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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione XII
5.
Giovedì 1° luglio 2010
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Palumbo Giuseppe, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DELLE ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE C. 412 DI VIRGILIO E C. 1992 BINETTI RECANTI «ISTITUZIONE DI SPECIALI UNITÀ DI ACCOGLIENZA PERMANENTE PER L'ASSISTENZA DEI PAZIENTI CEREBROLESI CRONICI»

Audizione del dottor Massimo Fini, direttore scientifico dell'IRCCS San Raffaele di Roma, e del professore Nino Stocchetti, direttore della scuola di specializzazione in anestesia e rianimazione dell'Università degli Studi di Milano:

Palumbo Giuseppe, Presidente ... 3 5 6 7
Ciccioli Carlo (PdL) ... 6 7
Fini Massimo, Direttore scientifico dell'IRCCS San Raffaele di Roma ... 3 6 7
Stocchetti Nino, Direttore della scuola di specializzazione in anestesia e rianimazione dell'Università degli studi di Milano ... 4 6 7
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud Libertà e Autonomia-Partito Liberale Italiano: Misto-Noi Sud LA-PLI.

COMMISSIONE XII
AFFARI SOCIALI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di giovedì 1° luglio 2010


Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIUSEPPE PALUMBO

La seduta comincia alle 13,45.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione del dottor Massimo Fini, direttore scientifico dell'IRCCS San Raffaele di Roma, e del professore Nino Stocchetti, direttore della scuola di specializzazione in anestesia e rianimazione dell'Università degli Studi di Milano.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nel contesto dell'indagine conoscitiva nell'ambito dell'esame delle abbinate proposte di legge C. 412 Di Virgilio e C. 1992 Binetti recanti «Istituzione di speciali unità di accoglienza permanente per l'assistenza dei pazienti cerebrolesi cronici», l'audizione del dottor Massimo Fini, direttore scientifico dell'IRCCS San Raffaele di Roma, e del professore Nino Stocchetti, direttore della scuola di specializzazione in anestesia e rianimazione dell'Università degli Studi di Milano.
Nel dare il benvenuto agli intervenuti che conoscono lo scopo di questa audizione, ricordo che l'audizione odierna interviene a conclusione di un ciclo già effettuato, teso a esplorare l'attuale problema dell'assistenza per questa tipologia di malati, soprattutto in riferimento alla transizione dalla fase acuta a quella cronica, allo scopo di creare strutture più adeguate che potranno meglio contribuire al prolungamento della vita di questi pazienti.
Do quindi la parola ai nostri ospiti per lo svolgimento della relazione.

MASSIMO FINI, Direttore scientifico dell'IRCCS San Raffaele di Roma. Buongiorno. L'analisi delle due proposte di legge, che per molti versi sono convergenti, è a mio avviso totalmente da apprezzare soprattutto nel metodo con cui sono state redatte. Da geriatra che si occupa di riabilitazione, voglio sottolineare come risultino assolutamente in linea con i più moderni orientamenti della riabilitazione, ponendo particolare attenzione al problema della continuità assistenziale per le fasce di popolazione più deboli.
Come coordinatore della Commissione del Ministero della salute che sta riscrivendo le linee guida di riabilitazione del 1998, cui queste proposte di legge spesso si rifanno, desidero inoltre sottolineare come le nuove linee guida, che dovremmo terminare nel giro di pochi giorni, siano assolutamente in linea e totalmente compatibili con entrambi i progetti di legge, che nell'impianto generale considero assolutamente condivisibili.
Scendendo dal metodo al merito, sono doverose alcune piccole sottolineature. Deve essere innanzitutto rimosso un errore concettuale di fondo presente in entrambi i progetti di legge: la cancellazione della definizione di «coma vegetativo», che scientificamente non esiste, continua a essere reiterata, ma è più un problema mediatico che non di carattere scientifico.


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Deve quindi essere sostituita privilegiando la definizione di «stato di minima coscienza».
Sui dati epidemiologici, vi è qualche inesattezza. Sono citati correttamente alcuni studi, come quello del Gruppo italiano per lo studio di gravi cerebrolesioni acquisite e riabilitazione (GISCAR), ma non sono riportati correttamente gli aspetti epidemiologici. Gli unici dati attendibili derivano dalle Schede di Dimissione Ospedaliera (SDO), che però sono nate per questioni amministrative e non scientifiche, per cui è possibile interpretare in maniera diversa alcuni aspetti che vi emergono. I dati di 1800-2000 pazienti l'anno, il cui 10 per cento evolve verso uno stato cronico, sembrano essere comunque congrui.
Anche in questa situazione segnalo come presso il Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (CCM) del Ministero della salute sia stato presentato un progetto pluriregionale, che discuteremo in Comitato scientifico martedì e che auspico passi, sulla presa in carico di pazienti con queste caratteristiche. Tale progetto riguarda Lombardia, Sicilia, Lazio e Toscana ed è diretto dal professore Nino Basaglia. Se verrà finanziato, disporremo di dati molto più attendibili scientificamente evidence based rispetto agli attuali.
È ottima la proposta di instaurare precocemente un corretto percorso di cure. L'unico problema sostanziale ravvisabile in entrambe le proposte di legge (più accentuato in quella a prima firma Binetti, ma presente in piccola parte anche in quella a firma Di Virgilio) è l'esatta caratterizzazione delle Speciali Unità di Accoglienza Permanente (SUAP), che rappresenta il core di tutto.
È infatti necessario capire chi debba accedere alle Speciali Unità di Accoglienza Permanente (SUAP) e quale sia il suo reale stato di salute, perché nel momento in cui, nella proposta Binetti, si parla di un minutaggio assistenziale di un massimo di 330 minuti, dato ancora comprensibile, e di assistenza medica ogni ora, e nell'altra proposta, di assistenza medica ogni quattro ore; di presenza di strutture di laboratorio e di imaging all'interno delle unità di accoglienza, a questo punto non si tratta più di demedicalizzazione che dovrebbe invece caratterizzare le strutture ospitanti, ma si tratta di strutture a carattere medicale subintensivo.
Tale errore ritorna anche in un altro punto, presente in entrambe le proposte di legge, in cui si sottolinea come le Speciali Unità di Accoglienza Permanente (SUAP) possano essere ospitate sia nell'ambito di Residenze Sanitarie Assistite (RSA), fatto assolutamente condivisibile, sia come unità distaccate presso i centri. Non ha però alcun senso ricollocarle in maniera funzionale all'interno dei centri stessi.
L'ultimo problema, che è però il più sostanziale, riguarda il limite dei sei mesi. È evidente in entrambe le proposte il tentativo di addolcire il limite fissato con un «di norma», limite che risponde soprattutto a problematiche di tipo economico. Questo significa però non risolvere il problema, perché, se le Speciali Unità di Accoglienza Permanente (SUAP) sono state create per garantire la continuità assistenziale, principio assolutamente condivisibile, ove, come spesso accade non sia possibile il rientro al domicilio, ci chiediamo dove finisca al termine dei sei mesi questa persona con grave disabilità e se debba ricominciare il ciclo. Dovrebbe essere meglio precisato il termine temporale o porre degli addenda che rendano più chiaro il percorso.

NINO STOCCHETTI, Direttore della scuola di specializzazione in anestesia e rianimazione dell'Università degli studi di Milano. Grazie dell'invito. Ho cercato di capire cosa potesse esservi utile, non ho letto le proposte di legge, ma il dibattito della seduta del 26 maggio. Ho ricevuto un programma dell'indagine conoscitiva e ho pensato di evidenziare tre aspetti. Non sono in grado di commentare le proposte di legge, ma desidero mettere sul tavolo tre argomenti.
Oltre a tutte le difficoltà per definire in termini operativi lo stato vegetativo, su cui esiste una gran confusione, uno dei punti


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fondamentali è prendere atto di quello che possiamo misurare in modo indubitabile. Abbiamo due sistemi. Il primo riguarda i morti, ovvero i dati autoptici, da cui derivano i primi studi che hanno documentato come sia il cervello di chi ha vissuto in stato vegetativo persistente, che poi sono diventati molto più vivaci con la risonanza funzionale.
Vi ho quindi portato alcune immagini che evidenziano - aspetto importante perché fa capire quanto poco possiamo fare in terapia intensiva, ma quanto invece sarebbe possibile fare - che l'importante danno strutturale associato allo stato vegetativo persistente non è come speravano alcuni dei colleghi derivante da un cattivo soccorso, qualcosa che possiamo migliorare, evitando ipossiemia e ipotensione, aspetti illustrati dal collega Nardi.
Riconosco che un buon soccorso sia meglio di uno cattivo, ma sostanzialmente il danno assonale, che è alla base dello stato vegetativo persistente, è una lacerazione delle fibre lunghe all'interno del sistema nervoso, che si gioca in millisecondi. Dubito che con le terapie oggi disponibili si possa fare qualcosa per affrontare questo tipo di danno. I dati ci dicono però che numericamente il problema per fortuna si è dimezzato nell'arco di vent'anni.
Vi ho portato i dati di tre Centri di rianimazione: noi, il San Raffaele e Monza. Ci sono 1.600 pazienti che noi abbiamo ricoverato in dieci anni, abbastanza gravi da venire ricoverati in rianimazioni neuro, dedicate ai pazienti con danni cerebrali. I numeri sono comunque confortanti, laddove abbiamo 42 pazienti che in dieci anni, a sei mesi dall'arrivo in terapia intensiva, sono ancora in stato vegetativo persistente. Questi equivalgono a un 3 per cento dei 1.600. Noi serviamo circa la metà della città, per cui non è una vera indagine e il nostro punto di vista è molto limitato.
Il dato importante è però che trent'anni fa, quando ho cominciato a fare questo mestiere, eravamo contenti di un 7 per cento. Ci chiediamo dunque di chi sia il merito, se il danno si gioca in millisecondi. Credo che il modo in cui è cambiata la prevenzione abbia fatto una grande differenza. Qualsiasi progetto per lo stato vegetativo persistente deve essere quindi elaborato sostanzialmente nel prevenire gli incidenti ad «alta accelerazione» - questa è la definizione biofisica del danno che ne consegue - attraverso la patente a punti, e tutto quanto è stato fatto in termini di prevenzione.
Il medico compie un gesto di umiltà. Penso che lavoriamo meglio, ma raccogliamo i cocci. Si deve spingere sull'acceleratore dove si vince: la prevenzione ha cambiato questo quadro. Modestamente, lo rilevo da Milano, ma i dati di tutta Europa dimostrano che dove cambia la biomeccanica dell'incidente, le cose cambiano.
La terza implicazione è altrettanto importante. Considero molto lodevole che ci si occupi oggi di immaginare come possano essere assistiti questi pazienti per tempi lunghi. È una necessità che dobbiamo affrontare. Sono d'accordo con il collega: sono al collo di bottiglia per poter uscire dalla terapia intensiva, ma rappresentano un problema importantissimo. Il modo giusto di affrontare il problema è però prima e dopo. Non abbiamo terapie per questi pazienti: siamo capaci di trattarli con umanità, ma partiamo con una grande rassegnazione.
Non condivido questa rassegnazione, perché ho ancora la speranza di far emergere qualcosa nei prossimi vent'anni. Se potessi esprimere un grande desiderio, il modo giusto di affrontare il problema è prevenire, trattare con umanità chi purtroppo è in tali condizioni, ma spendere soldi per terapie nuove. Le terapie riparative, di cui adesso comincia l'era, sono uno spiraglio per rigenerare qualcosa che è stato strappato.

PRESIDENTE. La ringrazio. Sono perfettamente d'accordo sulle linee di principio. È necessario prevenire, e le terapie rigenerative magari verranno, laddove le staminali a volte danno speranze, a volte


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provocano delusioni, perché siamo ancora in fase iniziale. Spendere i soldi per la ricerca è sempre un vantaggio.
Questa legge fa parte della triade trattata in questa Commissione: la legge sulle cure palliative, la legge sul testamento biologico (di cui ci stiamo ancora occupando) e quella di cui stiamo discutendo. Tale triade tratta non lo stesso argomento, ma forse le stesse persone in momenti e situazioni diversi.
Queste persone in un primo momento sono assistite in rianimazione, ove si valuta il danno avvenuto. Ci chiediamo però chi debba farsene carico in seguito al passaggio dalla fase acuta alla cronicizzazione, legata allo stato di non coscienza. Possono rimanere in carico di anestesia e rianimazione, occupando però posti utili per assistere pazienti in fase acuta.
Attualmente, non possediamo terapie eccezionali: sono terapie più che altro di mantenimento della situazione. Tutti speriamo che le cose possano migliorare, ma la finalità era valutare quante persone in Italia siano in queste condizioni. Se infatti è necessario aiutare 10.000 persone, l'impegno economico delle Regioni e dello Stato è diverso rispetto all'ipotesi in cui si debbano aiutare 100 persone. Bisogna creare apposite strutture, collegate anche eventualmente, come è stato evidenziato in altre audizioni, ad un'assistenza domiciliare integrata per non abbandonare questi pazienti.

NINO STOCCHETTI, Direttore della scuola di specializzazione in anestesia e rianimazione dell'Università degli studi di Milano. Mi permetto di aggiungere un'informazione. Insieme ai colleghi riabilitatori di cui il dottor Boldrini è l'anima, a Modena. Dieci anni fa, sono state stese linee guida che stabilivano i criteri di dimissione dalle terapie intensive.
La domanda era identica alla sua, laddove ci si chiedeva se il paziente, per essere assistito bene, avesse ancora bisogno di restare in terapia intensiva o si potesse individuare un momento nel quale non è razionale che rimanga dove ci sono i ventilatori e il ventilatore non serve, dove c'è il monitoraggio sofisticato che non ha necessità di venire applicato. Queste indicazioni sono già disponibili: se non le avete ancora ricevute, mi impegno a inviarvi tutto via e-mail domani molto volentieri. Queste linee guida forniscono misure che possono offrire un orientamento su quello che si ritiene razionale per trasferire il paziente alla fase successiva.

PRESIDENTE. Abbiamo sempre il problema di dare indirizzi alle regioni. Non ha senso che un malato in queste condizioni occupi un posto di rianimazione, che, come sappiamo, è molto costoso.

MASSIMO FINI, Direttore scientifico dell'IRCCS San Raffaele di Roma. A questo punto è giusto precisare, visto che prima accennavo alle nuove linee guida di riabilitazione, che noi partiamo proprio dall'alta intensità riabilitativa.
Tra le Speciali Unità di Accoglienza Permanente (SUAP) che sono state correttamente identificate nelle due proposte di legge e la terapia intensiva c'è un grosso gap che deve essere riempito dai codici 75, dalle unità di riabilitazione ad alta intensità. Tali unità non sono presenti in tutte le Regioni. Abbiamo fatto un'indagine e posso inviarvi i dati. Per redigere nuove linee guida, come Ministero della salute abbiamo inviato un questionario a tutte le Regioni.

PRESIDENTE. Vi hanno risposto?

MASSIMO FINI, Direttore scientifico dell'IRCCS San Raffaele di Roma. Ci hanno risposto tutte e 21. Siamo rimasti stupefatti. Incredibilmente, l'ultima a rispondere è stata la Val d'Aosta, che ha impiegato tre mesi: evidentemente non ha posti letto. Di fatto, sette Regioni non hanno unità per questo tipo di pazienti. Il corretto percorso assistenziale dovrebbe essere rappresentato da terapia intensiva, codice 75, SUAP, domicilio.

CARLO CICCIOLI. La massa critica dei pazienti in tali condizioni sarebbe...?


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PRESIDENTE. Quante persone sono in questo stato?

MASSIMO FINI, Direttore scientifico dell'IRCCS San Raffaele di Roma. Abbiamo chiesto alle Regioni di indicare il numero preciso, ma allo stato attuale il dato ci è stato fornito solo da tre Regioni. A mio avviso, il numero varia complessivamente in tutta Italia alle 10.000 alle 15.000 persone.

PRESIDENTE. Ci hanno portato i dati di 1.800.

MASSIMO FINI, Direttore scientifico dell'IRCCS San Raffaele di Roma. No, i 1.800 sono quelli da Schede di Dimissione Ospedaliera (SDO), ma ad esempio esistono tutti quelli assistiti a domicilio e quelli collocati in altre sedi. Poiché la diagnosi di stato vegetativo è abbastanza confusa, si rischia di non avere un conteggio preciso, ma un numero di 10.000 persone è quello realmente stimabile. Non dimentichiamo che la sopravvivenza può variare da pochi mesi a casi, citati in di letteratura di trent'anni, c'è una caso riportato in letteratura che versa in questo stato da trentacinque anni.

PRESIDENTE. Un paziente ricoverato nel mio ospedale è in rianimazione da quattordici anni.

NINO STOCCHETTI, Direttore della scuola di specializzazione in anestesia e rianimazione dell'Università degli studi di Milano. Li abbiamo cercati dal nostro versante, ma dati precisi non ci sono. I dati delle altre nazioni sono molto più bassi. Forse, il problema di come li definiamo cambia profondamente la valutazione della massa critica, che potrebbe essere meno della metà.
Per quanto riguarda i traumi c'è un problema: è diminuita molto l'incidenza, ma, poiché sono curati bene e sopravvivono, la prevalenza resta ampia.

CARLO CICCIOLI. Meno casi, ma più lunghi...

NINO STOCCHETTI, Direttore della scuola di specializzazione in anestesia e rianimazione dell'Università degli studi di Milano. Potrebbero, e quelli sfuggono al nostro conteggio perché è difficile quantificare le famiglie che li curano bene in modo autonomo. Sarei quindi molto cauto sui numeri.

MASSIMO FINI, Direttore scientifico dell'IRCCS San Raffaele di Roma. Del resto, è vero che sono diminuiti i traumi, ma sono molto aumentati gli anossici e gli emorragici proprio grazie al miglioramento delle terapie...

NINO STOCCHETTI, Direttore della scuola di specializzazione in anestesia e rianimazione dell'Università degli studi di Milano. Che però, va detto, non sopravvivono così tanto e non sono normalmente ragazzini in giovane età.

PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 14,10.

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