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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione XIII
4.
Giovedì 31 luglio 2008
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Russo Paolo, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'ANDAMENTO DEI PREZZI NEL SETTORE AGROALIMENTARE

Audizione del presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, Antonio Catricalà:

Russo Paolo, Presidente ... 3 9 12 13
Beccalossi Viviana (PdL) ... 6
Catricalà Antonio, Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato ... 3 9 12
Dima Giovanni (PdL) ... 12
Fogliato Sebastiano (LNP) ... 8
Oliverio Nicodemo Nazzareno (PD) ... 7
Rainieri Fabio (LNP) ... 8

ALLEGATO: Relazione del presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, dottor Antonio Catricalà ... 14
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.

[Avanti]
COMMISSIONE XIII
AGRICOLTURA

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di giovedì 31 luglio 2008


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PAOLO RUSSO

La seduta comincia alle 14,10.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che attraverso l'attivazione di impianti televisivi a circuito chiuso, anche mediante la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'andamento dei prezzi nel settore agroalimentare, l'audizione del presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, Antonio Catricalà, che è accompagnato dal dottor Luigi Fiorentino, segretario generale dell'autorità, e dalla dottoressa Emanuela Goggiamani, responsabile dell'ufficio stampa.
Do quindi la parola al nostro interlocutore.

ANTONIO CATRICALÀ, Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Ringrazio il presidente e gli onorevoli deputati per l'invito che hanno rivolto all'autorità a partecipare a questa importante indagine conoscitiva che hanno deciso di condurre, in un momento che, tra l'altro, è segnato da una ripresa dell'inflazione.
Si parla nuovamente di questo argomento. Le stime valutano un tasso tendenziale che si aggira intorno al 4 per cento, il più alto dal 2002.
Questo fenomeno non si verifica solo in Italia, ma in tutta Europa, tanto è vero che molti si interrogano su quanta parte di esso sia dovuta a un aumento ineludibile dei costi delle materie prime, quanta parte a deficit strutturali e quanta parte ad un difetto di concorrenza, quindi a comportamenti non virtuosi delle imprese.
Presidente, ho predisposto una relazione scritta che tuttavia vorrei riassumere, dal momento che consegnerò il testo perché rimanga agli atti della Commissione.
Come contributo all'indagine, mi sono permesso di portare anche un nostro studio che si è concluso l'anno scorso, ma che riguarda solamente il settore agroalimentare e alcune filiere di produzione.
I rialzi che danno luogo a questa inflazione sono particolarmente elevati sia nel settore alimentare sia in quello energetico e dei trasporti.
Nell'ambito delle comunicazioni mobili, l'inflazione scende, insieme ai prezzi, come vedete dalla tabella riportata a pagina 2 della documentazione, perché in questo settore, effettivamente, in Italia si è sviluppata una vera liberalizzazione e la concorrenza è oggi un dato certo e reale. Anzi, talvolta essa diventa addirittura concorrenza sleale, per la pubblicità ingannevole o per le pratiche troppo aggressive che i vari operatori stanno ponendo in essere.
A giugno del 2008, il pane è aumentato del 13 per cento rispetto al dato dell'anno


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scorso; la pasta del 22 per cento; il latte, i formaggi e le uova sono cresciuti dell'8,8 per cento; la frutta del 7 per cento, gli ortaggi del 3 per cento e le carni del 4 per cento.
Il tasso medio del 4 per cento è allineato con quello che si registra nell'area dell'euro.
Anzi, nei Paesi europei, per la verità, il tasso è del 4,3 per cento. Tale elemento ha indotto il Parlamento europeo ad attuare un'operazione analoga a quella che oggi ponete in essere voi, ossia richiedere alla Commissione un'analisi precisa della situazione. La Commissione ha già presentato una prima comunicazione, con la quale ha istituito una task force per studiare il problema degli aumenti dei costi dei prodotti alimentari, in particolare latte e cereali.
A dicembre del 2008 verrà stilato un primo rapporto sull'esito dello studio di questa task force. Per noi - e per voi immagino ancora di più - sarà molto interessante leggere questo rapporto, perché avremo l'indicazione di che cosa accade in tutta Europa.
Anche la Direzione generale concorrenza dell'UE si è attivata e sta monitorando i rapporti tra i produttori e i grossisti, probabilmente perché nutre dei sospetti, o semplicemente perché vuole verificare che non siano stati stipulati eventuali accordi collusivi, per gonfiare, aumentare e amplificare quello che già è chiaro, ossia che i prezzi delle materie prime stanno aumentando.
Stiamo vigilando sia in quanto parte del sistema europeo di vigilanza, sia in quanto sistema di tutela del mercato in Italia.
Per quanto riguarda il livello europeo, abbiamo segnalato alla Commissione europea una presunta intesa sui cereali. Secondo le nostre previsioni, e soprattutto in base a quanto ci è stato riferito dalla Guardia di finanza, nucleo speciale di tutela del mercato, si tratta di un'intesa internazionale.
Con questi nuclei, abbiamo un rapporto proficuo che non è di dipendenza, ma di vera e propria collaborazione, perché riescono a fornirci delle analisi e delle preinformazioni rispetto a quello che effettivamente si verifica in Europa.
Abbiamo potuto presentare tempestivamente questa segnalazione alla Commissione europea, la quale ha aperto un'istruttoria. Inoltre, abbiamo effettuato alcune ispezioni in Italia, ma lo stesso è avvenuto anche in altri Paesi europei, ad opera delle autorità locali,.
Ovviamente, la cautela sul nome delle imprese, sui Paesi interessati è dovuta al fatto che mentre in Italia diamo pubblicità dell'esistenza di un'istruttoria nel momento in cui apriamo il fascicolo, l'Europa attende, per rivelare i nomi delle imprese coinvolte, il momento della contestazione delle risultanze istruttorie.
Questa potrebbe anche essere una buona prassi, sempre che non si diffonda il sospetto che l'Italia assuma impegni troppo facili da chiudere con le imprese, quindi al di là e al di fuori di un controllo che il mercato e gli altri operatori devono avere.
In Italia, naturalmente, monitoriamo la situazione, affinché vi sia sufficiente concorrenza tra i distributori e studiamo le cause che danno luogo a questi aumenti. Innanzitutto, riteniamo, ma non per una deviazione professionale, che alla base di tali aumenti vi siano carenze concorrenziali e inappropriate regolazioni, soprattutto regionali, ma anche comportamenti speculativi e collusivi.
Collusione e speculazione ci interessano nel momento in cui procedono insieme. Abbiamo accertato l'esistenza di un cartello nel settore del pane che ha determinato aumenti non giustificati del prezzo del pane nella provincia di Roma.
A livello nazionale, invece, abbiamo già aperto un'istruttoria sugli aumenti della pasta, in cui sono coinvolte tutte le maggiori aziende nazionali produttrici di pasta.
Allo stesso tempo, stiamo monitorando, senza aver ancora compiuto alcun atto ufficiale, l'andamento dei prezzi del latte, perché abbiamo ricevuto segnalazioni di rialzi significativi, probabilmente non del tutto giustificati, sia dalla Guardia di finanza,


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sia da Mister prezzi, per capirci, sia dall'attuale Ministro dello sviluppo economico.
Stiamo anche studiando ed esaminando il potere d'acquisto della grande distribuzione organizzata, che rappresenta una forza reale se il beneficio della centrale d'acquisto, i benefici del grande distributore possono essere trasferiti a valle. Perché ciò accada, occorre che ci sia una forte concorrenza tra i distributori stessi, in difetto di che il distributore terrà per sé il vantaggio conseguito con la centrale d'acquisto e non lo trasferirà a valle.
Una situazione simile si verifica soprattutto, là dove la grande distribuzione non si è sviluppata, come ad esempio nel Meridione, dove anzi, sembra in qualche modo soffrire.
D'altra parte, anche i prezzi della grande distribuzione non sono uniformi in tutti i mercati. Infatti, mentre nel mercato del confezionato la dominanza della grande distribuzione consente senza dubbio di applicare prezzi più bassi, rispetto ai mercati ordinari, ai mercati al minuto; nell'ortofrutta, i prezzi sono sostanzialmente gli stessi, se non più alti di quelli che si trovano nei mercati rionali.
Tale circostanza è dovuta a due aspetti: prima di tutto alla rigidità del tipo di offerta che deve dare il supermercato, che non può differenziare per stagioni o per prodotto, a seconda della domanda, ma deve offrire una gamma sufficientemente ampia di prodotti e, in secondo luogo, alla qualità del prodotto.
È chiaro, infatti, che la grande distribuzione deve vendere prodotti che non siano solo buoni, ma anche belli (le pesche con le tre «A»).
Esistono campagne che sponsorizzano i prodotti «brutti ma buoni» che, naturalmente, devono ancora entrare nella mentalità degli italiani, che il piatto lo assaggiano con gli occhi ancor prima che con la forchetta.
Alla luce di quanto detto, si comprende che quella della grande distribuzione in questo campo non è una semplice avventura, anche per le ridotte dimensioni dei nostri produttori.
Se un grande distributore si mette d'accordo con un solo produttore, in realtà non combina molto. Anche l'acquisto di tutti i frutti presenti sulle piante di un solo produttore diventa difficile, perché non si riesce a colmare la domanda in relazione all'offerta che dovrà poi effettuare.
Certo è che la grande distribuzione risente della lunghezza della filiera: là dove la filiera è corta riesce a riversare a valle dei risparmi, là dove è lunga, invece, soffre dell'elemento che abbiamo evidenziato nella nostra indagine conoscitiva.
Vale a dire che se vi sono due intermediari, si arriva a una media del 200 per cento di aumento del prezzo dalla produzione alla vendita, invece se ve ne sono tre o quattro, si arriva ad un aumento del 300 per cento del costo del prodotto.
Mi avvio a concludere il mio intervento, citando i nostri otto punti che sono ben noti. La speculazione associata alla collusione comporta l'intervento dell'Antitrust. Non è così in presenza della sola speculazione, mentre avviene se vi è anche il fenomeno della collusione.
In questa fase, le autorità di controllo devono prestare un'attenzione maggiore, perché la crisi induce gli imprenditori a difendere i margini che avevano prima, quando la crisi non c'era.
In altre economie, la crisi economica porta i prezzi a scendere, perché è minore la domanda; da noi, invece, stranamente, la crisi economica, per questa difesa del margine, porta i prezzi a salire (e ne abbiamo una prova).
Un ulteriore punto delle nostre conclusioni è la denuncia di una legislazione regionale troppo rigida.
Un'indagine ben chiara condotta dal gabinetto dell'Autorità ha rilevato che nelle regioni con una minore regolazione l'inflazione è minore. Tale dato riguarda sia le regioni del sud che del nord.
La Campania, ad esempio, è tra le regioni migliori, perché la grande distribuzione è molto presente. Lo stesso può dirsi anche per l'Emilia e la Toscana, ma questo era scontato.
Altro elemento delle nostre considerazioni è relativo al fatto che la flessibilità


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degli orari aiuta la concorrenza e l'ingresso di nuovi operatori e che le strutture di vendita diretta non sono una panacea, ma hanno la possibilità di incidere, perché creano un momento di confronto.
Infine, nelle nostre conclusioni viene formulata una valutazione negativa della possibilità di amministrare questi prezzi.
Non dico questo per sventolare la bandiera dell'Antitrust - che notoriamente deve essere contraria ai prezzi amministrati, altrimenti probabilmente non avrebbe neanche una ragione di esistere come autorità -, ma perché ormai questo sistema non è applicato in nessun Paese d'Europa, dell'area dell'euro e neanche in nessun Paese occidentale.
Peraltro, là dove è applicato, rileva tutte le possibili distorsioni di un'imposizione dall'alto del prezzo che non segue le regole del mercato.
Presidente, ho terminato il mio intervento, ma naturalmente resto a disposizione per rispondere a eventuali quesiti e fornire chiarimenti.

VIVIANA BECCALOSSI. Ringrazio il presidente Catricalà per la relazione che ci ha presentato. Leggerò con maggiore attenzione la documentazione scritta che, gentilmente, ha lasciato a disposizione della Commissione.
La presentazione della relazione odierna segue di poco l'audizione di Mister prezzi, nel corso della quale sono emerse molte delle problematiche che lei ha toccato nel suo dire.
Innanzitutto, volevo rivolgerle i miei complimenti per il lavoro svolto, anche in accordo con la Guardia di finanza, che ha sottolineato le differenze esistenti tra regione e regione in questo settore.
Come è stato giustamente evidenziato, infatti, il nostro Paese è assai diverso da tanti punti di vista, anche sotto il profilo della distribuzione, e in particolare della GDO, che ha una sua forte concentrazione soprattutto nel nord Italia.
Per consentire a tutti gli altri commissari di intervenire, per brevità e per rispetto nei confronti di tutti, mi vorrei soffermare un attimo sul capitolo del quale lei ha parlato ampiamente, quello relativo alla GDO.
Nel nord Italia - provengo dalla regione Lombardia, che sicuramente ha la più alta percentuale di GDO rispetto al numero degli abitanti - si vive ormai da qualche anno una discrasia tra il mondo dei produttori agricoli e i prezzi che si trovano nei supermercati. In altre parole, si chiede una distribuzione più equa del prezzo sulla filiera.
Lei ha sottolineato la questione latte. Come lei sa bene, in proposito sono aperte non poche polemiche: dalla riforma della legge n. 119 del 2003 sulle quote latte, alle emergenze che si sono verificate, ad esempio in Campania, per quanto riguarda il latte di bufala e il consumo di mozzarella di bufala (in merito, proprio ieri, alla Camera, vi è stato un question time con il Ministro Zaia).
Questa Commissione si è impegnata, sia pure nel breve periodo di attività - perché di fatto sono solo due mesi che stiamo lavorando -, per capire quali sono i fenomeni o gli avvenimenti che accadono nel campo dove vengono coltivate le fragole, piuttosto che nella stalla dove viene munto il latte, o nel banco del supermercato.
Abbiamo assunto questo impegno, dal momento che molto spesso il prezzo viene triplicato, se non di più, quando arriva alla casalinga di Voghera - consentitemi questa citazione lombarda -, a fronte di un prezzo riconosciuto al mondo dei produttori che non solo non è incrementato, ma addirittura, in taluni casi, si è ridotto.
Facendo parte della Commissione agricoltura, chiaramente abbiamo interesse a cercare di tutelare il più possibile il mondo agricolo.
Peraltro, i costi di produzione sono aumentati anche per il mondo agricolo, dal momento che il prezzo del petrolio è salito anche per gli allevatori, piuttosto che per i florovivaisti o per qualsiasi altra coltivazione.
Il prezzo che viene riconosciuto per talune materie, paradossalmente, è più basso oggi rispetto a cinque anni fa. Eppure, quando vado a fare la spesa - a


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differenza del collega Di Caterina - trovo che, nel frattempo, i prezzi sono aumentati in maniera indiscriminata.
A questo va aggiunto un altro fenomeno che, a mio avviso, va sottolineato - e mi sembra di averlo intuito tra le righe della relazione del presidente Catricalà -, ovverosia che è vero che le centrali di acquisto dovrebbero avere l'obiettivo finale di garantire un prezzo più basso ai consumatori. Insomma, il ritorno dovrebbe essere quello.
Ritengo che questo obiettivo non sia stato raggiunto, o comunque non in maniera piena; penso che non ci sia sufficiente trasparenza nelle centrali di acquisto della GDO e vado oltre nel dire che a volte ho l'impressione che - passatemi il termine - si faccia cartello tra le GDO rispetto al mondo dei produttori, in particolare nel settore del latte, della carne e dell'ortofrutta, secondo questo ordine. Intendo dire che si ha la sensazione di dover prendere o lasciare.
Se la GDO si mette d'accordo su quale prezzo pagare - facciamo un esempio a caso, ma poi non così tanto - un chilo di grana padano, piuttosto che di provolone, o di mozzarella, il prezzo è quello, dalla Coop alla Esselunga e a tutto ciò che ci sta di mezzo, come Sma, Auchan e quant'altri. A questo punto, è chiaro che il consorzio del grana padano, del provolone o della mozzarella di bufala vende il prodotto al prezzo stabilito dalla GDO, perché altrimenti rischia di rimanere fuori dal mercato.
Questo punto ci interessa molto, perché penalizza i consumatori che non hanno alcun beneficio da queste centrali d'acquisto, ma danneggia ancor di più i produttori che si ritrovano a vendere a volte addirittura sottocosto, un prodotto che nel corso degli ultimi anni ha un prezzo di produzione sempre maggiore.
Peraltro, il livelli dei parametri di sicurezza alimentare e ambientale sono sempre più alti, anche a fronte della riforma della PAC, in base alla quale, come sapete, i requisiti di salubrità che devono essere rispettati sono sempre più numerosi.

NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Intanto, ringrazio il presidente Catricalà per l'ottima relazione che ci ha presentato, ma anche per il lavoro che svolge con grande forza, capacità ed efficacia nel nostro Paese.
Abbiamo deciso di condurre questa indagine conoscitiva sui prezzi perché, in effetti, il potere di acquisto delle famiglie era particolarmente ridotto e i consumi diminuivano.
Non dico che ci avviamo verso una fase di povertà, ma, sicuramente abbiamo a che fare con una situazione problematica, legata alla carenza della concorrenza, della concorrenzialità.
Siamo di fronte al fatto che i prezzi al consumo sono molto differenti rispetto a quelli all'origine. Quindi, c'è un qualcosa che non va.
Forse, la grande distribuzione è concentrata in pochissime catene, in poche imprese e questo, sicuramente, crea mancanza di concorrenzialità.
Presidente Catricalà, lei oggi ha posto con grande efficacia, come primo spunto di riflessione, il fatto che l'inflazione reale attualmente si attesta al 4 per cento, anche se stamattina qualche agenzia riportava il dato del 4,2 per cento.
Inoltre, rispetto al delta che si pone tra il dato del 4,2 per cento dell'inflazione reale e quello dell'1,7 per cento dell'inflazione programmata, probabilmente diminuisce ancor di più il potere di acquisto delle famiglie, perché, sicuramente gli eventuali aumenti salariali o pensionistici si baseranno sulla percentuale dell'1,7 e non su quella del 4,2 per cento.
Senza dubbio, vogliamo tutelare l'agricoltura, le aziende agricole e tutto il mondo agricolo, però dobbiamo anche difendere il consumatore, perché questo rappresenta le famiglie. Se queste ultime diventano sempre più povere, è difficile incrementare e favorire il mondo agricolo.
Presidente Catricalà, lei ci dovrebbe aiutare a capire che tipo di medicina dobbiamo utilizzare. Altrimenti, ci troveremo a diventare sempre più poveri e


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l'agricoltura, prima o poi, subirà le conseguenze negative di questa povertà italiana.

SEBASTIANO FOGLIATO. Signor presidente, intervenendo in questa indagine conoscitiva sull'andamento dei prezzi del settore agricolo. avviata dalla Commissione agricoltura, evidenziamo innanzitutto che, come ho già avuto modo di dire al garante per il controllo sui prezzi, occorre una diversa impostazione di fondo.
Mi è capitato di leggere articoli sui giornali, nei quali si fa apparire il settore agricolo come beneficiario dell'aumento del prezzo del prodotto agricolo, quando non è così. In realtà, il mondo agricolo - ci troviamo in Commissione agricoltura, quindi siamo attenti a questa tematica - questa inflazione la subisce, perché non sempre riesce a spuntare i prezzi che sono tendenzialmente in crescita.
Come dicevo in precedenza, se in un punto vendita troviamo il prezzo di un prodotto aumentato, questo non vuol sempre dire che l'agricoltura vada di pari passo.
Il settore agricolo subisce l'aumento dei costi delle materie prime. Sui fertilizzanti, ad esempio, credo che quest'anno vi sia stato un aumento nell'ordine del 10-12 per cento al mese che, peraltro, non si sa a che cosa sia dovuto.
Inoltre, vorrei che i produttori agricoli venissero ricordati non solo nel momento in cui spuntano dei prezzi allettanti, ma anche quando prendono una piccolissima parte del prodotto, con prezzi che non riescono a coprire i costi di produzione. Quando avviene questo, infatti, non salgono agli onori delle cronache, ma lo fanno quando invece il prezzo aumenta.
Alcuni colleghi che risiedono a Milano mi dicevano di aver trovato il pane a 6-7 euro al chilo. In quel caso, tuttavia, la colpa non è della farina o dei cereali che sono aumentati, ma del fatto di avere, magari, un negozietto in centro di Milano, il cui affitto potrebbe costare anche 4-5 mila euro al mese.
Pertanto, sulla pagnottina di pane si dovranno ripercuotere anche questi costi che non sono soltanto quelli dei cereali.
In definitiva, penso che siamo di fronte a un momento di inflazione che non riguarda soltanto l'Italia, ma tutti i Paesi dell'Unione europea, con piccole variazioni tendenziali.
L'appello che voglio rivolgere è che non si creino degli allarmismi ingiustificati, e soprattutto che non si ripercuotano sul mondo agricolo delle colpe che non ha.
In questa Commissione abbiamo sentito dei colleghi commissari dire che gli agricoltori hanno scoperto che è diventato di nuovo conveniente coltivare i cereali. Alcuni colleghi hanno fatto affermazioni del genere non più tardi della scorsa settimana. Non è così.
I costi di produzione del mondo agricolo sono aumentati. Inoltre, il mondo agricolo non riesce più a spuntare quei prezzi, perché è un soggetto debole nel meccanismo complessivo della filiera.
È indubbio che vada verificata, tenuta e controllata tutta la filiera, ma è necessario anche vincere il divario esistente all'interno della stessa, perché il mondo agricolo subisce fortemente ed è il più penalizzato da questa inflazione.

FABIO RAINIERI. Signor presidente, vorrei svolgere alcune considerazioni in merito alla relazione che ci è stata consegnata dal presidente Catricalà. Innanzitutto, a mio avviso, va sottolineato il vero problema dell'autorità garante, ossia quello di non avere poteri sanzionatori.
A mio parere, come Commissione - ma soprattutto il Governo - dovremmo tramutare questa mia considerazione in qualcosa di più concreto. Infatti, come si è visto in questa sede, di fronte a infrazioni molto gravi - come viene scritto nella relazione - le sanzioni sono a dir poco simboliche. Tale stato di cose aiuta ancora di più chi vuole continuare a perpetrare azioni illecite. Del resto, se la sanzione è simbolica, il danno che si riceve è sicuramente inferiore rispetto al guadagno che si ottiene dall'aver attuato azioni scorrette.


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Il secondo aspetto che vorrei evidenziare riguarda l'aumento dei prezzi.
Come abbiamo visto evidenziato sempre nella relazione, sta diminuendo il divario tra la grande distribuzione e il piccolo negozio sotto casa. Probabilmente, quindi, anche noi dobbiamo cambiare mentalità. Non dobbiamo più pensare che la grande distribuzione aiuti a ridurre il costo di approvvigionamento del prodotto. Essa serve per aumentare la comodità di fare la spesa, ma non è utile ai fini della riduzione del prezzo.
Questo è un altro degli aspetti che, a mio avviso, andrebbe segnalato all'opinione pubblica, anche nell'ottica di mantenere in piedi quelle piccole realtà che credo facciano bene al sistema Italia.
L'ultima considerazione che vorrei svolgere è relativa alla tabella n. 3 riportata a pagina 10 della documentazione scritta consegnata. Nel grafico, vediamo che, a fronte di un'incidenza del 77 per cento dell'acquisto diretto, nei passaggi successivi, questi valori vengono triplicati e quadruplicati.
Quindi, è questa la fase in cui, a mio avviso, il garante dovrebbe intervenire più di tutti e, a fronte di quanto dicevo all'inizio del mio intervento, riuscire ad avere una capacità sanzionatoria. Del resto, è proprio in questa fase che l'aumento è maggiore.
Concludo il mio intervento, parlando dei cosiddetti prodotti civetta, un altro dei punti sui quali il garante deve agire con forza. Infatti, non è possibile che il parmigiano reggiano - scusatemi se lo cito, ma sono un produttore di parmigiano - nella grande distribuzione abbia un costo di vendita inferiore rispetto a quello del caseificio, solo per far vendere tutti gli altri prodotti della grande distribuzione. Tale dato non danneggia solo il consumatore, perché è semplicemente uno specchietto per le allodole, ma soprattutto chi, come me, munge le vacche e produce il latte per il parmigiano reggiano.
Questi sono, credo, i punti e le considerazioni su cui la Commissione dovrebbe riflettere per portarli all'attenzione generale.

PRESIDENTE. Presidente Catricalà, questa Commissione tollererebbe anche qualche riduzione di margini di utile nei confronti del settore agricolo, se essa si riverberasse in qualche modo sul consumatore finale.
Dalla sua accorta, attenta e approfondita relazione, registriamo che così non è. Lei ci ha riferito che uno dei temi centrali in questa situazione è la competizione e che dove c'è una concentrazione maggiore di grande distribuzione è più facile che questa competizione vi sia.
Le riporto un esempio che emerge anche dalla sua relazione. Credo che le siano state segnalate alcune vicende che riguardano la vendita di latte, proprio in Campania dove la grande distribuzione è particolarmente diffusa e ha anche dei punti di eccellenza dal punto di vista delle performances complessive sul sistema.
Come mai vi è questa condizione? Inoltre, lei ritiene che in questa situazione, collusione e speculazione attraggano azioni della criminalità organizzata?

ANTONIO CATRICALÀ, Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Signor presidente, quelli presentati sono tutti spunti di grande interesse. Naturalmente, ognuno di essi presupporrebbe uno studio per poter essere esaustivi. Ciò che posso dire, rispondendo a tutti, è che è vero che la centrale d'acquisto esercita, come diceva giustamente l'onorevole Beccalossi, un forte potere di mercato.
Di questo potere risentono, indubbiamente, i produttori, che molto spesso sono costretti per una scelta imprenditoriale a vendere il loro prodotto alla grande distribuzione, in difetto di che dovrebbero ridurre la propria produzione perché non avrebbero gli sfoghi necessari. Infatti, solo la grande distribuzione riesce a garantire il collocamento del prodotto.
Da questa forza di mercato, la grande distribuzione dovrebbe trarre vantaggi tali da avere il proprio profitto, perché non sono dei benefattori, ma anche essere effettivamente competitiva sul mercato, e quindi più vantaggiosa per il consumatore.


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Quest'ultimo, d'altra parte, non sempre trova i prezzi migliori nel supermercato. Certamente questo non accade nell'ortofrutta, perché in tale settore la dimensione dei produttori in Italia è talmente piccola rispetto a quella dei colleghi francesi, spagnoli e tedeschi, che non riesce a stipulare contratti diretti con la grande distribuzione. Non ce la fanno.
La grande distribuzione, infatti, dovrebbe andare a cercare, uno per uno, ogni tipo di prodotto. Inoltre, non si può immaginare di comprare i frutti di una determinata pianta se non si hanno a disposizione almeno 100, 200, 300 ettari, quando noi stiamo parlando di 60 ettari. Insomma, non c'è convenienza a fare il contratto.
La ridotta dimensione, dunque, comporta che tutti i piccoli produttori debbano avvalersi di intermediari, i quali hanno il loro lucro e talvolta esagerano nella commissione, o semplicemente hanno un ulteriore intermediario.
Quindi, l'onorevole Fogliato ha pienamente ragione quando afferma che un aumento dei costi non implica necessariamente un vantaggio per il coltivatore diretto.
In realtà, come abbiamo detto, a causa della ridotta dimensione del produttore, aumentano le fasi di intermediazione e, di conseguenza, si determina un prezzo più alto nella grande distribuzione, così come nel negozietto del centro di Milano. Ovviamente, infatti, se vi è un aumento generale dei prezzi delle materie prime, ne risentono tutti quanti.
L'onorevole Fogliato mi chiedeva quale sia la medicina per questo problema. Ebbene, le dico che per noi non può essere altro che l'efficienza e la concorrenza. L'efficienza deriva dalla concorrenza. Se non c'è concorrenza, non c'è nessuna spinta verso l'efficienza.
Negli altri mercati, quello tedesco o francese, c'è una maggiore concorrenza, ma soprattutto vi sono maggiori dimensioni. Gli operatori sono di dimensioni maggiori e riescono, quindi, a farsi una concorrenza più diretta.
L'onorevole Rainieri mi chiedeva che poteri ha, in concreto, l'autorità rispetto a questi fenomeni distorsivi. Come sapete, l'autorità nasce diciotto anni fa, con una legge che le impone di intervenire dove ci sono accordi collusivi e abusi di posizione dominante. Successivamente, durante l'ultima gestione, abbiamo esteso anche alle banche questo nostro potere e abbiamo ottenuto maggiori poteri di tutela del consumatore, che prima non esistevano. Tuttavia, la tutela del consumatore diretta può avvenire solamente là dove siano attuate pratiche commerciali scorrette e, in quel caso, le sanzioni sono irrisorie. Infatti, di fronte a grandi istituti che attuano notevoli operazioni di speculazione, con pratiche scorrette e aggressive e pubblicità ingannevole, non possiamo comminare una sanzione maggiore a 500 mila euro.
A tal proposito, intervenendo qui alla Camera nella Sala della Lupa, ho chiesto di poter aumentare questa irrisoria sanzione, perché diventa ridicola quando si parla di grandi campagne pubblicitarie e di istituti che hanno la possibilità di essere plurioffensivi nei confronti di milioni di consumatori, risparmiatori ed assicurati.
Spero che il Parlamento voglia prendere in considerazione questa nostra istanza che non è spinta dal desiderio di essere più temuti, ma di avere maggiore incisività e di poter portare maggiori risultati.
Vengo al tema del pane. Siamo riusciti a provare l'esistenza di un cartello in questo settore. Non è facile riuscire in un'azione simile. La giurisprudenza vuole addirittura che adesso si porti la prova di un accordo tra vertici aziendali e nazionali.
Ebbene, siamo riusciti a provare l'esistenza di un cartello a Roma, ma siccome esso era a livello dell'associazione dei panificatori, la multa non poteva essere che paragonata al fatturato di quella associazione. Quindi, sostanzialmente, la questione si è risolta con una multa simbolica, irrisoria. Questa è la sostanza dei nostri limiti.


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Una legge che, diciotto anni fa, poteva avere la propria efficacia per l'effetto reputazionale di una sanzione antitrust, oggi non ha più la stessa portata.
In America, per gli stessi fatti illeciti, si va in prigione e si sconta realmente la pena. Quindi, ci troviamo di fronte a questi effetti speculativi.
Quello relativo al latte è un grosso problema. Ne hanno parlato gli onorevoli Beccalossi, Oliverio, Fogliato e lo stesso presidente della Commissione. Stiamo monitorando tale situazione. Non siamo ancora in una fase di apertura di istruttoria, perché ad oggi non abbiamo evidenze che ci consentano di farlo. Abbiamo dovuto sanzionare un comportamento non corretto da parte di Parmalat, perché non si liberava di un asset che gli avevamo imposto di vendere e questo creava una concentrazione di maggior favore per tale azienda.
Abbiamo condotto un'indagine, un'istruttoria sul latte in polvere, quello che serve per i bambini. Abbiamo sanzionato le imprese che praticavano azioni scorrette, anche se poi, alla fine, a dare problemi era la struttura di mercato che lo stesso Ministero della sanità veniva a creare. Infatti, ogni mese, l'azienda ospedaliera riforniva di latte le puerpere, che si affezionavano a quel latte perché non faceva male ai loro bambini e continuavano a comprarlo anche fuori dall'ospedale. Siamo riusciti ad avere impegni da queste imprese per tre anni, periodo durante il quale il prezzo del latte è rimasto basso, tanto che le nostre famiglie hanno risparmiato 40 milioni l'anno. I tre anni sono finiti e il prezzo del latte in polvere ha ricominciato a crescere vorticosamente.
Una volta, dicevamo che tale situazione era dovuta al fatto che l'unico canale disponibile era quello delle farmacie. Oggi non è più così. Esiste il canale della grande distribuzione, ma il prezzo sale ugualmente.
Pensiamo che vi siano certamente delle forme collusive, soprattutto in determinate regioni. Tuttavia, se non abbiamo un'evidenza per non rendere la nostra azione assolutamente inefficiente dobbiamo attendere che la Guardia di finanza finisca gli accertamenti che sta facendo e solo dopo potremmo prendere una decisione accorta su questo specifico settore.
Quello che più mi convince dell'esigenza che siate voi, il Parlamento, a interessarsi di tale questione è che alcuni problemi sono di carattere strutturale e che serve un intervento del legislatore per snellire e rendere più praticabile l'istituzione di nuovi centri vendita di grandi dimensioni.
Voglio dire che, per quanto riguarda alcuni settori dell'agricoltura, l'Antitrust non ha lo stesso atteggiamento negativo degli anni passati. Anzi, il parmigiano reggiano è stato proprio il terreno di pacificazione tra l'Antitrust e il mondo agricolo.
Il giorno in cui mi sono insediato, i giornali titolavano: «Deve essere escluso il mondo agricolo dalle regole antitrust». Oggi non si legge più questo, perché abbiamo capito quali erano i problemi del mondo agricolo, degli agricoltori.
Il parmigiano reggiano aveva bisogno di un consorzio, di certe protezioni e noi le abbiamo consentite con il Ministero dell'agricoltura. Tali protezioni erano state ritenute utili dai ministri sia di centrodestra sia di centrosinistra, unanimemente. Proprio su quel terreno, inoltre, vi è stata una pacificazione anche col Ministero.
Ovviamente, alcune regole antitrust sulle grandi concentrazioni devono restare invariate. Tuttavia, ciò che si riteneva in passato, ossia che in un certo settore non fosse possibile arrivare a una quota di mercato del 40-45 per cento, oggi, in presenza di specifiche garanzie per il consumatore, è possibile farlo. È possibile anche istituire i consorzi, quando questi producono un effetto di protezione della qualità del prodotto, di cui il consumatore viene comunque a godere.
Presidente, la ringrazio molto di avermi dato l'occasione di essere presente in Commissione e di avere questo scambio di idee con i deputati, nell'ambito di un'indagine che riteniamo di importanza essenziale per il Paese.


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PRESIDENTE. La cortesia e l'autorevolezza del collega Dima mi consente di fare una eccezione e dargli la parola.

GIOVANNI DIMA. Presidente, vorrei riprendere brevemente quel segmento che lei ha citato come un forte momento di debolezza del mondo agricolo italiano relativo all'ortofrutta. Se ho capito bene - e credo che questo sia il punto centrale -, lei si riferisce, sostanzialmente, alla storia agricola del nostro Paese e al fatto che, in relazione alle superfici produttive, abbiamo strutturalmente, da sempre, una debolezza.
Giusto per capirci, ricordo che la proprietà media italiana è di 5,5 ettari, quella tedesca, piuttosto che francese o spagnola, è nell'ordine dei 30-60 ettari. Tuttavia, questo non basta per giustificare quello che sta accadendo fra il mondo produttivo e il consumatore.
Spesso abbiamo prodotti di eccellenza che sono profondamente legati alle specificità territoriali del nostro Paese. Riporto l'esempio di una regione che lei conosce bene, ossia la Calabria, che ha il primato della produzione di clementine, i mandarini senza semi.
Sostanzialmente, è in quei luoghi che si trova il centro della produzione nazionale. Tuttavia, pur essendo quel territorio sede di una produzione di eccellenza, vi è un'anomalia vistosissima fra il prezzo che ricava il produttore e quello che paga il consumatore.
Questo aspetto, ovviamente, si aggrava di anno in anno, perché non sono da escludere, in relazione a questo ragionamento, anche le altre incursioni che avvengono sul mercato, soprattutto dei Paesi terzi.
Con questo, tuttavia, non risolviamo il problema, perché, comunque, in Calabria, rispetto a questo tipo di produzione, ci saranno sempre decine e decine di migliaia di imprese con un terreno di un ettaro, di mezzo ettaro, che stentano a favorire un processo di aggregazione produttiva per poter quantomeno tentare di essere competitivi sul mercato.
Allora, ritengo che non possiamo immaginare che una produzione e una specificità di questa natura debba finire. Dobbiamo correre ai ripari, cercando di attuare non solo le politiche economiche del Governo, e quindi del settore agricolo, ma anche e soprattutto, visto che lei è qui presente, cercare di capire come monitorare al meglio quello spazio che si pone tra il momento produttivo e quello del consumatore, che forse oggi non è ben definito.

ANTONIO CATRICALÀ, Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Mi pare che lei abbia perfettamente ragione. Esiste un problema dimensionale, ma non è solo questo. Esiste anche un problema strutturale e generale che riguarda la distribuzione del prodotto che prevede troppi passaggi di intermediari. Se si riuscisse a limitare questo numero, se...

GIOVANNI DIMA. Aggiungo che molto spesso non è neanche legato alla grande distribuzione, presidente.

ANTONIO CATRICALÀ, Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. È vero. Anzi, devo dire che la grande distribuzione nell'ortofrutta non è dominante, perché loro hanno un 45 per cento contro il 55 per cento degli indipendenti.
Direi, anzi, che probabilmente conviene ancora comprare l'ortofrutta nel mercato, ma anche lì il consumatore paga un prezzo di tre volte superiore a quello del produttore. Di questo, ovviamente, siamo ben consci.
Per tale motivo, abbiamo una direzione che è relativa solo al settore agroalimentare e che si occupa solo di questo: tiene sotto monitoraggio il settore e la Guardia di finanza, nei mercati, è costantemente e quotidianamente impegnata nel tentativo di scoprire ciò che a noi interessa, ossia se c'è una collusione.
In genere, quando il prezzo è alto in momenti di crisi vuol dire che un accordo c'è, in difetto di che, seguendo le regole


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economiche che abbiamo studiato all'università, il prezzo dovrebbe scendere, perché scende la domanda.

PRESIDENTE. Ringrazio il presidente dell'autorità garante della concorrenza e del mercato, Antonio Catricalà, non solo per l'approfondita relazione che ci ha fornito e che sarà pubblicata in allegato al resoconto della seduta odierna (vedi allegato), ma anche per la cortesia nell'aver risposto in modo esauriente alle sollecitazioni che sono venute da questa Commissione e per la cortesia di aver assicurato la sua presenza nonostante il ritardo con cui ha avuto inizio l'audizione.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15.

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