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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione X
7.
Giovedì 14 aprile 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Dal Lago Manuela, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DELLE PROPOSTE DI LEGGE C. 2793 BORGHESI E C. 1938 STEFANI RECANTI «MISURE PER LA PROMOZIONE ECONOMICA E DELL'IMMAGINE TURISTICA, COMMERCIALE E CULTURALE DELL'ITALIA ALL'ESTERO»

Audizione del sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Vincenzo Scotti:

Dal Lago Manuela, Presidente ... 3 8 9 10 12
Scotti Vincenzo, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri ... 3 9 10 12
Cimadoro Gabriele (IdV) ... 8 9
Lulli Andrea (PD) ... 8 12
Torazzi Alberto (LNP) ... 8
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Futuro e Libertà per l’Italia: FLI; Italia dei Valori: IdV; Iniziativa Responsabile (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): IR; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.

COMMISSIONE X
ATTIVITÀ PRODUTTIVE, COMMERCIO E TURISMO

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di giovedì 14 aprile 2011


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MANUELA DAL LAGO

La seduta comincia alle 9,20.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione del sottosegretario di Stato per gli affari esteri Vincenzo Scotti.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'esame delle proposte di legge c. 2793 Borghesi e c. 1938 Stefani in materia di «Misure per la promozione economica e dell'immagine turistica, commerciale e culturale dell'Italia all'estero», l'audizione del sottosegretario di Stato per gli affari esteri Vincenzo Scotti.
Do la parola al sottosegretario Scotti per lo svolgimento della sua relazione.

ENZO SCOTTI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor presidente, la ringrazio e ringrazio i membri della Commissione per questa opportunità di svolgere un'informativa sul ruolo della Farnesina nella promozione del sistema Paese all'estero. Direi che è una vocazione fondamentale ormai entrata nel Dna del Ministero degli affari esteri moderno, grazie a un processo virtuoso che non esiterei a definire la rivoluzione della diplomazia economica.
Parto dalla considerazione che il mondo intorno a noi è cambiato radicalmente, e io posso assicurare che la Farnesina sta cambiando radicalmente. Grazie all'impulso del Ministro Frattini, dai primi anni del Duemila, il Ministero degli esteri ha impresso una accelerazione per rispondere alle esigenze manifestate a gran voce dalle nostre imprese di poter avere all'estero un unico punto di riferimento che le affianchi nella strategia di ingresso in un determinato mercato.
L'intuizione è stata di individuare quel punto di riferimento nell'istituzione a cui naturalmente i nostri imprenditori rivolgevano lo sguardo, ovvero l'ambasciata. È il concetto di Casa Italia, un luogo unico, anche fisicamente, dove recarsi per ottenere le informazioni strategiche, un desk unificato per gli imprenditori con il coordinamento dell'ambasciatore che dirige la squadra, addetti commerciali compresi, e garantisce il rapporto con i Governi dei Paesi interessati.
È un'idea che abbiamo già iniziato a realizzare in Paesi cruciali per le esportazioni italiane. La rete diplomatica della Farnesina, con le sue 300 sedi, tra ambasciate, rappresentanze, consolati e istituti di cultura, diventa così la regia dei nostri ambasciatori chiamati ad essere veri e propri manager del sistema Italia, lo strumento per coordinare sul territorio tutte le iniziative di internazionalizzazione, ovviamente valorizzando le attività dell'ICE, delle Camere di commercio e dell'ENIT per la promozione turistica, assicurando il valore aggiunto di una sinergia d'insieme. Riunire sotto il tetto dell'ambasciata tutti questi attori consente, inoltre, di assicurare


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il loro migliore accreditamento sul piano esterno, agli occhi delle autorità straniere, a beneficio delle loro stesse iniziative.
Se voi guardate un istante al sistema mondiale di tutti gli altri Paesi, scorgerete il peso determinante della politica estera e, quindi, il peso del Paese che è alle spalle nel portare avanti politiche che non sono solo commerciali, di espansione commerciale, ma di integrazione produttiva tra i sistemi.
Voglio ricordare solo un dato: nel corso dell'anno passato, gli investimenti italiani in Brasile sono aumentati dell'80 per cento rispetto all'anno precedente. Aggiungo, insieme alla crescita del commercio, in modo particolare, quello che è oggi a livello mondiale il modello cinese di penetrazione economica e commerciale. Parlando di questi aspetti, il primo dato che bisogna tenere in considerazione è il peso che la politica, ai più alti livelli, esercita nella promozione del Paese.
In secondo luogo, occorrono tutti gli strumenti per la penetrazione, da quelli economico-commerciali a quelli finanziari, a quelli culturali, a quelli universitari, a quelli sociali, a quelli che noi chiamiamo oggi «public diplomacy», cioè tutto quello che interviene nelle relazioni tra le espressioni della nostra società civile che si muovono sul territorio.
Questa è la logica che ha ispirato la riforma della Farnesina varata all'inizio di quest'anno che, trasformando le direzioni generali da geografiche a tematiche, ha istituito un'apposita direzione generale per la promozione del sistema Paese, con l'obiettivo complessivo di sostenere e promuovere l'insieme delle realtà dell'Italia, quella produttiva, quella culturale, quella economica e industriale, non separatamente ma congiuntamente.
Nell'ultima Commissione mista in Argentina, dopo dieci anni che il Ministro degli esteri italiano non andava in Argentina e otto anni che non si riuniva la Commissione bilaterale, abbiamo avuto significativamente l'area economico-finanziaria e imprenditoriale. Verranno a Milano il prossimo 2 giugno 140 imprenditori argentini per incontrare omologhi, accompagnati dal Presidente della Repubblica. Le quattro più grandi università italiane hanno definito accordi per ricerche strettamente collegate ai temi degli investimenti produttivi dei nostri Paesi e delle nostre esportazioni in loco. Infine, in Argentina è stata realizzata un'intesa per due mostre collegate a questo evento. Ne abbiamo inaugurata una simbolica, con l'esposizione di una statua romana proveniente dal Museo nazionale di Napoli, che richiamasse agli argentini la comune radice latina delle nostre civiltà, ed ha avuto un successo straordinario. Ne faremo una seconda dedicata a Caravaggio, collegata a quello che sarà fatto dell'incontro imprenditori italiano-argentini per gli investimenti.
Posso assicurarvi che questa iniziativa, che ho inaugurato insieme al Ministro Frattini, è stata un successo straordinario, relativamente alla presenza di imprenditori e di operatori. Gli affari si svolgono in questi modi e in questi ruoli e quello che è fondamentale è la presenza dell'autorità massima, di chi ha la responsabilità delle relazioni internazionali del Paese.
Vorrei citare un altro esempio concreto e attuale per spiegare perché questa è la via giusta. I recenti avvenimenti in Nord Africa e la crisi libica in particolare ci ricordano, se mai ce ne fosse bisogno, che gli aspetti politici e quelli economici della politica estera sono sempre più indissolubilmente legati tra di loro. L'impatto della crisi sulle nostre aziende e sul sistema Paese non sarà trascurabile. Basti pensare che la Libia il Nord Africa è il nostro primo fornitore (11,8 miliardi di euro) ed uno dei nostri principali mercati di sbocco (2,7 miliardi di euro). Sono in gioco interessi fortissimi nel settore energetico e commesse importanti per i nostri grandi gruppi. Ma quotidianamente la Farnesina riceve segnalazioni e richieste di aiuto, anche da parte di tante piccole e medie imprese, aziende che vantano crediti nei confronti dei contraenti libici o che hanno subìto ingenti danni a cantieri o alle attrezzature. Non è un caso che si rivolgano alla Farnesina: gli operatori hanno bisogno


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di risposte operative e immediate da chi conosce i problemi sul campo ed ha i contatti necessari con le autorità locali.
A tutte queste sollecitazioni il Ministero degli esteri fornisce riscontri e assistenza, contribuendo all'adozione, da parte delle Nazioni Unite e dell'Unione europea, di misure sanzionatorie del regime libico, che ne paralizzino la capacità di acquisizione di risorse ma, al tempo stesso, tutelino le nostre imprese dal rischio di disinvestimento o da concorrenti stranieri, favorendo già da ora contatti con i nostri interlocutori libici per aiutarli nella ricostruzione del Paese e orientarli nelle loro future scelte strategiche.
Una delle prime richieste del nuovo Governo tunisino è stata di riunire alla Farnesina, il 17 febbraio scorso, le imprese italiane più attive del Paese per ascoltare la loro voce e parallelamente metterle nella migliore condizione possibile per beneficiare delle nuove opportunità. Questa richiesta non poteva che essere soddisfatta dal Ministero degli esteri, che è l'unico collettore in grado di raccordare tutti gli attori che aiutano le imprese sul piano dell'internazionalizzazione.
Quanto sta accadendo nel Mediterraneo si aggiunge alle sfide sviluppatesi negli anni scorsi della globalizzazione e poi delle crisi economiche internazionali, shock gravi e ravvicinati che avrebbero da soli potuto determinare l'avvio di un nuovo ciclo economico.
Si naviga, quindi, in acque sempre più agitate e che richiedono una nave particolarmente affidabile. A questo si aggiunge l'attività di collaborazione e assistenza alle imprese che viene quotidianamente svolta dalla nostra rete in tutto il mondo, razionalizzando al massimo l'uso delle risorse disponibili, che sono purtroppo decrescenti a causa delle stringenti esigenze di bilancio.
La riforma della Farnesina, cui accennavo prima, intende rispondere a questa realtà in evoluzione, assegnando un ruolo di primissimo piano alla promozione complessiva all'estero del nostro sistema Paese. I nostri interessi economici, inclusi quelli connessi al settore della difesa, sono ora trattati dalla Direzione generale per la promozione del sistema Paese, in un contesto di sinergia sistemica con la promozione culturale, scientifica e tecnologica. Prima questi aspetti erano trattati separatamente, rendendo più difficile realizzare una visione di insieme e cogliere quelle opportunità che sempre di più è possibile identificare nel crinale tra economia, scienza, tecnologia e cultura. Ricordo - ultimi esempi - gli accordi firmati a Buenos Aires tra quattro grandi università italiane (Politecnico di Milano, Bologna, Pisa e Roma) e quattro università argentine, su specifici progetti di ricerca connessi strettamente con le possibilità di investimento sia nel campo della difesa e dello spazio, sia in relazione all'espansione di settori produttivi specifici, dalle agroindustrie alle energie rinnovabili e via di seguito.
Gli equilibri mondiali si stanno spostando verso le economie emergenti e per competere efficacemente in mercati lontani e certamente più complessi di quelli più tradizionali è imprescindibile il sostegno delle istituzioni. Se i Paesi più avanzati, quelli europei, gli Stati Uniti e il Giappone riescono al massimo a mantenere una crescita costante, le economie emergenti - la Cina, l'India, il Brasile, la Turchia e tutte le altre - crescono ad un ritmo molto accelerato. E l'Italia è molto ben posizionata nelle economie emergenti, mantenendo la seconda posizione come quota di mercato nei venti Paesi con crescita più elevata.
Per imporci su questi mercati, la piena collaborazione MAE-MiSE, con l'avallo della Presidenza del Consiglio e la partecipazione di Confindustria, ICE e ABI, ha portato alla costituzione della Cabina di regia per l'Italia internazionale, organismo informale che programma e gestisce le grandi missioni di sistema all'estero. Abbiamo coinvolto il sistema delle nostre regioni, dove oggi operano dei nostri diplomatici, per ottimizzare risorse e risultati. In questa cornice, le nostre ambasciate creano opportunità di incontri ad alto livello, le aziende poi si dedicano allo sviluppo


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del business. Alla diversificazione geografica si affianca quella funzionale e operativa delle nostre aziende.
Le imprese esportatrici di maggiore successo stanno affiancando alla più tradizionale vendita del prodotto all'estero forme più aggiornate di internazionalizzazione: le joint venture, l'apertura di uffici per la vendita e la distribuzione, gli investimenti produttivi ed altre modalità di presenza strutturata all'estero.
Faccio riferimento anche all'intesa e alla cooperazione tra il sistema cooperativo bancario italiano, di supporto alla piccola e media impresa, e i nascenti sistemi cooperativi bancari nei Paesi dell'America Latina. L'ultima in ordine di tempo è quella firmata da parte dell'Associazione delle imprese cooperative italiane con quella nascente argentina, che coinvolge gli operatori economici, perché le banche cooperative italiane si accompagnano, in questa azione, a imprese italiane che si muovono sia sul terreno commerciale sia sul terreno degli investimenti.
Se è vero che per vendere un macchinario in più in un determinato Paese non è indispensabile il sostegno delle istituzioni, questo diviene indispensabile quando sono necessarie informazioni di prima mano sui possibili partner locali, quando si impongono contatti con i Governi stranieri, quando bisogna partecipare alle grandi commesse internazionali (Panama lo insegna), quando sorgono purtroppo contenziosi o problemi imprevisti (Venezuela lo dimostra). Si pensi a realtà come la Russia, la Cina, la Turchia, e ho parlato a lungo dell'America Latina. Senza un coinvolgimento governativo delle autorità locali è difficile, se non impossibile, impostare progetti di successo. Oggi le prime quaranta imprese edili del nostro Paese realizzano la maggior parte del fatturato (superiore al 50 per cento) fuori dall'Italia.
In Italia, come messo in luce dai lavori di questa indagine conoscitiva avviata dalla vostra Commissione, sono numerose le istituzioni e gli enti preposti all'internazionalizzazione del sistema Paese. Ognuno di questi svolge con impegno ed efficacia la propria parte, ma si impongono soprattutto all'estero esigenze di razionalizzazione e maggiore coordinamento per progredire ulteriormente. Al riguardo, ho trovato interessanti le osservazioni svolte nella sua audizione dal vicepresidente per l'internazionalizzazione di Confindustria, Paolo Zegna, che ha sottolineato la necessità di rafforzare il ruolo istituzionale di quella già citata cabina di regia, formata da MAE e MiSE, con la partecipazione di Confindustria, ABI ed ICE (e noi abbiamo chiesto anche la partecipazione delle università italiane). Siamo perfettamente d'accordo. Ugualmente siamo concordi con il vicepresidente Zegna, quando evidenzia che per Confindustria è di fondamentale importanza giungere al più presto a un forte coordinamento e sintonia di intenti tra la rappresentanza politico-diplomatica delle ambasciate e consolati e strutture locali dell'ICE.
Alla Farnesina abbiamo voluto iniziare e dare il buon esempio. Con la riforma del Ministero degli affari esteri intrapresa dal Ministro Frattini si consolida il percorso preferenziale per le imprese che intendono cogliere le opportunità di mercato. È un percorso che collega i diversi soggetti preposti all'internazionalizzazione del sistema economico con le nostre ambasciate all'estero. Le ambasciate sono organismi di servizio, non di amministrazione diretta. Gli imprenditori possono contare su un'interfaccia unificata sia nei Paesi ai quali guardano che a livello centrale. Benefici di questa razionalizzazione interna alla Farnesina già si percepiscono nella nostra attività e nei contatti quotidiani che manteniamo con i nostri interlocutori. Nessuno si nasconde che questo è un processo che richiede anche di superare resistenze mentali, culture che non si adeguano rapidamente al cambiamento globale.
È più agevole e rapido organizzare le missioni economiche settoriali o le grandi missioni di sistema di cui abbiamo parlato prima. Un funzionario del Ministero degli esteri ha recentemente partecipato, ad esempio, a un importante missione nel settore


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delle infrastrutture in India, con ampia soddisfazione da parte dei nostri imprenditori del settore. A breve seguiranno altre missioni economiche in India, nel settore automobilistico, e in Brasile, in quello legato agli eventi sportivi.
In autunno sono previste due importanti missioni di sistema in India e in Corea del Sud. È più semplice veicolare alla rete estera le richieste di assistenza che pervengono dalle imprese, che sono della più diversa natura, le richieste che ci pervengono dalle banche e dalle aziende in cui abbiamo distaccato funzionari diplomatici (ad esempio, c'è un funzionario diplomatico all'ENI, uno all'ENEL, uno all'ANCI, uno all'UniCredit) o da quelle che incontriamo periodicamente per discutere di come individuare la migliore condizione per competere sui mercati esteri.
È più immediato il coordinamento con gli altri enti preposti all'internazionalizzazione del sistema Paese. In alcuni di essi, ad esempio presso Sace o Invitalia, operano funzionari diplomatici con funzioni di raccordo. Ma anche negli altri, ad esempio alla Simest, il dialogo e il coordinamento sono molto più produttivi dopo la riforma della Farnesina.
È più facile ancora presentare le opportunità di affari nel nostro Paese ai grandi investitori esteri. Negli ultimi tempi, ad esempio, è stata avviata un'intensa azione di promozione del Paese con i grandi fondi sovrani, coordinata da un comitato di addetti ai lavori che riferisce direttamente al Ministro degli esteri e che è realizzata anche mediante l'organizzazione di visite in Italia da parte dei massimi dirigenti di questi organismi.
In definitiva, stiamo cercando di costruire un'autostrada per i nostri imprenditori, a più corsie di opportunità, dove il Ministero degli esteri vuole rendere la marcia più spedita e senza ostacoli. Naturalmente i lavori sono ancora in corso. La nuova struttura del Ministero degli affari esteri è un primo importante traguardo, ma non esaurisce il compito cui sono chiamate le istituzioni di assecondare al meglio la vitalità delle nostre imprese e la capacità di innovazione che molte di esse hanno dimostrato di possedere, per uscire vittoriose dalla crisi economica.
A questo riguardo, valutiamo molto positivamente il principio organizzatore, suggerito nella proposta di legge presentata dall'onorevole Stefani, di attribuire al Ministero degli esteri la vigilanza sull'ICE, tassello indispensabile per realizzare compiutamente una vera diplomazia economica unitaria per il nostro Paese.
Non possiamo, invece, condividere l'impostazione della proposta di legge presentata dall'onorevole Borghesi, che priverebbe il Ministero degli affari esteri delle competenze essenziali per condurre una politica estera al passo con i tempi. Quale politica estera potrebbe, infatti, realizzare la Farnesina senza il coordinamento delle iniziative di carattere economico, commerciale e culturale, di immagine e di promozione turistica?
Politica ed economia fanno parte di una visione unitaria del nostro rapporto con l'estero e altrettanto ne fanno parte la cultura, l'università, la ricerca, cioè quello che tutti insieme chiamiamo «public diplomacy», in cui sono tanti gli attori, ma la strategia è unica. È fondamentale per l'interlocutore estero sapere che l'ambasciatore d'Italia possa coordinare le strutture adeguate e dare seguito alle iniziative concordate. Il Ministero degli esteri sostiene già da tempo la necessità di un completo accorpamento funzionale dell'ICE nella Farnesina, un'integrazione quindi sia delle strutture centrali che degli uffici esteri all'istituto, eventualmente trasformando quest'ultimo in un'agile agenzia per la promozione degli scambi esteri. Già oggi, laddove è stato possibile realizzare un'integrazione logistica, si possono chiaramente apprezzare i benefici di riunire in un'unica struttura l'interfaccia all'estero per le imprese italiane, la rete diplomatica e consolare, gli uffici ICE e possibilmente le Camere di commercio italiane all'estero. Un accorpamento finalmente organico della rete estera, oltre che della struttura centrale, consentirebbe di completare il percorso imperniato sul concetto di Casa Italia, di cui parlavo all'inizio e che costituisce


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l'elemento chiave di quella diplomazia economica all'estero auspicata dallo stesso mondo delle imprese. Grazie.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

GABRIELE CIMADORO. Mi fa piacere che il sottosegretario Scotti chiuda in bellezza il ciclo delle audizioni fin qui svolto! Credo che i commissari che sono stati più presenti alle audizioni abbiano finalmente un quadro completo delle posizioni espresse e, a questo punto, sono rimasti pochi dubbi.
L'esigenza di mettere mano a queste proposte di legge era data anche dalla necessità di razionalizzazione di tutti questi enti - che lei ha definito numerosi, ma per quanto mi riguarda definirei troppi - che, se non organizzati, rischierebbero di sprecare risorse economiche (e non è il periodo migliore per farlo!).
Le ambasciate sono la nostra rappresentanza all'estero, più politica che economica. Nella sua relazione, il sottosegretario Scotti ha affermato che l'aspetto economico è indissolubile dal rapporto politico. Può essere vero che i due aspetti debbano andare insieme, ma secondo me non deve essere necessariamente la stessa persona a rappresentarli. Se l'ambasciatore ha un incarico più politico e rappresentativo, le questioni economiche e imprenditoriale devono essere rappresentate da qualcun altro.
Che la stessa sede debba ospitare ambasciata, ICE e altro, per motivi di razionalizzazione, potrebbe essere una scelta funzionale. Allora, non possiamo obbligare le Camere di commercio a venire dove siamo perché sono enti privati, dunque potrebbero anche rispondere negativamente. Noi abbiamo rappresentanze - l'ho già detto ieri al dottor Sabattini dell'ABI - di comuni, province, regioni, camere di commercio, dello Stato, che organizzano chissà quali e quante iniziative in giro per il mondo, ma probabilmente ciò che fa la provincia o il comune non lo sanno la regione e lo Stato. Dovrebbe definirsi, nel rispetto delle autonomie, un quadro di razionalizzazione di tali enti e delle loro iniziative di promozione. A mio avviso, uno degli elementi di difficoltà e di spreco maggiore è proprio questo, sebbene la Sace, ad esempio, sia riuscita a riprendersi abbastanza bene rispetto ai deficit di qualche anno fa e sia arrivata ad avere un bilancio positivo, a quanto abbiamo saputo, e ne siamo soddisfatti.
Per quanto ci riguarda, noi ritenevamo che la cabina di regia dovesse essere presso la Presidenza del Consiglio. Lei, sottosegretario, ritiene che non si possa spostare dal Ministero degli affari esteri e probabilmente noi siamo disponibili ad adeguarci a suggerimenti più interessanti.

PRESIDENTE. Ricordo che alle 10 dobbiamo andare in Aula, quindi vi chiedo di essere brevi, così da lasciare al sottosegretario Scotti il tempo di replicare.

ANDREA LULLI. Ringrazio il sottosegretario per le informazioni sull'attività del Ministero, che sono sempre utili per avere un quadro di insieme, come parlamentari. Quanto ci ha detto, tuttavia, deve, purtroppo, tenere conto del fatto che da molti anni la nostra quota sul commercio mondiale sta diminuendo.
Lei si è espresso sostanzialmente per portare le competenze del commercio estero presso il Ministero degli affari esteri. Questa è la posizione del Ministro degli esteri o del Governo?

ALBERTO TORAZZI Credo che, da un punto di vista sistemico, la proposta dell'onorevole Stefani abbia senso perché effettivamente il Ministero degli affari esteri dovrebbe coordinare i rapporti con l'estero. È anche vero però che, da un punto di vista operativo, non abbiamo come interlocutori principali per questa attività Confindustria, rappresentata per esempio dal dottor Zegna, che non è stato esattamente un grande difensore del made in Italy e delle piccole e medie imprese.
Nelle audizioni che abbiamo svolto abbiamo notato che per molti degli interlocutori


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che abbiamo ascoltato, se da un punto di vista teorico la composizione della cabina di regia prevista dall'onorevole Stefani - quindi la responsabilità del Ministero degli esteri - fa effetto, da un punto di vista operativo, c'è la necessità, per essere vicini alle piccole e medie imprese, di un coordinamento con il MiSE, come infatti avviene attualmente.
Premesso questo e che reputo più efficace la proposta dell'onorevole Stefani - spesso si dimentica la seconda parte, nella quale si punta al rilancio dello sportello unico, che già compendia più o meno le richieste dell'onorevole Borghesi - le due proposte hanno il merito di aprire il discorso sul rilancio dello sportello unico.
Devo dirle, signor sottosegretario, che le audizioni che abbiamo svolto hanno avuto come denominatore comune l'insoddisfazione molto forte degli operatori. La mia domanda, in realtà, è la stessa che ha posto il collega Lulli, ma devo riproporla. Lei ha una grandissima esperienza, adesso ricopre questo ruolo al Ministero degli esteri, ma prima ne ha ricoperti tanti altri. Considerato che i colleghi del MiSE hanno affermato di essere fermamente contrari ad un coordinamento esclusivo da parte del Ministero degli affari esteri, perché ritengono che ci sia la necessità del supporto da parte del Ministero dello sviluppo economico, qual è la posizione, secondo lei, che riassume più efficacemente il punto di vista del Governo?
Anche se lei oggi dovesse darci una risposta interlocutoria, perché magari intende confrontarsi ancora, è opportuno che ci facciate avere - glielo chiedo essendo io relatore dei provvedimenti in esame - una posizione unitaria. Sarebbe importante conoscerla perché la posizione unitaria delle piccole e medie imprese è, invece, quella di avvicinare il più possibile la gestione alla società civile e di non portare avanti questo passaggio di competenze. È una questione molto delicata. Le leggi non le facciamo solo per il Governo, ma anche per la gente che giustamente si aspetta soluzioni. La mia domanda, dunque, è fondamentalmente la stessa dell'onorevole Lulli. La risposta, eventualmente scritta, può arrivare anche in un momento successivo.

GABRIELE CIMADORO. Comprendo il discorso delle quaranta aziende importanti del Paese. Le nostre preoccupazioni, però, vengono soprattutto dalla assistenza che deve essere garantita anche alle micro, piccole e medie imprese.

PRESIDENTE. Signor sottosegretario, prima di darle la parola per la replica, rafforzando in parte le due domande poste dagli onorevoli Lulli e Torazzi, vorrei sottolineare il fatto che nelle varie audizioni, nelle audizioni effettuate abbiamo colto che il vero bisogno di internazionalizzazione è avvertito dalle piccole e piccolissime aziende, mentre le grandi possono anche arrangiarsi con i propri mezzi.
A mio avviso, un elemento che già in questo momento ci unisce tutti, al di là di quello che sarà il testo definitivo del provvedimento, è che ci rendiamo conto della necessità di creare una proposta che sia di supporto alle piccole imprese. Pensare a una cabina di regia che veda la presenza di Confindustria - con tutto il rispetto per questo organismo - ma la totale assenza della rappresentanza delle migliaia di imprese italiane, ci sembra assolutamente inopportuno ai fini dello sviluppo economico di questo Paese.

ENZO SCOTTI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor presidente, risponderò con riferimento all'opinione maturata dal Ministro Frattini e dal Ministero degli esteri su questo tema, ponendola a disposizione della riflessione della Commissione. Lo faccio in termini totalmente laici, senza nessun amore per le competenze.
Una volta si diceva che le competenze ministeriali viaggiavano con le valigette dei ministri che si spostavano da un Ministero all'altro portandosi dietro, appunto, le competenze e difendendole nei diversi passaggi. Credo che si debba fare una riflessione seria perché il tema dell'internazionalizzazione - commercio, investimenti, integrazioni -


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è un tema unitario ed rappresenta il futuro del nostro Paese. Noi saremo sempre più un Paese - come lo siamo anche in questa difficile fase economica mondiale - poggiato sullo stimolo che viene alla crescita interna dalla domanda esterna e dalla internazionalizzazione delle nostre imprese. Il primo problema, quindi, è che il futuro delle nostre imprese, come il futuro delle nostre università, passa attraverso l'internazionalizzazione, che comprende un aspetti di commercio, di investimento, di integrazione produttiva tra le stesse.
Faccio questa premessa e sostengo che tutto si tiene. Noi non abbiamo risorse sufficienti per andare in tutte le direzioni. Le università italiane - cito un esempio - hanno stipulato circa 8 mila accordi con università straniere. Noi ne abbiamo fatto per la prima volta il censimento (lo trovate sul sito www.cineca.it), dal quale potrete vedere la dispersione tra quello che si fa sul piano della ricerca e della formazione e quanto si realizza sul versante della produzione, soprattutto per le piccole e medie imprese, perché le grandi imprese trovano l'accordo. Ad esempio, FIAT trova l'accordo con il Politecnico di Torino per il Brasile o per l'Argentina, ma non lo trova la piccola unità italiana che si muove in quella direzione. Dobbiamo rendere sistemica questa azione.
In primo luogo, la politica nel mondo è sempre di più - lo è sempre stata, ma lo diventa sempre di più - un mix forte di interessi economico-produttivi e politico-strategici. Il problema della combinazione dei due elementi è la sfida che dobbiamo affrontare. Quello che stiamo discutendo sulla Libia ci dà il senso della necessità di comporre queste esigenze, che non possiamo ignorarle.
Vi è bisogno, inoltre, di una regia strategica, non burocratica e amministrativa. Il Ministero degli esteri e gli ambasciatori non possono essere strutture burocratiche e amministrative, devono essere strutture di impulso, antenne capaci di cogliere e di trasmettere, di aiutare e facilitare politicamente i soggetti.
In Argentina abbiamo una quantità di difficoltà per le piccole e medie industrie sul piano dell'importazione. C'è bisogno di un negoziato politico forte con loro. Ciò vale anche per il Brasile, l'India, la Cina.
La distinzione tra diplomazia politica e diplomazia economica appartiene al passato. Il futuro è sempre più politica estera. Citatemi un Paese che non si muova in questa direzione. Solo noi, molto spesso e molto ingenuamente attribuiamo un'azione politica pura, etica, agli americani o ai francesi. In Brasile, quando ci siamo trovati di fronte alle difficoltà del caso Battisti, all'insediamento della Rousseff c'era il ministro della difesa francese Juppé, oggi ministro degli esteri, il quale tranquillamente ha detto che se ci fossero state difficoltà italiane, loro sarebbero stati pronti. Parlo di un accordo di 6,5 miliardi di commesse per il sistema Italia. Quindi, occorre un negoziato politico forte, ma questo vale anche per la piccola impresa, lo sottolineo, dove più facilmente avviene la vessazione all'ingresso nostro e all'ingresso loro in Italia. Il discorso, infatti, riguarda un interscambio.

PRESIDENTE. Il problema delle piccole e medie imprese non è solamente di essere inserite negli accordi internazionali tra Paesi, ma è anche la difficoltà, quando sono all'estero, di essere seguite nel rapporto costante, operativo, per affrontare le problematiche quotidiane cui possono trovarsi di fronte. Normalmente ci dicono che anche dalle ambasciate non ricevono le risposte e gli aiuti adeguati di cui avrebbero bisogno.

ENZO SCOTTI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Certamente, presidente, lei ha colto il punto. A questo dobbiamo riparare. È necessario che l'ambasciata abbia gli strumenti operativi che, sia pure nella loro autonomia organizzativa, rispondano funzionalmente alle domande concrete che vengono poste. Ciò al fine di evitare che ciascuno vada per conto proprio, cioè che il piccolo operatore debba rivolgersi al responsabile commerciale dell'ambasciata, poi debba passare all'ICE,


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poi alla Simest e via dicendo, ma abbia la possibilità di muoversi in un unico contesto, anche in termini di locazione. La nostra idea e di una Casa Italia, in cui se c'è una difficoltà politica, ci si rivolge all'ambasciatore; se c'è una difficoltà di tipo diverso, ci si rivolge al rappresentante dell'ICE e via dicendo.
Oggi un'amministrazione pubblica non è più settoriale in termini tradizionali. MiSE e MAE devono decidere di lavorare insieme, nel senso che uno ha la visione dell'industria nel nostro Paese e l'utilizzo di strumenti finanziari sui processi di internazionalizzazione, l'altro ha il servizio all'internazionalizzazione, e i due aspetti devono collegarsi all'interno. La cabina di regia è la prima risposta e deve essere non la sede burocratica di incontri, ma la sede per sciogliere i nodi e le difficoltà concrete che di volta in volta si presentano. Essa deve gestire strategicamente, fissando le priorità territoriali.
Una missione l'abbiamo sperimentata, presidente, ma se finisce tutto con la missione e non c'è un seguito, si fa un viaggio molto interessante, si aprono anche discorsi generali e tutto finisce lì. Ma se non si esce da una missione con un centinaio di accordi stabiliti tra piccole imprese, commercianti, distribuzione eccetera, la missione non produce risultati. La missione va finalizzata fortemente; vanno individuati preventivamente i settori e le indicazioni che possono riguardare quel territorio.
Noi stiamo realizzando accordi con le regioni. Con la presidente dell'Umbria, da ultimo, stiamo lavorando a un accordo perché l'Umbria è fortemente presente in determinati Paesi, proprio sulla piccola industria. Ci sono piccole e medie industrie umbre che hanno realizzato obiettivi positivi, ma hanno bisogno di muoversi in sintonia. Gli strumenti fondamentali esecutivi (l'ICE sul territorio, la Simest, la Sace) devono giocare di concerto e la decisione deve essere presa in sede congiunta. In questi anni - lo dico facendo una retrospettiva - l'Italia ha percorso una strada a mio avviso sbagliata, concentrando via via poteri di amministrazione nella sede della Presidenza del Consiglio, svuotando la stessa di funzioni strategiche di indirizzo e calandola sulla gestione amministrativa delle singole questioni. In tempi andati, non molto lontani, alla Presidenza del Consiglio - ho avuto la fortuna di conoscerla per ragioni anagrafiche - lavoravano 300-360 persone, oggi sono oltre 3 mila, poiché vi si svolgono attività amministrative. Attribuire responsabilità di coordinamento su materie di alta amministrazione alla Presidenza del Consiglio, svuotandola del coordinamento politico-strategico, rende debole il Governo sulla strategia politica e lo appesantisce sul piano del carico delle competenze.
Faccio questa considerazione da laico, non con il cappello del Ministero degli esteri, affinché ci sia una riflessione su questioni che non sono di una o dell'altra parte politica. Noi stiamo costruendo un'architettura dello Stato italiano, non un'architettura di questo Governo.
Insisto, dunque, su questi punti: cabina di regia, coordinamento vero con Simest e MiSE, unificazione degli strumenti nella dipendenza funzionale degli stessi sul territorio, realizzazione di una Casa Italia sul territorio e soprattutto, massima partecipazione non solo di Confindustria, ma anche di Confapi e di tutte le altre organizzazioni sul territorio.
Le piccole e medie industrie italiane hanno una grande prospettiva. I grandi Paesi attualmente in fase di sviluppo (Brasile, India, Cina) hanno un tallone d'Achille: i loro consumi stanno crescendo fortemente, ma sono costretti a importare per soddisfare la domanda crescente e, importando, la loro bilancia dei pagamenti si squilibra. Questi Paesi hanno oggi una strategia interessante - ed è l'atout che abbiamo nelle mani italiane - nel senso che vogliono sviluppare una grande industria per le esportazioni, ma vogliono sviluppare una piccola e media industria sul modello italiano dei distretti - questa è la grande forza italiana, se la sappiamo giocare - per sviluppare la piccola e media industria sul loro territorio. Allora, le piccole imprese italiane devono combinare commercio, accordi di produzione in loco,


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ed avere al loro fianco le banche. Il vero tallone d'Achille è che le banche italiane negli anni passati si sono concentrate nel centro dell'Europa, pensando che quello fosse il futuro. Il futuro, invece, è in altre direzioni. Come Ministero degli esteri stiamo insistendo molto con le banche italiane perché vi sia un cambiamento di orientamento, altrimenti l'internazionalizzazione non si può realizzare. In America Latina le banche spagnole hanno il 25 per cento del mercato e accompagnano le imprese, perché chi accompagna veramente è la banca...

ANDREA LULLI. Le banche e le catene di distribuzione... Noi non abbiamo né l'uno né l'altro!

ENZO SCOTTI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Sulle catene di distribuzione, è un problema politico, dobbiamo avere peso. Quanto alle banche, è urgente - il Ministro Frattini ha posto questo problema alle banche italiane e lo faremo sempre più - che le banche italiane guardino ai nuovi Paesi e non siano ancorate alle vecchie logiche.

PRESIDENTE. Ringrazio il sottosegretario di Stato Vincenzo Scotti per il suo prezioso contributo e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 10,10.

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