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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione X
5.
Martedì 31 gennaio 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Laura Froner, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA CRISI DEL SETTORE DELLA RAFFINAZIONE IN ITALIA

Audizione di rappresentanti di Europia:

Laura Froner, Presidente ... 3 8 9 11
Bartelloni Alessandro, Responsabile del settore trasporto e prodotti petroliferi di Europia ... 3 9 10 11
Pezzotta Savino (UdCpTP) ... 8
Saglia Stefano (PdL) ... 9 10
Torazzi Alberto (LNP) ... 8
Vico Ludovico (PD) ... 9 11
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA.

COMMISSIONE X
ATTIVITÀ PRODUTTIVE, COMMERCIO E TURISMO

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 31 gennaio 2012


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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LAURA FRONER

La seduta comincia alle 13.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti di Europia.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla crisi del settore della raffinazione in Italia, l'audizione di rappresentanti di Europia.
È con noi il dottor Alessandro Bartelloni, executive officer di Europia. Se lei è d'accordo, dottor Bartelloni - la ringrazio della documentazione consegnata che verrà distribuita ai colleghi - le chiederei di riassumere sinteticamente le questioni principali che intende affrontare. Poi lasceremo la parola ai colleghi che vorranno intervenire per porre eventuali quesiti, cui lei potrà rispondere successivamente.

ALESSANDRO BARTELLONI, Responsabile del settore trasporto e prodotti petroliferi di Europia. Vorrei innanzitutto ringraziarvi a nome di Europia per l'opportunità che ci state dando di intervenire su questo argomento, che per noi è molto importante, ossia lo stato dell'industria della raffinazione in Europa.
La mia presentazione prevede una brevissima introduzione su che cos'è Europia. Poi parleremo della crisi del settore e chiariremo per quale motivo, a nostro giudizio, sia in crisi. Daremo uno sguardo alle caratteristiche dei prodotti da parte dell'industria della raffinazione e spiegheremo perché sono fondamentali. Guarderemo al futuro, a ciò che possiamo aspettarci negli anni successivi, anche dopo il 2020, e svolgeremo un flash sulla situazione della legislazione delle politiche a livello comunitario che hanno un impatto sull'industria della raffinazione. Concluderemo, infine, con alcune raccomandazioni.
Europia rappresenta l'industria del downstream petrolifero europeo, intendendo con questa espressione il trasporto di materie prime, la raffinazione, che è il cuore dell'attività, il trasporto dei prodotti finiti e la distribuzione dei prodotti finiti, ossia del carburante.
Noi rappresentiamo i membri dell'associazione, che sono 16 società petrolifere, dalle grandi major multinazionali a società più concentrate su un Paese o su pochi Paesi europei.
Il primo argomento che intendo affrontare in questa sede è quello della crisi che il settore sta attraversando. A tale riguardo può esserci utile una breve sintesi che abbiamo ricavato da un rapporto che Europia ha realizzato nel maggio del 2010. In tale sintesi, si individuavano tre le cause principali della crisi della raffinazione.
Innanzitutto c'è stato il calo della domanda. La domanda di prodotti petroliferi è in calo per motivi di maggiore efficienza, per la sostituzione con altri prodotti, per esempio i biocarburanti, e anche per questioni


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strutturali di crisi, soprattutto negli ultimi anni. La previsione è quella di un decremento del 20 per cento della domanda di prodotti al 2030 rispetto al 2003, un decremento notevolissimo.
La seconda causa è lo squilibrio fra gasolio e benzina. La domanda, cioè, è squilibrata rispetto alla capacità produttiva del sistema della raffinazione europea. L'incentivazione fiscale che ha avuto il gasolio, il diesel, negli ultimi anni è uno dei motivi che hanno portato a tale crescente squilibrio. Ciò si traduce nel fatto che l'Europa importa diesel come prodotto finito ed esporta l'eccesso di benzina, con un impatto economicamente non positivo.
Infine, vi è l'aumento dell'onere derivante dalla normativa vigente in materia a carico dell'industria della raffinazione europea, che non si riflette, invece, in quanto accade nel resto del mondo e soprattutto nei Paesi che sono più direttamente competitor dell'Europa per quanto riguarda quest'area. Sto pensando alla Cina, all'India e al Medio Oriente principalmente, ma ne parleremo più approfonditamente in seguito.
Il fenomeno che si è visto, e che stiamo vedendo ancora, è che il settore si sta ristrutturando significativamente. Nel 2009 c'erano 98 raffinerie operanti nell'Unione europea, di cui 5 hanno chiuso la produzione, 13 hanno cambiato proprietà e 3 sono in vendita senza acquirente. La notizia più recente è quella del pericolo di bancarotta e di insolvenza da parte di Petroplus, che porterebbe altre 5 raffinerie a uscire dal ciclo produttivo. Complessivamente, il fenomeno ha coinvolto circa il 30 per cento delle raffinerie dell'Unione europea in due anni.
Anche la proprietà delle raffinerie sta cambiando, perché le major internazionali stanno disimpegnandosi progressivamente dall'Europa: lo si è visto con BP, Shell, ConocoPhillips, Chevron, ExxonMobil e Total. Tutte hanno venduto o chiuso parte della loro attività di raffinazione nell'Unione europea.
Al contempo, stanno entrando in Europa nuovi attori, non tradizionali, quali l'indiana Essar, PetroChina, la russa Lukoil, nonché raffinerie indipendenti, quali Valero e Petroplus.
L'ultimo aspetto di interesse da segnalare è che le compagnie integrate, che comprendono sia l'upstream, quindi la produzione di grezzo, sia la raffinazione, stanno progressivamente separando le due attività. Esse sono di fatto già separate, trattandosi di centri di profitto separati, ma ora lo sono anche dal punto di vista societario. Lo si è visto in ConocoPhillips e in Marathon.
Parliamo ora, prendendo spunto dal rapporto White Paper on Fuelling EU Transport di Europia del marzo 2011, dell'importanza dei prodotti petroliferi.
Interessante risulta il confronto di efficienza in termini di emissioni di CO2 nel ciclo di vita degli impianti, dall'estrazione del petrolio grezzo fino alla combustione all'interno del motore, rispetto a quella che un'auto elettrica può ottenere. L'auto elettrica ha un costo di investimento molto più elevato del tradizionale motore a combustione interna.
La domanda è qual è l'origine dell'elettricità: se essa viene generata dal carbone o anche dal petrolio, l'efficienza in termini di riduzione della CO2 è più bassa rispetto a quella che, invece, può realizzare un motore a combustione interna. Con l'evoluzione che ci aspettiamo dai motori a combustione interna, sia per il diesel, sia per la benzina, si avrà un'efficienza in termini di riduzione delle emissioni pari a quella di un'auto completamente elettrica che produce elettricità a partire dal gas.
Una caratteristica fisica dei carburanti da fonte fossile è quella di avere la capacità di immagazzinare un quantitativo maggiore di energia, ragion per cui la densità energetica di benzina e gasolio è più elevata - lo dimostra la fisica - rispetto a quella, per esempio, del metano, dell'idrogeno o, a maggior ragione, di gran lunga rispetto a quella delle batterie elettriche al litio, anche le più avanzate. A parità di volume la benzina e il gasolio immagazzinano, dunque, più energia, che si traduce in autonomia dell'automezzo.


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Da proiezioni effettuate non da Europia, ma da organismi che studiano e realizzano proiezioni economiche indipendenti, emerge che i combustibili fossili continueranno a essere molto importanti fino al 2050, perché manca ancora una loro sostituzione completa. Naturalmente i biocarburanti, qualora sostenibili, sostituiranno una parte dei fossili e l'elettricità probabilmente avrà un incremento, quando si otterranno un minore costo e una maggiore efficienza delle batterie elettriche, ma i carburanti fossili continueranno a essere importanti.
Noi riteniamo che occorra concentrare le risorse dell'Europa sulle azioni che danno frutti immediati con uno sforzo minore, quindi con un'efficienza maggiore, sfruttare le strutture e le infrastrutture oggi esistenti, migliorare i motori a combustione interna e utilizzare le raffinerie e le reti distribuzione al meglio.
Riteniamo anche che, se la legislazione va troppo in avanti ed eccede ciò che la tecnica consente, l'Europa potrebbe trovarsi nella situazione di avere bisogno ancora di combustibili fossili senza, però, avere la capacità di produrli internamente. Verrebbe, quindi, a dipendere in larga misura, molto più di quanto accade oggi, dall'importazione.
I prodotti petroliferi non sono solo i carburanti, ma sono anche un'importante materia prima per l'industria e per altre attività, quali l'agricoltura. Soprattutto per quanto riguarda la petrolchimica in Europa su 58 impianti di steam cracking, l'impianto base per la petrolchimica, 41 sono integrati con le raffinerie.
In conclusione, si può affermare che la raffineria è importante per la security of supply, ossia dal punto di vista della sicurezza degli approvvigionamenti dell'Europa, per la flessibilità degli approvvigionamenti stessi e per consentire la mobilità, che è un bene prezioso per l'Europa.
La raffinazione investe, e deve continuare a investire, ingenti somme per sopravvivere. Stiamo parlando di 5 miliardi di euro a livello europeo all'anno.
È importante anche la questione della leadership tecnologica che l'industria automobilistica europea si è costruita nel mondo. È riuscita a farlo grazie anche alla collaborazione con l'industria petrolifera. I nuovi motori sono stati sviluppati insieme ai nuovi tipi di carburante e, quindi, pensare a un'industria automobilistica che riesce a mantenere la leadership mondiale, senza un'industria domestica della raffinazione, è molto difficile.
La raffinazione è un importantissimo datore di lavoro soprattutto per lavori ad alto contenuto tecnico e ingegneristico. Le cifre sono di 100 mila addetti diretti nelle raffinerie, di 500 mila nei settori marketing e logistica e di quasi 800 mila nel settore petrolchimico. Inoltre, la raffinazione contribuisce in modo assai rilevante alle entrate dei diversi Stati.
Come anticipato, diamo ora uno sguardo a ciò che riteniamo accadrà dopo il 2020. In base ai dati elaborati dalla International Energy Agency - non da Europia e, quindi, sono dati oggettivi - emerge che l'importanza dell'Europa nell'ambito del consumo energetico mondiale diminuisce. Era del 14 per cento nel 2008, si prevede che sia dell'11 per cento nel 2030 e del 10 per cento nel 2050.
In prospettiva, il petrolio e i suoi prodotti rappresenteranno ancora una parte molto significativa della domanda. Se nel 2008 l'oil, era circa il 30 per cento a livello di energie primarie, nel 2030 si prevede che manterrà ancora una grossa importanza, potenzialmente il 20 per cento nel 2050, ossia in anni piuttosto lontani.
Per quanto riguarda la domanda di petrolio suddivisa per i diversi settori di applicazione, se nel 2009 essa si attestava sulle 700 mila tonnellate equivalenti di petrolio, nel 2030 è previsto scenderà a 600 mila, con un calo non drammatico, mentre nel 2050, in dipendenza di quale ipotesi prendiamo di riduzione della domanda, si potrà passare a 480 mila oppure a 300 mila, nel caso più estremo. Rimane comunque sempre una quantità molto significativa.
Passando ad esaminare il settore dei trasporti, oggi il 95 per cento dell'energia


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per il trasporto deriva dal petrolio. Tale dipendenza si ridurrà, perché il biofuel acquisterà importanza, secondo le previsioni, e lo stesso vale per l'elettricità. I combustibili fossili nel 2030 passeranno da oltre l'80 per cento, nel caso più estremo, al 50 per cento della domanda. Avranno, quindi, ancora un ruolo molto significativo. Stiamo parlando del 2050.
Qual è la conclusione di questa parte del discorso? Noi dobbiamo continuare a vivere con il petrolio ancora per alcuni decenni. La questione è se vogliamo dipendere dall'importazione, rinunciando alla raffinazione domestica, con le conseguenze che abbiamo mostrato prima, oppure se vogliamo creare le condizioni perché la raffinazione europea possa continuare a esistere e a dare il proprio apporto all'economia del nostro continente.
La penultima questione da affrontare - l'ultima sarà rappresentata da alcune brevi raccomandazioni - riguarda le politiche della legislazione a livello europeo che incidono sulla competitività della raffinazione in un quadro mondiale. Parleremo, in particolare, degli interventi che riguardano il clima e l'energia, delle iniziative che riguardano le emissioni industriali e di quelle relative ai prodotti.
Dai dati in nostro possesso che vi abbiamo distribuito, è possibile farsi un'idea su quante e quali sono le iniziative legislative che hanno un impatto sulla raffinazione, mentre un rilievo a parte merita il cosiddetto ETS, ossia l'Emissions Trading System.
Adesso siamo nella prima fase, mentre nel 2013 inizierà la seconda. Ciò comporterà, per il modo in cui tale fase è strutturata, secondo quanto è già stato approvato, un incremento dei costi operativi per la raffinazione europea, senza che un analogo incremento si riscontri nei nostri concorrenti nel resto del mondo, al di fuori dell'Europa. Si prevede, cioè, che la raffinazione pagherà in media il 30 per cento delle proprie emissioni.
Oggi in gran parte dell'Europa le emissioni usufruiscono di un'allocazione gratuita, riconoscendo il fatto che si tratta di un settore a rischio di competizione e, quindi, di spostamento delle attività produttive oltre il confine europeo, con uno svantaggio competitivo. Tale fenomeno nel 2013 si aggraverà, perché con la nuova metodologia una parte significativa delle emissioni andrà comprata e ciò inciderà sui costi operativi.
Quanto ai costi operativi, risulta evidente come tale fattore incida sul risultato finale della raffinazione. Questa era la situazione del 2007, in cui ancora la raffinazione aveva un margine positivo. Considerate che importanza abbia per ridurre quello che rimane come utile netto della raffinazione. In un quadro attuale, purtroppo, siamo al di sotto dello zero e, quindi, l'acquisto di ulteriori quote di CO2 aumenterà la perdita o comprimerà sensibilmente i risultati. Interessante è il nuovo metodo di calcolo. I costi operativi per una raffineria media in Europa aumenteranno del 13 per cento.
Un'altra direttiva in discussione a Bruxelles in questi mesi è quella dell'efficienza energetica. Tra le sue finalità non vi era certamente quella di penalizzare la raffinazione, ma ciò è accaduto e, a nostro avviso, ciò non dovrebbe avvenire. Stiamo cercando di promuovere un'azione perché la raffinazione venga esclusa dalla direttiva per l'efficienza energetica, che non dovrebbe avere un particolare impatto sul settore manifatturiero come, del resto accade per tutti gli altri settori del manifatturiero. L'energia è un fattore molto significativo nella redditività della raffinazione e che le raffinerie europee, nonostante l'elevato costo in Europa, sono a livello mondiale le più efficienti, escludendo solamente le recentissime raffinerie costruite in Estremo Oriente. Sono, quindi, più efficienti di quelle statunitensi, per esempio.
Un'altra direttiva in discussione a Bruxelles è quella della tassazione dei prodotti energetici. Un aspetto positivo, che condividiamo e supportiamo, è la possibilità graduale di riequilibrare la situazione attuale fra tassazione del gasolio e della benzina, il che contribuirebbe a riallineare


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la capacità produttiva del nostro sistema di raffinazione con la domanda europea.
Apprezziamo, inoltre, il principio di tassare i prodotti energetici sulla base del loro contenuto energetico, indipendentemente da quali siano e, quindi, anche il biofuel, l'elettricità e l'idrogeno.
Passando alla direttiva sulle emissioni industriali, è in vigore il concetto della bolla. Una raffineria viene considerata, cioè, come un tutt'uno, le cui emissioni vengono limitate e controllate, mentre viene lasciata una data libertà di iniziativa per trovare le misure più efficienti in termini di costi per ridurre gli inquinanti. Crediamo che questo sia un sistema giusto.
Ora, però, tale direttiva è in via di revisione. Ciò significa che i limiti verranno ricalcolati e riassegnati. Noi vorremmo che venissero riassegnati tenendo conto dell'efficienza e dell'efficacia delle misure e, quindi, che non ci siano costi sproporzionati rispetto ai risultati. Probabilmente alle società conviene investire le proprie risorse nei settori in cui il minor costo offre il maggior risultato in termini di riduzione delle emissioni.
Infine, sui prodotti, ovvero sui carburanti, c'è la Fuel Quality Directive, la direttiva sulla qualità dei carburanti. A tale proposito, segnalo come, negli ultimi anni, la qualità dei carburanti sia migliorata notevolissimamente, a costo di investimenti che l'industria petrolifera ha compiuto, per quanto riguarda particolati, NOx e soprattutto, in modo molto vistoso, per quanto riguarda lo zolfo.
La Fuel Quality Directive in discussione adesso introduce, invece, un nuovo elemento, ossia la riduzione del contenuto di CO2 nei combustibili, e guarda al ciclo di vita dei carburanti, dall'estrazione dal pozzo fino all'utilizzo finale nel motore dell'automobile, fissando una riduzione del 20 per cento rispetto al 2010 dell'intensità di CO2.
Noi stiamo partecipando alla discussione a Bruxelles per far sì che la direttiva non sia punitiva per l'industria della raffinazione europea e soprattutto che non apporti un ulteriore svantaggio competitivo rispetto a chi non opera in Europa, perché ciò potrebbe determinare un ulteriore rischio per la sopravvivenza della raffinazione europea.
È in discussione anche la revisione del contenuto di zolfo nei combustibili marini. La nostra posizione è che l'Unione europea non dovrebbe eccedere che quanto stabilito dalla la convenzione Marpol dell'IMO (International Maritime Organization), l'organizzazione mondiale che regola la navigazione. In particolare, per quanto riguarda la qualità del fuel, l'Europa non dovrebbe distaccarsi da quello che fa il resto del mondo, non dovrebbe anticipare ed essere più severa, perché si potrebbe determinare uno svantaggio competitivo.
L'ultima parte della mia relazione riguarda le raccomandazioni. Le istituzioni europee hanno riconosciuto in diversi documenti, e ne citiamo alcuni, l'importanza strategica della raffinazione europea, non solamente per il settore in sé, ma anche per l'apporto che essa dà all'economia e per lo stretto legame che ha con altri settori produttivi europei.
Noi chiediamo che ciò si rifletta nella legislazione e, quindi, che la politica dell'Unione europea debba tenere conto dei tre pilastri della competitività, della sicurezza di approvvigionamento e del cambiamento climatico e della sostenibilità. Un aspetto non dovrebbe prevalere sugli altri, ma tutti e tre dovrebbero contribuire ad avere una legislazione idonea.
Noi chiediamo che il riconoscimento della strategicità della raffinazione non sia solo formale, ma si traduca anche in un impact assessment, ossia in una valutazione dell'impatto che le legislazioni possono avere sul settore.
Chiediamo anche che si riconosca che l'Europa è una parte, un tassello nel quadro mondiale dell'industria energy intensive che contribuisce alle emissioni e che l'iniziativa puramente europea ha un impatto limitato sull'ambiente.
Chiediamo poi che non vengano imposti obblighi e mandati sulle infrastrutture di distribuzione prima che ci sia effettivamente un'alternativa per fuel diversi.
Auspichiamo, inoltre, che venga costituito un osservatorio, un organismo formale


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a livello europeo, che abbia per scopo quello di valutare e salvaguardare la competitività della raffinazione. In merito ci riferiamo a un modello che è stato adottato e che è in funzione a livello europeo per quanto riguarda l'industria automobilistica. Pensiamo che anche la raffinazione dovrebbe avere un osservatorio analogo.
Le conclusioni di questa mia relazione sono che nel 2050, tra quarant'anni, ci sarà indubbiamente una bassa emissione di carbonio, ma non ci saranno zero emissioni. Ci sarà ancora spazio per i combustibili fossili.
Noi riteniamo che nel 2050 l'Unione europea dovrà ancora assicurarsi l'accesso ad approvvigionamenti di energia che siano sicuri e vantaggiosi economicamente, perché questo è importante per tutta l'economia. La raffinazione europea è un settore strategico cruciale e, come tale, deve essere considerato e salvaguardato.
La raffinazione sta subendo un grande processo di ristrutturazione per far fronte al calo della domanda, come ho mostrato, e noi chiediamo fondamentalmente che le istituzioni europee e gli Stati membri dell'Unione europea garantiscano che la legislazione non penalizzi ulteriormente la competitività della raffinazione europea rispetto ai competitori.
Il nostro mercato è globale e voglio citare nuovamente la Cina, l'India e l'Estremo Oriente, che hanno vincoli molto minori rispetto ai nostri e ricordare che non devono prendere il sopravvento e ridurre a zero la competitività e la sopravvivenza della raffinazione europea. Grazie.

PRESIDENTE. Grazie, dottor Bartelloni.
Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

SAVINO PEZZOTTA. Non vorrei aver frainteso quanto ci ha esposto, ma lei ha affermato che il consumo di energia in Europa tenderà a diminuire. Mi può spiegare meglio il motivo? Ciò avviene perché il consumo totale di energia cresce e, pertanto, noi diventiamo più piccoli oppure per altre questioni? Lei ha parlato di un consumo inferiore, il che significa che ci sarà ancora un rallentamento delle nostre economie europee rispetto alle altre.
Capisco la sua difesa dei carburanti fossili e anch'io sono convinto che per un periodo piuttosto lungo di tempo non potrà essere che così, però non credo che basti un'affermazione di questo genere. Vorrei capire è qual è la vostra posizione riguardo a energie alternative o all'utilizzo di strumenti che non siano benzina.
Come anche lei ha rilevato, non avremo una diminuzione di emissioni di CO2. Mi domando se da parte delle aziende che lei rappresenta ci sia la volontà di fare ricerca e di investire in settori che non siano esclusivamente quelli del petrolio e, pertanto, di creare la possibilità di definire ulteriori prodotti energetici alternativi, più compatibili con la realtà e con le situazioni che si stanno determinando anche a livello ambientale.
A questo punto, riterrei che sarebbe opportuno attuare un abbassamento della pressione fiscale su investimenti o ricerca in questi settori, altrimenti diventa un po' difficile capire e spiegare altre situazioni.
In sostanza, vorrei capire se la diversificazione su altri prodotti energetici non sia nel vostro orizzonte proprio da oggi al 2050, come lei ha sostenuto.

ALBERTO TORAZZI. Dottor Bartelloni, vorrei concentrarmi sul confronto che lei giustamente citava con i competitor, i quali stanno approfittando della situazione per richiamare investimenti nelle loro aree geografiche.
Mi pare di capire che, a parte l'abbastanza evidente contrarietà all'utilizzo del sistema ETS, in quanto discriminante per le nostre imprese - che, tuttavia, spesso producono fuori dai confini dell'Unione per poi importare -, l'altro passaggio rilevante, evidenziato anche in precedenti audizioni, è che negli altri Paesi ci sono regole meno restrittive, per quanto riguarda l'impatto ambientale, e un costo della manodopera molto più basso.


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Mi pare, però, ed è stato osservato in questa Commissione in altre audizioni, che gli accordi con il WTO impediscano qualsiasi forma di dazio collegato al costo della manodopera o al problema delle differenti norme ambientali.
Premesso che io e la mia parte politica avversiamo decisamente tali accordi, vorrei capire se lei conferma che la situazione è esattamente questa e, a questo punto, quali sarebbero i margini di manovra, a parte eventualmente esercitare una pressante azione per limitare o rimuovere lo strumento dell'ETS. Per esempio, se l'introduzione di dazi non è possibile, che cosa si potrebbe fare? Se, invece, è possibile introdurre dazi, su che basi è possibile farlo? Grazie.

STEFANO SAGLIA. Intervengo solo per ribadire una questione che ritengo centrale e per avere una risposta, anche dal punto di vista europeo, vista la natura dell'audizione, perché l'Europa è spesso foriera di nuove regole e di nuove limitazioni.
Può essere considerata nel campo della raffinazione la possibilità che l'Europa diventi un'opportunità attraverso un programma di ristrutturazione che, da un lato, aiuti la raffinazione a raggiungere gli obiettivi vincolanti che ci si pone dal punto di vista delle emissioni e, dall'altro, favorisca le aggregazioni e sostenga la ristrutturazione del settore, che sicuramente ne ha bisogno?
Domando anche se in questo quadro ci sono Paesi che sono, a vostro modo di vedere, ostili o contrari a un'ipotesi di questo tipo.

LUDOVICO VICO. C'è un punto che non mi è chiaro dalla sua relazione. In particolare, si annuncia il processo di transizione delle ex sette sorelle alle nuove sorelle. Questo è chiaro. Osservo, però, che ci sono più sorelle del vecchio continente e del Medio Oriente.
Inoltre, si afferma che il consumo energetico da fonte di petrolio fra il 2030 e il 2050, anche se oscillante, sarà stazionario. Sto usando certamente termini impropri, ma solo per intenderci.
Questi due elementi messi insieme portano a sostenere nella raccomandazione finale di Europia che è fondamentale il riconoscimento del ruolo cruciale del settore della raffinazione e della catena di approvvigionamenti, sapendo che, come correttamente è stato affermato anche da noi stessi, il sistema di raffinazione con i petrolchimici spesso aveva già avuto lo stesso significato. Va considerata anche tutta la partita sulla chimica, che però in questo momento non esaminiamo.
La domanda è la seguente: se nei prossimi 25-30 anni il volume di approvvigionamento da fonte energetica fossile, in questo caso petrolio, sarà più o meno lo stesso, che cosa sta avvenendo? C'è solo un trasferimento di produttori e di distributori, che si stanno spostando oltre i Paesi detentori di petrolio verso nuove sorelle, per usare questa locuzione? Penso alla Lukoil, che ha già aperto in Sicilia.
Se sta avvenendo questo, non è né più né meno di un fatto ordinario di capitalismo mondiale.

PRESIDENTE. Abbiamo raccolto le domande e le richieste di chiarimento da parte dei colleghi. Invito quindi il dottor Bartelloni a replicare e a rispondere, per quanto possibile brevemente, alle richieste avanzate dai colleghi.

ALESSANDRO BARTELLONI, Responsabile del settore trasporto e prodotti petroliferi di Europia. Grazie per le domande che sono state poste. Comincio da quelle dell'onorevole Pezzotta. L'energia è in diminuzione perché l'Europa ha una percentuale decrescente? La risposta è che c'è una combinazione di motivi, come lei ha già anticipato. Il resto del mondo cresce più velocemente e la nostra percentuale si riduce. L'Europa è più energy efficient. Noi utilizziamo l'energia in modo più efficiente e, quindi, gli investimenti che l'industria compie generalmente risultano in un consumo specifico inferiore di energia.
Ciò non significa che le previsioni, che, lo ripeto, non sono nostre, ma dell'Agenzia internazionale dell'energia, prevedano non un declino economico dell'Europa, ma un


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ridimensionamento dell'importanza relativa nell'ambito mondiale.
Per quanto riguarda il modo in cui si comportano le società petrolifere nei confronti delle energie alternative, esse riconoscono che il futuro dovrà essere sempre meno fossile. Si va in quella direzione ed è un processo ineluttabile.
Ci sono già esempi di investimenti non solo in ricerca e sviluppo, ma anche in applicazioni e in impianti pilota. Numerose società petrolifere europee, soprattutto quelle di dimensioni maggiori, hanno investito e stanno investendo nell'idrogeno, nel solare e nell'eolico. Ci sono questi esempi e quindi le società petrolifere tradiscono il proprio nome, perché si stanno diversificando, dovendo affrontare la sfida futura, che sarà a un contenuto di combustibili fossili sempre più ridotto, come abbiamo visto.
L'incentivazione della ricerca e sviluppo è certamente un processo che noi favoriamo. Chiediamo, però, che venga creata una situazione competitiva giusta, leale e onesta fra le diverse fonti che possono competere. È giusto incentivare la ricerca e lo sviluppo per le nuove energie ma, quando si tratta di svilupparle a livello di investimenti per la produzione e per la distribuzione, chiediamo che ciò venga consentito senza pregiudizi, cioè che si confrontino obiettivamente i meriti delle energie tradizionali con quelli delle nuove energie. Devono competere sul mercato con i propri mezzi.
Credo di aver risposto alle sue domande, onorevole Pezzotta.
Per quanto riguarda l'onorevole Torazzi, la sua domanda era quali sono i possibili margini di manovra sull'ETS. Probabilmente lei si riferisce allo strumento del green label, a quello che altre società hanno identificato come un meccanismo che compensi il fatto che i prodotti petroliferi che provengono da una produzione al di là della frontiera europea usufruiscano di un vantaggio perché hanno costi legati a una legislazione meno stringente.
La posizione di Europia non è quella di richiedere e di sollecitare l'imposizione di dazi. Devo parlare per l'associazione che rappresento e la sua posizione non è questa. Noi chiediamo, però, secondo il riferimento che anche lei ha svolto, di intervenire sul sistema ETS, il sistema delle emissioni.
Imponendo dal 2013 alle raffinerie di comprare il 30 per cento delle emissioni, disposizione che fino a oggi non era stata in vigore, si creerà un carico aggiuntivo sulla raffinazione europea. Si tratta di un disincentivo a rimanere in Europa, se vogliamo, perché chiaramente soprattutto le società multinazionali, quando hanno la possibilità di impiegare le proprie risorse in Europa o altrove, devono vedere dove le prospettive di rientro economico sono maggiori. Concretamente, potremmo chiedere, dunque, di rivedere il meccanismo ETS - che ci svantaggia - a partire dal 2013.
Passo alle questioni poste dall'onorevole Saglia. In merito al programma di ristrutturazione, noi di Europia chiediamo che le regole siano giuste e uguali per tutti a livello europeo, perché non possiamo essere favorevoli a regole diverse per Paesi diversi.
Per quanto riguarda atteggiamenti diversi in Paesi dell'Unione europea differenti, non ho notizia che ciò avvenga. Le 16 società che Europia rappresenta sono certamente favorevoli a regole chiare e simili per tutti a livello di ogni Paese europeo. La ristrutturazione è ineluttabile, sta avvenendo e continuerà ad avvenire. Chiediamo, però, che avvenga nel modo più corretto possibile.

STEFANO SAGLIA. Chi paga le risorse? Voi avete mai chiesto all'Europa risorse per questo scopo?

ALESSANDRO BARTELLONI, Responsabile del settore trasporto e prodotti petroliferi di Europia. Sappiamo che alcune società parlano di questo aspetto, ma a livello di Europia, non è una richiesta che abbiamo ancora avanzato.
Infine, per quanto riguarda le new entry, onorevole Vico, lei ha affermato che il sistema si sta spostando come un sistema capitalistico normale dalle tradizionali


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sorelle alle nuove sorelle. Innanzitutto i consumi, in realtà, si sono ridotti - abbiamo osservato che la riduzione è molto significativa e che continuerà ad avvenire e, quindi, anche lo spazio si riduce.
Le società cinesi, russe o indiane entrano in Europa, ma non siamo in grado di prevedere con quale obiettivo definitivo. Entrano in Europa per continuare a produrre oppure hanno interesse a entrare in Europa con altre idee? Il loro obiettivo potrebbe essere quello di trasformare le strutture che acquisiscono in depositi capaci di accogliere l'importazione di prodotti dalle case madri o di acquisire quote di mercato.
Noi stiamo lasciando un sistema che conoscevamo da decenni, che stava funzionando e che assicurava una competitività e gli attori tradizionali ne stanno uscendo. Noi pensiamo che questo sia un segnale di allarme, perché entrano nuovi attori, di cui però non conosciamo la strategia finale.

LUDOVICO VICO. Si tratta di quote di mercato, in sostanza. In altre parole, ci sarà il declino dell'impero.

ALESSANDRO BARTELLONI, Responsabile del settore trasporto e prodotti petroliferi di Europia. Noi chiediamo che il declino non venga artificiosamente accelerato creando regole che non sono giuste o uguali per tutti.

PRESIDENTE. Ringrazio il nostro ospite e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 13,40.

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