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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione XIII
7.
Mercoledì 23 febbraio 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Russo Paolo, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA SITUAZIONE DEL SISTEMA AGROALIMENTARE, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO AI FENOMENI DI ILLEGALITÀ CHE INCIDONO SUL SUO FUNZIONAMENTO E SUL SUO SVILUPPO

Audizione dei rappresentanti dell'Associazione nazionale comuni d'Italia (ANCI) e dell'Unione delle province d'Italia (UPI):

Russo Paolo, Presidente ... 3 5 7 9
Brandolini Sandro (PD) ... 5
D'Attis Mauro, Vice sindaco di Brindisi e delegato allo sviluppo economico e alle attività produttive dell'ANCI ... 3 7
Delfino Teresio (UdC) ... 6
Di Giuseppe Anita (IdV) ... 6
Dima Giovanni (PdL) ... 7
Pastorelli Oreste, Coordinatore degli assessori all'agricoltura dell'UPI e vice presidente della provincia di Rieti ... 4 8
Ragonesi Antonio, Responsabile dell'area infrastrutture, sicurezza e protezione civile dell'ANCI ... 9

Audizione dei rappresentanti dell'associazione Libera:

Russo Paolo, Presidente ... 9 11 14 16
Brandolini Sandro (PD) ... 12
Cenni Susanna (PD) ... 12
Delfino Teresio (UdC) ... 13
Di Giuseppe Anita (IdV) ... 11
Dima Giovanni (PdL) ... 13
Fiorio Massimo (PD) ... 12
Fontana Enrico, Esperto in rappresentanza dell'ufficio di presidenza dell'associazione Libera ... 9 14
Oliverio Nicodemo Nazzareno (PD) ... 12
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Futuro e Libertà per l’Italia: FLI; Italia dei Valori: IdV; Iniziativa Responsabile (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): IR; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.

COMMISSIONE XIII
AGRICOLTURA

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 23 febbraio 2011


Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
PAOLO RUSSO

La seduta comincia alle 14,10.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione dei rappresentanti dell'Associazione nazionale comuni d'Italia (ANCI) e dell'Unione delle province d'Italia (UPI).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla situazione del sistema agroalimentare, con particolare riferimento ai fenomeni di illegalità che incidono sul suo funzionamento e sul suo sviluppo, l'audizione dei rappresentanti dell'Associazione nazionale comuni d'Italia (ANCI) e dell'Unione delle province d'Italia (UPI).
Sono presenti per l'ANCI Mauro D'Attis, vice sindaco di Brindisi, delegato per lo sviluppo economico e le attività produttive, Antonio Ragonesi, responsabile dell'area infrastrutture, sicurezza e protezione civile, Stefano Campioni, responsabile del dipartimento attività produttive, Simona Albanesi dell'ufficio infrastrutture, sicurezza e protezione civile, Alessandro Malafronte dell'ufficio stampa.
Sono presenti per l'UPI Oreste Pastorelli, coordinatore degli assessori all'agricoltura e vicepresidente della Provincia di Rieti, e Luisa Gottardi dell'ufficio studi.
Do subito la parola ai nostri ospiti. Al loro intervento potranno fare seguito domande da parte dei colleghi deputati, cui gli auditi potranno replicare.

MAURO D'ATTIS, Vice sindaco di Brindisi e delegato allo sviluppo economico e alle attività produttive dell'ANCI. Grazie, signor presidente. Ci troviamo all'indomani del Forum nazionale sull'agricoltura organizzato anche dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali cui abbiamo partecipato. La materia delle politiche agricole ci sta dunque interessando in questi giorni.
Poiché anche nel vostro programma sono espressi i concetti che riguardano il tema dell'illegalità diffusa che condiziona l'attività agricola nel nostro Paese, in particolare nel Mezzogiorno, entro subito nell'argomento riferendomi al fenomeno della presenza dei lavoratori stagionali, che condiziona non poco questo aspetto.
Come affermiamo nel documento consegnato, è indispensabile la collaborazione del mondo imprenditoriale nella previsione di una normativa semplificata, che riguarda anche le normative adottate per le attività dei comuni. In particolare, sulla questione dell'immigrazione, in assenza di altri interventi utili alla emersione del lavoro nero (segnatamente quello che riguarda il reclutamento di soggetti immigrati), appare necessario che il sindaco sia consapevole del numero delle richieste regolari di permessi di soggiorno per lavoro. Queste richieste vengono veicolate attraverso altri canali e i sindaci non sanno assolutamente quale possa essere l'impatto di questa attività sul territorio.


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Sarebbe quindi necessaria l'attivazione di protocolli ben definiti per l'accoglienza dei lavoratori stagionali, con il coinvolgimento delle diverse istituzioni, e quindi anche dei comuni.
Per quanto riguarda la questione dei controlli sul territorio, sarebbe utile una mappatura delle aree del territorio nazionale maggiormente interessate dai fenomeni di infiltrazione di forme di illegalità nel settore agricolo e questo, ovviamente, può interessare gli enti locali che sono più direttamente coinvolti.
Intendiamo rimarcare come in Italia per sostenere una persona vittima di sfruttamento lavorativo sia necessario dimostrare che è stata vittima, ma in Italia non esiste il reato di grave sfruttamento lavorativo, di lavoro forzato o paraschiavistico. Questi rimangono quindi concetti sociologici non previsti dalla legge.
Senza illustrare l'articolato di natura legislativa che dovrebbe intervenire, riteniamo quindi che l'introduzione di una fattispecie di reato sarebbe utile alla causa.
Vi segnaliamo inoltre un'occasione persa nel 2010 in materia, quando l'Assemblea del Senato decise di stralciare l'articolo 48 della legge comunitaria 2009, recante disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alla comunità europea.
Quella previsione dava infatti la possibilità di rilasciare un permesso di soggiorno temporaneo ai lavoratori extracomunitari che avessero denunciato alle autorità competenti la loro posizione irregolare oppure la non applicazione delle sanzioni per i datori di lavoro che autodenunciandosi avessero regolarizzato i dipendenti stranieri irregolari.
La motivazione fondamentale di questo stralcio è da attribuirsi all'interpretazione di quell'articolo come una sorta di sanatoria camuffata. Questo però rappresentava non un deterrente, ma un incentivo alla emersione del lavoro nero.
Cito poi un esempio di un'iniziativa specifica che l'ANCI ha realizzato nel settore agricolo partecipando a un Programma Operativo Nazionale, una parte del PON 2000-2006 - Sicurezza per lo sviluppo del mezzogiorno d'Italia, nell'azione di contrasto di ogni forma di aggressione diretta del libero mercato e della legale attività produttiva attuata mediante forme di concorrenza civile, con particolare riferimento alla contraffazione dei marchi di prodotti.
L'obiettivo dell'intervento era il monitoraggio dei prezzi all'ingrosso e l'origine di un paniere costituito sia dai prodotti ortofrutticoli a marchio europeo, quindi di qualità DOP e IGP, che da prodotti tipici locali delle regioni obiettivo 1 del PON. Abbiamo lavorato sui mercati ortofrutticoli all'ingrosso, i Comuni sono stati protagonisti di questo progetto, tutti i dati dei prezzi sono stati trasferiti al Ministero dell'interno e sono stati quindi resi consultabili on line.
Mediante questa attività siamo riusciti ad entrare, attraverso le «sentinelle» sul territorio, ovvero i sindaci, a intervenire direttamente in particolare sui mercati all'ingrosso e su quelli più piccoli dei comuni, avendo realizzato così una valutazione sulla variazione nel tempo dei prezzi e una comparazione tra i prezzi.
Da questi dati il Ministero dell'interno può trarre le conclusioni circa la possibilità di eventuali infiltrazioni di natura criminale anche nella gestione dei mercati e delle vendite dei prodotti.
Spero di essere stato abbastanza sintetico ed esplicativo e vi ringrazio di nuovo per l'occasione che ci avete offerto. Sappiamo che nei prossimi giorni audirete un nostro iscritto, il comune di Rosarno, che è stato particolarmente interessato da questo fenomeno. Come comuni siamo molto interessati a questo aspetto, per cui vi ringraziamo.

ORESTE PASTORELLI, Coordinatore degli assessori all'agricoltura dell'UPI e vice presidente della provincia di Rieti. Grazie, signor presidente. Entro nel merito del documento che abbiamo presentato come UPI su tre aspetti fondamentali.
Il primo riguarda l'istituzione di una cabina di regia nazionale, che potrebbe essere una cosa positiva per combattere l'illegalità


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in agricoltura qualora si potesse interfacciare e confrontare, con cabine di regia attive a livello locale, con la collaborazione del Corpo forestale dello Stato e di funzionari dell'ispettorato agrario.
Il secondo elemento è quello del contrasto del lavoro nero, che si ottiene facendo valere due norme che le leggi finanziarie hanno ribadito essere di estrema importanza quale il voucher formativo in agricoltura (che molti imprenditori ancora non conoscono), e l'impiego dei familiari come collaboratori pagando contributi in misura molto limitata.
La legislazione nazionale ha cercato di ridurre i fenomeni di irregolarità contributiva poiché le prestazioni erogate alle imprese agricole richiedono che venga esibito il Documento unico di regolarità contributiva (DURC) per attestare la regolarità contributiva dell'azienda.
L'UPI ritiene che per ridurre l'irregolarità contributiva e l'illegalità si dovrebbe diffondere sul territorio la consapevolezza di cosa siano i voucher e di quali alternative esistano, coinvolgendo i centri dell'impiego, le organizzazioni agricole professionali e i consulenti del lavoro, e semplificare le norme esistenti al fine di non schiacciare l'imprenditore agricolo sotto enormi carichi burocratici.
Spesso le aziende agricole possono commettere reati amministrativi e penali come ad esempio nel caso del problema fondamentale dello smaltimento dei rifiuti in azienda, che il decreto cosiddetto «milleproroghe» ha rimandato per la sua applicazione.
Non credo che l'azienda agricola possa essere sede di illegalità di livello penale. Forse ne è vittima perché non ha alcuna possibilità di difesa nel caso delle imprese che commercializzano prodotti agroalimentari e appongono marchi di qualità certificate.

PRESIDENTE. Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

SANDRO BRANDOLINI. Grazie, signor presidente. Ringrazio l'ANCI e l'UPI per aver accolto il nostro invito, per le loro considerazioni e quindi anche per l'opportunità di uno scambio più puntuale rispetto ad alcune questioni.
Rispetto alle questioni poste dall'ANCI, in particolare sul reato di caporalato, termine più corretto perché parlare di sfruttamento è una questione più ampia che va al di là del lavoro nero - qui entriamo anche nel soggettivo per valutare cosa sia e dove inizi lo sfruttamento - il Partito democratico è convinto che sia necessario trovare forme che consentano di punire penalmente il reato di caporalato. Sono già stati presentati alcuni disegni di legge e ne presenteremo altri perché si tratta di uno strumento utile per dare un contributo in questa direzione.
Vorrei capire come le province e i comuni si stiano muovendo su un altro aspetto. I fattori che determinano il lavoro nero, l'irregolarità e la clandestinità sono molteplici. Fra questi considero necessario inserire politiche di accoglienza che permettano di essere in grado di accogliere in caso di bisogno (non di aprire le porte a tutti).
Ritengo che il ruolo fondamentale degli enti locali sia quello di mettere in moto strumenti e politiche che consentano di accogliere i lavoratori immigrati in modo dignitoso. Questo viene fatto. In passato, in qualità di amministratore provinciale, mi sono occupato di pianificazione anche attraverso regole che in Emilia consentono ad esempio di realizzare foresterie in campagna, per garantire un alloggio ai lavoratori che per alcuni mesi dell'anno si trasferiscono da noi.
Ritengo che l'ANCI e l'UPI abbiano un ruolo fondamentale da questo punto di vista, ma in generale è necessario realizzare una serie di politiche di accoglienza dalle più elementari, laddove oggi è anche necessario l'esame sulla conoscenza della lingua, a quelle in grado di consentire appunto di scegliere di emergere dalla clandestinità, anche se questa è spesso una costrizione.
Ci aspettiamo molto da questo e al termine di questo lavoro redigeremo un


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documento in cui indicheremo alcuni orientamenti e alcune esigenze di modifiche legislative.
Si parlava poi di semplificazioni, una delle quali potrebbe consistere nel concedere permessi pluriennali ai lavoratori stagionali. Anche nel mio territorio ci sono infatti lavoratori che vengono tutti gli anni per alcuni mesi e alcuni provenienti da Paesi dell'est vengono a lavorare da noi nel loro mese di ferie per arrotondare un reddito spesso molto scarso.
Evitare di ripercorrere tutti gli anni un percorso di permesso, decreti che arrivano in ritardo, e procedure complicate, sarebbe un mezzo per semplificare e anche per favorire l'emersione e la scelta del lavoro regolare.

ANITA DI GIUSEPPE. Ringrazio anche a nome del Gruppo dell'Italia dei valori i rappresentanti dell'ANCI e dell'UPI.
Siamo consapevoli di quanto gli enti locali conoscano la situazione essendo maggiormente a contatto dei cittadini.
Certo è che il problema dell'illegalità in agricoltura è una piaga per quanto riguarda non solo le frodi alimentari, ma anche il lavoro nero e il caporalato. Tale problema esiste non soltanto al sud, ma anche al centro e al nord, e colpisce non soltanto gli stranieri extracomunitari e comunitari, ma anche i lavoratori italiani, ed è un problema di grande rilevanza. Desideriamo quindi sottolineare anche il ruolo svolto in prima linea dalle forze dell'ordine.
Vorrei avere ulteriori informazioni sul mercato fondiario perché sappiamo che c'è una compravendita pilotata dalle organizzazioni malavitose. Presumo che l'ANCI sia a conoscenza di questo problema anche perché il sostegno economico ricevuto dall'Unione europea finisce in mano a queste organizzazioni che controllano anche il mercato fondiario.

TERESIO DELFINO. Mi scuso per il ritardo, ma prenderò buona nota del documento. Faccio tesoro di quanto ho avuto modo di discutere in occasione della mia permanenza nella Commissione lavoro, che aveva promosso un'indagine specifica su questi temi, per rilevare due cose.
Per la capillare presenza del sistema delle autonomie sul territorio avevo avuto modo di apprezzare - nel documento dell'ANCI questo viene citato - il tema dei controlli sul territorio. Nella vicenda di Rosarno ero stato negativamente colpito dalla totale assenza degli organi di controllo rispetto a fenomeni così acclarati ed evidenti.
Poiché condivido totalmente quanto è scritto nel vostro documento a questo riguardo, vorrei sapere come si ponga il sistema del potere statuale e delle sue articolazioni rispetto a questo fenomeno che è in vista, che non può non toccare la coscienza e la responsabilità, laddove abbiamo anche casi estremamente puntuali e coraggiosi di denuncia.
Avevo fatto valere questo aspetto anche rispetto alle autorità statuali presenti sul territorio perché non si può fingere di non vedere e non sentire. Poiché infatti il fenomeno è percepito in modo chiaro, mi chiedo perché non si faccia squadra, non si faccia sistema, per passare dalla percezione e dalla convinzione che l'illegalità sia radicata e storicamente presente nel mondo del lavoro agricolo alla sua eliminazione.
È necessario quindi trovare anche sistemi (allora avevo suggerito gli ammortizzatori sociali) per accompagnare l'uscita, senza rimanere privi della volontà di promuovere una grande battaglia.
L'altra questione posta anche in questo documento è che arrivare a un protocollo sia il minimo che noi come Paese civile dovremmo realizzare, perché questa manodopera viene perché serve al nostro Paese. Nella mia provincia di Cuneo, all'estremo nord, un tempo gli italiani andavano a raccogliere la frutta mentre adesso abbiamo un'immigrazione largamente regolarizzata. Sfugge sempre qualcosa, perché la perfezione nel nostro Paese non c'è, ma si rileva un approccio delle organizzazioni professionali e del sistema delle autonomie per cui l'orientamento è volto a garantire una presenza che abbia elementi di dignità e di correttezza. Anche


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questo serve a prevenire scontri sociali e a superare le difficoltà che invece riscontriamo periodicamente in alcune realtà del Paese.
Approfondirò la documentazione che avete presentato sia come ANCI che come UPI, ritenendo però che si possa uscire da questa annosa situazione se c'è un comune e forte impegno e gioco di squadra per uscire definitivamente da una condizione che non premia il grado di civiltà del nostro Paese.

GIOVANNI DIMA. Vorrei brevemente porre alcune domande ai rappresentanti dell'UPI e dell'ANCI pur facendo in premessa qualche considerazione.
Il nostro Paese per tradizione e per storia vede la presenza di oltre 8.000 comuni, gran parte dei quali sono piccolissimi. I nuclei urbani sono dunque strettamente legati a territori prettamente agricoli, per cui c'è un forte rapporto fra l'istituzione comunale e i territori, e alle attività che si svolgono all'interno del comune.
L'UPI possiede l'importante strumento dei centri per l'impiego, che rappresentano un punto di osservazione assolutamente privilegiato rispetto agli altri enti che insistono sul territorio.
Abbiamo purtroppo preso spunto dall'episodio di Rosarno di un anno e mezzo fa in Calabria per rivolgerci a tutte le istituzioni che insistono sul territorio per monitorare il tema del lavoro irregolare, che non riguarda soltanto extracomunitari o neocomunitari, ma in agricoltura spesso colpisce gli italiani.
Dietro l'eclatante episodio di Rosarno c'è evidentemente un aspetto che deve essere approfondito ovvero il lavoro irregolare in agricoltura. L'UPI, con i centri dell'impiego, può avere un dato statistico che molto spesso sfugge ad altri livelli istituzionali perché, così come è accaduto nel caso di Rosarno, gli organi di polizia probabilmente non possiedono un dato statistico in merito.
Vorrei chiedervi quindi di fornirci una sorta di tabella riepilogativa sul fenomeno più generale del lavoro nero e una relativa a quello di natura extracomunitaria.
I Comuni hanno l'opportunità di utilizzare i fondi del PON relativamente alla sicurezza nazionale. Su questo versante ci sono risorse soprattutto per quanto riguarda la misura legata alla ristrutturazione di edifici pubblici per poter dare prima accoglienza agli extracomunitari. Vorrei sapere se l'ANCI sappia come sono state spese le risorse negli ultimi tempi e se sulla base dell'esperienza maturata finora possa formulare suggerimenti e ipotesi per modificare i criteri di utilizzo di queste risorse anche alla luce della sintesi di quanto ha saputo raccogliere in questi anni rispetto al fenomeno.

PRESIDENTE. Do quindi la parola ai nostri auditi per la replica.

MAURO D'ATTIS, Vice sindaco di Brindisi e delegato allo sviluppo economico e alle attività produttive dell'ANCI. Cercherò brevemente di dare risposta ai quesiti e alle riflessioni posti.
Per quanto riguarda le politiche di accoglienza, è evidente che i comuni hanno un ruolo importante sul territorio, ma sta accadendo spesso che qualsiasi cosa necessiti di soluzione nel Paese debba essere risolta dal sindaco di un comune. Non vorremmo che passasse questa linea per cui un aspetto così problematico come quello dei flussi di lavoratori stagionali debba essere risolto dai comuni.
C'è spesso un problema di attribuzione delle risorse, per cui rispetto ai consigli formulati nell'ultimo intervento posso già riferire che abbiamo firmato un protocollo con il prefetto Izzo, responsabile del PON sicurezza, per agevolare l'accesso dei comuni a questi fondi e realizzare alloggi di accoglienza temporanea.
Diverso è l'intervento strutturale che riguarda gli alloggi sociali, che diventa complicato fare sia dal punto di vista delle risorse disponibili per i comuni sia anche in riferimento a quanto avevo illustrato a proposito della conoscenza da parte di un


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sindaco della reale situazione riguardo al flusso dei lavoratori regolari, nel quale il sindaco non viene assolutamente coinvolto.
Se quindi si vuole che i sindaci rispondano come si chiede in questa sede, dobbiamo almeno renderli partecipi di questo processo di conoscenza. Questo riguarda ovviamente i lavoratori regolari perché gli irregolari spesso non sono noti neanche a chi ha dirette competenze sul controllo.
Vorrei sapere poi come un sindaco possa dare alloggi sociali a lavoratori non in regola. Questo è infatti anche un problema di natura amministrativa.
I comuni non hanno una diretta competenza sul controllo del libero mercato fondiario. Attraverso i rapporti con le associazioni di categoria, in particolare ad esempio con la Coldiretti, abbiamo attivato meccanismi di monitoraggio con un protocollo che ci permette di valutare con i centri di assistenza agricola tutti gli aspetti legali concernenti la tenuta dei fascicoli che riguardano le aziende agricole, e quindi di avere un dato sul numero degli occupati, sull'elenco dei finanziamenti che hanno interessato queste aziende e sul censimento dei terreni.
Questa attività costituisce parte di una più generale che riguarda le regioni competenti per l'erogazione dei fondi comunitari.
Ci è stato rivolto un invito a fare squadra e siamo qui per questo, ma per fare squadra abbiamo bisogno - facendo finta di giocare una partita - di avere gli scarpini, altrimenti non riusciamo a giocare bene a questo gioco. Chiediamo quindi alla Commissione di farsi interprete della nostra istanza al fine di arrivare a un protocollo che riguardi l'attività dei comuni.
Per quanto riguarda il rapporto tra comune e territorio, condividiamo totalmente questa analisi, tanto che ieri, durante il Forum nazionale dell'agricoltura, in cui abbiamo portato il nostro contributo per la definizione della posizione italiana sulla PAC, abbiamo chiesto che nella PAC venga messo in evidenza il rapporto con il territorio e quindi che si parli della parola «comune».
Anche nella definizione della PAC le città devono essere considerate, perché non si deve immaginare che le città abbiano solo ruoli indiretti nella definizione dello sviluppo agricolo. Esse hanno infatti competenze dirette sul settore agricolo.
Le città hanno subìto le conseguenze di legislazioni di natura regionale o statale che hanno determinato, senza alcun potere da parte dei sindaci, l'aggressione di enormi appezzamenti di terreni agricoli da parte dell'industria dell'energia da fonti alternative.
Presumo che molti parlamentari abbiano svolto in passato il compito di amministratore, per cui sanno che i sindaci hanno messo la loro faccia su questo. Se facciamo squadra, quindi, dobbiamo fare in modo che gli attaccanti sappiano cosa sta facendo la difesa e viceversa.

ORESTE PASTORELLI, Coordinatore degli assessori all'agricoltura dell'UPI e vice presidente della provincia di Rieti. Parto dall'ultima considerazione del rappresentante dell'ANCI sull'esigenza di fare squadra evidenziata anche da voi. Noi vogliamo fare squadra e realizzare una vera cabina di regia che si confronti spesso sui problemi che riguardano l'agricoltura e l'emersione del lavoro in agricoltura.
Come UPI abbiamo compiuto molti sforzi chiedendo al Ministero del lavoro di dare più forza ai centri per l'impiego. Da questo possiamo partire e avere un quadro complessivo nel nostro territorio. Per questo occorrono però l'aiuto e la sinergia di tutti gli attori presenti nel territorio partendo dai comuni, dalla prefettura, dalla questura, da tutte quelle forze rappresentanti del territorio che possono fare sinergia affinché ognuno di noi s'impegni per risolvere questo problema. Il nostro intervento come UPI va in questa direzione.
Per quanto di nostra competenza, possiamo fornire i tabulati presenti nelle nostre province e fare un quadro non perfetto perché mancano altri settori.


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Se però riusciamo a creare a livello locale una cabina di regia che si interfacci con il livello nazionale, potremo risolvere questo problema. Se infatti da questa Commissione parte un input in questo senso, potremo cercare di risolvere insieme tutti i problemi come una squadra.

ANTONIO RAGONESI, Responsabile dell'area infrastrutture, sicurezza e protezione civile dell'ANCI. Vorrei aggiungere che considero centrale il tema della flessibilità del lavoro richiesto nell'ambito dell'agricoltura rispetto all'attuale rigidità della regolamentazione del lavoro.
Il dottor D'Attis faceva riferimento all'esistenza di norme nazionali e regionali che scoraggiano la destinazione di alloggi ad extracomunitari anche regolari in quanto dotati di permessi di soggiorno stagionali.
Il tema dell'illegalità, e quindi di una situazione sociale creata con lo scenario di cui abbiamo parlato per i fatti di Rosarno, riguarda l'eventualità che gli imprenditori agricoli possano fare a meno di intermediari per il reclutamento di manodopera al nero attraverso una maggiore flessibilità delle forme lavorative e delle forme di contrattazione.
Probabilmente, questo sarà oggetto anche della vostra riflessione con le organizzazioni datoriali e sindacali. Nell'ambito di questo processo sarebbe utile però che il sindaco potesse esprimere un ruolo anche per quanto riguarda l'impatto dei lavoratori stagionali sul territorio.
Oggi, irregolarmente non abbiamo nessun dato se non quando poi si verifica una bomba sociale sul territorio, mentre domani, nell'ambito di una programmazione, nel momento in cui doveste ragionare in una visione di strumenti per facilitare quest'incontro fra domanda e offerta di lavoro, poiché il fenomeno è temporaneo sul territorio, ma di ingenti dimensioni in termini di numeri e di flussi, sarebbe utile avere la valutazione dell'impatto sociale, magari rappresentato dal sindaco. Ciò permetterebbe di capire almeno per la parte di lavoro regolare quale tipo di risposta dare in termini di accoglienza, sulla base delle esperienze di protocolli di accoglienza del foggiano oppure siciliani.
Per quanto riguarda la questione dei beni confiscati alle organizzazioni criminali, è in fieri con il prefetto Morcone un'attività approfondita su come sottrarre quei beni spesso funzionali all'impresa a gravami ipotecari o di altro tipo che non ne permettono l'immediata valorizzazione ovvero la destinazione ad uso sociale da parte nostra.
Stiamo approfondendo questo tema in termini molto rapidi e sarà nostra cura riferirvi gli esiti di questo lavoro.

PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione dei rappresentanti dell'associazione Libera.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla situazione del sistema agroalimentare, con particolare riferimento ai fenomeni di illegalità che incidono sul suo funzionamento e sul suo sviluppo, l'audizione dei rappresentanti dell'associazione Libera.
Do subito la parola a Enrico Fontana, esperto in rappresentanza dell'ufficio di presidenza dell'associazione Libera.

ENRICO FONTANA, Esperto in rappresentanza dell'ufficio di presidenza dell'associazione Libera. Grazie presidente, rivolgo un ringraziamento alla Commissione a nome di Libera e del presidente don Luigi Ciotti. È importante questa attenzione perché noi ci misuriamo con i temi legati al vostro lavoro con un'ottica particolare, quindi forse questo può aiutarci a darvi un contributo diverso da quello che avete già acquisito da organizzazioni agricole come la Confederazione italiana dell'agricoltura o la Coldiretti, che nei loro lavori, ricerche e dossier hanno denunciato fenomeni legati all'illegalità e alla criminalità organizzata in agricoltura.
Desidero lasciare agli atti della Commissione il bilancio sociale di Libera, che


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è una rete di organizzazioni no profit che raccoglie circa 1.200 realtà nel nostro Paese.
Nel profilo delle attività di Libera vi è grande attenzione ai temi della formazione e dell'educazione alla legalità. Soltanto nel 2009 sono state oltre 4.300 le scuole coinvolte in questa attività, 53 sono le Università con cui collabora, 1.200.000 gli studenti che hanno partecipato a queste iniziative.
Oltre alla grande attenzione ai temi della formazione e dell'educazione alla legalità, un aspetto particolare dell'impegno di Libera riguarda il ricordo, la memoria e l'impegno per le vittime della mafia. Ogni anno, il 21 marzo, sviluppiamo questa iniziativa (che quest'anno si svolgerà in Basilicata).
Ci occupiamo di mafie e agricoltura da un punto di vista particolare. Da molto tempo siamo infatti impegnati nella promozione dei progetti di riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie, in particolare terreni agricoli. Sulla base di questa esperienza sono nate diverse cooperative sociali che gestiscono questi terreni, che complessivamente nel 2009 avevano raggiunto gli 800 ettari confiscati alle mafie in diverse regioni italiane e ora sono coltivati e resi produttivi dalle cooperative sociali.
Nel frattempo, altre cooperative sono nate e quindi siamo ormai sicuramente al traguardo dei 1.000 ettari. Queste cooperative hanno costituito tra di loro nel corso degli anni il Consorzio libera terra Mediterraneo, che le riunisce. Si tratta di cooperative che operano in Sicilia, in Puglia, in Calabria, più recentemente in Campania, dove da poco è nata la cooperativa che porta il nome di don Peppe Diana. Questa gestisce terreni agricoli confiscati ed è impegnata in particolare nello sviluppo di un progetto relativo al riutilizzo di un bene da destinare a caseificio per la produzione di mozzarella di bufala, segmento di attività particolarmente soggetto a infiltrazioni di natura mafiosa nel casertano. Altre cooperative stanno nascendo in Calabria, in particolare in provincia di Crotone, e in Sicilia in provincia di Agrigento.
Nel corso di questo lavoro abbiamo potuto osservare, innanzitutto, come la terra sia ancora molto importante per le organizzazioni mafiose da un punto di vista non solo simbolico, laddove avere la terra è un segno di potere, ma anche concreto, materiale.
Mentre nei primi progetti sviluppati sulle terre confiscate alle mafie in Italia spesso eravamo purtroppo in presenza di terreni abbandonati e incolti, magari seminativi o vigneti un tempo in produzione quando erano gestiti dagli affiliati alle organizzazioni mafiose ma poi abbandonati per i ritardi e le difficoltà di riutilizzo sociale, oggi ci misuriamo invece con situazioni in cui queste attività sono pienamente produttive.
Mi riferisco in particolare a quanto sta positivamente accadendo in Calabria, in provincia di Crotone, dove, grazie a una iniziativa che vede impegnate insieme istituzioni quali la prefettura di Crotone e l'Agenzia nazionale per i beni confiscati, i comuni (Isola di Capo Rizzuto e Cirò), le associazioni degli agricoltori, e le organizzazioni agricole tutte insieme, 100 ettari di terreni confiscati alla cosca degli Arena verranno restituiti a un utilizzo sociale.
La terra rappresenta dunque ancora oggi un valore importante: lo è stato storicamente nella storia delle mafie, ma è ancora oggi un valore simbolico e concreto, è il primo tassello della filiera agroalimentare, dove gli interessi delle organizzazioni malavitose emergono, come testimoniato anche dalle recenti indagini relative al mercato ortofrutticolo di Fondi, che hanno investito in particolare la rete della distribuzione.
Tutte le iniziative che hanno visto protagonisti giovani che hanno costituito cooperative, a cui è stato affidato sulla base di bandi pubblici un bene confiscato - vi lascerò copia dell'ultimo bando pubblico fatto dall'Agenzia nazionale per i beni confiscati e dalla prefettura di Agrigento per i beni nei comuni della provincia di Agrigento - hanno subìto intimidazioni e atti di vandalismo, a testimoniare come queste esperienze vengano osteggiate per quello che rappresentano concretamente


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nelle dinamiche che legano le organizzazioni malavitose e mafiose alla filiera agricola e agroalimentare più in generale.
È importante sottolineare, però, come da queste esperienze vengano anche risposte su quanto si può fare concretamente. Raggiungere il pieno ed effettivo riutilizzo di questi beni confiscati rappresenta una grande risposta dal punto di vista della diffusione di una cultura della legalità e di un'antimafia sociale, che produce lavoro ed economia. Lascio agli atti i numeri che raccontano questa esperienza e riguardano le cooperative già nate.
Ci interroghiamo sulla grandezza di questo patrimonio già individuato di terreni agricoli, che le organizzazioni mafiose nel nostro Paese hanno gradualmente acquistato o controllato e che è stato confiscato. La stima è stata fatta un anno fa dalla Coldiretti sulla base dei dati dell'Agenzia nazionale per i beni confiscati, ma sarebbe interessante effettuare un approfondimento perché nel frattempo il numero di beni sequestrati è molto cresciuto.
Già allora, sulla base di questa stima, si trattava di circa 2.300 terreni agricoli, che possono avere varie estensioni, passando da appezzamenti agricoli modesti a grandi tenute agricole. Quella cui vi accennavo in provincia di Crotone è di circa 100 ettari, ma questa mattina si è svolta un'importante riunione - motivo per cui non ha potuto essere qui anche Davide Pati dell'ufficio di presidenza - in provincia di Caserta su un'azienda confiscata di oltre 200 ettari di estensione.
In provincia di Agrigento, nel comune di Naro, si è in presenza di aziende agricole con superfici molto significative, sopra i 200 ettari, ma in provincia di Siena alcuni anni fa è stata confiscata un'azienda agricola riconducibile a un affiliato di Cosa Nostra di alcune centinaia di ettari di estensione.
La mafia investe, ricicla capitali sulla finanza globale, ma poi l'attenzione al bene immobile, alla proprietà è molto concreta, c'è e persiste.
L'attenzione che deve essere riservata all'intera filiera agroalimentare - qui avete avuto sicuramente elementi di conoscenza molto più approfonditi di quelli che noi possiamo raccogliere, che riguardano tutte le attività criminali - c'è anche rispetto alle proprietà dei terreni agricoli per il controllo di queste aree in previsione di modificazioni di natura urbanistica - vicenda antica - che le rendano appetibili dal punto di vista della eventuale edificabilità e - ultima frontiera - del possibile sfruttamento per la produzione di energia da fonti rinnovabili.
È necessario fare attenzione perché, al di là delle enfatizzazioni sui media, che non sono condivisibili perché non bisogna mai enfatizzare e generalizzare, nelle nostre attività abbiamo riscontrato un fenomeno di compravendita di terreni agricoli legato anche al possibile sfruttamento per questa filiera pure importante di nuova economia. Ve lo segnaliamo quindi come un elemento di attenzione e di preoccupazione.
Abbiamo compreso, dunque, quanto sia importante ancora oggi la terra per le organizzazioni mafiose proprio sviluppando questi progetti e misurando la reazione dei clan, nei diversi contesti in cui ha operato Libera, quando questi progetti sono diventati concreti, quindi quando questi territori sono stati restituiti alla collettività e hanno dato lavoro ai giovani, che hanno subìto tutti, anche recentemente minacce, intimidazioni e danneggiamenti.

PRESIDENTE. Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

ANITA DI GIUSEPPE. È il caso di dire che il nome dell'associazione Libera è veramente una garanzia. Come dirigente scolastico ho ospitato l'associazione Libera nella mia scuola e quindi vi ringrazio anche per quanto fate per la formazione direttamente nelle scuole, per educare i ragazzi alla legalità, anche perché quando si parla di illegalità e di questo attaccamento alla terra sentire citare lavoro nero e caporalato desta molta preoccupazione.
Voi sostenete che sia una sfida mettere sullo stesso piano l'integrazione, il lavoro, l'accoglienza,


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lo sviluppo economico, tutte questioni tra loro collegate. Vorrei sapere però da voi, che siete in trincea e accompagnate anche questi lavoratori, a che punto sia l'integrazione.
Gli ultimi fatti della Libia ci fanno capire che arriveranno anche tanti altri immigrati e magari anche questi soggetti a condizioni di lavoro molto precarie.

SUSANNA CENNI. Vorrei porre solo un paio di domande al rappresentante dell'associazione Libera, che ringrazio per la presenza. Conosco abbastanza bene la vicenda dell'azienda agricola di Suvignano, frazione del comune di Monteroni d'Arbia, in provincia di Siena, che ho seguito anche nella mia precedente veste di assessore regionale all'agricoltura, e so che anche su quell'azienda c'è un progetto interessante, legato soprattutto all'agricoltura sociale.
Nelle varie occasioni di confronto con le esperienze nate anche nel resto d'Italia, mi sono state riferite grandi difficoltà legate non soltanto alla gestione e all'avvio delle attività, ma anche a questo tentativo, non so quanto riuscito, di isolare le aziende mantenendo, nei territori che circondano le proprietà confiscate alla mafia, proprietà discutibili dal punto di vista della titolarità, che continuano a rendere complicata questa attività.
Ho visitato il vostro sito, ma non ho trovato i dati che cercavo, per cui vorrei sapere se siate in grado di darci un quadro dei posti di lavoro nati con queste attività.

MASSIMO FIORIO. Vorrei innanzitutto testimoniare la solidarietà all'associazione Libera e all'attività che sta svolgendo, incontrando le difficoltà che sono state illustrate. Vorrei sapere come siano regolati i rapporti con gli enti locali e con il territorio.
Credo che il tipo di esperienza che state conducendo sul fronte aperto dell'agricoltura sociale in Italia, ancora non così normato rispetto alle esperienze di altri Paesi, alla luce anche del destino del Welfare, quindi dell'attenzione a fasce sociali in difficoltà, in prospettiva possa essere un fronte importante. Lo dico alla vigilia dell'approvazione della PAC, quindi della grande madre delle normative dell'agricoltura dell'Unione europea.
A partire dalle esperienze che state conducendo nel Paese lavorando su più fronti, quello legato al fronte della criminalità e della sicurezza e quello legato al fronte del Welfare, due ambiti particolarmente problematici, vorrei capire il tipo di difficoltà che avete nel portare avanti quell'esperienza, e soprattutto vorrei conoscere il fronte legislativo, per comprendere cosa manchi a questo Paese per essere adeguato alla sfida che avete lanciato.

SANDRO BRANDOLINI. Anch'io ringrazio l'associazione Libera, di cui conosco bene le attività, essendo iscritto. In Emilia il movimento di Libera ha contribuito a una serie di iniziative che qui venivano riportate perché sosteniamo fino in fondo questa scelta.
Fra le sue attività, Libera ha prima di tutto l'educazione alla legalità. Qui parliamo di un aspetto particolare che coinvolge l'illegalità, quindi lo sfruttamento, il lavoro nero e l'immigrazione clandestina.
Ritengo che, anche in questo caso, l'associazione Libera debba dare un contributo fondamentale con una campagna da promuovere in particolare nel Mezzogiorno, per educare anche alla legalità e al rispetto delle persone, dando un contributo significativo all'azione indispensabile portata avanti anche dagli enti locali. Vorrei sapere quindi se esista un progetto in questo senso.

NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Vorrei porre due domande generali. Vorrei sapere se abbiate dati sul controllo del mercato ortofrutticolo in Italia da parte della criminalità organizzata e se in Italia esista un mercato fondiario parallelo, per cui molti agricoltori anche con appezzamenti di terreno molto piccoli siano indotti a venderli alla criminalità organizzata.
Lei ha opportunamente evidenziato come avere terreni sia un segno di forza. Sabato scorso ho partecipato a Isola Capo


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Rizzuto a un Consiglio comunale aperto e ho constatato come il sindaco e l'amministrazione comunale siano attenti alle problematiche dell'associazione Libera, che gestisce tutti questi terreni (l'anno scorso avete avuto il primo raccolto di cereali).
Poiché a Isola Capo Rizzuto c'è anche un centro di accoglienza perché l'immigrazione è molto forte, vorrei sapere se riusciate a far lavorare gli ospiti di questi centri e che tipo di opportunità offriate a questi immigrati, che oggi passeggiano sulla statale 106.
Vorrei sapere inoltre che tipo di collaborazione abbiate instaurato con gli enti locali - so che Isola capo Rizzuto è un caso eccezionale - anche rispetto ad altre organizzazioni e ad associazioni che vivono in quei territori, se vi siano rapporti di scambio, se siate benvisti o esistano problematiche.

TERESIO DELFINO. Da anni l'associazione Libera porta avanti un forte impegno a favore della legalità, quindi l'apprezzamento generale che è stato manifestato dai colleghi intervenuti è totalmente condiviso dal mio gruppo parlamentare e dal sottoscritto in particolare. Desidero porre due domande peraltro già anticipate largamente dalla batteria di interventi del PD.
Vorrei conoscere il rapporto con la pubblica amministrazione e con i comuni in particolare. Infatti, la pubblica amministrazione, in particolari emergenze, non ultima quella di Rosarno, mi è sembrata un po' assente o comunque incapace di fare gioco di squadra rispetto al contrasto di fenomeni che la vostra esperienza può confermare evidenti agli occhi di tutti.
Sento organizzazioni professionali agricole chiedersi come rimanere sul mercato alla luce del prezzo del pomodoro o delle arance senza avvalersi di manodopera assunta in «nero». Vorrei capire quindi se sulla base della vostra esperienza consideriate costruttivo questo rapporto con la pubblica amministrazione, perché bisognerà trovare altri sistemi e altri interventi per rendere competitive le aziende e mantenere vive determinate produzioni. Tutto si può fare, tranne tollerare una quota di illegalità in nome della difficoltà competitiva.
La seconda questione già evocata dall'onorevole Oliverio riguarda il grado di condizionamento dei produttori agricoli, che rappresentano sempre l'anello più debole rispetto ai fenomeni di illegalità diffusa. Vorrei sapere infatti quali condizionamenti voi possiate rilevare e segnalarci anche per avviare iniziative legislative che tendano a rafforzare coloro che vogliono combattere l'illegalità.

GIOVANNI DIMA. Ringrazio l'associazione Libera per la sua presenza qui, e vorrei sottolineare come abbia colto, nella relazione introduttiva, quanto Libera fa nella fase successiva, in termini di capacità di ricognizione rispetto ad alcuni fenomeni.
Come ho evidenziato poco fa in occasione della presenza dell'ANCI e dell'UPI, noi abbiamo preso spunto dalla vicenda di Rosarno per confrontarci anche con il mondo dell'associazionismo come stiamo facendo questa sera con lei.
Al di là del tentativo di studiare il fenomeno, siamo anche alla ricerca di dati statistici per quantificare e quindi qualificare il fenomeno del lavoro nero. Colgo con soddisfazione quanto evidenziato dal rappresentante di Libera a proposito del recente, forte incremento di beni confiscati alla mafia soprattutto per quanto riguarda i terreni, tanto che la vostra associazione raggiungerebbe i 1.000 ettari di terreni assegnati per il riutilizzo.
Questo testimonia una forte azione repressiva, per cui la confisca non è più un fenomeno isolato, come al momento della nascita della grande legislazione sulla confisca dei beni, ma è ormai diventata patrimonio di questo Paese ed è costante soprattutto per i terreni agricoli.
L'onorevole Oliverio si poneva il problema di una sorta di ricomposizione fondiaria da parte dei mafiosi rispetto alla frammentazione della proprietà, che dai 5,5 ettari su scala nazionale in Calabria scende a 2,5. Non so se vi sia questo


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tentativo, ma certo è che spesso i terreni sono appetibili non a fini agricoli, ma per altro uso. Bisognerebbe quindi approfondire il tentativo di carattere mafioso rispetto all'acquisizione di terreni.
Vorrei chiedervi se rispetto al lavoro nero abbiate un punto di osservazione per valutare il quadro nazionale del fenomeno, che non è soltanto limitato al lavoro nero extracomunitario o neocomunitario, ma costituisce un fatto negativo anche per gli italiani.
Anch'io vorrei sapere quali opportunità di lavoro offriate attraverso l'utilizzo di questi terreni e a quali categorie vi rivolgiate in termini di opportunità di lavoro. Anche qui non vorrei mettere barriere definite soprattutto nelle aree depresse e in grave difficoltà come nel caso di Isola Capo Rizzuto in Calabria.

PRESIDENTE. Vorrei sapere se utilizziate le misure previste dai piani di sviluppo rurale, che consentono il miglioramento dell'efficienza per le aziende agricole, quale sia il rapporto con gli assessorati regionali all'agricoltura che incrociate ovvero se abbiate corsie preferenziali, binari privilegiati.
Alla luce di quanto abbiamo ascoltato oggi, ma talvolta emerso anche dalle cronache, vorrei chiedervi se esista un modello comportamentale codificato per quanto attiene alla gestione dei beni confiscati in particolare in agricoltura, sapendo che la tipicità delle aziende agricole è tale per cui la necessità dell'intervento sostitutivo è ad horas. Mi riferisco alla zootecnia e ad altre attività che, se non esercitate immediatamente, rischiano di danneggiare straordinariamente il patrimonio dell'azienda confiscata e di vanificare largamente anche l'azione etica della confisca.
Do la parola a Enrico Fontana per la replica.

ENRICO FONTANA, Esperto in rappresentanza dell'ufficio di presidenza dell'associazione Libera. Cercherò di rispondere sinteticamente a tutti con un paio di premesse. L'associazione Libera non gestisce direttamente terreni agricoli o beni immobili: Libera promuove concretamente sul territorio per la sua parte l'applicazione della legge n. 109 del 1996, che consente che questi beni immobili e terreni agricoli possano essere destinati a cooperative sociali, da cui il richiamo all'agricoltura sociale.
Si tratta di un'esperienza ormai decennale, partita nel 2000 da un'iniziativa della prefettura di Palermo (riguardante circa 100 ettari confiscati nei comuni di Corleone, Piana degli Albanesi, San Giuseppe Iato, quindi territori di una qualche complessità), in relazione alla quale fu favorita la nascita di un consorzio di comuni, in provincia di Palermo, il Consorzio sviluppo e legalità, che è diventato un esempio importante di gestione dei beni confiscati, e nacque una prima cooperativa con una procedura di evidenza pubblica per evitare qualsiasi tipo di problema.
Attraverso un bando pubblico venne proposta ai giovani, sulla base della normativa vigente e con un'attenzione a chi viveva in quei territori, la possibilità di partecipare a un corso di formazione da cui sarebbe nata una cooperativa che avrebbe gestito i terreni affidati al Consorzio.
All'inizio vivemmo questa esperienza con preoccupazione perché nel bando per il corso gratuito di formazione era indicata la finalità del corso, che si proponeva di gestire terre confiscate alle organizzazioni criminali.
La risposta fu entusiasmante ed è sempre stata molto positiva in tutte le altre province in cui questo modello venne replicato, ottenendo centinaia di domande. Sulla base di quell'esperienza sono nate altre cooperative in Sicilia, dopo la Placido Rizzotto anche la Pio La Torre, e più recentemente la cooperativa Beppe Montana. È nata la cooperativa Terre di Puglia in Puglia, è nata ora la cooperativa Terre di don Peppe Diana.
Sono cooperative sociali di tipo B, quindi soggetti giuridici con una loro totale autonomia, frutto di questo percorso,


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che riesce ad ottenere il risultato se c'è quel famoso gioco di squadra che qui è stato evocato.
In territori difficili, dunque, si vincono queste sfide e si creano opportunità di lavoro.
Ad oggi, i giovani direttamente impegnati in queste cooperative sono più di 100 e l'indotto è sicuramente superiore. Il Consorzio libera terra Mediterraneo, che raccoglie parte di queste cooperative, è cresciuto nei fatturati annui, nonostante gli anni passati non siano stati positivi per l'agricoltura, e continua a crescere.
Si tratta di produzioni biologiche, produzioni di qualità, produzioni certificate e vini hanno anche vinto diversi concorsi e premi perché non c'è soltanto il valore etico, ma c'è attenzione alla qualità del prodotto.
Per rispondere alle domande che riguardano i rapporti con il territorio, l'integrazione e le altre aziende, vorrei evidenziare poi come queste cooperative abbiano sottoscritto patti di legalità con produttori locali, per cui in Sicilia e in Puglia alcuni produttori locali conferiscono prodotti con quelle caratteristiche certificate di qualità alla filiera dei consorzi composti dalle cooperative.
Questo ha allargato a rete la diffusione di questa attenzione alla qualità e alla legalità perché nel patto di legalità c'è l'impegno a rispettare i contratti di lavoro.
Non solo le cooperative che gestiscono questi beni hanno un disciplinare che regola la concessione del marchio Libera terra, che prevede come minimo il rispetto di tutti i requisiti di legge, ma anche negli accordi che sottoscrivono con i produttori locali un passaggio decisivo è rappresentato dall'attenzione al rispetto dei diritti di chi lavora.
Mi rendo conto che sarò parziale in alcune risposte perché noi non facciamo un'attività di ricerca sui fenomeni di illegalità in agricoltura, ma ci avvaliamo dei lavori di altre associazioni come la Confederazione italiana agricoltori e la Coldiretti, che redigono un rapporto annuale sui fenomeni di criminalità.
Non abbiamo la presunzione di sostituirci ad esse, perché nessuno meglio di loro può quantificare il fenomeno degli agricoltori colpiti e il fatturato. Cerchiamo però di portare il nostro contributo empirico, ma interessante.
Il prezzo del prodotto conferito dalle cooperative al consorzio che le trasforma e le commercializza è estremamente vantaggioso, quindi questi conferitori ricavano per quintali di uva o di grano il giusto guadagno, che consente loro di rispettare i disciplinari e di collocare sul mercato un prodotto di qualità, biologico, che è competitivo.
Dico questo per rispondere al quesito con cui si chiedeva se fosse giustificabile una certa dose di illegalità per stare sul mercato. Rispondo in maniera diretta e semplice: no. Se si mette mano a una filiera in cui al produttore è riconosciuto il giusto prezzo, le intermediazioni sono minime e l'attività è corretta, non c'è motivo perché queste cooperative sociali non debbano stare in piedi con le loro gambe, e infatti non ricevono un euro di contributo pubblico a fondo perduto di alcun tipo.
Non sono infatti cooperative che erogano servizi: sono cooperative che hanno prodotti che debbono essere acquistati, ed è la sfida che abbiamo dall'inizio deciso di intraprendere come Libera: guai a progetti di riutilizzo di questi beni «assistiti» perché devono essere progetti che economicamente funzionano, quindi devono avere una coerenza sul mercato. La sfida è quella di dimostrare, partendo dai terreni agricoli, che è possibile avviare filiere produttive di qualità biologiche che funzionano e stanno sul mercato.
La situazione con la quale ci misuriamo è molto difficile perché la pressione subìta dai produttori locali da parte delle organizzazioni malavitose in alcuni territori è fortissima. Nel 2000, ad esempio, abbiamo faticato molto a trovare la trebbiatrice con cui trebbiare il primo raccolto di grano in provincia di Palermo e c'è stato un intervento diretto da parte della


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prefettura. In provincia di Crotone si fatica a trovare trattori che lavorino i terreni confiscati al clan Arena.
Tale fatica oggettiva appare comprensibile, immaginando le pressioni che si subiscono, anche perché talora siamo in presenza di attività economiche che sono state bloccate dall'intervento dello Stato, ma che funzionavano e commercializzavano prodotti (nel crotonese finocchi e non solo) ovviamente con un ricorso al lavoro nero che vi lascio immaginare. Questa difficoltà viene superata con il protagonismo delle associazioni di categoria su base provinciale. In provincia di Crotone e in provincia di Caserta, una significativa attenzione da parte delle organizzazioni agricole e una loro presenza infonde coraggio ai giovani che prendono in mano questi terreni. C'è spesso un intervento diretto delle camere di commercio che sostengono questi progetti, quindi anche il tessuto imprenditoriale è sensibilizzato.
Con gli enti locali in questi anni abbiamo costruito rapporti di collaborazione spesso grazie all'iniziativa diretta delle prefetture, al sostegno dell'Agenzia nazionale e qualche volta al protagonismo diretto dei sindaci, ma più frequentemente al clima che si crea e all'impulso da parte delle istituzioni a far vivere questi progetti.
Per quanto riguarda le proposte che possono essere formulate, sicuramente sarebbe positiva un'attenzione da parte delle Regioni per quanto attiene ai finanziamenti previsti con i piani di sviluppo rurale al tema dei beni agricoli confiscati e quindi delle attività agricole e cooperative sociali su beni agricoli confiscati.
Alcune Regioni già lo fanno, quindi un'indicazione omogenea sarebbe utile per le cooperative sociali a parità di punteggio e di requisiti. Si dovrebbe trattare non di una quota riservata del finanziamento, ma di una premialità prevista per i progetti che riguardano l'utilizzo sociale di terreni agricoli.
È estremamente importante per queste esperienze anche ragionare sul tema del credito, perché queste realtà non hanno la proprietà del bene, che hanno in comodato d'uso. La costituzione di un fondo di garanzia, che potrebbe essere immaginato in capo all'Agenzia nazionale beni confiscati e che potrebbe consentire significative aperture di credito per queste cooperative, sarebbe un altro aspetto interessante, con un'attenzione sui fondi del PSR per gli investimenti, ma anche sul credito, magari attraverso un fondo di garanzia specifico per le cooperative che gestiscono beni confiscati alle mafie.
Ci misuriamo anche con il tema del lavoro nero (per la quantificazione statistica fanno fede le ricerche realizzate dalle altre organizzazioni). Alcuni lavoratori immigrati di Rosarno hanno lavorato ovviamente con regolare contratto nella raccolta dei finocchi in provincia di Crotone sulle terre confiscate alle mafie.
Le cooperative cercano di dare il buon esempio in maniera concreta.

PRESIDENTE. Ringrazio Enrico Fontana e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,45.

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