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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione XI
28.
Mercoledì 1° aprile 2009
INDICE

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'ASSETTO DELLE RELAZIONI INDUSTRIALI E SULLE PROSPETTIVE DI RIFORMA DELLA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA

Seguito dell'esame del documento conclusivo:

Saglia Stefano, Presidente ... 2 6 11 12
Cazzola Giuliano (PdL) ... 2 7 8 9 10 11
Damiano Cesare (PD) ... 2 5 6 7 8 9 10 11 12
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.

COMMISSIONE XI
LAVORO PUBBLICO E PRIVATO

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 1° aprile 2009


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE STEFANO SAGLIA

La seduta comincia alle 14,30.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Seguito dell'esame del documento conclusivo.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'assetto delle relazioni industriali e sulle prospettive di riforma della contrattazione collettiva, il seguito dell'esame del documento conclusivo.
Ricordo che nella seduta di ieri si è convenuto di rinviare il seguito dell'esame per consentire gli opportuni approfondimenti istruttori. Invito, pertanto, i rappresentanti dei gruppi a formulare eventuali osservazioni e valutazioni in merito alla nuova versione della proposta di documento conclusivo dell'indagine in titolo.

GIULIANO CAZZOLA. Signor presidente, attraverso chi vi parla il mio gruppo ha presentato, in via informale, alcune osservazioni e proposte di riformulazione del testo. Se lo ritenete opportuno, potrei anche illustrarle.
Si tratta di osservazioni che tendono a chiarire alcuni aspetti e che - almeno nelle intenzioni di chi le propone - si muovono lungo una linea che sollecita una convergenza il più possibile ampia all'interno della Commissione, in quanto si ritiene che questa convergenza sia un dato positivo.

CESARE DAMIANO. Si può procedere come è più utile. Voglio solo far presente che noi deputati del gruppo del Partito democratico abbiamo esaminato sia il testo del presidente sia le proposte di modifica che ci sono state rappresentate in via informale; quindi siamo in grado di esprimere delle valutazioni su ogni punto.

GIULIANO CAZZOLA. Innanzitutto, vanno menzionate alcune proposte di modifica che rispondono a regole «di buon vicinato». Per esempio, si propone di modificare quella parte del testo in cui si fa cenno alla mancata firma di alcune organizzazioni, considerato che oggi, alla luce di alcuni fatti sopravvenuti, ad eccezione della CGIL, tutte le organizzazioni hanno firmato l'intesa, compresa l'ABI.
Inoltre, si propone di sostituire l'espressione «le più importanti organizzazioni sociali» con le parole «con talune parti sociali individuate per il loro particolare ruolo», dal momento che non sarebbe stato molto gentile nei confronti dei soggetti che erano stati invitati utilizzare la formulazione originaria.
Propongo di espungere dal testo alcune espressioni quasi giornalistiche, come quella che attribuisce al Ministro Sacconi un atteggiamento «più critico» o quella che fa riferimento alla filosofia e alla prassi della CISL.
Non sembra opportuno, altresì, attribuire alle organizzazioni sindacali l'esclusiva responsabilità di aver disatteso le regole sull'adeguamento dei salari.
Si intende inoltre apportare una correzione relativa alla data a cui risalgono le Linee guida di Confindustria, trattandosi del 10 ottobre e non del 12 luglio.
Si propone quindi una modifica volta a meglio precisare la provenienza di alcune valutazioni negative sul protocollo del 1993, da ricondurre più puntualmente alle considerazioni espresse dai rappresentanti


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del partito di Rifondazione Comunista in sede di audizione.
Si tratta di aggiustamenti che non alterano la sostanza del testo, ma rendono il più possibile oggettivi i concetti riportati, come nel caso in cui si aggiunge l'espressione «a cui sono state ispirate», prima delle parole «le recenti misure legislative».
Oltre ad altre correzioni formali, si propone poi di inserire un riferimento al contributo del professor Carinci, per questioni di eleganza. La questione, in realtà, riguarda anche gli altri professori, le cui opinioni nel testo hanno ricevuto poco spazio. Addirittura, il professor Carinci era stato del tutto ignorato, così come Walter Cerfeda, il cui nome, per questa ragione, andrebbe prontamente inserito.
Proseguendo nell'esame del testo del documento conclusivo, dopo aver segnalato la necessità di apportare alcune altre modifiche formali, mi soffermerei sull'opportunità di richiamare il progetto di legge Gasperoni, che ha costituito oggetto di dibattito nel corso delle audizioni e che invece nella formulazione originaria del testo non viene menzionato.
Riterrei poi - dal momento che occorre prestare attenzione solo al merito delle questioni e non a valutazioni personali - che si dovrebbe eliminare il riferimento ad una valutazione sulla CGIL espressa da Galassi, presidente della CONFAPI, secondo il quale la mancata firma dell'accordo da parte della CGIL sarebbe dettata «da motivi politici». Lo stesso dicasi per la valutazione di Alberto Bombassei, secondo il quale non vi era la volontà politica, da parte della CGIL, «di concludere l'accordo».
Oltre ad una successiva correzione formale, desidero menzionare una proposta di modifica volta a precisare che certe valutazioni sono attribuibili al segretario Epifani.
Nel capitolo relativo alle conclusioni e alle proposte si ritiene opportuno inserire una citazione da un articolo del professor Tiraboschi, che, ad avviso di chi vi parla, potrebbe aiutare ad aprire una prospettiva in ordine al recupero di un rapporto unitario. Tuttavia, al di là di questa citazione, che può esserci o meno, sottolineo l'importanza del periodo successivo - a cui la predetta citazione si ricollega - che si propone di introdurre nel testo (ne do lettura): «In sostanza non è detto né auspicabile che l'accordo del 22 gennaio costituisca l'atto fondativo di un nuovo modello di relazioni industriali non condiviso da tutti i principali attori protagonisti». Si tratta di un giudizio della Commissione a cui chi vi parla tiene in particolar modo, anche perché mi pare che colga il senso e lo spirito del lavoro svolto in questa sede. Inoltre, a seguire, si propone di inserire nel testo le seguenti parole: «Tutti i soggetti auditi nella seconda parte dell'indagine hanno posto l'accento sul proseguimento del processo negoziale - tramite gli accordi territoriali, prima, i contratti collettivi poi - da portare avanti senza esclusioni pregiudiziali, essendo il documento del 22 gennaio un accordo di principi da tradurre in intese negoziali». Si tratta di proposta fatta ad adiuvandum, improntata a quello spirito di buoni rapporti portato avanti dalla Commissione.
Riassumendo, viene riportata una citazione di Tiraboschi, che rinvia ai primi anni di sperimentazione la valutazione sull'efficacia dell'intesa, mentre il periodo successivo, dalle parole «In sostanza» a «negoziali», rappresenta una valutazione che io suggerisco alla Commissione di introdurre nel testo. Infatti, in questo modo, si rafforza la propensione della Commissione stessa a ritenere che non tutto sia perduto, che non si sia introdotto un modello da «anatra zoppa» - come ho avuto modo di dire altre volte - definito in via permanente, e che sia possibile recuperare un rapporto più condiviso di quello attuale.
Nel paragrafo relativo al raffronto tra modelli, si propone di inserire le parole «tasso di inflazione previsto» al posto delle parole «tasso di inflazione atteso».
Ritengo che sia opportuno, a questo punto, leggere i capoversi successivi, che si propone di riformulare nel seguente modo: «Tale circostanza, che ha trovato


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traduzione nell'Accordo del 22 gennaio 2009 con il nuovo indice previsionale costruito sulla base dell'IPCA (l'indice dei prezzi al consumo armonizzato in ambito europeo per l'Italia), depurato della dinamica dei prezzi dei beni energetici importati, (di cui vi era un esplicito riferimento anche nel Protocollo del 1993), la cui previsione sarà affidata a un soggetto terzo, rappresenta uno dei principali punti di novità rispetto al passato: sotto questo profilo, peraltro, occorrerà tenere conto della possibilità della creazione di una diversa dinamica fra una politica economica generale di iniziativa del Governo (basata, in primo luogo, sui dati macroeconomici contenuti nel DPEF), che resterà ancorata ad un tasso di inflazione programmata, e una contrattazione collettiva pubblica e privata, che sarà condotta all'insegna di un tasso di inflazione «prevista», con una relativa autonomia reciproca. In tal senso, taluni dei soggetti intervenuti nel secondo ciclo di audizioni hanno avanzato il dubbio che, alla fine, il nuovo indice dei prezzi risulti meno flessibile e crei maggiori problemi di quelli derivanti dall'applicazione del protocollo del 1993, quando, al momento della verifica biennale, era previsto un aggiustamento delle tabelle retributive che tenesse conto, se del caso, dell'andamento dell'inflazione reale. Una valutazione, questa, che va tuttavia commisurata ad un preciso dato di fatto: la revisione degli indicatori da prendere a riferimento per le dinamiche retributive costituiva il cuore di un confronto aperto da anni, essendo comune la richiesta di tutte le organizzazioni sindacali - richiesta poi accolta in via di principio dalla Confindustria nel documento del 12 settembre 2008 - di superare il meccanismo dell'inflazione programmata contenuto nel Protocollo del 1993, che pure aveva garantito, non senza problemi, una certa stabilità delle relazioni industriali. Va altresì ricordato, a questo proposito, che anche nell'Accordo quadro di gennaio è previsto un momento, «nel corso della vigenza del contratto», in cui le parti saranno chiamate a verificare gli eventuali scostamenti fra inflazione «prevista» ed inflazione «reale», allo scopo di erogare le eventuali differenze.
Si propone poi di espungere dal testo il periodo successivo (fino alla parola «disincentivata»), che a me è sembrato ultroneo, non importante e suscettibile di complicare i ragionamenti. La parte inserita ex novo, invece, dovrebbe equilibrare il giudizio sull'IPCA.
Nel capoverso successivo andrebbero aggiunte le parole «in passato» e dovrebbe parlarsi più opportunamente di «tasso di inflazione prevista».
Si propone poi di riformulare il testo nel modo seguente: «Da alcuni (in particolare, dal segretario generale della CGIL) è stato osservato che il nuovo impianto pecca di eccessiva centralizzazione e burocratizzazione, soprattutto laddove individua un'unica base di calcolo ai fini dell'applicazione dell'indicatore e un unico valore-punto, sottraendo alle categorie quelle scelte che storicamente hanno trovato forma nella contrattazione collettiva nazionale e ad esse appartengono. Tale considerazione non viene condivisa da quanti ritengono che vi fosse l'esigenza di superare la precedente situazione in cui la base di calcolo degli incrementi retributivi era, nei fatti, concordata volta per volta sulla base di criteri non oggettivi. Al riguardo, una lettura puntuale dell'accordo mette in evidenza che non è previsto un unico valore-punto, la cui definizione resta affidata alle scelte dei contratti nazionali di lavoro, sulla base delle voci retributive che i successivi accordi interconfederali stabiliranno». Questo è un tentativo di interpretare l'accordo quadro, dopo aver chiarito le posizioni espresse su questo argomento da ambedue le parti in causa.
Si propone, a seguire, la seguente riformulazione: «Non v'è dubbio che un sistema che opera sulla base di meccanismi unitari rappresenti un vantaggio in termini applicativi e di contenimento del conflitto; parimenti, tuttavia, non vanno trascurate le esigenze di flessibilità - esigenze riconosciute da tutte le parti sociali e quindi recuperabili nel prosieguo del negoziato - proprie di un sistema produttivo


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fortemente differenziato ed articolato al suo interno (...)». Si propone di eliminare, poi, il periodo che riguarda le «possibili difficoltà applicative», anche perché ripetitivo rispetto a quello che era stato detto in precedenza.
Nella frase successiva, si propone di indicare come valutazione «da rimettere alle parti» l'individuazione dell'organismo che sarà chiamato a fornire i dati ufficiali.
Si propone successivamente la seguente riformulazione del testo: «Passando, poi, al secondo elemento di discontinuità rispetto al passato, si osserva che esso è costituito dal fatto che il processo di omogeneizzazione tra lavoro pubblico e lavoro privato, inaugurato dalla legge n. 422 del 1992 e sancito nel Protocollo del 1993, sembra ora avere trovato una definitiva consacrazione nell'Accordo del 22 gennaio. In questo ambito, anche per le dinamiche che caratterizzano l'attuazione dei princìpi posti in materia di lavoro pubblico dall'Accordo medesimo, risulta quanto mai opportuno evitare che l'attenzione sia limitata al solo settore privato, lavorando quindi - anche nella fase attuativa - affinché sia possibile dare piena applicazione al processo di omogeneizzazione delle regole contrattuali fra settore privato e pubblico privatizzato, prefigurato dall'Accordo quadro».
Per quanto riguarda la delicata questione delle deroghe, si fa riferimento alle norme previste e non c'è alcuna difficoltà a fare riferimento all'esperienza che si è concretizzata in proposito. Qui si propone di riformulare il testo, aggiungendo le seguenti parole: «(...) tanto che si parla di «derogabilità presidiata» dalle parti sociali stipulanti». Si tratta di un'espressione utilizzata nel dibattito. Non c'è, altresì, alcuna difficoltà a fare riferimento esplicito all'esperienza dei chimici, per come questa si è realizzata nel nostro Paese.
Successivamente, si propone di inserire nel testo una precisazione tecnica (ripresa dalle linee guida del 10 ottobre 2008), laddove si prevede un elemento retributivo, definito a livello nazionale, da liquidare «a favore dei lavoratori dipendenti da aziende prive di contrattazione di secondo livello e che non percepiscono altri trattamenti economici individuali o collettivi oltre a quanto spettante per il CCNL».
Si propone poi una piccola variante - «a non facilitare l'estensione» - al posto dell'espressione tranchant originaria.
Si ritiene quindi di introdurre nel testo un apprezzamento del protocollo sul welfare del 2007, per la parte «riguardante l'innalzamento dal 3 per cento al 5 per cento della quota del premio soggetto a sgravio contributivo e al conseguente regime di contribuzione figurativa applicato alle somme esonerate dal prelievo».
Si suggerisce poi un'ulteriore correzione, laddove si scrive che l'accordo del 22 gennaio «tende a confermare un equilibrio tra contratto collettivo nazionale e contrattazione decentrata e la previsione di una precisa linea di confine da tracciare tra l'uno e l'altra, anche se si propone di valorizzare la contrattazione decentrata».
Infine, si potrebbero aggiungere le parole «sperimentazione di forme contrattuali», per fare riferimento ad altre forme di contrattazione a livello territoriale e distrettuale.
Mi sembra di non avere nient'altro da aggiungere, signor presidente.

CESARE DAMIANO. Come precisato la volta scorsa, abbiamo molto apprezzato il lavoro che la Commissione ha svolto per impulso del suo presidente, il quale ha avuto la sensibilità di prevedere, con il nostro consenso, una nuova sessione di audizioni, anche alla luce dell'accordo separato.
Come ho detto, quindi, riteniamo che il testo del presidente sia un' utile base di discussione. Miriamo alla convergenza, ma, come sempre, essendo persone concrete e realiste, riteniamo che la convergenza debba riguardare un testo scritto.
Naturalmente, visto il lavoro prezioso che non andrebbe disperso in ogni caso, per favorire una scrittura del testo, suggeriamo di istituire in modo informale un gruppo relativamente più ristretto che si occupi della stessa.
I tempi non devono essere lunghi. Una settimana sarebbe utile, se si vuole raggiungere


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qualche obiettivo. Chiaramente, per una puntuale messa a punto del testo, occorre che vi sia la possibilità di esprimere alcune osservazioni. Tuttavia, desidero chiedere al presidente come intendiamo procedere, dal momento che mi sembra che abbiamo poco tempo a disposizione.

PRESIDENTE. Vi invito ad illustrare brevemente le vostre posizioni, al fine di redigere successivamente un documento informale contenente le modifiche proposte da entrambi gli schieramenti.

CESARE DAMIANO. Per quanto riguarda le osservazioni dell'onorevole Cazzola, diciamo, per semplificare, che sulla prima parte non abbiamo osservazioni particolari da presentare.
Mi riservo, in caso, di fare qualche puntualizzazione, ma in sostanza mi pare che sia il testo di base, sia i suggerimenti dell'onorevole Cazzola siano positivi e accettabili.
Quanto alla citazione del professor Carinci e di Cerfeda, non posso che associarmi in modo entusiastico. La citazione di Gasperoni, poi, va al di là di ogni ragionevole entusiasmo, così come la cancellazione apprezzabile di un'opinione non utile per la ricerca di un filo comune.
Del resto, ciò che auspichiamo è che si riprenda un filo comune, al di là delle opinioni che ciascuno vuole salvaguardare.
Venendo alla seconda parte, proporrei di espungere la citazione di Michele Tiraboschi, cui ha fatto riferimento il collega Cazzola. Non ho nessun pregiudizio nei confronti del professor Tiraboschi - che, anzi, in recenti incontri pubblici ha avuto modo, con me, persino di elogiare l'opera del passato Governo e del Ministro del lavoro -, però ritengo che la seconda parte del periodo chiarisca bene il senso di quanto dobbiamo dire e che sia condivisibile. Questo è un suggerimento che mi permetto di dare.
Trovo corretto inserire nel testo il termine «previsto» e le parole «di cui vi era un esplicito riferimento anche nel Protocollo del 1993». Ritengo che la parola «esplicito» sia di troppo, ma va bene lo stesso.
Invece, per quanto riguarda la parte successiva relativa all'IPCA, capisco lo sforzo di interpretazione dell'onorevole Cazzola, però in questo sforzo di chiarimento potrei quasi ravvisare non dico un rovesciamento del testo precedente, ma un cambiamento di senso.
Quindi, con riferimento alla parte che va dalle parole «Tale circostanza» fino alle parole «In questo senso», proponiamo di tornare al testo proposto dal presidente.
Riteniamo poi ridondante il periodo che parte dalle parole «Tale considerazione» fino alle parole «non oggettivi».
Viceversa, consideriamo importante - quindi proporremo la cancellazione - la precisazione che l'onorevole Cazzola ha fatto circa il valore punto, che è un elemento di grande contenzioso. Chiarirlo, dunque, sarebbe un fatto di utilità.
Allo stesso modo, stando ai miei appunti, condivido l'opportunità di inserire le parole «(...) esigenze riconosciute da tutte le parti sociali (...)» e, a seguire, l'espressione «da rimettere alle parti»; mentre, per quanto riguarda il periodo che inizia con le parole «Passando, poi, al secondo elemento di discontinuità (...)», esprimiamo dissenso sulla stesura dell'onorevole Cazzola (probabilmente, si tratterà di esprimere un dissenso anche sul testo di base, ma lo valuteremo quando analizzeremo le proposte di modifica a quel testo).
In questa ipotesi di stesura si afferma che il processo di omogeneizzazione del modello privato-pubblico trova una definitiva consacrazione nell'accordo del 22 gennaio, mentre noi riteniamo il contrario. Vale a dire che l'accordo del 22 gennaio - nel momento in cui per il pubblico si prevede che il recupero dello scostamento avviene nel triennio successivo - non avvicina, ma allontana i due modelli.
In questo caso, quindi, vi è proprio un'opinione diversa rispetto alla formulazione. Successivamente, quando esamineremo il testo proposto dal presidente, valuteremo se sarà possibile giungere ad una convergenza.


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Sulle clausole d'uscita, il suggerimento che dava adesso l'onorevole Cazzola di rifarsi all'esperienza dei chimici ci pare intelligente e sarebbe da noi apprezzato.

GIULIANO CAZZOLA. A tale riguardo, propongo di inserire la seguente riformulazione: «Come definito nell'esperienza contrattuale italiana dalla contrattazione dei chimici».

CESARE DAMIANO. Non c'è alcun problema ad inserire le parole «che fosse stato introdotto», mentre non siamo d'accordo su quella parte del testo in cui si prevede la seguente formulazione: «a favore dei lavoratori dipendenti da aziende prive di contrattazione di secondo livello e che non percepiscono altri trattamenti economici individuali (...)». Su questo punto preferiremmo tornare al testo originale.
Non siamo d'accordo, perché, come il presidente e il deputato Cazzola sanno, abbiamo avanzato una critica nei confronti del Governo circa la detassazione degli aumenti di produttività, quand'essa riguarda il salario erogato unilateralmente o in modo liberale dalle imprese.
Quindi le parole «che non percepiscono altri trattamenti» farebbero intendere che - non lo escludo, ma non lo scriverei - l'elemento retributivo che si dà a coloro che non negoziano a livello decentrato viene erogato soltanto se questi lavoratori sono privi di emolumenti anche di carattere individuale o unilaterale.
Lascerei questo aspetto alla interpretazione delle parti. Non lo specificherei e lo lascerei - come direbbe un sindacalista, come siamo io e Cazzola - nell'ambiguità, che fa sempre parte dei negoziati contrattuali.
Sono d'accordo, poi, ad introdurre le parole «a non facilitare l'estensione» e ad introdurre il periodo che fa riferimento all'importanza di quanto stabilito nel Protocollo sul welfare.
Mi permetto di rilevare quella parte del testo, probabilmente riguardante il testo del presidente, nella quale si afferma che lo stesso accordo del 22 gennaio casserebbe opportunamente la clausola di congelamento della prassi esistente. Purtroppo, affermo che non è così e suggerisco di svolgere degli approfondimenti al riguardo, presidente.
Ritengo che, purtroppo, l'accordo del 22 gennaio lasci in vita la clausola della prassi esistente. A me sarebbe piaciuto che, come qui è scritto, quella clausola fosse cancellata, ma riteniamo che così non sia. Quindi, in questo punto riscontriamo proprio un errore di testo. Diamo un'interpretazione su un testo che non c'è, tanto è vero che mi pare che Confindustria, scrivendo alle parti per l'attuazione a livello di settore dell'accordo medesimo, si richiami alla clausola della prassi esistente.
In sostanza, l'accordo del 22 ignora quella clausola, essendo un testo semplificato, ma la clausola è riproposta. Quindi, su questa parte sarebbe bene ripristinare il testo precedente, eventualmente modificandolo.
Adesso, mi soffermerò sul testo del presidente e sulle nostre proposte di modifica. Della prima parte ho già parlato, dunque, non mi ripeto; a primo volo d'uccello, dunque, evidenzio le parti che per noi non vanno bene.
Con riferimento alle conclusioni e alle proposte, non condividiamo quella parte del testo che va dalle parole: «Si tratta» fino alle parole «contrattazione collettiva». Infatti, se da una parte si richiama giustamente il principio dell'autonomia sindacale, anche quando si parla di materie così delicate come la definizione delle regole sul diritto di sciopero, poi si allude al fatto che possa esserci un intervento ex lege - nel caso in cui la materia non sia risolvibile soltanto in sede sindacale - invasivo delle prerogative sindacali.
Poiché questo per noi è un punto politico molto delicato, chiediamo di espungere questa parte del testo o di riformularla.
Riscontro poi dei problemi di scrittura, laddove si afferma l'intenzione di esporre le osservazioni e le proposte in modo organico, ovviamente tenendo presente quanto delineato dall'accordo sulla riforma


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degli assetti contrattuali. Per carità, non neghiamo che questo accordo esiste, ma vorremmo che anche nelle formulazioni si mantenesse un certo equilibrio, al fine di dare spazio anche al cosiddetto «dissenso».
Venendo al paragrafo 4.1, sul raffronto tra modelli, conosco l'argomento dell'onorevole Cazzola e del presidente a proposito della relazione del professor Giugni del 1997. Mi riferisco alla parte del testo in cui si parla della «produzione di un'importante relazione finale».
Mi ritengo - come molti di voi - allievo del professor Giugni, quindi nulla quaestio; però mi permetto di fare un'osservazione di filosofia. Non so se l'onorevole Cazzola concorderà.
Il punto di riferimento più significativo di quella relazione - la relazione è complessa ed apprezzabile - era il principio della derogabilità degli accordi e dei contratti (la clausola d'uscita).

GIULIANO CAZZOLA. Era solo un capitolino!

CESARE DAMIANO. Tuttavia, è un capitolino che qualifica il senso di quella relazione.
Dato che l'onorevole Cazzola ha testé riconosciuto una riformulazione più soft del testo, che faccia riferimento all'esperienza dei chimici, essendo questo un punto per noi estremamente delicato, eviterei di citare o di enfatizzare la relazione di Giugni del 1997, considerato anche il fatto che nel 1998, nell'accordo di Natale, c'è stato di fatto un superamento di quella relazione.
Per carità, so bene che l'accordo del 1998 non ha innovato rispetto a quello del 1993 e che forse questo è stato un limite della successiva azione sindacale, però è inutile citare la relazione del 1997 a proposito delle clausole d'uscita, che possono alludere ad una sorta di disponibilità politico-filosofica su questo argomento, dal momento che poi l'accordo del 1998 non ha innovato su questo punto e che abbiamo già trattato la materia in altre parti.
Quindi, chiederei di riformulare oppure di eliminare quella parte del testo.

GIULIANO CAZZOLA. Onorevole Damiano, potremmo eliminare le parole «a pochi anni di distanza» e le parole «che ha visto nel 1997 la produzione di una importante relazione finale». Credo si tratti di un dato storico.

CESARE DAMIANO. Si può riformulare il testo nel senso di considerare anche il contributo della Commissione Giugni.
Sempre nel paragrafo 4.1, proporrei di espungere quella parte del testo che fa riferimento alla relazione di valutazione del Protocollo del 1993, prodotta dalla cosiddetta «Commissione Giugni» alla fine del 1997.
Poi, nella frase successiva si fa riferimento all'esigenza di tornare a richiedere alle parti sociali di valutare la revisione degli assetti, si parla di «verificare i margini per una riduzione contrattata degli orari» e di «spostare il centro» delle relazioni sindacali dei contratti verso territori e aziende, secondo un principio che potrebbe definirsi di «sussidiarietà sociale».
Più avanti si legge: «Ugualmente, al fine di conseguire i risultati per cui esse sono state previste in termini di creazione e/o difesa dell'occupazione, appare di grande interesse la previsione nell'accordo del 22 gennaio delle cosiddette «clausole di uscita» (...)». Su questo punto, occorre riflettere con spirito di collaborazione, al fine di giungere ad una convergenza.
È evidente che un testo comune deve contenere un equilibrio, ed è evidente che ciascuno tende a far valere le proprie ragioni.
In via di principio, non sono contrario che si arrivi, come fa l'accordo del 22 gennaio, ad una sorta di spostamento dell'equilibrio «verso» una certa direzione. Tuttavia, l'espressione «spostare il centro» è troppo forte. C'è il contratto nazionale e c'è la contrattazione decentrata: bisogna trovare un equilibrio fra le due parti.
Inoltre è troppo forte l'enfasi che si attribuisce alle cosiddette clausole d'uscita, un po' contraddittoria con il tentativo precedente di non negare la possibilità di


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un utilizzo delle clausole d'uscita, laddove si possa avere a riferimento un modello, come quello chimico, che richiede l'unanimità dei consensi dei contraenti dell'accordo. Diciamo che si può giungere ad una condivisione sul testo, purché lo si riformuli in tal senso.
Poi, laddove si parla di consolidare le misure sugli ammortizzatori sociali, relativamente alla «possibilità di forme di sostegno al reddito anche per i lavoratori atipici», si fa un riferimento all'azione di governo, che chiaramente non possiamo condividere.
Potrei dire che dal 10 siete passati al 20 per cento, che noi chiediamo il 60 per cento e che il 20 per cento sono 150 euro di protezione sociale al mese per disoccupazione.
Per buonsenso, dunque, sarebbe bene che noi non dicessimo che l'opposizione fa bene e che voi non diceste che il Governo fa bene.
Questo vale anche per la parte relativa agli 8 miliardi destinati agli ammortizzatori sociali, che per voi ci sono e che per noi sono fantasma. Si tratta, infatti, di risorse tolte al FAS e al Fondo sociale europeo.
Non possiamo condividere, ovviamente, un documento che enfatizza un fatto che contestiamo in altra sede.

GIULIANO CAZZOLA. Pertanto, propone di espungere dal testo il periodo che va dalle parole «Al contempo» alle parole «consolidati e generalizzati»?

CESARE DAMIANO. Laddove si fa riferimento agli 8 miliardi di euro.
Quello è il punto caldo; poi valuteremo come riformulare precisamente il testo.

GIULIANO CAZZOLA. È predicatorio tutto.

CESARE DAMIANO. Se è predicatorio, togliamolo.
Nel predicatorio, a noi non spiace - lo dico - il riferimento ai contratti di solidarietà. Per noi le richieste sono due: raddoppio della cassa ordinaria da dodici a ventiquattro mesi ed estensione massima dei contratti di solidarietà. Per noi, infatti, il mantenimento del rapporto di lavoro è la questione fondamentale in questa fase di crisi e di recessione.
Non ci spiace questo riferimento ai contratti di solidarietà, ci piacerebbe anche integrarlo con un principio di intervento di risorse pubbliche, ad integrazione salariale dei contratti di solidarietà.
Come sapete, infatti, la riduzione della retribuzione che deriva dalla redistribuzione dell'orario potrebbe essere inferiore, in presenza di maggiori risorse. Quindi, o si toglie tutto, oppure, in caso contrario, il riferimento sulla solidarietà si può tenere.
Al paragrafo 4.2 c'è un riferimento sbagliato, dal momento che, invece dell'articolo 36 della Costituzione, si parla erroneamente di articolo 36 dello Statuto dei lavoratori.
Ciò detto, non sono d'accordo col fatto che si parli di salario minimo. Per carità, non discuto il fatto che ci siano persone a favore di questa tesi del tutto legittima, tuttavia, se vogliamo perseguire un equilibrio fra contratto nazionale e contrattazione decentrata, occorre constatare che il contratto nazionale sarebbe ridotto a poca cosa se fosse sottoposto alle pressioni che mi appresto a descrivere.
La prima pressione è quella dello spostamento del baricentro verso la contrattazione decentrata e il dimagrimento del contratto nazionale; la seconda pressione è esercitata dall'enfasi sulle clausole di uscita; la terza pressione è esercitata dalla costituzione del salario minimo che, nel caso in cui fosse introdotto, come in altri Paesi europei, sminuirebbe di fatto lo stesso significato di negoziato nel contratto nazionale di lavoro.
La somma di questi tre elementi, senza dirlo, prefigura un modello contrattuale nel quale il contratto nazionale di lavoro diventa in effetti non residuale, ma molto residuale.
Pertanto, chiederei di eliminare la parte di testo compresa tra le parole «Allo stato» e le parole «flessibilità applicativa».


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Vorremmo poi un chiarimento sulla parola «sindacalizzata», contenuta nel punto b), previsto al paragrafo 4.2. Perché si parla di «forza lavoro sindacalizzata»?
Del resto, in presenza della stipula dei contratti - penso ai contratti dei metalmeccanici che sono stati unitari finché ho partecipato alle trattative; poi, purtroppo, non appena sono andato via, sono diventati separati per una stagione - salvo i contratti separati nel pubblico impiego di recente introduzione, gli aumenti e le normative non sono applicati soltanto ai lavoratori iscritti ai sindacati firmatari, ma a tutti i lavoratori.
C'è una sorta di estensione di fatto erga omnes, quindi eliminerei la parola «sindacalizzata». Al paragrafo 4.3, evidenzio la prima frase, che recita: «Sulla base di una riflessione come quella sviluppata nei paragrafi precedenti, che appare pienamente coerente anche con l'accordo quadro siglato tra le parti sociali, è evidente che il punto qualificante del nuovo sistema contrattuale, sempre costituito su un doppio livello, dovrebbe essere dato da uno spostamento di peso, dal centro alla periferia». In questo caso, saremmo dell'opinione di riformulare il testo, per i motivi illustrati in precedenza.
C'è poi una frase sull'argomento che l'onorevole Cazzola ha giustamente proposto di cancellare.

GIULIANO CAZZOLA. Il problema è se l'accordo lo fa o non lo fa.
Poi, si può essere d'accordo o meno. Se si descrive un processo, successivamente si può ritenere che esso non sia condivisibile.
Bisogna chiarire, però, se si ritiene che questo processo non si verifichi o non si verifichi a sufficienza, o sia una mistificazione, oppure se non si è d'accordo che lo faccia.

CESARE DAMIANO. Onorevole Cazzola, un conto è che in un testo si dica che l'accordo quadro siglato va in quella direzione, un altro conto è che insieme diciamo che quella è una direzione giusta. Nel testo, si dice che è una direzione giusta.
È evidente che il punto qualificante dovrebbe essere dato da uno spostamento. Personalmente, non nego lo spostamento, ma vorrei che fosse espresso con maggiore equilibrio.
In questo documento c'è un'affermazione importante che riguarda la contrattazione decentrata di territorio, di distretto e via dicendo. Noi allarghiamo, e, allargando, spostiamo. Tuttavia, un conto è dire che spostiamo, altro conto è dire che quello è il motore e che quell'altro viene meno. Non so se mi sono spiegato.
In questo caso, si parla di istituti essenziali, di principi e criteri, di contratto più leggero, più asciutto e più magro, di quanto non sia magro io. Lei capisce che io sono già ad un punto limite di sopravvivenza, quindi mi parrebbe una frase da sistemare meglio.
Propongo poi di eliminare quella parte del testo in cui si fa riferimento alla «tradizionale tendenza anti-partecipativa ed egualitaria di parte rilevante il movimento sindacale italiano». È utile scrivere una cosa di questo genere?
Propongo, inoltre, di svolgere una riflessione sulla parte del testo in cui si afferma che lo stesso accordo del 22 gennaio cassa opportunamente la clausola di «congelamento» della prassi esistente. Magari fosse così!
Per il paragrafo 4.4, suggerirei una correzione formale, ma per me sostanziale: sostituire il termine «rappresentanza» con quello di «rappresentatività» delle parti. La nozione di rappresentatività è profondamente diversa da quella di rappresentanza.
La rappresentatività è il censimento del peso, attraverso il quale si ha il diritto di esercitare; mentre la rappresentanza è l'espressione, nei luoghi di lavoro, della partecipazione dei lavoratori attraverso le organizzazioni.
Va bene, al riguardo, la certificazione dell'INPS dei dati di iscrizione sindacale, però - anche sentendo le audizioni dei rappresentanti del sindacato - bisogna richiamare che il punto di equilibrio è dato da due indicatori: gli iscritti e i voti riportati nelle elezioni delle RSU. Questo


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concetto va richiamato. Capisco che magari non è compito dell'INPS, ma se lo fosse non sarebbe male.
Segue poi il paragrafo sul diritto di sciopero che mi riservo di leggere meglio, considerato che al riguardo si è parlato della possibilità di un intervento legislativo.

PRESIDENTE. Ringrazio tutti coloro che hanno dato un contributo alla predisposizione del documento conclusivo. Mi pare, da una prima riflessione, che ci sia la possibilità di giungere ad una convergenza, fatta eccezione per la questione dell'indice, sulla quale si registra ancora una divergenza di opinioni.
Giustamente, i colleghi del Partito Democratico sottolineano che la formula originaria poteva corrispondere di più alla loro sensibilità. Io non ho cambiato idea; tuttavia, credo che la maggioranza abbia una opinione leggermente diversa in proposito.
Onorevole Cazzola, le chiedo di venirmi in soccorso. Per quanto riguarda tutti gli altri punti, non mi sembra che ci siano delle distanze incolmabili.

GIULIANO CAZZOLA. Direi di no.

PRESIDENTE. Alcune parti relative al sindacato si possono modificare.

GIULIANO CAZZOLA. Come avete visto, su alcune questioni ho cercato anche di tagliare...

PRESIDENTE. La citazione di Michele Tiraboschi - che si può tranquillamente togliere, anche considerando che non è stato neanche ascoltato tra gli auditi - era stata proposta con l'intenzione - ho letto anche io il saggio pubblicato da Il Sole 24 Ore - di favorire una condivisione tra gli schieramenti sulla questione dell'indice, dal momento che si metteva in rilievo che anche il primo consigliere del Ministero si domandava se non fosse il caso di ripensare questo punto.
Mi sembrava una circostanza da richiamare, ma possiamo lasciare che se lo domandi per conto suo e non in Parlamento.
A mio avviso, è molto importante - valuteremo insieme tutte le osservazioni espresse in questa sede - ciò che è stato detto sul valore punto. Mi fa piacere che ci sia una convergenza in merito, perché è uno dei punti cruciali della questione.
Qualcuno, tra le persone a cui abbiamo sottoposto la lettura del testo, ha contestato - non ho motivo di nasconderlo - la questione del rapporto tra pubblico e privato. I firmatari dell'accordo ne fanno un punto d'orgoglio, mentre voi giudicate che non sia così.

CESARE DAMIANO. Sulla base di un dato oggettivo.

PRESIDENTE. Questo non è un punto banale. A mio parere, la maggior parte delle osservazioni esposte sono condivisibili, soprattutto laddove tendono a superare questioni che potrebbero ostacolare il raggiungimento di intese.
Possiamo dunque chiedere agli onorevoli Cazzola e Damiano di valutare se sia possibile o meno una convergenza sulla questione relativa all'indice.
Direi che sono questi i due punti da dirimere: l'indice e la questione del pubblico e privato. Tra l'altro, queste sono le questioni che, anche al di fuori della nostra Commissione, avevo sentito segnalare come problematiche da parte di chi aveva sottoscritto l'accordo.
A mio avviso, le osservazioni dei deputati Cazzola e Damiano sono tutte accoglibili. I due punti interrogativi politici riguardano questi due argomenti: l'indice e la questione della parificazione pubblico-privato.

CESARE DAMIANO. Se si fa riferimento agli argomenti in cui emerge una forte differenza, credo che si debba convenire con il presidente. Quelli sono i due scogli veri. Poi sul resto si possono trovare delle soluzioni...


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PRESIDENTE. Personalmente, sono dell'idea che si possano eliminare anche quegli elementi non determinanti, sui quali non si registra condivisione. Non stiamo facendo una legge.
Tuttavia, su questi due punti vi sono due opinioni differenti. Dobbiamo capire come riformularli o come affrontarli in sede di un'ipotetica votazione.

CESARE DAMIANO. Valuteremo come accostarli.

PRESIDENTE. Nel ringraziare i deputati intervenuti per il contributo fornito, mi riservo di valutare il dibattito di oggi ai fini della definitiva stesura della proposta di documento conclusivo.
Rinvio, pertanto, il seguito dell'esame del documento conclusivo ad altra seduta.

La seduta termina alle 15,30.

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