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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione XIII
17.
Martedì 3 maggio 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Russo Paolo, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA SITUAZIONE DEL SISTEMA AGROALIMENTARE, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO AI FENOMENI DI ILLEGALITÀ CHE INCIDONO SUL SUO FUNZIONAMENTO E SUL SUO SVILUPPO

Audizione del Direttore della Direzione investigativa antimafia (DIA), generale di divisione dell'Arma dei carabinieri, Antonio Girone:

Russo Paolo, Presidente ... 3 10 12 15 19
Dal Moro Gian Pietro (PD) ... 12
Delfino Teresio (UdCpTP) ... 10
Di Giuseppe Anita (IdV) ... 11
Dima Giovanni (PdL) ... 14
Fogliato Sebastiano (LNP) ... 11
Girone Antonio, Direttore della Direzione investigativa antimafia ... 3 15
Oliverio Nicodemo Nazzareno (PD) ... 13

ALLEGATO:Documentazione consegnata dal Direttore della Direzione investigativa antimafia ... 20
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Italia dei Valori: IdV; Iniziativa Responsabile (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): IR; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.

[Avanti]
COMMISSIONE XIII
AGRICOLTURA

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 3 maggio 2011


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PAOLO RUSSO

La seduta comincia alle 13,40.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Direttore della Direzione investigativa antimafia (DIA), generale di divisione dell'Arma dei carabinieri, Antonio Girone.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla situazione del sistema agroalimentare, con particolare riferimento ai fenomeni di illegalità che incidono sul suo funzionamento e sul suo sviluppo, l'audizione del direttore della Direzione investigativa antimafia (DIA), generale di divisione dell'Arma dei carabinieri, Antonio Girone.
Il direttore è accompagnato dal colonnello dell'Arma dei carabinieri Francesco Bonfiglio, capo di gabinetto.
Do la parola al generale Girone, che ringrazio per aver accolto il nostro invito. Al suo intervento faranno seguito eventuali domande da parte dei colleghi, alle quali il generale potrà replicare.

ANTONIO GIRONE, Direttore della Direzione investigativa antimafia. Ringrazio il presidente e tutti gli onorevoli membri della Commissione di avermi chiamato per un'audizione su una tematica di così rilevante importanza, quale quella della possibile infiltrazione nel settore agroalimentare da parte della criminalità organizzata di tipo mafioso.
Prima di entrare nel merito e nel dettaglio di questa tematica, vorrei sottolineare la specificità professionale della struttura a cui sono preposto così da poterne definire la dimensione, l'articolazione territoriale e inquadrare il compito che svolge in questo settore specifico.
Ricordo che la DIA fu costituita nel 1992 sulla base di un disegno e di un'aspirazione del giudice Falcone, che intendeva creare un'architettura antimafia cui corrispondesse un'agenzia interforze: la DIA, per quanto riguarda le forze di polizia, e la Direzione nazionale antimafia - il cui attuale procuratore è il dottor Grasso - per quanto attiene alla parte dell'autorità giudiziaria.
L'idea era appunto quella di creare un'architettura antimafia che, sotto la direzione del Consiglio generale per la lotta alla criminalità organizzata, che era l'organo tecnico-politico che dava e ancora dà le direttive, potesse operare su questo specifico settore.
La DIA è stata costituita, dunque, con una competenza monofunzionale, finalizzandola cioè ad un'attività nel settore che specificatamente riguarda la criminalità organizzata di tipo mafioso. Oggi, ovviamente, la denominazione è allargata alla criminalità organizzata in genere, non solo nazionale, ma anche allogena, straniera.
Originariamente, la DIA aveva come compiti primari le cosiddette investigazioni


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preventive, attività che il direttore della DIA può svolgere con possibilità di interagire direttamente con il tribunale, quindi non attraverso la procura della Repubblica - nel caso specifico procure distrettuali - con la possibilità, ad esempio, di proporre sequestri di beni o investigazioni giudiziarie, nonché attività specifiche d'iniziativa o su delega dell'autorità giudiziaria, attinenti specificamente a questo settore.
La Direzione antimafia è, altresì, deputata a inoltrare due relazioni annuali al Parlamento sullo stato generale della criminalità organizzata, quindi sullo stato del fenomeno su tutto il territorio nazionale. Il direttore della DIA compila la relazione, la invia al Ministro dell'interno, il quale la inoltra, dopo il suo vaglio, al Parlamento.
La DIA ha mantenuto l'articolazione originaria. Infatti, complessivamente, sono 19 le sezioni e i centri operativi, diffusi su tutto il territorio nazionale. La maggior parte di tali articolazioni, tuttavia, è concentrata nell'area meridionale del Paese, soprattutto nelle regioni che tradizionalmente hanno registrato nel tempo la presenza della criminalità organizzata.
Indubbiamente, si sono evidenziate nel frattempo consistenti diramazioni in altre regioni, dove peraltro non esistono strutture antimafia. Ciò nonostante si procede ancora con una competenza territoriale qualche volta anche di due o tre regioni. Ricordo che l'attività antimafia di contrasto alla criminalità organizzata non è di esclusiva competenza della DIA, ma anche dei servizi provinciali e interprovinciali delle tre forze di polizia - Polizia, Carabinieri e Guardia di finanza - che operano unitamente alla DIA. Diversamente, infatti, l'entità della forza nella Direzione, che ammonta a circa 1.300 unità, e quindi risulta molto limitata, pur se altamente specializzata, non potrebbe affrontare in toto il fenomeno.
Sulla base delle norme istitutive e delle direttive del dipartimento della pubblica sicurezza nel cui ambito è istituita, la DIA è una struttura interforze divisa esattamente per un terzo ciascuno da Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza. La rotazione del vertice prevede che al termine dei tre anni vi sarà un cambio, ad esempio, con un dirigente generale della Polizia di Stato, così come io ho dato il cambio a un generale della Guardia di finanza. Questo offre alla Direzione, così come l'aveva concepita lo stesso Falcone, la possibilità di avere a disposizione tutte le sinergie e specificità da destinare al contrasto alla criminalità organizzata in generale.
Va quindi precisato che nel tempo, proprio per questa specificità, la DIA non ha potuto non concentrare la sua attenzione, più che sui singoli reati, sui soggetti criminali. Ciò è avvenuto al fine di poter intervenire su grandi filoni di indagine - sia in termini di prevenzione, sia di repressione - con forze che non avrebbero consentito di operare soltanto in un campo selettivo.
Nel tempo, dunque, la DIA pur mantenendo per legge l'originaria attività di delega dell'autorità giudiziaria - basti pensare, ad esempio, che la DIA, per eredità, sta trattando con Palermo e Caltanissetta tutte le deleghe sulle stragi, problematiche molto delicate e annose che comportano un notevole impegno - si è orientata in via prioritaria su quelle che noi definiamo attività preventive, finalizzate soprattutto all'aggressione dei patrimoni, ossia: individuazione e aggressione dei patrimoni con lo sviluppo di un settore di attività poco conosciuto e, quindi, la disamina di tutte le operazioni finanziarie sospette che la Banca d'Italia, attraverso l'Unità di informazione finanziaria (UIF), devolve in parallelo a DIA e Guardia di finanza. La DIA sviluppa l'indagine su queste operazioni finanziarie sospette per la parte in cui si potrebbe verificare il coinvolgimento di elementi della criminalità organizzata di tipo mafioso; la Guardia di finanza le esamina sotto il profilo della criminalità comune e dell'evasione fiscale.
La terza componente è rappresentata dal monitoraggio: la DIA è riuscita ad incidere con proposte normative sull'ultima piattaforma antimafia del 2010, e adesso, attraverso le prefetture e con la


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nostra attività di coordinamento, ha la possibilità di monitorare gli appalti pubblici a tutti i livelli, non solo quelli che originariamente erano stati stabiliti con la legge Obiettivo. Ormai, infatti, questa possibilità è stata estesa alle opere pubbliche indipendentemente dalla somma pattuita nei vari livelli di appalto e subappalto. Inoltre è stata approvata anche la tracciabilità dei flussi finanziari ed è possibile avere un quadro tale che, una volta individuato il soggetto d'interesse operativo, il direttore della DIA può inoltrare proposte patrimoniali.
Mi permetto di ricordare che con la recente normativa - il pacchetto sicurezza 2008 varato dall'attuale Governo non appena questo si è insediato, (il collegato 2009), la piattaforma antimafia del gennaio 2010, e la legge approvata nell'agosto scorso - sono state date ulteriori potenzialità alle figure giuridiche che possono aggredire i patrimoni, ossia il procuratore distrettuale, il direttore della DIA e i questori della Repubblica, in modo da velocizzare e allargare il campo di interesse.
Per quanto riguarda il settore agroalimentare di più diretta competenza, nella fase iniziale la DIA ha svolto un'attività soprattutto analitica nei confronti di quei soggetti che potessero avere risvolti e connotati di appartenenza alla criminalità organizzata. È chiaro che nel tempo si è venuta a determinare una situazione per cui la DIA è dovuta intervenire direttamente per via di casi conclamati di infiltrazione, ad esempio, nei mercati ortofrutticoli e nel settore delle truffe relativamente ai fondi dell'Unione europea. Su questo potrò fornire maggiore indicazioni.
Ricorderete tutti che, soprattutto nell'anteguerra, ma anche nell'immediato dopoguerra, la mafia aveva una connotazione prevalentemente rurale. Gradualmente, si è poi evoluta fino ad arrivare all'alta finanza. Senza andare alla preistoria, il padre del superlatitante Matteo Messina Denaro, ad esempio, svolgeva il mestiere di campiere nell'ambito di possedimenti terrieri nella provincia di Trapani. Quindi tale legame c'è sempre stato. È chiaro che la mafia tende poi ad ampliarsi con modalità nuove nei vari settori a mano a mano che questi assumono una rilevanza su grande scala.
Per quanto riguarda la valutazione dell'entità del fenomeno, la DIA - svolgendo in questo settore funzioni di raccordo con le altre tre forze di polizia a competenza generale e specifica, per quanto riguarda la Guardia di finanza - ai fini di identificare gli indicatori del fenomeno si avvale, come riferimento, della banca dati Forze di polizia, che però - anche se estrapoliamo e cerchiamo con nostri metodi analitici di individuare i cosiddetti reati scopo o reati spia, per avere un'indicazione della virulenza del fenomeno - non è sufficiente. Non possiamo, quindi, non far riferimento anche ad altre fonti e organismi che forniscono dati utili alla configurazione generale del fenomeno.
Ad esempio, secondo le valutazioni della Coldiretti siciliana, ogni anno, a livello nazionale, la criminalità organizzata sottrarrebbe circa 7,5 miliardi di euro agli imprenditori agricoli esercitando varie forme di criminalità: furti di animali e di macchine, imposizione del pizzo, incendi. Il fenomeno ha, dunque, una sua rilevanza. Inoltre, secondo alcuni dati estrapolati dal rapporto 2010 dell'Istituto nazionale di economia agraria sullo stato dell'agricoltura italiana, organismo deputato a fare valutazioni ufficiali, l'industria agroalimentare ha avuto un rallentamento del PIL nel 2009 dell'1,5 per cento. Il riferimento ai dati del 2009 è dovuto al fatto che le valutazioni complessive del 2010 non sono ancora state ultimate, ma restano comunque dati che riteniamo significativi.
Sotto il profilo occupazionale nel 2009 il trend è stato di un calo del 2,3 per cento; il fatturato generale dell'agricoltura sul territorio nazionale valutato d'intesa con la Coldiretti ammonterebbe a circa 47,5 miliardi. Naturalmente, questo fa comprendere quanto possa essere di interesse per l'organizzazione criminale una settore di questo tipo.
Quanto al rapporto sulla criminalità in agricoltura, la CIA, Confederazione italiana


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agricoltori, altro organismo che si interessa di questa tematica, sostiene su statistiche proprie che ci siano anche più di 150 reati al giorno connessi al fenomeno agricoltura e agroalimentare. Quali sono i vari tipi di reato?
È nota a tutti la presenza dell'abigeato, che sappiamo essere una fattispecie prevista dal codice penale come aggravante del furto. Non esiste un reato autonomo, ma esiste come configurazione de facto. Esso è diffuso, non è un caso, in tutte le regioni ove si registra una maggiore incidenza del fenomeno criminale di tipo mafioso e non solo, ad eccezione, ovviamente, della Sardegna, dove assume una configurazione diversa perché in quella regione la criminalità ordinaria per tradizione incide su questo settore.
Un altro reato di riferimento è dato dai danneggiamenti e dai furti di macchine, attrezzature agricole e colture che nell'ultimo quadriennio riflette ugualmente l'incidenza nelle regioni a rischio.
Infine, c'è la macellazione clandestina, che presenta una rilevanza minore nelle regioni a rischio, ma con un picco preoccupante in Puglia. Tuttavia, l'elemento di maggiore criticità rilevato da parte della Coldiretti è che nella realtà i prezzi di frutta e verdura, mediamente, dal produttore al consumatore aumentano anche fino a quattro volte per effetto di monopoli, intermediazione e trasporto, che fanno sì che si determini una strozzatura della filiera con un'anomala lievitazione dei prezzi e scarsi guadagni proprio per coloro che producono.
La Coldiretti, riprendendo anche un'attività svolta al riguardo dall'Antitrust, ritiene che, mediamente, i prezzi dalla produzione al consumo si triplichino. I ricarichi variano dal 70 per cento, nel caso della filiera cortissima - quindi con acquisto direttamente dal produttore, casi molto rari - al 103 per cento se c'è un solo intermediario, al 290 novanta per cento nel caso di due intermediari, a circa il 300 per cento della filiera lunga. Si determina, così, una situazione di paradosso: i produttori guadagnano sempre di meno e i consumatori vedono lievitare i prezzi e, quindi, essi stessi diminuiscono gli acquisti, con congestione e difficoltà per quanto attiene alla conduzione economica, alla diffusione e al mantenimento dello status quo nel campo dell'agricoltura e del settore agroalimentare in generale.
Sotto questo aspetto noi, dal punto di vista della lotta alla criminalità, abbiamo operato effettuando riscontri con indagini nostre e delle forze di polizia territoriali. La stessa Coldiretti sostiene che su 47,5 miliardi circa 7,5 siano di arricchimento illecito, ossia di illiceità nell'ambito del mercato, una stima che, secondo i nostri indicatori, potrebbe avere un riscontro di sufficiente attendibilità. Moltissime sono poi le truffe ai danni dell'Unione europea, nei cui meccanismi la criminalità organizzata si è nel tempo inserita, a volte con la connivenza degli amministratori locali.
Attualmente ci sono due fondi - il Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) e il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) - che incidono nell'attuazione della politica agricola comune per il quinquennio 2007-2013 e che hanno sostituito il vecchio Fondo europeo di orientamento e garanzia per l'agricoltura (FEOGA).
Sappiamo benissimo quali sono i loro compiti. Ricordo che, nell'ambito della Politica agricola comune, l'Unione europea destina il 34 per cento del proprio bilancio, quindi un'entità di risorse notevole, che vede la destinazione per il nostro Paese di oltre 8 miliardi di euro da spalmare nel periodo 2007-2013. Naturalmente, cifre di questo tipo destano l'interesse della criminalità organizzata. Di questa somma la maggior parte va a regioni del sud, dove purtroppo il fenomeno della criminalità organizzata è ancora più endemico.
Le fattispecie di reato che in maniera più ricorrente si determinano in relazione alle truffe all'Unione europea riguardano l'articolo 316-ter del Codice penale, che configura un'indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato e - fattispecie più grave - l'articolo 640-bis del Codice penale, che configura la truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.


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Queste sono le due fattispecie che si registrano più insistentemente nel settore.
Collateralmente esistono poi i fenomeni del lavoro nero e del caporalato, per i quali i dati ISTAT, piuttosto attendibili, rilevano in agricoltura, settore in cui la criminalità organizzata ha trovato il modo di inserirsi, un 40 per cento di lavoro nero, una cifra molto elevata.
Sembrerebbe, in base a un rapporto dell'Università degli Studi di Genova e di un organismo preposto al monitoraggio, che solo nelle campagne pugliesi siano circa 40.000 gli operai sfruttati: essi, attraverso l'operato dei caporali, percepirebbero una paga media di 20 euro al giorno per 10 o 11 ore di lavoro. La Puglia viene presa come riferimento, soprattutto nel Salento e nella Capitanata, ma il fenomeno è presente un po' su tutto il territorio nazionale e comunque nelle regioni a prevalenza di attività agricola.
Il fenomeno della penetrazione della criminalità organizzata avviene attraverso diverse tipologie di azione. Un classico esempio è la creazione di finte cooperative agricole, attribuibili a personaggi appartenenti a clan locali, che ottengono finanziamenti pubblici. Un altro è rappresentato dalle frodi ai danni degli enti previdenziali tramite l'utilizzo di manodopera fittizia. Si tratta di due esempi che, al di là del fenomeno criminale, incidono tantissimo sui costi sostenuti dallo Stato.
La normativa vigente sul caporalato, per entrare nel dettaglio, si configura come una normativa ripresa da diversi provvedimenti legislativi e che si è stratificata nel tempo. Al riguardo, la Suprema Corte di cassazione è intervenuta per conferire un assestamento alla materia, ma le pene sono sostanzialmente contenute, il che fa sì che esista una criticità nell'azione di repressione.
Poiché per gli stranieri vi è una normativa, quella del 1998, più cogente, esiste anche la possibilità di una discriminazione nei confronti dell'eventuale sfruttamento della manodopera italiana. Sta al magistrato, dunque, di trovare il giusto equilibrio per non creare una paradossale sproporzione tra eventuali soggetti sfruttati di nazionalità italiana e di nazionalità straniera.
Riguardo alla contraffazione e all'adulterazione alimentare, sono stato ascoltato in audizione nella competente Commissione, dove ho riferito che, in effetti, anche in questo settore si registrano fenomeni rilevanti.
Basti pensare agli imprenditori - sia italiani, sia esteri - che hanno «taroccato» determinati marchi di formaggi, come il parmigiano, la fontina, l'asiago e il gorgonzola, o di liquori, come l'amaretto, tutte voci che possono essere vendute applicando etichette non corrispondenti al vero e, quindi, con illeciti arricchimenti.
In tema di contraffazione, compresa quella sui marchi, è intervenuta la legge 23 luglio 2009, n. 99, con la quale il legislatore ha significativamente inasprito le pene. Per esempio, sono previste addirittura le cosiddette operazioni sotto copertura e le competenze vengono passate alle procure distrettuali.
È stata impressa a questo settore, dunque, la configurazione di un'area tipica della procedibilità nei confronti della criminalità organizzata. Il legislatore, infatti, si è molto sensibilizzato su questo fronte, tanto che la competenza - come accennato - è ora passata alle procure distrettuali.
Per quanto attiene alla tutela del marchio all'estero, si tratta di un tema sul quale noi non concentriamo la nostra analisi, perché avremmo dati non corrispondenti alla verità e anche perché la criminalità organizzata è portata, soprattutto in materia di contraffazione alimentare, a operare sul territorio nazionale, mentre si proietta all'estero soprattutto per gli investimenti, come è stato nel tempo dimostrato.
Per quanto riguarda l'attività di contrasto, a seguito di constatazioni e di verifiche di infiltrazione che non riguardano solo la criminalità ordinaria e comune, ma anche la criminalità organizzata (che tende a inserirsi in tutti i settori dell'economia in cui esiste un business con forme più o meno evolute dal punto di


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vista operativo), possiamo distinguere tra i fenomeni di incidenza indiretta e fenomeni di incidenza diretta vera e propria della criminalità organizzata nell'ambito dell'agroalimentare.
Svolgo tale distinzione perché già nel 1993 abbiamo riscontrato - per esempio, al mercato ortofrutticolo di Milano - la costituzione di società che nella realtà camuffavano il traffico di sostanze stupefacenti. La 'ndrangheta, quindi, è intervenuta per nascondere il traffico di sostanze stupefacenti, come riscontrato in un'operazione denominata «Operazione gelo», che è ormai entrata nella storia delle cronache giudiziarie, o il traffico di stupefacenti e di armi da guerra come rilevato in un'altra operazione, l'«Operazione blister».
Parliamo ora di ciò che ci riguarda di più, ossia dell'incidenza diretta della criminalità organizzata sul settore agroalimentare e, quindi, non con la costituzione di società per camuffare altre attività, ma proprio per realizzare business in tale ambito.
La DIA ha posto la sua maggiore attenzione sui mercati ortofrutticoli. Avrete senz'altro sentito parlare di un'operazione sul mercato ortofrutticolo di Fondi, in provincia di Latina, indicativa di un fenomeno generale piuttosto degno di attenzione. L'attenzione posta dalla DIA è stata in via prioritaria proprio su questi mercati più importanti: quello di Vittoria a Ragusa, quelli di Gela e di Niscemi a Caltanissetta e quello di Fondi, nel basso Lazio.
Con questa operazione, denominata «Sud Pontino», portata a termine nella primavera dello scorso anno, con effetti che si stanno protraendo, abbiamo scoperto che il cosiddetto clan dei casalesi aveva imposto la sua presenza - vista anche la contiguità territoriale con la provincia di Caserta - su questo mercato, che rappresenta uno dei poli strategici della distribuzione.
Tale attività è avvenuta in due fasi: in una prima fase, i casalesi hanno attuato il controllo mafioso del mercato di distribuzione dei prodotti agroalimentari, ossia sulle società che operavano nel MOF, nel Mercato ortofrutticolo di Fondi.
In una seconda fase, essi hanno cominciato a estendere lo stesso controllo mafioso anche sul flusso delle merci, anche dalle regioni da cui provenivano le merci stesse, oltre che nel basso Lazio.
Negli ultimi anni abbiamo potuto vedere come i casalesi abbiano addirittura costituito un cartello con la 'ndrangheta e con la mafia. Ciò ha costituito un fenomeno che ha destato forte allarme dal punto di vista della pericolosità per l'eventuale diffusione su altre parti del territorio nazionale.
Per conto della Direzione nazionale antimafia, che nel frattempo veniva documentata sullo stato dell'indagine da noi avviata, si è deciso di svolgere uno studio analitico al riguardo, parallelo a quello svolto nell'attività di indagine sul campo repressivo.
Abbiamo potuto constatare come le componenti del monopolio che si è determinato sul mercato ortofrutticolo di Fondi si siano concretizzate, inizialmente, con le autorizzazioni chieste dai casalesi. A mano a mano, le diverse società si sono inserite e hanno cominciato successivamente a imporre sistematicamente il pizzo a elementi estranei al sistema, per ogni carico di merce trasportata.
In sostanza, prima si acquisiva il diritto con le autorizzazioni, poi si cominciava a imporre il pizzo a coloro che venivano da altre regioni per vendere i loro prodotti e poi si passava all'imposizione estorsiva, che assumeva un connotato di sistema perché gestiva direttamente le agenzie dei servizi e quindi, di fatto, dalla produzione fino alla distribuzione, tutto il flusso, imponendo i prezzi e i pizzi automaticamente. In tal modo si è determinato un monopolio criminale che condizionava pesantemente i prezzi e, viceversa, incrementava i profitti illeciti.
L'operazione denominata «Sud Pontino» - sapete che ogni operazione ha un nome che riflette il clichet, in questo caso il territorio operativo - è stata portata a termine nel maggio dello scorso anno


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proprio dalla DIA. Si tratta di un'attività svolta in primis dalle articolazioni della Direzione investigativa antimafia di Roma e di Napoli.
Abbiamo potuto verificare come fosse stata costituita - l'ha evidenziato anche il procuratore nazionale antimafia Grasso - una fattispecie di cartello criminale, un vero e proprio cartello di criminalità organizzata che vedeva le organizzazioni camorriste associate alla famiglia dei Tripodo di Reggio Calabria, fino a interagire con le cosche mafiose che andavano da Catania a Caltanissetta, a Catania e a Palermo, con competenze specifiche e con la possibilità, addirittura, attraverso le autorizzazioni, di permettere ai casalesi di operare indisturbati, per esempio, sul mercato di Gela. Esistevano accordi veramente scientifici al riguardo.
Per quanto riguarda Palermo e Trapani, abbiamo individuato la responsabilità di alcuni appartenenti alla famiglia di Salvatore Riina, con un livello di attività che configura l'ipotesi di un cartello in cui vengono distribuite le competenze e ognuno ha i suoi settori di rispettiva competenza.
Nel momento in cui, a livello locale, si impone al povero contadino di vendere il tale prodotto e alle società, alcune addirittura di proprietà del clan dei Casalesi, il prezzo del trasporto al mercato ortofrutticolo di Fondi e poi si stabilisce anche il prezzo di vendita, voi capirete che praticamente tutto ciò diventa un monopolio criminale in cui gli spazi di manovra sono molto limitati.
Per avere un'idea, i pomodori pachino, dal mercato ortofrutticolo di Ragusa - non vi so riferire se ciò accada ancora adesso - venivano portati nelle cassette fino a Fondi, dove venivano impacchettati e, in parte, ritornavano in Sicilia. Immaginate, nella distribuzione e nella filiera, quanti prezzi aggiuntivi e quanti ricarichi si creavano, che poi portavano ad avere tali riscontri sui mercati!
Queste attività spesso, come ho accennato prima, hanno portato a coprire anche altre attività, tra cui sicuramente il traffico di sostanze stupefacenti. Nei risultati dell'operazione «Sud Pontino», a titolo informativo, sono state arrestate 69 persone; sono stati sequestrati 20 imprese e 200 autoveicoli, per un controvalore stimato in circa 90 milioni, con un'appendice di ulteriori 8 milioni sul territorio siciliano.
Abbiamo inoltre constatato che le attività criminali nell'ambito della grande distribuzione sul territorio siciliano sono arrivate addirittura alla gestione di catene di supermercati - non cito nomi, perché sono elementi noti - nel numero di circa 50, facenti capo a un emissario del famigerato Matteo Messina Denaro, il quale, attraverso questa forma di penetrazione, poteva svolgere parimenti un'inimmaginabile attività di controllo del territorio.
Imporre il prezzo di mercato agli agricoltori e alla distribuzione, nonché la manodopera, sia quella agricola, sia il personale impiegatizio o addetto alla vendita al dettaglio - attinto da elementi facenti parte o contigui a famiglie mafiose - fa capire come possa esistere una forma indiretta di controllo del territorio capace di causare gravi problemi al Paese, e anche alla sua possibilità di operare con l'autorità giudiziaria e le forze di polizia deputate a contrastare tali attività.
Oltre che nella copertura del traffico di droga e di armi, il settore agroalimentare presenta riflessi anche nello sfruttamento dell'immigrazione clandestina. In merito, sono state compiute molte operazioni, ed alcune sono state anche concluse.
Tutti ricordiamo ciò che è accaduto a Rosarno, dove le indagini non hanno potuto materialmente dimostrare, fino a questo momento, l'ingerenza della criminalità organizzata, nel caso specifico della 'ndrangheta, ma hanno indubbiamente evidenziato, dal momento che si sono ribellati gli stessi soggetti passivi del reato, come si fosse arrivati a un livello di sfruttamento di tale manodopera non più sopportabile.
Le operazioni sono state numerose e, insieme all'attività di analisi, hanno oggettivamente dimostrato come il pericolo reale o potenziale di infiltrazioni della criminalità organizzata in questo settore sia attuale e in gran parte conclamato.


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La nostra analisi, in via generale e di sintesi, porta a sostenere che l'estensione del fenomeno riguardi non soltanto i territori tradizionalmente gravati dalla presenza di criminalità mafiosa endogena. Esistono propalazioni un po' su tutte le aree del territorio nazionale. Oggetto primario dell'attenzione della criminalità organizzata è stata la costituzione di società per ottenere i finanziamenti pubblici.
Dall'imposizione del pizzo si è arrivati nel tempo a realizzare, nel caso di alcuni mercati ortofrutticoli grandi - grazie a Dio non per quelli più piccoli - la costituzione di un monopolio illecito, con tutte le conseguenze che ne derivano.
Tale fenomeno agevola il lavoro nero e le truffe ai danni dell'INPS e, quindi, alle casse dello Stato. Inoltre, incide - lo sottolineo - sulla tratta degli esseri umani e sull'immigrazione clandestina, perché in molti casi tale attività illegale è il presupposto per impiegare o - meglio - sottoimpiegare, i soggetti coinvolti in agricoltura.
Esistono indicatori, dunque, per affermare che anche a questo settore la criminalità organizzata ha rivolto la propria attenzione e che tale organizzazione costituisca un vulnus, da una parte, alla libera concorrenza stabilita dalla nostra Costituzione e, dall'altra, alle tasche dei consumatori, i quali vedono i prezzi dei prodotti che aumentano, anche di dieci volte rispetto ai rispettivi prezzi all'origine, con un risultato assurdo, ossia che i produttori guadagnano molto poco e i consumatori pagano moltissimo. Quindi, coloro che in termini legali fungono da intermediari nella filiera guadagnano in modo sproporzionato rispetto all'iniziale produttore e al consumatore finale. Inoltre, esiste anche una incidenza significativa dell'intermediazione criminale, che altera e aumenta tale vulnus.
Avrei concluso, presidente, e resto a disposizione per eventuali quesiti.

PRESIDENTE. Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

TERESIO DELFINO. Ho molto apprezzato la relazione del generale Girone. Personalmente, sono interessato a capire come possiamo superare il fenomeno della criminalità organizzata. Il fatto che questo sia un fenomeno radicato nel Paese, in particolare in alcune specificità regionali che lei ha sottolineato, è indubbio - tale conoscenza l'abbiamo ricavata anche dalle altre molteplici audizioni che abbiamo tenuto - però vi sono evidentemente tre problemi, che io voglio sottoporle e che ho annotato a mano a mano che lei parlava.
Il primo è come possiamo aggredire in modo più penetrante tale fenomeno, ossia l'illegalità diffusa che va sempre più a insidiare il reddito dei produttori, con gravosi e ulteriori oneri per i consumatori.
Riguardo a tale aspetto, ripeto le domande che ho già posto in altre audizioni. Dal suo punto di vista, come funziona la collaborazione interistituzionale? Lei ha sottolineato che la DIA con i suoi 1.300 addetti e con le sue molteplici funzioni svolge una parte del lavoro, e che giustamente ha bisogno di tutti gli altri soggetti. Come vede lei la collaborazione interistituzionale?
La seconda riflessione è: quali sono gli elementi di perfezionamento, non solo dei criteri di analisi, ma anche delle modalità operative, per arrivare a smantellare il sistema? Il tema è infatti quello di incidere sullo smantellamento di questa rete, che si diffonde sempre di più, mentre noi, da Paese civile quale siamo, vorremmo contenerla e gradualmente superarla. Lei ritiene che una piattaforma informatica comune già esista, se esista che sia sufficiente, o che occorra in questa collaborazione interistituzionale che le banche dati siano maggiormente utilizzabili in rete?
Ci è stata proposta - anche questa è una domanda - da altri auditi appartenenti ad altre forze dell'ordine, l'istituzione di una Direzione nazionale di sicurezza agroalimentare interforze con compiti di coordinamento infoinvestigativo delle attività dei comandi degli uffici territoriali delle diverse forze. Che cosa ne pensa lei? È necessaria l'istituzione di questo ulteriore coordinamento? Quello che attualmente esiste non è sufficiente?


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Passo all'ultima domanda. Ogni volta che ascolto relazioni come la sua e come quelle di altri rappresentanti delle altre forze dell'ordine mi viene sempre da domandare quali azioni e quali collaborazioni si svolgano sul territorio, per esempio da parte delle organizzazioni professionali e delle istituzioni.
Infatti, in merito alla rete di commercializzazione, ritengo che bisogna avere anche la capacità di inventarsi un intervento in questo Paese. Dobbiamo trovare la forza, come l'hanno trovata molti altri Paesi, di cambiare. Per esempio, in Spagna la cooperazione commercializza oltre il 70 per cento dei prodotti in modo - credo - esente da infiltrazioni di criminalità organizzata.
La percezione di questo fenomeno e le stesse esemplificazioni che lei ha portato indicano quale sia la densità dell'invasività criminale, ma è allora possibile che non possa nascere anche con il sostegno istituzionale pubblico dello Stato e delle regioni un modo diverso per organizzare la commercializzazione, per stringere diretti rapporti con la grande distribuzione, visto che lei non attribuisce particolare importanza in termini quantitativi alla cosiddetta filiera corta e al Progetto chilometro zero?
Sono queste le questioni che mi vengono in mente e sono curioso di sentire le sue risposte in merito. Grazie.

ANITA DI GIUSEPPE. Anch'io ho apprezzato molto la relazione del generale Girone perché, nell'ambito dell'indagine relativa al fenomeno dell'illegalità in agricoltura, essa è stata esaustiva riguardo a quali sono i comparti e le regioni interessate e a come voi intervenite. È chiaro che il vostro è un ruolo importante e gravoso perché intervenite su tutta l'attività della mafia, dalla prevenzione alla repressione dei tentativi di infiltrazione nelle gare di appalto dei lavori pubblici fino all'aggressione dei patrimoni che vengono accumulati illegalmente.
Oggi, si è anche aggiunto, mi pare, il settore del fotovoltaico e dell'eolico. Anche quella è una nota dolorosa. Infatti, il business mafioso ha ormai indirizzato lo sguardo verso questo settore, che vede coinvolto anche il settore agricolo, perché gli agricoltori, per migliorare il loro reddito, accettano l'installazione di torri eoliche e di specchi di fotovoltaico nei loro terreni.
Voglio porle una domanda che mi sta particolarmente a cuore, essendo membro della Commissione infanzia dell'Italia dei Valori, e riguarda il fenomeno dello sfruttamento dei minori anche in agricoltura. Mi riferisco soprattutto ai minori non accompagnati, ai ragazzi che arrivano nel nostro Paese da soli e magari non vengono identificati o vengono identificati dopo un po' di tempo. Come interviene la mafia su questi ragazzi o addirittura su questi bambini? La DIA collabora e svolge un monitoraggio completo su questo problema?

SEBASTIANO FOGLIATO. Ringrazio, a nome del Gruppo della Lega Nord, il generale dell'Arma dei carabinieri Antonio Girone, direttore della DIA, per essere oggi presente in Commissione nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla situazione del sistema agroalimentare.
Ho ascoltato con attenzione la sua relazione, che ho apprezzato, ma volevo porre alcune domande e sollevare alcuni spunti di riflessione, anche in base alle sollecitazioni da lei svolte, sullo spaccato del sistema.
Vorrei sapere se la DIA è a conoscenza di fenomeni che vedono la criminalità organizzata accaparrarsi aziende, in particolare del Nord Italia, con attività come l'usura. Non chiedo fatti specifici, quanto piuttosto vorrei sapere se nell'attività che svolgete si comprende tale fenomeno oppure se se ne parla e basta.
Nelle scorse settimane, infatti, ho letto sui giornali notizie secondo le quali, presso i mercati ortofrutticoli del Nord Italia, questa infiltrazione appare evidente. Basta vedere se la gente che ci lavora è contrattualizzata o meno, ma comunque è un fenomeno visivo e impattante. Vorrei capire se queste situazioni di illegalità diffuse possano persistere oppure si stiano conducendo attività a tal riguardo per


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risolvere la situazione. Si dovrebbe, per esempio, vedere chi lavora in tali mercati e da chi siano condotte le operazioni di facchinaggio. Il fenomeno è visivamente impattante - non so se maggiore o minore di come appare -, tuttavia emergono tali fatti.
Un fenomeno che sta particolarmente a cuore a noi della Lega è quello della contraffazione dei prodotti agroalimentari. Troppo spesso ci domandiamo, non solo noi, ma tutti, perché alcuni prodotti, che rappresentano l'eccellenza agroalimentare del nostro Paese, alla fine attraversino una situazione di crisi e gli agricoltori non riescano a venderli.
La spiegazione che molti forniscono, supportata anche da indagini, è che spesso all'estero, attraverso la contraffazione, finisce la fotocopia del nostro sistema agroalimentare. Penso che si dovrebbe intervenire tramite un'azione mirata a contrastare la contraffazione dei nostri prodotti, perché nel nostro Paese si è vissuto molto sui prodotti DOP e su prodotti a denominazione controllata e molto spesso all'estero si incontrano prodotti che non sono quelli originali.
Per esempio, sono state trovate, presso punti vendita di Paesi dell'Europa dell'Est, partite di Asti spumante DOCG palesemente contraffatto. È indubbio che ciò faccia perdere mercato al nostro sistema produttivo basato sul rispetto delle regole, che è un'eccellenza.
Se poi in questa filiera si infiltrano attività criminali che hanno l'unico obiettivo di realizzare utili senza più rispettare le regole, ciò pone veramente in difficoltà il nostro sistema. Certamente, non solo la DIA, ma anche tutte le forze che si occupano del problema devono essere sensibilmente parte in causa affinché si possa difendere il patrimonio agroalimentare nel nostro Paese e, quindi, attraverso la creazione di reddito, il PIL e l'economia del nostro Paese e dei nostri territori.
Desidero porgervi i miei complimenti ed esortarvi a compiere il vostro dovere, che già svolgete egregiamente. È una questione fondamentale. A volte altri reati, tipo il traffico di droga, hanno più risonanza, ma proprio sull'agricoltura e, in particolare, sulla contraffazione stanno emergendo spaccati importanti che meritano una maggiore attenzione da parte di tutti. Dietro ci sono i nostri territori, ci sono famiglie che vivono di tale attività e questo fenomeno, a nostro avviso, sta aumentando, ragion per cui occorre un maggiore impegno da parte di tutti. Tutti noi salutiamo favorevolmente la vostra attività e il ruolo con cui la DIA potrà concorrere nel perseguimento di questi risultati.

PRESIDENTE. Gli esempi delle scorse audizioni - tesi non sempre a porre domande, ma a svolgere riflessioni - stanno prendendo la mano in questa Commissione. Mi permetto di pregarvi di attenerci tutti, a cominciare da me, a svolgere alcune riflessioni in meno e a porre alcune domande in più, proprio per consentire ai cortesi auditi di avere il tempo per rispondere.

GIAN PIETRO DAL MORO. Ringrazio anch'io il generale Girone, a nome del Partito Democratico, per la sua esauriente relazione. Accolgo l'invito del presidente, precisando però che le domande, se non sono un minimo contestualizzate, corrono il rischio di essere molto aride. Cercherò comunque di essere succinto.
Il primo tema è quello dei centri agroalimentari. Sono stato presidente del centro agroalimentare di Verona e posso testimoniare che il fenomeno descritto, che lei ha ben documentato per il centro di Fondi, ahimè, non riguarda solo Fondi, come lei sa bene. Infatti è un tema che, come ha ricordato il collega Fogliato, è arrivato anche al nord. Non voglio criminalizzare nessuno, ma è arrivato anche al nord, a Milano in primis.
La prima domanda, dunque, è se esistano un'azione generale, un confronto con le associazioni di categoria dei centri agroalimentari, una loro mappatura. Oggi, questi luoghi di vendita del prodotto hanno assunto dimensioni notevoli. I centri agroalimentari principali del Nord Italia fatturano dai 450 ai 650 milioni di


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euro; sono aziende ormai di un notevole peso.
Quindi - lo ha già domandato il collega Fogliato - in quale misura siamo in grado di garantire legalità anche all'estero? Tali centri vendono dal 45 al 52 per cento della propria merce ai mercati esteri e, quindi, ne possono nascere meccanismi sia in andata sia in ritorno che possono non tutelare il made in Italy.
La seconda domanda è se esista, sul piano almeno europeo, un'integrazione, un lavoro di sinergia, svolto in collaborazione con le direzioni investigative antimafia degli altri Paesi, oppure arrivati al confine ci fermiamo?
Una terza domanda è se potete fornirci qualche dato - a me è sfuggito, ma forse nel suo intervento ne ha accennato - sulla situazione dei terreni confiscati alla mafia e alla criminalità organizzata. Si tratta di un tema importante per il Partito Democratico, su cui ci siamo spesi. Associazioni di volontariato di giovani cattolici si sono spese in questi anni e voglio capire a che punto è il loro rapporto con voi.
Un'ultima osservazione - non per fare polemica, ma solamente per precisare - : l'idea per la quale il costo di filiera che intercorre tra il prodotto in campagna e il prodotto da scaffale sia dovuto alla criminalità organizzata non è sempre esatta. Vi posso citare esempi di province in cui la criminalità non esiste e la media è esattamente uguale.
Si tratta di un problema cui occorre mettere mano seriamente e di una situazione che non si può più accettare. Altrimenti corriamo il rischio di pensare che il problema sia solo della criminalità, mentre sappiano che i problemi sono ben altri. In alcune zone del Paese tale situazione esiste evidentemente, però potrei portarle esempi diversi.

NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Rivolgo un ringraziamento al generale Girone per la relazione coraggiosa che ha svolto, nonché per l'opera che anche in questi giorni si sta facendo notare sul territorio.
Proverò a «ubbidire» alle preoccupazioni del presidente ponendo domande dirette.
Signor presidente, il generale ha parlato di monitoraggio degli appalti, che è ovviamente una questione importante per capire che fine fanno i soldi e chi sono le società e le aziende che prendono tali appalti. In Calabria sono state introdotte da un po' di tempo le stazioni uniche appaltanti. Danno risultati concreti? Comprendo che in tal caso i committenti sono i comuni, però anche quello è un filone che va seguito con attenzione.
La seconda riflessione riguarda i mercati ortofrutticoli e i mediatori, ossia i centri di raccolta. Noi abbiamo lavorato moltissimo l'anno scorso sulla filiera bufalina e abbiamo rilevato una zona d'ombra rappresentata da questi centri di raccolta del latte. In questi veniva raccolto il latte, ma in effetti qui nasceva anche la speculazione sulla filiera, con l'aumento del prezzo. Inoltre, tali centri di raccolta sono in mano a pochissimi imprenditori, o forse «prenditori», che creano problemi per quanto riguarda il mercato della filiera bufalina.
Il terzo punto, che ho posto anche in altre audizioni, ma su cui lei, signor generale, potrebbe darci ulteriori e positivi elementi, visto che si tratta di uno dei compiti istituzionali della DIA, è l'osservazione delle operazioni finanziarie sospette.
L'osservazione di queste operazioni ha portato a identificare un mercato fondiario parallelo? Dobbiamo, infatti, rilevare che l'accesso al credito nel sud è particolarmente difficile e ciò potrebbe sicuramente indurre la nascita di un mercato fondiario parallelo che dà al mafioso o ai colletti bianchi della mafia e della 'ndrangheta la possibilità di acquistare terreni da parte di imprenditori agricoli in difficoltà.
Si pone, poi, il problema del settore eolico sollevato dalla collega dell'Italia dei Valori, un problema che nel Meridione desta alcuni sospetti.
Ancora, rispetto al fenomeno del caporalato, tema molto grave, sul quale noi del Partito Democratico abbiamo intrapreso


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anche un'azione legislativa, esiste proprio in contrapposizione, anzi in concorrenza, la creazione dei rapporti fittizi in agricoltura. Ebbene, questi rapporti sono gestiti dalla criminalità organizzata, in che misura e com'è possibile intervenire per tentare di affrontare e superare le difficoltà che comportano?
Concludo ponendo alcune domande sui beni confiscati. Esistono esempi positivi di agricoltura nata in tale ambito e che su di essi si sviluppa? Per quanto riguarda gli immobili, molto spesso i comuni non riescono a utilizzarli adeguatamente, se non interviene lo Stato a dare loro una mano. Sui beni confiscati sotto forme di proprietà terriere come sta andando? Ci sono esempi positivi?
La ringrazio soprattutto per il lavoro che svolgete nei territori più deboli e meno fortunati.

GIOVANNI DIMA. Ovviamente anch'io rivolgo un ringraziamento al generale Girone per la sua presenza e soprattutto per le notizie che ci ha voluto riferire. Oggi, infatti, abbiamo ricevuto, dopo questo nostro percorso intenso di audizioni, un'ulteriore conferma su molte questioni.
La ringrazio anche perché lei ha rafforzato con il suo intervento non solo la convinzione di tutti noi componenti di questa Commissione, ma anche e soprattutto ha sottolineato alcuni fenomeni, dando una conferma che le forze di polizia e i coordinamenti stanno funzionando. Mentre lei relazionava, infatti, io mi sono subito ricollegato alla recentissima audizione dei rappresentanti della Guardia di finanza, soprattutto rispetto ad alcuni segmenti del nostro ragionamento.
Vorrei svolgere, se il presidente me lo consente, alcune considerazioni di carattere generale e porre tre domande veloci.
Comincio con le considerazioni di carattere generale. Se è vero che noi dobbiamo studiare con efficacia e con determinazione il fenomeno in oggetto, dobbiamo anche uscire dai luoghi comuni e il collega Dal Moro mi aiuta in questa valutazione nel momento in cui parla, per esempio, di filiera.
Affermare che la filiera sia condizionata dai fenomeni mafiosi significa non riferire la verità o comunque riferirne solo una parte. È possibile anche che in alcuni territori la filiera venga condizionata da gruppi mafiosi, ma sappiamo benissimo che la filiera - a danno, da un lato, di chi produce, quindi del contadino e dell'agricoltore, e, dall'altro lato, di chi consuma - è spesso condizionata da gruppi che si possono facilmente ricondurre alla grande distribuzione e che sono organismi trasparenti, assolutamente legittimati e legalizzati. Se dovessimo alla fine esprimere un giudizio di carattere morale - sia sull'uno, sia sull'altro fenomeno, ossia quello di carattere mafioso - dovremmo osservare che entrambi comunque condizionano il mercato e l'economia di questo Paese, penalizzando moltissimo il produttore e il consumatore. Inviterei tutti noi ad approfittare di questo momento di confronto per cercare di definire il nostro percorso entro confini il più possibile veritieri.
La seconda considerazione è che il generale ha fornito uno spaccato reale soprattutto del centro-sud. Anche la triangolazione, soprattutto dell'ortofrutta siciliana che passa attraverso il mercato di Fondi e che, in alcuni casi, addirittura fa ritorno al luogo di origine, è un fenomeno che passa prevalentemente non attraverso l'organizzazione mafiosa, bensì attraverso organizzazioni apparentemente trasparenti, ma che in realtà hanno evidentemente finalità speculative.
Come vediamo, ancora una volta esiste un unico comportamento realizzato, da un lato, da organizzazioni di carattere mafioso e, dall'altro, da organizzazioni a carattere trasparente e assolutamente abilitate a svolgere questa funzione.
A proposito di Fondi, vorrei porre una domanda. Fondi molto spesso è il luogo dove vengono smerciate produzioni di origine non italiana. Spesso la Spagna, attraverso produzioni che non sono nemmeno spagnole, ma nordafricane - in modo particolare il fenomeno è legato all'agrumicoltura - veicola su Fondi produzioni - soprattutto agrumi freschi - che poi vi vengono spacciate per produzioni italiane,


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e in particolare siciliane e calabresi. Spesso accade, dunque, che Fondi sia il centro della triangolazione con Paesi europei.
La prima domanda che le pongo è se come coordinamento interforze di carattere europeo avete monitorato anche questo fenomeno. Al di là del fatto che ci sia dietro la mano di carattere criminale o mafioso, comunque questo problema esiste, è alquanto diffuso e ha visto sviluppare il centro di questo ragionamento proprio a Fondi.
Avendo svolto queste considerazioni, mi viene da osservare, a proposito della stazione unica appaltante richiamata dal collega Oliverio, che non tutti gli enti locali vi hanno aderito. Bisogna aderire alla stazione unica appaltante, stipulare anche una convenzione, favorire l'interlocuzione tra questo organismo e gli enti.
A quanto mi risulta, per esempio, in Calabria il fenomeno - in termini di adesione da parte dei comuni o delle province, ma soprattutto dei comuni (ve ne sono 409) - è assai limitato. Bisognerebbe diffondere questa modalità operativa.
Infine, vi chiedo se non riteniate opportuno suggerire a questa Commissione alcune proposte di natura legislativa.

PRESIDENTE. Non è facile aggiungere altre sollecitazioni, anche perché tutti mi avete sottratto anche alcune domande. Porrei, comunque, al generale due questioni.
Innanzitutto, vorrei domandare se avete elementi sul tema riferito sia dal collega Fogliato, sia dal collega Oliverio, della difficoltà delle aziende agricole sul piano finanziario nel trovare condizioni di credito, e se questo sia uno degli elementi attraverso il quale le organizzazioni criminali di fatto acquisiscono aziende che poi diventano strategiche nelle filiere della distribuzione agroalimentare.
A questo proposito, un'altra vicenda è stata già riferita, ma la puntualizzerei in questi termini: avete elementi e rapporti riferiti specificamente ad aziende che servono la grande distribuzione? Ci sono stati passaggi di proprietà, avete attività in corso da questo punto di vista, ci sono iniziative anche vostre?
Rispetto alla mozzarella di bufala, una realtà che vale più o meno 300 milioni di euro, quali sono le sensibilità che avete percepito e quali le criticità?
Al di là della vicenda riferita dal collega Oliverio, nella filiera ci sono gli allevatori, i trasformatori e c'è la figura anomala degli intermediari raccoglitori. Anche in questo settore avete registrato negli ultimi tempi passaggi di mano, passaggi di proprietà, operazioni sospette sul fronte sia degli allevatori, sia dei trasformatori?
Do la parola al generale Girone per la replica.

ANTONIO GIRONE, Direttore della Direzione investigativa antimafia. Grazie, presidente. Spero di essere il più possibile esauriente sui numerosi quesiti che mi sono stati posti.

PRESIDENTE. È inutile ricordarle, generale, che, laddove si presentasse la necessità di approfondimenti su questioni specifiche, ovviamente potete inviarci, se lo ritenete opportuno, un'ulteriore memoria di approfondimento.

ANTONIO GIRONE, Direttore della Direzione investigativa antimafia. Penso di potervi fornire in linea generale risposte il più possibile esaurienti. Tuttavia mi riservo, oltre a consegnare la documentazione che ho portato, di approfondire alcuni quesiti - come quello sulla mozzarella di bufala - sui quali vi posso fornire dati di fatto.
La Direzione investigativa antimafia svolge un'azione, dal punto di vista analitico, di raccordo di tutte le attività nel settore della criminalità organizzata. La Direzione interviene nel momento in cui il filone vede una chiara incidenza di fenomeni della criminalità organizzata, che porta a intraprendere indagini di ampio respiro.
In questo momento, non sono in condizioni di avere, per esempio, dati statistici che possano entrare nel dettaglio degli aspetti collaterali delle vostre domande,


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ossia se ci siano cinque o dieci casi conclamati. Lo possiamo soltanto riscontrare con dati di fatto relativi a procedimenti definiti o, al limite, anche in corso perché potremmo parlarne in generale, senza incorrere in problemi di violazione del segreto istruttorio. In tal senso, noi cerchiamo di attingere - poi faremo mente locale su questo aspetto specifico - agli elementi che invieremo a integrazione della mia audizione.
L'onorevole Delfino si è soffermato sul problema degli attuali strumenti normativi per il contrasto del fenomeno della criminalità organizzata nel campo agroalimentare. È stato chiesto se esistano limitazioni al riguardo, se una Direzione nazionale di sicurezza agroalimentare interforze possa avere una sua significatività e quali reazioni di fatto riusciamo ad avere da parte sia del cittadino, sia del produttore, oltre che degli organismi preposti specificamente a monitorare il fenomeno.
Per quanto riguarda l'attività interistituzionale, si può fare sempre di più, però, in linea generale, gli organismi deputati a questo settore - cioè i carabinieri, che hanno un proprio specifico comando deputato al contrasto della criminalità nel settore agroalimentare, i carabinieri della sanità, che toccano anche il settore agroalimentare e, in paritetica posizione, la Guardia di finanza - mi risulta che, per l'attività di contrasto alla criminalità che potremmo definire ordinaria, già svolgano d'intesa con noi un'attività di analisi dei fenomeni in generale, di coordinamento e anche, in un dato senso, non di differenziazione di competenze perché hanno competenza generale entrambi, ma di specializzazione settoriale - proprio per ottimizzare la loro azione.
Dal punto di vista informatico prima non mi sono soffermato sul tema, ma vi riferisco l'esistenza di un problema di carattere tecnico che stiamo cercando di superare e che riguarda la banca dati delle forze di polizia. Prima ho parlato di reati spia e reati scopo. Essi vengono inseriti per tutte le fattispecie di reato, ma l'ideale sarebbe definirli come indicatori per il fenomeno della criminalità organizzata nel settore agroalimentare, della contraffazione, delle estorsioni e via dicendo.
Di fatto, i miei tecnici riescono a svolgere un'estrapolazione di questo tipo, però tecnicamente noi abbiamo già segnalato la necessità di ottimizzare il sistema. Non sarei d'accordo nel creare un'altra piattaforma informatica. Noi siamo dotati di un sistema di piattaforme informatiche che spesso vengono normativamente determinate, ma sono poi difficilmente realizzate, anche per problemi attuativi, e che spesso presentano difficoltà di interazione.
Lo schema attualmente esistente, che fa capo allo SDI (Sistema di indagine) del Ministero dell'interno, potrebbe, se specificamente ottimizzato, già dare i risultati a cui si faceva riferimento.
Della Direzione nazionale di sicurezza agroalimentare interforze, onestamente, è la prima volta che sento parlare. Può essere oggetto di riflessione e indubbiamente potrebbe, per chi l'ha proposta, purché strutturata in maniera efficientistica, costituire un organismo che possa sovrintendere a questo settore, il quale è molto più vasto, per esempio, del settore della contraffazione, dove invece - poi mi soffermerò in merito - l'ultima normativa è diventata più cogente. Per rispondere in maniera finale, potremmo fare riferimento a essa in termini propositivi e normativi.
In merito alle reazioni sul territorio, noi raccogliamo le reazioni dei poveri agricoltori, che si trovano spesso nella condizione di subire l'imposizione. La Coldiretti, nelle sue diverse configurazioni, avverte il sistema, spesso per conoscenza diretta di chi ha avuto occasione di interagire con noi, ma si trova a essere in possesso di armi spuntate.
Che cosa accade? Il problema di base è il momento dell'intervento. Infatti, non dobbiamo pensare di arrivare sempre e necessariamente alla fase repressiva. Dovremmo prevedere un momento di prevenzione e di regolarizzazione del mercato che evitasse - per esempio, con normative interne e con un organismo a livello nazionale che con visione onnicomprensiva


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potrebbe dedicarsi alla realizzazione di ciò - di intervenire quando il sistema inizia ad evidenziare una patologia. Dovremmo agire in maniera tale che l'organismo sia tendenzialmente sano.
Tocchiamo anticipatamente un argomento che è stato giustamente evidenziato. Io mi sono permesso comunque di sottolineare che non sempre nella filiera esiste l'inserimento della criminalità organizzata. Spesso, ho detto, esiste un monopolio de facto da parte di elementi della catena di distribuzione, che impongono al mercato determinati livelli di prezzo. Concordo, pertanto, sul punto: non è detto che a Verona, come a Fondi, non ci possa essere la componente di questa lievitazione dei prezzi non solo specificamente riferibile all'infiltrazione della criminalità organizzata.
Noi abbiamo toccato questo settore, ma ho precisato che, senza parlare di livello patologico, esiste una situazione de facto assurda, relativa alla lievitazione dei prezzi di quattro o di cinque volte. È un fenomeno che - a mio avviso - dovremmo contrastare prima di giungere al fenomeno patologico con l'intervento giudiziario e delle forze di polizia sanandolo, per esempio, con una maggiore attività organizzativa. Questa potrebbe prevedere un vertice, come è stato evidenziato dall'onorevole Delfino, purché costituito con componenti, con finalità e con caratteristiche efficientistiche, che possa armonizzare tutte le tematiche ed evitare che si determinino disfunzioni.
Il fenomeno dello sfruttamento dei minori in questo settore, richiamato dall'onorevole Di Giuseppe, ci risulta presente, ma esso non assume, per quanto ci risulta, né a livello nazionale, né di immigrazione, entità rilevante. A noi risulta che in questo caso la criminalità organizzata non svolga una funzione significativa, perché ci sono alcune «regole» di mafia che vedono meno bene il concetto dello sfruttamento del bambino, però non possiamo escluderlo.
Per quanto riguarda l'onorevole Fogliato, che si riferiva alla problematica generale, effettivamente noi abbiamo riscontrato anche al nord alcune attività di infiltrazione della malavita, a partire dall'ortomercato di Milano. Adesso mi risulta che la situazione sia sufficientemente sotto controllo, anche per mia conoscenza diretta, dato che fino ad alcuni anni fa sono stato in Lombardia. Indubbiamente, però, non si può escludere tale fenomeno di infiltrazione.
Per quanto riguarda Fondi, non abbiamo voluto assolutamente farla assurgere a indice di criminalità, ma in realtà il fenomeno vi è apparso in tutte le sue manifestazioni virulente con dati di fatto.
Il problema accennato prima, della contraffazione dei marchi più noti e delle fotocopie di etichette, è un fenomeno che presenta una sua significatività. A Bruxelles esiste un organismo con una componente interforze, che, oltre a interessarsi della regolarità dell'erogazione dei fondi, è deputato ad operare in tal senso. Ritengo che la struttura possa essere dimensionata nello sviluppare la propria attività anche su tale settore.
Credo di aver indirettamente toccato l'argomento posto dall'onorevole Dal Moro che ha citato la sua esperienza veronese. Nella filiera esistono anche incidenze di monopolio di mercato che sono formalmente lecite e su cui bisognerebbe intervenire. Tuttavia, quale dovrebbe essere lo strumento? Forse una maggiore attività dell'Antitrust, oppure costituendo l'organismo cui si faceva riferimento. Per esprimermi sinceramente, però, non vorrei che venisse costituito un altro organismo che poi de facto non abbia le competenze adatte e non possa nella realtà incidere sul settore.
In merito ai terreni confiscati alla mafia, noi stessi ne abbiamo confiscati, come DIA. L'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sottratti alla criminalità organizzata avrebbe più dati da fornire. Noi abbiamo visto che diverse aziende agricole, in parte attribuite a Libera, hanno portato a risultati significativi. Sono stati realizzati prodotti che hanno valore di mercato, ma soprattutto sono state riconvertite aziende di conclamata proprietà di mafiosi. Una, appartenente


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alla famiglia Riina, è in Sicilia e un'altra, appartenente agli Arena, sull'Isola di Capo Rizzuto, dove mi risulta essere in corso un'attività, anche con remunerazione.
Tornando sull'argomento, la criminalità organizzata può esistere, ma i costi della filiera non sono esclusivamente determinati dal sovrapprezzo illecito della criminalità organizzata.
La stazione unica appaltante, rispondo alla domanda dell'onorevole Oliverio, ha avuto un esito molto positivo in Calabria, soprattutto a Reggio Calabria, e il prefetto Musolino sta ora cercando di applicarla anche a Genova. Effettivamente, si è riusciti a ottenere alcuni risultati.
Che cosa comporta, però, la stazione appaltante? In linea teorica, almeno nella fase prodromica, essa comporta alcuni rallentamenti delle procedure, perché i controlli, sia antecedenti, sia successivi, con accesso ai cantieri, possono portare a rallentamenti. Ben vengano, però, se riusciamo a contrastare o almeno a contenere il fenomeno.
Per quanto attiene alla filiera bufalina, è uno degli argomenti sui quali mi riserverei di dare risposta in seguito. Siamo a conoscenza di questi centri di raccolta del latte, ma non sappiamo quanto di conclamato ci sia dal punto di vista giudiziario.
Ci sono operazioni finanziarie sospette che vedono infiltrazioni della criminalità organizzata e azioni di riciclaggio in tutti i settori, compreso quello agroalimentare.
Per quanto attiene al caporalato e al lavoro nero, la prima attività sinergica a livello provinciale deve essere svolta in primis dagli ispettorati del lavoro e dagli organi a ciò deputati, magari con un'attività di osmosi informativa, che però mi risulta avvenga a livello di prefetture.
Per i sequestri, forse, le aziende agricole sono quelle più facilmente gestibili. Non conosco esperienze del settore secondario gestite con risultati positivi e temo che ne sia difficile la gestione perché nel momento in cui si costituisce un'impresa, non avendo problemi di finanziamento - perché ci si autofinanzia e non si ricorre quindi alle banche - e magari operando in nero, non si trova alcun amministratore delegato che sarà in condizioni di portare avanti l'impresa.
Personalmente, sono sulla linea di chi sostiene che si potrebbe arrivare più a una liquidazione della società che non a una gestione. Al riguardo, gli esempi positivi sono molto pochi. Abbiamo in corso una sperimentazione con l'associazione industriale a livello provinciale e abbiamo firmato un protocollo già un anno fa, ma non ho riscontri per poter dare notizie al riguardo. È passato troppo poco tempo.
La collaborazione tra le forze di polizia, sia a livello generale, sia a livello periferico, esiste. Una questione importante è che gli organi deputati ad alcune forme di controllo in cui emergono indicatori sensibili, per esempio gli ispettorati provinciali del lavoro e gli organi provinciali dell'INPS, possono e debbono dare maggiore supporto attraverso un coordinamento che dovrebbe avvenire a livello provinciale. Dipende dalla sensibilità dei funzionari e degli stessi prefetti.
In merito a proposte di natura legislativa, ritengo che vi siano alcune fattispecie di reato non ben definite e anche procedure di competenza giudiziaria che potrebbero essere approfondite. Un modello potrebbe essere la legge n. 99 del 2009, che ho già citato.
Nel settore della contraffazione esiste la figura dell'agente sotto copertura, nonché il passaggio di competenza alle procure distrettuali. Tutte potenzialità ulteriori che configurano una maggiore serietà nel campo del perseguimento della criminalità organizzata, anche laddove non si configurassero le tradizionali organizzazioni mafiose come le intendiamo noi.
Ritengo, signor presidente, di aver fornito indirettamente tutte le risposte e le confermo che in due operazioni di servizio recenti la DIA ha operato proprio in Calabria. Gli unici due grandi casi si


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riferiscono a infiltrazioni nella grande distribuzione nei termini cui lei ha fatto riferimento.

PRESIDENTE. Ringrazio il generale di divisione, Antonio Girone, per la puntualità della relazione, per gli spunti straordinariamente utili per la nostra riflessione che ha voluto offrirci e per la documentazione che ci ha consegnato, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato). Ringrazio anche il capo di Gabinetto, Francesco Bonfiglio, che lo ha accompagnato.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,20.

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