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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione XIII
5.
Martedì 23 novembre 2010
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Russo Paolo, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE OPERE IRRIGUE

Audizione dei rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole Coldiretti, Confagricoltura, CIA, Copagri e Filiera agricola italiana (Fagri) e delle cooperative agricole Agci-Agrital, Fedagri-Confcooperative, Legacoop-Agroalimentare e Unci-Coldiretti:

Russo Paolo, Presidente ... 3 10 12 13 14
Beccalossi Viviana (PdL) ... 10
Di Stefano Donato, Componente della giunta nazionale della CIA ... 6
Grande Sandro, Rappresentante dell'Agci-Agrital ... 8
Grieci Gianfranco, Presidente della Fagri ... 7
Grossi Paola, Responsabile dell'ufficio legislativo della Coldiretti ... 3 14
Menesatti Ugo, Responsabile dell'area economico-normativa della Fedagri-Confcooperative ... 8
Pederzoli Massimiliano, Esperto del settore bonifica e irrigazione della Unci-Coldiretti ... 9 14
Rainieri Fabio (LNP) ... 12
Ruvolo Giuseppe (Misto-Noi Sud-PID) ... 11
Servodio Giuseppina (PD) ... 13
Tozzi Luigi, Responsabile del settore qualità della Confagricoltura ... 5
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Futuro e Libertà per l’Italia: FLI; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l’Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud Libertà e Autonomia, I Popolari di Italia Domani: Misto-Noi Sud-PID; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Repubblicani, Azionisti. Alleanza di Centro: Misto-RAAdC.

COMMISSIONE XIII
AGRICOLTURA

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 23 novembre 2010


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PAOLO RUSSO

La seduta comincia alle 13,45.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione dei rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole Coldiretti, Confagricoltura, CIA, Copagri e Filiera agricola italiana (Fagri) e delle cooperative agricole Agci-Agrital, Fedagri-Confcooperative, Legacoop-Agroalimentare e Unci-Coldiretti.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle opere irrigue, l'audizione dei rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole Coldiretti, Confagricoltura, CIA, Copagri e Filiera agricola italiana (Fagri) e delle cooperative agricole Agci-Agrital, Fedagri-Confcooperative, Legacoop-Agroalimentare e Unci-Coldiretti.
Ricordo che nell'ambito dell'indagine conoscitiva la Commissione ha già svolto le audizioni del Commissario ad acta per la gestione delle attività ex Agensud trasferite al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, dei rappresentanti della Conferenza delle regioni e delle province autonome, dell'Associazione nazionale bonifiche, irrigazioni e miglioramenti fondiari (ANBI).
In vista della conclusione dell'indagine prevista per la fine di quest'anno, abbiamo perciò ritenuto importante fare il punto della situazione con le organizzazioni agricole.
Sono presenti per Coldiretti l'avvocato Paola Grossi, responsabile ufficio legislativo, per Confagricoltura il dottor Luigi Tozzi e il dottor Alessandro Pantano, rispettivamente responsabile settore qualità e settore ambiente, per la CIA il dottor Donato Di Stefano della giunta nazionale, il dottor Carlo Bonizzi, responsabile ufficio normativo e professionale, per Filiera agricola italiana il dottor Gianfranco Grieci, presidente nazionale e la signora Marina Simeone, assistente, per l'Agci-Agrital il dottor Sandro Grande, membro della Giunta consultiva agricola nazionale, per la Fedagri Confcooperative Ugo Menesatti e Matteo Milanesi del dipartimento economico normativo, per l'UNCI Coldiretti il dottor Fabio Paduano, coordinatore, e il dottor Massimiliano Pederzoli, esperto del settore bonifiche e irrigazione.
La Legacoop agroalimentare ha comunicato che la sua posizione sarà rappresentata dalla Fedagri-Confcooperative, mentre la Copagri ha comunicato oggi di non poter intervenire.
Do subito la parola ai nostri ospiti.

PAOLA GROSSI, Responsabile dell'ufficio legislativo della Coldiretti. Ringraziamo la Commissione per questa audizione per l'evidente importanza che l'irrigazione ha come fondamentale strumento di produzione per le imprese agricole sotto il profilo sia dei mezzi che dei costi di produzione.


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In questo quadro è evidente che per le imprese agricole è essenziale come arriva l'acqua in azienda. Infatti, per l'utilizzo economico ai fini irrigui dell'acqua (l'acqua non arriva aprendo un rubinetto, come per i cittadini) è importante come e quando arriva l'acqua perché le imprese agricole hanno bisogno di avere l'acqua in un certo modo e quando serve.
In questa situazione uno strumento per noi fondamentale è la disponibilità di adeguate strutture di irrigazione, per cui ringraziamo la Commissione per la sensibilità dimostrata nel monitorare costantemente l'attuazione del piano irriguo e dei suoi finanziamenti e degli strumenti necessari per effettuare l'irrigazione, ovvero i consorzi di bonifica. Questi sono espressione di un federalismo cooperativo e della sussidiarietà orizzontale, princìpi che ormai improntano non soltanto la nostra Costituzione, ma anche il comune sentire dei cittadini e con soddisfazione verifichiamo anche delle istituzioni.
Nell'ambito delle attribuzioni della materia e della salvaguardia delle attività e delle competenze di programmazione che competono agli enti pubblici e quindi alle regioni e al Ministero - il protocollo del 2008 ne è una riprova - e quindi della necessità che le regioni si facciano interpreti delle esigenze del territorio, individuando le opere irrigue di maggiore importanza, appare fondamentale l'attività dei consorzi di bonifica che propongono soluzioni adeguate facendosi portavoce della base associativa, realizzano e gestiscono le opere. Si tratta quindi di fondamentali enti pubblici di autogoverno, perché protagonisti dell'attività irrigua.
Per quanto riguarda la difesa del territorio, tutti i proprietari extra agricoli e agricoli degli immobili sono i primi interessati perché le azioni sia per l'irrigazione nell'ambito che per la difesa del territorio devono essere adeguate, quindi realizzate non per fare opere pubbliche perché da questo derivano altre economie o vantaggi per altri soggetti, ma perché devono essere funzionali all'utilizzo, economiche nella gestione e tempestive nella realizzazione.
Molte delle criticità che le varie audizioni svolte finora hanno evidenziato dimostrano innanzitutto l'esigenza della certezza nell'individuazione delle funzioni dei consorzi di bonifica che abbiamo acquisito con il protocollo Stato-regioni. Rimetterle in discussione ogni sei mesi ipotizzando di poter attribuire queste funzioni a enti pubblici vari piuttosto che privatizzarle costituisce un elemento di grande incertezza, che certamente non giova all'irrigazione né alla difesa del suolo, che è un elemento di grande criticità nel nostro Paese.
Siamo quindi contrari a privatizzazioni e a pubblicizzazioni assolute, perché riteniamo che la funzione dei Consorzi e l'attuale struttura come enti di autogoverno debba essere salvaguardata.
Per quanto riguarda specificamente le questioni evidenziate con molta attenzione da tutti i commissari nonché dai precedenti auditi, le criticità per quanto riguarda l'attuazione delle opere pubbliche nell'ambito dei consorzi di bonifica sono innanzitutto figlie della struttura della nostra normativa in materia di appalti; si tratta di problemi che forse è difficile risolvere se non introducendo qualche piccolo elemento cui farò brevemente cenno soltanto per il settore delle opere pubbliche irrigue e dei Consorzi di bonifica.
I tempi per la realizzazione di queste opere normalmente non sono più lunghi, anzi forse sono più brevi di quello che si verifica in altri settori. Anche in questo settore abbiamo evidenziato alcune criticità, ma non dobbiamo dimenticare che queste sono purtroppo largamente concentrate nelle regioni meridionali, in realtà in cui i consorzi di bonifica sono da lungo tempo commissariati.
In Sicilia, ad esempio, alcuni commissariamenti dei Consorzi si protraggono da venti anni. È dunque evidente che queste non sono situazioni fisiologiche e che il commissariamento non è strutturato come ente, istituzione, normativa per durare quindici o venti anni, e questo influisce largamente sulla funzionalità di questi enti.


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Laddove i commissariamenti non ci sono o risultano fisiologici nell'ambito di una normale temporaneità di questi istituti, come evidenziato anche dal commissario ad acta per il Mezzogiorno, le situazioni sono molto migliori.
Si può cercare di intervenire sui tempi burocratici delle circostanze evidenziate quali la produzione di documenti falsi da parte delle imprese appaltatrici piuttosto che il moltiplicarsi di ricorsi pretestuosi, circostanza che si verifica purtroppo in tutte le procedure di appalto e a cui difficilmente potremo ovviare con una normativa ad hoc.
Il Ministro Galan nel comunicare l'approvazione da parte del CIPE, lo scorso 18 novembre, di una tranche di 117 milioni, ha detto che per provare a modificare questa situazione si vorrebbe inserire nei decreti di concessione il termine di diciotto mesi per l'esecuzione degli appalti, a pena di decadenza.
Questo ci sembra un buon tentativo per cercare di ricondurre tutti a più miti consigli quando si realizzano queste procedure, e quindi per creare un comune sentire volto a evitare di perdere soldi in caso di decadenza.
Dal momento in cui la delibera del CIPE viene approvata al momento in cui questa viene materialmente scritta e comunicata al Ministero, che deve poi fare i provvedimenti di concessione, passano anche due o tre mesi. Si tratta di tempi più difficilmente comprensibili nella loro lunghezza e probabilmente più facilmente comprimibili. Credo che, con un'adeguata concertazione con Ministero, regioni e organi di Governo, queste situazioni possano essere risolte. Deve comunque essere evidenziata la grande regolarità di questi appalti dei consorzi di bonifica. In ogni caso, a differenza di molti altri casi di appalti realizzati in Italia, non ci sono mai stati episodi che abbiano evidenziato commistioni con la criminalità organizzata o episodi di rilevanza penale, circostanza degna di nota.
Riteniamo poi che debba essere incrementato un piano invasi, perché per quanto riguarda il ritmo delle precipitazioni in Italia non è che in assoluto ci sia poca acqua - purtroppo le vicende di questi giorni lo stanno dimostrando -, ma non riusciamo a trattenere l'acqua quando c'è e quindi non possiamo utilizzarla quando serve. Il piano degli invasi si rivela dunque fondamentale.
Nonostante si ribadisca sempre che l'agricoltura consuma molta acqua, perché ovviamente irrigare non significa bere e l'esigenza idrica è diversa, non dobbiamo dimenticare che il fabbisogno idrico in Italia negli ultimi quindici anni è passato da 28 a 21 milioni di metri cubi e che è ancora in atto una serie di progetti che i consorzi di bonifica stanno realizzando per dare consigli agli agricoltori via Internet sul momento in cui è più opportuno irrigare per evitare fenomeni di evapotraspirazione e al tempo stesso rendere efficiente l'irrigazione. Questi sono per noi momenti fondamentali, ma anche le opere approvate dalle regioni lo sono.
Deve essere ricordato, infine, un argomento non attinente alle opere irrigue, ma fondamentale in quanto acqua e suolo sono elementi indissolubili: il piano delle manutenzioni per le opere esistenti.
Gli interventi di questi giorni e la stampa in Veneto ha evidenziato i numerosi pericoli evitati dalle idrovore dei Consorzi, dando conto di tutta l'acqua sversata grazie ad esse. Purtroppo è evidente che il pericolo evitato fa meno notizia del dramma realizzatosi, però su questo è necessaria un'accurata riflessione, perché un piano di manutenzione è fondamentale e l'ANBI lo ha presentato ai Ministeri, alle regioni, a tutti gli enti competenti. Chiediamo anche al Parlamento di farsi interprete di questa esigenza. Grazie.

LUIGI TOZZI, Responsabile del settore qualità della Confagricoltura. La Confagricoltura ringrazia dell'opportunità di poter esprimere alcune considerazioni su un problema che si colloca all'interno di una crisi agricola ed economica da considerare.
È vero che l'attività agricola consuma circa il 70 per cento dell'acqua e ha bisogno di interventi strutturali, ma è


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necessario anche considerare ciò che avviene a causa dei cambiamenti climatici, inquadrando il problema con riferimento anche alle necessità della difesa del suolo.
Sta piovendo in modo diverso, per cui il ruolo dell'irrigazione e dei consorzi di bonifica si sta modificando. È dunque importante analizzare tali tematiche anche da questo punto di vista.
Anche la direttiva n. 60 del 2000 avrà un impatto sugli agricoltori, perché dovremo pagare l'acqua che consumeremo. Alcuni Consorzi lo stanno già facendo, ma questo carico sarà incrementato. Infatti, il carico sarà ulteriormente aggravato a causa delle nuove politiche agricole comunitarie e dei loro obiettivi, che hanno un punto specifico che riguarda l'uso sostenibile dell'acqua e che già dal prossimo anno andranno a incidere sulle modalità dei pagamenti.
Da molti consorzi sono stati predisposti i piani di bacino, che includono anche il monitoraggio dei nitrati e dei fitofarmaci. Anche questo mira a migliorare l'impatto dell'agricoltura sui bacini, ma avrà altri costi.
Siamo stati molto contenti delle proposte formulate dal Ministro Galan, che poi il CIPE ha finanziato, del Patto per l'acqua che in alcune regioni ha indotto a riconsiderare il sistema dei consorzi di bonifica accordandogli fiducia e autonomia, e ha coinvolto anche altre categorie su problemi comuni, perché l'acqua non è utilizzata solo dall'agricoltura.
La nuova legge che state discutendo gioverà anche alla riflessione su questo, perché c'è un uso plurimo dell'acqua non solo per l'irrigazione, ma anche per le industrie. Si tratta quindi di un ciclo che deve essere considerato ed emerge la necessità di una gestione integrata delle acque, di un abbattimento dei costi, di futuri investimenti a livello aziendale per la gestione dei nitrati e dei fitosanitari attraverso i piani di sviluppo rurale e altri interventi anche per il risparmio energetico.
Auspichiamo dunque che tutte queste cose vengano considerate, perché il problema è molto più ampio.
Siamo inoltre favorevoli al proseguimento dell'azione di rinnovamento dei metodi di irrigazione, trasformando ove possibile, in relazione alle tipologie colturali, quelli per scorrimento di infiltrazione laterale come quelli ad aspersione, adottando anche la microirrigazione nei casi in cui le colture lo permettano.
Parimenti siamo favorevoli all'individuazione di nuovi strumenti di pianificazione, quali ad esempio i piani di conservazione, al fine di regolare la portata a livello di bacino e di comprensorio in relazione ai fabbisogni, e all'introduzione di sistemi di supporto all'agricoltore per valutare i fabbisogni idrici delle culture con le centraline meteorologiche o i sistemi di avviso. Non meno importante appare il recupero alle irrigazioni delle acque reflue.
Il disegno di legge in discussione è un ottimo disegno di legge. Abbiamo solo una piccola notazione da fare, riguardante i numerosi compiti del commissario per le opere irrigue nel Mezzogiorno. Riteniamo, infatti, che questo non debba anche monitorare il lavoro che sta per compiere, così come invece è previsto. Il commissario infatti elabora il piano, ne approva l'attuazione, ne gestisce i finanziamenti, ma qualcun altro dovrebbe controllarne l'operato.
Un'adeguata opera di controllo potrebbe essere svolta dal Ministero per le politiche agricole.

DONATO DI STEFANO, Componente della giunta nazionale della CIA. Credo che il metodo scelto per venire alla definizione di importanti disposizioni normative su una materia così complessa richiami un confronto e un apporto delle organizzazioni agricole e imprenditoriali interessate su temi che saranno regolamentati dalla legislazione che state per approvare.
Non ribadirò aspetti già segnalati dai colleghi quali l'importanza dei Consorzi di bonifica, la straordinaria necessità che le regioni perfezionino l'intesa del 18 settembre, con l'esaltazione di istituti per noi assolutamente non negoziabili come l'autogoverno, i bacini idrografici, la sostenibilità


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di una governance e una sussidiarietà vera, che costituisce un modello da perfezionare e migliorare. Una governance puntuale, definita rispetto a un uso irriguo dell'acqua per la quantità, per la funzione strategica, per l'importanza è la conseguenza naturale di un primo atto che qualifica l'azione non solo di autogoverno, ma anche di gestione di una risorsa.
Un modello come quello dei consorzi di bonifica, nonostante la complessità e in molte occasioni l'accavallamento di competenze, non può eludere l'esigenza di continuare a far pervenire i flussi dovuti nell'ambito del piano irriguo nazionale, fatto di cui il CIPE nei giorni scorsi ha testimoniato la portata.
Considero utile recuperare una tempistica più immediata e ci sono proposte in sede di Associazione per le bonifiche per quanto riguarda l'accorpamento di alcune priorità, ma, al di là della legittima richiesta di un piano invasi anche per ragioni di natura contingente (i cambiamenti climatici, l'estremizzazione delle precipitazioni e quindi l'esigenza di trattenere una risorsa e di utilizzarla puntualmente), abbiamo bisogno di un ammodernamento delle reti di distribuzione e dei sistemi di prelievo o di uso dell'acqua.
È infatti necessario recuperare una puntuale organizzazione di tutto il Paese. Oltre alle tecniche avanzate, questa è la prima risposta per pervenire a quell'uso razionale e a quel risparmio cui tutti tendiamo, perché il primo risultato positivo è il risparmio o il riuso.
Come rappresentante CIA, mi permetto di aggiungere due aspetti contingenti che riguardano la possibilità di contemperare attraverso questi momenti di regolamentazione normativa l'esigenza di considerare come questo determini i costi della risorsa. In un comparto che si confronti con costi che potrebbero essere sostenuti solo con grandi difficoltà - s'immagini cosa accade soprattutto in realtà del Mezzogiorno con le autorità che distribuiscono le acque o l'acqua all'ingrosso - rischiamo di fare uscire dal mercato interi bacini irrigui per i costi aggiuntivi.
Oltre al finanziamento è quindi necessario immaginare anche una sostenibilità dei costi che guardi all'uso dell'acqua per fini agricoli, che è destinata ad essere riutilizzata, tenendo conto anche delle funzioni a valle e quindi di tutto il processo della risorsa sul territorio e della manutenzione idraulica, con il beneficio indiretto da ricalcolare all'interno di questi momenti.
La seconda considerazione riguarda la creazione di un momento di coordinamento sul piano sia programmatorio sia della realizzazione delle opere irrigue nel Paese. Riteniamo che questo momento, soprattutto nel Mezzogiorno per i ritardi sul piano irriguo e sulla presentazione della cantierabilità dei progetti, sia meglio attestato in capo al Ministero per le politiche agricole e che sia necessario un costante e puntuale monitoraggio non solo della realizzazione, ma anche delle priorità.
Poiché si tratta di un piano che possiede un elenco di iniziative così corposo (si parla di 7.000) e richiede costi molto elevati per 7 miliardi di euro, senza stabilire tempistiche e priorità probabilmente rischiamo di inficiare quanto di buono abbiamo fatto e di non fare emergere il contributo che - attraverso i sistemi irrigui, con l'istituto dell'autogoverno e soprattutto della gestione sussidiaria di questi strumenti - si può dare all'economia, all'agricoltura e ai nostri territori rurali.

GIANFRANCO GRIECI, Presidente della Fagri. Ringrazio il presidente e la Commissione per l'invito. Da anni la nostra organizzazione ha a cuore la questione idrica applicata al settore agricolo e non solo, ma in questi ultimi anni la situazione è diventata davvero insostenibile anche a causa delle continue variazioni climatiche, che provocano calamità naturali arrecando enormi danni al comparto agroalimentare, all'ambiente e ai cittadini tutti.
Ormai assistiamo impotenti al verificarsi di lunghe stagioni estive e lunghe stagioni invernali, che quasi escludono sia la primavera che l'autunno.


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Questi aspetti provocano inevitabilmente forti disagi alle colture agrarie e agli allevamenti e, soprattutto nei mesi estivi, pesanti siccità in particolare nel sud del nostro Paese.
I moderni cambiamenti climatici provocano dunque seri danni e bisogna urgentemente intervenire in materia legislativa, finanziaria e tecnica. Per quanto riguarda la materia legislativa, riteniamo che anche in questo settore sia opportuno andare verso una politica più federalista e individuare una riforma legislativa parlamentare che disciplini al meglio la normativa idrica e irrigua in agricoltura e soprattutto sia una sintesi costruttiva dell'attuale normativa.
Occorre innanzitutto individuare uno strumento legislativo, che tenga presente le reali e moderne necessità cui va incontro ogni regione del nostro Paese, valutare il fabbisogno idrico per uso irriguo annuale in funzione delle aziende agricole interessate e in base alle coltivazioni praticate e agli allevamenti in essere, quindi mettere le regioni in condizione di programmare gli interventi necessari per opere infrastrutturali irrigue e le istituzioni centrali di assumere una funzione di controllo e di vigilanza per evitare sprechi e opere non adeguate alle reali necessità irrigue di ogni regione.
Per giungere a tale riforma da condividere con tutti gli attori necessari, è necessario innanzitutto svolgere un'appropriata indagine conoscitiva delle necessità idriche per uso irriguo da parte di ogni regione.
Per quanto riguarda la materia finanziaria, l'attuale budget deve essere adeguato alle nuove necessità, perché attualmente è assolutamente insufficiente per far fronte alle reali necessità irrigue del mondo agricolo del nostro Paese, è gestito in modo da non apportare diretti benefici agli agricoltori, ed è fonte soltanto di ulteriori costi alle loro già disastrate finanze, che si aggravano in maniera esponenziale in caso di calamità naturale, colpendo cittadini, imprese, regioni interessate e Stato centrale.
È sufficiente pensare alle richieste avanzate in questi giorni da regioni come il Veneto e la Campania interessate da forti alluvioni per capire quanto costi alle regioni e allo Stato far fronte al coordinamento ambientale in questo momento di grave crisi finanziaria, in cui la situazione diventa molto più difficile.
La Fagri pertanto considera opportuno creare uno strumento finanziario cui l'impresa agricola possa accedere direttamente, per realizzare microinfrastrutture irrigue anche in cointeressenza con le regioni e con l'Unione europea, anche attraverso uno strumento finanziario come il PSR.
In materia tecnica, riteniamo opportuna la creazione a livello aziendale di opere di raccolta delle acque meteoriche, che possono essere utilizzate nei mesi estivi e soprattutto durante i periodi di massima siccità, per far fronte alle esigenze irrigue aziendali senza dover passare necessariamente per i Consorzi di bonifica, che svolgono un lavoro importante.
I costi iniziali potrebbero essere maggiori, ma, una volta realizzate tali opere infrastrutturali, la ricaduta sulle produzioni agrarie in pieno campo e sotto serra sarà assolutamente positiva e si allevieranno i danni causati nei mesi invernali da alluvioni e da dissesti idrogeologici. Dal punto di vista economico se ne ricaverebbero un risparmio e una serie di agevolazioni per il mondo agricolo e i cittadini in genere.
La nostra organizzazione è dunque pronta a collaborare con tutte le istituzioni per formulare una proposta legislativa in Italia e per garantire il sostegno finanziario a tali opere a favore del mondo agricolo.

SANDRO GRANDE, Rappresentante dell'Agci-Agrital. La nostra posizione, comune con Confcooperative e Lega, sarà esposta per noi dal dottor Menesatti.

UGO MENESATTI, Responsabile dell'area economico-normativa della Fedagri-Confcooperative. Cercherò di essere veramente


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sintetico, perché i colleghi che mi hanno preceduto hanno già esposto in modo appropriato le tematiche e i problemi che abbiamo davanti, quindi non starò qui a ribadire le cose già dette, che sono quasi tutte condivisibili.
Mi limiterò quindi a due sottolineature. La prima è quella relativa alla centralità dei consorzi di bonifica. Come è stato ricordato dalla dottoressa Grossi, questa esperienza di autogoverno, che a nostro avviso ha dato frutti sostanzialmente positivi, non può essere messa in discussione. La centralità del sistema deve quindi rimanere ancorata a queste strutture, perché queste, più di altre ipotesi che ogni tanto qualcuno vagheggia o propone, consentono una maggiore espressione da parte dei produttori.
L'altra sottolineatura verte sul problema presente anche nelle proposte di legge richiamate. Mi riferisco in particolare all'ipotesi di istituzione del fondo rotativo per la progettazione nelle aree meridionali. Purtroppo, come altri hanno detto prima di me, c'è il problema del sud. Plaudiamo allo stanziamento previsto dal CIPE, ma tuttavia la positività dell'esperienza dei Consorzi di bonifica è più evidente nelle aree settentrionali.
Questo problema investe tutto il settore agricolo dell'economia, per cui non intendo dilungarmi in un'analisi di questo tipo. Ipotizzare un fondo rotativo per la progettazione delle aree meridionali ben congegnato, strutturato e non corredato di un eccessivo appesantimento burocratico potrebbe consentire anche alle aree meridionali di mettere in opera e gestire il sistema irriguo in modo più consono alle necessità dei produttori agricoli.

MASSIMILIANO PEDERZOLI, Esperto del settore bonifica e irrigazione della Unci-Coldiretti. Grazie per la convocazione a questa audizione. L'acqua e l'irrigazione sono una precondizione per un'agricoltura competitiva e di qualità, per cui per il mondo agricolo è una necessità inderogabile poter disporre delle risorse irrigue per essere competitivi sui mercati nazionali e internazionali.
L'agricoltura usa e non consuma l'acqua, perché la restituisce al terreno. Da qualche anno si sente dire che l'agricoltura sperpera la risorsa, ma non è affatto vero perché chi conosce le metodologie irrigue sa che quando si irrigano le piante l'acqua viene restituita al terreno e ritorna in circolo.
Da qui emerge la considerazione che la pratica dell'irrigazione, soprattutto con l'uso di acque di superficie, ha una funzione ambientale insostituibile, perché contribuisce al ricarico delle falde e contrasta i fenomeni della subsidenza e dell'ingressione del cuneo salino.
Questa è un'azione che l'agricoltura e gli agricoltori svolgono pagandola di tasca propria, perché pagando l'acqua irrigua consentono anche questo intervento a favore della tutela ambientale e della collettività.
A tal fine mi permetto di formulare qualche suggerimento. Il rifinanziamento del piano irriguo nazionale è un fatto molto importante e assolutamente inderogabile per quanto riguarda il corretto svolgimento delle pratiche irrigue e la competitività dell'agricoltura italiana. Parimenti, la realizzazione di impianti moderni con condotte tubate in pressione e con un'irrigazione di precisione, che peraltro fanno già parte delle linee guida del piano irriguo nazionale, è un'altra necessità assolutamente inderogabile. A tal fine, in Emilia Romagna - cito una breve esperienza poi ripresa dall'Associazione nazionale delle bonifiche che la sta divulgando su tutto il territorio nazionale - attraverso il sistema esperto Irrinet si è già in grado di dire agli agricoltori come e quando irrigare con messaggio di posta elettronica o sul cellulare.
Un'altra necessità che è stata sottolineata riguarda gli interventi di manutenzione straordinaria dei vecchi impianti irrigui, alcuni dei quali sono veramente obsoleti, vetusti e, in taluni casi, sono costruiti con materiali non più a norma. La manutenzione straordinaria in questi casi non può essere a carico delle aziende agricole, perché costituirebbe un peso insopportabile.


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È necessario inoltre disporre un piano nazionale degli invasi - non dighe, ma piccoli e medi invasi - per consentire di accumulare l'acqua per usarla quando non c'è. Specialmente nelle zone collinari e pedecollinari, questi invasi potrebbero garantire una possibilità di contenimento dei flussi di piena dei rii montani e collinari e quindi anche una funzione di difesa del suolo molto utile in Italia, anche alla luce degli ultimi eventi calamitosi. Nel nostro Paese l'acqua c'è, ma piove poco in certi momenti e comunque piove male, come vediamo nei telegiornali.
Desidero ribadire infine la sottolineatura del ruolo strategico e fondamentale dei consorzi di bonifica e irrigazione, che rappresentano uno straordinario modello di sussidiarietà, uno dei princìpi fondamentali cui rivolgersi per far sì che le cose in questo Paese vadano meglio. Il modello di sussidiarietà e il modello di autogoverno agiscono in autonomia funzionale.

PRESIDENTE. Do ora la parola ai colleghi che desiderino intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

VIVIANA BECCALOSSI. Ringrazio gli auditi che hanno apportato un contributo molto importante in questa Commissione. Ci stiamo occupando di una realtà che ho avuto modo di conoscere a livello amministrativo con cui credo che i Consorzi abbiano più a che fare, ovvero quello regionale.
Da tutti gli interventi è emerso il ruolo strategico che i Consorzi di bonifica hanno nella gestione dell'acqua, «l'oro blu del terzo millennio», laddove oggi fa quasi impressione parlare di penuria di acqua dinanzi alle abbondanti piogge e ai relativi disastri che hanno causato in alcune regioni. Piove male perché piove troppo in pochissimo tempo e quindi la terra e gli agricoltori non ne possono beneficiare e si contano solo i danni.
Abbiamo vissuto in tempi non remoti periodi di siccità, laddove il mondo agricolo veniva spesso considerato un consumatore di acqua poco attento, un fruitore di questo elemento della natura quasi sottratto ad altri, mentre dopo l'uso domestico agli agricoltori viene riconosciuto un diritto di prelazione rispetto a tutti gli altri utilizzi dell'acqua e l'acqua destinata ai campi comunque rimane nel terreno.
In queste audizioni è emerso a più voci il ruolo fondamentale dei consorzi di bonifica nella gestione dell'acqua stessa pur con delle criticità, perché alcuni consorzi sono commissariati da venti anni. Nell'occuparmi di questa materia ho innanzitutto verificato quali consorzi di bonifica fossero in questa situazione. La regione Lombardia si è subito attivata, fornendo anche strumenti legislativi atti a eleggere una sorta di consiglio di amministrazione del consorzio, coinvolgendo tutto il mondo agricolo.
Condivido assolutamente le considerazioni sull'importanza che questa materia debba rimanere di pertinenza dei consorzi. Se in qualche provincia e in qualche regione ci sono situazioni critiche, quelle regioni dovranno essere messe in condizioni o obbligate a sciogliere questi commissariamenti per dare risposte al mondo agricolo. Sono infatti convinta che dove l'acqua è gestita bene anche il mondo agricolo abbia risparmi e servizi più efficienti e in caso di eventuali, altri periodi di siccità si possa evitare la guerra dell'acqua come avvenuto a Cremona e Mantova nel 1700 e nel 1800 quando ci si è scontrati in battaglia per la gestione dell'acqua.
Poiché oggi una serie di strumenti ci consente di evitarlo, ritengo che il consorzio di bonifica rimanga una realtà da valorizzare e a cui dare strumenti per gestirsi meglio, obbligando coloro che vivono grazie a questi commissariamenti di porvi fine perché i commissariamenti fanno il male del mondo agricolo ma il bene di alcuni politici che nominano gli amici e gli amici degli amici nei consigli di amministrazione di consorzi di bonifica che poi non funzionano e sprecano molte risorse.
Dove invece vengono eletti direttamente dal mondo agricolo e vengono posti obiettivi concordati anche con le regioni si ha un servizio migliore. Alcuni consorzi non funzionano,


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sono oggetto di lottizzazione da parte di alcuni politici, forniscono un servizio peggiore agli agricoltori e sprecano risorse.
Credo che questo Governo stia cominciando a dare delle risposte e mi risulta che la settimana scorsa il CIPE abbia deliberato la concessione di risorse proprio su questa materia. Ritengo che, se si lavora tutti insieme soprattutto con il sistema regionale, si possa raggiungere l'obiettivo di gestire al meglio il patrimonio più grande e la «benzina» dell'agricoltura, che è l'acqua.
Gli agricoltori ne hanno bisogno per una piccolissima parte durante l'anno, ma in quei due o tre mesi l'acqua serve, è fondamentale e non possiamo permetterci di metterla in discussione.

GIUSEPPE RUVOLO. Ringrazio molto gli auditi per il contributo molto significativo su questo argomento.
Durante questa indagine abbiamo posto tante domande, ma emerge sempre la solita questione. È notorio a tutti gli operatori, i politici e gli amministratori che il sistema complessivo della gestione delle acque per uso irriguo in tante aree del Paese è un totale disastro.
Vorrei denunciare, associandomi al coro, quanto avviene in alcune regioni con venti o persino trenta anni di gestione commissariale, che ha prodotto non il bene o l'interesse dell'utente finale che è l'agricoltore, ma, come sostenuto dall'onorevole Beccalossi, assunzioni o comunque procedure poco lecite non a favore del destinatario finale, che continuerà a pagare costi quotidianamente accresciuti.
Abbiamo spesso lanciato un forte grido di allarme a vario titolo, ma auspichiamo anche un'assunzione di responsabilità prima della politica ma anche delle organizzazioni professionali, perché in alcuni casi non riescono a sfondare questo muro di gomma e ottenere la democratizzazione dei consorzi di bonifica. È necessaria una battaglia comune, laddove a volte la politica frena questa opportunità, perché le buone battaglie possono trovare nobili sensibilità anche in politica, in grado di aiutare.
Per quanto riguarda il piano irriguo nazionale relativamente al programma 2002-2006, non entro nel dettaglio perché siamo tutti addetti ai lavori, ma ricordo che, quando l'Agensud ha stabilito una data entro la quale fare pervenire i progetti per il relativo finanziamento, la maggioranza delle regioni ha tirato fuori progetti vecchi di venti, trenta o quaranta anni e li abbia presentati senza alcun supporto tecnico.
Nel frattempo, però, si sono finanziate opere senza il progetto definitivo, e adesso ci ritroviamo ad aver speso in alcune aree del Paese solo il 10 o il 15 per cento di quelle risorse, che per mancanza di progettualità o di progetti esecutivi non sono state erogate, e tutto questo si conclude con una massa di denaro bloccata e una serie di questioni aperte nel sistema Paese, relativamente alla rete di distribuzione e agli invasi.
Qualcuno degli auditi rilevava con prudenza l'esigenza di trattenere l'acqua creando anche infrastrutture in grado di conservarla, ma mi chiedo perché si abbia paura di parlare delle dighe. Questo è un Paese che ha sempre paura, ma mi chiedo di cosa.
In un'area della Sicilia c'è un fiume che scarica a mare mediamente 150-200 milioni di metri cubi d'acqua, ma dopo tre anni di siccità non si può irrigare perché manca l'acqua perché non è stata trattenuta.
Non ho paura di questo, ma temo invece che si sorvoli sempre e non si affronti seriamente la reale esigenza di realizzare dighe dove ci siano le potenzialità e invasi dove ci siano le condizioni.
Noi vogliamo salvare l'agricoltura con grande senso di responsabilità, ma in questo contesto l'ENEL ha concessioni per produrre energia elettrica ma fa pagare centinaia di milioni di euro al Consorzio di bonifica la mancata produzione di energia elettrica per dare l'acqua per irrigare.
Queste sono le questioni che dobbiamo affrontare insieme. L'ENEL è concessionaria


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da quaranta anni di alcuni siti per produrre energia e, se il consorzio di bonifica chiede di dare l'acqua agli agricoltori, non può concedergliela senza il pagamento per la mancata produzione all'ENEL.
In questa legislatura il Parlamento ha votato all'unanimità una legge che consente ai consorzi di bonifica e agli enti irrigui di attingere a un fondo per la progettazione delle opere irrigue. Il fatto che ancora se ne discuta mi allarma, perché ho verificato direttamente che enti irrigui e consorzi di bonifica non conoscono la norma, che è arrivata in ritardo a causa di una serie di conflittualità interne del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ed è rimasta bloccata per un anno.
Non possiamo non condividere la stessa linea comune, quella di responsabilizzare i consorzi di bonifica, democratizzarli e fare un piano irriguo serio e corposo. È inutile chiedere di stanziare in ogni legge finanziaria i soldi per il piano irriguo nazionale se in molte aree del Paese non si possono spendere per mancanza di progetti.
Possiamo fare un buon lavoro con questa corposa indagine, per cui colgo l'ennesima occasione per ringraziare il presidente per la sensibilità dimostrata. Siamo aperti anche a suggerimenti unitari di tutte le rappresentanze, per poter elaborare fatti e norme concreti, in grado di aiutare questo importante segmento dell'agricoltura italiana.

PRESIDENTE. Conosco la passione che la anima su questo tema, quindi è ben compreso.

FABIO RAINIERI. Anche a nome del gruppo della Lega nord rivolgo un ringraziamento agli auditi che ci hanno portato il loro contributo per quanto riguarda il problema delle opere irrigue.
Vorrei esprimere due riflessioni nel solco di quanto appena detto dall'onorevole Ruvolo. I consorzi di bonifica dovrebbero avere maggior coraggio, perché, visto il «potere» che hanno nei confronti della politica locale, dovrebbero esercitare questo potere. Per esempio, in Emilia Romagna, la diga di Vetto è un'opera fondamentale per alcune province dell'Emilia (Parma e Reggio in primis). Provengo da Parma, dove per l'irrigazione dei campi e il foraggio per animali non abbiamo acqua, per cui sarebbe un'opera fondamentale. Se ne parla ormai da quaranta anni, ma la Regione non ha mai preso una decisione.
Condivido le considerazioni dell'onorevole Ruvolo, perché non si può piangere sul latte versato quando basterebbe un'opera che non stravolge l'ecosistema nazionale, ma evita anche gravi pericoli alle cittadine che si trovano vicino ad alcuni fiumi che causano i disastri che abbiamo visto in queste ultime settimane.
Mi auguro quindi che i consorzi di bonifica e le associazioni di categoria che ne fanno parte, perché esse propongono i membri che sono all'interno dei consigli di amministrazione e di tutte le giunte delle associazioni dei consorzi di bonifica, facciano una riflessione e provino a utilizzare il loro potere per garantire maggiore libertà al mondo agricolo nell'utilizzare l'acqua.
Come è stato evidenziato dall'onorevole Beccalossi, mentre in alcune regioni quali Lombardia e Veneto il problema dell'acqua è meno presente, in altre regioni è un vero problema e in alcuni casi diventa una calamità.
Un'altra delle questioni su cui mi sento di essere critico nei confronti dei consorzi è la manutenzione dei canali e il deflusso delle acque. Sono socio di un consorzio, avendo un'azienda agricola: i miei terreni sono alla fine del percorso di due canali irrigui e purtroppo l'acqua non arriva mai. Una volta perché il «camparo» la regala al vicino o a quello che viene prima di me, un'altra perché il fosso è intasato, un'altra perché la paratoia non è stata alzata correttamente o durante la notte viene girata dall'alto, succede che a chi si trova in fondo al canale non arriva mai acqua a sufficienza.
Ritengo che un controllo ulteriore e più stringente da parte degli organi dei consorzi sia indispensabile.


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GIUSEPPINA SERVODIO. Anch'io a nome del Gruppo del Partito democratico ringrazio molto sinceramente le organizzazioni che con noi stanno ragionando su un'indagine che anche grazie al nostro presidente per noi costituisce uno degli snodi dell'attività di questa Commissione. Ci rendiamo conto infatti che il bene acqua è fondamentale ai fini di una ripresa economica del nostro sistema agricolo e contestualmente interessa la compatibilità ambientale.
Come è stato sottolineato dall'onorevole Ruvolo, infatti, in questa Commissione intendiamo approcciare questo tema, gli strumenti e le infrastrutture non in maniera ideologica, ma tentando di capire che questo argomento deve andare al di là di qualsiasi visione demagogica.
Se mi permette, presidente, mi sarei aspettata di più dalle organizzazioni per il profilo dell'indagine. Come rilevato dall'onorevole Beccalossi, finalmente il CIPE qualche settimana fa ha sbloccato alcuni fondi, anche se mancando un fondo per la progettazione, questo provocherà una collisione, perché uno dei veri temi della politica dell'acqua risiede nel non aver fatto coincidere e armonizzare le infrastrutture. In mancanza di un progetto, si può finanziare in maniera generica, ma si deve guardare la fase progettuale.
Nella mia regione, la Puglia, ci sono diversi enti di gestione delle acque per l'agricoltura. Anche questo è un tema importante. Al di là delle appartenenze politiche - in un'indagine ognuno mette il suo approccio, auspicando però di giungere a una valutazione unitaria - nell'indagine diciamo chiaramente che questo problema in Italia è dovuto non solo alla mancata concertazione tra finalizzazioni di risorse e progettazioni, ma anche alla complessiva gestione delle competenze rispetto alla politica, da come si prende l'acqua a come si conserva a come si dà.
Su questo tema abbiamo accavallato competenze. Anche sui consorzi non mi pongo ideologicamente pro o contro, ma mi aspetto da voi che ci indichiate con sincerità le criticità dei Consorzi di bonifica, che non sono solo di natura etica. La missione originaria dei Consorzi di bonifica consisteva nel far sì che l'acqua, che è un bene di tutti e non di alcuni, fosse gestita con la collaborazione degli agricoltori.
Vorrei quindi sapere se sia ancora così, se i consorzi di bonifica rispondano al principio costituzionale della sussidiarietà indipendentemente da alcune situazioni citate dall'onorevole Beccalossi e dall'onorevole Ruvolo.
Aspettiamo quindi da voi che siete la rappresentanza, il cuore del mondo agricolo la capacità di voltare pagina su questo tema. Sono andata a rileggere i criteri per il riordino dei Consorzi di bonifica della legge n. 31 del 2008. Dobbiamo fare insieme un bilancio su questa iniziativa - oggi avete dato un contributo importante - comprendendo però che potremo vincere questa partita dell'acqua se insieme abbandoneremo approcci vecchi, individueremo i doppioni e questa difficoltà di tenere insieme le competenze regionali con l'attività svolta dai consorzi.
Tra gli obiettivi dell'indagine c'è quello di capire come ammodernare, semplificare, rendere efficiente una politica che oggi vede le regioni protagoniste.
Desideriamo porvi queste questioni perché vi riteniamo interlocutori preziosi e privilegiati rispetto a questa svolta e l'indagine è stata voluta da noi commissari e dalla presidenza per mettere un punto fermo. È necessaria una svolta perché ci sono sprechi, non si risparmia, si investe male e gli investimenti devono trovare precise responsabilità.
In Puglia sono accaduti fenomeni molto gravi, ma non si sa quali dei vari enti siano responsabili, per cui alla fine pagano gli agricoltori. Credo che questo sia punto interrogativo che dobbiamo porci.
Auspichiamo infine che voi possiate, oggi e in futuro, con i vostri contributi darci una mano a far sì che questa indagine non sia messa nel cassetto, ma possa avere anche una ricaduta sul piano istituzionale.

PRESIDENTE. Abbiamo un problema di tempi molto stretti, per cui posso concedervi un solo minuto per la replica.


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MASSIMILIANO PEDERZOLI, Esperto del settore bonifica e irrigazione della Unci-Coldiretti. Vorrei fare una precisazione perché sembra emergere che i consorzi di bonifica non abbiano progettualità, mentre invece hanno una grande progettualità, tanto che recentemente, anche dalle mie parti, abbiamo appaltato circa 130 milioni di finanze pubbliche per gli impianti irrigui, abbiamo concluso i lavori e ne abbiamo restituiti 13 allo Stato di ribassi d'asta.
Le situazioni non sono tutte uguali: esistono situazioni puntuali di difficoltà, ma non su tutto il territorio nazionale, per cui sarebbe opportuno prendere la parte migliore per far sì che tutto il sistema possa migliorare e crescere. Ritengo quindi che non si possa generalizzare.
La sussidiarietà avviene effettivamente, per cui i consorzi appaltano, gestiscono le opere finanziate dallo Stato, e gli agricoltori pagano i tributi al consorzio.
In alcune zone le cose funzionano molto bene, mentre credo che la soluzione per le situazioni di commissariamento sia innanzitutto fare le elezioni. Per quanto riguarda i consorzi che sono stati gestiti da commissari per trenta anni e hanno ingenti debiti, prima le regioni devono ripianare i debiti e in seguito le associazioni agricole indiranno le elezioni, perché quei debiti sono stati fatti non dagli amministratori nominati dalle associazioni agricole, ma dai commissari.

PAOLA GROSSI, Responsabile dell'ufficio legislativo della Coldiretti. Vorrei specificare che quando si parla di criticità dei consorzi di bonifica non si parla dei commissari, che hanno le loro criticità. Non è un giudizio generalizzabile, ma un commissariamento che dura più di un anno è chiaramente una cosa perniciosa.
Le criticità dei consorzi di bonifica possono essere casi in cui la manutenzione non viene fatta adeguatamente, situazioni che devono essere sottoposte all'attenzione degli organi e giustamente corrette.
I commissari non sono una criticità dei consorzi di bonifica, ma, come è stato egregiamente detto, i commissari prolungati per anni sono una criticità di altri, non dei consorzi di bonifica.
Condivido le considerazioni dell'onorevole Beccalossi, perché laddove ci sono state, come in Lombardia, situazioni di grave criticità dovuta alla siccità, la vicenda è stata risolta nel 2002, in occasione dell'intesa sulla gestione dell'emergenza del Po attraverso la concertazione, in cui l'agricoltura, attraverso i consorzi di bonifica, si è autoridotta le derivazioni, coordinandosi con altri soggetti in modo da avere l'acqua necessaria, ma sacrificando parte dei suoi bisogni.
Questo però non è potuto accadere laddove alcuni consorzi privati non hanno condiviso queste limitazioni. La gestione concertata con le altre istituzioni è possibile, si è realizzata per la presenza e la responsabilità dell'agricoltura all'interno dei consorzi di bonifica. Non c'è contrasto di competenze tra consorzi e regioni, perché le regioni devono fare la programmazione che compete agli enti pubblici, mentre i consorzi attuano e realizzano le opere.
In Italia si fa progettazione, anche se in alcune realtà non si fa, ma il fondo per la rotazione non può essere utilizzato per progettare dall'alto a Roma, a Napoli o a Palermo opere che servano a Matera.
La progettazione può dunque essere un supporto, ma non sostituire un'evidenziazione di necessità del territorio che devono passare attraverso le regioni.

PRESIDENTE. Nel ringraziare gli auditi, dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15.

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