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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione XI
10.
Giovedì 30 ottobre 2008
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Saglia Stefano, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'ASSETTO DELLE RELAZIONI INDUSTRIALI E SULLE PROSPETTIVE DI RIFORMA DELLA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA

Audizione di rappresentanti della CISL:

Saglia Stefano, Presidente ... 3 6 7
Baratta Gianni, Segretario confederale della CISL ... 3 7
Bellanova Teresa (PD) ... 7
Di Biagio Aldo (PdL) ... 7

Audizione di rappresentanti della UIL:

Saglia Stefano, Presidente ... 8 9 10
Cazzola Giuliano (PdL) ... 9 10
Corsi Simonetta, Responsabile ufficio contrattazione della UIL ... 8
Damiano Cesare (PD) ... 9
De Camillis Maria Chiara, Responsabile ufficio contrattazione della UIL ... 10
Fedriga Massimiliano (LNP) ... 9
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.

COMMISSIONE XI
LAVORO PUBBLICO E PRIVATO

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di giovedì 30 ottobre 2008


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE STEFANO SAGLIA

La seduta comincia alle 14,15.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti della CISL.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'assetto delle relazioni industriali e sulle prospettive di riforma della contrattazione collettiva, l'audizione di rappresentanti della CISL.
Ringrazio per la sua presenza il segretario confederale della CISL, Gianni Baratta, a cui do subito la parola.

GIANNI BARATTA, Segretario confederale della CISL. Ringrazio il presidente e tutti gli onorevoli presenti.
Il modello contrattuale che stiamo discutendo e che, per il momento, registra sostanzialmente una adesione della CISL e di altre organizzazioni sindacali - ma credo che sia necessario il punto di vista della mia organizzazione - è stato oggetto di un confronto che si è sviluppato nel corso di una ventina di giornate con Confindustria e si è esteso man mano ad altre controparti (artigiani, commercio e, da ultimo, rappresentanti del pubblico impiego, con cui ieri abbiamo iniziato un primo confronto tecnico).
Metterò a disposizione della Commissione alcuni documenti, tra cui quello che abbiamo redatto in seguito al confronto con Confindustria (che non è ancora definitivo, ma che ha rappresentato un punto di riferimento anche per le discussioni che stiamo svolgendo con le altre controparti).
L'impostazione è, sostanzialmente, su due livelli: da una parte, c'è un contratto nazionale che, nella nostra prospettiva, ha una durata triennale, sia per la parte economica che per la parte normativa, e ha la funzione di garantire i trattamenti economici e normativi valevoli per tutto il territorio nazionale; dall'altra c'è, come elemento di modifica sostanziale, la sostituzione dell'inflazione programmata - che negli ultimi anni ha dimostrato di essere poco attendibile, anche a causa delle difficoltà nel mantenere in vita una politica dei redditi complessiva - con l'individuazione di un indice previsionale triennale basato sull'IPCA, che è l'indice dei prezzi al consumo armonizzato elaborato dall'EUROSTAT per l'Italia, depurato della componente di inflazione importata dall'Europa, esclusivamente per la parte relativa ai prezzi energetici.
L'IPCA è impostato su base biennale e, in genere, quando viene reso pubblico sono già passati sei mesi; quindi, il primo problema che abbiamo dovuto affrontare è che l'indice non aveva durata triennale, ma aveva una caratteristica di fruibilità per le parti sociali non superiore ai 18 mesi. Si è pertanto deciso di elaborare, attraverso un soggetto terzo da individuare e sempre con lo stesso modello matematico,


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un indice previsionale triennale con le stesse caratteristiche e con un elemento di garanzia per cui, durante la vigenza del contratto, ma con una valutazione ex post, su quel modello e con quel tipo di previsione - depurata dall'inflazione importata per i prodotti energetici - l'eventuale scostamento potrà essere recuperato nei minimi contrattuali.
L'accordo prevede anche una base di calcolo - questo non è ancora un elemento definitivo, ma ne parlo perché sta animando il dibattito - che Confindustria ritiene debba essere uguale per tutti i settori.
Noi abbiamo mantenuto aperta questa discussione ritenendo che sarebbe più comodo che, laddove esista già una base di calcolo realizzata dai singoli contratti nazionali, questa dovrebbe rimanere in vigore. Per i settori che non ce l'hanno, si potrebbe realizzare una base di calcolo omogenea costituita dai minimi tabellari, più la contingenza conglobata, più eventuali scatti medi di settore, qualora i contratti lo prevedessero.
L'attuale normativa prevede la presentazione della piattaforma tre mesi prima della scadenza, mentre noi prevediamo - altro elemento di novità - che la piattaforma rivendicativa per i rinnovi possa essere presentata sei mesi prima. Ovviamente, per sette mesi le parti decideranno di non attuare alcuna iniziativa di lotta a sostegno, essendo in atto un percorso negoziale.
È previsto il superamento dell'IVC, l'indennità di vacanza contrattuale, perché le parti tenderebbero a individuare la decorrenza del rinnovo del contratto a partire dal giorno successivo alla scadenza. Questo è da mettere ancora a punto, perché stiamo parlando di un documento che, proprio per consentire una discussione aperta anche con le altre associazioni, non abbiamo chiuso né definito in tutte le sue parti.
Questa ipotesi nasce nella logica di evitare una lunga trafila di contrattazione che, una volta raggiunta la soluzione definitiva, viene sempre sanata per i periodi pregressi con delle una tantum che spesso non sono rapportate a quanto il lavoratore ha perso (questo accade soprattutto in alcuni settori dominati da polverizzazione e marginalità come, ad esempio, i settori dei servizi) ma seguono la logica di garantire alle parti un percorso celere, perché il sapere fin dall'inizio che la decorrenza parte dal giorno dopo la scadenza del contratto precedente è un incentivo, al netto delle discussioni e delle trattative, a fare presto e bene.
Per ciò che riguarda il secondo livello, c'è una grande attenzione verso una maggiore possibilità di spingere verso una contrattazione aziendale che ha visto l'accordo del luglio 1993 sottolineare i suoi stessi limiti: è stato poco praticato, e soltanto dalle grandi imprese; in qualche settore, dove c'era maggiore marginalità, i contratti hanno individuato qualche soluzione nella struttura territoriale, ma non è stato facile.
Questo ha determinato, fra l'altro, uno degli elementi di crisi del sistema contrattuale attualmente vigente, cioè la scarsa capacità dello sistema stesso di distribuire ricchezza aggiuntiva oltre al sistema nazionale, che avrebbe dovuto garantire l'invarianza del potere d' acquisto ma che, in realtà, non l'ha fatto completamente.
Si tratta, pertanto, di un secondo livello che, nel corso degli ultimi quindici anni, è stato utilizzato solo in alcuni settori e solo nelle grandi imprese, con un declino dovuto anche al fatto che spesso le imprese entrate nel mercato successivamente al 1993, ovvero con vincoli molto più bassi dal punto di vista della contrattazione, ne hanno fatto poco ricorso .
In questa logica va sottolineato anche quello che è successo in termini negativi. Dal 1993 a oggi abbiamo avuto grosso modo cinque cicli, tre positivi e due negativi. Gli economisti del lavoro dicono che abbiamo una curva che è comunque di crescita del sistema e degli utili delle imprese, che però sono andati quasi sempre a remunerare il capitale e poco il lavoro. Questo ha determinato una scarsa produttività del sistema che, tuttavia, è stata mediamente garantita da una produzione costante dovuta all'immissione,


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nel corso di questi quindici anni, di circa 2,5 milioni di lavoratori più o meno precari o despecializzati; quindi la produzione è rimasta costante, ma è declinata la produttività.
Si tratta di un elemento negativo, perché un sistema un po' «in tiro» tende sempre a migliorare le proprie performance ma questo sistema, invece, ha una struttura basata su una flessibilità - che pure è un elemento importante del mercato del lavoro - che non è accompagnata da un sistema di competitività.
Questo è uno dei problemi che abbiamo in Italia, dove la ricerca e l'innovazione non sono stati gli elementi determinanti di una politica industriale o, comunque, competitiva, ma sono spesso stati compensati dall'introduzione del lavoro despecializzato. Ovviamente, questa è la risultante di una scarsa capacità del sistema, del meccanismo stesso, di autorizzare e incentivare una contrattazione che doveva sviluppare elementi organizzativi in una logica dove il sistema produttivo migliorasse.
Questa è la grande scommessa e, visto che non si può parlare di un'esigibilità per legge, nella logica di incentivazione della contrattazione di secondo livello, in questa fase chiediamo al Governo di confermare le indicazioni che sono state date per i secondi sei mesi di quest'anno, ovvero la defiscalizzazione e la decontribuzione della contrattazione di secondo livello, per incentivare e fare in modo che questo diventi, attraverso la l'aliquota del 10 per cento prevista per la tassazione delle prestazioni di lavoro straordinarie e attraverso la decontribuzione dei premi di risultato, un elemento che il sistema considera conveniente, poiché si tratta di dare più soldi ai lavoratori a fronte di oneri inferiori.
L'accordo contempla anche la possibilità, laddove sia prevista dai contratti, di una contrattazione diversa da quella aziendale. È ancora in atto una discussione con Confindustria, che ritiene opportuno mantenere la dizione di prassi; a loro avviso, la contrattazione territoriale può rimanere così come è già prevista nei contratti nazionali, senza ampliamenti.
Tutte le organizzazioni sindacali ritengono, invece, che questa possa essere in molti settori una scommessa interessante, soprattutto per due motivi: innanzitutto, perché l'accordo prevede anche un incentivo e una crescita della bilateralità, ovvero della possibilità delle parti sociali di stabilire al centro, ma soprattutto in periferia, un sistema ancora più spinto di welfare, di gestione dei meccanismi relativi al mercato del lavoro e alla formazione; questo consentirebbe loro di diventare attori protagonisti anche di processi formativi. In questa logica, la contrattazione territoriale è un luogo dove si ricompone un interesse anche di questa natura.
In secondo luogo, c'è una richiesta specifica da parte di Confindustria di valutare la possibilità di prevedere, sia in caso di crisi sia in caso di sviluppi economici di un territorio, delle deroghe ai sistemi contrattuali e retributivi nazionali attraverso la contrattazione territoriale, con criteri molto rigidi e predeterminati dai contratti nazionali.
Ovviamente, noi sosteniamo che questa pratica è fattibile; alcuni contratti, in particolare quello dei chimici, lo hanno già previsto, e sono stati fortemente normati e regolamentati.
In questa logica, abbiamo proposto di pensare ad un contratto territoriale in luogo di quello aziendale, senza sovrapposizioni per materia; questa potrebbe essere un'alternativa diversa a quella aziendale, qualora quest'ultima non venisse realizzata.
In assenza di una contrattazione aziendale Confindustria ritiene sia possibile inserire un elemento di garanzia retributiva, così come avviene nel contratto dei metalmeccanici, nel quale è stato stabilito che, qualora non si faccia contrattazione aziendale in un dato settore, i lavoratori percepiscano 260 euro mensili su base annua (se non hanno avuto alcun aumento nel corso della loro storia lavorativa). Questo accordo sperimentale varrebbe per quattro anni.


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Ovviamente questa parte non sarebbe incentivata né defiscalizzata, perché l'obiettivo è quello di tendere a far sì che la contrattazione venga realizzata.
Su questa valutazione, riteniamo che l'elemento di garanzia sia importante perché rappresenta una risposta data a tutti i lavoratori; tuttavia, la scommessa più grande che stiamo tentando di vincere, non solo con Confindustria ma con tutte le associazioni datoriali, è quella di un secondo livello capace di stabilire non solo elementi economici, ma anche un confronto e un sistema di relazioni in grado di affrontare i problemi del sistema produttivo italiano.
Sulla base di questo ragionamento, che ovviamente vale anche per il pubblico impiego, si è già svolto ieri un primo incontro in cui il Ministro Brunetta ha dichiarato la propria disponibilità a lavorare per un unico accordo, sia nel pubblico che nel privato. Ci sarà un ulteriore approfondimento della contrattazione di secondo livello nel settore pubblico perché, date le caratteristiche strutturali delle pubbliche amministrazioni, sia centrali che periferiche, sarà necessario approntare alcuni sistemi che tengano conto anche delle procedure di finanza pubblica e di finanza locale ma, soprattutto, della necessità di utilizzare questo strumento per far sì che le pubbliche amministrazioni evolvano verso un sistema di maggiore efficienza ed efficacia, come noi stiamo richiedendo da tempo. Così facendo, tale strumento verrebbe utilizzato anche in funzione riformatrice del sistema delle amministrazioni pubbliche.
Questo modello prevede, qualora le parti abbiano delle controversie, alcune forme di arbitrato irrituale affidato ai livelli superiori; infatti, noi chiediamo che qualsiasi iniziativa venga posta in capo alle associazioni, non ai lavoratori e nemmeno alle singole imprese.
Tuttavia, il modello non può risolvere da solo i problemi di un sistema-Paese che ne denuncia diversi. Mi permetto di sottolineare che è necessario che tutti, in Italia, comprese le forze politiche si rendano conto che ritornare allo spirito del 1993 significa anche pensare ad una nuova politica dei redditi, che in Italia in questo momento è carente, visto che c'è una sorta di corto circuito sul ciclo distribuzione-prezzi-salari, che non è stato più gestito come si è fatto soprattutto nei primi cinque o sei anni dell'accordo.
Ciò è dovuto, in parte, alle liberalizzazioni, che hanno coinvolto molti dei servizi erogati; francamente, però, per quello che riguarda le utilities, stiamo assistendo, soprattutto in periferia, ad un atteggiamento che guarda poco al servizio ai cittadini e al contenimento delle tariffe e molto al trasferimento degli utili verso gli enti locali, che magari in questo caso sono i proprietari dal punto di vista dell'azionariato.
Crediamo in una politica dei redditi che, come diceva Ezio Tarantelli già nel 1978, punti a tirare verso il basso gli atteggiamenti inflattivi di un sistema economico che comunque li contiene, facendo in modo che tutti gli attori protagonisti abbiano, da questo punto di vista, dei comportamenti positivi; ciò non può prescindere da un atteggiamento del Governo centrale e periferico che aiuti questo processo.
Riconoscere un particolare regime fiscale alla contrattazione di secondo livello è un elemento importante, perché dà subito una scossa forte a un mercato del lavoro e a un sistema di relazioni produttive che sono molto stagnanti; tuttavia, di per sé non basta se non si ritorna a parlare di prezzi, tariffe e fisco in una logica coerente.
Pensate solo che da questo accordo è esclusa una parte importante della nostra società, ovvero i pensionati, su cui bisognerà ragionare. Una politica dei redditi ad ampio raggio dovrebbe includere anche questa categoria, una delle più deboli e più colpite dalla recessione e dalla crisi economica italiana.

PRESIDENTE. Vorrei porre una domanda: le chiedo quali previsioni si possano fare rispetto al prosieguo del tavolo della contrattazione e alla sua estensione al settore pubblico.


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GIANNI BARATTA, Segretario confederale della CISL. Noi contiamo di concludere il giro degli incontri con tutte le associazioni datoriali entro i prossimi dieci giorni . Ogni giorno ci sono nuovi confronti, velocizzati dal fatto che molti dei temi vengono superati una volta che si è presa conoscenza del documento.
Vorremmo raggiungere, entro il 10 novembre, un allineamento di tutte le associazioni e, a quel punto, verificare se sia necessario trovare una soluzione diversa oppure se sarà possibile ripetere l'esperienza del 1993, quando tutte le associazioni firmarono il documento che divenne patrimonio di tutti.
Per noi questo punto è importante perché, da quanto sappiamo, l'intendimento del Governo sarebbe quello di assumere le iniziative relative alla defiscalizzazione e alla decontribuzione in presenza di un accordo tra le parti, il cui raggiungimento risulta pertanto necessario.

PRESIDENTE. Lascio la parola agli onorevoli che intendano porre quesiti e domande.

TERESA BELLANOVA. Il Governo ha detto che stanzierà le risorse; quindi per voi è necessario concludere velocemente l'accordo. Vorrei sapere, tuttavia, se riteniate che esso si debba fare con tutte le associazioni e con tutte le organizzazioni sindacali o se, per rientrare nella data del 10 novembre, mettete in conto anche un accordo che contempli una divisione tra le organizzazioni sindacali più rappresentative.

ALDO DI BIAGIO. Vorrei complimentarmi con il segretario confederale della CISL, Gianni Baratta, che ha formulato proposte interessanti. È mia opinione che sia necessario rivedere la politica dei redditi, perché ritengo che ci sia una forte sperequazione fra prezzi e salari.
Vorrei essere anche provocatorio, e pongo la mia domanda: quanto è importante, oggi, il ruolo del sindacato come elemento di stimolo per il sistema produttivo del nostro Paese?

GIANNI BARATTA, Segretario confederale della CISL. La seconda domanda è da un milione di euro.

ALDO DI BIAGIO. La volevo stimolare.

GIANNI BARATTA, Segretario confederale della CISL. Noi riteniamo di essere parte della società, e tentiamo di fare quello che possiamo nell'assoluta convinzione di dare un contributo di crescita al sistema sociale del Paese. Questo, ovviamente, non significa avere sempre la verità in tasca e, soprattutto, ricollegandomi alla prima domanda, non significa avere sempre ragione su tutto.
La prima domanda può avere questo tipo di risposta: la CISL, nella piattaforma che ha messo a punto insieme a CGIL e UIL, ha raggiunto un accordo sulla rappresentanza e sulla rappresentatività, di cui non ho parlato ma che è molto importante; forse non interessa direttamente le tasche dei lavoratori, ma è importante dal punto di vista del sistema poiché può semplificare i processi negoziali, così come è stato fatto nel pubblico impiego.
Stiamo studiando con le organizzazioni datoriali un sistema di rappresentanza, parallelamente all'accordo che dovremmo e potremmo fare, e al quale speriamo che aderiscano tutti.
Questo passa anche attraverso il contributo delle imprese che hanno dichiarato la propria disponibilità, tramite Confindustria, a rilevare gli iscritti e a trasferirli, attraverso un meccanismo che potrà essere fornito dall'INPS - se sarà possibile stabilire con esso una convenzione - oppure dai soggetti di quei settori che hanno una bilateralità molto diffusa e molto strutturata e sono in grado di assicurare questo tipo di servizio.
Si tratta di un ulteriore contributo reso a un sistema che deve essere chiaro, trasparente e soprattutto democratico.

PRESIDENTE. Ringrazio il segretario confederale della CISL per il contributo fornito e dichiaro conclusa l'audizione.
Sospendo brevemente la seduta.


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La seduta, sospesa alle 14,35, è ripresa alle 14,40.

Audizione di rappresentanti della UIL.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'assetto delle relazioni industriali e sulle prospettive di riforma della contrattazione collettiva, l'audizione di rappresentanti della UIL.
Do la parola alla responsabile dell'ufficio contrattazione della UIL, Simonetta Corsi.

SIMONETTA CORSI, Responsabile ufficio contrattazione della UIL. Abbiamo elaborato un documento in seguito alle linee guida ipotizzate in accordo con Confindustria. Partiamo dal presupposto - che poi era il presupposto originario di CGIL, CISL e UIL - che è comunque necessaria una riforma della contrattazione, proprio perché oggi il potere contrattuale dei rinnovi non copre più effettivamente le esigenze e le aspettative dei lavoratori, come abbiamo potuto verificare.
Abbiamo espresso un parere positivo sul percorso ipotizzato con Confindustria - che sta procedendo - perché secondo noi le linee importanti, soprattutto per quanto concerne le relazioni industriali e i rapporti, vanno verso una rimodulazione dell'impostazione contrattuale, responsabilizzando per certi versi i ruoli e le funzioni sia delle imprese che dei lavoratori.
Un punto fondamentale per noi è senza dubbio il doppio livello di contrattazione. In queste linee guida di riforma c'è un ampliamento e un potenziamento della contrattazione collettiva nazionale anche rispetto all'autonomia delle categorie, che per noi è fondamentale nel senso che ogni settore ha, evidentemente, delle specificità che devono essere comunque rispettate.
Il livello aziendale e territoriale, nell'intento generale, dovrebbe coprire effettivamente le possibili forme di contrattazione di secondo livello, in un panorama lavorativo completamente diversificato nelle varie categorie.
Le grandi aziende hanno un potere contrattuale, ma non dimentichiamo che in Italia vi è una prevalenza di piccole e medie imprese. Inoltre, ci sono addirittura dei settori come quello agricolo o quello, per certi versi considerato marginale, dello spettacolo, che hanno delle forme di lavoro spesso non strutturalmente organizzate per cui, di fatto, i lavoratori perdono il salario aggiuntivo derivante dalla contrattazione aziendale.
Noi chiediamo che, nel momento in cui l'ipotesi di rimodulazione contrattuale andasse in porto, ci sia da parte delle associazioni di categorie imprenditoriali - noi ovviamente non ci sottraiamo - una responsabilità di monitoraggio sui territori, perché è vero che si tratta di uno strumento molto importante e che la platea dei lavoratori che beneficiano di questo livello di contrattazione potrebbe addirittura aumentare, però è anche vero che sarà senza dubbio necessaria una verifica del modo in cui la contrattazione territoriale viene utilizzata.
Un altro importante punto è senza dubbio quello che riguarda la detassazione dei premi, dei superminimi e via dicendo. Anche in questo caso la UIL ha chiesto l'ampliamento della platea dei beneficiari, alzando l'attuale limite di reddito di 30 mila euro lordi annui a 35 mila, perché in questa fascia rientra una buona media dei lavoratori e la detassazione è uno strumento importante per creare una sorta di «salario aggiuntivo».
Noi continuiamo a sostenere che il Governo dovrebbe favorire la detassazione delle tredicesime, sebbene ci siano state avvisaglie del fatto che non vi è un forte convincimento nel perseguire questa strada; si tratterebbe comunque di un segnale immediato per il mondo del lavoro ma anche per i pensionati perché, pur nella consapevolezza che ci troviamo in una situazione economica critica, se è vero che deve essere rimesso in circolo denaro, è anche vero che un input iniziale al mondo del lavoro e alla stessa economia deve essere dato.
Questi sono i punti fondamentali che hanno fatto assumere alla UIL un atteggiamento


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positivo rispetto alle proposte di Confindustria; siamo consapevoli che una situazione di stallo in questo momento certamente non aiuterebbe né il mercato né il mondo del lavoro.

PRESIDENTE. Do la parola ai deputati che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

MASSIMILIANO FEDRIGA. Vorrei riflettere sull'ultimo passaggio relativo alla detassazione delle tredicesime. Correggetemi se sbaglio, ma credo che, su una platea di 20 milioni di lavoratori, un investimento di 6 miliardi di euro - non è poco - significa che, in un anno, un lavoratore guadagnerebbe 30 euro in più.
Io credo che misure di questo tipo, costosissime per la finanza pubblica e che influiscono pochissimo se non quasi niente sul bilancio delle famiglie, siano viste dai lavoratori come una misura propagandistica.
A mio avviso, bisognerebbe trovare con i sindacati delle soluzioni alternative che possano incidere realmente sul potere d'acquisto e sulla qualità della vita delle famiglie e dei lavoratori. Ad esempio, si potrebbe incidere su costi come quello per la benzina - faccio un esempio banale - il quale incide realmente in modo notevole sulle spese che ogni famiglia è costretta a sostenere nell'arco del mese e dell'anno lavorativo.

CESARE DAMIANO. L'onorevole Fedriga ha parlato di 20 milioni di lavoratori e di 6 miliardi di euro. Io sono debole in matematica, però non sono 30 euro all'anno, ma 300.
Credo che questo di per sé possa far cambiare la valutazione all'onorevole Fedriga, anche perché, considerando che probabilmente il sindacato vuole distribuire la somma non a 20 milioni di lavoratori ma a una platea notevolmente più ridotta, riconducibile a una fascia di fruitori che arriva fino ai 30-35 mila euro di reddito lordo annuo, il risultato sale ben al di sopra di 300 euro pro capite.
Se consideriamo 20 milioni di percettori, sono più di 300 euro pro capite all'anno, ma se grosso modo dimezziamo i percettori rispetto alla proposta sindacale la cifra sale a 600 euro.
Pertanto, involontariamente l'onorevole Fedriga ha apprezzato la bontà della proposta del Partito Democratico per quanto riguarda la detassazione della tredicesima.

MASSIMILIANO FEDRIGA. Ha ragione, sono 300 euro.
Capisco che il mio errore di calcolo potrebbe essere strumentale, però intendevo dire che bisogna incidere su cose concrete.

GIULIANO CAZZOLA. Anch'io mi sono cimentato a fare dei conti. Sono partito, però, dal costo che può avere la tredicesima: si tratta di una mensilità che, se ragioniamo solo sul mondo del lavoro privato - erano i conti che faceva l'onorevole Damiano quando era Ministro - costa circa 18 miliardi di euro l'anno. Se includiamo anche la buonuscita e il pubblico impiego, probabilmente arriviamo intorno ai 20-22 miliardi complessivamente.

CESARE DAMIANO. Per fare cosa?

GIULIANO CAZZOLA. È l'imponibile su cui applicare il taglio delle tasse. L'erogazione della tredicesima costa grosso modo 20 miliardi, forse di più. Se calcoliamo un'aliquota del 30 per cento, a fronte di 300 euro pro capite, arriviamo a 6 miliardi di euro, che comunque rappresentano una operazione impegnativa.

CESARE DAMIANO. Infatti l'onorevole Fedriga si riferiva alla proposta del Partito Democratico di 6 miliardi, e alla proposta analoga della UIL relativa alle tredicesime.

GIULIANO CAZZOLA. Confermo che i conti sono giusti.

CESARE DAMIANO. Sì, ma 30 euro e 300 euro non sono la stessa cosa.


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GIULIANO CAZZOLA. Confermo solo che i conti dell'onorevole Damiano sono giusti; il problema è che l'operazione costa 6 miliardi.

PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

MARIA CHIARA DE CAMILLIS, Responsabile ufficio contrattazione della UIL. Riteniamo che il segnale della detassazione della tredicesima debba essere dato, perché è un segnale forte.
Il provvedimento, sicuramente positivo, delle agevolazioni fiscali sugli straordinari e i premi di produzione sta incidendo molto poco sui lavoratori perché la platea è troppo stretta, oltre al fatto che il settore pubblico è completamente escluso, mentre noi vorremmo che venisse incluso. La soglia dei 30 mila euro di reddito sta dimostrando che una buona parte dei lavoratori rimane esclusa.
Non so se siate a conoscenza delle ultime circolari emesse dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali e dall'Agenzia delle entrate, che danno spiegazioni molto precise su come va applicata la normativa del 10 per cento del prelievo fiscale; si è data un'interpretazione in base alla quale si cerca di applicare questa agevolazione non soltanto a straordinari o a premi di risultato, ma a tutte le forme di prestazione lavorativa, anche flessibili, (mi riferisco al lavoro a turno, al lavoro notturno, ai sabati non lavorativi, ai giorni di riposo).
Tutte queste forme di prestazione professionale flessibili vengono individuate come modalità che producono efficienza organizzativa nelle aziende e possono contribuire alla crescita della produttività aziendale.
È un aspetto da valutare, perché porta ad incentivare forme estreme di flessibilità di prestazione con il relativo discorso in merito ai giorni di riposo. Anche su questo il momento è molto delicato: come sapete, è in corso una discussione a livello europeo sulla direttiva degli orari, e questa modalità e questa impostazione ci preoccupano abbastanza, soprattutto perché da una simile impostazione deriverebbe la concezione che la crescita della produttività si ottiene attraverso un aumento della flessibilità di prestazione sulla quale, ovviamente, noi non siamo d'accordo.
Non a caso, nelle linee di riforma del modello della contrattazione, pensiamo che la crescita retributiva attraverso la contrattazione di secondo livello debba passare attraverso una partecipazione più incentrata sugli aspetti organizzativi e professionali della valorizzazione delle risorse umane. Pertanto, vogliamo verificare questa impostazione.
Nonostante si cerchi di allargare al massimo la platea che può beneficiare dell'agevolazione fiscale, il numero dei lavoratori che poi effettivamente ne beneficiano rimane basso. Per questo motivo, pensiamo che la detassazione e la decontribuzione su questa parte variabile di retribuzione vadano benissimo, però riteniamo che siano necessarie ulteriori forme di sostegno, tra cui la nostra proposta di detassazione della tredicesima mensilità.

PRESIDENTE. Vi ringrazio per la vostra disponibilità e per la documentazione messa a disposizione della Commissione. Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15.

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