericamente ristretta, composta da poche persone competenti nel commercio, nell'industria e


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nell'artigianato, sia una piccola governance che controlli l'interconnessione fra il sistema all'estero e il sistema italiano. Noi in Italia abbiamo un sistema di interconnessioni e di conoscenze fra gli enti fiera, con tutte le iniziative a livello anche di distretto, che possono dialogare tranquillamente con i sistemi di comunicazione all'estero. Questo è ciò che a noi serve.
Se un pratese - mi riferisco a una mia conoscenza di Prato - deve andare a vendere il suo prodotto in Russia, deve avere sul territorio russo qualcuno che conosca il distretto dei russi. Non ci serve un sistema che finanzi un'attività che poi non può andare avanti.
Il nostro concetto è molto sintetico. Ho lasciato alla presidente un'analisi strutturale della proposta di legge, punto per punto, perché abbiamo voluto entrare nel merito. Sono due pagine molto semplici.
Nella proposta di legge C. 2793, fra i criteri e principi direttivi, al punto d) si prevede una riunificazione organizzativa e funzionale e si citano quattro obiettivi specifici, che riguardano la coerenza della politica economica commerciale estera, la realizzazione di strategie di promozione, la realizzazione di attività di sostegno e la realizzazione di attività di promozione della cultura italiana.
Sono quattro obiettivi fondamentali, che però devono essere riempiti di contenuti. Noi siamo assolutamente d'accordo con questo tipo di approccio e abbiamo svolto alcune considerazioni nell'ambito di questi obiettivi. Non entro ora nel merito punto per punto.
Per quanto riguarda invece il principio direttivo di cui al punto a) della citata proposta di legge C. 2793, la nostra proposta è quella di istituire un board di controllo, ossia un Consiglio d'amministrazione, formato da pochi addetti, ma che abbiano davvero le competenze per poter amministrare e coordinare l'operato degli sportelli unici. La presidenza potrebbe essere di un responsabile del ministero competente, ma non entriamo nel merito della proposta C. 1938. Non è competenza nostra decidere quale sia tale ministero, però l'importante è che gli altri quattro o cinque consiglieri al massimo siano imprenditori, artigiani o addetti al turismo. Questo porterebbe ad un'interconnessione più efficiente.
Infine, è importante, per quanto ci riguarda, che ci sia una riduzione dei costi.

PRESIDENTE. È stato chiarissimo e brevissimo.
Do la parola a Tullio Marcelli, presidente di Terranostra.

TULLIO MARCELLI, Presidente dell'associazione Terranostra (Coldiretti). Grazie, presidente. Sono Tullio Marcelli, presidente di Terranostra, l'associazione degli agriturismi di Coldiretti.
Prima di entrare brevemente nel merito delle due proposte di legge con un paio di considerazioni, vorrei citare alcuni dati numerici sulla realtà agrituristica italiana, per farvi capire che questo è un fenomeno da cui non si può prescindere, quando si parla di turismo.
Noi abbiamo 19 mila 100 agriturismi censiti nel 2009. Di questi 15.600 svolgono attività di alloggio e 9.300 di ristorazione. Alcuni svolgono anche una doppia attività. Questo dato è importante, perché negli ultimi dieci anni gli agriturismi sono raddoppiati. C'è un 100 per cento in più di agriturismi. Si tratta, dunque, di un fenomeno in costante e continua diffusione nel mondo dell'attività agricola che, secondo me, deve essere tenuto in debito conto nel momento in cui si va a parlare di riorganizzazione dell'attività turistica. Nel tempo, però, questa questione è stata marginalizzata e non considerata centrale come una volta.
Svolgo ora due considerazioni sui temi oggetto dell'audizione. Rilevo innanzitutto positivamente la prevista riorganizzazione di questi enti, perché, in effetti, così come sono non funzionano.
In merito a tale riorganizzazione, noi pensiamo che debba essere ricondotta nell'ambito della Presidenza del Consiglio dei ministri. Deve essere una realtà che coinvolge più soggetti. Non si parla soltanto di turismo, ma anche di economia, di promozione


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all'estero e di incoming, quindi di attività plurisettoriali che riguardano più realtà. Una cabina di regia centrale è assolutamente doverosa, ma penso che necessiti di un soggetto unico a livello centrale all'interno della Presidenza del Consiglio, con un modello che coinvolga, però, anche gli attori privati.
Non è pensabile andare a promuovere un prodotto all'estero senza i soggetti che rappresentano le imprese italiane, sia quelle che vanno all'estero, sia quelle che trattano incoming, non sia rappresentato all'interno di questo ente. Se si tratta di un ente sovraordinato o di un sovrastato, esso diventa una pastoia burocratica che non ha contatto con il territorio. Penso che sia opportuno che nell'ambito di questo nuovo organismo debbano essere garantite anche le rappresentanze del mondo delle organizzazioni sindacali.
Attenzione a questi enti, però. Come agiscono? È importante sottolinearlo e noi l'abbiamo anche denunciato al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e al Ministero dello sviluppo economico. Questi enti vanno all'estero, prendono risorse dello Stato italiano e dei contribuenti italiani, costruiscono società con imprenditori italiani - abbiamo dati su questo tema e l'abbiamo anche denunciato - e producono prodotti che fanno poi concorrenza a quelli italiani. Vi porto l'esempio del latte ovino, con forme tipo Toscanello e Parmesello, che vengono vendute nel mercato globale insieme ai prodotti italiani realizzati con latte italiano ed entrano in sostanziale concorrenza con un brand di internazionalizzazione. Sono situazioni fuori dal mondo, che vanno assolutamente smascherate.
Occorre creare eventualmente un nuovo ente, razionalizzare il numero e le competenze di quelli esistenti - qualcuno è bene che venga chiuso - ma soprattutto occorre seguirne l'operato perché, se accadono episodi come quelli che vi ho appena descritto, per cui diamo soldi a qualcuno per andare all'estero e utilizzare il prodotto estero e venderlo con un falso nome italiano, ciò è aberrante e rappresenta comportamenti di concorrenza sleale unica da un punto di vista commerciale. Purtroppo, i dati ci mostrano anche questo.
In merito all'internazionalizzazione, credo che le imprese agroalimentari italiane e anche quelle che trattano il turismo siano imprese medio-piccole. Questa è la fotografia dell'Italia. Che ci piaccia o no, l'Italia è composta da piccole e medie imprese. A me personalmente piace molto, però nel sistema globale noi siamo medio-piccoli in tutti i settori. Anche la più grande azienda che produce vino o cereali nel sistema globale è molto piccola. Nelle nostre aziende gli australiani o i canadesi parcheggiano i trattori, per farvi capire quanto sono grandi le nostre realtà.
Poiché la realtà è questa, noi dobbiamo creare reti di impresa, con contratti di rete, che sono anche strumenti piuttosto semplici, per cercare di promuovere i marchi distintivi di ogni azienda all'estero, per chi è capace di farlo. Non possiamo pensare di cancellare l'esistente. Oggi la l'elemento distintivo italiano è forte, perché è diverso, unico e ricercato. Pensare di globalizzarlo nel mercato mondiale, con un'immagine unica da diffondere fuori di un sistema Paese Italia, è controproducente. Ci deve essere una regia, ma la «istintività» delle singole componenti non può essere annullata da una regia unica. Le singole realtà che vogliamo promuovere all'estero devono necessariamente essere promosse come realtà distintive e coordinate da un organismo unico.
Passo ora a un'altra considerazione. In Italia vi è una una quantità enorme - le proposte di legge in esame non ne parlano, ma non so se si possa legiferare in questo senso - di enti locali, privati e pubblici, come province, comuni, comunità montane, pro loco e camere di commercio, che stanno attuando promozione e spendendo risorse (migliaia di euro, milioni di euro, se li mettiamo assieme) in maniera spesso scoordinata fra loro. Non so se sia opportuno che, pur nella loro differenziazione, a livello regionale, da un lato, e provinciale, dall'altro, vi possa essere un coordinamento per far sì che le risorse dei territori vengano promosse anche attraverso


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lo strumento nuovo che la legge vuole creare. È inutile che alla fiera di Hong Kong vadano la regione Toscana, dieci province e dieci camere di commercio, magari anche in stand diversi. Nel settore agroalimentare ho visto che l'Italia è presente in più stand, neanche nello stesso.
Se le proposte di legge in esame avessero l'ambizione di riorganizzare - non so se ciò sia possibile - o di dare alcune linee guida per una possibile riorganizzazione del sistema di promozione a livello territoriale, presumibilmente riusciremmo a dare un'immagine del nostro Paese che parte dal basso e che viene poi rappresentata all'estero come un'unica realtà nazionale.
Se riorganizziamo solo l'attività degli enti di promozione all'estero, per quanto sia giusto andare in questo senso, senza un coordinamento con il territorio, rischiamo che arrivino flussi di richieste e di attività promozionali nell'ambito di un sistema che di fatto è una cabina di regia, ma che non ha un coordinamento nel territorio. Questi sono gli aspetti critici che ci sentiamo di sottolineare.

PRESIDENTE. Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

ALBERTO TORAZZI. Svolgo una breve premessa. Oggi abbiamo sentito audizioni molto interessanti. Poiché sono relatore della legge, mi rendo conto che le proposte di legge hanno alcuni limiti, perché intervengono forse a un livello troppo alto su un problema che andrebbe declinato molto più sul campo.
Ho notato, però, che esiste una generale convinzione che si debba entrare in profondità sui meccanismi e che ciò debba essere fatto con la partecipazione di coloro che sono impegnati in concreto sul campo.
Ho preso nota delle osservazioni che riguardano un coordinamento molto stringente con gli operatori del settore privato. La Commissione in questo momento sta esaminando, in sede referente. due proposte di legge, ma con i colleghi commissari possiamo decidere di scrivere anche una proposta completamente diversa. In passato ho posto anche il problema della necessità di una riduzione dei costi, partendo dal presupposto - ho avuto anche esperienze in prima persona - che il sistema non funziona. Se si dovesse decidere di riscrivere questo sistema, voi ritenete, alla luce delle proposte di legge che avete esaminato e della situazione attuale, che sia un problema risolvibile con una nuova legge che razionalizzi il sistema attuale? Oppure sarebbe preferibile prevedere il coinvolgimento anche di soggetti privati che partecipino alla governance, in modo tale da aggiornare di volta in volta il sistema?
Più rifletto sui contenuti delle proposte di legge, più ascolto le audizioni, e più mi sembra che siamo, per così dire, di fronte alla ristrutturazione di una multinazionale, per la quale non basta cambiare il direttore generale per sistemare tutto. Bisogna entrare, cambiare le procedure, capire qual è la missione, come la vogliamo declinare e come allocare le risorse.
Vorrei comunque sapere se eventualmente sarà possibile anche nel prosieguo avere un confronto di merito con le vostre organizzazioni, per avere vostre proposte anche più articolate su come voi immaginereste la nuova realtà organizzativa.
La seconda domanda è se, secondo voi, effettivamente abbia un senso l'idea di prevedere un sistema che abbia la capacità di autorinnovarsi, anche coinvolgendo soggetti esterni, e che non sia soltanto una legge ad imporre dall'alto un nuovo sistema di governance.
Le domande sono, quindi, se le vostre organizzazioni sono disponibili a fornirci una loro eventuale proposta articolata e se si possa oggettivamente pensare a un sistema autocorrettivo che preveda un confronto di merito. Ho notato, per esempio, che nella proposta di Confagricoltura si prevede un'audizione annuale nella Commissione, alla Camera o al Senato, per sapere come stiamo procedendo e per varare eventuali ulteriori iniziative legislative.


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GABRIELE CIMADORO. Ritengo le tre audizioni finali che abbiamo sentito adesso le più costruttive nel merito della vicenda su cui stiamo lavorando.

PRESIDENTE. Forse perché sono imprenditori.

GABRIELE CIMADORO. È vero, probabilmente. La concretezza ci serve e forse dalle loro considerazioni, al di là delle parole sentite potremmo trovare spunti interessanti sulle proposte di legge, se decideremo di prendere in considerazioni i suggerimenti e le indicazioni ricevute.

ANDREA LULLI. Occorre svolgere una precisazione, presidente. Ho sentito fare alcune affermazioni, che però non sono realizzabili. Legiferare sulle questioni legate al ruolo dei territori non rientra nelle nostre facoltà e pone un problema di rispetto della Carta costituzionale. D'altra parte, quando si compie un ragionamento sul federalismo, ci sono alcuni vantaggi, ma anche alcuni vincoli. Non possiamo indicare alle regioni o alle province che cosa fare. È bene che abbiate posto il problema all'attenzione della Commissione. Avete svolto osservazioni convincenti, ma che alla fine presentano alcuni vincoli aspetti che esulano dalle nostre competenze.

PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per fornire ulteriori precisazioni.

TULLIO MARCELLI, Presidente dell'associazione Terranostra (Coldiretti). Porto un esempio. Le competenze con il Titolo V sono delegate alle regioni, ma esistono una legge nazionale sull'agriturismo del 2006, venti leggi regionali e anche alcune linee guida nella legge nazionale che, di fatto, hanno indicato alcuni valori. Esiste già una legge quadro in questo settore. Penso, pertanto, che il Parlamento possa legiferare in merito e poi delegare alle regioni la normativa di dettaglio.

GRAZIA BUCARELLI, Responsabile progetti internazionali di Confagricoltura. Ovviamente c'è la più grande disponibilità da parte di Confagricoltura, con interesse ad tenere audizioni, a partecipare e a invitarvi da noi per uno scambio più approfondito nel merito.
Vorrei solamente svolgere una considerazione. Molto spesso si è ripetuto che questi enti non funzionano. Noi lavoriamo molto con l'ICE e onestamente dobbiamo rilevare che gli uffici all'estero dell'ICE, per la nostra esperienza, hanno sempre una grandissima professionalità e conoscenza degli operatori esteri e sono per le piccole, per le medie e anche per le grandi imprese un punto di riferimento tanto quanto lo è per altri aspetti l'ambasciata.

PRESIDENTE. Forse quando qualcuno sostiene che tali enti non funzionano, intende dire che, se compiamo verifiche rispetto ad altri Paesi europei, con grande sincerità dobbiamo ammettere la necessità di riformarne le competenze e di rivedere il loro funzionamento. Come in tutte le situazioni, qualcosa funziona di più o di meno e dipende anche dalla persona che opera all'estero. Posso affermarlo per esperienza personale di ex presidente della Fiera di Vicenza. Non ho conflitto di interessi, ma credo di conoscere il problema della commercializzazione e quali siano i problemi coinvolti. Concordo anch'io sul fatto che dalle audizioni odierne siano emersi spunti interessanti.

VINCENZO LENUCCI, Responsabile segreteria tecnica della Confagricoltura. Siamo d'accordo con la proposta. Se volete, iniziamo un tavolo comune, di consultazione periodica.

PRESIDENTE. È complicato prevedere un tavolo di consultazione permanente, nel senso che dobbiamo prevedere uno strumento idoneo ad essere inserito in una nuova legge. La proposta dell'onorevole Torazzi, con cui potrete continuare uno scambio di opinioni, è di prevedere all'interno della proposta di legge, se non ho capito male, un incontro annuale con la


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Commissione degli organismi maggiormente coinvolti nel settore della promozione all'estero.

VINCENZO LENUCCI, Responsabile segreteria tecnica della Confagricoltura. Intendevo questo, ovviamente, non una consultazione pletorica o troppo impegnativa. I nostri punti fermi sono quelli di salvaguardare le specificità e le esigenze del mondo imprenditoriale, di razionalizzare anche con le sinergie utili che possono fuori essere messe in campo. Promuovere un prodotto all'estero con a fianco una strategia turistica a noi fa solo piacere. Vi è necessità di integrare tutti i soggetti, tra cui anche Buonitalia, quello più vicino a noi e con cui siamo abituati interagire - anche se poi abbiamo avuto pochi contatti - mettendo in campo anche, me lo consenta, un briciolo di coraggio. È vero che ci sono la Costituzione, le deleghe e le competenze da rispettare ma, se siamo tutti d'accordo a rimettere in discussione alcune piccole questioni, cum grano salis e con gradualità...

PRESIDENTE. L'onorevole Lulli ha ragione. C'è stata una riforma costituzionale e questo è un Paese che vuole andare in modo sempre più spinto verso il federalismo.

MASSIMO DE BERNARDI, Consigliere dell'associazione Reparto produzione. Sono d'accordo con quanto ha detto l'onorevole Lulli. Probabilmente il problema non è che questi enti non funzionano, ma, da piccolo imprenditore che ha cominciato a partecipare alle fiere nel 1997 in giro per il mondo, posso affermare che non c'è un'azione coordinata. Non è vero che gli enti non sono funzionanti, ma manca un'azione veramente coordinata. Io produco tessuti e ho visto fiere in cui espongono i tessutai di Prato con un loro stand e una loro Camera di commercio, quelli di Varese e via elencando. Trovo indispensabile un dipartimento che coordini questi aspetti.

PRESIDENTE. Ciò dipenderà anche dalla capacità degli imprenditori e delle camere di commercio di parlarsi tra di loro, in modo da superare i problemi che poneva l'onorevole Lulli.
Vi ringrazio. Attendiamo le vostre ulteriori proposte per iscritto.
Do infine la parola al dottor Giuseppe Tripoli, capo del dipartimento per l'impresa e l'internazionalizzazione del Ministero dello sviluppo economico.

GIUSEPPE TRIPOLI, Capo dipartimento per l'impresa e l'internazionalizzazione del Ministero dello sviluppo economico. Grazie, presidente. Sarò estremamente sintetico, anche perché temo che il tempo per queste audizioni è praticamente esaurito. La ringrazio perché la Commissione ha voluto ascoltarci.
Svolgerò alcune considerazioni flash, a cominciare dal tema dell'internazionalizzazione per le imprese e per l'economia italiana. Che le imprese si internazionalizzino di più e siano di più sui mercati esteri in tutte le diverse forme che ciò comporta - non solo l'aspetto commerciale, ma anche quello di presenza industriale, di collaborazione sulla tecnologia e di joint venture - in questa fase è, e probabilmente lo sarà a lungo, uno dei driver della nostra economia. In questo momento purtroppo è l'unico che sta trainando l'economia italiana. Dico «purtroppo» perché l'altro driver di un grande mercato come quello italiano è la crescita del mercato interno, ma in questa fase l'internazionalizzazione è il fattore che trascina di più la crescita. Dal punto di vista territoriale, laddove vi sono imprese fortemente internazionalizzate e con una presenza sui mercati internazionali, vi è stata una crescita più veloce e più rapida del PIL, con tutto ciò che questo comporta anche in termini di crescita dell'occupazione, di presenza più radicata sul territorio e di indotto.
Nell'ambito di questa considerazione, cioè che l'internazionalizzazione per un Paese come l'Italia potrà pesare di più o di meno, ma che sicuramente resterà sempre uno dei grandi fattori di crescita, vorrei rilevare che il nostro sistema ha una caratteristica particolare: abbiamo un sistema spostato verso la dimensione micro, piccola e media. All'interno di questa dimensione, con poche grandi e grandissime


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aziende, siamo riusciti nel miracolo, come Paese, di stare nei mercati internazionali, di rimanere in questa fase di crisi il secondo Paese esportatore nel settore manifatturiero, dopo la Germania, e di avere una base manifatturiera costituita da questa realtà di milioni - perché si tratta di milioni - di dimensioni aziendali molto piccole. All'interno di questi milioni di realtà aziendali molto piccole c'è una fascia stimata in circa 170-180 mila imprese, la grandissima parte delle quali - tenete conto che il 99,9 per cento si possono definire micro, piccole e medie imprese, di cui il 94 per cento sono micro e piccole imprese; in proporzione alle 180 mila considerate sono coinvolte soprattutto quelle manifatturiere e artigiane, il che è un tema relativo ai servizi - ogni anno compie operazioni con l'estero, di cui circa 10 mila in modo stabile.
Il primo tema che una politica di internazionalizzazione deve porsi è quello di far sì che il numero di imprese che compiono operazioni stabili con l'estero e che hanno l'estero come dimensione ordinaria non sia più di 10 mila, ma più alto, e che il numero di quelle che si accostano al tema del mercato internazionale da 180 mila possa ulteriormente crescere. Noi abbiamo visto (ma ve lo hanno confermato le considerazioni che abbiamo sentito oggi e immagino anche le dichiarazioni delle audizioni precedenti, oltre alla conferma fattuale in sé) che un'impresa che si internazionalizza non solo vede crescere il proprio fatturato, dal momento che, se apre al mercato, aumenta il suo fatturato, ma tendenzialmente si dota - o ha l'esigenza di dotarsi - anche di personale qualificato, di fare della difesa della propria realtà industriale un tema forte e di avere un rapporto diverso con la finanza. Concludo la prima riflessione affermando che il tema dell'internazionalizzazione non riguarda come si presenta l'Italia all'estero - un secondo tema che affronterò più avanti - ma politiche, scelte, interventi e iniziative per le imprese costituite da questo sistema che ho citato; si tratta di interventi e di iniziative che si attuano sul territorio. Il raccordo con le realtà che operano sul territorio è fondamentale ed è quello che, come MiSE, stiamo percorrendo, nel rispetto ovviamente delle competenze costituzionali. Non si tratta di un coordinamento delle regioni, ma di un raccordo con le regioni, cercato, peraltro, dalle stesse regioni sempre di più, perché ci siano, per esempio, iniziative condivise e congiunte e si individuino settori su cui puntare. Si tratta anche di un raccordo con le camere di commercio che operano sul territorio per evitare il fenomeno che è stato molto pesante negli anni delle vacche grasse, per cui si sono registrate presenze pluriformi degli stessi territori sui medesimi Paesi esteri, fenomeno che attualmente si è sicuramente ridotto. Si deve realizzare un raccordo più forte con le associazioni imprenditoriali perché si individuino i settori su cui puntare in modo più collegato e coordinato. Si devono, quindi, aiutare le imprese nel territorio in cui operano in Italia, dove hanno avuto la loro matrice. Non dimentichiamo che la gran parte delle imprese italiane, anche quelle coi grandi brand, sono nate spesso dal lavoro artigiano, da operai qualificati che si sono messi in proprio. Noi non abbiamo un modello di impresa come altri Paesi, in cui alcuni fondi investono su manager che mettono su le aziende. Il grosso delle nostre aziende è nato dal «saper fare» dei privati, degli artigiani, degli operai qualificati, quindi dal rapporto con la scuola che formava operai qualificati che facevano un'esperienza in azienda e si mettevano in proprio. La presidente ha citato più volte Vicenza e il Veneto e credo che questa sia l'esperienza anche di quel territorio, oltre che di tanti altri territori italiani. Come realizzare tutto ciò? Credo che siano almeno quattro le leve su cui si può lavorare. Non esiste un decalogo, ma ci sono alcuni strumenti che noi abbiamo ritenuto utili. Uno è quello delle reti per far crescere la potenzialità delle micro, piccole e medie imprese ad andare all'estero. Le reti sono uno strumento messo a disposizione delle imprese perché si dotino, quando sono troppo piccole e non hanno la possibilità di farlo in proprio, di figure manageriali,


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che insieme possono pagare, che da sole non potrebbero assumere e che possono intrattenere per un gruppo di aziende e in modo stabile un'azione di contatto con i mercati esteri. È un fenomeno che sta accadendo. Fino alla scorsa settimana erano ancora poche, ma il fenomeno sta crescendo. Erano circa 200-210 le aziende iscritte con contratto di rete regolare sul registro delle imprese delle camere di commercio. Sono sia dello stesso settore, sia di settori diversi, ma caratterizzate dall'obiettivo di acquisire all'interno della rete una capacità professionale che da sola ciascuna impresa desidererebbe, ma che non è in grado di avere.
In secondo luogo, occorre far crescere la cultura aziendale, perché una piccola azienda deve conoscere il mercato verso il quale può muoversi, deve conoscerne i rischi, deve sapere che cosa deve avere per competere. Il nostro sistema è basato molto su una cultura «fai-da-te», che ci ha garantito in questi anni. Oggi non è più sufficiente il «fai-da-te». Occorre avere un livello, che io chiamo culturale, anche di visione e di conoscenza della complessità dei problemi, perché un conto è esportare, come si era sempre fatto, in mercati piuttosto vicini e noti, come i mercati dell'Europa e quelli degli Stati Uniti, un altro è affacciarsi su mercati molto più lontani, dove gli strumenti di conoscenza che si devono avere sono molto più sofisticati.
Il terzo tema è la finanza, su cui stiamo provando a intervenire in diversi modi. Uno degli strumenti con i quali interveniamo è citato, per esempio, nei disegni di legge della Simest, la quale ha effettuato alcune operazioni di partecipazione a imprese che vogliono andare all'estero. Per carità, ne ha sbagliate anche alcune, ma ha aiutato molte altre imprese a compiere operazioni che altrimenti non avrebbero avuto la forza finanziaria per effettuare.
Il quarto strumento che ci sembra importante è il contatto con l'impresa, tra impresa e impresa, tra impresa e possibili acquirenti, tra impresa e buyer. Abbiamo visto che è utilissimo attuarlo sia andando all'estero, sia ospitando in Italia con l'incoming. Abbiamo compiuto operazioni interessanti con cui, per esempio, abbiamo sostenuto anche studenti degli ultimi anni di facoltà tecnologiche, come ingegneria, a effettuare segmenti dell'ultima fase del loro percorso di lavoro in Italia, perché ciò li aiuta a conoscere le imprese italiane quando saranno fuori.
All'impresa serve conoscere in concreto, non in astratto, e avere il contatto in concreto e non in astratto. Noi abbiamo riorientato tutte le missioni che compiamo direttamente, attraverso l'ICE, e quelle che costruiamo insieme con le associazioni, con le regioni e con le camere di commercio verso operazioni di business to business (B2B). Occorre meno rappresentanza generale e diffusa e più possibilità di incontro B2B. Le aziende lo apprezzano.
Tutto ciò va svolto nel rispetto dei limiti legislativi, istituzionali e costituzionali, ma creando i raccordi necessari. Ormai ce ne siamo accorti tutti, comprese le regioni e le associazioni, senza raccordi operativi su obiettivi condivisi, non imposti né diversificati, non si può pensare di raggiungere risultati soddisfacenti.
Un altro tema è quello della promozione estera. Opererei anche in quest'ambito una distinzione tra una promozione dell'immagine Italia, che oggi è trapelata in alcuni interventi e su cui desidero fare una sottolineatura, e la promozione degli aspetti di cui stiamo parlando, cioè delle imprese e di ciò che rappresenta il sistema produttivo italiano.
Per quanto riguarda l'immagine dell'Italia, al di là degli aspetti del turismo, su cui, anche come Ministero dello sviluppo economico, non abbiamo molto da dire, credo che vada molto sottolineato il fatto - ritengo che sia una considerazione sotto gli occhi di tutti - che l'immagine di un Paese oggi è determinata da tanti elementi, non solo dal fatto che si decida una campagna promozionale, ma anche dal fatto che essa sia presente nei film e che i prodotti abbiano brand apprezzati. Quando si nomina un brand e lo si associa a un Paese, immediatamente all'immagine positiva del brand si associa anche


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l'immagine positiva del Paese. Un prodotto che non ha il brand, ma è apprezzato, funziona ugualmente. Ci sono poi tutti gli strumenti televisivi. Tutto questo contribuisce all'immagine di un Paese e per noi è importante, perché il made in Italy si regge sulla qualità, sull'eccellenza e sul know-how, ma anche sul fatto che il prodotto venga apprezzato dai consumatori.

PRESIDENTE. L'importante è che l'Europa non ci tolga il made in Italy. Lo faccio notare a voi come Ministero: dovete darvi da fare per difenderlo, perché il made in Europe non è il made in Italy.

GIUSEPPE TRIPOLI, Capo dipartimento per l'impresa e l'internazionalizzazione del Ministero dello sviluppo economico. Ci stiamo impegnando, presidente, perché sappiamo bene che dire made in Europe significa mettere in un unico calderone tutte le diverse produzioni.
Il nostro Ministero è molto impegnato nella battaglia del made in, perché tutti i prodotti che vengono da fuori Europa, come peraltro accade negli Stati Uniti, in Giappone, in Canada e in Russia, siano segnalati come prodotti all'estero. Stiamo compiendo alcune sperimentazioni che il Parlamento ha previsto nelle leggi sulla tracciabilità. Il Parlamento ha autorizzato quella volontaria, perché ogni prodotto tessile o calzaturiero preveda le indicazioni relative al luogo in cui vengono svolte le diverse fasi della produzione.
Per quanto riguarda la promozione all'estero delle imprese, abbiamo trovato che dentro la rete dell'ICE, come in ogni rete pubblica, ci sono livelli di professionalità alta e di professionalità meno alta. Tutti hanno, però, una specializzazione, quella di essere rivolti alle imprese. Tendenzialmente stiamo cercando di adoperarci perché siano sempre più orientati verso le piccole e medie imprese.
L'orientamento tradizionale del nostro Paese era quello di dare supporto, laddove fosse stato richiesto, il che accadeva raramente, alle grandi imprese. Le piccole imprese hanno bisogno molto spesso di contatti che solo una persona dedicata al tema, che non può essere chi ha nel suo background una carriera di altro tipo, come quella di rappresentante dell'Italia all'estero, di rappresentanza politica, economica e istituzionale dell'Italia all'estero, possiede. Stiamo lavorando perché ci sia un raccordo e perché non ci siano divergenze tra le presenze dell'ICE e delle ambasciate. Peraltro, la legge n. 300 attribuisce già al Ministero degli affari esteri un compito di raccordo complessivo della presenza italiana all'estero.
Come stiamo lavorando? Ogni sforzo che si compie porta via tempo e fatica, però, per darvi un dato, in 41 località l'ufficio ICE è già interno all'ambasciata, perché l'orientamento di creare il più possibile un raccordo con il sistema delle ambasciate fa già parte dei nostri obiettivi ed era uno dei principi nella bozza di decreto legislativo che avrebbe dovuto essere emanato sulla base della legge n. 99 del 2009. Si tratta di un raccordo funzionale e operativo, ma con un'autonomia di gestione. Un altro tema che riguarda la presenza all'estero è che ci siano punti che permettano di creare un collegamento delle diverse reti presenti all'estero. Una grande rete è quella delle banche, un'altra quella dell'ICE e un'altra ancora quella delle camere di commercio italiane all'estero, oltre alle altre che voi avete citato.
Il fatto che l'ICE rimanga sotto la direzione completa del MISE, del Ministero dello sviluppo economico, è richiesto essenzialmente per due motivazioni. Una è che quello dell'internazionalizzazione delle imprese è un tema che parte dal territorio italiano e che si costruisce sul territorio italiano. L'ICE deve avere un rapporto diverso e migliore e il Ministero deve avere un rapporto più forte - abbiamo ricordato che lo stiamo costruendo - con le entità e le realtà che operano sul territorio italiano. La seconda motivazione è che all'estero una competenza specifica sull'internazionalizzazione delle imprese dentro l'ICE deve raccordarsi con le scelte che compie la Farnesina e che, quindi, competono alle ambasciate, ma è un raccordo funzionale.


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Dedico ancora una riflessione sul tema dell'istituzione di un nuovo dipartimento e poi chiudo, presidente. Credo di essere stato sufficientemente breve e mi spiace se mi sono prolungato più di quanto avessi voluto.
La costituzione presso il dipartimento della Presidenza del Consiglio, unificando le competenze di diversi enti, crea, a nostro avviso, alcuni problemi difficilmente risolvibili. Uno è stato già richiamato, ossia il fatto che mette insieme competenze private e pubbliche all'interno di un organismo amministrativo centrale pubblico, il che toglie flessibilità di intervento.
Per fare un esempio molto semplice, è vero che la Simest è un ente in cui lo Stato ha avuto un ruolo importante nella costituzione e nel capitale, ma è partecipato dai privati e opera a condizioni di mercato, stringendo i margini il più possibile soprattutto per le micro, piccole e medie imprese, in modo da poter svolgere, senza violare i principi degli aiuti di Stato dell'Unione europea, una politica di supporto. Potrebbe ancora fare ciò se diventasse una sezione, un ufficio, una divisione? Credo proprio di no. Non potrebbe avere tali strumenti.
A me sembra importante che l'ICE rimanga uno strumento operativo per l'internazionalizzazione delle imprese e, quindi, fortemente raccordato col MISE e, attraverso il MISE, con quei mondi istituzionali e associativi che vi citavo. Inoltre, ritengo che, per i motivi già esposti prevedere all'interno di un'amministrazione pubblica una sorta di agglomerato di enti diversi privati e pubblici, non sia una soluzione che possa funzionare. Infine, noi sosteniamo l'idea di un maggior raccordo all'estero, ma tenendo conto del fatto che tale idea deve essere costruita sulla base del principio che alle ambasciate compete un coordinamento generale, il quale va esercitato ed eventualmente rafforzato, ma che la specificità di ciascuno di questi enti - parlo di quelli che conosco, quindi non dell'ENIT - va mantenuta, perché, tra tutti i grigi delle umane cose ci sono anche forti sottolineature di competenze specifiche che sarebbero altrimenti perse.

PRESIDENTE. Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

LIDO SCARPETTI. Ringrazio il dottor Tripoli, perché ci ha fatto un'illustrazione efficace, che ci fa capire quali sono i problemi della competitività del nostro sistema all'interno del processo di globalizzazione.
Mi limito a fare solo una breve considerazione. Non basta affermare che si affidano agli ambasciatori i destini e le capacità delle nostre imprese a stare sul mercato. Il punto vero mi pare che le nostre imprese per mantenere il loro «piazzamento» attuale, che non è da disdegnare dal punto di vista delle capacità di competizione, hanno la necessità di politiche industriali vere nel nostro Paese.
Dopodiché, gli aspetti che le proposte di legge affrontano sono certamente aspetti importanti per il coordinamento, però il punto fondamentale naturalmente è questo. Abbiamo parlato di imprese, ma potremmo parlare anche di turismo. Il problema sono le scelte che si compiono anche in questo campo. Gli strumenti sono importanti, ma non primari.

GABRIELE CIMADORO. Non sono d'accordo sull'interpretazione del dottor Tripoli rispetto al pubblico-pubblico e privato-privato. Io credo che, se ci fosse o se ci sarà una compartecipazione anche del privato, sia auspicabile che ci sia anche nella cabina di regia, in modo che si possano raggiungere risultati più concreti.
Vi è poi un'altra differenza. Capisco bene che l'ICE ha sicuramente un ruolo importantissimo e che le ambasciate hanno una funzione altrettanto strategica, ma sono dell'idea, dal mio punto di vista molto chiara e netta, che le ambasciate e gli ambasciatori abbiano un ruolo politico completamente diverso. Per l'ICE va bene trovare la stessa soluzione anche nello stesso luogo, nello stesso edificio e nella


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stessa sede, ma con un ruolo e funzioni completamente diversi. Anzi bisognerebbe rafforzare il ruolo dell'ICE.
Le ambasciate sono uno strumento di diffusione del made in Italy, ma rivestono un ruolo più politico, che deve essere completamente autonomo. L'ambasciatore non può gestire contemporaneamente attività di contenuti troppo diversi;affiancato all'ICE potrebbe, invece, avere maggiori risultati.
Mi pare che in questa Commissione sia stata colta un po' da tutti la necessità di mettere mano e razionalizzare la funzione dell'ICE. Partirei da questo punto.

PRESIDENTE. Si tenga presente che, quando si va all'estero e ci si organizza, il ruolo di un ambasciatore che entra in comunicazione e in contatto non è certo secondario, al di là delle competenze. Magari avessimo anche noi ambasciate attive come l'ambasciata della Germania e le altre ambasciate europee per il supporto ai nostri imprenditori.

ANDREA LULLI. Non aggiungo osservazioni a quanto già rilevato, però, avendo con noi il dottor Tripoli, che ha un incarico importante nel Ministero, vorrei sollevare una questione specifica.
Non c'è dubbio che la questione dell'internazionalizzazione sia come lei l'ha descritta. Mi permetto, però, di mettere in rilievo un punto: se vogliamo rafforzare le filiere produttive, come abbiamo sentito, io penso che una strada sicuramente sia quella delle reti, e speriamo che l'imprenditoria ci creda, perché il punto è che ci devono credere gli imprenditori.
Esiste, però, anche un altro fatto. Se crediamo, sul piano della politica industriale, che le filiere siano importanti e che, quindi, il problema è di mantenere la struttura produttiva, si pone un tema non solo per quanto riguarda l'internazionalizzazione e il commercio con l'estero dei prodotti finali, ma anche per consentire l'accesso delle imprese di subfornitura a clienti fuori d'Italia.
Su questo fronte mi permetto di affermare che esiste un limite non trascurabile. Non penso, con molta franchezza, che la filiera possa essere difesa, se non compiamo anche questo passo. Sono un estimatore e non un pessimista, però penso che questo punto sia fondamentale.
Inoltre, è vero ciò che è stato riferito sulle filiere e sulle reti, però mi permetto di affermare che, proprio perché abbiamo la struttura produttiva di un certo tipo, è impensabile ricorrere, né è auspicabile farlo, alle grandi dimensioni. Anche se si pone un problema di carenza della grande impresa, che però è un'altra partita, c'è un problema che riguarda la nostra grande distribuzione. Non si può pensare che tutto sia risolvibile mandando le imprese piccole o medio-piccole nei mercati. Il problema è che noi sulla grande distribuzione siamo molto deficitari e questa è una delle questioni essenziali.
Personalmente credo che ci debba essere un coordinamento, ma mi sembra impossibile pensare di smantellare le strutture esistenti. Si possono migliorare, ed è una discussione che svolgeremo, però il problema è la distribuzione. Alcune grandi firme nella moda se la sono risolta da sé, come anche la Ferrari, però la stragrande maggioranza degli operatori economici avverte ancora questo problema.
Per quanto si possa fare e se vogliamo davvero difendere le strutture piccole, la piccola dimensione - il che è anche un problema di civiltà e non solo economico, almeno nella mia visione - il punto è che bisogna che ci siano anche imprese private - naturalmente non penso a strutture di grande distribuzione pubblica - e che forse la politica industriale del Paese dovrebbe porsi il problema di come fare a risolverlo.

PRESIDENTE. Do la parola al dottor Tripoli per la replica, pregandolo comunque di farci avere per iscritto ulteriori considerazioni. Ovviamente il parere del Ministero dello sviluppo economico è importante, anche perché alla fine avremo il compito di redigere un testo. Ci conforta pensare a una collaborazione attiva del Governo con la Commissione nella predisposizione


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del testo, che dovrà proseguire se possibile anche nelle successive fasi dell'iter del provvedimento, in modo da trovare un accordo sulle soluzioni normative ex ante e non successivo.

GIUSEPPE TRIPOLI, Capo dipartimento per l'impresa e l'internazionalizzazione del Ministero dello sviluppo economico. Ho preso nota delle osservazioni e posso svolgere tre considerazioni flash sugli interventi che abbiamo ascoltato. In merito alle scelte di politica industriale, è vero, è un tema che ci si sta ponendo come Paese. Do solo un caveat, auspicando che lo prendiate realmente come un caveat e non come una predisposizione negativa. Un Paese non può non decidere su alcuni settori su cui può puntare, soprattutto quelli che richiedono grandi investimenti pubblici. Ci sono, infatti, settori che non possono vivere, se non hanno grandi investimenti pubblici. Ci sono settori in cui l'innovazione è talmente spinta e la redditività talmente ritardata che nessun privato si metterebbe a investire senza una copertura, una garanzia, una formula di supporto del pubblico o del pubblico che aiuti il privato. Questo è sicuro.
Rilevo anche che molte volte gli economisti si sono sbagliati. Dieci anni fa sostenevano che l'Italia aveva un settore manifatturiero composto di imprese di piccole dimensioni su settori maturi. Sono state le imprese di piccole dimensioni su settori maturi, riorganizzandosi e facendo innovazione, non sempre tecnologica, ma di design, a evitare che sprofondassimo nella crisi economica.

PRESIDENTE. Le maggiori eccellenze industriali, quelle che stanno recuperando moltissimo sul mercato e che hanno tanto lavoro, sono proprio le piccole imprese, che si sono completamente trasformate e adeguate, innovando e inventando nuovi prodotti e tecnologie.

GIUSEPPE TRIPOLI, Capo dipartimento per l'impresa e l'internazionalizzazione del Ministero dello sviluppo economico. Vorrei sottolineare il fatto che bisogna avere sempre molto realismo. Non si tratta di diffidenza verso gli economisti, ma di mantenere la presa di distanza da analisi svolte a tavolino rispetto alla realtà dei fatti, che peraltro muta. Il Maghreb era un mercato molto promettente e speriamo che torni presto a esserlo, il Giappone per i beni di consumo italiano è un mercato interessante, ma sono bastati due eventi a cambiare tutte le previsioni che erano state effettuate.
La seconda considerazione che desidero fare riguarda il pubblico e il privato e la razionalizzazione dell'ICE. La razionalizzazione dell'ICE è già in corso in base alle direttive che il ministro fornisce, cioè la riduzione dei costi e la razionalizzazione della rete in Italia. Verranno raccordate con l'ICE le sedi delle regioni e quelle delle camere di commercio. L'idea è che sia il territorio e non un ente centrale a rispondere al territorio.
Per quanto riguarda la rete all'estero, l'ICE sta conducendo una politica di razionalizzazione, ritirandosi dalle aree dove c'è meno bisogno di un supporto pubblico, perché le imprese italiane sono tante, perché ci sono le camere di commercio italiane all'estero che investono in sussidiarietà e possono svolgere servizi, perché ci sono alcune banche. È poco, però l'ICE si sta razionalizzando e sta riducendo la sua presenza, lavorando in questo modo.
Passo al tema sollevato dall'onorevole Lulli relativo alla grande distribuzione. Noi abbiamo una presenza all'estero monomarca, con i grandi negozi monomarca e una crescente presenza all'estero attraverso il web, di cui vi pregherei di prendere nota, perché anche per noi è un fenomeno crescente, cioè attraverso canali televisivi o di presentazione che usino il web. Ci sono mercati, come il Giappone, per esempio, in cui la gran parte degli acquisti avviene via web. Per carità, serve la presenza, serve una struttura che aiuti le imprese all'estero, ma anche questi canali sono fondamentali.
In tema di grande distribuzione, stiamo stipulando e abbiamo stipulato accordi


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perché anche le catene estere dedichino degli spazi ai prodotti tipici e ai prodotti di qualità italiana.
Concludendo, credo che il tema dell'allargamento del mercato stia trasformando il nostro sistema produttivo anche nel senso della riarticolazione delle filiere. Per questo motivo serve un forte punto di riferimento.
Ripeto, ma non perché lo debba fare di parte, essendo un funzionario del Ministero dello sviluppo economico, che il tema centrale è il raccordo sul territorio in Italia tra le diverse dimensioni e i diversi settori. L'internazionalizzazione si costruisce in Italia e perché si costruisca in Italia, con tutto un complesso di strumenti, dall'educazione, alla finanza, ai servizi, occorre che ci sia una forte regia in mano a un'amministrazione che si occupi del tema delle politiche industriali, delle politiche di crescita delle imprese e delle politiche dello sviluppo.

PRESIDENTE. Ha ragione comunque l'onorevole Lulli sul fatto che si possono mettere in rete anche le piccole e piccolissime imprese, con un forte modello di commercializzazione, che dovrebbe essere costituito a livello più ampio. Si possono anche aprire negozi monomarca, ma di piccole e piccolissime imprese che si mettono insieme con il supporto dell'ICE.
Ringrazio gli auditi e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 13.

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