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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione XII
1.
Martedì 12 ottobre 2010
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Palumbo Giuseppe, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DELLE ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE C. 918 MARINELLO, C. 1353 LIVIA TURCO, C. 1513 PALUMBO, C. 1266 CONSIGLIO REGIONALE DEL PIEMONTE E C. 3303 LUCÀ, RECANTI «NORME PER LA TUTELA DEI DIRITTI DELLA PARTORIENTE, LA PROMOZIONE DEL PARTO FISIOLOGICO E LA SALVAGUARDIA DELLA SALUTE DEL NEONATO»

Audizione di rappresentanti della Società italiana di ginecologia e ostetricia (SIGO), della Società italiana di neonatologia (SIN), della Società italiana di pediatria (SIP), della Società italiana di medicina perina tale (SIMP), dell'Associazione ostetrici ginecologi ospedalieri italiani (AOGOI) e dell'Associazione ginecologi universitari italiani (AGUI):

Palumbo Giuseppe, Presidente ... 3 6 8 9 10 11 14 16
Castellani Carla (PdL) ... 12
D'Incecco Vittoria (PD) ... 11
Di Virgilio Domenico (PdL) ... 13
Fucci Benedetto Francesco (PdL) ... 12
Giliberti Paolo, Presidente della SIN ... 9 10 15
Miotto Anna Margherita (PD) ... 13
Monni Giovanni, Presidente dell'AOGOI ... 6 16
Moscarini Massimo, Presidente dell'AGUI ... 8 15
Salvatori Guglielmo, Socio della SIP ... 11
Trojano Vito, Vicesegretario nazionale dell'AOGOI ... 11 15
Vittori Giorgio, Presidente della SIGO ... 4 12 14 15
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Futuro e Libertà per l’Italia: FLI; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l’Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud Libertà e Autonomia-Partito Liberale Italiano: Misto-Noi Sud LA-PLI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Repubblicani, Azionisti. Alleanza di Centro: Misto-RAAdC.

COMMISSIONE XII
AFFARI SOCIALI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 12 ottobre 2010


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIUSEPPE PALUMBO

La seduta comincia alle 15,10.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti della Società italiana di ginecologia e ostetricia (SIGO), della Società italiana di neonatologia (SIN), della Società italiana di pediatria (SIP), della Società italiana di medicina perinatale (SIMP), dell'Associazione ostetrici ginecologi ospedalieri italiani (AOGOI) e dell'Associazione ginecologi universitari italiani (AGUI).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nel contesto dell'indagine conoscitiva nell'ambito dell'esame delle abbinate proposte di legge proposte di legge C. 918 Marinello, C. 1353 Livia Turco, C. 1513 Palumbo, C. 1266 Consiglio regionale del Piemonte e C. 3303 Lucà, recanti «Norme per la tutela dei diritti della partoriente, la promozione del parto fisiologico e la salvaguardia della salute del neonato», l'audizione di rappresentanti della Società italiana di ginecologia e ostetricia (SIGO), della Società italiana di neonatologia (SIN), della Società italiana di pediatria (SIP), della Società italiana di medicina perinatale (SIMP), dell'Associazione ostetrici ginecologi ospedalieri italiani (AOGOI) e dell'Associazione ginecologi universitari italiani (AGUI).
Nel dare il benvenuto mio e di tutta la Commissione ai nostri ospiti, ricordo che sono presenti il professor Giorgio Vittori, presidente della Società italiana di ginecologia e ostetricia (SIGO), il professor Paolo Giliberti, presidente della Società italiana di neonatologia (SIN), il dottor Guglielmo Salvatori, socio della Società italiana di pediatria (SIP), il professor Giovanni Monni, il professor Vito Trojano e la dottoressa Lucilla De Leo, rispettivamente presidente, vicesegretario nazionale e consulente relazioni istituzionali dell'Associazione ostetrici ginecologi ospedalieri italiani (AOGOI) ed il professor Massimo Moscarini, presidente dell'Associazione ginecologi universitari italiani (AGUI). La SIMP ha comunicato di non poter partecipare alla audizione in data odierna, chiedendo di essere convocata in una successiva seduta.
Ringrazio gli auditi, ai quali rivolgo un saluto affettuoso perché da tempo lavoriamo nello stesso campo e di ciascuno conosco la competenza, la capacità, la professionalità e la serietà.
Ci troviamo ad affrontare un problema che purtroppo è stato recentemente all'attenzione di tutti i mass media. Già prima del verificarsi di quei fatti incresciosi avvenuti contemporaneamente, sebbene la nostra ginecologia sia una delle migliori al mondo per indice di mortalità neonatale e materna, avevamo già scelto di affrontare questo tema.
Tale disegno di legge sulla tutela del parto, del neonato e della madre è infatti datato, giacché prese avvio nel corso della XIV legislatura senza che il presidente riuscisse a concluderlo, fu poi ripreso


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dall'allora Ministro Livia Turco con un suo disegno di legge giunto a buon punto, ma non portato a termine a causa della precoce chiusura della legislatura. L'avevamo quindi messo in calendario già prima che si verificassero questi episodi.
Mentre le indagini conoscitive condotte dalle due Commissioni di inchiesta del senatore Marino e dell'onorevole Orlando sono finalizzate a capire le motivazioni degli errori, in quanto inchieste di tipo giudiziario, noi intendiamo realizzare un'indagine conoscitiva per capire l'attuale funzionamento dei punti nascita, dell'assistenza alla madre, al neonato, al prematuro e valutare come nell'ambito delle proposte avanzate in quei disegni di legge sia possibile migliorare la legislazione attuale e l'assistenza alle mamme a ai neonati in tutta la nostra nazione, per renderla uniforme e sempre migliore.
Realizzeremo questa indagine attraverso le audizioni, la visita di alcuni punti nascita in Italia e il confronto con alcune realtà estere. La finalità è quindi positiva, non inquisitiva.
Do quindi la parola al professor Vittori, presidente della società italiana di ginecologia e ostetricia (SIGO).

GIORGIO VITTORI, Presidente della SIGO. Signor presidente, signori membri della Commissione, vi ringrazio per l'opportunità di essere audito in merito alle tematiche che riguardano l'esame delle proposte di legge recanti norme per la tutela dei diritti della partoriente, la promozione del parto fisiologico e la salvaguardia della salute del neonato.
La ringrazio in maniera speciale per aver toccato temi di importanza strategica per l'intera nazione proprio nel momento in cui ha un tasso di fecondità di circa 1,38, con un'età media per avere il primo figlio di circa 34-35 anni. Riteniamo che tutto ciò che riguarda il settore punti nascita materno-infantile, ma soprattutto la salute della donna richieda una speciale attenzione.
Mi sono permesso di lasciare presso la segreteria della Commissione una memoria, che riassume il pensiero e le richieste dei ginecologi italiani, e le chiedo, signor Presidente, di tenere in particolare considerazione una richiesta speciale.
Il fatto che il Progetto obiettivo materno-infantile (POMI) sia stato fermo per dieci anni e che le tematiche siano già state espresse nel corso degli ultimi lustri richiede una strategia speciale e la messa in opera di quanto una nazione può attualmente meritare.
Nelle prossime settimane, verrà discusso il Piano di riorganizzazione dei punti nascita italiani e della definizione degli standard di riferimento sia per le prestazioni ostetriche che per quelle ginecologiche. Pur consapevoli della seria situazione economica e delle problematiche ad essa legate, riteniamo tuttavia doveroso sottoporre alla vostra attenzione alcune criticità e peculiarità relative alla riorganizzazione del settore materno-infantile e della salute della donna, nella convinzione che essi meritino un'attenzione prioritaria.
A causa della diminuzione delle nascite del nostro Paese, vi sono ancora punti nascita che effettuano meno di 500 parti all'anno. Per motivi di evidenza scientifica e di appropriatezza assistenziale nonché di risorse, è in valutazione un progetto di riorganizzazione dei punti nascita secondo criteri di qualità e di buon funzionamento, al fine di allinearli agli standard europei.
Vi saranno sicuramente accorpamenti di unità operative con dolorose, immaginabili conseguenze personali, ma siamo tuttavia convinti che ginecologi, pediatri, neonatologi, medici del territorio, ostetriche, anestesisti, esperti di partoanalgesia siano pronti ad affrontare e a condividere un progetto di ristrutturazione considerato inevitabile, necessario, se verrà preso in considerazione l'obiettivo di riqualificazione del settore.
Per quanto concerne le azioni necessarie al rilancio del settore materno-infantile, preso atto della necessità di riorganizzare la rete, riteniamo però doveroso che tale processo sia accompagnato da una forte azione di ammodernamento e di ottimizzazione della stessa, attraverso molteplici interventi a costo zero o comunque rientranti negli attuali LEA, per


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offrire ai cittadini un servizio di assistenza materno-infantile moderno ed efficiente, in grado di rispondere ai nuovi, più selezionati bisogni di assistenza.
In questo quadro, le politiche di sostegno e valorizzazione del comparto materno-infantile dovranno prevedere iniziative atte a promuovere l'accesso alla partoanalgesia, diritto ancora poco garantito nonostante sia ritenuto un'opzione standard per la partoriente, e al parto fisiologico adeguando le strutture agli standard nazionali e internazionali, perché le carenze strutturali e organizzative sono una delle cause dell'eccessivo ricorso al taglio cesareo senza indicazione, quindi inappropriato, modalità di parto che, come mostra la letteratura scientifica, presenta un tasso di morbilità materna e neonatale doppia rispetto al parto spontaneo e comporta costi economici più elevati.
Dovranno promuovere inoltre l'allattamento materno sostenuto da tutte le componenti sanitarie per gli indubbi vantaggi sulla salute del bambino sotto l'aspetto sia nutrizionale che psicoaffettivo, il monitoraggio della depressione post partum, disturbo che colpisce circa il 10 per cento delle donne che hanno avuto un bambino, il sostegno alle prestazioni di ginecologia preventiva.
Lo screening, le vaccinazioni e le politiche di contrasto alle malattie sessualmente trasmissibili costituiscono un fattore chiave ai fini di una concreta integrazione tra territorio e ospedale e della valutazione del tasso di fertilità in relazione all'infertilità indotta da malattie sessualmente trasmesse.
La chirurgia conservativa e mininvasiva è altrettanto importante in questo settore ma il sostegno alle tecniche chirurgiche conservative, mininvasive e rispettose dell'integrità genitale femminile non è previsto nelle proposte di riordino dell'organizzazione sanitaria della nazione.
Valorizzare la grande specificità del dipartimento materno-infantile è possibile solo attraverso un'efficace strategia di integrazione tra territorio, prevenzione, parto, buona chirurgia ginecologica. Non prevedere il destino della ginecologia significa renderli inevitabilmente marginali rispetto al sistema, nonostante contribuiscano - è importante ricordare il rapporto con i punti nascita - non poco alla preservazione dell'integrità genitale femminile e della fertilità, tema particolarmente importante per il nostro Paese, dove l'età media della prima gravidanza è vicina ai 35 anni.
Le giovani coppie alle prese con le difficoltà economiche e sociali non sono sufficientemente informate sulla propria salute riproduttiva e sulla pianificazione familiare. Vi è la percezione che la biologia e la medicina permettano di pianificare i figli anche oltre i 35 anni e che la tutela della famiglia non sia sufficiente. Il risultato è sotto i nostri occhi: il tasso di fecondità nel nostro Paese non è compatibile con il futuro della nostra civiltà ed è scarsa la percezione di questo fenomeno da parte dei media e talora anche delle istituzioni.
Siamo convinti che, oltre al comparto materno-infantile di salute della donna, la formazione del territorio e gli standard assistenziali necessari siano tra le massime priorità del Governo. La grave situazione economica e la futura ristrutturazione delle aziende sanitarie possono anche rappresentare un'opportunità unica nella storia del nostro Paese per procedere a una necessaria manutenzione del dipartimento materno-infantile di salute della donna.
Quest'ultimo dovrà valutare con particolare attenzione l'appropriatezza dei percorsi diagnostico-terapeutici, la definizione di standard assistenziali definiti, la specificità del dipartimento materno-infantile e della salute della donna, l'inclusione della valorizzazione del dipartimento medesimo, l'adeguamento dei DRG in ostetricia e ginecologia all'assistenza neonatale, l'adeguamento del cosiddetto «peso medio» alla reale complessità delle prestazioni, DRG specifici per interventi conservativi piuttosto che demolitivi (un'isterectomia ha lo stesso costo di un intervento di conservazione dell'utero), DRG per la partoanalgesia e per i casi di patologie in gravidanza e del periodo neonatale caratterizzati da particolare complessità.


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Dovrà inoltre considerare il rispetto del rapporto geografico assistenziale per i punti nascita di terzo livello, in modo da non costringere la famiglia ad allontanarsi dalla zona di residenza, soprattutto nei casi di gravidanze e parti a rischio materno e fetale, l'implementazione di una reale integrazione territorio-ospedale, l'integrazione della ginecologia oggi completamente assente da qualsiasi piano con il dipartimento di salute donna, al fine di attivare percorsi di diagnosi precoce e trattamento di patologie come endometriosi, fibromi, endometriopatie, cisti ovariche, patologie tubariche, che rappresentano le principali e attuali richieste da parte delle pazienti.
Sulla base di queste riflessioni riteniamo che, anche se le problematiche economiche sono importanti, sia giunto il momento di investire in termini di progettualità e strategie programmatorie sulla salute della donna e del mondo materno-infantile.
Chiediamo quindi di dar vita a una struttura di missione dedicata al settore, di durata limitata nel tempo, capace di lavorare con i ritmi di un Comitato di emergenza ovvero almeno sei giorni alla settimana a tempo pieno, caratterizzata dalla coralità degli operatori del settore, dalle migliori risorse tecniche e culturali, al fine di valutare possibili iniziative comuni, ma soprattutto di proporre e concordare soluzioni concrete in linea con l'evidenza scientifica e con la pratica clinica, coerenti con il ruolo di Paese occidentale ricco ed europeo.
Grati per l'attenzione che vorrà porre a questo documento e consci delle difficoltà che dovranno essere affrontate per ridisegnare alcuni settori della sanità, porgo i miei distinti saluti anche a nome di tutti i ginecologi italiani.

PRESIDENTE. Ringrazio il professor Vittori per l'ampia, completa e obiettiva relazione su tutti gli argomenti che interessano il mondo donna.
Oggi non affrontiamo globalmente questi importanti problemi, perché i nostri disegni di legge si riferiscono a una parte specifica, che riguarda l'assistenza al parto, alla madre e al neonato.
Sarebbe opportuno realizzare il tavolo da lei auspicato, ma oggi anche per problemi di urgenza dobbiamo focalizzare l'attenzione su quanto proposto da questi disegni di legge. Ampliare il dibattito rischierebbe di essere controproducente, perché non riusciremmo a concludere molto anche in base al Titolo V della Costituzione, per cui l'organizzazione della sanità è devoluta alle Regioni.
Consideriamo quindi molto preziosi i vostri suggerimenti, ma vi chiediamo di focalizzarli soprattutto sui piccoli e grandi aspetti inerenti ai disegni di legge all'attenzione di questa Commissione.
Do ora la parola al professor Giovanni Monni, presidente dell'Associazione ostetrici ginecologi ospedalieri italiani (AOGOI).

GIOVANNI MONNI, Presidente dell'AOGOI. Ringrazio il presidente e tutti gli illustri parlamentari per questa audizione. L'Associazione ostetrici e ginecologi ospedalieri italiani (AOGOI) giudica molto utile e positivo l'avvio di questa indagine conoscitiva.
Ringraziamo di nuovo la Commissione per aver avviato l'esame delle proposte di legge in oggetto, che si propongono di ridurre il livello di medicalizzazione del parto e di adottare le necessarie misure di natura assistenziale e organizzativa al fine di diminuire l'incidenza di parti mediante taglio cesareo, di assicurare alle gestanti e alle partorienti un miglior livello di informazione sulla propria situazione critica e sulle procedure mediche loro proposte, garantendo sia alla partoriente che al nascituro l'assistenza ginecologica, ostetrica, neonatologica, anestesiologica necessaria, nonché di razionalizzare la distribuzione dei punti nascita sul territorio, al fine di una maggiore funzionalità e del miglior utilizzo delle risorse.
I ginecologi italiani chiedono che le risorse umane e finanziarie oggi utilizzate per strutture inadeguate possano essere utilizzate per potenziare i centri di secondo e terzo livello, che opportunamente


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attrezzati sono in grado di far fronte a imprevisti e complicanze.
Dopo i tragici episodi di questa estate, l'AOGOI e la FESMED propongono compatti una riforma del sistema, quindi interventi concreti che comportino non un taglio di personale, ma una sostanziale riorganizzazione.
La nuova mappa del parto deve prevedere un numero inferiore di strutture sul territorio, ma meglio attrezzate con la presenza ventiquattro ore su ventiquattro di una guardia ostetrica, neonatologica e la possibilità di usufruire dell'analgesia epidurale con la disponibilità dell'anestesista a tempo pieno. Sono indispensabili anche una diagnostica per immagini, un laboratorio emotrasfusionale di urgenza sempre operativo e un trasporto di emergenza per il trasporto delle madri e dei neonati in centri di specializzazione superiore.
Il parto è un atto medico e come tale comporta alcuni rischi. Ogni donna dovrà avere la possibilità di scegliere dove partorire dopo aver valutato le dotazioni della struttura alla quale intende affidarsi.
Il nostro Paese è tra i migliori al mondo, in quanto la mortalità infantile e del 3,3 per mille, quella neonatale del 2,35 per mille, mentre in Gran Bretagna e negli USA è molto più alta. Negli ultimi cinque anni, in Italia sono stati segnalati 40 casi di mortalità neonatale, 21 relativi alla morte materna per parto, a fronte di circa 2.800.000 nati.
È quindi necessario rassicurare la popolazione, senza negare le criticità purtroppo esistenti. La più evidente è il tasso di tagli cesarei, che con la media del 38 per cento è il più alto in Europa, sintomo evidente degli attuali problemi organizzativi.
Secondo l'indagine condotta nel 2009 dai ginecologi italiani, questi problemi sono di gran lunga più determinanti rispetto agli aspetti clinici. Per ridurre il numero dei cesarei è dunque necessario agire contemporaneamente su più fronti. La carenza di organici coincide con una crisi della formazione dei medici specialisti, ma l'intero sistema non è più adeguato a rispondere ai bisogni della popolazione.
La rete ostetrica e ginecologica italiana è stata concepita nel 1960, quando le nascite erano 1.200.000, mentre oggi sono meno della metà. Nel 2009, ci sono stati 568.000 parti e sono sempre in diminuzione.
È aumentata la complessità soprattutto a causa dell'età sempre più elevata delle donne in gravidanza, con la media di 34 anni per il primo parto (in Sardegna dove risiedo si attesta intorno a 36 anni), e le mamme over quaranta nel 2008 sono state 32.000, mentre erano 20.000 solo alcuni anni fa. In questo gruppo di pazienti il ricorso al taglio cesareo è salito al 60 per cento.
I DRG sono sottostimati, per cui è importante che tali problematiche vengano affrontate, cercando di ridare fiducia ai milioni di donne che ogni giorno si recano nei nostri reparti.
Con la finalità di ridurre il numero dei tagli cesarei proponiamo di cercare di adeguare gli organici di sala parto, con un rapporto di 1:1 con il personale ostetrico e di 1:3 o 1:5 con il medico ginecologo, con un adeguato organico di anestesisti e neonatologi, strutture adeguate alle normative vigenti di sala travaglio, sala parto e camera operatoria dedicate e disponibili ventiquattro ore su ventiquattro con adeguato personale infermieristico.
Per quanto riguarda la formazione, c'è un impegno di tutta la categoria a favorire il parto vaginale nelle primigravide con corsi formativi del personale sanitario su modelli inanimati per l'uso e l'applicazione del forcipe e della ventosa, con particolare attenzione ai diplomi di specializzazione in ostetricia e ginecologia e in scienze ostetriche.
È opportuno cercare di normare il concetto di autodeterminazione, giacché la percentuale dei tagli cesarei eseguiti su autodeterminazione della partoriente non può in nessun modo far parte della responsabilità del ginecologo o delle strutture e come tale non deve essere calcolata nella percentuale dei tagli cesarei della


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struttura e della Regione; formulare nuove linee guida sul parto vaginale inserendovi il concetto di studio ecografico nel segmento inferiore alla trentasettesima settimana, qualora le strutture e l'organico lo consentano, al fine di ridurre sensibilmente il numero dei tagli cesarei.

PRESIDENTE. Ringraziamo il professor Monni per aver avanzato proposte operative e concrete. Do ora la parola al professor Massimo Moscarini, presidente dell'Associazione ginecologi universitari italiani (AGUI).

MASSIMO MOSCARINI, Presidente dell'AGUI. La ringrazio dell'invito, signor presidente. Sono stato facilitato dai colleghi che hanno già affrontato le problematiche generali, su cui siamo tutti d'accordo.
Due anni fa, nel corso di una conferenza stampa, abbiamo già posto questo problema, perché evidentemente esisteva già un campanello d'allarme. Desidero comunque sottolineare che i dati ISTAT in nostro possesso sono fortemente sottostimati rispetto alla realtà. Il problema esiste e questo è stato un campanello d'allarme, per cui si è rivelato opportuno riproporre con vigore queste proposte, che ho letto attentamente e a cui intendo fare riferimento.
Considero necessario garantire i livelli di assistenza adeguata in tutte le situazioni di gravidanza e parto, non solo nelle gravidanze a rischio. Il parto può avere comunque un'evenienza inattesa e tutti i dati sulla mortalità materna in particolare riguardano problemi sorti in qualunque tipo di struttura, perché a volte si hanno soltanto quindici minuti per salvare una donna.
Abbiamo quindi bisogno di attrezzature, di strumentazioni adeguate, di una sala parto e una sala operatoria già pronte e a disposizione, di un anestesista ventiquattro ore su ventiquattro, che serva non solo per la partoanalgesia, ma anche per effettuare un intervento d'urgenza. A volte non c'è tempo e, se andiamo a analizzare i fatti, li capiamo benissimo. È quindi necessaria la presenza dell'ostetrica, dell'anestesista e di tutto il personale, di medici con esperienza.
Il tema della formazione ci è caro perché è un nostro compito istituzionale come università. L'università può dare alla fine della scuola di specializzazione una formazione generica, perché l'80 per cento dei nostri specializzandi che diventano specialisti andranno a lavorare sul territorio e quindi non entreranno mai in una sala operatoria.
Dobbiamo portare lo specializzando ad avere un'impostazione generica, giacché può fare pratica soltanto in seguito, all'interno di grosse strutture. Se infatti mandiamo lo specialista appena specializzato in piccole strutture, avremo purtroppo rilevanti problemi nel tempo.
È giusto quindi chiudere i piccoli ospedali e avere grandi ospedali completamente attrezzati in grado di garantire la salute della donna. Occorre stabilire per legge lo staff medico, perché l'analisi dei singoli casi dimostra che oggi esistono ospedali privi di un organico adeguato.
Uno studio europeo evidenzia come il maggior numero di incidenti in sala parto sia dovuto alla mancata comunicazione fra medici, laddove la guardia uscente e la guardia entrante ignorano, per stanchezza o per altri motivi, tutte le problematiche. Il problema risiede quindi nella struttura, perché, anche se la mortalità materna e neonatale è sottostimata in Europa, la nostra è comunque inferiore.
È necessario anche notare la grossa differenza fra nord e sud. Non si può avere in una stessa nazione una ostetricia di serie A e una di serie B. Il problema non è del medico, ma è strutturale e credo che il Parlamento debba intervenire.
È molto importante anche il rapporto tra ospedale e territorio, di cui si parla tanto, ma che di fatto non viene mai applicato. È stata infatti avanzata la proposta di creare una cartella ma il medico che sta sul territorio e segue le donne in gravidanza deve poi dare tutte le informazioni al medico dell'ospedale.
Non si può ricominciare da capo e bisogna quindi considerare il discorso formativo, scegliendo tra il medico del territorio


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che faccia riferimento a quell'ospedale, il medico accreditato presso l'ospedale, il medico del territorio o il professionista accreditato presso l'ospedale (negli Stati Uniti è così).
Considero giusta la vostra proposta di permettere al medico di fiducia di seguire la donna, di presenziare senza interferire. Nei casi che abbiamo visto sono state talora esaltate semplici discussioni sull'impostazione, che a una persona ignara della materia possono apparire ingigantite.
Credo che lo psicologo e l'assistente sociale debbano essere aggiunti allo staff su richiesta del medico, perché in sala travaglio e in sala parto c'è già tanta gente. Il parente in sala parto deve essere ammesso dove siano presenti le attrezzature adeguate, non sempre per legge ma solo dove sia stata formulata una richiesta o esista la struttura idonea.
Il Piano sanitario 2002-2004 era ottimo ma non è mai stato applicato. L'informazione al pubblico dell'organizzazione dei punti nascita dovrebbe essere inserita nella legge, perché è giusto che il pubblico sappia di quali strutture, di quali medici e di quali possibilità possa usufruire nell'ospedale in cui ha scelto di partorire.
Avete proposto di riconoscere il lavoro usurante solo alla Terapia intensiva neonatale (TIN), ma credo che tutto quello che si svolge nel punto nascita debba essere considerato lavoro usurante, perché l'ostetrico, il ginecologo o l'anestesista con turni di 12 ore svolgono lavori ugualmente usuranti. Propongo quindi di riconoscere il lavoro usurante a tutto il team del punto nascita.
Devo complimentarmi per la legge, perché molti punti sono totalmente condivisibili, come la necessità di chiudere alcuni punti nascita per la mancanza di risorse economiche. Sarebbe auspicabile avere un punto nascita sotto ciascun palazzo, ma sappiamo che questo non è possibile perché non ci sono risorse economiche sufficienti.
Anche oggi in Italia assistiamo a ospedali che, giunti al mese di novembre, ci chiedono di non operare più perché privi di risorse per andare avanti. Dobbiamo essere realisti e fare in modo che la realtà sia tenuta in considerazione.
Considero giusta la rivalutazione economica fra parto vaginale e taglio cesareo, non solo per un problema deontologico, ma anche per un problema di costi, perché un parto vaginale spontaneo richiede molto più tempo e molto più impegno di un taglio cesareo. È quindi giusto elevare il parto vaginale al cesareo. Oggi, il DRG del parto vaginale è inferiore all'interruzione volontaria di gravidanza.
Deve quindi essere messa in atto immediatamente la rivalutazione del parto spontaneo, che costa perché richiede la presenza dell'ostetrico e del neonatologo, l'organizzazione, e di fatto ha costi uguali al taglio cesareo.
È giusto inserire l'informazione nella legge, perché deve essere un aspetto principe, mentre il rapporto territorio-ospedale è il secondo. Mi complimento, signor presidente, per la struttura e l'impostazione della legge.

PRESIDENTE. Ringrazio il professor Moscarini. Forse gli onorevoli colleghi vorranno porle qualche quesito sui problemi della formazione, giacché lei rappresenta i ginecologi universitari.
Do la parola a Paolo Giliberti, presidente della società italiana di neonatologia (SIN).

PAOLO GILIBERTI, Presidente della SIN. La ringrazio, presidente, per la possibilità di esprimere la nostra opinione sull'argomento.
Vorrei essere molto breve, evidenziando innanzitutto come i nostri dati di mortalità infantile e neonatale non siano da buttar via. Nell'ambito di questi risultati del tutto accettabili, la discrepanza nord/sud assume però un peso notevole ed è uno degli argomenti che devono essere affrontati in questa sede.
Partiamo dunque da un dato positivo e, se vogliamo garantire la sufficiente sicurezza sia alla madre che al prodotto del concepimento e alla nascita, è necessario riconoscere che si tratta di un problema di sistema. Incontriamo infatti difficoltà a


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livello di sistema, a livello di dimensioni del centro nascita.
Si sente ribadire da trenta anni in tutte le lingue la necessità di chiudere i centri nascita con un numero di nati inferiore a 500. Mi permetta di dire che questa espressione non significa esattamente niente, perché fissare il numero a 500 significa immaginare una struttura che non può dare il carico esperienziale necessario ad affrontare tutta una serie di problemi che si possono presentare, oltre ad avere una chiara incongruenza di tipo economico per quanto riguarda il rapporto costo/beneficio.
Gradirei quindi che nelle prossime enunciazioni l'indicazione «al di sotto dei 500» fosse abbandonato. Il traguardo definitivo prevede grossi centri nascita territorialmente competenti, opportunamente selezionati in cui concentrare tutte le necessarie esperienze ostetriche, anestesiologiche e neonatologiche.
Il numero dei nati di un centro che possa rispondere alle esigenze deve essere abbastanza elevato. Credo che questa sia una funzione centrale e che, sebbene le Regioni siano competenti dell'organizzazione sanitaria, l'input centrale potrebbe consistere nel porre paletti in questo senso.
L'altro aspetto fondamentale in un Paese civile è quello della formazione. Il neonatologo è una figura particolare, che potremmo definire come il professionista dell'adattamento alla vita extrauterina, perché le competenze di questa persona sono la capacità di rispondere a tutte le problematiche che sorgono nel momento in cui il prodotto del concepimento viene alla vita.
Lo spettro delle patologie va dalla prematurità al neonato a termine asfittico, al malformato. La formazione deve quindi essere dedicata.
Viviamo da sempre il fenomeno per molti aspetti positivo per cui la formazione neonatologica avviene nel contesto delle scuole di specializzazione in pediatria, con un'inevitabile trascuratezza degli aspetti specificamente neonatologici a vantaggio di altre subspecialità della pediatria.
Di conseguenza, il neonatologo è un pediatra che si forma sul campo, a cui quindi non basta la formazione universitaria ma che richiede necessariamente una formazione post-universitaria all'altezza del compito, basata sulle moderne leggi della medicina, sull'evidenza.
L'altro problema è la scarsità degli operatori di questo campo, problema sicuramente sottostimato. Poiché le scuole di specializzazione sono strutture pubbliche deputate alla formazione degli operatori per rispondere alle esigenze della popolazione, sarebbe opportuno stabilire dei numeri annui di produzione di neonatologi, in modo da non deludere le aspettative sull'altare di altre scelte individualistiche delle scuole di specializzazione.

PRESIDENTE. Ma non c'è una specializzazione in neonatologia.

PAOLO GILIBERTI, Presidente della SIP. Non esiste una specializzazione in neonatologia, fatto che tutto sommato accetto culturalmente come positivo, ma durante la specializzazione in pediatria gli aspetti neonatologici sono sostanzialmente trascurati.
Dobbiamo chiedere alle scuole di specializzazione in pediatria di produrre un certo numero di neonatologi ogni anno e costringerle a questo.
L'altro grande, terzo capitolo della neonatologia sono le cosiddette «cure di seguito», dove andiamo al concetto di continuità tra ospedale e territorio. Tali cure devono essere tarate secondo la patologia di partenza del neonato, in base a ciò che ha sofferto nella fase dell'adattamento.
Questo è un problema sociale di notevoli dimensioni ed è anche un problema di costi di grande rilievo. Un Paese civile risponde con misure di tipo preventivo, ma anche con strutture che abbiano la possibilità di assegnare a questo soggetto il meglio delle cure per l'inserimento nella società.

PRESIDENTE. Do la parola al dottor Guglielmo Salvatori, socio della società italiana di neonatologia (SIN).


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GUGLIELMO SALVATORI, Socio della SIP. La ringrazio, signor presidente, innanzitutto a nome del professor Ugazio, Presidente della Società italiana di pediatria, che non può intervenire.
Il mio compito è quindi riferirgli il contenuto della discussione di questo pomeriggio, ma permettetemi di esprimere il profondo interesse della Società italiana di pediatria nei confronti del contenuto di queste proposte di legge che consideriamo assolutamente interessanti. In particolare, volevo sottolineare alcuni punti, seppur ribadendo concetti già espressi in precedenza dai colleghi.
Nutriamo grande interesse per quanto riguarda il parto espletato in modalità fisiologica, l'assistenza qualificata in sala parto sia del personale qualificato in quanto neonatologo addestrato in rianimazione neonatale, sia in quanto pediatra addestrato attraverso corsi di formazione di rianimazione neonatale.
Ci interessa molto l'aspetto legato al supporto e al sostegno dell'allattamento materno durante la degenza della mamma nel punto nascita, ma anche durante il periodo immediatamente post partum e in quello seguente, aspetto che attualmente evidenzia parecchie carenze soprattutto laddove la mamma viene dimessa così precocemente, come imposto dal nuovo sistema negli ultimi anni. Molte mamme prive di un adeguato supporto familiare smettono dunque di allattare perché prive di un sostegno sufficiente.
Ci interessa particolarmente l'accorpamento dei punti nascita, perché riteniamo che l'assistenza qualificata possa essere garantita soltanto da personale dotato di una capacità maturata assistendo giornalmente neonati assistiti in acuzie.
Per quanto riguarda la parte pediatrica, rimangono di gestione del pediatra nei mesi seguenti la nascita gli esiti dell'asfissia perinatale ovvero tutta la parte delle paralisi cerebrali, che ancora oggi purtroppo si verificano. Questo ci interessa nella prospettiva della prevenzione.
Mi sembra che le proposte di legge contengano molti punti interessanti, che vengono a colmare alcuni aspetti carenti.

PRESIDENTE. Do la parola al professor Trojano, vicesegretario nazionale dell'Associazione ostetrici ginecologi ospedalieri italiani (AOGOI).

VITO TROJANO, Vicesegretario nazionale dell'AOGOI. Grazie, signor presidente. Sarò brevissimo.
Nell'ambito della legge realizzata in maniera altamente positiva, volevo esprimere due considerazioni, prima fra le quali il ruolo della individualità e libertà del medico nella scelta terapeutica nei confronti della paziente. Nel momento in cui al medico di guardia si riconosce questa libertà di scelta non c'è possibilità di conflittualità perché nessuno, neppure il medico della paziente, può interferire, a meno che non sia in attività libero professionale.
Si sta riprendendo l'iter dell'accorpamento degli ospedali, legge partita da oltre sette anni, poi bloccata in seguito al cambio di Governo politico. L'ipotesi di un accorpamento ci ha portato come Regione Puglia a realizzare uno studio, basato solo sulla qualificazione e formazione del personale soprattutto paramedico nella conduzione in sala parto.
Abbiamo evidenziato che senza fare tante modifiche in quelle strutture prese ad esempio, nelle quali si è reso efficiente ventiquattro ore su ventiquattro il servizio di partoanalgesia, la percentuale di tagli cesarei è scesa dal 76 al 36 per cento.
Questo deve essere considerato come un discorso di formazione e deve essere sottolineato. Grazie.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

VITTORIA D'INCECCO. Saluto e ringrazio i professori che sono venuti a darci consigli, perché nessuno meglio di loro conosce le esigenze di mamme e bambini. Vorrei chiedere loro se, come proposto da qualche collega nel nostro ospedale di Pescara, considerino opportuna la soppressione del primo livello di cura, inferiore a 500 parti l'anno.


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Per la sicurezza della gestante e del neonato è indispensabile la guardia attiva ostetrica, neonatologica e anestesiologica ventiquattro ore su ventiquattro. Si deve tendere quindi - sono un medico e ho lavorato in ospedale per parecchi anni - a ridurre a due i livelli di cura, garantendo personale più qualificato, che può mantenere attiva l'esperienza nella rianimazione neonatale al parto.
Un neonato su 100 necessita di rianimazione intensiva alla nascita, e con 500 posti sono 5 i neonati per anno che saranno rianimati da un personale a disposizione di otto pediatri, quanti ne abbisognano nella guardia attiva, tre di questi pediatri rianimerebbero un neonato ogni due o tre anni.
Le attrezzature in dotazione a un secondo livello permettono di assistere gran parte dei neonati prematuri evitando ricoveri impropri in terapia intensiva neonatale ed evitando il distacco dalla famiglia, che in queste situazioni è gravemente penalizzante per la madre e per il bambino.
L'esperienza, il numero di personale sanitario, le attrezzature di un secondo livello permettono inoltre il rapido riaccoglimento di questi neonati trasferiti nella terapia intensiva neonatale e non più bisognosi di terapia intensiva.
Nelle Terapie intensive neonatali (TIN) il contatto tra genitori e neonati è molto limitato, mentre nel periodo della convalescenza è importantissima la presenza costante dei genitori per rafforzare il legame affettivo che è stato bruscamente interrotto dalla nascita prematura e dalla malattia e che è fondamentale nella prevenzione e nella cura delle complicanze e degli handicap da cui questi neonati poi potrebbero essere affetti.
Vorrei quindi sapere se condividiate l'ipotesi della soppressione di questo primo livello.
Volevo, infine, aggiungere un'ultima, veloce considerazione, che riguarda il personale sanitario che lavora in terapia intensiva neonatale, che deve poter usufruire delle agevolazioni previste per il lavoro particolarmente usurante.
Accade però che non sia considerato con gli stessi parametri adottati per i rianimatori dell'adulto nell'area urgenza emergenza, tanto che gli viene impedita l'assistenza neonatale su mezzi aerei, salvo qualche delega regionale come è successo a Bolzano. Questo non è vantaggioso per il neonato critico trasportato.
Vorrei conoscere la vostra opinione in merito.

CARLA CASTELLANI. Ringrazio gli intervenuti per le conferme che abbiamo avuto anche in termini di dibattito in discussione generale.
Quasi tutti i professori convenuti hanno focalizzato l'interesse su due o tre aspetti: la formazione, che considero il percorso più importante in questo momento, l'organizzazione - laddove però come Commissione parlamentare possiamo solo definire una legge quadro perché l'organizzazione è di competenza specificatamente regionale - e la prevenzione e informazione.
A questo riguardo mi permetto di chiedere al professor Vittori, che ha formulato l'ipotesi di un Comitato...

GIORGIO VITTORI, Presidente della SIGO. Una struttura di missione.

CARLA CASTELLANI. Vorrei capire meglio, perché uno dei problemi fondamentali dei nostri territori è che spesso quello che fa una struttura sanitaria non è conosciuto da altre strutture sanitarie sul territorio, così come avviene a volte anche all'interno della stessa struttura.
Credo che per mettere in rete tutto quello che afferisce a una buona politica formativa e organizzativa sulla salute della donna e del neonato dovremmo valutare come realizzare questa struttura di missione, per razionalizzare le risorse e avere anche risposte più coese e coordinate nell'interesse delle donne e dei bambini.

BENEDETTO FRANCESCO FUCCI. Saluto gli onorevoli colleghi e i gentili ospiti che ci hanno gratificato con le loro parole su un argomento di fondamentale importanza.


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Il comparto materno-infantile oggi è balzato all'attenzione dell'opinione pubblica in termini estremamente negativi.
Partendo da queste esperienze che hanno focalizzato l'attenzione dei mass media sulle disavventure delle sale parto, vorrei sottolineare ai colleghi e ai professori qui presenti un aspetto che difficilmente potrà essere preso in considerazione nell'ambito di un disegno di legge, ma che da anni attanaglia tutti coloro che quotidianamente operano in sala parto, ovvero il rapporto tra medico di turno e medico di fiducia della paziente.
Ciò che è avvenuto a Messina è frutto di una violenta conflittualità, che non è possibile regolare per legge. Vorrei sapere quale possibilità di conciliare intravediate - questo potrebbe essere anche normato in linee generali -, per umanizzare maggiormente l'evento parto e per rendere ancora più tranquillo il rapporto tra ginecologo, ostetrico e paziente in nove mesi, che è un rapporto di totale e incondizionata fiducia.
Vorrei sapere se esista la possibilità di creare in una struttura privata, fuori dall'istituto dell'intramoenia, una possibile sinergia.
Il professor Moscarini ha giustamente e fortemente posto l'accento sulla formazione. Le nostre università hanno il diritto/dovere di sentirsi responsabili della formazione, ma - lo dico da ostetrico con esperienza trentennale - in molte nostre università oggi si è accentuato molto l'interesse per particolari branche e aspetti della ginecologia (oncologia, ecografia, sterilità).
Vorrei sapere se non riteniate opportuno un diretto coinvolgimento di strutture ospedaliere periferiche ma con una rilevante presenza di ostetrici, neonatologi e pediatri nella formazione dei futuri ostetrici e se non sia giunto il momento di pensare a una specializzazione in ginecologia e a una in ostetricia.

ANNA MARGHERITA MIOTTO. I contributi forniti oggi sono importanti, ma nella funzione importante della programmazione sia a livello nazionale che regionale sono decisivi gli orientamenti che le società scientifiche esprimono.
Mi preme sottolineare in particolare un punto, perché anche oggi si è fatto ripetutamente riferimento al fattore dimensionale dei servizi. Dobbiamo comporre due esigenze. Innanzitutto la questione dimensionale ha poco a che fare con i piccoli ospedali, mentre è più importante fare riferimento alle caratteristiche dell'ospedale.
Un ospedale per acuti ha alcune caratteristiche, alcuni servizi, unità operative autonome di ostetricia, ginecologia e pediatria, la rianimazione, i servizi h 24.
Un secondo elemento importante riguarda il raccordo fra ospedale e territorio e i tempi necessari a raggiungere l'ospedale per acuti attrezzato più vicino senza mettere a rischio la vita della paziente.
Ritengo che l'organizzazione della neonatologia, che in alcune regioni si è già affermata su tre livelli, quindi sul trasporto della mamma con il bambino in un centro di terzo livello quando sia necessario, possa garantirlo. Sono invece più preoccupata per territori che vedono una distanza che supera i classici venti minuti stabiliti dai protocolli per un intervento di urgenza e di emergenza.
Nell'indicare delle soglie dimensionali dobbiamo tenere presente anche questo aspetto, altrimenti rischiamo di impoverire territori molto vasti di un'offerta che, sempre garantendo la presenza all'interno di un ospedale per acuti, può essere decisiva anche ai fini della sopravvivenza del bambino e della madre.

DOMENICO DI VIRGILIO. Riprendo quanto avevamo detto l'altro giorno nella discussione generale di questi progetti di legge eccezionali, che in un momento come questo hanno un maggior significato. Come internista, mi pongo una problematica.
Si parla di alleanza terapeutica e rapporto di fiducia, ma mi domando perché una donna seguita per nove mesi dal suo ginecologo di fiducia debba rinunciare all'esperienza vissuta per nove mesi, e quale possa essere la soluzione di questo dilemma


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nel rispetto dal rapporto di fiducia tra medico e paziente.

PRESIDENTE. Sono d'accordo sull'esigenza di non focalizzare l'attenzione solo sul numero dei parti, perché devono essere considerate anche altre variabili.
Per quanto riguarda la continuità assistenziale, ritengo che si debba realizzare l'alleanza terapeutica ma sia necessario stabilire chi abbia la responsabilità clinica in un ospedale.
È necessario ristabilire le gerarchie negli ospedali, perché ci saranno un assistente giovane, uno più anziano, l'aiuto e il primario. Spesso le gerarchie sono state dimenticate. Questo è un discorso importante, forse avulso da questo problema, ma che riguarda gli episodi che si possono verificare.
Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

GIORGIO VITTORI, Presidente della SIGO. Chiedo scusa, ma sono convocato per un'altra audizione in Commissione sanità, per cui mi dovrò allontanare dopo questo commento.
Per quanto riguarda il primo livello, c'è una convergenza scientifica di tutte le componenti che si occupano di punti nascita, che sono favorevoli alla concentrazione di risorse sul secondo e terzo livello in accordo con i neonatologi con cui abbiamo discusso questo tema.
Per quanto concerne la struttura di missione, riteniamo che il fatto che tematiche così pregnanti e strategiche per la nazione dormano da dieci anni nel Progetto obiettivo materno infantile (POMI), che non è riuscito a portare a compimento un percorso che coinvolge tutte le nostre famiglie, richieda una risposta straordinaria.
L'ho definita «struttura di missione», ma volevo significare una struttura identificabile con una persona o che comunque assuma la responsabilità di partorire un percorso che riguarda i punti nascita in un tempo paragonabile a una gravidanza di un essere umano e non di un elefante.
Per quanto concerne le responsabilità e l'intramoenia, noi privilegiamo l'umanizzazione del parto, perché, come ha detto il Presidente, in termini di responsabilità siamo soggetti a una delle principali problematiche dei ginecologi.
Secondo un sondaggio realizzato in tutti i nostri punti nascita, il 70 per cento dei motivi per ricorrere al cesareo è la paura del contenzioso medico-legale. Considero necessario ridefinire le responsabilità partendo dai punti nascita del materno-infantile, perché la catena gerarchica delle responsabilità identifica un nuovo percorso, una piramide di responsabilità funzionale alla qualità che consenta anche all'ultimo dei collaboratori di vedere una catena di rispetto delle proprie posizioni e al responsabile di struttura operativa di calcolare un budget.
Ringrazio di nuovo la Commissione per questa audizione, facendo un commento sul rapporto ospedale per acuti/territorio e mantenimento di determinati requisiti. Poiché l'ostetricia e la ginecologia forse è l'unica branca che ha un rapporto istituzionale con il territorio attraverso i consultori, siamo favorevoli a garantire al consultorio il ginecologo, il pediatra e lo psicologo, che devono fare parte di un dipartimento che nasce nel territorio, passando attraverso l'ospedale e ritornando sul territorio, probabilmente pensando anche a una turnazione nei modi e nei tempi di riqualificazione, necessaria a una riqualificazione di tutto il personale.

PRESIDENTE. Vorrei chiarire definitivamente che punto nascita significa pronto soccorso ostetrico e ginecologico, perché in molte strutture il punto nascita indica non il pronto soccorso, ma la maternità.
Non è così: l'ostetricia è soprattutto pronto soccorso e aprire un punto nascita significa aprire un pronto soccorso, per cui non ci si può giustificare affermando di non essere attrezzati per l'eventuale complicazione insorta nella paziente, che viene quindi trasferita in un altro ospedale. Un punto nascita è un punto di pronto soccorso e deve avere la capacità di assistere in maniera adeguata ed effettuare un cesareo.


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GIORGIO VITTORI, Presidente della SIGO. Tra i compiti della struttura di missione il primo è realizzare un censimento delle risorse a disposizione dei punti nascita, che oggi non conosciamo per quanto riguarda sia i costi standard sia le risorse umane.

PAOLO GILIBERTI, Presidente della SIN. Il nostro obiettivo è l'annullamento del primo livello, perché non è in grado di rispondere alle esigenze.
Visitando il neonato alla nascita e giudicando la storia della gravidanza siamo in grado di etichettare questo soggetto come potenzialmente sano, perché talune espressioni di malattia si manifestano nelle ore seguenti. Il soggetto con cardiopatia congenita nasce normalmente nella maggior parte dei casi, ma in quarta giornata il dotto si chiude e si può presentare una catastrofe emodinamica.
Per intercettare questo soggetto occorrono competenze, esperienza, attrezzature mai consentite da un primo livello. Si dovrebbe quindi tendere a eliminare il primo livello.
Insistiamo molto sulle dimensioni del centro nascita, che devono essere proporzionate al territorio, evitando lunghi percorsi per trasportare una gestante o un neonato con problemi in centri di maggior livello. Per questo motivo non abbiamo voluto formulare un numero.
Considero cruciale per il livello dell'assistenza ostetrica trovare soluzione all'aspetto privatistico di questa professione. Queste è un dato fondamentale.

MASSIMO MOSCARINI, Presidente dell'AGUI. Per quanto riguarda il cosiddetto «medico di fiducia», portiamo avanti questa battaglia insieme ai medici territoriali e ai liberi professionisti.
Il medico cosiddetto «accreditato» esiste già negli Stati Uniti, dove una struttura può accreditare anche medici extraterritoriali professionisti. Un medico che nel territorio, nell'ambulatorio, nel consultorio segua una donna in gravidanza, accreditato in una struttura adiacente al territorio, può seguirla anche nell'ambito dell'ospedale, con la responsabilità sempre riconosciuta al primario.
Questa non è una novità, esiste negli Stati Uniti, ma occorrerebbero linee guida e leggi. Per quanto riguarda la formazione, onorevole Fucci, l'università chiaramente si fa carico in base a necessità. Abbiamo diviso tra la specialità generalizzata di cinque anni comune a tutta Europa e a tutto il mondo e la superspecialità oltre i cinque anni. In questo caso abbiamo la superspecialità oncologica, quella fisiopatologia della riproduzione e la perinatologia.
La superspecialità significa che dopo la specialità generica, in cui il collega ginecologo può seguire diversi indirizzi, è necessario che si dedichi specificamente all'ostetricia o alla chirurgia oncologica o alla fisiopatologia della riproduzione. Questa strategia dunque già esiste.
Per quanto riguarda il rapporto tra ospedali e università, abbiamo rapporti con ospedali che abbiano requisiti minimi, vicini alla struttura perché lo specializzando non può fare lunghi percorsi e in cui vi siano sempre strutture universitarie convenzionate. La legge ne prevede infatti la possibilità solo in questo caso.

VITO TROJANO, Vicesegretario nazionale dell'AOGOI. Sul primo livello sono d'accordo, ma nel realizzare linee guida sui requisiti minimi per definire un punto nascita il primo livello scompare automaticamente, a meno che non si tratti di situazioni molto particolari, in cui deve esserci una comunicazione molto efficiente con il secondo livello.
Per quanto riguarda il discorso dell'assistenza del medico curante, che è stato più volte ribadito, esiste una legge che regolamenta l'attività libero professionale. Non ritengo che altre situazioni possano essere compatibili, perché l'autonomia e la libertà terapeutica del medico di guardia legata alla sua professionalità e alle sue responsabilità nello svolgere la sua funzione non può essere sovvertita da null'altro, se non come persona in sala parto che è vicino alla paziente.


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Se invece parliamo di attività libero professionale, andiamo su un binario differente. Grazie.

GIOVANNI MONNI, Presidente dell'AOGOI. Concordo con le considerazioni espresse dai colleghi, ma credo che sia molto difficile per un medico del territorio accompagnare in ospedale la propria paziente e poi operare. Se infatti un ginecologo oggi non è preparato, perché i parti cui può assistere sono pochissimi, è facile immaginare l'operato di chi porta una paziente saltuariamente all'interno dell'ospedale.
Dovrebbe essere garantito l'accesso al medico curante, ma solo come supporto psicologico alla paziente, perché esistono notevoli problemi medico-legali per cui nessuno vuole assumersi questa responsabilità.
Ritengo che le scuole di specializzazione dovrebbero essere riformate: nei primi due o tre anni la preparazione dovrebbe riguardare tutta la ginecologia, mentre gli ultimi due o tre anni dovrebbero essere dedicati alle subspecialità come avviene in Europa, grazie a ospedali specializzati in oncologia, in perinatologia o in ostetricia.
Dividendo i compiti, concentrando e razionalizzando, probabilmente si possono realizzare risparmi e una maggiore e migliore operatività per la salute della donna, del bambino e della coppia.

PRESIDENTE. Nel ringraziare i professori intervenuti per il contributo che ci hanno offerto, dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16,25.

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