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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione XIII
13.
Martedì 14 dicembre 2010
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Russo Paolo, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA SITUAZIONE DEI MERCATI DELLE SEMENTI E DEGLI AGROFARMACI

Audizione dei rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole Coldiretti, Confagricoltura, CIA, Copagri e Filiera agricola italiana (Fagri) e delle cooperative agricole Agci-Agrital, Fedagri-Confcooperative, Legacoop-Agroalimentare e Unci-Coldiretti:

Russo Paolo, Presidente ... 3 10 13 14
Fogliato Sebastiano (LNP) ... 13
Grieci Gianfranco, Presidente della Fagri ... 8
Masini Stefano, Responsabile dell'area ambiente, territorio e consumi della Coldiretti ... 3
Milanesi Matteo, Rappresentante del dipartimento economico-normativo della Fedagri-Confcooperative ... 10
Paduano Fabio, Coordinatore della Unci-Coldiretti ... 13
Roncolini Giuliana, Responsabile del settore ortofrutticolo della CIA ... 7
Tersi Edmo, Responsabile per il settore della Legacoop-Agroalimentare ... 10
Tozzi Luigi, Responsabile del settore agrofarmaci della Confagricoltura ... 5

ALLEGATI:
Allegato 1: Relazione consegnata dal dottor Fabio Paduano, coordinatore della Unci-Coldiretti ... 15
Allegato 2: Grafici allegati alla relazione svolta dal dottor Luigi Tozzi, responsabile del settore agrofarmaci della Confagricoltura ... 31
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Futuro e Libertà per l’Italia: FLI; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l’Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud Libertà e Autonomia, I Popolari di Italia Domani: Misto-Noi Sud-PID; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Repubblicani, Azionisti. Alleanza di Centro: Misto-RAAdC.

[Avanti]
COMMISSIONE XIII
AGRICOLTURA

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 14 dicembre 2010


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PAOLO RUSSO

La seduta comincia alle 9,50.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione dei rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole Coldiretti, Confagricoltura, CIA, Copagri e Filiera agricola italiana (Fagri) e delle cooperative agricole Agci-Agrital, Fedagri-Confcooperative, Legacoop-Agroalimentare e Unci-Coldiretti.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla situazione dei mercati delle sementi e degli agrofarmaci, l'audizione dei rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole Coldiretti, Confagricoltura, CIA, Copagri e Filiera agricola italiana (Fagri) e delle cooperative agricole Agci-Agrital, Fedagri-Confcooperative, Legacoop-Agroalimentare e Unci-Coldiretti
Sono presenti, per la Coldiretti, Stefano Masini, responsabile Ambiente, territorio e consumi, e Paolo Abballe, capo ufficio colture estensive; per la Confagricoltura, Luigi Tozzi, responsabile del settore agrofarmaci; per la CIA, Giuliana Roncolini, responsabile del settore ortofrutticolo; per la Copagri, Enrico Fravili; per la Filiera agricola italiana (Fagri), il presidente Gianfranco Grieci; per la Fedagri-Confcooperative, Matteo Milanesi, del Dipartimento economico normativo; per l'Unci-Coldiretti, Fabio Paduano, coordinatore; per la Legacoop-Agroalimentare, Edmo Tersi, responsabile di settore.
Darei subito la parola ai nostri ospiti. Ai loro interventi potranno far seguito eventuali domande dei colleghi della Commissione, alle quali gli auditi potranno replicare.

STEFANO MASINI, Responsabile dell'area ambiente, territorio e consumi della Coldiretti. Ringrazio in particolare per i contenuti di questa audizione parlamentare, attraverso la quale credo sarà possibile conoscere il posizionamento delle imprese sementiere che operano nel settore e valutarne, dunque, la caratterizzazione in senso oligopolista che in molte occasioni abbiamo denunciato.
Tuttavia, non è secondario rilevare come la conoscenza del mercato in cui si sviluppa il commercio delle sementi e, in termini complementari, quello dei prodotti fitosanitari, possa consentire la valutazione delle dinamiche che portano oggi a constatare la riduzione della base genetica alle fondamenta di un'agricoltura plurale, differenziata e di qualità, quale è quella del nostro Paese.
Ancora di recente, presso questa Commissione, abbiamo potuto valutare l'importante proposta di legge in materia di biodiversità e quando diciamo che tre quarti della diversità genetica delle principali colture agrarie è scomparsa e citiamo, ad esempio, come dato quello del frumento - alla fine del secolo scorso si stima che in Italia ne esistessero oltre 400 varietà, oggi con 8 varietà formiamo l'80 per cento delle sementi - ci accorgiamo di


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come la sicurezza alimentare e lo sviluppo economico dipendano dalla diversità genetica e come sia fondamentale salvaguardare questo dato.
D'altra parte, la perdita di queste risorse riduce, come avrò cura di mettere in evidenza a breve, la stessa libertà imprenditoriale nella scelta del modello organizzativo. Mi preme ricordare, come esempio di una storia mai raccontata, un'indagine conoscitiva non recente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, con provvedimento n. 7432 del 27 luglio 1999 a proposito del settore bieticolo-saccarifero. Questa indagine, che ora rimane agli atti come parentesi storica, dovrebbe essere ripetuta per tutti i settori. L'istruttoria dell'Autorità garante ha raccontato come nella filiera bieticola-saccarifera la questione del seme di barbabietola abbia consentito di conoscere un mercato regolato. Il 70 per cento della produzione mondiale di zucchero deriva dalla trasformazione dello stesso. In Italia le associazioni bieticole per lungo tempo hanno avviato una serie di attività di organizzazione della filiera, in particolare assumendo il controllo dell'attività di approvvigionamento del seme, stabilendo non solo la quantità di semi da utilizzare nei diversi comparti, ma anche la qualità e, ancora, le condizioni e i prezzi di acquisto degli agricoltori.
L'Autorità garante ha lasciato per iscritto come la struttura del mercato del seme nel settore bieticolo-saccarifero fosse all'epoca estremamente concentrata. Scrive infatti l'Autorità: «gli utilizzatori finali del seme, cioè agli agricoltori, non possono acquistare direttamente il prodotto dalle ditte sementiere né da distributori dipendenti, bensì sono obbligati a rivolgersi a distributori autorizzati dagli zuccherifici». Ebbene, come dicevo, questo dato che oggi rimane un relitto storico deve essere evidenziato al fine di completare delle azioni conoscitive su tutti i settori.
Un altro motivo dell'importanza di un'indagine così centrale - alla base delle filiere sta il seme e spesso tutti noi omettiamo di ricordarlo - c'è la necessità di dare corso al Trattato FAO sulle risorse fitogenetiche, ratificato con legge 6 aprile 2004, n. 101, in quanto dati recenti della stessa organizzazione dicono di come il commercio internazionale delle sementi sia dominato da 5 compagnie, che rappresentano il 30 per cento del mercato globale. Il Trattato, invece, richiede, come recita l'articolo 6 della legge menzionata, di operare attraverso una serie di misure.
Credo che questa indagine dovrà consentirci di ricavare dei dati affinché la proposta di legge discussa pochi giorni fa sia consequenziale all'adozione di interventi per incoraggiare sistemi agricoli differenziati. L'articolo 6 sull'uso sostenibile delle risorse fitogenetiche, infatti, propone di «d) allargare la base genetica delle piante coltivate e accrescere la diversità del materiale genetico (...); e) promuovere (...) un maggiore uso delle piante coltivate delle varietà e delle specie sotto-utilizzate (...); f) (...) creare stretti legami tra la selezione vegetale e lo sviluppo agricolo (...)».
Cito un altro dato recentissimo, quella della comunicazione della Commissione europea del 6 dicembre di quest'anno, n. 714, allorché si dice che sulla salute delle api, di cui si è discusso molto a proposito della scelta di semi di mais e delle modalità di concia, incide la perdita di biodiversità: aumentano le prove scientifiche del fatto che le api che hanno accesso a una miscela di pollini da piante diverse risultano più sane di quelle che si alimentano con un solo tipo di polline.
Ecco, allora, l'importanza di differenziare la base genetica delle nostre coltivazioni all'interno di una strategia nazionale che potrebbe essere inserita in un nuovo provvedimento sulle risorse genetiche, in cui debbono trovare posto i coltivatori custodi.
Abbiamo una legislazione ancora frammentata in materia di varietà autoctone. Sarebbe importante approfittare dei contenuti di lavoro di questa indagine per portare a miglior coordinamento le disposizioni contenute nella legge 6 aprile 2007, n. 46, che istituisce il registro delle varietà da coltivazione, le norme del decreto ministeriale


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18 aprile 2008 e, soprattutto, le disposizioni del decreto legislativo 29 ottobre 2009, n. 149.
Non mi soffermo, chiaramente, sui singoli aspetti tecnici e proseguo sull'importanza di valutare, ancora all'interno di questa discussione, le modalità applicative all'interno del quadro regolatorio che la nuova proposta di Politica agricola comune (PAC) pone in relazione al settore delle sementi. Leggo una nota dell'ultimo numero dell'Informatore Agrario a proposito della semente certificata: vi si dice che una delle due ragioni «a favore del seme certificato» - l'altra è chiaramente quella del prezzo - «riguarda il fatto che l'analisi economica non dovrebbe limitarsi a verificare la convenienza individuale di breve termine, ma a tener conto della competitività di lungo termine. In proposito, è noto come l'impiego di seme certificato favorisca lo sviluppo di nuove cultivar». Questo non è vero.
Noi riteniamo che l'aiuto per le sementi debba essere disaccoppiato e che occorra favorire una diversificazione genetica. La tecnologia clearfield, ad esempio, è molto importante perché, mentre in Italia ancora di recente gli assessori ci dicono di rigettare la coltivazione degli organismi geneticamente modificati, sulla base di un ampio schieramento di forze, esistono delle tecnologie di mutagenesi nelle sementi che creano una serie di problemi nella costruzione di un mercato libero.
Il contratto - a disposizione per chi non lo conosca - per la coltivazione di riso delle varietà Libero e Sirio, le più commercializzate, prevede delle clausole di tutela brevettuale della semente che sono le stesse che la Monsanto adotta ai fini della cessione delle sementi roundup ready in Argentina. Leggo: «la tecnologia clearfield è protetta da diritti di privativa, fa capo al gruppo BASF e deve essere scrupolosamente seguita in quanto il suo mancato rispetto incrementa il rischio di incrocio tra il riso coltivato e il riso selvatico con la possibilità di creare resistenza agli erbicidi. (...) il raccolto ottenuto con la semente non potrà essere venduto se non per usi alimentari, non potrà in nessun caso essere ceduto a chicchessia per la produzione di sementi» - ecco una chiara violazione dell'eccezione all'agricoltore riconosciuto dai trattati internazionali; bisogna far emergere questo dato perché nelle campagne si diffondono contratti che presentano una chiara contraddizione con i princìpi internazionali di esenzione della farmer exemption - «né utilizzato come autoriproduzione. Inoltre, al fine di consentire una verifica delle prescrizioni, l'agricoltore deve consentire alla BASF di effettuare verifiche nel fondo coltivato, nei luoghi di stoccaggio, mettere a disposizione la denuncia PAC, la planimetria catastale dell'azienda, pena il pagamento di una penale».
Noi riteniamo che questa indagine dovrebbe mettere in evidenza anche il modo in cui gli agricoltori debbono approvvigionarsi nel mercato.
Concludo con un'indicazione positiva per quanto riguarda l'uso dei prodotti fitosanitari, ossia il dato che fa dell'agricoltura italiana la prima riguardo all'esclusione di residui in Europa nei prodotti agricoli - l'Italia presenta appena lo 0,2 per cento di campioni irregolari e dal 2003 al 2009 si registra un passaggio dal 5 per cento allo 0,8 per cento - e dunque siamo di fronte a un modello a basso impatto ambientale.
Tuttavia, si ritiene che un'indagine volta a comprendere le dinamiche del mercato dei prodotti fitosanitari possa lasciare traccia delle caratteristiche delle imprese produttrici e del loro posizionamento, utili per una ricostruzione completa del quadro della distribuzione e della vendita dei prodotti fitosanitari e, in particolare, di erbicidi.

LUIGI TOZZI, Responsabile del settore agrofarmaci della Confagricoltura. In questa sede, contrariamente alla mia abitudine, preferisco leggere il testo consegnato dalla confederazione per la serie numerosa di dati che porrò. Sarà un po' stentoreo, ma magari leggerlo insieme ne renderà molto più semplice la comprensione.
La situazione di mercato dei mezzi tecnici agricoli, come ha anche evidenziato


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la nota introduttiva che fa da programma all'indagine, è caratterizzata in Italia da un certo squilibrio tra domanda e offerta. È indubbio che il numero di operatori che producono e offrono questi mezzi tecnici sono in numero inferiore rispetto alle molte aziende agricole, che notoriamente costituiscono un panorama estremamente polverizzato dalla domanda.
D'altro canto, è pur vero che i mezzi tecnici costituiscono parte importante, ma non del tutto determinante in termini di incidenza sui consumi intermedi complessivi, dell'agricoltura italiana.
È bene ricordare che, su circa 22 miliardi di euro, la spesa degli agricoltori italiani per sementi e antiparassitari è stata pari a quasi 2,2 miliardi di euro nel 2009, quindi meno del 10 per cento. Eventuali distorsioni o interferenze di mercato inciderebbero, quindi, in maniera relativa sui redditi complessivi dei produttori.
È bene, altresì, ricordare che gli agricoltori hanno subìto, nel corso degli ultimi dieci anni, una diminuzione progressiva del loro reddito: i prezzi all'origine sono aumentati del 12 per cento, mentre i costi di produzione e i mezzi tecnici sono aumentati del 30 per cento.
Negli ultimi dieci anni il consumo degli agrofarmaci si è modificato gradualmente sia per l'introduzione di nuove molecole sia per l'evoluzione delle politiche ambientali europee. Nello stesso periodo, il valore del mercato degli agrofarmaci è aumentato di circa il 15 per cento, con un'inflazione nazionale media stimata intorno al 24 e un aumento del prezzo della produzione dell'8 per cento. È chiaro che la restante parte di aumento del prezzo dell'agrofarmaco, quindi circa il 6 per cento, è da imputare a un altro settore, in questo caso quello della vendita.
L'evoluzione tecnologica sta portando a nuove strategie di difesa delle colture e all'uso di mix di agrofarmaci con prezzi unitari più elevati rispetto alla media, ma con prodotti a basse dosi di impiego e con molecole innovative. Si stima che nell'ultimo ventennio vi sia stato un calo dell'uso di questi prodotti intorno al 37 per cento, dato omogeneo ai dati ISTAT relativi al 2009, che attestano all'1,7 per cento la diminuzione rispetto al 2008 e che diviene addirittura del 13 per cento se si considera il quadriennio 2005-2009 passando da 102 a 89 tonnellate utilizzate.
Su questo trend si innesta la progressiva applicazione della direttiva 1991/414/CE del Regolamento 1107 del 1999, che entra a regime tra qualche giorno - ormai ci siamo, entro gennaio 2011 - e della già ricordata direttiva 2009/108/CE sull'uso sostenibile degli agrofarmaci. Questo ha prodotto già nel 2008 un dato direi molto importante, ossia la riduzione del numero di princìpi attivi di ben il 66 per cento, quindi circa i due terzi.
Abbiamo acquisito questi dati dalle associazioni europee della chimica e, in ogni caso, possiamo confermare che c'è stato un notevole calo del numero dei princìpi attivi grazie a queste direttive.
Se si considera che la ricerca per l'introduzione sul mercato di un nuovo prodotto è mediamente, sempre stando ai dati delle associazioni europee della chimica, di 256 milioni di dollari americani, si comprende quale futuro attende le imprese agricole. L'aumento del costo degli agrofarmaci in futuro sarà sicuramente legato proprio a queste scelte ambientalistiche, che noi condividiamo, sia beninteso, ma che speriamo non ricadano solo sulle imprese agricole.
Dai grafici che riportano, rispettivamente, l'andamento dei prezzi in valore assoluto e l'andamento percentuale degli agrofarmaci, delle sementi e della produzione, si può notare che sostanzialmente il prezzo degli agrofarmaci ha avuto un costante aumento degli ultimi dieci anni, con punte eccezionali nel 2008 e nel 2009. Tuttavia, non vi è una correlazione evidente tra l'aumento dei prezzi delle sementi e quello degli agrofarmaci, né in termini assoluti né in termini percentuali.
Diverso è se si considera un altro elemento economico, ossia l'andamento del prezzo del petrolio. Dal grafico n. 3 si rileva, infatti, una forte correlazione tra il costo degli agrofarmaci, il valore della produzione e questo prodotto in particolare negli ultimi tre anni. Confagricoltura


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non ha notizia di irregolarità e scorrettezze poste in essere dagli operatori del comparto sementiero e degli agrofarmaci.
L'evoluzione dei prezzi dei prodotti agricoli è caratterizzata da una diversa dinamica, molto più volatile e variabile del trend dei prezzi dei mezzi tecnici, che invece è costantemente in rialzo, come abbiamo detto, da dieci anni. Nel complesso, i prezzi degli agrofarmaci sono arrivati a un livello prossimo a quello raggiunto dai prodotti agricoli in media, salvo naturalmente le citate differenze nella dinamica.
I prezzi delle sementi hanno visto mediamente un aumento dei prezzi del 20 per cento, comunque anche esso in linea con l'evoluzione dei prezzi medi dei prodotti delle coltivazioni. In poche parole, la forte concentrazione dell'offerta di mezzi tecnici, soprattutto per gli agrofarmaci, visto che per le sementi commercializzate in Italia le prime 6 ditte concentrano almeno il 15 per cento del prodotto commercializzato, non sembra abbia determinato atteggiamenti speculativi e scorretti ai danni delle aziende, almeno dalla dinamica che evidentemente è influenzata da altri fattori. In ogni caso, resta il problema di una forte concentrazione che, più che da condannare in sé, è da analizzare per verificarne le motivazioni che l'hanno determinata e le possibili contromisure che garantiscono comunque maggiore potere contrattuale gli agricoltori.
Sul piano dell'analisi sembra che la concentrazione dell'offerta sia frutto essenzialmente delle recenti operazioni di emergency acquisition, ma anche del potenziale di ricerca e sviluppo che deriva dagli investimenti di queste società. È evidente, quindi, che occorre potenziare l'attività di ricerca nel campo delle agrotecnologie per sviluppare anche le attività a esse connesse. In Italia l'atteggiamento verso questo tipo di investimenti materiali e immateriali è di scarso impegno, purtroppo, quando non si sconfina nella diffidenza. L'incidenza della spesa pubblica per la ricerca sul prodotto interno lordo è inferiore alle principali realtà dell'economia avanzata, per tacere della vicenda degli organismi geneticamente modificati che, dopo un atteggiamento di assoluta chiusura, ha frenato la sperimentazione in pieno campo del transgenico, che solo sino a qualche anno fa interessava in Italia decine e decine di ettari. Nonostante l'intesa in Conferenza Stato-regioni, che risale ormai a oltre due anni fa, infatti, non è stato possibile per vari motivi ufficializzare i protocolli di sperimentazione, un ostracismo che ci pare immotivato e che sta rischiando di far perdere un patrimonio di conoscenze inevitabilmente destinato ad altri soggetti. A questo tipo di atteggiamento è dovuta anche la concentrazione dell'offerta in poche mani di conoscenza e innovazioni tecnologiche che sono la chiave per far progredire il settore.
C'è anche da costruire, però, un atteggiamento proattivo da parte delle imprese agricole sulla concentrazione della domanda di mezzi tecnici. In questo, Confagricoltura è già notevolmente avanti con la sua proposta di progetto «Futuro Fertile», in cui ha previsto di mettere a sistema le sue aziende sociali per costituire una massa critica di domanda e condizionare, così, in maniera significativa il mercato, il tutto con iniziative di carattere privatistico che, a regime, dovrebbe interessare 350.000 ettari di coltivazioni per 500 milioni di euro di fatturato complessivi.
In ultimo, rileviamo che l'applicazione della direttiva 1991/414/CE e le seguenti del 2009, riducendo il numero di sostanze attive - lo ricordo, di circa due terzi, che sono appunto utilizzabili - sta imponendo all'industria chimica dei costi per la ricerca che si ripercuotono sul prezzo finale e si ripercuoteranno sicuramente sul prezzo finale delle nuove molecole. Ripeto che si tratta di scelte ambientaliste condivisibili, ma che comunque possono rischiare di abbattersi economicamente su una sola categoria, quella degli imprenditori agricoli.

GIULIANA RONCOLINI, Responsabile del settore ortofrutticolo della CIA. Finisco questo ciclo professionale, quindi mi limiterò a sottolineare alcuni punti tra gli


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argomenti già esposti. Tra i punti principali, a mio avviso, c'è la ricerca. Quello della ricerca è un problema che in Italia investe tantissimi settori, ma nel campo sia degli agrofarmaci sia delle sementi c'è ormai veramente un vuoto. Per le sementi fino a vent'anni fa c'era un'università, istituti agrari che hanno lavorato, che hanno fatto ricerca per nuove varietà. Da allora l'attività è diminuita moltissimo, quindi quello che i miei colleghi hanno sottolineato, e cioè la forte concentrazione del prodotto in mano a poche aziende multinazionali, implica che la ricerca sia svolta quasi unicamente da loro ed è evidente che non si parla solo di prezzi che devono incorporare questi massicci costi della ricerca, ma anche di indirizzi colturali che vengono scelti da queste aziende. La famosa specificità italiana, la famosa valorizzazione del prodotto italiano, quindi, dovrebbe essere garantita, a nostro avviso, anche da una maggiore ricerca del pubblico, soprattutto nel campo delle sementi perché sappiamo, come è già stato detto prima di me, che vi sono una serie di sementi, di mais, di grano, fondamentali anche per il nostro mercato e che ormai si stanno perdendo.
Neanche io voglio ripetere il discorso di questo nuovo regolamento per gli agrofarmaci, che va a ridurre molto il numero degli stessi: è un fatto anche positivo, molti agrofarmaci non più adatti al mercato sono stati tolti, però questo si rifletterà ancor di più sul problema che dicevo prima. Una prima proposta è sicuramente questa del pubblico che deve riprendere in mano, in parte almeno, la ricerca; in secondo luogo, esiste un discorso di filiere, che sono fondamentali, vanno presidiate, e quindi bisogna avere un rapporto sistematico e continuo con il ministero sul dato che tutti i prodotti partono dal seme, per cui serve un tavolo dove si possano ritrovare i vari anelli della filiera.
Questo significa includere anche, per esempio, i mostri moltiplicatori, che rappresentano un altro pezzo del problema. Molto spesso, infatti, avendo un rapporto diretto e costante con queste grandi multinazionali, hanno anche loro una scarsa capacità contrattuale. Se non hanno, infatti, dei contratti quadro che vengano ratificati dal ministero, dal pubblico, che nascano all'interno di tavoli di filiera, non si può garantire che certe coltivazioni e certi prodotti continuino a essere presenti in Italia. Essi sono importanti proprio per il prodotto italiano.

GIANFRANCO GRIECI, Presidente della Fagri. Ringrazio il presidente per averci invitato a questa audizione. Lo riteniamo molto importante, soprattutto alla luce delle problematiche che riveste il settore agroalimentare, in particolare il settore delle sementi e degli agrofarmaci applicato al comparto cerealicolo. Ringraziamo soprattutto come Fagri perché in questo momento particolare, di forte crisi a livello mondiale in tutti i settori, si è voluto considerare un aspetto importante come questo della sementi, quindi delle produzioni cerealicole, che affliggono ormai da anni i nostri produttori in termini di sbocco sul mercato rispetto ai costi di produzione.
Vorrei, ad esempio, attirare l'attenzione su quanto costa oggi seminare un ettaro di grano duro per un'azienda agraria rispetto a che cosa si ricava dalla vendita di questo prodotto. Occorre impiegare, infatti, almeno 3 quintali di semente certificata per un costo di circa 130 euro per ettaro; a questo vanno aggiunti, durante la fase di crescita del grano in campagna, circa 80 euro di concime, circa 80 euro di diserbanti - si tratta, ripeto, di dati per ettaro - per arrivare alla mietitura con circa 120 euro; inoltre, vanno aggiunti tutti i costi di manodopera aziendale, naturalmente, come le giornate lavorative dell'impresa agraria, per arrivare a un costo di produzione, ricordo, per un ettaro di grano duro, di circa 550-560 euro per ettaro/anno.
Come resa di produzione su un ettaro - dipende in ogni caso dalle varie zone, non tutte le zone sono uguali - avremo circa 40 quintali di grano duro. Quanto ai prezzi, che sappiamo essere molto bassi, soprattutto nella fase di raccolta del grano duro, intorno ai 15-17 euro, ogni anno su


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un ettaro un agricoltore riesce a ricavare non più di 600 euro che, detratti i costi di produzione, danno un utile di 40-50 euro per ettaro. A questi vanno aggiunti i premi della Politica agricola comune (PAC) che, come sappiamo, si sono fortemente ridotti, soprattutto a partire dalla riforma che ha voluto introdurre a livello europeo il premio disaccoppiato (che ha tolto il premio alla produzione, soprattutto del grano duro). Tutto questo ha creato dei forti disagi, similmente a quelli che già erano presenti in tutti gli altri comparti del settore agroalimentare.
La questione della sperequazione che esiste nell'offerta delle sementi e degli agrofarmaci è molto pesante. Assistiamo, infatti, a una forte concentrazione dell'offerta e a una scarsa concentrazione della domanda. A questo si contrappone una scarsa concentrazione dell'offerta, e invece una forte concentrazione della domanda nel mercato dei prodotti agricoli. Questo fenomeno è particolarmente visibile nelle aree del centro e del sud del nostro Paese, dove esistono aziende di medie e piccole dimensioni che fanno fatica a mantenere in piedi il proprio sistema di reddito aziendale, e quindi il proprio sistema colturale.
Noi riteniamo che si possa intervenire e suggeriamo qualche proposta che possa essere fonte di discussione e di approfondimento da parte di tutte le istituzioni competenti, come creare un sistema di oligopolio anche nel settore della produzione. Il grande problema è che gli agricoltori vanno sul mercato per conto proprio, e quindi subiscono l'attacco violento da parte di grandi oligopoli in termini di produzione, di trasformazione e così via. Il confronto, quindi, è assolutamente impari, non riescono a confrontarsi, non evidenziandosi così un mercato di libera concorrenza ma piuttosto elementi di forte distorsione.
Bisognerebbe intervenire, a mio avviso, anche con una riforma legislativa a favore di queste multinazionali non per migliorarne il reddito, ma per metterle nelle condizioni di abbassare i prezzi ai produttori attraverso una politica di detassazione solo a favore di quelle imprese che sul mercato nazionale vendono agrofarmaci attraverso un criterio di prezzi concordato anche con il Ministero delle politiche agricole e con le autorità per i prezzi del mercato. Bisognerebbe intervenire anche sulla prossima discussione della politica agricola comunitaria in sede europea, appunto, per verificare se ci sono le condizioni, come Stato membro - l'Italia è un forte Paese di produzione cerealicola perché ha una posizione geografica che le consente di ottenere una forte qualità di materia prima in termini di produzioni cerealicola - di rivedere i criteri di assegnazione dei premi comunitari di modo che si possa premiare la qualità delle aziende che producono prodotti di qualità superiore.
Naturalmente, non va perso di vista che queste multinazionali stanno portando sul mercato a livello mondiale il fenomeno dei prodotti trattati, quindi gli organismi geneticamente modificati acquisiscono grande importanza, e purtroppo, sul mercato italiano anche questo viene subìto a scapito non solo delle imprese agricole, ma soprattutto della salute dei consumatori italiani.
Siamo, quindi, assolutamente convinti che si debba incentivare la produzione biologica. Questo è un altro metodo che può combattere gli agrofarmaci in qualche modo, o comunque costringere queste grandi multinazionali a trovare un accordo di filiera nel settore agroalimentare e delle sementi in Italia.
Non va perso di vista neanche il fenomeno della commercializzazione: non solo per il settore cerealicolo, ma anche per tutti gli altri settori va creato un forte anello di collegamento con la grande distribuzione organizzata in Italia e va favorita sempre di più l'immissione sul mercato di materia prima italiana, che è sicuramente certificata, controllata. Purtroppo vediamo che gli scaffali dei supermercati sono affollati da cibi che vengono trasformati e resi tali con prodotti che arrivano anche dall'estero.
Tutto quello che abbiamo detto e che tutti condividiamo crea dei forti disagi al


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settore cerealicolo e non solo nell'agricoltura. Riteniamo che bisognerebbe assieme individuare uno strumento legislativo e che tutti gli attori della filiera dovrebbero fare la loro parte affinché possiamo risollevare le sorti del mondo agricolo.

MATTEO MILANESI, Rappresentante del dipartimento economico-normativo della Fedagri-Confcooperative. Grazie, presidente.

PRESIDENTE. In genere gli ultimi sono sempre più sfortunati, hanno meno tempo, ma non per questo sono ultimi per importanza.

MATTEO MILANESI, Rappresentante del dipartimento economico-normativo della Fedagri-Confcooperative. A nome delle tre centrali cooperative, la Fedagri-Confcooperative, la Legacoop-Agroalimentare e l'Agci-Agrital, per ragioni di economia, interverrà il signor Edmo Tersi. Peraltro, abbiamo anche lasciato un documento riassuntivo.

EDMO TERSI, Responsabile per il settore della Legacoop-Agroalimentare. Cerchiamo di recuperare tempo e di dare massima speditezza anche al contributo che volevamo portare unitariamente, come ha detto il collega, come centrali cooperative.
Come è noto, le nostre tre organizzazioni rappresentano sul territorio nazionale oltre 5.000 cooperative attive, con 720.000 produttori organizzati e 90.000 addetti di personale occupato nel comparto, con un fatturato, quindi, che sfiora i 32 miliardi di euro.
Il contributo, nel merito dell'audizione, consiste in alcune sottolineature sul mercato degli agrofarmaci e delle sementi. Alcuni accenni sono già stati fatti nel corso di interventi precedenti, ma probabilmente è utile ricordare alcuni aspetti. In particolare, quanto agli agrofarmaci, è noto che a livello mondiale le società che operano in questo mercato che continuano a investire in ricerca sono molto poche: tre sono multinazionali europee, tre statunitensi e altre quattro o cinque provengono dal settore dall'Estremo Oriente.
Aziende italiane che investono in ricerca su nuovi agrofarmaci di fatto non esistono. In Italia esiste un solo gruppo che mantiene una propria unità di ricerca, ma gli investimenti nel campo, e quindi giocoforza i risultati, non sono certamente all'altezza di quanto i maggiori player mondiali destinano all'innovazione.
I costi per l'immissione sul mercato di una nuova molecola sono enormi, ed è questo il motivo per cui gli investimenti con società con bassa capitalizzazione non sono adeguati facendole uscire di fatto da questo comparto. Per ogni sostanza attiva che arriva sul mercato si stima ne siano state testate, valutate e respinte oltre 15.000, per cui l'impegno è sicuramente di rilievo. Esiste, quindi, nel campo della ricerca una evidente concentrazione creata dalle fusioni che in questi anni si sono verificate nel mercato agricolo. L'attuale Bayer CropScience, ad esempio, è il risultato della fusione di ben sei multinazionali europee, quattro sono invece quelle confluite nel gruppo Syngenta, grande protagonista nel mercato mondiale di questi princìpi attivi.
L'innovazione è, quindi, di fatto in mano a pochi attori, con conseguente riduzione delle sostanze attive e disponibili. Inoltre, è da sottolineare, come è già stato accennato in interventi precedenti, come l'Unione europea con una serie di provvedimenti legislativi, il più rilevante dei quali è stata la direttiva 1991/414/CE, ha attivato un meccanismo di ricopertura brevettuale delle molecole presenti sul mercato. Le società produttrici di agrofarmaci sono state chiamate, per effetto di tale direttiva, a produrre ulteriori studi tossicologici rispetto a quelli a suo tempo presentati per continuare a distribuire le sostanze attive. Questo ha creato ulteriore vaglio, che ha ridotto significativamente il numero degli agrofarmaci disponibili. Si stima, infatti, che con questo tipo di revisione il numero sia passato da 1.084 princìpi attivi disponibili sul mercato ai circa 350 attuali.


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Va aggiunto che il nuovo Regolamento comunitario n. 1107 del 2009, che entrerà in vigore il 14 giugno prossimo, contiene un innalzamento delle soglie di accesso alla registrazione anche di molte delle vecchie sostanze attive. Si intuisce, quindi, che stiamo andando incontro a un periodo di ulteriore restrizione del numero degli agrofarmaci, che saranno presenti sul mercato in attesa che arrivino nuovi prodotti registrati secondo il nuovo Regolamento comunitario. Questo porta sicuramente ad avere prodotti più moderni, ma più onerosi e probabilmente con coperture di prodotti vegetali più limitate.
Questo processo della revisione è sicuramente meritorio togliendo dalla disponibilità alcune molecole anacronistiche, quindi pericolose per l'ambiente o per l'operatore, superate dal progresso della ricerca, ma sta provocando una contemporanea diminuzione dei prodotti disponibili per la nostra agricoltura e i nostri agricoltori.
La situazione attuale, quindi, a monte della catena distributiva nazionale è, in sintesi, riconoscibile in questo piano: molecole innovative in mano a pochissimi attori, molto specifiche come bersaglio/obiettivo e molto specialistiche nelle modalità d'uso, e molecole di ricerca datate, distribuite contemporaneamente dal numero di soggetti che ne detengono sintesi e dossier tossicologici.
Sottolineiamo, quindi, come ulteriore elemento per una più precisa fotografia di questo mercato il sempre maggiore impatto che i diversi disciplinari di produzione tendono a diffondere e che hanno nella determinazione delle linee tecniche di difesa. In moltissimi casi ormai le filiere produttive organizzate impongono al produttore protocolli sempre più stringenti, provocando e rafforzando indirettamente i monopoli o gli oligopoli derivanti dalle considerazioni su indicate.
Speculare alla frammentazione e alla parcellizzazione delle aziende agricole italiane è la situazione degli attori della distribuzione. Moltissimi sono, infatti, i punti vendita di agrofarmaci e degli altri mezzi utili per le colture operanti sul mercato italiano. In questo contesto cooperative e consorzi agrari, operanti soprattutto nel centro-nord Italia e distributori privati su tutto il territorio nazionale, costituiscono una rete di distribuzione oltremodo numerosa, probabilmente non completamente efficiente in tutti gli attori, ma in grado di concedere alle aziende agricole più evolute una pluralità di offerte sicuramente adeguata.
Tuttavia, occorre aggiungere che i recenti indirizzi comunitari in materia di fitofarmaci e loro gestione e impiego impongono maggiori giuste regole in materia di sicurezza dei punti vendita, trasporti e smaltimento di queste sostanze. Occorrerà ridefinire un adeguamento della qualità e della quantità dei punti vendita presenti nel settore e nel territorio. Evidentemente, ciò accade ove esistono sia cooperative, sia consorzi agrari, sia privati, e quindi in particolare, in questo contesto, in maniera maggiormente incisiva nel centro-nord del Paese. In alcune zone ove, invece, la cooperazione è assente, si assiste a un repentino innalzamento dei prezzi di vendita praticati alle aziende agricole.
All'interno di questo contesto, la Fedagri-Confcooperative, la Legacoop-Agroalimentare e l'Agci-Agrital operano in questo settore con una rete di aziende cooperative al servizio dell'agricoltore, al quale viene offerta assistenza tecnica, mezzi tecnici di qualità e di provenienza certa - non è da ignorare il mercato degli agrofarmaci in frode o rubati perché il fenomeno è molto attivo, purtroppo, nel nostro territorio e incide per un notevole volume d'affari - a condizioni eque e corrette gestite dal mondo organizzato. Le cooperative operano come coordinamento e aggregazione della domanda offrendo alle imprese agricole, anche e soprattutto a quelle di dimensioni più ridotte, la possibilità di procedere ad acquisti collettivi e di ottenere in questa maniera vantaggi di prezzo.
In sintesi, quindi, in questo comparto nel mercato dalla produzione di mezzi tecnici assistiamo quotidianamente a fusioni e accorpamenti dal lato della produzione, ricerca e proprietà intellettuale, e al frazionamento, invece, degli acquirenti


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utilizzatori. Il fenomeno è dovuto principalmente all'eccessivo costo della ricerca e della produzione di agrofarmaci, ma anche a un'evoluzione storica del mercato ormai difficilmente sovvertibile.
A questo fenomeno, oggi possiamo rispondere semplicemente aggregando e organizzando il consumo, ovvero costruendo cooperative di acquisto con relativa fornitura di servizi pre e post vendita. Queste cooperative dovranno crescere in maniera tale da essere sempre più efficienti e ben distribuite sul territorio. È bene, quindi, che i Governi degli Stati membri anche dell'Unione europea siano in grado di orientare e fornire sostegno alla ricerca in maniera coordinata, così da abbattere i costi e rendere il mercato delle produzioni maggiormente competitivo.
Nel merito, invece, del mercato delle sementi, uno degli elementi che vorremmo sottolineare, anche per completezza dell'informazione, è il fatto che l'Italia è tra i primi Paesi produttori in Unione europea di sementi, quindi nell'ambito della riproduzione di colture da seme ha il primato assoluto nella produzione di cereali e nelle colture orticole di pregio. Questo elemento è messo oggi in discussione dal calo del consumo di seme certificato.
Negli ultimi cinque anni abbiamo perso il 30 per cento della superficie coltivata a coltura sementiera, legata quindi alla riduzione di alcuni colture per fenomeni di mercato e al non utilizzo di seme di origine nota, certificata.
Relativamente al mercato di questo settore, è da rilevare che la situazione è simile a quella degli agrofarmaci, con una forte concentrazione sul versante produttivo e dei brevetti e una forte frammentazione su quello degli acquirenti e utilizzatori. Anche in questo caso, quindi, il fattore critico e determinante è la ricerca.
Di fronte alla consapevolezza dell'esigenza di aumentare le rese produttive per far fronte all'aumento dalla domanda alimentare ed anche della conseguente necessità di risolvere il dibattito, tutto europeo, sull'utilizzo o meno di sementi modificate geneticamente, emerge chiara l'urgenza di investire risorse pubbliche nel settore della ricerca delle colture sementiere. Nel panorama sementiero inizialmente è stato il settore pubblico a investire in ricerca. Oggi è ormai quasi totalmente assente, lasciando un potenziale di sviluppo solo a grossi gruppi multinazionali. Negli ultimi vent'anni queste aziende, attraverso fusioni e accorpamenti, hanno potuto investire risorse nel campo della ricerca e sovrapporsi nei mercati anche del nostro Paese.
La situazione dominante nel settore, quindi, da parte delle multinazionali ha un duplice effetto: esse indirizzano e scelgono i settori di ricerca, privilegiando i settori di maggior convenienza economica, il sistema di brevetti nonché il controllo delle produzioni, che va dal settore sementi a quello dei fitofarmaci; hanno il potere di determinare linee di indirizzo colturale e di prezzi per gli attori dello stesso comparto. Pur riconoscendo, quindi, a tali aziende il merito di aver affrontato consistenti investimenti in un settore importante come questo, bisogna prendere atto che le stesse stanno di fatto creando una loro condizione di indispensabilità, assumendo un ruolo invasivo delle scelte e del produttore agricolo.
In questo contesto, quindi, l'utilizzatore del seme, agricoltore o produttore, è il soggetto più debole. Nel medio periodo sarebbe positivo che il settore pubblico ritornasse a investire in ricerca in collaborazione con università, centri di ricerca o istituti specializzati nel comparto, come anche gli istituti agrari, per poter contrapporre al privato alternative valide per il sistema agroalimentare. Sarebbe anche opportuno fare delle scelte legittime, chiare e non dettate solo da timori ideologici o atteggiamenti demagogici sul tema dell'utilizzo degli organismi geneticamente modificati, ribadendo che anche in questo caso la ricerca dovrebbe essere pubblica.
Contestualmente, però, vorremmo sottolineare un altro aspetto, che quindi va ribadito, come la necessità di sostenere e favorire tecniche innovative di miglioramento genetico, quali cisgenesi, selezione molecolare o altre tecniche ancora che consentano di sviluppare nuovi obiettivi


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permettendo il rilancio di produzioni nazionali sostenibili e condivise con le diverse componenti della filiera agroalimentare. Anche in questo contesto, come ribadito per il settore degli agrofarmaci, la parte agricola può rispondere al mercato aggregando le aziende e costituendo essa stessa una forza per poter gestire ricerca e innovazione. La cooperazione, quindi, nell'ambito del suo sistema mutualistico che aggrega la domanda dei produttori agricoli fornendo assistenza qualificata, si pone come strumento di difesa e tutela nella scelta dell'indirizzo colturale e della formazione dei prezzi.
Andrebbe anche evidenziato che la ricerca sul seme potrebbe ancora peggiorare nel prossimo futuro proprio per la scarsa valorizzazione dello stesso, inteso come mezzo di produzione, per l'assenza del sostegno all'uso del seme certificato, che è da cogliere come via per sostenere l'innovazione vegetale e la ricerca a essa collegata. Non si tratta di fornire sostegni tout court, ma di favorire processi virtuosi di filiera dove i diversi step si integrano tra di loro e dove il seme certificato dà garanzia di identità varietale, rintracciabilità garantita e qualità del prodotto. Il prodotto seme va, quindi, riconosciuto come il primo e fondamentale anello della filiera agroalimentare, senza il quale il resto della filiera perde tracciabilità, identità e valore.

FABIO PADUANO, Coordinatore della Unci-Coldiretti. Non ho nulla da aggiungere che non abbia carattere di ridondanza rispetto a quanto ha già espresso dal dottor Masini della Coldiretti, che è ampiamente illustrato nel documento comune che abbiamo già consegnato e che è a disposizione della presidenza e della Commissione.

PRESIDENTE. Do ora la parola ai deputati che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

SEBASTIANO FOGLIATO. Ringrazio il presidente, gli auditi e anche i colleghi, anche se ora non sono più presenti a causa della giornata impegnativa sul piano politico.
Si tratta, in ogni caso, di una proposta che è stata avviata dal nostro gruppo, condivisa dai colleghi - che ringrazio - per fare chiarezza intorno al fenomeno delle sementi e degli agrofarmaci. Questa indagine conoscitiva nasce da un confronto con gli agricoltori. La causa di questi fattori di produzione incide negativamente sul reddito delle nostre imprese agricole, e quindi volevamo avere più elementi su questa vicenda.
Riteniamo, infatti, che oggi, per la concentrazione di ditte produttrici che continuano ad aggregarsi, queste rivestano una posizione dominante che, per i mezzi tecnici di produzione, a nostro avviso incide negativamente. Certo, facciamo il nostro plauso alla ricerca, che è un fatto importante - ci mancherebbe altro - ma consideriamo anche che se la facciano strapagare, così come abbiamo molte altre considerazioni da fare. Resta il fatto che oggi l'agricoltore non riesce più a sostenere una certa situazione. Riteniamo anche che, se l'aumento dei mezzi tecnici di produzione continua e le produzioni agricole diminuiscono nel valore, difficilmente si riuscirà a tenere in piedi questo settore. Vogliamo analizzare, quindi, queste fonti dove è inevitabile che l'agricoltore è l'anello debole del sistema. Le grandi multinazionali che hanno questa posizione dominante, oltre a fare ricerca, impongono anche dei prezzi che oggi l'agricoltore non riesce più a sostenere.
Ho ascoltato con attenzione tutte le vostre relazioni, come quella della Confagricoltura, ad esempio, che sostiene di non avere notizia di irregolarità e scorrettezze operate da questo comparto. Penso però che qui stiamo andando oltre. Penso che, se è un'associazione che rappresenta gli agricoltori e si confronta con essi, qualche agricoltore le avrà detto che sborsa cifre per le sementi e per i mezzi di produzione per le quali le loro aziende non riescono più a far fronte a questi continui aumenti.


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Ho analizzato anche tutti gli altri interventi che, ci mancherebbe, condivido, ma la nota della Confagricoltura sembra rappresentare più il settore degli agrofarmaci che non quello degli agricoltori: ho letto una serie di dati, infatti, certamente riferibili agli agrofarmaci, ma di quello che vogliono gli agricoltori non c'è assolutamente nulla. Su questo comportamento sono anche un po' in imbarazzo perché non penso che si faccia del bene all'agricoltura sostenendo e giustificando il comportamento di queste aziende che stanno un po' abusando, a detta di tutti gli agricoltori, della posizione che hanno sul mercato.
Continueremo questa serie di audizioni anche con gli attori principali di queste aziende, con una serie di soggetti che potranno portare il proprio contributo all'interno dei lavori di questa Commissione.
Vi ringrazio della partecipazione e per l'utile contributo che avete fornito ai lavori di questa indagine conoscitiva.

PRESIDENTE. Ringrazio il collega Fogliato che, con il suo garbo, ha significato come questa indagine conoscitiva richiesta dal gruppo della Lega è stata immediatamente raccolta in modo entusiastico da parte di tutti i gruppi. Ci avviamo, quindi, su questo percorso nel tentativo di capire un po' di più, individuare criticità, ma ovviamente, grazie al vostro contributo, anche offrire delle soluzioni.
Vi ringraziamo per la cortesia di essere stati qui, ma soprattutto per l'approfondita analisi che avete voluto offrire a questa Commissione. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della relazione consegnata dal dottor Fabio Paduano e dei grafici allegati alla relazione svolta dal dottor Luigi Tozzi (vedi allegati).
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 10,50.

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