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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione XIII
22.
Giovedì 14 luglio 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Russo Paolo, Presidente ... 2

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA SITUAZIONE DEL SISTEMA AGROALIMENTARE, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO AI FENOMENI DI ILLEGALITÀ CHE INCIDONO SUL SUO FUNZIONAMENTO E SUL SUO SVILUPPO

Audizione dei rappresentanti della Conferenza delle regioni e delle province autonome:

Russo Paolo, Presidente ... 2 6 7 9
Delfino Teresio (UdCpTP) ... 6
Stefano Dario, Assessore alle risorse agroalimentari della regione Puglia e coordinatore della commissione politiche agricole della Conferenza delle regioni e delle province autonome ... 2 7
Zucchi Angelo (PD) ... 6

ALLEGATO: Documentazione consegnata dai rappresentanti della Conferenza delle regioni e delle province autonome ... 10
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Italia dei Valori: IdV; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A.

[Avanti]
COMMISSIONE XIII
AGRICOLTURA

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di giovedì 14 luglio 2011


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PAOLO RUSSO

La seduta comincia alle 14,10.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'impianto audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione dei rappresentanti della Conferenza delle regioni e delle province autonome.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla situazione del sistema agroalimentare, con particolare riferimento ai fenomeni di illegalità che incidono sul suo funzionamento e sul suo sviluppo, l'audizione dei rappresentanti della Conferenza delle regioni e delle province autonome.
Sono presenti il dottor Dario Stefano, assessore alle risorse agroalimentari della regione Puglia e coordinatore della commissione politiche agricole della Conferenza delle regioni e delle province autonome, il dottor Paolo Alessandrini, dirigente responsabile dei rapporti con il Parlamento, il dottor Alessandro Palmacci, dirigente referente per la materia agricoltura e il dottor Stefano Mirabelli, capo ufficio stampa della Conferenza delle regioni e delle province autonome, che ringrazio per essere intervenuti.
Ringrazio i nostri graditi ospiti per aver prontamente accolto il nostro invito e do la parola all'assessore Stefano, al cui intervento faranno seguito eventuali domande dei colleghi.

DARIO STEFANO, Assessore alle risorse agroalimentari della regione Puglia e coordinatore della commissione politiche agricole della Conferenza delle regioni e delle province autonome. Grazie, presidente e grazie a voi onorevoli commissari per l'opportunità di interlocuzione che ci concedete su un tema tanto rilevante per il mondo agricolo, quale quello dell'illegalità, che incide in maniera significativa sul funzionamento e sullo sviluppo del sistema agroalimentare.
Da questo punto di vista, come è nostra consuetudine, vi presentiamo una posizione condivisa prima in senso tecnico e poi in senso politico da tutto il tavolo delle regioni e delle province autonome italiane, sintetizzata in un documento che, con il permesso del presidente, lasceremo agli atti e che sarà nella disponibilità di tutti i commissari.
Il documento reca l'analisi dei principali fenomeni di illegalità, che sono sostanzialmente di due tipologie, quella della contraffazione ed elusione delle norme, certamente nazionali, ma soprattutto comunitarie, che regolano il mercato e quella che appartiene a un'altra grande sfera, il lavoro irregolare.
Rispetto al primo tema della contraffazione e dell'elusione delle norme, evidenzio che nel 2008 nell'Unione europea sono stati accertati 50 mila casi, con 179 milioni di prodotti sequestrati. Negli ultimi dieci anni il trend dei casi accertati è


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aumentato in termini assolutamente esponenziali, del 950 per cento.
Da questo punto di vista evidentemente il trend è coerente anche con una leadership europea dei prodotti di qualità certificati dall'Italia, avendo oltre 200 attestazioni che riguardano circa 75 mila imprese agricole e 5.800 imprese di trasformazione, per un valore a consumo di oltre 9 miliardi di euro.
È evidente, quindi, che il tema della contraffazione ha impatto soprattutto sul sistema europeo, dove vi è una forte frammentazione produttiva del sistema Italia, che rappresenta un dato strutturale fortemente limitante nella competizione sui mercati esteri. Parliamo di un sistema che interfaccia l'estero composto da almeno 57 mila imprese agroalimentari, con un numero di addetti che supera le 425 mila unità. Mi riferisco a una fonte ISTAT del giugno del 2011, con dati riferiti al 2009.
I principali fenomeni rilevati, con riferimento alla contraffazione, sono quelli della produzione e della commercializzazione di alimenti che recano illecitamente un marchio identico a un marchio registrato. Nel caso dell'Italia, si tratta dell'Italian sounding, ossia dell'utilizzo di nomi o immagini che richiamano il nome del nostro Paese. Altri fenomeni riguardano i prodotti sofisticati, le falsificazioni, l'ingannevole utilizzo dell'origine geografica e la contraffazione delle date di scadenza, ulteriore aspetto di questo fenomeno particolarmente significativo.
I prodotti italiani e quelli di target elevato a forte valore aggiunto sono frequentemente soggetti alla contraffazione, in quanto consentono agli imitatori livelli di prezzo e margini di utili superiori, grazie allo sfruttamento del cosiddetto «effetto scia». I prodotti italiani generano appeal sul mercato e sono particolarmente predisposti a tale fenomeno. Questa, che per noi è una grande potenzialità, nella fattispecie si trasforma in una grande esposizione al tema della contraffazione e dell'illegalità.
L'OCSE ha stimato che la contraffazione vale circa il 10 per cento degli scambi mondiali. Vi è motivo di ritenere che, se si dovesse riportare questo parametro a livello nazionale, il significato per l'economia agricola sarebbe di molto superiore al 10 per cento in Italia.
La Commissione europea, a livello di Agenzie delle dogane, ci conferma che nel 2008 sono stati 50 mila i casi accertati e 179 milioni, come ho accennato prima, i prodotti sequestrati. Il 27 per cento dei prodotti contraffatti proviene dal bacino del Mediterraneo ed è destinato a essere commercializzato in Europa, Stati Uniti, Africa ed est europeo. Il 73 per cento proviene, invece, dai Paesi del sud-est asiatico, la cui destinazione è così ripartita: il 60 per cento va verso l'Unione europea e il rimanente 40 per cento ai mercati extracomunitari.
Le contraffazioni del prodotto italiano sul mercato USA coprono il 70 per cento dei prodotti alimentari italiani correttamente importati in quel Paese, che esprimono un valore di circa 1,2 miliardi di dollari.
Per quanto riguarda le produzioni agroalimentari italiane, risulta comunque difficile fornire una stima attendibile del dato economico.
A questo proposito, possono essere indicativi i seguenti casi, verificatisi nel 2010, che voglio citare a titolo esemplificativo: il sequestro di falso pomodoro San Marzano effettuato dall'Agenzia delle dogane, dal nucleo antisofisticazioni (NAS) dell'Arma dei carabinieri, dall'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF) e dalla Guardia di finanza nel porto di Napoli, per circa 500 mila barattoli di pomodoro; il sequestro, in Puglia, di circa 13 mila litri di olio sofisticato; il sequestro, in Lombardia, di circa 100 quintali di false mozzarelle prodotte con materie vietate; il sequestro di ingenti quantità di bottiglie di vino recanti false etichette di tipo Amarone e Valpolicella; il sequestro, da parte della Guardia di finanza e della dogana di Ancona, di tre rimorchi, per 63 tonnellate di pasta, sbarcati da un traghetto greco e diretti al nord Italia, contenenti confezioni con la falsa scritta made in Italy.


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Sono solo esempi, che però evidenziano alcune principali problematiche. Alcuni Paesi extra-UE, come gli USA, non riconoscono validità al sistema delle produzioni alimentari certificate come le DOP e gli IGP, perché non tutelerebbe i diritti dei trademark preesistenti e sarebbe discriminatorio nei confronti dei Paesi terzi, rendendo difficile per loro l'accesso al sistema di protezione europeo.
Come ulteriore problematica vi è la necessità di un'incisiva azione politica per l'istituzione di un sistema di riconoscimento delle indicazioni geografiche a livello internazionale.
Quali sono i principali settori interessati per l'Italia? Sono certamente il lattiero-caseario, l'avicolo, le carni, l'ortofrutticolo e l'oleario, i settori che particolarmente esprimono la nostra identità produttiva agricola e agroalimentare.
Nel centro-sud d'Italia, più specificatamente, ci sono fenomeni spesso connessi alla criminalità organizzata anche al fine del riciclaggio del denaro di provenienza illecita. Nel centro-nord, invece, vi è una più specifica individuazione di fenomeni di truffe e di illegalità non strettamente connesse alla criminalità, come l'elusione delle norme comunitarie attraverso le cosiddette «quote latte».
In base alle ultime inchieste giudiziarie delle direzioni distrettuali antimafia del nord Italia, si evidenzia che la 'ndrangheta gestisce i mercati della grande distribuzione organizzata, con possibilità di riciclaggio di ingente quantità di denaro di provenienza illecita.
Quali sono gli interventi in corso, sui quali si è concentrata la nostra attenzione? Innanzitutto, vi è la proposta di regolamento sui regimi di qualità dei prodotti agricoli volta a conferire coerenza e chiarezza ai regimi dell'Unione europea. Gli aspetti positivi sono la fusione in un unico testo della disciplina dei sistemi di certificazione di qualità esistente e la riduzione dei tempi da 12 a 6 mesi per l'esame della domanda di registrazione dei prodotti.
Un altro aspetto positivo è quello dell'introduzione della protezione ex officio, che riconosce agli Stati membri l'obbligo di porre in essere adeguate azioni amministrative e giuridiche al fine di prevenire o fermare l'uso improprio delle indicazioni DOP e IGP, per aumentare la protezione del sistema.
Le criticità, invece, a nostro modesto avviso, sono da individuarsi soprattutto nella modifica delle definizioni di DOP e IGP, che potrebbe consentire il venir meno del legame storico con il territorio, il quale rappresenta, invece, un requisito fondamentale per questi prodotti.
I nostri suggerimenti sono sostanzialmente mirati a un sostegno, a livello europeo, della recente legge 3 febbraio 2011, n. 4, sulla tracciabilità agroalimentare, per soddisfare le esigenze anche in termini di sicurezza alimentare; l'obbligatorietà dell'indicazione del luogo di origine o del luogo di provenienza nell'etichettatura di tali prodotti, in conformità alla normativa dell'Unione europea; l'obbligatorietà dell'indicazione, se utilizzati, degli ingredienti in cui vi sia una presenza di organismi geneticamente modificati, in qualunque fase della catena alimentare, dal luogo di produzione iniziale fino a quello del consumo finale; il rafforzamento dei controlli nei principali settori produttivi del made in Italy, vale a dire formaggi, vino, olio, salumi e altro, volti alla verifica del rispetto dei requisiti di sicurezza alimentare e di qualità; l'intensificazione del coordinamento tra le amministrazioni competenti, al fine di ottimizzare la pianificazione e la programmazione delle attività di ricerca dei contaminanti nei prodotti alimentari, coniugandola con il monitoraggio in campo ambientale, al fine di effettuare un'analisi comparativa dei relativi risultati, onde individuare le possibili interrelazioni.
Un altro suggerimento è quello della realizzazione di un unico sistema integrato di reti di controllo, in modo da consentire la condivisione delle informazioni e sostenere adeguatamente le politiche di settore. Ciò ci consentirebbe anche di associare alla parola controlli un aggettivo, «intelligenti», e far sì che lo scambio di informazioni non finisca per alimentare un


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fenomeno, spesso significativo, come quello di un accanimento dei controlli sul censito e, quindi, sul legale.
Infine, si propone un miglioramento del sistema di scambio di informazioni per il commercio intracomunitario dei prodotti agroalimentari.
Per quanto riguarda, invece, l'altro grande tema, ovvero quello del lavoro nero e irregolare, vi è una significativa presenza di fasi del ciclo produttivo, come la raccolta, fortemente legate a un apporto aggiuntivo di forza lavoro e a un ricorso ampio a un numero significativo di lavoratori immigrati, in molti casi neocomunitari, in forma assolutamente stagionale.
In merito a tale tema, abbiamo provato a focalizzare la dinamica sulle due grandi aree del Paese e abbiamo verificato che nel centro-nord d'Italia vi è un'ampia diffusione di attività lavorative di tipo accessorio retribuite attraverso appositi voucher. In questo senso, il Veneto è la prima regione d'Italia per numero di voucher emessi, che rappresentano il 20 per cento del totale italiano, di cui la metà riguarda il settore agricolo.
Un altro elemento che caratterizza il nord Italia è l'assunzione dei lavoratori stranieri, sia comunitari, sia extracomunitari, con un contratto a tempo determinato a carattere esclusivamente stagionale.
Infine, vi sono significative dinamiche di professionalizzazione e specializzazione accompagnate da processi di ristrutturazione e di accorpamento delle aziende.
Nel centro-sud, invece, rileviamo una spiccata incidenza dei lavoratori immigrati con una specializzazione del lavoro agricolo per nazionalità, come pure l'utilizzo da parte della criminalità organizzata della manodopera straniera a basso costo per compiere reati predatori, alimentare il fenomeno del lavoro nero, del caporalato e dello sfruttamento. Infine, si registra una mancata diffusione dei voucher pur in presenza di rilevanti attività agricole, soprattutto in termini di raccolta.
Vorrei ora aprire una piccolissima parentesi rispetto al tema dei principali fenomeni della criminalità organizzata. Da questo punto di vista noi evidenziamo la gestione del business dei centri AIMA, con conferimenti di frutta, burro e derivati del latte, l'imposizione dell'acquisto di prodotti di aziende mafiose a dettaglianti o ad aziende del territorio, l'induzione al fallimento delle aziende agricole produttrici di beni per la successiva acquisizione di tali aziende da parte della criminalità organizzata, l'acquisizione di terreni agricoli quali modalità di controllo del territorio e del settore agricolo.
In questo senso voglio evidenziare un tema diffuso soprattutto in alcune aree del sud, rispetto al quale le procedure particolarmente violente dell'Equitalia si abbattono, favorendo questa esposizione all'acquisizione di terreni da parte di soggetti con capitali di provenienza non tracciata.
Infine, vi è la gestione del business dei trasporti dei prodotti agroalimentari e delle forniture di materiale da condizionamento e della fornitura di concimi e antiparassitari.
Quali sono le attività di contrasto in capo alle regioni realizzabili principalmente attraverso il controllo delle iscrizioni all'INPS e le verifiche nelle aziende? Da questo punto di vista alcune regioni, attraverso le politiche attive del lavoro, hanno indirettamente contribuito a ridurre i fenomeni.
A tal riguardo, in anni più recenti si è sviluppata anche una normativa regionale, riassunta in uno schema che abbiamo voluto inserire nel documento, che riguarda, per esempio, la regione Puglia, la quale ha prodotto una disciplina in materia di contrasto del lavoro non regolare piuttosto innovativa, che è stata anche premiata in ambito europeo.
La regione Lazio ha prodotto una legislazione sulle disposizioni dirette alla tutela del lavoro e al contrasto e all'emersione del lavoro non regolare. La Liguria ha emanato norme regionali per la sicurezza e la qualità del lavoro. Altre regioni, come il Friuli-Venezia Giulia, l'Emilia-Romagna, la Lombardia, il Piemonte, il Veneto e la Toscana, hanno immaginato di dover operare anche in senso normativo per dare un contributo al contrasto del


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lavoro non regolare e alla diffusione dell'illegalità nella gestione dei rapporti di lavoro.
Quali suggerimenti ci sentiamo di sottolineare? Sostanzialmente, quello della condivisione dei dati tra pubbliche amministrazioni, istituendo un flusso di informazioni bidirezionale tra INPS e organismi pagatori.
Da quanto ci risulta, infatti, se si incrociassero le informazioni sul lavoro dipendente delle aziende agricole in possesso dell'INPS e i dati produttivi delle aziende dal punto di vista dell'utilizzo dei terreni e delle forme di allevamento in possesso degli organismi pagatori, un tale tipo di interscambio, a nostro avviso, permetterebbe all'INPS di effettuare verifiche incrociate sulla congruità delle dichiarazioni di propria competenza e, di contro, ai soggetti che gestiscono i fascicoli aziendali di avere un dato certificato relativamente alla forza lavoro impegnata in azienda ed effettivamente censita e certificata.
Mi fermerei, per il momento, dando la mia disponibilità per eventuali integrazioni.

PRESIDENTE. I colleghi sanno che noi siamo costretti a separare le tre audizioni previste nella giornata odierna. Se ci sono questioni specifiche relative alla posizione delle regioni ora illustrata, è utile che vengano sollevate in questa fase.
Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

ANGELO ZUCCHI. Vorrei ringraziare naturalmente l'assessore Stefano per la sua presenza sempre puntuale, e volevo solo porre due domande sulla questione che riguarda il lavoro nero in agricoltura.
L'assessore ci ha ricordato che la diffusione dei voucher applicati per il lavoro stagionale in tutta Italia ha visto una presenza massiccia nelle regioni del nord del Paese, in modo particolare nel Veneto e nella Lombardia, e una scarsissima efficacia e uno scarsissimo utilizzo nelle regioni meridionali del Paese.
Volevo chiedere, dal punto di vista delle regioni, se tale problematica è stata affrontata, e quali sono le ragioni che in modo tanto evidente determinano un sottoutilizzo di uno strumento che sicuramente, per la sua diffusione e per la sua applicazione più recente può anche essere, da un punto di vista sindacale, discutibile, ma che indubbiamente può rappresentare uno strumento per tentare di far emergere il lavoro nero in parti consistenti del settore agricolo. Volevo sapere se le regioni sono pervenute ad una risposta a tale quesito.
Passo alla seconda domanda che volevo porre. Lei ha fatto riferimento a procedure che ha definito «violente» dell'Equitalia, le quali rischiano di favorire un fallimento delle aziende agricole e, quindi, una vendita dei terreni e dei patrimoni delle stesse alla criminalità organizzata. Anche su questo tema vorrei sapere se vi è una quantificazione del fenomeno, se è un discorso che è stato approfondito, sia nelle sue dimensioni, sia nei suoi aspetti più particolari.

TERESIO DELFINO. Mi associo anch'io al ringraziamento all'assessore alle risorse agroalimentari della regione Puglia e coordinatore della commissione politiche agricole della Conferenza delle regioni e delle province autonome e vorrei svolgere una considerazione.
Ieri abbiamo ascoltato un'interessante audizione del professor Gian Maria Fara, presidente dell'Eurispes, il quale ci ha riferito che tutti i fenomeni di imitazioni e falsificazioni, l'agropirateria di diverso genere che esiste rispetto ai prodotti italiani, partono direttamente dal nostro Paese.
Leggendo la relazione ho avuto la conferma di un'opinione che mi sono formato al tempo in cui seguivo i lavori del provvedimento concernente il decreto legislativo sui vini, essendomi occupato per alcuni anni del settore, e, in particolare, su tutto il vino che viene importato o portato in provincia di Cuneo e poi non si sa come defluisca, sicuramente con alcuni riconoscimenti. Ho avuto una conferma di queste mie sensazioni dall'audizione del professor Fara.


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Poiché l'Italia registra un alto grado di evasione fiscale, di evasione contributiva, di contraffazione, il sistema della legalità dovrebbe avere nel controllo sociale sul territorio un elemento di risposta. Pongo solo questa domanda, che vale sia per il settore del made in Italy agroalimentare, sia per il lavoro nero.
Parlo di un'esperienza che ho avuto nella mia regione. Per esempio, sul lavoro nero, pur essendo passato un po' di tempo, in alcuni anni, anche attraverso la collaborazione attiva - non so se sia delazione o leale cooperazione dei cittadini - il fenomeno è stato circoscritto. Praticamente, nelle piane che hanno tale richiesta di manodopera stagionale evidente, ormai o, come affermava il collega Zucchi, tramite i voucher, o tramite altre modalità, il fenomeno è veramente ridotto.
Il sistema delle regioni e degli enti locali, che ha un grande rapporto nella gestione anche dei fondi comunitari, dovrebbe effettuare una moral suasion o trovare una spinta, un elemento che metta un conflitto di interessi rispetto a comportamenti illegali.
Ho visto che è citata anche in questa relazione, e non me ne vogliano i colleghi, la questione delle quote latte, che ha rappresentato e rappresenta un fattore rilevante di illegalità nel campo agroalimentare. Siamo davanti a una tolleranza anche legalizzata da parte del Parlamento italiano.
Al di là di questo tema, se noi non riusciamo a creare un nuovo tipo di partecipazione, anche la vicenda della questione di Equitalia, che proprio per le quote latte viene esentata dall'escussione delle multe, sembra andare più incontro a un fenomeno di strisciante e dilagante illegalità, che non a una coscienza e a un modo di operare che dovrebbe premiare gli atteggiamenti virtuosi delle imprese.
La mia domanda è rispetto a questo controllo, che io chiamo un controllo sociale - il solo controllo legale effettuato dagli organi preposti non è sufficiente, se non c'è questa cooperazione istituzionale, ma anche sociale - come può pensare il coordinamento istituzionale delle regioni e degli enti locali di contribuire a questa coscienza nuova? Se non abbiamo buoni imprenditori, non avremo neanche buoni cittadini.

PRESIDENTE. Do la parola al dottor Stefano per la replica.

DARIO STEFANO, Assessore alle risorse agroalimentari della regione Puglia e coordinatore della commissione politiche agricole della Conferenza delle regioni e delle province autonome. Cercherò di essere molto sintetico, anche se quelli indicati sono temi di significato.
Perché pochi voucher al sud? È una riflessione che ci siamo posti, che certamente abbiamo approfondito e che richiama anche la necessità di rivedere quello strumento da un punto di vista della funzione, ma anche dell'applicazione.
È vero che il 20 per cento viene assorbito dal Veneto, ma è anche vero che anche nelle aree del Paese in cui c'è una maggiore diffusione lo strumento non è totalizzante rispetto al fenomeno dell'immigrazione.
È del tutto evidente che in alcune aree del Paese, e mi riferisco soprattutto al sud, dove esiste una struttura del comparto enormemente più frammentata e composta di piccole e piccolissime aziende, abbiamo maggiori difficoltà a far sì che strumenti come il voucher siano utilizzati dal piccolo imprenditore agricolo.
Da questo punto di vista, l'occasione è ghiotta per esprimere tutta la mia sorpresa in qualità di assessore regionale della Puglia che combatte una sua battaglia sul tema dell'aggregazione, ispirando anche provvedimenti che esprimono questa moral suasion per affermare che le risorse comunitarie vanno solo a chi ispira processi aggregativi. Leggendo, per esempio, i commenti di questi giorni al rapporto ISTAT, vedo che fanno trasparire quasi un guinness positivo della Puglia, la quale ha quasi 300 mila imprese agricole con una superficie media pro capite ancora inferiore ai 4 ettari.
Credo che dovremmo compiere tutti uno slancio, introducendo anche strumenti


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normativi che agevolino questo processo aggregativo, che residua anche da un lungo periodo di tempo nel quale - non me ne voglia il presidente, se mi prendo trenta secondi in più - l'agricoltura è stata vista in larghi tratti del Paese come un settore dal quale fuggire.
Oggi, l'agricoltura ci consegna un sistema nel quale molta parte delle superfici di produzione non sono più nelle mani di imprenditori agricoli, ma di possessori di terreni che fanno altro nella vita e che poi, per motivi affettivi, ereditari e contingenti, si ritrovano a dover gestire una vicenda agricola dalla quale riescono con difficoltà a tradurre reddito.
Per noi, lo strumento aggregativo diventa una condizione essenziale anche per recuperare potenzialità rispetto a una nuova Politica agricola comune, che ci chiederà una corposa struttura aggregata per poter aggredire tali risorse e, quindi, la differenziazione nella diversità di struttura del comparto.
Quanto incide l'Equitalia sul sistema? Secondo me, incide molto. Appartengo a una cultura che crede che la legalità si persegua anche chiedendo di pagare le contribuzioni, ma è del tutto evidente che noi abbiamo la necessità di accompagnare questa ristrutturazione del comparto per evitare che esploda socialmente.
Questo nel sud è un fenomeno vero. Ci sono molti pseudo-imprenditori agricoli che hanno vissuto - non me ne voglia nessuno - anche la cosiddetta «sanatoria De Castro» di alcuni anni fa a opera dell'INPS, che ha introdotto una formula di rateizzazione di un pregresso che la crisi intervenuta ha reso più difficile da adempiere.
Oggi, la situazione è caratterizzata da un sistema di piccole imprese particolarmente esposto su quel tema, al quale un pensiero va rivolto. Noi abbiamo provato a sollecitare questo tema sin dal novembre del 2009 in un documento di dieci priorità che abbiamo consegnato al Governo e che, secondo me, vale la pena di approfondire. Non guardo a una mera sanatoria, ma a un'azione di monitoraggio che fotografi esattamente qual è la situazione reale e che indichi una strada di intervento.
La procedura INPS, che nell'immediato iscrive in liquidazione l'azienda, è una procedura purtroppo particolarmente violenta, soprattutto sul tessuto piccolo.
Rispetto al tema della moral suasion sono assolutamente d'accordo. Nei piani di sviluppo rurale (PSR) c'è un'ispirazione di questo genere, però anche in questo caso io credo che noi viviamo un paradosso che è difficile immaginare di vivere, se non attraverso una politica di moral suasion di livello europeo.
Credo che il tema dell'illegalità sia molto ancorato alla tracciabilità. Finché noi non renderemo un quadro definito e certo del tema della tracciabilità, che non può che essere europeo, è difficile immaginare che in una dimensione sovranazionale ogni nazione istruisca per conto suo una norma sulla tracciabilità. Bisogna rendere coerente un territorio più ampio, nel quale evidentemente il sistema Italia ha tutto da guadagnare. Siamo una nazione che produce grandi quantità di prodotto agricolo e che, quindi, guarda alla dimensione dell'export in maniera più evidente rispetto ad altri. Siamo una nazione che è protagonista assoluta in senso quantitativo.
Credo che una vera moral suasion potrà essere interpretata quando regolamenteremo definitivamente il tema dell'etichettatura, quando saremo nelle condizioni di far emergere con evidenza il tema della tracciabilità. Da questo punto di vista, non riteniamo che i tempi dell'Europa siano compatibili con i tempi dell'economia, perché l'esposizione ai fenomeni indica chiaramente che perdita il sistema agroalimentare italiano subisce.
Alcune regioni - cito la mia, ma non per campanilismo - stanno provando anche ad autodisciplinarsi da questo punto di vista, inserendo l'esperienza dei marchi regionali sulla tracciabilità, per cercare di iscrivere procedure che possano tentare di far interpretare alle istituzioni regionali azioni di accompagnamento del sistema sul mercato, certificandone la provenienza


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e, quindi, la tracciabilità come unica arma per difendersi da un sistema che, nel momento in cui diventa confuso, evidentemente ingloba anche la tentazione di aziende agricole o agroalimentari italiane che, di fronte a un fenomeno diffuso, si vedono facilmente condizionate dalla più facile strada di includere all'interno dei loro processi produttivi e distributivi anche prodotti che provengono da altre parti e che vengono venduti come prodotti italiani.
Personalmente, credo che bisogna continuare a investire sul tema della tracciabilità, trasformando il buon proposito dell'intervento legislativo nazionale in un'azione di pressione fortissima sull'Unione europea perché lo renda un quadro comune e non solo una buona esperienza di legislazione nazionale.

PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dai rappresentanti della Conferenza delle regioni e delle province autonome (vedi allegato).
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 14,50.

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