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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione XIII
7.
Mercoledì 17 giugno 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Russo Paolo, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SUL SISTEMA DI FINANZIAMENTO DELLE IMPRESE AGRICOLE

Audizione dei rappresentanti dell'organizzazione professionale agricola CIA e delle organizzazioni cooperative agricole Agci-Agrital, Fedagri-Confcooperative, Legacoop-Agroalimentare e Unci-Ascat:

Russo Paolo, Presidente ... 3 7
Menesatti Ugo, Responsabile del dipartimento economico-normativo della Fedagri-Confcooperative ... 6
Montanari Giovanni, Responsabile per la legislazione e la finanza della Legacoop-Agroalimentari ... 3
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: (Misto-RRP).

COMMISSIONE XIII
AGRICOLTURA

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 17 giugno 2009


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PAOLO RUSSO

La seduta comincia alle 15.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione dei rappresentanti dell'organizzazione professionale agricola CIA e delle organizzazioni cooperative agricole Agci-Agrital, Fedagri-Confcooperative, Legacoop-Agroalimentare e Unci-Ascat.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul sistema di finanziamento alle imprese agricole, l'audizione dei rappresentanti dell'organizzazione professionale agricola CIA e delle organizzazioni cooperative agricole Agci-Agrital, Fedagri-Confcooperative, Legacoop-Agroalimentare e Unci-Ascat.
Sono presenti per la Agci-Agrital il dottor Sandro Grande, componente della giunta consultiva agricola nazionale; per la Fedagri-Confcooperative il dottor Ugo Menesatti, responsabile del dipartimento economico-normativo; per la Legacoop-Agroalimentare il dottor Giovanni Montanari, responsabile della legislazione e finanza dell'Associazione e per l'Unci-Ascat il dottor Fabio Paduano, coordinatore agricolo nazionale. La CIA, che ha comunicato di non poter partecipare all'odierna audizione, si riserva di inviare un documento scritto.
Do la parola agli auditi.

GIOVANNI MONTANARI, Responsabile per la legislazione e la finanza della Legacoop-Agroalimentare. Signor presidente, parlerò a nome dell'intero coordinamento delle cooperative agricole e consegnerò anche un breve documento scritto che leggerò ora rapidamente, ringraziando la Commissione per l'attenzione e la sensibilità a un tema che ci sembra particolarmente importante e decisivo nell'attuale situazione del Paese.
Le cooperative agricole mutualistiche che traggono, ai sensi della riforma del diritto societario, la prevalenza del prodotto agricolo raccolto, trasformato e commercializzato dai propri soci, sono il necessario prolungamento al mercato delle imprese agricole e zootecniche. Sono la loro espressione diretta e rappresentano, nel nostro Paese e in tutti gli Stati dell'Unione europea, la risposta dei produttori organizzati al mondo del commercio e dell'industria che tendono a comprimere i prezzi dei prodotti agricoli. In altri termini, le cooperative costituiscono delle filiere moderne nelle quali il produttore gestisce direttamente sul mercato la valorizzazione dei propri prodotti, ricercando un rapporto più stretto con il consumatore finale.
Secondo l'ultimo rapporto dell'Osservatorio della cooperazione agricola istituito presso il Ministero per le politiche agricole alimentari e forestali, nel nostro Paese 866.000 soci conferitori danno vita alle cooperative agricole aderenti alle organizzazioni


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cooperative. Le cooperative stesse sono circa 6 mila ed esprimono un fatturato di oltre 32 miliardi di euro, con più di 90 mila addetti (dipendenti, operai, operatori). Complessivamente la cooperazione controlla il 35 per cento della produzione lorda vendibile agricola e il 24 per cento del fatturato totale del settore alimentare. In molti settori, le cooperative sono imprese agroalimentari leader. Fra le prime 50 imprese italiane agroalimentari figurano 10 cooperative.
Questi numeri servono per attestare quale sia la responsabilità e il peso dei risultati economici delle cooperative nei confronti dei bilanci dei loro soci che gestiscono le imprese agricole di produzione. Queste imprese affidano alle loro cooperative una parte enorme - se non la totalità - delle proprie chance di realizzazione del ricavo e, quindi, di una fetta importante del loro reddito agricolo.
Al riguardo, occorre sottolineare che il risultato economico è certamente una parte determinante dell'interesse degli associati, tuttavia non si deve trascurare l'importanza della certezza di collocazione del prodotto - spesso deperibile -, la trasparenza nella formazione delle liquidazioni, l'assistenza tecnica e di indirizzo produttivo e culturale sempre più esercitata capillarmente dalle cooperative nei confronti dei propri soci.
Inoltre vogliamo dire che le cooperative agricole sono un'espressione delle imprese agricole e, insieme, un fattore di successo o meno delle stesse. Il fatto che le cooperative agricole siano messe in condizione di esprimere al meglio la loro funzione di valorizzazione economica del prodotto dei soci si riflette immediatamente su di essi, per cui, cooperative in difficoltà, o poco efficienti ed efficaci, danneggiano i soci, mentre, al contrario, le cooperative virtuose costituiscono uno strumento di successo e continuità produttiva degli agricoltori soci.
In questa situazione, è importante che il problema delle politiche pubbliche in materia di finanziamento delle imprese agricole sia finalmente affrontato dalla Commissione Agricoltura della Camera con un'indagine conoscitiva.
In modo particolare, intendiamo evidenziare come in diversi casi le piccole e medie cooperative - comprese nella definizione che l'Unione europea ha dato di piccole, medie imprese e imprese intermedie - registrino difficoltà nel mantenere e allargare il credito indispensabile per la gestione, oltre a doverlo pagare a tassi elevatissimi e spesso con garanzie molto pesanti.
Con forza, poi, vogliamo affermare che la questione dei tempi è decisiva e che occorre superare la lentezza esasperante che c'è nel nostro Paese, sia nell'attivare il funzionamento degli strumenti in vigore, sia per riconoscere addirittura l'esistenza dei problemi su cui intervenire.
I principali capitoli sono quelli che riguardano l'accesso agli aiuti per investimenti tecnologici, strutturali e innovativi, che trovano una qualche risposta positiva nei piani di sviluppo rurale, ma con limiti generalmente molto forti nei massimali di spesa ammessa e nella possibilità di implementare interventi, complementari e coordinati nelle diverse regioni, sulle filiere cooperative che ormai hanno raggiunto una dimensione interregionale o nazionale imprescindibile al successo della filiera stessa. Da ciò deriva la necessità di prevedere strumenti di intervento come gli attuali contratti di filiera - già previsti dalla legislazione nazionale, ma al momento privi di dotazione finanziaria certa e purtroppo ancora non attivabili al Nord (anche se in Parlamento è in discussione da tempo un disegno di legge governativo che, se approvato, eliminerebbe almeno la limitazione territoriale) - non solo nelle aree sottoutilizzate, ma anche a livello nazionale. Anche i contratti di sviluppo (ex contratti di programma) possono essere uno strumento importante, in quanto aperti all'agroalimentare. Tuttavia, per renderli veramente accessibili alla cooperazione agricola, è necessario che i relativi decreti applicativi prevedano norme specifiche. Ad esempio, occorre ottenere che le imprese intermedie, ai sensi delle citate


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disposizioni comunitarie, siano ricomprese come soggetti abilitati al sostegno finanziario. Le imprese intermedie sono infatti riconosciute meritevoli degli aiuti di Stato previsti dalla Commissione europea e ogni Stato membro può includerle tra i beneficiari dei propri aiuti, con propri atti. A tal riguardo, si sottolinea come ormai la maggior parte del fatturato prodotto dalle cooperative agricole (circa il 33 per cento, secondo l'Osservatorio, con riferimento al bilancio 1987) si ritrovi in queste imprese, e quindi come sia importante non escluderle.
Uno strumento di intervento efficacissimo, perché rapido, semplice e innovativo, è stato il credito d'imposta per investimenti delle singole imprese, agricole e cooperative, che però, al momento, è praticamente senza copertura finanziaria. Occorrerebbe uno stanziamento almeno triennale e l'introduzione di correttivi nel funzionamento dello stesso strumento, oggi afflitto da una penalizzazione nella definizione dell'ammontare degli aiuti. Infatti esso viene gravato dal conteggio degli ammortamenti, che dovrebbe essere, invece, eliminato dalla norma.
Anche nel caso del credito d'imposta, occorrerebbe prevedere la sua applicazione a tutto il territorio nazionale e non solo per le aree sottoutilizzate. In questo caso si potrebbe contare su una misura molto potente ed efficace. L'Istituto sviluppo agroalimentare (ISA) ha appena ricevuto l'approvazione di un nuovo regime di aiuti dal quale ci attendiamo risposte maggiormente positive di quelle avute in passato, in modo da portare all'eccellenza un istituto che comunque ha già offerto buona prova di sé e che, nel contempo, risponde alle aspettative delle cooperative più strategiche.
Ci sembra inoltre che sia opportuno studiare l'attivazione di piani di ristrutturazione dei settori in crisi per sovracapacità produttiva che può essere di produzione e di capacità industriale installata. La Commissione europea consente che, con l'istituzione di un fondo alimentato almeno al 50 per cento da prelievi parafiscali dal comparto interessato e per il resto con risorse pubbliche, si provveda ad accompagnare la definitiva dismissione con premi monetari correlati ai valori delle immobilizzazioni dismesse dei siti produttivi eccedentari individuati su base volontaria.
In questo senso, anche le cooperative coinvolte nei settori riconosciuti in crisi, potrebbero trarre vantaggio - al pari delle altre imprese - da un provvedimento cofinanziato in grado di ricondurre le produzioni interessate ai livelli fisiologici richiesti dai mercati.
Segnaliamo, inoltre, come risulti del tutto ignorata nella legislazione nazionale e regionale la recentissima normativa comunitaria sui cosiddetti sovracosti verdi, ossia i costi che le imprese sostengono per realizzare investimenti che superino o anticipino le norme ambientali cogenti, per avviarsi su sentieri innovativi di tipo ambientale ed energetico, che sono considerati nel mondo tra i principali vettori per l'uscita dalla crisi.
Infine, desideriamo richiamare l'attenzione della Commissione su altre due questioni che, proprio in questi giorni, sono alla nostra attenzione. La prima riguarda il decreto ministeriale in corso di approvazione da parte del Ministero dello sviluppo economico, che riguarda l'attivazione del fondo per la ristrutturazione di imprese in difficoltà. Tale fondo, previsto dalla Unione europea e istituito nel nostro Paese nell'ormai lontano 2005, fino ad ora non risulta ancora attivato. Le bozze di tale decreto che circolano, direi quasi a livello semiclandestino, tra le forze sociali, prevedono norme e criteri tali da non consentire a nessuna impresa agroalimentare di poter accedere alle risorse disponibili. In altre parole, occorre che le istituzioni preposte a tutelare il settore agricolo, a partire dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, si attivino urgentemente - dico urgentemente perché è proprio in questi giorni che si decide - per introdurre criteri in grado di riconoscere le specificità del settore agricolo e agroalimentare, tenuto conto che il provvedimento in questione, per decisione comunitaria,


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si può applicare anche al nostro settore. Al contrario, nella bozza del decreto, sono adottati criteri tali da rendere impossibile una reale praticabilità.
La seconda, si riferisce a quel complesso di opportunità classificate come «Aiuti temporanei per fronteggiare la crisi economica e finanziaria» e che il settore agroalimentare dovrebbe cogliere mentre, invece, risulta escluso da questo provvedimento. Si tratta di una misura definita nel gennaio scorso da una comunicazione della Commissione europea che, consapevole delle difficoltà in agguato sull'economie europee, ha allentato la stretta sulle regole allora in vigore per l'intervento degli Stati membri in materia di abbattimento di oneri finanziari, erogazioni di garanzie, capitalizzazione con risorse pubbliche delle imprese, nuovo livello dell'aiuto de minimis eccetera.
Il nostro Governo - a quanto sappiamo, primo in Europa - ha costruito e fatto approvare dalla Commissione europea lo strumento necessario all'adozione di queste nuove regole da parte di tutte le diverse amministrazioni del Paese. Ora siamo in attesa che i Ministeri competenti, le regioni, le province, i comuni e le camere di commercio le adottino nei propri provvedimenti, a partire naturalmente dalle risorse, magari scarse, ma comunque esistenti nei loro capitoli di spesa e in quelli dei loro strumenti di intervento (ad esempio ISA, ISMEA e contratti di filiera e sviluppo), immaginando che possano essere adottate anche nuove norme - per esempio, adattando quelle relative al credito d'imposta per erogare il nuovo de minimis o assicurare l'abbattimento degli oneri finanziari - stanziando risorse aggiuntive necessarie alla salvaguardia del sistema produttivo.
Non vorremmo che venisse dimenticato che questi aiuti sono definiti temporanei proprio perché possono essere erogati solo nel biennio di crisi 2009-2010. Risulta pertanto urgente che i livelli istituzionali interessati si adoperino per il loro recepimento, fissando le procedure per la rapida assegnazione alle imprese.
Infine, è necessaria una riflessione sui finanziamenti agevolati, per i quali si propone che le imprese non sottoposte a procedure concorsuali, beneficiarie di agevolazioni sui finanziamenti, possano, richiedere ai soggetti mutuanti, entro il 31 dicembre dell'anno in corso, la trasformazione del 50 per cento del debito residuo alla predetta data in un nuovo finanziamento a condizioni di mercato, decorrente il giorno successivo la scadenza del finanziamento originario e la cui durata non possa essere superiore ai 10 anni. Tale previsione normativa consentirebbe di fronteggiare meglio l'attuale crisi economica e finanziaria, considerando altresì che non costituirebbe ulteriore agevolazione, in quanto agli interessi del nuovo finanziamento verrebbero applicati tassi di mercato. Nel caso di impianti demaniali di interesse pubblico realizzati ex lege n. 910 del 1966, il limite della trasformazione potrebbe essere elevato al 70 per cento, mentre la durata potrebbe arrivare ai 15 anni.
In conclusione, vogliamo lanciare un messaggio: c'è bisogno, a nostro avviso, di un ammodernamento e di una reale innovazione nell'insieme delle norme di intervento pubblico nel settore. Il cambio di marcia deve essere certamente accompagnato da una disponibilità finanziaria coerente, ma crediamo che ciò possa essere compatibile con le ridotte finanze pubbliche. Tutto ciò potrebbe assicurare la tenuta dei bilanci delle cooperative, che si tradurrebbe anche in una tenuta dei conti dei produttori agricoli dal lato dei ricavi. Altrimenti, ci sarebbero seri rischi per il tessuto agroalimentare italiano e, di conseguenza, per la nostra agricoltura e per il relativo made in Italy.

UGO MENESATTI, Responsabile del dipartimento economico-normativo della Fedagri-Confcooperative. Signor presidente, vorrei fare solo una piccola integrazione. Accade frequentemente che, nella legislazione e nella politica agraria, quando si parla di fonti di finanziamento all'agricoltura, si tende a favorire strumenti di tipo indifferenziato. Basta vedere la nostra legislazione:


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si parla sempre genericamente di imprenditori agricoli, di produttori singoli, di produttori associati. Come ha precisato il mio collega, credo che quando dobbiamo mettere mano a questa massa di strumenti molto diversi tra di loro, si debba fare riferimento a soggetti specifici, poiché, quando parliamo di agricoltura o di agroalimentare, mettiamo assieme soggetti individuali e societari, agricoli e non agricoli. Parliamo di soggetti che non hanno l'obbligo di presentazione del bilancio assieme ad altri che, invece, tale obbligo ce l'hanno. Parliamo di soggetti che sono operanti solo nella fase della produzione agricola assieme ad altri che, invece, prolungano l'attività attraverso il mercato.
Per banalizzare, tra un piccolo coltivatore diretto con un'azienda familiare e un'impresa agroalimentare o una cooperativa di 500 o 1000 soci c'è una differenza enorme nella governance giuridica, nella gestione e nelle problematiche finanziarie che attengono, ovviamente, a missioni molto diverse.
Siccome siamo nella sede dove si fanno le leggi, ritengo che occorrerebbe cercare di riordinare tutti questi strumenti - taluni hanno fatto il loro tempo, altri invece vanno incentivati - in funzione di questa logica.
Cito un esempio per concludere. Il mio collega ha accennato alla decisione comunitaria anticrisi, con l'autorizzazione ai Paesi membri a prendere alcune iniziative. Ebbene, a noi non pare che il nostro Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali abbia mostrato un interesse a recepire alcune possibilità contenute in questa decisione, per agganciarle ad aiuti di Stato già operanti. Probabilmente, si pensa che, siccome la decisione non riguarda l'agricoltura, il problema non ci riguardi. Ma ciò non è vero, perché la decisione riguarda tutta la parte del settore agroalimentare - quindi di trasformazione dei prodotti agricoli - che può essere gestito da un imprenditore a titolo individuale - più spesso da cooperative - o da altri soggetti trasformatori.

PRESIDENTE. Se non vi sono ulteriori interventi, mi permetto di ringraziare gli auditi per la loro cortesia e, soprattutto, per le utili sollecitazioni che hanno voluto offrire a questa Commissione e che saranno oggetto di un'attenta valutazione.
Per questa, come per le altre indagini conoscitive, la Commissione ha interesse non solo a proporre un documento finale - come è naturale che sia - ma anche a immaginare un'ipotesi di strumento normativo che possa, in qualche modo, incidere sul piano della performance da voi sollecitata.
Ringrazio gli intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,20.

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