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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione XII
2.
Mercoledì 9 giugno 2010
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Palumbo Giuseppe, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DELLE ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE C. 412 DI VIRGILIO E C. 1992 BINETTI RECANTI «ISTITUZIONE DI SPECIALI UNITÀ DI ACCOGLIENZA PERMANENTE PER L'ASSISTENZA DEI PAZIENTI CEREBROLESI CRONICI»

Audizione di docenti ed esperti della materia: professore Giuliano Dolce, professore Rodolfo Proietti, professoressa Ornella Piazza, professore Paolo Maria Rossini, dottor Mario Iannotti, dottor Tommaso Ciacca e dottor Giovanni Battista Guizzetti:

Palumbo Giuseppe, Presidente ... 3 4 5 7 8 9 10
Ciacca Tommaso, Anestesista rianimatore presso l'ospedale di Spoleto ... 4 5
Di Virgilio Domenico (PdL) ... 5
Dolce Giuliano, Direttore scientifico presso l'Istituto S. Anna di Crotone ... 5
Iannotti Mario, Primario anestesista presso la ASL Salerno 1 e presidente dell'associazione Rianimatori associati per il rispetto della persona (ARIARP) ... 7
Piazza Ornella, Professore aggregato presso il dipartimento di anestesia e rianimazione dell'Università degli studi di Napoli Federico II ... 8
Proietti Rodolfo, Direttore di anestesiologia e rianimazione presso l'Università Cattolica Policlinico «A. Gemelli» di Roma ... 9
Rossini Paolo Maria, Professore ordinario di clinica neurologica presso l'Università Campus Biomedico di Roma ... 9
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud Libertà e Autonomia-Partito Liberale Italiano: Misto-Noi Sud LA-PLI.

COMMISSIONE XII
AFFARI SOCIALI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 9 giugno 2010


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIUSEPPE PALUMBO

La seduta comincia alle 15,25.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione di docenti ed esperti della materia: professore Giuliano Dolce, professore Rodolfo Proietti, professoressa Ornella Piazza, professore Paolo Maria Rossini, dottor Mario Iannotti, dottor Tommaso Ciacca e dottor Giovanni Battista Guizzetti.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nel contesto dell'indagine conoscitiva nell'ambito dell'esame delle abbinate proposte di legge C. 412 Di Virgilio e C. 1992 Binetti recanti «Istituzione di speciali unità di accoglienza permanente per l'assistenza dei pazienti cerebrolesi cronici», l'audizione di docenti ed esperti della materia: professore Giuliano Dolce, professore Rodolfo Proietti, professoressa Ornella Piazza, professore Paolo Maria Rossini, dottor Mario Iannotti, dottor Tommaso Ciacca e dottor Giovanni Battista Guizzetti.
Innanzitutto, mi vorrei scusare, con i colleghi che abbiamo invitato in audizione per il ritardo con cui abbiamo dato inizio alla seduta e per averli fatti aspettare più del dovuto; nonostante il nostro impegno per cercare di esaurire il prima possibile i precedenti punti all'ordine del giorno, a volte nell'attività parlamentare questo può succedere. Me ne scuso di nuovo.
Nella seduta odierna, dunque, sono presenti: il dottore Tommaso Ciacca, anestesista e rianimatore presso l'ospedale di Spoleto; il professore Giuliano Dolce, direttore scientifico presso l'Istituto Sant'Anna di Crotone; il dottor Mario Iannotti, primario anestesista presso l'ASL di Salerno e presidente dell'associazione rianimatori associati per il rispetto della persona; la professoressa Ornella Piazza, professore aggregato presso il dipartimento di anestesia e rianimazione dell'Università degli studi Federico II di Napoli; il professore Rodolfo Proietti, direttore di anestesiologia e rianimazione presso l'Università Cattolica Policlinico Gemelli di Roma; il professore Paolo Maria Rossino, ordinario di clinica neurologica presso l'Università Campus Bio-Medico di Roma.
Il dottor Giovambattista Guizzetti, responsabile dell'unità stati vegetativi presso il centro Don Orione di Bergamo ha inviato una memoria scritta essendo impossibilitato a partecipare.
Comunico ai partecipanti che gli interventi purtroppo non potranno essere molto lunghi, perché alle 16 riprendono i lavori dell'Aula; pregherei, quindi, i nostri ospiti di limitarsi a parlare pochi minuti ognuno. Tuttavia, vi è la possibilità di lasciare o di inviare successivamente delle memorie scritte che ognuno di voi potrà redigere e che saranno a disposizione di


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tutti i componenti della Commissione, anche coloro che oggi sono assenti, che ne prenderanno visione.
Do la parola ai nostri ospiti.

TOMMASO CIACCA, Anestesista rianimatore presso l'ospedale di Spoleto. Signor presidente, saluto tutti i parlamentari presenti in Commissione.
Io lavoro come anestesista rianimatore presso l'Ospedale di Spoleto. È un ospedale con un dipartimento di emergenza e urgenza all'interno del quale si trova una delle 450 terapie intensive presenti sul territorio nazionale. Come capita spesso a molti colleghi anestesisti rianimatori che lavorano in ospedali più periferici e di dimensioni ridotte, la mia attività avviene sia in sala operatoria - prevalentemente mi occupo di anestesiologia e anestesia ostetrica - sia nelle rianimazioni, nel pronto soccorso, nell'emergenza.
Come è emerso dalle precedenti relazioni autorevoli che sono state svolte dai colleghi del gruppo italiano per la valutazione degli interventi in terapia intensiva la scorsa seduta, quella del 26 maggio, e anche da parte del rappresentante della SIAARTI, il dottor Gristina, un contributo importante al contenimento della mortalità - e quindi di un esito negativo nei pazienti che possono evolvere verso lo stato vegetativo - è determinato, per l'anestesista rianimatore, dall'organizzazione di un sistema per l'emergenza-urgenza che funzioni, che dia delle risposte adeguate sul territorio. Da questo punto di vista notiamo che nelle nostre regioni ci sono forti differenze.
Come anestesista rianimatore, mi sento di rivolgere un primo invito anche nei vostri confronti, per un impegno maggiore in termini di risorse da destinare all'intervento urgente sul territorio. Si è visto, infatti, che la mortalità si può ridurre, che gli esiti negativi si possono ridurre. Questo è il primo punto.
La mia seconda osservazione, per cercare di essere sintetici, riguarda il fatto che le strutture di riabilitazione, una volta che il paziente è uscito dalla fase acuta, sono effettivamente carenti e ingolfate da situazioni che non permettono una riabilitazione di tipo intensivo. C'è da dire, però, che noi, come anestesisti - e anche su questo inviterei a una riflessione - dovremmo puntare sulla ricerca per poter individuare quei criteri prognostici, in fase acuta, che ci permettano di verificare l'opportunità di stabilire se proseguire nelle terapie rianimatorie o fermarci. Occorre, quindi, sviluppare quei criteri che le strumentazioni già ci consentono di utilizzare - per esempio i potenziali evocati somato-sensoriali - per avere una fase prognostica rapida e che consenta di investire le risorse nei pazienti che hanno una prognosi con una speranza di recupero.
Tuttavia, mi preme sottolineare che l'istituzione di queste unità di accoglienza permanente per l'assistenza dei pazienti cerebrolesi cronici non può essere slegata da quello che per noi anestesisti - così come per tutti i medici - deve essere un dato fondamentale, ovvero la volontà espressa dal paziente. Al centro del sistema c'è il rapporto medico-paziente e c'è l'espressione di una volontà del paziente nei confronti delle terapie alle quali egli potrebbe essere sottoposto una volta che si venisse a trovare in stato vegetativo.
Per questo motivo, la nostra società scientifica, la SIAARTI, ribadisce l'importanza delle dichiarazioni anticipate di trattamento anche per quello che riguarda il rifiuto della nutrizione e dell'idratazione. Non è un problema di poco conto nel momento in cui, addirittura, pazienti coscienti, nel nostro Paese, non sono riusciti ad ottenere quello che chiedevano e, comunque, se lo hanno ottenuto, vi sono riusciti con grandi sofferenze e con grandi sforzi. Mi riferisco al caso di Piergiorgio Welby, o al caso di Giovanni Nuvoli, quest'ultimo da me seguito personalmente in Sardegna.
Nelle precedenti audizioni si è parlato dei casi in stato vegetativo presenti...

PRESIDENTE. Mi scusi se la interrompo. Non siamo in audizione per il testamento biologico, ma siamo in audizione per quanto riguarda le speciali unità


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di assistenza e di accoglienza permanente per i malati cerebrolesi cronici. Naturalmente, il testamento biologico è un argomento che abbiamo trattato e tratteremo ancora.
Io pensavo che coloro i quali sono stati invitati oggi sapessero quali fossero i termini delle due proposte di legge e quali argomenti avremmo trattato. Siccome stiamo andando un po' fuori dall'argomento che dobbiamo esaminare, pregherei lei, e anche gli altri suoi colleghi che interverranno, di riferirsi ai disegni di legge e all'argomento che in questi viene trattato; altrimenti, oltre a non rientrare nei tempi, parliamo di temi che - se pure importantissimi, per carità - non sono all'ordine del giorno in questo momento.

TOMMASO CIACCA, Anestesista rianimatore presso l'ospedale di Spoleto. Allegherò una memoria per quanto riguarda i casi che citavo. Ad ogni modo, non vedo assolutamente una separazione tra la questione dei centri che devono accogliere persone in condizioni estreme e particolarmente gravi, e il fatto che queste persone abbiano la possibilità di non essere per forza collocate in questi centri, per esempio, o di rifiutare le terapie che, invece, vengono in qualche modo preventivate con un percorso quasi obbligatorio. Non trovo che vi sia una separazione fra questi due temi, anche se, in questo caso, siamo qui per affrontare un aspetto specifico dell'intera questione.
Per ciò che mi riguarda, ribadisco la necessità di un impegno per quanto concerne l'emergenza, e l'importanza di investire risorse, perché grazie a questo si può ridurre il numero di persone che vanno verso un esito di stato vegetativo. Certamente, come ho già detto, occorre anche una giusta valutazione e l'acquisizione di tecniche per una capacità prognostica in fase precoce, per ridurre l'impegno e favorire la desistenza terapeutica nei casi in cui non c'è possibilità di recupero.

PRESIDENTE. Come ulteriore chiarimento, ancora una volta vi leggo il testo che è stato inviato: «questa indagine è volta a raccogliere dati sul numero di posti letto di terapia intensiva occupati da pazienti in stato vegetativo e da pazienti in stato di coscienza minima, sulle caratteristiche cliniche di questi soggetti, sulle motivazioni che ne determinano il ricovero in reparti di terapia intensiva».
Questo è il problema che ci stiamo ponendo in questa Commissione, in cui è stata approvata la legge sulle cure palliative e speriamo verrà approvata anche quella sul testamento biologico.
Il terzo argomento correlato riguarda l'istituzione di questa unità di terapia dove i pazienti possono continuare a vivere ed essere assistiti. Intendiamo capire se e quante di queste strutture esistano, e se vi sia la necessità di attivarne altre.
Spesso, infatti, ci è stato segnalato qui - lo dico anche come medico - che vi sono pazienti che occupano posti di questo tipo: occupano posti di terapia intensiva a scapito, proprio come diceva lei, dell'emergenza che spesso non può essere assistita in maniera corretta.

TOMMASO CIACCA, Anestesista rianimatore presso l'ospedale di Spoleto. Ho fatto riferimento al caso di Giovanni Nuvoli perché lui è stato un anno in terapia intensiva con una patologia come la SLA. Lo ripeto: un anno in terapia intensiva.

DOMENICO DI VIRGILIO. Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori. Il collega ha riportato valutazioni sue che possono essere contraddette, perché io ho seguito altre persone in queste stesse condizioni e noi vogliamo correggere proprio questo difetto, ovvero che le persone si trovino a stare in terapia intensiva quando non hanno necessità.
Collega, lei ha seguito un caso, ma in queste condizioni una rondine non fa primavera, anche se ogni caso deve essere assolutamente assistito e non abbandonato.

GIULIANO DOLCE, Direttore scientifico presso l'Istituto S. Anna di Crotone. Ho letto attentamente queste due proposte di legge che non si differenziano, sostanzialmente.


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Ci sono dei piccoli errori che vanno assolutamente eliminati, errori di cultura: il coma vegetativo non esiste, così come il coma cronico. Non si possono usare queste espressioni in una legge. Farò una piccola nota con queste precisazioni.
Sostanzialmente, però, viene recepito un aspetto importante e bisogna parlare di questo. Le SUAP le abbiamo inventate noi, anche il termine; conosco bene la questione e abbiamo molti anni di esperienza su questo. Credo che la regione Calabria sia stata la prima a creare questa serie di differenti reparti, secondo la gravità del malato.
Parliamo di quelli che dopo un anno di cure sono rimasti in stato vegetativo o di minima coscienza, che da un punto di vista assistenziale è lo stesso. Sono pochi quelli che rimangono in stato vegetativo vero: su cento casi in una fase iniziale, solo sette dopo un anno o due sono ancora in stato vegetativo. Il recupero, a questo punto, è estremamente raro e, quando anche si verifica, non porta mai a una minima autosufficienza, quindi, dal punto di vista assistenziale non cambia nulla.
Il problema di quantificare i casi è difficile. Giusto l'altro giorno si sono conclusi i lavori della commissione ministeriale sugli stati vegetativi di minima coscienza; sono stati prodotti due libri nei quali c'è tutto quello che oggi si può sapere sul tema.
Specificatamente per questo tipo di casi, ci sono tre soluzioni. Una consiste nel portare la persona a domicilio; questa è la soluzione peggiore, secondo me, perché aggrava notevolmente la famiglia e non si può imporre in questo una scelta. Se si tratta di un giovane, normalmente la mamma lo prende a domicilio, ma se si tratta di un anziano, questo non succede.
Bisogna, dunque, creare delle strutture che garantiscano un'assistenza adeguata: queste sono le SUAP.
Se però noi definiamo queste persone non più come malati ma come gravi disabili, questi non vanno curati. Non si possono mettere questi centri nelle rianimazioni. Questo nella legge c'è ed è un concetto che non sta in piedi. Bisognerebbe demedicalizzare molto questi malati, che però devono essere assistiti. I centri per farlo si chiamano SUAP e devono avere questa funzione: accogliere tutti i pazienti che ne hanno necessità. Anche coloro che sono assistiti a domicilio possono star male; in questo caso vengono accolti in queste SUAP dove si fornisce loro quello di cui hanno bisogno. Dovrebbe esserci, quindi, un'entrata e un'uscita, un giro.
C'è una terza soluzione che, stranamente, nelle due leggi non è stata presa in considerazione e che è il meraviglioso esperimento di Roma. A Roma è stata creata una casa - non ricordo precisamente il nome - che potrebbe essere una soluzione da prendere in considerazione. Si tratta di accogliere questi malati, invece che in casa, in un luogo dove è garantita un'assistenza minima, con la possibilità per i parenti di andare e venire per assisterli. In effetti, pare facile fornire assistenza a domicilio a Roma, ma sarebbe un problema realizzare un servizio del genere in Calabria, perché i malati stanno a cinquanta chilometri di distanza e, quindi, è impossibile mandare a tutti un infermiere tutti i giorni a casa.
Prenderei, però, una piccola nota, riguardo a questa esperienza, perché questa recepisce abbastanza bene le nostre istanze, credo che i colleghi condividano; e naturalmente non ha niente a che fare con la rianimazione. I posti oggi sono 2000-2500 e sono destinati ad aumentare.
D'altro canto è diminuita, e diminuirà compiutamente, pian piano, la disponibilità dei familiari a tenersi un'assistenza del genere in casa. Vanno trattati come persone gravemente disabili da tutti i punti di vista, non curati.
Non è pensabile fare una visita quattro volte al giorno. Fa ridere, no? Neanche in una rianimazione fanno la visita quattro volte al giorno. Perché in una SUAP dovrebbe esserci quattro volte al giorno la visita medica? Anzi, il medico la fa quattro volte all'anno. Questi pazienti devono


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piuttosto essere trattati come disabili gravi, perché possono ammalarsi continuamente.
Il problema particolare, poi, è quello dell'accanimento terapeutico quando succede che uno di questi malati incorre in un fatto acuto risolvibile chirurgicamente e si pone la questione se si debba operarlo o no. Su questo si può discutere: vi sono scuole di pensiero diverse. Per organizzare il servizio sul territorio nazionale, invece, va bene che ci sia questo tipo di strutture.

PRESIDENTE. Grazie professore, sia - e soprattutto - per le critiche, sia per i suggerimenti.

MARIO IANNOTTI, Primario anestesista presso la ASL Salerno 1 e presidente dell'associazione Rianimatori associati per il rispetto della persona (ARIARP). Porgo un saluto a tutti e un ringraziamento alla Commissione.
Io credo che per parlare di un progetto che vada ad implementare un'ulteriore struttura, si debba anteporre delle premesse che sono assolutamente fondamentali per la collocazione del progetto stesso, affinché poi coincida con la nostra intenzione di assistenza globale di questi pazienti. L'assistenza a pazienti così complessi pone una serie di problematiche lungo tutto il percorso assistenziale. Non dobbiamo mai disaggregare questi problemi, altrimenti perdiamo la possibilità di svolgere un'azione che sia non solo economicamente redditizia ma anche conveniente ai fini della salute del paziente stesso.
Nelle fasi del percorso, troviamo criticità innanzitutto rispetto alla difficoltà addirittura della diagnosi, che non è facile fare, come già qualche illustre relatore ha precisato. Vi sono difficoltà nella comunicazione della prognosi e delle modalità assistenziali che intendiamo perseguire, ai familiari del malato.
Abbiamo, inoltre, difficoltà in fase di ricovero ordinario: una prima difficoltà è da parte dell'unità operativa e riguarda la necessità di un licenziamento del paziente in tempi appropriati; vi sono inoltre la mancanza di collegamento tra ospedale e territorio, e la mancanza di un referente stabile. Questo credo sia un punto che poi tornerà nel discorso perché, nel momento in cui andiamo ad organizzare una struttura che fa parte comunque di un progetto assistenziale, ci dobbiamo preoccupare anche di quali devono essere gli attori che partecipano a questo tipo di operazione.
Se, dunque, non delineiamo perfettamente i problemi nelle premesse, rischiamo di fare una certa confusione.
Abbiamo difficoltà nell'integrazione del sociale nel sanitario; abbiamo gravi lacune nell'individuazione di modalità di trasporto di questi pazienti; abbiamo carenze di strutture intermedie e di centri di riferimento; abbiamo scarsa collaborazione tra operatori ospedalieri e territoriali, difformità nelle forme di assistenza, assenza di procedure per la gestione delle urgenze; infine, è addirittura ostativo l'obbligo del 118 di soccorrere questi pazienti portandoli nel pronto soccorso più vicino.
Dobbiamo, pertanto, identificare una struttura che, inserita in un sistema, abbia delle caratteristiche che guardino alla fragilità del paziente, che guardino alla valutazione e a un approccio multidisciplinare al paziente stesso, che preveda l'identificazione di un case manager - questione che non è sicuramente facile da risolvere - che decida anche quali debbano essere le modalità di intervento.
Questa assistenza, dunque, deve essere espressa con varie modalità che prevedano una fase di assistenza domiciliare, una fase di assistenza residenziale, un ricovero intermedio e un ricovero tradizionale.
Sicuramente, la legge progettata va ad occupare in maniera appropriata una di queste caselle; tuttavia, vorremmo assolutamente esprimere alcune considerazioni.
Per esempio, sulla proposta di legge dell'onorevole Binetti, all'articolo 1 comma 2 io credo si debba precisare che devono essere garantiti: nutrizione, idratazione e supporto ventilatorio se necessario; includere il supporto respiratorio tra le garanzie che noi eticamente dobbiamo fornire al paziente in tema di assistenza non è un concetto di poco conto. Questo prevede


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che, nel momento in cui il paziente sarà domiciliato, gli debbano essere forniti ventilatori, aspiratori, gruppo elettrogeno e quanto serva come elettromedicale salvavita.
Riguardo all'articolo 2 comma 1, precisiamo che non possono essere inclusi in questo capitolo i centri di rianimazione che non possono essere concepiti come unità distinte; si tratta, quindi, di un'attività che dovrebbe essere ben lontana dai centri di rianimazione e i centri di rianimazione devono rimanere nel luogo proprio, perché svolgono tutt'altro servizio.
Rispetto al comma 3 dello stesso articolo, occorre definire con precisione quale debba essere il profilo professionale specifico del personale sanitario del comparto da adibire alle SUAP e prevederne l'impegno di spesa.
Proseguendo con l'articolo 3, comma 2, osserviamo che la permanenza per non più di sei mesi nelle SUAP per una condizione che può durare anche un decennio forse è una soluzione molto parziale del problema. Tra l'altro, il paziente potrebbe non avere la possibilità di assistenza domiciliare come prevista dal comma 3 dello stesso articolo.
Nell'articolo 4, comma 1, lettera c) non è chiaro se l'équipe medica e il fisioterapista siano dipendenti delle SUAP o siano convenzionati.
In relazione alla lettera e), segnaliamo che per un modulo di 20 pazienti, 330 minuti di assistenza prevedono 22 infermieri.
Riguardo alla lettera f) precisiamo che le visite mediche richiedono due medici al mattino e due di pomeriggio, più i reperibili.
Sulla lettera c) osserviamo che la diagnostica in sede richiede la disponibilità di locali, attrezzature, personale di laboratorio di analisi e radiologia. Si deve comprendere, ovviamente, la risonanza magnetica e la TAC.
Rispetto alla lettera i), vorremmo far presente che attività quali la musicoterapia richiedono personale qualificato; lo stesso discorso vale per psicologo e assistente sociale.
Si è giunti a ritenere che l'impegno di spesa per tale tipo di organizzazione non consentirà una diffusa ed equa distribuzione delle SUAP su tutto il territorio nazionale.
Vorrei fare, inoltre, una considerazione sulla proposta di legge dell'onorevole Di Virgilio.
Credo che la questione più importante - perché questi sono aspetti banali e si possono tralasciare - riguardi il periodo di tempo limitato a sei mesi. Bisognerebbe invece concepire un tipo di assistenza nelle SUAP che preveda anche un tempo assolutamente indeterminato.
Vi ringrazio per l'attenzione.

PRESIDENTE. Mi scuso con tutti gli intervenuti. Purtroppo abbiamo degli impegni inderogabili di Aula alle 16. Alcuni colleghi parlamentari mi hanno suggerito di chiedere se, eventualmente, qualcuno può tornare una prossima volta, altrimenti in dieci minuti dobbiamo chiudere gli interventi. Mi scuso ancora una volta.
Non voglio prevaricare nessuno né costringere qualcuno a ritornare ma, purtroppo, alle 16 esatte dobbiamo andare a votare in Aula.

ORNELLA PIAZZA, Professore aggregato presso il dipartimento di anestesia e rianimazione presso l'Università degli studi di Napoli Federico II. Intervengo innanzitutto sul numero di posti letto a disposizione, che mi pare fosse il quesito specifico. A mia conoscenza, l'incidenza dello stato vegetativo riguarda lo 0,5 per cento: due casi ogni 100.000 persone annue. Questo numero è destinato ad aumentare. Se consideriamo i pazienti in minima coscienza, una stima di cinque posti letto per 100.000 abitanti per anno sembra essere adeguata. Forse potrebbe aumentare nel tempo, ma allo stato attuale delle mie conoscenze questo potrebbe essere alquanto vantaggioso.
Per quanto riguarda, invece, la collocazione delle SUAP, va meglio chiarito che tipo di struttura volete creare. Infatti, posizionarle vicino a una rianimazione ad hoc è un profilo completamente diverso


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rispetto a collocarle in una residenza sanitaria di tipo assistenziale. Sono due concetti completamente diversi e, per me, difficili da coniugare nella stessa struttura.
Per quanto riguarda la durata del ricovero nella SUAP, la durata di sei mesi sembra essere insufficiente anche per me, data la lunga durata di queste condizioni, e considerato che il fine ultimo è assistere questi pazienti, ma anche dare ossigeno al ricovero in rianimazione. Probabilmente, il numero di controlli medici quattro volte al giorno per pazienti che siano piuttosto stabili, come indicato nella proposta Binetti, pare essere eccessivo, come pure la possibilità di eseguire in sede dei controlli strumentali di tipo imaging che credo prevedano la risonanza magnetica al cranio. Direi che queste sono le osservazioni che volevo riferirvi; vi ringrazio per l'attenzione.

RODOLFO PROIETTI, Direttore di anestesiologia e rianimazione presso l'Università Cattolica Policlinico «A. Gemelli» di Roma. Cercherò di essere rapidissimo, anche perché, in effetti, anch'io ho partecipato direttamente al gruppo di lavoro istituito dal Ministero della sanità, iniziato dall'onorevole Di Virgilio. Pertanto, le nostre idee sulle SUAP, sia come struttura che come ruolo - a parte la memoria piccolissima che vado a consegnare - sono già scritte qui dentro.
Vorrei parlare un minuto per ringraziare sia l'onorevole Di Virgilio, sia l'onorevole Binetti, sia tutti gli altri onorevoli deputati che hanno proposto queste leggi, perché queste vanno comunque a coprire un vuoto assistenziale importante nella rete, nel percorso di pazienti che proseguono dal coma allo stato vegetativo, i quali, alla fine, non avevano nulla.
Qual'era il problema? La rianimazione ha difficoltà a trasferire nelle riabilitazioni intensive perché la riabilitazione intensiva ha difficoltà a trasferire nel nulla. Questo nulla è ora coperto da queste leggi con le SUAP. Questo, dunque, è il fondamento delle leggi, che va condiviso.
Vi sono, poi, dei dettagli che io riporto in memoria e che lascio; è inutile soffermarci su questi termini riguardo a come gli interventi possano essere armonizzati. Mi raccomando, però, non inserite queste strutture nei centri di rianimazione: non c'entrano nulla.
Inoltre, ciò è che raccomanderei - chiedo scusa al collega se sono in completo disaccordo, ma ci tengo a dirlo - è che si impedisca che i pazienti ricoverati nella SUAP possano essere sottoposti a ventilazione meccanica, perché se avessero questa necessità, dovrebbero ritornare in strutture ospedaliere; se permettiamo questo, le SUAP diventano altro e noi non vogliamo che lo diventino.

PRESIDENTE. Il professor Proietti con grande sagacia ci ha fatto capire quali sono i punti importanti. D'altronde, oggi ci troviamo di fronte ai più grossi esperti a livello nazionale in questo campo, per cui ci aspettavamo questo.

PAOLO MARIA ROSSINI, Professore ordinario di clinica neurologica presso l'Università Campus Biomedico di Roma. La memoria del professor Proietti porta le firme di entrambi, quindi io vado solo a integrare brevemente e sottolineare quest'ultimo punto, che mi sembra l'unico aspetto che genera una qualche confusione in entrambi i disegni di legge: va evitato l'errore di pensare che la SUAP debba risolvere tutta la filiera assistenziale di questi pazienti.
Si tratta di un momento - il momento probabilmente più lungo della sopravvivenza di questi pazienti - che ha un ruolo di assistenza importante e significativa, ma non deve fare diagnostica di alto livello, non deve sostituirsi all'ospedale o alla rianimazione, altrimenti diventa qualcosa di diverso che avrebbe dei costi insopportabili e, probabilmente, necessiterebbe di una serie di installazioni di tipo strutturale che renderebbe inattuabile una struttura del genere.
È chiaro che la SUAP deve essere fortemente collegata a realtà ospedaliere di alto livello, a realtà di riabilitazione di alto livello, con cui interagire in modo dinamico in «va e vieni», là dove necessario.


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PRESIDENTE. Io darei la parola ai colleghi ma, purtroppo, i tempi sono particolarmente ristretti in quanto, come dicevo, dobbiamo essere in Aula alle 16 e l'onorevole Barani deve avere il tempo di svolgere la relazione in merito ad un provvedimento che entro domani deve essere votato per il parere.
Ringrazio quanti sono intervenuti, scusandomi ancora una volta per il ritardo e per la fretta con cui abbiamo proceduto. Vi avremmo ascoltati, ma sicuramente i testi che consegnerete saranno di grande aiuto. Se eventualmente i relatori e gli altri colleghi della Commissione avranno dei dubbi, vi disturberemo direttamente.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,55.

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