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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione XII
10.
Giovedì 10 maggio 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Palumbo Giuseppe, Presidente ... 2

INDAGINE CONOSCITIVA SUGLI ASPETTI SOCIALI E SANITARI DELLA DIPENDENZA DAL GIOCO D'AZZARDO

Audizione del Ministro della salute, Renato Balduzzi:

Palumbo Giuseppe, Presidente ... 2 5 11 12
Binetti Paola (UdCpTP) ... 8
Balduzzi Renato, Ministro della salute ... 2 11
Di Virgilio Domenico (PdL) ... 9
Miotto Anna Margherita (PD) ... 5
Mosella Donato Renato (Misto-ApI) ... 6
Sarubbi Andrea (PD) ... 9
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA.

COMMISSIONE XII
AFFARI SOCIALI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di giovedì 10 maggio 2012


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIUSEPPE PALUMBO

La seduta comincia alle 12,55.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione del Ministro della salute, Renato Balduzzi.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nel contesto dell'indagine conoscitiva sugli aspetti sociali e sanitari della dipendenza dal gioco d'azzardo, l'audizione del Ministro della salute, Renato Balduzzi.
Do la parola al Ministro per lo svolgimento della relazione.

RENATO BALDUZZI, Ministro della salute. Ringrazio il presidente e la Commissione, che mi offrono la possibilità di intervenire in questa tempestiva audizione nell'ambito dell'indagine condotta dalla Commissione stessa. Tale occasione infatti consente di dire cosa ha intenzione di fare il Ministero per quanto attiene al contrasto della dipendenza da gioco d'azzardo, con particolare riferimento, evidentemente, alle sue competenze specifiche.
Un primo elemento di fondo è offerto dal quadro generale, che la Commissione conosce molto bene poiché non si occupa di gioco d'azzardo soltanto da qualche mese, ed è legata alla polivalenza di questo tema, che coinvolge, come gli onorevoli deputati sanno molto bene, significativi profili di ordine pubblico, di sicurezza e qualità urbana, di attenzione alle giovani generazioni, nonché profili educativi e di rilevanza sanitaria.
Ha, inoltre, profili, per come si è sviluppata la vicenda nel nostro Paese, che attengono anche all'imposizione fiscale e, più in generale, tributaria. Come credo che la Commissione, almeno dalla lettura dei resoconti che ho potuto fare, abbia già avuto la possibilità di focalizzare, il gioco d'azzardo patologico è un'evidenza scientifica da molto tempo, presente a livello internazionale. Si citano sempre come momenti cardine l'anno 1980 e l'individuazione da parte dell'Associazione degli psichiatri americani, ma da allora ci sono stati tanti passaggi proprio nel definire più esattamente questo fenomeno, certamente più facile da individuare nel momento «terminale» del gioco d'azzardo patologico, ma che conosce preoccupanti tappe di avvicinamento. Ultimamente, infatti, sta emergendo un'attenzione verso quella che spesso può essere l'anticamera - l'acronimo sarebbe il medesimo - del gioco d'azzardo problematico.
Al di là delle definizioni e degli acronimi, ciò che colpisce è la metamorfosi di questa vicenda del gioco d'azzardo, che nasceva come attività connotata da tempi di attesa, come con la classica schedina, comportava un coinvolgimento di qualche abilità personale, ma che, soprattutto, riusciva a essere un gioco dove la componente d'azzardo era comunitaria, vissuta nel gruppo dei pari, degli amici. La trasformazione del gioco d'azzardo ha visto,


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invece, prevalere, specialmente nell'ipotesi significativa in termini quantitativi di Gratta e vinci e assimilati, l'istantaneità e l'individualizzazione. La persona è sola con il suo schermo perché, evidentemente, l'avvento di Internet ha potenziato questo tipo di tendenza già presente.
Se questo è lo sfondo per quanto riguarda le evidenze scientifiche del problema, non sono mancati anche approfondimenti per quanto attiene a quelle più strettamente sanitarie. In particolare, si è capito che non soltanto è possibile qualificare come disturbo dell'abitudine degli impulsi, ma che si tratta di un quadro che entra in un'associazione di comorbilità con altri quadri patologici, depressioni, ipomania, disturbo bipolare, impulsività, abuso di altre sostanze, quindi dipendenze classiche, disturbi della personalità, deficit dell'attenzione con iperattività, disturbo da attacchi di panico con o senza agorafobia, disturbi fisici associati allo stress, ulcera peptica, ipertensione arteriosa e si potrebbe continuare. Infatti, quello della comorbilità associata al gioco d'azzardo patologico è, purtroppo, un quadro in espansione. È chiaro, allora, che la risposta del sistema è nel senso, naturalmente, della prevenzione, della cura e della riabilitazione.
Che cosa si fa per contrastare questo fenomeno? Prima ancora di riferirvi su questo punto vorrei fornire qualche dato - spero ulteriore - rispetto a quelli che già lo svolgimento dell'indagine ha potuto mettere a disposizione, sapendo e premettendo che si tratta di dati, nella fase attuale, ancora abbastanza generali. Anche solo alla domanda «Quante persone in Italia possono rientrare nella definizione internazionale di gioco d'azzardo patologico?» si ha una risposta di carattere epidemiologico, basata quindi su una stima e non di tipo quantitativo preciso. Tuttavia, già questo può fornirci qualche orientamento.
In particolare, un significativo quadro della questione è - vorrei segnalarlo anche perché attiene a iniziative che il Ministero della salute ha promosso in passato, nel caso di specie, all'interno delle attività del Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie - un accordo di collaborazione che nel 2007 approvava e finanziava un progetto con capofila la regione Piemonte, con la focalizzazione su l'Italia che gioca.
Attraverso uno studio siamo riusciti, in qualche modo, ad ottenere una mappatura anche se, naturalmente, non aggiornata. Abbiamo, al contrario, ragione di credere che in questo settore ci sia stata un'accelerazione; tuttavia, il citato studio già offre un quadro e, secondo i relativi risultati, i giocatori d'azzardo in Italia sono 15 milioni nella fascia di età 15-64 anni, l'80 per cento dei quali, per fortuna, non ha un profilo a rischio. Il 20 per cento potrebbe essere a rischio (3 milioni di persone) e, in misura differente, il rischio qualificato come rientrabile nella definizione internazionale di gioco d'azzardo problematico (GAP) è stato stimato pari allo 0,8 per cento dei giocatori, comunque 120.000 persone.
Grazie a un altro obiettivo dello studio si è rilevato il dato dei pazienti in trattamento nelle strutture del Servizio sanitario nazionale, obiettivo cui hanno aderito 410 strutture, di cui 379 SerT, oltre a 31 enti del privato sociale. Se pensiamo che all'epoca i SerT erano 556, il fatto che abbiano aderito in 379 ci dà, sia pure non precisa, comunque una dimensione del fenomeno. Così sappiamo che ci sono delle figure professionali coinvolte maggiormente nella cura e riabilitazione - psicologi, assistenti sociali, medici, educatori professionali, psichiatri - e che i SerT nel 2007 hanno preso in carico per questo tipo di patologia 1.259 persone - evidentemente, parlo di quelli censiti dallo studio - con una tipologia di trattamento molto articolata. Si va, infatti, dal counselling alla psicoterapia individuale, al trattamento farmacologico, agli interventi psico-socio-educativi, al counselling telefonico, alla psicoterapia di coppia.
Accanto a questo studio, sempre nell'ambito del medesimo progetto, abbiamo anche avuto nel 2009 uno studio condotto dall'Istituto di fisiologia clinica del CNR volto a misurare il fenomeno tra i giovani.


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L'attitudine al gioco d'azzardo, secondo questo studio, non risparmia i ragazzi, per cui il fenomeno interesserebbe circa 450.000 studentesse e 720.000 studenti, ossia il 47,1 per cento dei giovani le scuole medie superiori dato che la campionatura era in questo target. Ripeto che si tratta di dati che ci offrono una dimensione del fenomeno, ma che non possono essere interpretati alla stessa maniera di altri dati qualitativi o quantitativi in quanto la mappatura del fenomeno stesso è ancora all'inizio.
A fronte di questa situazione, quali sono state le iniziative del Ministero della salute? Ricordo, anzitutto, che la legge di stabilità per il 2011 ha previsto l'adozione di un decreto interdirigenziale tra Ministero dell'economia e delle finanze, Ministero della salute, d'intesa con la Conferenza Unificata, concernente proprio le linee di azione per la prevenzione, il contrasto e il recupero dei fenomeni di ludopatia.
Il Ministero della salute, d'intesa con l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, con la collaborazione del Dipartimento per le politiche antidroga della Presidenza del Consiglio, ha predisposto uno schema di decreto interdirigenziale - ora all'esame della Conferenza Unificata - che contiene alcune linee d'azione per la prevenzione, indirizzi per la realizzazione di campagne informative ed educative, campagne di comunicazione mediatica, interventi di tipo educativo - questi naturalmente in collaborazione con il Ministero dell'istruzione - presso gli istituti scolastici e anche linee d'azione per il recupero.
Le regioni sono invitate a organizzare servizi territoriali per la prevenzione, cura e recupero delle persone colpite da disturbi di GAP capaci di anticipare il più possibile il contatto con le persone che abbiano problemi magari non già all'interno della definizione di GAP, ma in quella fase preliminare del gioco d'azzardo problematico. Allo stesso modo, questo schema di decreto interdirigenziale prevede un'attività ulteriore sia da parte dell'Amministrazione dei monopoli sia da parte del Ministero della salute e del Dipartimento per le politiche antidroga, oltre che delle regioni e degli enti locali, per definire linee di indirizzo tecnico-scientifiche e una continuità nell'azione di sorveglianza, contrasto e monitoraggio.
Da ultimo, però, credo sia importante segnalare che, nelle more dell'elaborazione di tale decreto interdirigenziale, si è valutato come Consiglio dei ministri - l'approvazione è dello scorso 16 aprile - di inserire, nell'ambito del disegno di legge recante delega per la revisione del sistema fiscale, una norma volta a definire un quadro il più possibile ampio dei vari profili coinvolti nella materia. Si è pertanto proposto al Parlamento di dare al Governo una delega per il riordino della disciplina del prelievo erariale sui singoli giochi. Si intende approfittare di questa necessità per avere un quadro più organico di tutta la disciplina introducendo disposizioni volte a prevenire, curare e recuperare i fenomeni di ludopatia - così si chiama nel nostro sistema il gioco d'azzardo patologico - sulla base di linee di indirizzo tecnico-scientifiche e con la realizzazione di progetti specifici finanziati con il gettito di sanzioni idonee. L'idea è di vincolare a tale scopo una quota del fondo sanitario nazionale di obiettivi di piano, in termini tecnici il cosiddetto «fondino», che rappresenta uno strumento importante proprio per completare l'insieme delle manovre del Servizio sanitario nazionale.
Inoltre, nel testo del disegno di legge delega si introduce l'oggetto del contrasto delle forme di pubblicità del gioco non conforme a quello considerato lecito a legislazione vigente, e comunque diretto a vietare su ogni mezzo di comunicazione forme di pubblicità ingannevole o anche solo quelle forme che non indichino l'alea della vincita.
Allo stesso modo, un principio di delega è quello di tutelare i minori dalla pubblicità dei giochi e garantire, comunque, anche contrastando diverse forme di attrazione, il rispetto del divieto di partecipazione a giochi con vincite di denaro,


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disciplinando anche opportunamente l'ubicazione dei locali adibiti a gioco sul territorio.
Come potete notare, da questa iniziativa emerge un quadro praticamente esaustivo di quello sfondo da cui sono partito. Il tema ha un profilo di ordine pubblico, di sicurezza, di ordine urbano, di tutela dei minori, un profilo sanitario e, sullo sfondo, un profilo che attiene al rapporto tra l'imposizione tributaria e queste attività.
In conclusione, è stato molto importante sollevare nuovamente il problema. In questi casi, dove c'è da intervenire non solo e non tanto su singoli comportamenti, ma sulle mentalità, sui modi di pensare, di comportamenti che portano a conseguenze indesiderate, evidentemente sollevare la discussione è importante, come lo è agire in prevenzione, definire percorsi e così via. È importante anche capire che forse, dal punto di vista dei pubblici poteri, è indispensabile un cambio di marcia, un mutamento di approccio. Credo che oggi ci sia la possibilità di comprendere che il fenomeno è molto più grave e preoccupante di quello che si poteva immaginare un tempo. Questo ha conosciuto, appunto, delle metamorfosi, e quindi è necessaria l'indicazione governativa con quei princìpi e criteri di delega. Le proposte di legge già presentate o annunciate a livello parlamentare vanno soprattutto in questa direzione.
Credo che il suggerimento che ci viene da questa vicenda sia di riuscire - in tal senso si muove anche il contributo del Governo a questa riflessione attraverso lo specifico criterio di delega - a combinare più interventi in modo organico. Non tanto aut aut - o la prevenzione o le limitazioni della pubblicità - ma mettendo insieme un intervento di natura preventiva, di carattere sanitario, il problema del rientro dal fenomeno del gioco d'azzardo patologico. Questa è una malattia e, ovviamente, deve essere trattata come tutte le malattie, con attenzione ai minori e anche conferendo alle istituzioni locali i poteri, difendibili in sede giurisdizionale, per contrastare validamente la patologia di queste manifestazioni e di autorizzare o vietare determinate ubicazione di sale giochi, localizzazioni nell'ambito urbano.

PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro per la sua relazione e, in particolare, perché ha messo a fuoco alcuni argomenti importanti già evidenziati alla Commissione nelle varie audizioni svolte.
Ieri abbiamo ascoltato i rappresentanti delle regioni e, nell'ambito dell'audizione, se non ricordo male, siamo stati informati che proprio quel provvedimento di cui lei parla, è fermo presso la Conferenza Stato-regioni. Vorrei capire per quale motivo questo provvedimento - che potrebbe essere, a mio avviso, importante per cercare di risolvere, come giustamente, anche lei asserisce, tutto il problema - si è arenato. Non si può, infatti, gestire tale problema solo sotto il profilo sanitario o della prevenzione, o della pubblicità, nella sua complessità bensì nel suo insieme.
Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

ANNA MARGHERITA MIOTTO. Vorrei ringraziare il Ministro per i contenuti della sua relazione e per le proposte che ha formulato. Tuttavia, esprimo una prima perplessità riguardo alla delega. Se, infatti, chiedere una delega rappresenta la via più rapida per avere possibilità di emanare dei provvedimenti, credo che la via parlamentare sarebbe comunque la strada più utile e opportuna da sperimentare.
Esistono, infatti, molte proposte in materia e credo che concluderemo l'indagine con un'ulteriore proposta di legge e con un atto parlamentare che consenta di mettere insieme i contributi raccolti in questi due mesi, per cui ritengo che la legislatura possa chiudersi con un arricchimento delle norme volte al contrasto del preoccupante fenomeno della ludopatia e uscire un po' dalle dichiarazioni che si sono susseguite in questi mesi da parte di mezzo Governo.
Molti ministri, infatti, sono intervenuti con dichiarazioni, annunci di proposte, ma credo che siano due i punti fermi sui quali voglio proporre un'iniziativa più decisa per


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il Governo. Il primo riguarda un serrato confronto sui criteri della delega, qualora non si decidesse di scegliere come strada da percorrere la via parlamentare, prendendo in considerazione i progetti di legge esistenti e quelli che saranno depositati tra qualche giorno. La seconda questione, sulla quale penso che sia necessario uscire dall'impasse, attiene al decreto bloccato - da quanto ci è stato detto dal Governo, penso dal MEF - che non ha davvero ragione di restare negli archivi della Conferenza Stato-regioni.
Quel decreto, come il Ministro ci ha confermato, contiene una serie di linee di azione importanti, che si collocano nell'ambito della prevenzione primaria e secondaria. Anche se non abbiamo visto il decreto, esso dovrebbe collocarsi all'interno di questa tipologia di interventi. Tuttavia, è fermo perché prevede che queste linee di azione possano avvalersi di una dotazione finanziaria che proviene in parte - lo 0,50, come affermato ieri dalle regioni - dal gettito creato dagli 80 miliardi di euro spesi nel gioco legale.
Signor Ministro, le pongo la questione, intanto, di sbloccare questo decreto, e quindi di avviare, finalmente, delle concrete azioni nei SerT, che già hanno sperimentato delle buone pratiche in Italia. Serve, dunque, un'iniziativa nei confronti dei suoi colleghi ministri, che evidentemente hanno posto delle forti riserve.
La seconda questione è che dobbiamo stare un po' attenti su queste misure. Capisco che, quando si tratta di affrontare un'emergenza, si possano utilizzare quote del gettito di proventi legati a una pratica che bisogna diminuire, contenere, ridurre. Guai, però, ad avviare una sorta di circolo vizioso in cui per contrastare l'aumento della patologia diventa necessario aumentare il prelievo da quel fondo per finanziare i servizi che dovrebbero cercare di contenere i danni del gioco. Penso che questa sia una regola che può valere solo nel momento in cui bisogna aggredire un problema, ma poi bisogna affidarsi ad altri strumenti per poterlo contenere. Già oggi lo Stato è complice della diffusione del gioco patologico: rischiamo di trovare un'altra ragione per sostenere il gioco patologico, ossia quella di riuscire a trovare soltanto in questo modo le risorse per curare gli aspetti patologici.
Su questo punto, credo e spero che il decreto all'attenzione del Governo - le regioni ci hanno riferito di aver già espresso un parere favorevole e, dunque, si tratta di sbloccarne l'iter - preveda anche questo percorso di regressione rispetto all'impostazione che, altrimenti, rischia di alimentare il GAP.

DONATO RENATO MOSELLA. Anch'io mi associo ai ringraziamenti. Credo - almeno così mi pare di aver compreso, avendo in questi mesi dedicato un po' di attenzione, rigore e serietà intorno al tema nelle diverse occasioni e opportunità che abbiamo avuto - che il Ministro abbia scelto la strada di fornirci un quadro. Francamente, mi sembra anche un modo corretto di concludere un'indagine in cui sono definiti i tratti di competenza e i dati di cui il Ministero, sostanzialmente, dispone.
Personalmente, tuttavia, ritengo che per il lavoro svolto e anche per quanto evidenziato dall'indagine conoscitiva, sia preferibile che si tenti tutto il possibile affinché le nuove norme siano scritte attraverso la via parlamentare, tenendo conto di tutto quanto abbiamo ascoltato in quest'Aula nelle diverse occasioni.
Ritengo che possano essere avviate iniziative, anche alla luce del quadro che il Ministro ci ha voluto proporre, non so se utilizzando il cosiddetto fondino e gli strumenti di cui il Ministero dispone. Vorrei, signor Ministro, non solo accogliere il quadro che ci ha presentato, ma anche far memoria della gravità della situazione. I dati forniti da «L'Italia che gioca» sono, infatti, già circolati e anche altri soggetti sono venuti in Commissione con gli stessi dati, nel frattempo fortemente amplificati perché la velocità di alcuni strumenti di gioco è enorme.
La domanda, quindi, che molti di noi si fanno - senza nessuna presunzione, perché si tratta di un ragionamento che si sta avviando - è la seguente: in questo momento,


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mentre ci si impegna, giustamente, in un lavoro di iniziativa parlamentare che, onestamente, per noi sarebbe dignitoso, anche dopo tutto il dispendio di energie profuse, cosa può fare il Ministero o comunque lo Stato, sempre su sollecitazione di chi ha il compito di prevenire, di educare e di recuperare, anche alla luce dei dati di cui dispone, per accompagnare questo percorso che rischia di essere a medio e lungo termine?
Francamente, infatti, dobbiamo anche considerare che, essendo quasi al termine della legislatura, tale lavoro rischia di non arrivare a conclusione. A quel punto, l'ipotesi di un decreto fermo potrebbe diventare un'opzione praticabile perché a noi interessa comunque intervenire. Vanno tenuti, tuttavia, presenti alcuni elementi che vorrei citare: le campagne informative nelle scuole, da quello che abbiamo percepito, sono a macchia di leopardo e i costi per far circolare uno stesso dépliant in tutte le scuole italiane, magari in concorso con il Ministero della pubblica istruzione per dire ai genitori a chi rivolgersi, non sono proibitivi.
Abbiamo visto che i centri sono pochi, ma quei pochi, se messi in rete, potrebbero già rappresentare un segnale forte per testimoniare che l'istituzione ha compreso la gravità del problema, anche grazie a queste audizioni e si potrebbe, dopo che il Parlamento ha sollevato la questione anche in maniera forte, capire chi può agire, in che modo il gioco diventa una patologia e a chi rivolgersi se questo accade. Si potrebbe istituire un numero verde per chiedere consiglio e aiuto. Sarebbe un grande segnale anche per noi che abbiamo, come Parlamento, sollevato la questione e per lei, che l'ha raccolta in tutte le sedi. Ho anche ascoltato i suoi interventi in alcuni convegni e sono stati chiari, decisi; l'unica cosa di cui mancano è quella di ricevere una qualche forma di azione.
Mettere in rete i centri di contrasto alla dipendenza per monitorare il fenomeno nel suo andamento globale - c'è al riguardo del materiale interessante, tenuto, tuttavia, separato come in compartimenti stagni - potrebbe essere già un'iniziativa per informare le istituzioni e per scambiarsi anche delle esperienze di buone pratiche, di buone terapie. Abbiamo ascoltato cose anche interessanti in questa direzione, per cui l'Italia non è ferma, anche se procede quasi come si trattasse di iniziative a campione.
Sulle macchinette, è così complicato apporre cartelli similmente a quanto accade per le scritte sui pacchetti di sigarette? Ho sentito anche in quest'Aula alcuni esperti che hanno sollecitato in questa direzione: si può pensare a diciture che indichino che il gioco genera dipendenza, che può diventare una malattia, che non si dovrebbe giocare più di venti minuti, non più di un certo numero di volte a settimana e così via, avviare un lavoro di questo tipo, o almeno farlo avviare a chi di competenza.
Sono andato a documentarmi in alcuni di questi centri perché, francamente, prima dell'inizio di questa vicenda guardavo le macchinette, ma non ero molto interessato. Sono stato in alcuni centri della periferia di Roma, dove mi hanno portato alcuni dei nostri giovani: devo dire che sono impressionanti sia come ambienti, sia come volume di attività che svolgono, di degrado socio-culturale e anche sanitario, laddove persone sudate restano incollate a quegli oggetti. Ci sarebbe veramente da agire.
Compaiono sulle macchinette scritte molto appariscenti, che fanno luccicare gli occhi dei minori, i dati che lei conosce meglio di tutti. Bisognerebbe pensare a queste scritte. Anche per il gioco on line bisognerebbe rendere obbligatorio un avvertimento, come quelli dei medicinali, del tipo: il gioco d'azzardo può diventare una malattia che mette a rischio la salute e la serenità. Non credo che un'iniziativa del genere richieda processi legislativi articolati, ma solo interventi autorevoli e lei, a mio avviso, ha la forza e anche la competenza per farlo.
Più che proibire - abbiamo sentito di misure quasi irrealizzabili proposte anche da alcuni nostri colleghi, come se il proibizionismo avesse risolto il problema dell'alcol,


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delle sigarette, delle macchine che inquinano - dovremmo veramente tentare di porre dei limiti alla pubblicità del gioco d'azzardo, anche quella che va in televisione. Dove è scritto che non devono esserci limiti di tempo? Al di là di ciò che dice - che dove è condannabile va denunciato, cosa che abbiamo fatto - bisognerebbe stabilire quanti consigli pubblicitari in materia si possono mandare in onda sulla rete, in quali fasce. Sarebbero già queste alcune delle iniziative che potrebbero dare segnali concreti.
Ormai c'è una corrispondenza anche con le associazioni con le quali abbiamo interloquito, che ci chiedono come sia possibile che mentre stiamo facendo queste audizioni, non possiamo sollecitare il Ministro a sbloccare il decreto oppure a prendere altre decisioni.

PAOLA BINETTI. Concordo con tutto quanto osservato dai colleghi, per cui mi piace soltanto sottolineare tre questioni diverse.
La prima riguarda l'informazione che abbiamo ricevuto, secondo la quale il gioco d'azzardo è la seconda azienda di Stato. È un volume di affari che gira intorno al gioco d'azzardo, al punto che qualcuno lo difendeva anche in termini di posti di lavoro che si sono creati, anche se, rispetto alla possibilità di creare questi posti di lavoro, ci sono dei fattori di rischio molto grandi. È un po' triste che, soprattutto nel momento in cui ci troviamo in grande difficoltà economica, la seconda azienda di Stato debba essere il gioco d'azzardo. Non credo che questo possa fare onore al Paese.
D'altra parte, ci rendiamo anche conto che il prelievo fiscale che si fa rispetto al gioco d'azzardo è inferiore a quello che si fa rispetto ad altri settori, per cui anche questa è una riflessione che, probabilmente, riguarda i ministeri dell'economia e dello sviluppo, ma qualcuno dovrebbe fare una riflessione seria rispetto a questo modo di fare cassa.
Personalmente, mi interessa soffermarmi, in questo momento, maggiormente sulla dimensione che coinvolge i giovani. Mi sembra di averle già riferito e di aver presentato anche un'interrogazione, alla quale non ho ricevuto nessuna risposta, riguardo il materiale pubblicitario circolato e circolante nelle scuole medie superiori: se fosse questo - rispondo all'amico Mosella - il materiale da far circolare, meglio sarebbe gettarlo tutto nella pattumiera.
Mi riferisco a quei depliant o, comunque, a quel materiale fornito dall'Amministrazione dei monopoli di Stato, quindi da un'azienda prossima alle strutture governative, in cui è presente la classificazione dei giocatori tra giocatore sicuramente superficiale, esperto e quello che viene definito il modello del soggetto «sfigato», per cui, se non gioca mai, è perché non ha il coraggio di misurarsi o perché, tutto sommato, si ritiene incapace. Il profilo con cui è disegnata l'adolescenza dei nostri ragazzi è così sgradevole che mi chiedo davvero non solo chi lo abbia autorizzato e pagato, ma perché non sia stato ritirato, tenuto conto di quello che comporta.
A tutto questo, però, aggiungo un fatto molto concreto, che mi è stato riferito: se si è iscritti a un sito come giocatore, dopo un po' che non si gioca - tale astensione potrebbe dipendere anche da una ragione virtuosa, per cui uno sta cercando di disintossicarsi dalla dipendenza - arriva un accredito di 5 euro. Qualcuno dice al giocatore che forse non sta giocando perché non ha soldi: questa è veramente una di quelle forme di «pusherizzazione» insidiosa, per cui si accreditano dei soldi perché si possa riprendere a giocare sapendo che, qualora il giocatore riprendesse, si procurerà a propria volta le risorse per continuare a giocare. L'azione seduttiva nei confronti dei clienti fragili, giovani, è continua, costante e sistematica e questa è una responsabilità di cui lo Stato si è già caricato fin troppo. A me sembra che sia un'azione che, come dico, riguarda una complessità di ministeri a tutto campo.
Il collega Mosella faceva riferimento all'ambiente fisico che si respira nei luoghi dove sono presenti queste macchinette, ma


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oltre all'ambiente fisico e al fatto che abbiamo ripetutamente chiesto che sia disinnescata la bomba della pubblicità ingannevole, quindi, per esempio, concretamente che si metta al corrente che vince uno su 100.000, uno su 5 milioni, credo che debba essere evidenziato anche che molte volte chi gestisce queste sale, dopo aver fatto tanto per sottrarre il gioco legale dal gioco illegale, in realtà si affidi a esperti che provengono dal gioco illegale.
In queste sale sono presenti figuri che nell'atteggiamento, nella proposta, nel linguaggio e nel modo, probabilmente, vantano alle loro spalle esperienze di tutt'altro genere. Occorrerebbe, dunque, anche un controllo su queste sale, sulle persone, sulle macchine e sui tempi. Addirittura, pensavamo che potesse esserci una specie di contatore del tempo, per cui si è autorizzati a entrare per un certo periodo di tempo e non di più.
Esiste, inoltre, a mio avviso - concludo con questo tipo di osservazione - il tema famoso delle cosiddette terapie. Effettivamente, ho verificato e so che tra i livelli essenziali di assistenza alle tossicodipendenze ci sono anche quelli dei giocatori d'azzardo. Ho forse già avuto modo di dirle che ho verificato che tra i metodi proposti - lei stesso li citava - dal counselling alle psicoterapie, sono proposti più stili di psicoterapia e non ce n'è di un genere solo. Mi riferisco ad altre esperienze in cui c'è stata la monopolizzazione delle psicoterapie, mentre è anche inserito il gruppo di aiuto del modello giocatori anonimi.
Mi sembra impossibile, allora, che non si riesca a immaginare di utilizzare la rete in chiave virtuosa, anche se il termine mi sembra eccessivo, o almeno un modo in cui la narrazione dei fatti, l'esposizione - adesso c'è questo martellare continuo del racconto del suicida, che è drammatico - di storie vere, che disinneschino le bombe, coinvolgano i giovani anche nella gestione e nella conduzione. Potrebbero essere gli stessi giovani, in qualche modo, a innescare un processo di sottrazione dalla dipendenza, ma mi sembra che, da questo punto di vista, non riusciamo ad avere un atteggiamento significativo sul piano della proposta. Subiamo un po', come al solito, l'impatto dell'essere in difesa, e tuttavia su di noi si scarica la responsabilità economica, promozionale e propositiva di questi strumenti, informatici e reali.

DOMENICO DI VIRGILIO. Sarò brevissimo. Innanzitutto, voglio esprimere la mia condivisione su quanto ha affermato, signor Ministro, per due motivi: in primo luogo, perché credo fortemente che lo Stato e il Ministero che lei rappresenta debbano dare una direttiva e lei ci ha assicurato che agirà in questo senso.
Nella mia esperienza alla Camera mi è già successo di assistere a casi analoghi, per esempio quando non trovammo un accordo sulla chiusura dei locali, sulla vendita dell'alcol e così via per impedire le stragi del sabato sera. Tra l'altro, l'argomento del gioco d'azzardo patologico è estremamente delicato perché si scontrano, da un lato, il riconoscimento di una dipendenza, di una patologia dovuta al gioco e, dall'altro, la libertà individuale del gioco.
In secondo luogo, ancora una volta, potrebbe ripetersi un contrasto tra lo Stato e le regioni, come in altri campi. Mi conforta, quindi, l'intervento dello Stato e del suo Ministero in questo campo al di sopra di ogni interesse particolare. In attesa quindi di una legge, che potrebbe anche non vedere la luce in questa legislatura, lei potrebbe intervenire in qualche modo dando delle direttive in questo senso, coinvolgendo anche esperti del settore, psicologi, psichiatri e così via, in modo da poter definire quando la ludopatia diventa veramente una patologia che può condurre molte famiglie sul lastrico, come ognuno di noi ben sa.
Rivolgo un plauso a lei, quindi, signor Ministro e se non si dovesse arrivare ad approvare una legge, almeno una direttiva del Ministero per la salute in questo campo sarà utilissima per tutte le regioni.

ANDREA SARUBBI. Credo che il contributo migliore che il Governo possa offrire al Parlamento su questo tema sia


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quello di carattere economico e finanziario. Infatti, anche in questa Commissione abbiamo molte idee buone, ma materialmente non abbiamo gli strumenti per finanziare quanto avremmo in mente di portare avanti.
Lei parlava di un fondo legato a delle sanzioni: come lei sa - è inutile che ci prendiamo in giro - quando i fondi sono alimentati dalle sanzioni è come dire che tali somme di denaro saranno recuperate dalla lotta all'evasione. Il dato certo è il numero standard di persone, ahinoi, ludopatiche e quello che lei citava del 2007 certamente si è moltiplicato; è, invece, incerto quello che riguarda i soldi che si riusciranno a recuperare con le sanzioni.
Detto questo, un maggiore controllo, naturalmente, è indispensabile, non solo benvenuto. Anche la Guardia di finanza, con la quale abbiamo parlato anche in maniera informale, ha garantito di essere pronta e disponibile ad accentuare i controlli. Immagino, quindi, che un piano serio di controlli portato avanti dal Governo in collaborazione con la Guardia di finanza sia benvenuto.
Vorrei sollevare un paio di questioni, una delle quali si riallaccia a quanto affermava l'onorevole Binetti poco fa. Parliamoci chiaramente: nel campo, ad esempio, delle scommesse sportive, l'on line copre soltanto l'8 per cento del fatturato, mentre il 92 per cento è ancora scommessa allo sportello. Una scommessa allo sportello, in questo momento, ha vari aspetti che non funzionano. Mentre, infatti, per la scommessa on line è necessario il codice fiscale - può darsi che lo si sia rubato alla nonna, ma nel caso di un minore bisogna aver saputo, ad esempio, aprire un conto - se si va, invece, a uno sportello, difficilmente l'operatore fermerà il giocatore, anche se ha 17 o 16 anni.
Per l'on line esistono alcuni controlli o, ad esempio, la possibilità di tirarsi indietro a un certo punto con l'autoesclusione, che alcuni utilizzano. Quando, infatti, il giocatore vede che gli sta scappando di mano la situazione, può chiedere di essere estromesso dal gioco per sei mesi e a quel punto il singolo operatore non lo farà giocare più per tale periodo. Spesso, però, accade che dopo un mese o due non si resista e ci si rivolga ad altro operatore, per cui si può passare da Betfair a Bwin o a chi per lui. In Italia manca - come mi pare che, invece, nel Regno Unito esista - un lavoro centralizzato che, in questo caso, potrebbe essere svolto, per esempio, dai monopoli di Stato, finalizzato a controllare tutte le persone che hanno richiesto l'autoesclusione o che sono state escluse da alcuni operatori.
Betfair, ad esempio, attraverso uno studio con l'università di Oxford e di Cambridge è riuscita a individuare i giocatori a rischio. Tendenzialmente, si tratta di un'«anamnesi familiare»: se esistono, infatti, delle dipendenze in famiglia, è più probabile che un giocatore sia a rischio. Anche da alcuni comportamenti on line è possibile capire quando quella persona si sta avvicinando al rischio o meno. Addirittura, Betfair finanzia autonomamente progetti per la ludopatia. Purtroppo, in Italia non abbiamo questo livello di partecipazione delle concessionarie, ma quand'anche una persona decidesse di smettere con Betfair, essa sarebbe recuperata da un altro operatore.
Potremmo creare per i monopoli dello Stato una banca dati delle persone che per un determinato periodo devono essere escluse, in modo che chi gioca in rete con un qualsiasi operatore non possa venire riammesso da nessun altro; si potrebbe anche legare - credo che il Governo possa farlo, era una delle misure che avevamo in mente - la giocata a un'identificazione, che sia appunto, per esempio, la tessera sanitaria, come per le sigarette. Mio fratello a 16 anni voleva comprare le sigarette alla macchinetta e chiedeva a me, che non glielo davo, il mio codice fiscale. Si potrebbe, dunque, ricorrere al codice fiscale, alla tessera sanitaria, per consentire o meno la possibilità di giocare. Questo garantirebbe anche, senza violare la privacy, una capacità di monitorare le possibili ludopatie. Si tratta di misure concrete.
Le chiedo, tuttavia, anche se siete già a un punto buono di formulazione della


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proposta, di scindere - diversamente, sarebbe letto male anche dai cittadini e si fa presto a parlare di proibizionismo - quei giochi in cui l'alea è molto forte dai giochi, invece, in cui è richiesta una certa abilità. È chiaro che se ad esempio si scommette sul tennis e su chi vincerà Wimbledon, ci potrà pure essere una componente di fortuna perché la palla può entrare o uscire, ma si deve almeno sapere che un giocatore è più forte dell'altro sull'erba e non sulla terra e così via. La stessa cosa avviene per il calcio e altro. Se, invece, si gioca al Superenalotto, si può anche essere il più grande matematico del mondo, ma la probabilità di vincita rimane sempre uguale a quella di essere colpiti da un fulmine a ciel sereno. A mio avviso, quindi, quando si va ad affrontare il tema, bisogna anche trattare situazioni uguali in maniera uguale e situazioni diverse in maniera diversa.

PRESIDENTE. Do la parola al Ministro per la replica.

RENATO BALDUZZI, Ministro della salute. Tempo fa avevo studiato alcune procedure parlamentari e quelle d'indagine conoscitiva mescolavano l'aspetto del controllo con quello dell'indirizzo. Credo che sia questo il punto di vista che, correttamente, dovrei assumere, in attesa della conclusione dell'indagine stessa. Già da questa discussione, però, per cui vi ringrazio, traggo alcune indicazioni di indirizzo che credo mi vincolino, come ministro pro tempore della salute, per esempio nel fare in modo - è stato detto dal presidente, dall'onorevole Miotto in modo forte, ma anche dall'onorevole Di Virgilio - di favorire il buon esito del procedimento che riguarda il decreto interdirigenziale attualmente all'esame della Conferenza Stato-regioni.
Così pure - mi riferisco soprattutto alle indicazioni dell'onorevole Mosella e dell'onorevole Binetti - devo impegnarmi nel senso delle iniziative a normativa vigente, quindi campagne informative. Un'altra indicazione è quella secondo cui limitare non è proibire e io credo che si debba essere molto chiari su questo. Avevo letto, peraltro, lo stenografico in cui questa discussione nella Commissione era già emersa.
Allo stesso modo, credo che le ultime proposte avanzate vadano sicuramente tenute in considerazione. Ci sono, certamente, dei profili da valutare, come sempre quando si è in presenza di dati sensibili, ma non possono essere considerati ostativi a immaginare qualche riscontro. Credo anche, però, che non tutto sia possibile attraverso l'azione amministrativa. Credo che l'intervento «a 360 gradi» da molti invocato e, forse, indispensabile su cui, appunto, parecchi e già diversi ministri avevano cominciato a far lavorare gli uffici e a raccordarsi tra di loro, richieda, come, d'altra parte è il motivo di un'indagine conoscitiva interna a un procedimento legislativo, qualche strumento che vada oltre la normativa vigente.
Allora viene il problema del veicolo. Non sempre l'ottimo collima con il bene e, su questa base, credo che tutti debbano fare qualche sacrificio rispetto ai loro punti di vista. Anche alcuni punti di vista propri del Ministero della salute o dell'interno, o per l'integrazione, sono stati, evidentemente, portati all'interno di una riflessione collegiale, individuando un veicolo perché ragionevolmente considerato capace di andare avanti con una certa speditezza.
Sotto questo profilo, credo che l'attività decisa dalla Commissione, presidente, proprio con l'indagine, stia fornendo già dei materiali di grande interesse. Certamente, ci sarà un suo consolidamento, la fase della raccolta, ma già adesso sta fornendo materiale di grande interesse e io intendo anche questa audizione come un elemento importante nella definizione, appunto, del percorso su cui il Governo ha pensato di proporre alla valutazione delle Camere.
La legislatura sta volgendo al suo termine e, quale che esso potrà essere, evidentemente va fatta una valutazione di opportunità sui veicoli. Chiederei, allora, anche alla Commissione di riflettere ulteriormente su questo e di individuare qualche strumento che possa essere a completamento dell'indagine conoscitiva. Può esserci,


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certamente, un testo unificato o più proposte, o possono esserci altri strumenti ispettivi che possono aiutare il percorso ove le Camere decidano di appoggiare la proposta del Governo di inserire nel disegno di legge e di revisione del sistema fiscale anche questo tema.
Capisco che si tratta di una prospettiva parziale, ma credo che sia anche una prospettiva forse praticabile. Almeno per quanto riguarda l'impegno del Ministero della salute, ci impegneremo a fare quello che si può a normativa invariata anche alla luce della discussione di quest'oggi. Rimangono alcune questioni che non possono essere affidate alla sola azione amministrativa e richiedono, quindi, strumenti diversi.

PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro anche per la disponibilità che ci ha offerto. Sicuramente, come Commissione ormai alla fine di questo ciclo di audizioni nell'ambito dell'indagine conoscitiva, produrremo un documento e su questo stesso cercheremo di avanzare una proposta operativa la più rapida e la più completa possibile.
Ringrazio ancora il Ministro Balduzzi e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 13,50.

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