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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione XI
7.
Martedì 12 luglio 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Moffa Silvano, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SUL MERCATO DEL LAVORO TRA DINAMICHE DI ACCESSO E FATTORI DI SVILUPPO

Audizione di rappresentanti dell'ABI:

Moffa Silvano, Presidente ... 3 6 9 10
Cazzola Giuliano (PdL) ... 8
Codurelli Lucia (PD) ... 8
Damiano Cesare (PD) ... 6
Durante Giancarlo, Responsabile della Direzione sindacale del lavoro dell'ABI ... 3 9
Gnecchi Marialuisa (PD) ... 6

ALLEGATO: Documentazione presentata dai rappresentanti dell'ABI ... 11
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Italia dei Valori: IdV; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A.

COMMISSIONE XI
LAVORO PUBBLICO E PRIVATO

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 12 luglio 2011


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SILVANO MOFFA

La seduta comincia alle 9,40.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti dell'ABI.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul mercato del lavoro tra dinamiche di accesso e fattori di sviluppo, l'audizione di rappresentanti dell'ABI.
Sono presenti il dottor Giancarlo Durante, responsabile della Direzione sindacale del lavoro, il dottor Giorgio Mieli, responsabile dell'Ufficio relazioni sindacali, il dottor Angelo Giuliani, dell'Ufficio relazioni sindacali, e la dottoressa Maria Carla Gallotti, dell'Ufficio relazioni sindacali, che ringrazio nuovamente per la loro presenza.
Avverto che i rappresentanti dell'ABI hanno messo a disposizione della Commissione una articolata documentazione, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
Inizierei dando subito la parola ai nostri ospiti.

GIANCARLO DURANTE, Responsabile della Direzione sindacale del lavoro dell'ABI. Grazie, presidente e onorevoli deputati, per l'opportunità che ci date oggi di essere coinvolti nel programma dell'indagine conoscitiva su alcuni dei temi più delicati del mercato del lavoro.
Il documento che la Commissione ha predisposto, secondo l'avviso di ABI, pone l'attenzione su alcuni punti piuttosto delicati, decisamente fondamentali nelle attuali politiche occupazionali. Tre sono i punti fondamentali che, a nostro avviso, meritano attenzione.
Il primo riguarda la rispondenza tra la forza lavoro disponibile oggi sul mercato del lavoro e le professionalità richieste dal mercato e direi che riguarda, soprattutto, la capacità che il sistema di istruzione e formazione ha di adeguarsi alle richieste che vengono dal mercato del lavoro.
L'altro punto riguarda la capacità formativa del sistema di rispondere alle esigenze del personale già occupato con riferimento sia al sistema pubblico, quindi in particolare le regioni, sia a quello aziendale, sia alle esperienze maturate nell'ambito del dialogo tra le parti sociali.
Il terzo e ultimo punto riguarda l'inserimento nel mondo del lavoro dei giovani, con tutte le problematiche legate all'uso di strumenti di occupazione flessibili e alla crescente percezione di un lavoro spesso precario.
Credo che possano essere trattati insieme i primi due punti, ossia la parte di formazione all'ingresso e di formazione sul lavoro. Ad avviso di ABI, la risposta passa attraverso la realizzazione di un sistema in grado di integrare il mondo pubblico con quello delle imprese. Solo così sarà possibile, a nostro avviso, formare


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personale in grado di rispondere alle esigenze provenienti dal mondo produttivo.
Il sistema universitario è stato oggetto di profonde riforme nel corso dell'ultimo decennio, ma non offre ancora risposte puntuali, affidate a un mercato che richiede competenze sempre più evolute. Credo, ad esempio, che possiamo convenire che la cosiddetta laurea breve, ad esempio, nata per agevolare l'ingresso più diffuso e più mirato dei giovani nel mondo del lavoro, non abbia centrato i suoi obiettivi. L'esito è stato quello di trasformare, sostanzialmente, la fase successiva al triennio in un periodo che si aggiunge al corso di base, che allunga in maniera ingiustificata, tutto sommato non sostenibile, il cursus universitario, il quale non termina lì, come sappiamo, perché tutto è aggravato dall'esistenza di master, scuole di specializzazione post universitarie, periodi di pratica professionale che tendono a dilatare ancora di più la permanenza in ambito universitario.
Per quanto ci riguarda, in particolare, come settore del credito, fin dal rinnovo del contratto del 1999 abbiamo assunto posizioni puntuali e precise sul tema della formazione continua perché la riteniamo un elemento fondamentale nella definizione di politiche occupazionali. Lo abbiamo fatto attraverso i fondi interprofessionali, come FBA, che riguarda aree professionali e quadri direttivi, e FONDIR, che riguarda i dirigenti, ma anche attraverso il Fondo di solidarietà, il cosiddetto Fondo esuberi, che prima di arrivare all'esubero ha una fase riferita alla qualificazione e riqualificazione del personale nel tentativo di salvare posti di lavoro piuttosto che eliminarne. Si tratta di un fondo, come credo sappiate, interamente finanziato dal sistema, senza oneri a carico della collettività.
Credo, però, che vada sottolineato in questa sede che le soluzioni che raggiungono le parti sociali hanno bisogno di iter di attuazione più celeri e di una veste giuridica consolidata. A dicembre 2009, ad esempio, abbiamo sottoscritto l'accordo con il quale abbiamo introdotto nel sistema degli ammortizzatori sociali del settore del credito, la cosiddetta sezione emergenziale, una sezione del fondo destinata a coloro che non hanno nessun tipo di copertura, neanche la possibilità di essere accompagnati all'esodo: l'accordo è stato recepito nel provvisorio decreto dell'aprile 2010, il decreto scadrà il 31 dicembre di quest'anno e non abbiamo ancora il testo definitivo, quindi corriamo il rischio di trovarci con un ulteriore gap normativo che riesce ben difficile sanare e che non ci consente di dare alla gente le risposte che si aspetta.
L'8 luglio abbiamo stipulato un nuovo significativo accordo di riforma del Fondo di solidarietà relativamente sia alla sezione ordinaria sia alla sezione straordinaria. Anche in questo caso, per l'operatività di questo fondo sarà necessaria l'adozione di un decreto interministeriale, che dovrebbe essere emanato quanto prima, ma temiamo che ancora una volta ci troveremo di fronte a lungaggini. L'auspicio è, quindi, che il Parlamento manifesti sensibilità per questo profilo, prevedendo, laddove possibile, dei percorsi preferenziali per l'attuazione delle norme di origine contrattuale.
Credo che non abbia senso incoraggiare soluzioni concordate tra le parti sociali se la loro attuazione è caratterizzata da iter amministrativi e legislativi lenti, incerti e che non danno il necessario quadro di riferimento alle parti che sottoscrivono gli accordi.
L'ultimo punto riguarda il tema dell'occupazione giovanile. L'attenzione va - in questi giorni si sta discutendo del tema dell'apprendistato - proprio su questo capitolo. Ieri è stato presentato alle parti sociali uno schema di decreto. È un testo che, sia pur condivisibile per le finalità che tende ad apprestare relativamente alla disciplina dell'istituto dell'apprendistato, presenta tuttavia degli aspetti critici su punti essenziali, sui quali abbiamo manifestato tutte le nostre perplessità, in particolare sulla durata massima, che scende dal limite dei sei anni, previsto nella disciplina precedente, a uno di tre anni, con la sola eccezione dell'artigianato.


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Per questo motivo, ieri non abbiamo sottoscritto il testo che ci è stato presentato dal Ministro Sacconi: è una riduzione che, per quanto riguarda le aziende di credito, incide in maniera molto significativa sul limite che contrattualmente avevamo fissato a quattro anni rispetto a quello di legge e per effetto del quale dal 2005 - non so cosa sia accaduto negli altri - nel nostro settore sono stati stipulati oltre 10.000 contratti di apprendistato professionalizzante di durata generalmente quadriennale con 480 ore di formazione vera, effettiva e non semplicemente teorica, e con una trasformazione di questi contratti per la quasi totalità in contratti a tempo indeterminato.
Crediamo di avere buon diritto di esprimere tutte le nostre perplessità a fronte di questa situazione, e quindi auspichiamo che il testo definitivo del provvedimento, su cui le Commissioni parlamentari saranno chiamate a esprimere il proprio parere, possa consentire alla contrattazione collettiva anche aziendale di individuare in quattro anni la durata del contratto e che, per altro verso, possa rimanere in piedi l'attuale possibilità che abbiamo già sperimentato con successo nel nostro settore di prevedere anche a livello aziendale il concorso tra forme di sottoinquadramento e forme di retribuzione di ingresso. Tornerò su questo punto tra qualche momento.
Su un piano più generale, a nostro avviso, si debbono perseguire, con efficacia certamente maggiore di quella oggi dedicata a questi temi, ulteriori misure a sostegno dell'occupazione, come l'introduzione di regole più certe e di agevole applicazione in tema di decontribuzione e defiscalizzazione. Consentitemi di dire che abbiamo assistito a un andirivieni di soluzioni, che certamente non agevolano l'operatore nel momento in cui deve definire accordi di secondo livello sul salario di produttività se non è ben chiaro qual è il trattamento che questi accordi riceveranno o se le misure che li accompagnano variano di anno in anno anche a dispetto delle soluzioni individuali.
Il secondo aspetto è quello che concerne, ovviamente, una più generale riduzione del costo del lavoro, ancora troppo elevato, soprattutto se confrontato con il contesto internazionale. Dicevo poco fa che, per quanto riguarda l'apprendistato, deve esserci la possibilità di regolamentazioni anche nella contrattazione di secondo livello quanto a tipologie.
Nel settore abbiamo sperimentato con successo, d'intesa con le organizzazioni sindacali, forme di contratto che definiremmo a stabilizzazione progressiva. Riteniamo che occorrano ulteriori interventi in questa direzione, che incrementino le possibilità a disposizione delle aziende perché lo strumento piace alle aziende e, perlomeno da noi, come dicevo, sta consentendo di creare progressivamente occupazione stabile e non precariato.
Venendo alle conclusioni, più estesamente illustrate nel documento che abbiamo consegnato, cinque sono i punti salienti. Innanzitutto, occorre porre le condizioni perché il sistema istituzionale e il mondo delle imprese dialoghino tra loro in un rapporto di complementarietà. Questo consente, infatti, di migliorare l'occupazione e, più in generale, contribuisce, a nostro avviso, il benessere del Paese.
In secondo luogo, occorre favorire integrazione e sviluppo tra sistema pubblico e sistema delle imprese anche con una nuova disciplina di legge sull'apprendistato che garantisca la massima flessibilità alle aziende sia per la durata sia per la relativa formazione.
Inoltre, il nostro è un sistema che dispone di una propria effettiva capacità formativa, con strumenti destinati esclusivamente a questo. Nel settore, come dicevo, abbiamo sperimentato forme di contratti a stabilizzazione progressiva e riteniamo che occorra incrementare gli interventi in questa direzione.
Non riteniamo, inoltre, che le parti sociali possano essere lasciate sole nella ricerca di forme contrattuali che riducano i costi del lavoro e che favoriscano l'ingresso e l'uscita del personale.
Infine, l'accordo che abbiamo concluso qualche giorno fa si muove già su queste direttrici perché punta a un utilizzo dei contratti di solidarietà di tipo sia difensivo sia espansivo anche per favorire con i


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contratti espansivi la crescita occupazionale stabile nelle aziende. Per consolidare, quindi, e sviluppare queste politiche riteniamo e auspichiamo che continuino a essere sostenute attraverso interventi di finanziamento pubblico, specie per le risorse destinate ai contratti di solidarietà, che rappresentano il giusto sostegno a questo tipo di iniziative.

PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Durante anche per l'ampiezza delle considerazioni che ha inteso svolgere in Commissione.
Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

MARIALUISA GNECCHI. È molto interessante ciò che ci avete illustrato e vi ringraziamo molto. Mi permetto di fare una piccola osservazione: apprezzo molto il vostro lavoro anche al di là della relazione ma, essendo stata assessore al lavoro e all'istruzione e formazione, peraltro in provincia di Bolzano, dove c'è anche una formazione professionale pubblica, quindi dall'alto di un'esperienza di «pubblico forte», benché si tratti di concetti su cui tutti dobbiamo lavorare, direi che il sistema di istruzione e di formazione non deve essere proprio funzionale al mercato del lavoro.
Dobbiamo cercare, ovviamente, di garantire a ogni ragazzo e a ogni ragazza e anche agli adulti in formazione continua sul lavoro gli strumenti per la realizzazione di un progetto di sé e anche la possibilità di realizzarsi positivamente nel lavoro.
Come Commissione lavoro abbiamo affrontato grandi discussioni anche con l'onorevole Cazzola rispetto all'apprendistato, all'apprendistato precoce, alla possibilità dell'assolvimento dell'obbligo scolastico anche all'interno dell'azienda. Dobbiamo veramente sentire forte quest'obbligo, questo dovere di fornire degli strumenti alle persone giovani e meno giovani perché realmente possano gestire la loro vita.
Complessivamente, questo risponde anche alle esigenze del mondo economico, così come - condivido pienamente - le competenze devono essere tali che la singola persona goda all'interno dell'azienda in termini anche di gratificazione personale, di sistema premiante e così via.
Faccio questa sottolineatura perché, a nostro avviso, in questi ultimi anni si vive una situazione quasi schizofrenica. Si cerca di guardare all'esigenza professionale delle aziende, e quindi di lavorare in funzione di quella, senza tener conto del fatto che ormai tutti gli studi dimostrano che almeno ogni tre o quattro anni bisogna riqualificarsi e formarsi.
Non è da poco avere chiaro che il sistema di istruzione e di formazione deve essere forte, solido, tenere conto della complessità delle situazioni. Ci si adegua, quindi, anche a rispondere alle esigenze, ma tenendo sempre presenti anche i soggetti perché altrimenti il rischio è di lavorare in un modo che non garantisce la capacità delle persone di passare da un posto all'altro.
Apprezzo molto, quindi, le conclusioni rispetto all'attenzione che dobbiamo porre a tutte le situazioni sulle quali sviluppare iniziative adeguate, esprimendo anche una valutazione positiva sull'accordo dell'8 luglio.

CESARE DAMIANO. Ringrazio il dottor Durante per l'illustrazione che ci ha offerto. Vorrei concentrarmi sull'inserimento dei giovani, che mi pare un argomento molto attuale. Per quello che conosco del settore, penso che stiate facendo delle sperimentazioni molto importanti, d'avanguardia. Vorrei qualche chiarimento.
Innanzitutto, ho saputo, e lei lo ha confermato, che anche il settore bancario ha inserito i contratti di solidarietà. Ritengo che siano giusti in termini difensivi di fronte ai processi di ristrutturazione che state attraversando - non sfugge a nessuno che ci sono migliaia di persone che, a seguito dei cambiamenti del settore, hanno problemi occupazionali, che sono in discussione con i sindacati - e anche in termini espansivi. Se capisco bene, infatti, l'utilizzo del contratto di solidarietà può


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essere una ripartizione di nuovo lavoro che consente di moltiplicare l'opportunità di ingresso nel lavoro medesimo.
Per quanto riguarda la questione dell'apprendistato, ovvero la vostra nota critica al passaggio dai sei ai tre anni, personalmente ho sempre pensato che l'apprendistato deve rimanere una forma di impiego a causa mista, che ha una finalità: lavoro e formazione. Purtroppo, non è probabilmente il vostro caso, in molte situazioni è utilizzato perché costa meno e la formazione non viene fatta. Credo che l'apprendistato non debba essere né troppo corto né troppo lungo. I contratti a tre mesi sono la sostituzione di lavoro stagionale che con l'apprendistato non ha niente a che vedere; una durata troppo lunga come quella di sei anni corre il rischio di ingabbiare le persone.
Non so se la misura giusta sia tre o quattro, ma sicuramente la misura dei tre anni mi sembra equa. Non credo che esistano problemi di armonizzazione tra quest'indicazione legislativa e un'eventuale deroga condivisa - parlo di deroga con molto cautela - tra le associazioni di imprese e le organizzazioni sindacali, condivisa nel senso che tutti la condividono, non soltanto una parte.
Allo stesso modo, concordo pienamente sul tema del cuneo fiscale. Del resto, al tempo del Governo Prodi era stata una delle prime misure adottate. Ricorderete l'abbattimento strutturale di tre punti del costo del lavoro. Noi avevamo voluto che questo andasse in direzione del lavoro esclusivamente stabilizzato.
Quanto ai salari di produttività, c'è un problema di armonizzazione delle norme. Io stesso, da Ministro del lavoro, avevo cominciato a introdurre quella norma. Il Ministro Sacconi l'ha relativamente cambiata, ma la direzione è sempre la stessa. Credo davvero che una decontribuzione di quel salario aggiuntivo a quello del contratto nazionale sia utile per l'impresa e per i lavoratori.
La domanda, se ha voglia di dare una spiegazione, riguarda la retribuzione di ingresso e il sottoinquadramento. Nel 1984 furono introdotti i contratti di formazione lavoro. Ero all'epoca nella CGIL e avvertimmo che si trattava del primo modo di impiego difforme dal lavoro classico, quello a tempo indeterminato, per cui percepivamo con preoccupazione questa modalità. Devo, però, ammettere che questo contratto si rivelò, tutto sommato, di relativa stabilizzazione se correlato ai tempi attuali.
C'era sì un tentativo da parte di talune aziende di discriminare - contro gli iscritti a un sindacato, contro i dirigenti sindacali, contro chi avesse idee diverse - però ribadisco che si trattava di casi relativamente marginali se correlati alla situazione attuale (il sindacato cercava, inoltre di stabilizzare il 90 per cento di quelle persone); c'era un principio di sottoinquadramento, una casella in meno, e di sottoretribuzione.
Questo contratto d'ingresso più o meno corrisponde a questo canone? Personalmente, dico che col tempo ho un po' cambiato opinione: inizialmente, non ero favorevole a questa forma di ingresso nel lavoro, ma se sperimentaste una formula di salario d'ingresso e di sottoinquadramento che ha in cambio al termine del processo iniziale anche formativo la stabilizzazione del lavoro, tutto sommato, se il tempo è relativamente breve, i tre anni, se c'è una tutela progressiva al termine della quale c'è in toto il rispetto dello Statuto dei lavoratori, compreso l'articolo 18, forse sarei disponibile a cambiare l'idea che avevo tanto tempo fa anche perché non si può sempre essere affezionati alle idee di un tempo di fronte al cambiamento strutturale del mercato del lavoro.
Se questo contribuisse a dare una mano al superamento del dualismo nel mercato del lavoro a vantaggio delle giovani generazioni, credo che si potrebbe affrontare un ragionamento e anche predisporre un eventuale supporto legislativo che dia efficacia, sempreché le organizzazioni sindacali concordemente possano andare in questa direzione. Potrebbe essere un'idea anche politicamente, culturalmente e sindacalmente piuttosto interessante.


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Prima, però, di farmi un'idea definitiva, vorrei capire bene da lei di che cosa si tratta, viste le vostre sperimentazioni, che mi incuriosiscono molto.

GIULIANO CAZZOLA. Ringrazio i rappresentanti dell'ABI per le cose che ci hanno detto e la documentazione che ci hanno lasciato.
Vorrei, innanzitutto, rassicurare l'onorevole Gnecchi. Se ho ben capito, anche se non ho seguìto molto la vicenda, c'è stata un po' una vendetta della storia rispetto al dibattito che avevamo avuto in Commissione una delle tante volte che avevamo esaminato il «Collegato lavoro». Ci sarebbe, infatti, una vittoria clamorosa delle regioni e della formazione di carattere esterno. Pare che si parli di 120 ore, grosso modo, nell'accordo, assolutamente difficili da svolgere tutte in azienda.
Direi, quindi, che rispetto al nostro dibattito, la formazione di carattere generale, esterna alla fabbrica, si è presa la sua rivincita rispetto alle aspettative che qualcuno nutriva a suo tempo.
Venendo alla questione posta dall'ABI, suscitò molta sorpresa e ci si interrogò sul perché le banche avessero intrapreso questa scelta nella politica del personale quando si diede corso all'uso dell'apprendistato nelle banche. Non c'era mai stata un'esperienza di questo genere ancorché l'apprendistato sia un istituto vecchio, se vogliamo, più legato al lavoro operaio, manuale.
Allora si disse che, in realtà, scegliere l'apprendistato creava meno problemi nei rapporti sindacali, specie con un'organizzazione sindacale - giustamente, l'ABI ha sempre tenuto conto di un dialogo con tutte e tre le organizzazioni sindacali - e rispetto, invece, all'uso degli altri strumenti della flessibilità. Si diede via libera anche da parte delle tre organizzazioni sindacali all'ingresso anche massiccio dell'apprendistato nel settore bancario per espungere o per limitare l'uso degli altri contratti della flessibilità.
La domanda è se questo in qualche modo corrisponda al vero. Siccome, però, lei asserisce che, in buona sostanza, l'esperienza ha dato buoni frutti, ha consentito di accompagnare formazione e lavoro e, soprattutto, di stabilizzare e assumere a tempo indeterminato la gran parte di quelli che hanno fatto apprendistato, allora c'è da dire che avete fatto da battistrada rispetto a un'ipotesi che si sta coltivando adesso come risposta al lavoro giovanile.

LUCIA CODURELLI. Ho una considerazione rispetto a questo capitolo dell'apprendistato, nella nota consegnataci aggiunto al problema delle pari opportunità. Mi dispiace un po' che siano collegati perché questo dimostra che si dà un senso di precarietà all'occupazione femminile, che viene quasi in coda.
Dispiace che un argomento del genere venga posto in coda, considerato che, sulla base dei dati dell'economia, in generale, anche di quelli europei, sono ormai tutti concordi nel testimoniare che l'economia va meglio dove si investe sulle qualità e sulla professionalità delle donne. Nutro, quindi, un po' di amarezza rispetto al posizionamento di tale questione all'interno della nota che ci avete messo a disposizione. Chiederei su questo una riflessione.
È vero che è stato messo in evidenza l'aumento per cui siamo passati nel 2009 - spero che nel 2010 ci sia stato un trend in positivo o che almeno non si sia tornati indietro - dal 41 al 43 per cento, ma si tratta di un dato che non conforta perché in Italia siamo 15 punti sotto, solo al 46 per cento.
Questo, dunque, è un dato sicuramente negativo. Sappiamo che da sempre il settore delle banche non è mai stato molto favorevole, è venuto forse negli ultimi anni in qualche modo a prendersi carico del fenomeno.
Quanto al dato degli apprendisti, vediamo che le donne sono 55 contro 44 uomini; questo dimostra che c'è una grande volontà e professionalità e in qualche modo ci si augura che questo maggiore accesso con l'apprendistato consenta di superare il problema dei vertici, per poter risolvere definitivamente il problema


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dell'occupazione. Non viene sottolineato, infatti, il dato che consentirebbe di capire anche quante donne sono in posizioni apicali.
Da pochi giorni è stata approvata in Parlamento la legge sulle quote rosa, da qualcuno tanto bistrattata e contestata. Tuttavia, il dato è che, purtroppo, questa è l'Italia nella sua gestione, per cui credo che questo sia un bene, anche per superare questi limiti. Noi ci auguriamo che per il bene dell'economia e del Paese tale questione di nuovo passi in primo ordine assieme ad altri problemi, atteso che non è più assolutamente consentito all'Italia sprecare questa ricchezza.

PRESIDENTE. Do la parola al dottor Durante per la replica.

GIANCARLO DURANTE, Responsabile della Direzione sindacale del lavoro dell'ABI. Comincerei da quest'ultima osservazione dell'onorevole Codurelli. Il dato che trova alla fine della nostra esposizione non è certamente lì per ragioni di priorità, ma seguendo la logica del ragionamento.
Ovviamente, abbiamo presente che il dato di occupazione femminile nel settore è ancora al di sotto del dato generale. C'è, però, da dire che si tratta di un trend in continua crescita, che negli ultimi dieci anni è aumentato di 10 punti.
Il dato finale dei 44 apprendisti maschi su 55 donne, se collegato a ciò che ho detto poco fa, e cioè che da noi sono totalmente stabilizzati questi rapporti di lavoro, significa che nell'apprendistato entrano 11 punti in più di personale femminile rispetto al personale maschile.
Allora, convengo con lei che ci sia voglia di essere sul mondo del lavoro, ma questa, se mi consente, è anche una risposta, ovvero il sistema risponde (44 su 55). Non so quanti altri sistemi produttivi in Italia rispondano in questa maniera.
C'è sempre da migliorare e siamo impegnati a farlo e il sistema sta progressivamente entrando in maniera molto decisa in questi tipi di meccanismi. Teniamo presente che, rispetto a quello che succede altrove, stiamo ragionando anche di personale che entra con qualificazioni ben diverse da quella con cui si entra altrove e questa è in parte una risposta all'onorevole Cazzola: l'apprendistato nasce come istituto vecchio, ma non è così da noi, dove è lo strumento che ha sostituito integralmente i vecchi contratti di formazione lavoro, ai quali faceva riferimento l'onorevole Damiano, in maniera che oggi il 96 per cento dei contratti in essere nel sistema sono a tempo indeterminato. Da noi c'è solo un 4 per cento di altre tipologie contrattuali. Non si tratta, quindi, di un sistema nel quale si possa parlare di precariato, nel quale possono esserci preoccupazioni per il personale, maschile o femminile, che entra in questo comparto.
La mancata utilizzazione di altre flessibilità ricordata dall'onorevole Cazzola è stata esaminata in un particolare rinnovo contrattuale avendo presente le esigenze del sistema. Evidentemente, lo strumento che si è ritenuto concordemente più utile è stato questo, l'apprendistato professionalizzante, non altre forme, che avrebbero probabilmente per noi costituito solo delle modalità non completamente adeguate al sistema.
Quanto alla formazione, qui è effettiva, concreta, non teorica: 480 ore di formazione, 120 ore di formazione l'anno, svolte tutte, dalla prima all'ultima, per cui non si tratta di un modo per eludere o bypassare sistemi, ma un modo concreto di utilizzare uno strumento che va a vantaggio del lavoratore e dell'azienda.
Che al termine del periodo di apprendistato ci sia questa percentuale quasi bulgara di trasformazione è dato da un elemento molto semplice: nessuna azienda investe 480 ore di formazione per regalare alla concorrenza personale che ha formato, è questo il meccanismo molto semplice che scatta in casi di questo genere.
Quanto alle questioni poste dall'onorevole Damiano, il sistema è esattamente come lei lo inquadra: quando ragioniamo di contratti di ingresso e di esperienze che sono state fatte, ci riferiamo a un'esperienza dell'anno scorso, in particolare del gruppo Intesa Sanpaolo, su particolari


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aree disagiate, ma utilizzando una modalità che, certamente, merita di essere approfondita e, probabilmente, elevata a sistema.
In altri termini, si è previsto di avere forme di sottoinquadramento, così come prevede la legge, fino a due livelli al di sotto di quello di arrivo, e forme di retribuzione ridotta correlata a questo inquadramento, ma lo scambio è stato esattamente quello che lei dice: alla fine del percorso c'è la stabilizzazione del rapporto, un contratto a tempo indeterminato con la collocazione nell'integralità dei diritti che competono ai lavoratori di pari livello inquadramentale. Lo scambio è, dunque, lì e riteniamo che sia uno scambio corretto, che vada approfondito.
In che modo può essere utilizzato? Noi abbiamo i contratti di solidarietà espansivi e il criterio vuole essere quello di prevedere su base volontaria una forma di riduzione di orario per il personale più avanti negli anni: meno ore di un lavoratore, per esempio, over 55, a fronte di ore convertite in un rapporto di lavoro per un giovane. Naturalmente, si genera un costo aggiuntivo, ma riteniamo che sia utile e sopportabile per generare occupazione.
Qual è il tema? Chiedo scusa se ci torno sopra. Lei dice correttamente che possono esserci anche deroghe concordate tra le parti, si possono regolamentare premesso che tutte queste operazioni sono state portate avanti da noi in assoluto accordo con le organizzazioni sindacali, quindi non c'è nulla di unilaterale. Il tema torna a essere quello, però, dei tempi richiesti perché si possa mettere in atto una certa serie di iniziative.
Se sono iniziative che vanno solo sul piano contrattuale, non c'è dubbio che sta alle parti decidere tempi e modi; ma se, torno all'esempio del Fondo esuberi, per cambiare solamente la data di scadenza del Fondo esuberi dal 31 dicembre 2010 al 31 dicembre 2020 abbiamo avuto necessità di 18 mesi, evidentemente c'è qualcosa nel nostro sistema che non funziona nell'iter parlamentare (con il decreto ministeriale passato per Commissioni parlamentari, Corte dei conti, Consiglio di Stato e, se vuole, la lista è lunga).
Voi siete stati molto veloci e ve ne do atto, però un sistema fatto in questa maniera, che mette di fronte alla prospettiva di dover scegliere oggi - lo abbiamo fatto l'altro giorno con il nostro Fondo esuberi - una soluzione che riteniamo tutti assolutamente eccellente, sia dal punto di vista datoriale sia dal punto di vista sindacale, con la prospettiva di aspettare 18 mesi per metterla in campo, rende difficile andare avanti in questo Paese con questo tipo di impacci burocratici.
Torno a sottolineare che bisognerebbe trovare - mi rendo conto che non è operazione molto semplice - qualche percorso accelerato su situazioni di questo genere. Quando c'è semplicemente da prendere atto della decisione delle parti sociali, soprattutto quando non c'è onere a carico della finanza pubblica, non ha molto senso che debba trascorre tutto questo tempo.

PRESIDENTE. La ringrazio moltissimo. Credo che quest'audizione sia stata davvero importante perché, appunto, nell'ABI non siamo stati soltanto di fronte a una semplice e mera sperimentazione, ma a qualcosa di più consistente e importante e credo che questo serva molto anche per mettere a fuoco meglio il lavoro di quest'indagine conoscitiva. Oltretutto, dovremmo diffondere le esperienze positive anche in altri ambiti.
La ringrazio ancora e vi auguro buon lavoro dal momento che oggi è anche una giornata molto particolare.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 10,25.


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ALLEGATO


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