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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione XIV
1.
Mercoledì 19 novembre 2008
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Consiglio Nunziante, Presidente ... 2

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA PARTECIPAZIONE DELL'ITALIA ALLA FORMAZIONE E ALL'ATTUAZIONE DELLA NORMATIVA E DELLE POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA: ATTUAZIONE DELLA LEGGE N. 11 DEL 2005 E PROSPETTIVE DI RIFORMA

Audizione del professor Roberto Adam, coordinatore della struttura di missione presso il Dipartimento per le politiche comunitarie della Presidenza del Consiglio dei ministri, sul contenzioso tributario e le procedure d'infrazione:

Consiglio Nunziante, Presidente ... 2 8 10 12
Adam Roberto, Coordinatore della struttura di missione presso il Dipartimento per le politiche comunitarie della Presidenza del Consiglio dei ministri, sul contenzioso tributario e le procedure d'infrazione ... 2 10
Farinone Enrico (PD) ... 8
Gozi Sandro (PD) ... 9 12
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.

COMMISSIONE XIV
POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA
Comitato permanente per il monitoraggio sull’attuazione delle politiche dell’UE

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 19 novembre 2008


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE NUNZIANTE CONSIGLIO

La seduta comincia alle 9,20.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'impianto audiovisivo a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione del professor Roberto Adam, coordinatore della struttura di missione presso il Dipartimento per le politiche comunitarie della Presidenza del Consiglio dei ministri, sul contenzioso tributario e le procedure d'infrazione.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea: attuazione della legge n. 11 del 2005 e prospettive di riforma, l'audizione del professor Roberto Adam, coordinatore della struttura di missione presso il Dipartimento per le politiche comunitarie della Presidenza del Consiglio dei Ministri, sul contenzioso tributario e le procedure d'infrazione.
L'indagine riveste una particolare importanza, in quanto intesa a valutare l'adeguatezza dell'impianto legislativo vigente in materia di partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della politica dell'Unione europea in relazione sia ai profili istituzionali e procedurali generali, sia ad alcune specifiche politiche e settori. In esito all'indagine, la Commissione politica dell'Unione europea valuterà l'opportunità di apportare modifiche alla legge Stucchi e alle disposizioni del Regolamento della Camera relative ai rapporti con l'Unione.
In questo contesto, il professor Adam potrà certamente offrirci preziosi elementi di conoscenza e valutazione anche in considerazione della sua lunga e variegata esperienza in materia, maturata prima alla Rappresentanza permanente presso l'Unione europea e poi quale coordinatore della struttura di missione presso il Dipartimento per le politiche comunitarie. Oggi, potrà quindi discutere con noi la bontà di questa legge e la possibilità di modificarla, rettificarla o almeno adeguarla ai tempi, in seguito al cambiamento economico sopravvenuto.
Do quindi la parola al professor Roberto Adam, coordinatore della struttura di missione presso il Dipartimento per le politiche comunitarie della Presidenza del Consiglio dei ministri.

ROBERTO ADAM, Coordinatore della struttura di missione presso il Dipartimento per le politiche comunitarie della Presidenza del Consiglio dei ministri. Grazie, presidente, grazie ai membri della Commissione. Dal 2006, ricopro la carica di coordinatore di questa struttura di missione, che è stata costituita presso il Dipartimento per le politiche comunitarie al fine di occuparsi delle procedure di infrazione.
È stata creata come risposta a un'emergenza, alla situazione di pesante bilancio delle procedure di infrazione che ci si trovava di fronte in quel momento. Quando fu creata, l'Italia contava infatti ben 275 procedure di infrazione aperte dalla Commissione, mentre la Spagna, che


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la seguiva in questa classifica negativa, ne aveva circa 140, con un distacco notevole. La struttura di missione fu quindi creata come strumento straordinario per porre rimedio a questo bilancio assolutamente negativo.
L'idea e i metodi seguiti miravano a realizzare un accentramento della gestione delle procedure di infrazione agendo su vari profili: la prevenzione dell'apertura di procedure di infrazione, lo stimolo nei confronti delle amministrazioni centrali o locali a trovare le soluzioni più adatte per giungere a un'archiviazione, la creazione di un unico canale di comunicazione con la Commissione europea, evitando di disperdere i contatti su vari centri istituzionali e concentrandoli invece su uno solo, assicurando sul versante nazionale un accentramento e un coordinamento delle azioni da intraprendere per porre rimedio alle diverse procedure, a fronte della molteplicità delle amministrazioni e degli enti locali coinvolti.
I risultati hanno dimostrato l'efficacia della struttura di missione, perché gli ultimi dati confermano che siamo scesi a 160 procedure aperte, rilevante diminuzione che però purtroppo ci colloca ancora al primo posto nella classifica negativa degli Stati europei anche se con un fardello negativo più dignitoso.
È opportuno precisare innanzitutto come queste 160 procedure di infrazione siano ripartite per stadio, per materia e per protagonisti. Attualmente, 138 sono dovute a casi di violazione del diritto comunitario, ovvero cattiva applicazione tanto di norme dei trattati comunitari, quanto di atti, regolamenti o direttive adottati dalle istituzioni comunitarie. Le restanti 22 attengono invece a mancata trasposizione di direttive comunitarie, ovvero a un ritardo nel recepimento di direttive comunitarie da parte dello Stato italiano.
Ogni procedura si articola in un diverso grado di varietà, giacché si apre con una lettera di messa in mora per poi proseguire con un parere motivato e arrivare, qualora non venga individuato un rimedio, a un ricorso alla Corte di giustizia con un eventuale condanna. In questo malaugurato caso, se non si provvede a dare adempimento alla sentenza di condanna, può essere avviata una nuova procedura (il cosiddetto articolo 228), che può portare a una nuova sentenza di condanna, questa volta con la possibilità della Corte di comminare, su proposta della Commissione, consistenti sanzioni pecuniarie nei confronti dello Stato.
La suddivisione per stadi delle procedure vede attualmente 11 procedure di infrazione a livello dell'articolo 228, di cui 5 a parere motivato, quindi alle soglie dell'eventuale - attualmente scongiurato - nuovo ricorso in Corte con la proposta di sanzioni pecuniarie da parte della Commissione. Accanto a queste 11, altre 38 sono già arrivate alla prima sentenza di condanna ai sensi dell' articolo 226, fase precedente, e possono quindi essere fonte di nuove procedure di infrazione ai sensi dell'articolo 228, aggravandosi ulteriormente.
Per quanto riguarda la suddivisione per materia, è importante sottolineare come queste 160 procedure siano spalmate su tutte le materie, ma con un particolare accentramento su tre settori: quello maggiormente in sofferenza della tutela dell'ambiente, la materia degli appalti pubblici e il settore in crescita di dogane e fiscalità.
L'ambiente è un settore particolarmente sensibile da questo punto di vista, giacché 43 delle 160 procedure lo riguardano, mentre gli appalti, che seguono subito dopo, hanno 16 procedure. Nella materia dell'ambiente le autorità pubbliche che possono dar luogo a comportamenti suscettibili di sollevare i rilievi della Commissione sono infatti molteplici. Non solo l'amministrazione centrale, ma qualsiasi ente locale, dal piccolo comune, alla provincia e alla regione possono infatti adottare comportamenti tali da finire sotto i riflettori della Commissione.
Un altro motivo dell'elevato numero di procedure di infrazione in questo settore è rappresentato dalla presenza di un controinteressato, che può essere la popolazione locale, un'associazione ambientalista,


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una qualunque controparte che invii un reclamo alla Commissione per rilevare una presunta violazione delle norme comunitarie in materia di ambiente.
Possiamo citare il caso dei rifiuti a Napoli attivato motu proprio da parte della Commissione, la cui rilevanza mediatica non richiedeva il reclamo di un'associazione ambientalista o di una collettività locale. La Commissione è però inondata da reclami di sindaci, di comitati di quartiere per qualsiasi passo compiuto in questa materia. Si tratta spesso di reclami che non riflettono un'effettiva violazione delle norme comunitarie, ma testimoniano la particolare attenzione dell'opinione pubblica locale a questo settore.
Per quanto riguarda invece la ripartizione della «responsabilità» delle procedure di infrazione tra amministrazioni centrali e amministrazioni locali, attualmente una trentina delle 160 sono di diretta responsabilità di autonomie locali, di cui 5 sono già allo stadio dell'articolo 228 del trattato. Anche in questo caso la maggior parte riguarda l'ambiente, per esempio la mancata bonifica di discariche, questioni quindi attinenti a competenze regionali o di collettività locali diverse, sulla cui difficoltà di soluzione incidono anche problemi di carattere finanziario.
I risultati hanno dunque testimoniato l'utilità della struttura di missione, laddove dalle 275 procedure aperte al momento della nascita siamo scesi adesso a 160. Forse, tale strumento dovrebbe essere trasformato da eccezionale in strumento ordinario di gestione delle procedure di infrazione, attraverso una soluzione che ne rimarchi l'importanza con il dovuto rilievo. Da questo punto di vista, ricordo quanto è stato fatto per quanto riguarda la fase ascendente, ovvero il coordinamento della formazione della posizione italiana da sostenere a Bruxelles con il CIACE. Un modello di questo genere potrebbe essere applicato anche per quanto riguarda la gestione delle procedure di infrazione.
Sottolineo questo non per motivi personali, giacché essendo stato nominato capo dipartimento nutro un minor interesse personale verso una soluzione di questo genere, ma dal punto di vista dell'interesse generale, istituzionale, perché i numeri delle procedure di infrazione si sono ridotti negli oltre due anni di funzionamento della struttura di missione, ma le ragioni che avevano portato alla crescita esponenziale delle procedure non sono venute meno, si sono in parte modificate e collocate su altri piani; esse rimangono comunque importanti e, dinanzi a un calo di attenzione, rischiano di portare a una nuova fase di crisi. Queste sono, in primo luogo, ragioni dovute alla gestione delle procedure di infrazione a livello comunitario da parte della Commissione.
In questi due anni, a fronte dell'intensa azione svolta dall'Italia attraverso la struttura di missione e le altre amministrazioni per far fronte alle procedure di infrazione, la Commissione ha nel contempo impresso una fortissima accelerazione alla gestione delle procedure di infrazione per una serie di motivi che attengono alla crescita del numero degli Stati membri. La Commissione si è infatti trovata di fronte a un numero raddoppiato di Stati membri e quindi alla necessità di far fronte a una potenziale, più ampia violazione del diritto comunitario. Ha quindi impostato i metodi di gestione delle procedure di infrazione all'insegna di un forte accentramento e semplificazione, che possono portare a un aggravamento delle procedure di infrazione in tempi molto più rapidi rispetto al passato.
Ad aprile di questo anno, è stato avviato un progetto pilota per la gestione dei reclami provenienti da persone fisiche o giuridiche degli Stati membri nei confronti di uno Stato per presunta violazione del diritto comunitario. Questi reclami, prima gestiti in modo tranquillo, vengono oggi incanalati dalla Commissione all'interno di questo progetto pilota nato sperimentalmente per un anno, che quindi terminerà nell'aprile del prossimo anno, cui si sono associati 15 Stati membri, tra cui Italia. Il reclamo viene immediatamente comunicato allo Stato membro, che è delegato a individuare la soluzione con l'amministrazione centrale o locale responsabile.


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Questo richiede un notevole impegno da parte di chi ha la competenza di gestire le procedure di infrazione a Roma, perché attraverso questo progetto pilota la Commissione pretende risposte in tempi molto ravvicinati. Entro dieci settimane deve essere individuata una soluzione, altrimenti si rischia l'aggravamento, ovvero l'apertura di una procedura di infrazione.
Si è rilevata una forte accelerazione da parte della Commissione soprattutto per la parte della procedura ex articolo 228, successiva a una prima sentenza di condanna della Corte, che porta a eventuali sanzioni pecuniarie. Dopo un mese dalla sentenza di condanna, infatti, viene inviata allo Stato membro una lettera in cui si chiede cosa stia facendo per dare adempimento alla sentenza e, dopo due mesi, in mancanza di una risposta soddisfacente, si assiste all'apertura della procedura articolo 228 con la lettera di messa in mora.
Le cadenze successive sono estremamente rapide, per cui oggi si può arrivare a una nuova sentenza di condanna con la comminazione di sanzioni pecuniarie nel giro di un anno, un anno e mezzo, dalla prima sentenza. Tempi così ristretti richiedono uno sforzo particolare da parte dello Stato soprattutto di fronte a violazioni che esigano un intervento non rapido da attuare. Le sanzioni pecuniarie, che possono essere assolutamente rilevanti e persino cumulate, sono di due tipi: una somma forfettaria di almeno 10 milioni di euro e una penalità di mora, che per ogni giorno di ritardo nell'attuazione della seconda sentenza di condanna può arrivare a 700 mila euro giornaliere. Una cifra di questo genere per ciascun giorno di ritardo, nel caso in cui le procedure di infrazione richiedano tempo per trovare soluzioni amministrative o legislative, può comportare un notevole onere finanziario per lo Stato.
Adesso abbiamo due procedure di infrazione ex articolo 228 arrivate a parere motivato, quindi alle soglie della Corte, che riguardano il mancato recupero degli aiuti di Stato alle società municipalizzate e in materia di contratti di formazione-lavoro. Sono regimi di aiuti dichiarati a suo tempo incompatibili dalla Commissione, con l'ingiunzione di recuperare quindi presso le società beneficiarie, che, essendo generali, orizzontali, investono un'ampia platea di beneficiari. Il recupero non può essere realizzato nel giro di pochi giorni, anche perché alcuni strumenti offerti dal diritto e legittimamente utilizzati dai beneficiari, quali ricorsi al giudice o richieste di sospensiva, consentono di ritardare la restituzione delle cifre dovute. Di fronte a una situazione del genere, quindi, porre rimedio a queste procedure di infrazione richiede un notevole sforzo da parte dello Stato, che deve essere realizzato soprattutto in una fase precedente a quella della seconda sentenza di condanna.
Quando il trattato di Lisbona entrerà in vigore, avremo un'ulteriore accelerazione per uno specifico tipo di procedura di infrazione apparentemente minore, che rappresenta però una fonte costante, ovvero il mancato recepimento di direttive comunitarie.
Con il trattato di Lisbona, questa categoria di procedura di infrazione potrà andare direttamente a una condanna con sanzione pecuniaria fin dalla prima sentenza di condanna, senza aspettare la procedura ex articolo 228. Fin dalla prima sentenza di condanna, quindi, lo Stato potrà vedersi comminare sanzioni pecuniarie, auspicabilmente più contenute, per il mancato recepimento delle direttive comunitarie.
Una serie di ragioni provenienti dall'applicazione dei poteri della Commissione impone dunque uno sforzo particolare per non abbassare la guardia nei confronti del settore delle procedure di infrazione. In secondo luogo, le ragioni nazionali, che a suo tempo avevano portato all'aumento esponenziale del numero delle procedure, sostanzialmente rimangono ancora aperte e necessitano di uno strumento in grado di accentrare e coordinare la gestione delle procedure.
Si rileva a monte una mancanza di cultura amministrativa riguardo a questo settore da parte di tutte le amministrazioni, in parte anche giustificata. Talvolta,


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questa mancanza di attenzione verso l'esigenza di affrontare con serietà la ricerca di soluzioni in grado di condurre all'archiviazione di procedure di infrazione o il modo in cui esse si affrontano fin dal loro nascere hanno ragioni comprensibili. Le amministrazioni di settore, la regione o il comune sono assorbiti dagli adempimenti strettamente funzionali al proprio settore di competenza, per cui in maniera quasi inconsapevole prestano minore attenzione a eventuali rilievi provenienti dalla Commissione europea, sottovalutando l'esigenza di un'azione immediata per evitare il loro aggravarsi.
Questo conferma la necessità che la gestione delle procedure di infrazione passi per un accentramento su un'amministrazione non di settore, ma di coordinamento, sul Dipartimento delle politiche comunitarie della Presidenza del Consiglio, in particolare nei settori dell'ambiente e degli appalti pubblici, in cui i potenziali responsabili di comportamenti di dubbia compatibilità comunitaria sono innumerevoli. Il numero di potenziali «delinquenti comunitari» appare molto ampio, perché qualsiasi amministrazione o ente pubblico soggetto alle norme comunitarie in materia di appalti può potenzialmente violare una norma comunitaria e dare origine a una procedura di infrazione.
In linea generale, la legge n.11 del 2005 funziona bene e ha al suo interno quanto necessario per affrontare i temi della corretta applicazione del diritto comunitario. D'altra parte, essa non è nata nel 2005, ma trova la sua origine nell'antecedente legge La Pergola. Le soluzioni esposte al suo interno sono dunque sperimentate e hanno dimostrato un'efficacia difficile da rivoluzionare. Lo strumento della legge comunitaria funziona bene soprattutto per il recepimento delle direttive e non ha alternative sostanziali, tranne un'eventuale modifica della Costituzione per quanto riguarda lo strumento della delega. Tale modifica della Costituzione è stata introdotta in alcuni Paesi membri quali l'Irlanda, dove si prevede una permanente delega aperta per il Governo per quanto riguarda il recepimento delle direttive adottate in codecisione, senza bisogno di un passaggio attraverso il Parlamento. Questa sarebbe un'innovazione assai rilevante, per la quale forse la situazione italiana non è ancora matura.
La legge n. 11 del 2005 prevede strumenti di urgenza per far fronte alle inevitabili emergenze poste da alcune procedure di infrazione, avvicinandosi al rischio di condanna con sanzioni pecuniarie. È prevista la possibilità di ricorrere a provvedimenti di urgenza dall'articolo 10 della legge n. 11 del 2005, come già avvenuto in passato. L'ultimo caso è quello del decreto-legge n. 59 del 2008, adottato dal precedente Governo e poi convertito dal nuovo Parlamento.
Alcuni articoli disciplinano l'attuazione in via regolamentare e amministrativa delle direttive che disciplinano l'intervento sostitutivo da parte dello Stato, laddove sia necessario. Nella legge n. 11, dopo una sua prima approvazione in sede di legge finanziaria, è stato introdotto lo strumento del diritto di rivalsa, importante in funzione non sanzionatoria, ma di deterrenza rispetto all'eventuale sottovalutazione dei rischi che portano certe procedure di infrazione in termine di pene pecuniarie.
Poiché tutto è però perfettibile, alcuni aspetti della legge n. 11 potrebbero ammettere ritocchi non necessariamente a livello legislativo, ma derivanti da un mix di interventi a livello parlamentare e amministrativo.
Per quanto riguarda la legge comunitaria, l'esperienza maturata in questi due-tre anni personalmente e dal Dipartimento per le politiche comunitarie ci induce a valutare l'utilità di una sorta di sdoppiamento della legge comunitaria, con una legge comunitaria principale prevista dall'articolo 9 della legge n. 11 dedicata principalmente al recepimento delle direttive, ovvero a dare la delega al Governo per il recepimento, e un ulteriore provvedimento più specificamente dedicato alle procedure di infrazione in quanto tali. Si corre infatti il rischio che la mescolanza all'interno della legge comunitaria annuale del recepimento delle direttive e della soluzione normativa a procedure di infrazione per cattiva


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applicazione del diritto comunitario possa appesantire troppo lo strumento, determinando un ritardo nella sua applicazione, con ripercussioni sul puntuale esercizio della delega e sul puntuale recepimento della direttiva nei termini previsti.
Questo è avvenuto in questi ultimi due anni, perché il decreto-legge n. 59 del 2008 è stato una sorta di seconda comunitaria rispetto a quella incentrata principalmente sul recepimento delle direttive.
Sempre in connessione con il recepimento delle direttive e la legge comunitaria, uno strumento non legislativo, ma interno al Parlamento, su cui vari Ministri delle politiche europee hanno insistito è rappresentato dalla possibilità di arrivare a una sessione comunitaria sulla falsariga della sessione di bilancio, che dia tempi certi all'approvazione della legge comunitaria.
Un intervento attraverso le singole leggi comunitarie, sul quale come Dipartimento per le politiche comunitarie stiamo riflettendo, consiste in un'ulteriore riduzione dei tempi della delega per l'emanazione dei decreti legislativi di recepimento delle direttive. La storia della delega per il recepimento ha conosciuto un allungamento dei tempi, per poi finalmente rientrare negli ultimi due o tre anni in una fase di rapido accorciamento. Oggi, secondo la tendenza a accelerare le procedure di infrazione, la Commissione fa partire la procedura d'infrazione esattamente un mese dopo lo scadere del termine di recepimento. In base ai termini fissati per l'esercizio della delega dalle precedenti leggi comunitarie, era assolutamente inevitabile la procedura di infrazione per mancato recepimento, perché si prevedeva sempre un termine di delega di 12 o 18 mesi, che comunque andavano sistematicamente oltre il termine fissato dalla stessa direttiva per il recepimento.
Proprio per questo, nelle ultime due leggi comunitarie si è proceduto innanzitutto a un abbassamento da 18 a 12 mesi, per poi arrivare con il disegno di legge comunitaria 2008 oggi all'esame del Parlamento a un allineamento dei termini di delega con i termini di recepimento fissati dalla stessa direttiva. Questo però non è ancora sufficiente. Stiamo quindi riflettendo se, a partire dal prossimo disegno di legge comunitaria, sia opportuno proporre un ulteriore accorciamento di tre mesi del termine di delega rispetto al termine di recepimento fissato dalla direttiva. Tre mesi rappresentano infatti il tempo necessario all'esame dello schema di decreto legislativo da parte delle Commissioni parlamentari. Lasciarlo come bonus aggiuntivo che va oltre il termine di recepimento della direttiva rende inevitabile la procedura di infrazione, giacché la Commissione fa partire la procedura di infrazione un mese dopo lo scadere di quel termine.
Per quanto riguarda il recepimento delle direttive, stiamo svolgendo una riflessione, per la quale chiediamo il contributo di questa Commissione, sul rilevante problema delle direttive che non richiedono un recepimento legislativo, ma soltanto amministrativo, ovvero attraverso un decreto ministeriale. Paradossalmente, nonostante una modalità di recepimento più semplice, che non richiede una delega e un decreto legislativo, con le procedure che la sua adozione comporta, il recepimento in via amministrativa è meno controllabile e l'amministrazione di coordinamento, il Dipartimento per le politiche comunitarie, perde la sua capacità di incidere, perché il recepimento passa totalmente nelle mani dell'amministrazione centrale, del Ministero competente per la materia, il cui Ministro deve adottare il decreto.
Si verifica dunque la situazione paradossale, per cui questo tipo di direttive, il cui recepimento sarebbe teoricamente più semplice, è una fonte costante di procedure di infrazione, che intervengono sul recepimento di direttive semplicissime da recepire, laddove nella maggior parte dei casi non lasciano alcun margine di discrezionalità allo Stato, poiché modificano aspetti da prevedere in un allegato tecnico o veramente minimi o comunque assolutamente non modificabili da parte del


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legislatore nazionale, per cui sarebbe sufficiente un recepimento quasi notarile da parte dello Stato.
Nonostante questo, essendo affidato a un recepimento amministrativo, inevitabilmente il recepimento avviene in ritardo, fatto sorprendente perché basterebbero quasi una fotocopia e una firma del Ministro per recepirla, ma non si riesce mai a rispettare i termini.
Questo induce a valutare l'opportunità di individuare un diverso strumento di recepimento, quale ad esempio una sorta di ordine di esecuzione generalizzato, così come si fa per gli accordi internazionali, anche se si correrebbe il rischio di legificare ciò che deve rimanere a livello amministrativo.
La soluzione potrebbe anche essere individuata a livello comunitario, perché probabilmente questo tipo di norme dovrebbero essere introdotte negli ordinamenti degli Stati attraverso lo strumento del regolamento, piuttosto che della direttiva, visto che non lasciano alcuna discrezionalità allo Stato.
Mi fermerei qui, anche se si potrebbe aggiungere ancora molto, sperando che qualche vostra domanda possa aiutarmi a colmare le lacune della mia esposizione. Grazie.

PRESIDENTE. Prima di passare alle domande, desidero ringraziarla per aver fornito importanti indicazioni su entrambi gli ambiti di attività del nostro dipartimento.
Vorrei anche sottolineare con soddisfazione come abbia riconosciuto la bontà dell'impianto della legge Stucchi, fornendoci comunque suggerimenti per taluni aggiustamenti. Desidero inoltre sottoporle due domande.
In base all'articolo 15-bis della legge Stucchi, le Camere ricevono con cadenza semestrale un elenco delle infrazioni e delle sentenze relative all'Italia. La ringrazio per avere assicurato la tempestiva attuazione della legge, ma questa trasmissione di documenti si è dimostrata non sempre puntuale, per cui il Parlamento ha incontrato gravi difficoltà nel trovare questa corrispondenza con l'attuazione dell'articolo 15-bis. Vorrei sapere se, in base alla banca dati Eur-infra, possano emergere indicazioni o suggerimenti per applicare pienamente questo articolo 15-bis.
Lei ha suggerito la stabilizzazione della struttura di missione. Vorrei chiederle di indicare in dettaglio come procedere, anche in vista delle eventuali modifiche della legge Stucchi. In particolare, lei ha evocato il modello CIACE per assicurare il coordinamento tra le amministrazioni centrali e regionali. Vorrei chiederle di fornirci ulteriori informazioni in proposito.
Abbiamo trovato molto interessante l'ipotesi di sdoppiare la comunitaria, assicurando così una più rapida approvazione della delega per il recepimento delle direttive scadute o in scadenza, evitando il ricorso a uno o più decreti-legge che esproprino le Camere dalle competenze in materia.
Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

ENRICO FARINONE. Desidero solo fare due sottolineature. Ringrazio il professor Adam per la sua esposizione molto interessante, che merita sicuramente qualche approfondimento e mi consente di ribadire l'utilità dell'ordine del giorno presentato dal mio gruppo la scorsa settimana in sede di dibattito sul bilancio, teso a garantire i fondi per il Dipartimento per le politiche comunitarie, in particolare per il CIACE e per la struttura di missione. L'utilità di tale ordine del giorno, purtroppo non approvato dalla maggioranza, viene confortata dalle considerazioni del professor Adam, dal valore del lavoro svolto presso il dipartimento e in particolare dalla struttura di missione, dal ritorno economico non indifferente che ne può derivare e dal ritorno di immagine, laddove continuare a essere il Paese con il maggior numero di sanzioni non rappresenta un bel biglietto da visita, essendo l'Italia uno dei sei Paesi fondatori dell'Unione europea.
Ritengo quindi che da questo punto di vista l'attuale maggioranza di questo Parlamento


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debba fare serie riflessioni, che per il momento purtroppo non vedo.
Considero molto interessante la proposta di sdoppiare la comunitaria, laddove si rileva anche un abuso di provvedimenti d'urgenza perché la comunitaria viene approvata troppo tardi e si è costretti a procedere in questo modo. Probabilmente, la soluzione da lei individuata potrebbe essere utile per rendere le comunitarie più incisive. Arrivare a una sessione sarebbe la scelta migliore, perché garantirebbe tempi certi rispetto ai quali il Parlamento potrebbe organizzarsi.

SANDRO GOZI. Anche io ringrazio molto il professor Adam e mi spiace che impegni del gruppo mi abbiano impedito di partecipare sin dall'inizio. Desidero porre alcune richieste di approfondimento.
Mi associo alle considerazioni del collega Farinone, perché la necessità di rafforzare il ruolo di coordinamento del Dipartimento delle politiche comunitarie contrasta nettamente con quanto invece ci ha risposto il sottosegretario Vegas nel discutere la legge finanziaria.
Noi dell'opposizione volevamo rafforzare un dipartimento della Presidenza del Consiglio, ma l'ordine del giorno è stato respinto dalla maggioranza.
Ritengo, signor presidente, che la maggioranza debba riflettere su questo, anche perché il nostro ordine del giorno era in linea con quanto espresso dal Ministro Ronchi in Commissione in merito all'intenzione del Governo - e noi siamo d'accordo - di rafforzare le strutture preposte al coordinamento e alla gestione delle procedure di infrazione presso il Dipartimento per le politiche comunitarie.
Le cifre citate, che indicano una riduzione delle procedure di infrazione da 265 a 160, sono ottime notizie, che hanno origine nella passata legislatura, nel governo Prodi e sotto la responsabilità di Emma Bonino. Riteniamo che questo sforzo debba proseguire.
Per quanto riguarda la banca dati Eur-infra, noi del Parlamento abbiamo accesso solo all'area pubblica, per cui possiamo avere una lista. Poiché gran parte delle soluzioni alle questioni di infrazione avvengono poi in sede legislativa, quindi parlamentare, sarebbe necessario che noi avessimo accesso anche ai dati dell'area riservata di Eur-infra. Vorrei avere dal professor Adam una valutazione in merito e sapere quali ostacoli possano esserci.
È importante anche l'allineamento dei termini di recepimento delle direttive con quelli di delega previsti dalla comunitaria. Anche su questo riteniamo opportuno proseguire il lavoro svolto nella passata legislatura. Questo ha origine in un emendamento che avevamo proposto nella comunitaria 2006, che inserimmo per la prima volta per la direttiva sui servizi finanziari. Da parte nostra assicureremo ogni sostegno per generalizzare questa prassi.
Per la questione delle misure esecutive comunitarie, nel 2006 in Parlamento avevamo previsto la possibilità di adottare decreti legislativi correttivi, senza necessità di ulteriori deleghe, per recepire le direttive esecutive che spesso sono atti di modifica di revisione tecnica o economica, di adattamento a direttive già presenti. Vorrei sapere se la tecnica dei decreti legislativi correttivi sia utilizzata e con quali risultati, o, qualora non lo sia, se si possa fare riferimento ad essa per ovviare ai problemi sollevati dal professor Adam.
In generale, appare necessario proseguire nell'opera di sensibilizzazione culturale alle questioni comunitarie dell'amministrazione italiana. Quando lei evidenzia come alcune direttive esecutive, che praticamente possono essere fotocopiate aggiungendo la firma del Ministro, ci espongano a infrazioni assolutamente evitabili, ci induce a dubitare che le amministrazioni di settore abbiano la sensibilità necessaria per essere competitive nel sistema comunitario.
Si tratta quindi anche di lavorare sulla formazione comunitaria del personale della pubblica amministrazione. Vorremmo conoscere anche su questo la sua esperienza, soprattutto adesso che è a capo di una struttura che io considero centrale della vita amministrativa italiana.


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PRESIDENTE. Prima di lasciare la parola al professor Adam, vorrei sapere se esista un'adeguata cooperazione tra il Dipartimento per le politiche comunitarie e la rappresentanza permanente. Do la parola al professor Adam per la replica.

ROBERTO ADAM, Coordinatore della struttura di missione presso il Dipartimento per le politiche comunitarie della Presidenza del Consiglio dei ministri. Grazie per queste domande interessanti e puntuali che richiederebbero un'altra ora di intervento, perché sollevano aspetti che non ho toccato nel mio primo intervento.
Partirei dalla domanda del presidente sulla stabilizzazione della struttura. Non ho una soluzione in tasca al riguardo, ma ho davanti il modello del CIACE, che fu a suo tempo inserito nella legge n. 11 del 2005 come strumento di coordinamento forte e visibile, che si impone a tutte le amministrazioni, per la formazione della posizione italiana da sostenere a Bruxelles.
La struttura di missione nasce come strumento emergenziale per far fronte a un carico di infrazioni assolutamente non degno della nostra posizione europea di grande Stato e membro fondatore. Prima che cominciasse la riunione, con il presidente commentavamo che gli strumenti emergenziali non sempre rappresentano la miglior soluzione. A questo punto sarebbe opportuno abbandonare la sua impostazione emergenziale e trasformare la struttura di missione in una struttura permanente simile al CIACE, che abbia una sua visibilità e, essendo prevista per legge, si imponga agli altri ministeri e alle altre amministrazioni.
Nella mia esperienza quotidiana, incontro spesso difficoltà di coordinamento di alcune amministrazioni, in particolare delle amministrazioni centrali, non locali, né delle regioni con le quali ho un'ottima collaborazione.
Tali difficoltà sono legate da un lato al ruolo stesso di coordinamento, che non ha poteri vincolanti, ma è affidato alla capacità e all'autorevolezza che il titolare del potere di coordinamento riesce a esprimere nell'azione che svolge. Se questa fosse accentuata da una disposizione di legge, se ne agevolerebbero tutti e soprattutto si cancellerebbero certe sacche di resistenza dovute anche a motivi legittimi. Molte amministrazioni sono infatti talmente assorbite dalle proprie competenze dirette da sottovalutare l'urgenza o la portata di certe procedure di infrazione, soprattutto a livello iniziale, secondo la tendenza italiana a rinviare. Quando il treno è partito, però, diventa sempre più difficile fermarlo.
Individuo la stabilizzazione della struttura di missione nella possibilità di acquisire uno statuto non più emergenziale dal punto di vista della figura giuridica, che segnali l'estrema importanza e delicatezza della materia e l'esigenza dell'attenzione delle amministrazioni dello Stato a tutti livelli, centrale e locale.
Per quanto riguarda l'articolo 15-bis e la domanda posta dal presidente sulla comunicazione tra il Governo e il Parlamento nella materia delle procedure di infrazione, è un tema sul quale spesso si ritorna perché il Governo e in particolare il Dipartimento per le politiche comunitarie si trovano nelle Forche Caudine. Da un lato, infatti, emerge la necessità di assicurare una certa confidenzialità sulla necessaria riservatezza sulle procedure di infrazione soprattutto in uno stadio iniziale, in cui più facilmente si possono trovare soluzioni di compromesso tra lo Stato e la Commissione, che consentano l'archiviazione, pur nel non pieno rispetto delle norme comunitarie. Si tratta di soluzioni di opportunità, che spesso consentono di salvaguardare gli interessi dello Stato grazie alla minore rigidità da parte della Commissione. In queste fasi della procedura di infrazione, la riservatezza è indispensabile per raggiungere questa finalità nell'interesse dello Stato.
Da una parte c'è questa esigenza, dall'altra quella assolutamente legittima del Parlamento di avere un'adeguata informazione, soprattutto nel caso di procedure di infrazione la cui soluzione deve trovare sbocco in una norma di legge da emanare.
Finora siamo riusciti a soddisfare questa legittima richiesta del Parlamento in


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maniera sufficientemente adeguata, perché tanto rispetto al Senato, quanto rispetto alla Camera, ogni richiesta di trasmissione di documenti relativi a una procedura di infrazione è stata esaudita con dovuta celerità. Anche l'adempimento, specificamente previsto dall'articolo 15-bis, del rapporto semestrale sulle procedure di infrazione finora è stato realizzato e la prossima scadenza sarà nel gennaio prossimo. Stiamo preparando il rapporto per questo secondo semestre 2008 e assicuriamo il puntuale rispetto della scadenza con la trasmissione del rapporto previsto dall'articolo 15-bis della legge n. 11.
Può comunque emergere l'esigenza di assicurare una maggiore fluidità alla trasmissione di documenti. Mi impegno a un dialogo con il segretariato della Commissione, per individuare le modalità per assicurare una rapida trasmissione di tutte le informazioni richieste.
Eur-Infra è una banca dati creata dalla struttura di missione in assenza di un archivio nazionale delle procedure di infrazione. Uno dei primi compiti per gestire al meglio le proprie competenze è stata la creazione di questa banca dati, in relazione alla quale per adesso il Parlamento accede soltanto all'area pubblica. Si possono individuare forme di apertura più accentuate per il Parlamento, stiamo ancora lavorando per perfezionarle. Non è semplice mettere in piedi una banca dati di questo genere anche per motivi economici, perché qualsiasi progetto richiede risorse umane e finanziarie. Anche lì si può comunque trovare una soluzione di maggiore apertura, per consentire al Parlamento di accedere facilmente alle informazioni con la sola preoccupazione della necessaria riservatezza sulle procedure di infrazione a un certo stadio, laddove non assicurare questa riservatezza potrebbe compromettere il raggiungimento di una soluzione positiva con la Commissione.
Abbiamo ipotizzato lo sdoppiamento della legge comunitaria nel senso di utilizzare quanto è previsto dalla legge n. 11 per quanto riguarda la possibilità di provvedimenti di urgenza da adottare dove sia necessario porre rimedio a procedure di infrazione che richiedono un intervento immediato. Per provvedimenti d'urgenza non mi riferisco necessariamente al decreto-legge, sebbene lo strumento del decreto-legge sia stato utilizzato negli ultimi casi e abbia citato il decreto- legge n. 59 del 2008. L'articolo 10 della legge n. 11, parlando di provvedimenti d'urgenza, fa implicitamente riferimento anche alla possibilità di disegni di legge a cui sia assicurata una corsia preferenziale, quindi non necessariamente il decreto-legge, ma strumenti egualmente rapidi per affrontare problemi che richiedono una rapidità, imposta non dal Governo o dal Parlamento, ma purtroppo dalla Commissione europea e dai tempi comunitari.
L'onorevole Gozi citava i decreti legislativi correttivi, strumento utilissimo, che però interviene sul recepimento di direttive avvenuto attraverso un decreto legislativo, quindi su delega al Governo. Il problema che incontriamo oggi è invece il recepimento in via amministrativa, cioè attraverso decreti che per definizione riguardano direttive di scarsissimo rilievo, che offrono scarsissima discrezionalità allo Stato per un adattamento al diritto interno, per le quali il recepimento appare del tutto notarile.
L'ultimo punto cui vorrei accennare riguarda l'attività di prevenzione, che deve essere svolta rispetto all'apertura di procedure di infrazione. Il Governo presta molta attenzione al riguardo e vi è uno strumento che talvolta può essere difficile da utilizzare perché legato anche all'importanza del Ministero da cui proviene un certo disegno di legge presentato in Consiglio dei ministri; in ogni caso una particolare attenzione viene prestata dal Governo alla compatibilità comunitaria dei disegni di legge che il Governo approva, mentre nessun controllo può essere esercitato dal Governo su emendamenti di natura parlamentare a disegni di legge o a disegni di legge di conversione di decreti-legge.
Al Dipartimento per le politiche comunitarie ci siamo chiesti se nella riforma - che credo sia in progetto - dei regolamenti parlamentari si possa prevedere un


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ruolo specifico per questa Commissione di valutazione sugli emendamenti o sulla compatibilità comunitaria di emendamenti parlamentari e di progetti o di disegni di legge, così come avviene per altri settori della legislazione, come la valutazione della Commissione bilancio per gli aspetti di bilancio o alla Commissione affari costituzionali per gli aspetti costituzionali di un provvedimento.
La possibilità che questa Commissione possa esprimere una valutazione degli emendamenti parlamentari sarebbe preziosa, perché verrebbe da una Commissione che ha come compito istituzionale la prospettiva comunitaria dell'attività normativa del Parlamento.
Credo che questo possa essere un utile strumento preventivo per ridurre la possibilità che attraverso emendamenti parlamentari si generino contrasti con la normativa comunitaria, che porterebbero all'apertura di procedure di inflazione da parte della Commissione.

SANDRO GOZI. Per riprendere e sostenere l'ultimo punto del professor Adam, ritengo che la Commissione debba riflettere sia sulle modifiche e sui miglioramenti della legge n.11 del 2005, sia sulla questione dei regolamenti più volte sollevata in questa Commissione.
Dovrebbe essere ripreso il parallelismo che il professor Adam ha usato tra la valutazione della Commissione bilancio per gli aspetti di bilancio e le competenze in materia comunitaria che questa Commissione non ha, ma dovrebbe avere, viste anche le conseguenze in termini di credibilità ed anche economici, che derivano dal produrre i germi dell'infrazione nelle attività parlamentari. Nei nostri lavori dovremo quindi tenere conto di questo punto.
I nostri rapporti di cooperazione sono troppo buoni per esprimere polemiche, che quindi non farò. Vorrei però ricordare che, se in questi mesi il Governo avesse ripreso alcuni pareri contrari dell'opposizione, non avrebbe dovuto fare marcia indietro su alcuni atti di recepimento o di modifica di recepimento di direttive comunitarie soprattutto in materia di sicurezza e di libera circolazione. Chiudo però la parentesi, perché questa non è la sede per fare polemica.
Al di là della dialettica tra maggioranza e opposizione, questo resta però un buon esempio di come la Commissione potrebbe svolgere questo ruolo, soprattutto per l'attività parlamentare, ma anche, nel caso citato, nell'attività del Governo, che aveva avanzato proposte in parte non in linea con le direttive comunitarie.

PRESIDENTE. Ringrazio il professor Adam per la sua disponibilità, scusandomi ancora una volta per aver dovuto rinviare, per motivi istituzionali, gli incontri programmati.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 10,30.

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