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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione XIII
8.
Mercoledì 17 giugno 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Russo Paolo, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SUL FENOMENO DEI DANNI CAUSATI DALLA FAUNA SELVATICA ALLE PRODUZIONI AGRICOLE E ZOOTECNICHE

Audizione dei rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole Confagricoltura e CIA e delle organizzazioni cooperative agricole Agci-Agrital, Fedagri-Confcooperative, Legacoop-Agroalimentare e Unci-Ascat:

Russo Paolo, Presidente ... 3 6
Contri Rosanna, Responsabile dell'area territorio ed ambiente della CIA ... 3
Di Napoli Landolfo, Responsabile delle produzioni zootecniche della Confagricoltura ... 5
Paduano Fabio, Coordinatore nazionale agricolo dell'Unci-Ascat ... 6
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: (Misto-RRP).

COMMISSIONE XIII
AGRICOLTURA

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 17 giugno 2009


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PAOLO RUSSO

La seduta comincia alle 14,40.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione dei rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole Confagri-coltura e CIA e delle organizzazioni cooperative agricole Agci-Agrital, Fedagri-Confcooperative, Legacoop-Agroalimentare e Unci-Ascat.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul fenomeno dei danni causati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole e zootecniche che la Commissione ha deliberato nella seduta del 20 gennaio 2009, l'audizione dei rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole Confagricoltura e CIA e delle organizzazioni cooperative agricole Agci-Agrital, Fedagri-Confcooperative, Legacoop-Agroalimentare e Unci-Ascat.
Sono presenti, per la Confagricoltura, il dottor Landolfo Di Napoli, responsabile delle produzioni zootecniche; per la Confederazione italiana agricoltori (CIA) la dottoressa Rosanna Contri, responsabile dell'area territorio e ambiente; per l'Agci-Agrital il dottor Sandro Grande, componente aggiunto della Consulta agricola nazionale; per la Fedagri-Confcooperative il dottor Ugo Menesatti, responsabile del dipartimento economico normativo; per la Legacoop-Agroalimentare il dottor Giovanni Montanari, responsabile della legislazione e finanza dell'associazione; per l'Unci-Ascat il dottor Fabio Paduano, coordinatore nazionale agricolo.
Do la parola agli auditi per lo svolgimento degli interventi programmati, cui potranno fare seguito eventuali domande da parte dei colleghi della Commissione.

ROSANNA CONTRI, Responsabile dell'area territorio e ambiente della CIA. Signor presidente, tenuto conto del tempo a disposizione e della successiva audizione da svolgere, mi limiterò ad alcune brevi considerazioni sull'argomento.
Inizio dai danni ingenti e fuori dall'ordinario che ritengo siano davvero difficili da stimare. Nella nota che ci avete trasmesso in occasione dell'invito a questa indagine conoscitiva si fa cenno ad alcuni numeri, che sono circolati. Non sappiamo, francamente, se confermare quelle cifre, ma, comunque, si tratta di miliardi di euro. Si parla, quindi, di un problema serio.
In secondo luogo - non vorrei sembrare la «Biancaneve» di turno, ma ritengo che non sia superfluo puntualizzare quanto sto per dire - ci piacerebbe che si riuscisse anche ad incidere sulle cause che hanno portato all'attuale abnorme aumento delle specie selvatiche. In sostanza, sarebbe fondamentale soffermarsi a ragionare anche su questo aspetto, per intraprendere politiche che siano in grado di riequilibrare una situazione oggi fortemente sbilanciata.


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Dal momento che parliamo spesso di temi di forte rilevanza, quali l'aumento dell'urbanizzazione, la sottrazione al consumo del suolo agricolo, l'aumento dell'agricoltura intensiva, la diminuzione dei territori naturali - non si tratta, quindi, di bazzecole - bisognerebbe cercare di sviluppare questo ulteriore ragionamento quando ci si appresta a compiere un'analisi dei danni da fauna selvatica e si propone di riattivare politiche in grado di fornire qualche risposta a tali tipi di squilibrio.
In terzo luogo, vorrei puntualizzare che, quando parliamo di danni causati da specie cosiddette «problematiche», alludiamo spesso a specie la cui problematicità è ampiamente riconosciuta, ma che, allo stesso tempo, sono anche localizzate e ridotte. Il problema principale è rappresentato dagli ungulati e, tra questi, soprattutto dal cinghiale. Abbiamo regioni che testimoniano tutti i giorni questa realtà: Toscana, Emilia-Romagna, Liguria, Marche e Umbria (non vorrei offendere qualcuno trascurando altre zone, ma queste regioni sono in cima alle nostre preoccupazioni). In alcune aree si deve parlare addirittura di emergenza; lo dico perché la Confederazione italiana agricoltori non è abituata a usare termini altisonanti che poi rischiano di svuotarsi di significato quando si è di fronte a un'emergenza vera.
In molte regioni viviamo effettivamente un'emergenza economico-produttiva, oltre che ambientale. Ebbene, noi riteniamo che occorra una gestione delle specie cosiddette «problematiche», intendendo il termine «gestione» in senso lato; dunque, non ce la possiamo cavare soltanto con due soldi in più di risarcimento. Tale gestione riguarda la prevenzione dei danni nonché il controllo faunistico inteso nell'accezione che comprende anche l'attività straordinaria di contenimento numerico e il divieto di immissione nel territorio nazionale del cinghiale e di alcune altre specie.
Un concetto ampio di gestione, secondo noi, dovrebbe contemplare tutte queste varie fasi.
Vengo ad un quarto ordine di considerazioni. La CIA è favorevole a scindere molto chiaramente la questione dei danni causati dalla fauna selvatica e inselvatichita (alcuni distinguono i due casi, ritenendoli diversi) dalle questioni che riguardano l'attività venatoria. La dilatazione dei calendari di caccia, ad esempio, non rappresenta una soluzione. Siamo, dunque, favorevoli a scindere la questione sulla quale siamo oggi chiamati a fornire un'opinione e ad esprimere proposte, cioè l'indagine sui danni provocati dalla fauna selvatica, dalle questioni che riguardano la riforma della legge n. 157 del 1992 sulla caccia. Non dobbiamo fare confusione; non è il momento di costruirsi alibi e approfittare di una siffatta situazione per introdurre nella legge misure che non servono a risolvere il problema di questo tipo di danni.
In ultimo, la nostra confederazione è orientata a proporre a questa Commissione, a conclusione - credo entro il mese - dell'indagine conoscitiva cui oggi siamo stati chiamati, la presentazione di una proposta legislativa ad hoc sulla questione dei danni provocati dalla fauna selvatica, in modo da separare tale tema dalla discussione sulla riforma della legge n. 157 del 1992 e da comprendere, invece, in esso la riforma del sistema di risarcimento dei danni, le attività preventive di conservazione dell'ambiente nonché le azioni ordinarie e straordinarie tese al contenimento delle specie dannose.
Spero che apprezzerete il fatto che, come organizzazione agricola, non siamo venuti qui solo per richiamare la vostra attenzione sulla questione dei risarcimenti. Non lo abbiamo fatto non perché siamo dei signori, ma perché vogliamo collocare questo argomento in un contesto più ampio. Un provvedimento legislativo che utilmente affronti questi tre aspetti - riforma del sistema di risarcimento, attività preventive e interventi straordinari - ci sembrerebbe una risposta adeguata.
Naturalmente, in quanto organizzazione agricola che ha a cuore il reddito degli imprenditori agricoli, siamo attenti al tema del risarcimento dei danni. Al riguardo


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abbiamo anche diffuso un opuscolo di servizio sul nostro territorio, per poter fare il punto su tutta la questione. Riteniamo che servirebbe un risarcimento equo, in tempi certi e non soltanto un contributo riferibile al danno; che servirebbe un provvedimento per superare l'attuale disomogeneità, per semplificare le procedure, per introdurre criteri oggettivi per la stima dei danni, per istituire un fondo per risarcire le imprese agricole, anche ricorrendo a una parte delle tasse di concessione governativa (anche questo è un nodo che, in effetti, dovrà essere affrontato in maniera strutturata). Inoltre ci piacerebbe che in una proposta legislativa ad hoc fosse contemplata anche la definizione di attività preventive necessarie per la conservazione dell'ambiente, assieme alla possibilità, da parte delle regioni, di autorizzare - laddove necessario - piani di abbattimento, anche in collaborazione con i proprietari e con i conduttori dei fondi. Sottolineo che con l'espressione «laddove necessario» intendo riferirmi a quelle situazioni in cui appare evidente l'inefficacia del controllo selettivo.
Si dovrebbe prevedere, infine il divieto di immissione illegale sul territorio del cinghiale e di altre specie, ricorrendo, ad esempio, alla tracciabilità degli allevamenti di cinghiali, in modo che la destinazione degli animali sia sempre controllata.
In definitiva, ci possono essere idee diverse, utili e innovative, per poter affrontare in maniera un po' più completa questo argomento.

LANDOLFO DI NAPOLI, Responsabile delle produzioni zootecniche della Confagricoltura. Sarò brevissimo, anche perché penso di poter sottoscrivere al 99,9 per cento quanto esposto dalla collega della CIA. Anch'io ribadisco la necessità che si parli di prevenzione e non solo di danno: un conto è ristorare i danni; cosa ben più logica, invece, sarebbe prevenirli. Vorrei parlare, dunque, di prevenzione, considerando innanzitutto le diverse tipologie di animali interessate.
Come è stato evidenziato il danno può derivare sia gli animali selvatici, sia gli animali inselvatichiti. Penso, ad esempio, ai piccioni, che in alcune aree sono deleteri. Penso inoltre alle specie alloctone come la nutria, che stranamente rimane sempre al di fuori delle discussioni sugli animali selvatici; la nutria non è altro che il castorino scappato agli allevamenti. Questa specie sta causando notevoli danni e su di essa occorre cominciare a prestare particolare attenzione.
Vorrei sottolineare anche la necessità di considerare il fenomeno e la problematica separatamente dalla revisione della legge sulla caccia, poiché troppi e conflittuali sono gli interessi che con essa concorrono. Infatti, se continuiamo a parlare di prevenzione del danno all'interno della legge sulla caccia non verremo mai a capo di nulla, perché è giocoforza che i cacciatori - richiamati in campo da tale legge - abbiano interessi in conflitto con i nostri.
Sono cacciatore e, quindi, so bene che possono sussistere interessi conflittuali. Se si affida il controllo della popolazione di cinghiali ai cacciatori - soluzione che appare la più ovvia - a questi ultimi interessa che ci siano molti animali e non, viceversa, che i cinghiali siano abbattuti e riportati nei limiti di sostenibilità del territorio. Abbiamo, dunque, un effetto diametralmente opposto a quello cercato. Quindi dobbiamo parlare sia di danni sia di prevenzione al di fuori della legge sulla caccia e possibilmente non coinvolgendo, negli interventi mirati a contenere la fauna selvatica, soggetti che possono avere interessi conflittuali.
Nel momento in cui si va a parlare, poi, di ristoro del danno, penso che si debba prevedere un ristoro totale e non, come ora avviene, un'indennità percentuale. Spesso dimentichiamo che lo Stato italiano considera la selvaggina come un bene indisponibile dello Stato, salvo poi nascondersi dietro un dito e risarcire solo una parte del danno che questo bene causa.
Se la selvaggina è un bene indisponibile dello Stato, è lo Stato che deve ripagare il danno provocato da questo bene. Se il mio cane causa un danno, io sono tenuto a risarcirlo interamente. Lo stesso deve accadere con i danni provocati dalla selvaggina.


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Naturalmente, occorre distinguere tra selvaggina stanziale e migratoria. È necessario, poi, prevedere misure di prevenzione soprattutto per evitare l'abnorme aumento di alcune tipologie di selvaggina stanziale. Non alludo solo ai cinghiali. Infatti, in alcune aree, ultimamente, è apparso il daino e, in altre, sta apparendo il cervo. Non so se avete idea di che cosa possa fare un cervo spaventato se - come è successo a Pescia - entra in un vivaio: distrugge tutto, come il terremoto. Dunque, non ci sono solo i cinghiali, che rappresentano soltanto il problema più facile da vedere.
Dovrebbero essere autorizzati piani straordinari di contenimento mirato di questi animali. Esiste un istituto, l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), che è in grado di monitorare la selvaggina e di calcolare la capacità del territorio di sostenere il carico dei diversi animali, con appositi indici per ettaro. Ripeto che non ci si deve limitare ai cinghiali: se su un territorio stazionano cinghiali, cervi, daini e caprioli, deve esserci una sostenibilità generale. Non si può, infatti, pensare che un ettaro di territorio possa alimentare senza danni un numero spropositato di animali.

FABIO PADUANO, Coordinatore nazionale agricolo dell'Unci-Ascat. Anche noi condividiamo le considerazioni generali svolte dai colleghi delle organizzazioni professionali, ma vogliamo aggiungere una riflessione in merito al tema della prevenzione dei danni. Fino ad oggi, la politica ha risposto al problema dei danni causati dalla fauna selvatica attivando gli strumenti degli indennizzi e degli abbattimenti. Anche la nostra organizzazione cooperativa auspica che ci si adoperi per adottare misure di prevenzione, in merito alla quale non occorre inventare nulla considerato che esistono decine di metodi e di tecniche per realizzarla efficacemente: dall'adozione delle recinzioni elettriche o con rete metallica, all'impiego di palloni dissuasori, all'utilizzo del razzo ottico o del nastro riflettente.
Da questo punto di vista, riguardo alle diverse specie (ovviamente, per ogni tipologia di specie va attuata una contromisura precisa), non siamo tanto interessati a inserirci nella diatriba esistente tra le associazioni di tutela della biodiversità e quelle legate all'attività venatoria, quanto piuttosto a cercare di portare all'attenzione della Commissione la possibilità di incentivare le nostre imprese cooperative, o gli agricoltori nostri soci, con investimenti strutturali, attraverso i quali sicuramente è possibile attuare una politica di prevenzione di notevole successo, così come già avvenuto in diverse regioni.
Tra l'altro, vorrei segnalare che, grazie a quanto previsto dall'articolo 14 del decreto legislativo n. 228 del 2001 - la cosiddetta legge sull'orientamento e sulla modernizzazione del settore agricolo - si possono stipulare convenzioni con aziende agricole, singole o associate, per la realizzazione di interventi finalizzati anche alla conservazione della biodiversità. Ebbene, esistono le cooperative forestali che, vivendo al limite tra l'ambiente antropizzato e l'ambiente naturale, si candidano, per loro naturale vocazione, a gestire un'eventuale collaborazione con le pubbliche amministrazioni.

PRESIDENTE. Se non vi sono ulteriori interventi, ringrazio gli auditi e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15.

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