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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione XIV
5.
Mercoledì 14 gennaio 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Consiglio Nunziante, Presidente ... 2

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA PARTECIPAZIONE DELL'ITALIA ALLA FORMAZIONE E ALL'ATTUAZIONE DELLA NORMATIVA E DELLE POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA: ATTUAZIONE DELLA LEGGE N. 11 DEL 2005 E PROSPETTIVE DI RIFORMA

Audizione di rappresentanti dell'Unione Nazionale Comuni, Comunità, Enti montani (UNCEM):

Consiglio Nunziante, Presidente ... 2 5 8
Borghi Enrico, Presidente dell'UNCEM ... 2 5
Gozi Sandro (PD) ... 5
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.

COMMISSIONE XIV
POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA
Comitato permanente per il monitoraggio sull’attuazione delle politiche dell’UE

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 14 gennaio 2009


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE NUNZIANTE CONSIGLIO

La seduta comincia alle 10,45.

(Il Comitato approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.

Audizione di rappresentanti dell'Unione Nazionale Comuni, Comunità, Enti montani (UNCEM).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell' indagine conoscitiva sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea: attuazione della legge n. 11 del 2005 e prospettive di riforma, l'audizione dei rappresentanti dell'Unione Nazionale Comuni, Comunità, Enti montani (UNCEM).
L'audizione odierna presenta una particolare importanza in quanto ci consente - dopo quelle già svolte con i rappresentanti dei consigli regionali e dell'ANCI - di approfondire uno dei principali filoni di analisi: l'adeguatezza dell'attuale quadro normativo rispetto all'esigenza di garantire la partecipazione degli enti locali alla formazione delle decisioni e delle politiche dell'UE.
Il rafforzamento del ruolo degli enti locali, oltre che delle regioni, ha costituito - voglio sottolinearlo e rivendicarlo - uno degli elementi di novità più significativi della legge Stucchi, che ha introdotto un apposito complesso di strumenti e procedure.
Nell'ambito della nostra indagine vorremmo verificare anzitutto il grado e le modalità di attuazione di questi strumenti, quali previsti in particolare dall'articolo 6 della legge Stucchi, da parte degli enti locali, anche con riferimento alla collaborazione con i competenti organi statali.
In secondo luogo, intendiamo acquisire elementi utili a valutare se il quadro normativo vigente risulta conforme al nuovo Titolo V della Parte seconda della Costituzione.
In terzo luogo, sarebbe utile verificare la possibilità di rafforzare la cooperazione tra le Camere e gli enti locali, in particolare per quanto attiene all'informazione sulle rispettive attività di fase ascendente.
Vi prego pertanto di fornirci valutazioni e proposte puntuali di cui terremo sicuramente conto in vista di un'eventuale revisione della legge Stucchi e del regolamento della Camera.
Do la parola a Enrico Borghi, presidente dell'UNCEM.

ENRICO BORGHI, Presidente dell'UNCEM. Signor presidente, grazie per questa opportunità che per noi non è solo meramente formale ma, per le motivazioni che cercherò di riassumere, rappresenta un punto di riferimento estremamente importante per consentire l'esplicazione e la realizzazione di quelle politiche per le aree montane sulle cui competenze esiste oggi un ruolo particolarmente rilevante e significativo dell'Unione europea e dei provvedimenti da essa adottati.
Spesso tale ruolo viene misconosciuto non soltanto dall'opinione pubblica, ma anche dagli stessi operatori dei livelli istituzionali del nostro Paese, che, nel momento in cui decidono di adottare determinati interventi, si rendono conto che le competenze vengono direttamente spostate a un livello «superiore», quello europeo.
Vorrei affrontare brevemente un tema chiave non soltanto per il futuro della qualità della vita di molta parte del nostro


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territorio nazionale, ma anche per la realizzazione di quegli investimenti che sono connessi con la ripresa del ciclo di sviluppo economico del nostro Paese: il tema dei servizi a rete.
Per iniziative in questo campo, che per il territorio montano sono fondamentali, non si può prescindere dalle indicazioni - e dalle prescrizioni, in molti casi - contenute all'interno delle normative europee.
Cito questo tema perché nei giorni scorsi è stato depositato presso il Senato un disegno di legge, tra l'altro sottoscritto da senatori di maggioranza e di opposizione, quindi in un clima di collaborazione istituzionale, il quale, affrontando il tema dei servizi a rete, della garanzia dei medesimi e degli investimenti, non tiene conto, per esempio, delle indicazioni, delle prescrizioni e delle casistiche che l'Unione europea ha introdotto.
Ho citato questo esempio per sottolineare come questa modalità di confronto fra il sistema delle autonomie locali e il Parlamento nell'attuazione della normativa in questione, che noi caldeggiamo, debba diventare a nostro avviso ancora più forte e istituzionale, per così dire, nell'ambito di un percorso di scambio di informazioni che tenga conto anche del lavoro che il sistema delle autonomie locali conduce all'interno del Comitato delle regioni, del quale l'UNCEM fa parte. Al riguardo, il Comitato ha varato, recentemente, un documento sul tema del Libro verde sulla montagna, predisposto dal presidente della provincia autonoma di Bolzano, Luis Durnwalder, che parte da un presupposto: come attuare il contenuto dell'articolo 220 del trattato dell'Unione europea, che apre significative possibilità di azione dell'Europa a favore delle zone di montagna.
Per quanto ci riguarda, questo è l'elemento centrale. È evidente che occorre un'armonizzazione normativa complessiva perché, nel momento in cui il Trattato di Lisbona ha recepito un'indicazione, peraltro fornita anche dal Parlamento della Repubblica italiana, di dover tenere in considerazione le caratteristiche delle aree montane come zone con «handicap strutturale permanente» - questa è la dizione inserita all'interno del Trattato costituzionale - ne discende la necessità di riarmonizzare l'intero impianto normativo della Repubblica italiana sulla base anche di queste prospettive.
A noi capita, nella nostra attività istituzionale, di doverci spesso confrontare con i nostri interlocutori chiedendo loro di tener conto che è questo, oggi, il parametro di riferimento. È capitato per esempio lo scorso anno, nell'ambito della legge finanziaria, nella discussione relativa al ruolo e alla natura delle comunità montane; capita con le regioni che discutono di normative di settore, di riordino di comparti importanti che afferiscono alle zone montane; capita, in questo caso, anche con Governo e Parlamento.
Esiste, quindi, la necessità di rientrare in questo percorso complessivo, che rappresenta anche l'elemento che potrebbe consentire al Paese di cogliere al meglio l'opportunità finanziaria costituita dal Quadro strategico nazionale 2007-2013.
A questo proposito, mi permetto una piccola osservazione. Noi guardiamo con estrema preoccupazione al fatto che il livello di impegno e di spesa - siamo alla fine della seconda annualità - è drammaticamente basso, e noi sappiamo che nel 2009 il livello di spesa delle risorse, anche ingenti, che sono state attribuite al nostro Paese dovrà raggiungere il 30 per cento, pena la decurtazione automatica di tutte le risorse che non arriveranno a tale percentuale. Ebbene, noi siamo a livelli significativamente più bassi, di impegno, non di spesa. Crediamo che ciò dipenda anche da una difficoltà di confronto e di circolazione delle informazioni su questi temi. Pertanto, a questo proposito, consegniamo una riflessione al Parlamento.
La nostra impressione è che ci sia una overdose di riunioni burocratiche e un vuoto di confronto sugli assetti strategici di fondo, che crediamo, su questi temi, dovrebbero in questa sede essere discussi e determinati.
Partecipiamo a un messe sterminata di incontri, tavoli di confronto, di concertazione, in cui ci accorgiamo che su questi temi non dico che «si pesta l'acqua nel


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mortaio», ma quasi. Invece le linee fondamentali dentro le quali, per esempio, introdurre, con l'impiego di queste risorse, possibilità per colmare i gap strutturali dei nostri territori rispetto ad altri in merito alla competitività, non sono state tenute debitamente nel conto, perché è mancata un'azione complessiva di riferimento strategico circa questioni che sono assolutamente fondamentali per il Paese: stiamo parlando di temi come accessibilità, prevenzione del rischio e gestione dell'acqua, che non sono propriamente banalità. Peraltro, questi temi, come ha sottolineato anche il Presidente Barroso intervenendo al Comitato delle regioni nelle scorse settimane, si inseriscono nel percorso che mira a raggiungere obiettivi equi di sviluppo per l'Europa, nel quale rientra anche la possibilità di innescare attività di crescita e di sviluppo lungo questa prospettiva.
Permettetemi un ultimo esempio per ribadire quanto siano fondamentali le questioni europee. Noi potremmo attivare sul nostro territorio nazionale politiche di crescita e di sviluppo senza la necessità di incentivazioni finanziarie pubbliche, nel percorso di applicazione - il cosiddetto 20-20-20 - del Protocollo di Kyoto e quant'altro, qualora ci fosse la possibilità di armonizzare le normative statali e regionali sotto il versante dello stoccaggio del carbonio, dei crediti di prossimità e dell'impiego delle risorse forestali del nostro Paese per il raggiungimento degli standard stabiliti dall'Unione europea.
Questo consentirebbe alle nostre imprese di non pagare sanzioni significative o di non dover andare all'estero per acquistare i crediti di carbonio, ma permetterebbe anche una rivalutazione del nostro patrimonio forestale che, peraltro, inciderebbe positivamente sulla bilancia dei pagamenti.
Anche a questo proposito, però, sembra che la discussione sia quasi a livello iniziatico. Non hanno «bucato lo schermo», ma sono questioni fondamentali che partono dall'Europa e sulle quali è mancata un'azione puntuale, strutturale ed istituzionale. Anche se un'azione di questo tipo è prevista dalla legge, il CIACE non ha svolto quella funzione, che ci si aspettava, di promozione e di raccordo, e rischia, dunque, di trasformarsi in un ulteriore elemento di incrocio - permettetemi la riflessione - formalistico-burocratico.
Noi vorremmo che non fosse così, proprio per le motivazioni che ho cercato di spiegare. Vorremmo che questo nostro coinvolgimento all'interno delle fasi ascendenti e discendenti dell'adozione degli atti comunitari non fosse soltanto un'azione dovuta, ma potesse «contagiare» in questo percorso di confronto le amministrazioni competenti. Ci si accorgerebbe infatti che esistono già, da un lato, delle normative e, dall'altro, delle risorse che devono essere soltanto «incrociate» e possono consentire anche al nostro Paese di affrontare alcune questioni che, per quanto ci concerne, sono assolutamente di rilievo.
Abbiamo consegnato un documento, signor presidente, contenente una serie di ulteriori punti che rivelano l'importanza delle ricadute dei processi comunitari sui nostri territori. Pensiamo alla nuova politica agricola comunitaria, allo sviluppo rurale, alle scelte dell'Unione europea di trasferire sulle politiche di sviluppo rurale iniziative di incentivazione che in passato erano rivolte soprattutto ai grandi mercati e alle grandi imprenditorie agricole del nord Europa. Si può comprendere come oggi esistano già delle risorse sul versante delle politiche della montagna che spesso, però, non vengono allocate per questa difficoltà di confronto. Quindi, in questa prospettiva, naturalmente a livello di proposta, vorremmo chiedere che il Comitato interministeriale per gli affari comunitari europei possa avere una rilevanza e una più marcata presenza, in rapporto all'altro strumento del quale facciamo parte, ovvero il sistema delle conferenze (Conferenza unificata e Conferenza Stato-città).
È già prevista, ogni anno, una sessione particolare dedicata a questi temi. Vorrei, tuttavia, essere estremamente franco rispetto a questo aspetto: anche in questo caso, il rischio del formalismo è molto forte; il rischio, cioè, che questo tema venga derubricato quasi a elemento di obbligatorietà. Occorrerebbe, invece, trovare anche


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nel percorso istruttorio modalità che consentano un confronto effettivamente produttivo fra il sistema delle conferenze e il CIACE, per mettere anche i decisori in condizione di avere una rilevanza più marcata.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

SANDRO GOZI. Ringrazio il presidente Borghi per il suo intervento. Vorrei sollevare alcuni punti. Il primo, ancora una volta, di ordine politico e culturale: se noi e voi, opposizione e maggioranza, riusciamo ancora a presentare in Senato un progetto di legge sulla montagna che non tiene conto delle normative comunitarie, significa che il lavoro prima culturale e poi politico da compiere nelle due Camere è ancora molto lungo.
Penso che abbiamo interesse a sottolineare queste mancanze, dal momento che i comitati che presiediamo - questo e il Comitato permanente per il monitoraggio sull'attuazione delle politiche dell'UE che si è appena riunito - devono assolutamente svolgere, a mio parere, anche un lavoro di sensibilizzazione, che evidentemente ancora manca.
La mia è una considerazione di ordine generale che mi sembrava, tuttavia, molto utile esprimere.
Il presidente Borghi faceva riferimento ai rapporti tra enti locali e Comitato delle regioni, ma ci ha detto poco su come, a loro parere, i rapporti tra comunità montane e Parlamento possano essere migliorati, se è necessario farlo.
Vorrei, inoltre, capire se e quanto venite consultati e quale impatto hanno i vostri pareri - in base alla vostra valutazione - rispetto al Governo, a livello CIACE o di altri strumenti di coordinamento del sistema Italia, nel momento in cui vengono assunte alcune decisioni. Ancora, vorrei sapere quali sono i vostri rapporti con i parlamentari italiani al Parlamento europeo, se valutate tali rapporti positivamente e se avete suggerimenti sistemici da avanzare per migliorare questo tipo di consultazione.
Chiedo, altresì, qual è il vostro parere sui rapporti tra Titolo V rivisto e legge n. 11 del 2005. Ci sono aspetti della legge che, a vostro parere, andrebbero modificati, migliorati o comunque adattati alle nuove esigenze, anche e soprattutto in vista della possibile entrata in vigore del Trattato di Lisbona?

PRESIDENTE. Rivolgo anche io qualche domanda, in modo da poter dare in seguito spazio alle risposte.
Proprio per cercare di capire in che termini intervenire sulla legge Stucchi e se eventualmente farlo, vorremmo sapere se siete stati coinvolti nei tavoli di coordinamento con le regioni e con gli altri enti locali previsti dall'articolo 5, comma 7 della legge Stucchi.
Questo è interessante per cercare di capire in che termini il vostro contributo può essere utile.
Lei, presidente Borghi, ha fatto riferimento al Trattato di Lisbona che prevede, per la prima volta, nell'ambito della politica di coesione territoriale, un riferimento specifico alle zone di montagna. Quali implicazioni potrebbero avere queste previsioni per il nostro Paese e per la normativa europea? Vorrei sapere, inoltre, se, come comunità montane, state seguendo il dibattito in corso sul Libro verde sulla coesione territoriale.
Infine, chiedo se siete stati coinvolti dal Governo - questo o il precedente, ha poca importanza - nei processi di consultazione previsti dalla legge Stucchi all'articolo 6 e, in particolare, se avete mai trasmesso, come UNCEM, osservazioni al Governo su progetti di atti comunitari di vostro interesse.
Do la parola al presidente Borghi per la replica.

ENRICO BORGHI, Presidente dell'UNCEM. Cercherò di essere sintetico, ma devo dire - se mi è consentita una digressione del tutto personale - che le domande poste solleticano la mia personale esperienza come membro del Comitato delle regioni e come attuale vicepresidente vicario dell'Associazione europea degli eletti della montagna. Potrei rischiare, quindi, di aprire un canale di risposta eccessivamente ridondante, sotto


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questo profilo, ma cercherò di essere sintetico.
Seguendo l'ordine cronologico delle domande, affronto innanzitutto la questione dei rapporti tra le comunità montane e il Parlamento. In questa prospettiva, oggi sentiamo di dover riportare la voce intanto, ma non solo, di istituti come le comunità montane, che hanno peraltro conosciuto proprio recentemente una fase di profondo riordino e trasformazione. Ricordo, per inciso, che il numero delle comunità montane è passato da 356 a 180 nell'intero territorio nazionale, con una profonda «stretta» nella composizione numerica degli organi. Con le regioni abbiamo convenuto una riduzione di quasi il 60 per cento dei componenti, rispondendo quindi all'esigenza di maggiore efficienza, capacità e sobrietà del sistema della pubblica amministrazione.
Dentro questo percorso, sono anche state definite alcune azioni che fanno sì che, di fatto, questi soggetti siano quelli preposti sul territorio per l'impiego dei fondi strutturali dell'Unione europea; per la loro complessità e struttura, infatti, questi fondi non possono essere impiegati dai piccoli comuni senza un soggetto aggregativo, un quadro di programmazione, una capacità di rendicontazione, insomma senza quel sistema di know-how e di competenze fondamentale rispetto alle esigenze previste.
Noi vorremmo, quindi, rappresentare oggi anche la difficoltà dei piccoli e piccolissimi comuni del nostro Paese innanzitutto di stare dentro questo processo. È un elemento di impoverimento del sistema non coinvolgere nel processo armonico di costruzione 5-6 mila comuni del nostro Paese. Pensare che la questione dell'Unione europea sia affidata soltanto a livelli di ottimati credo che sia un concetto di democrazia poco in linea con la prima parte della nostra Costituzione.
È chiaro che il sindaco di un piccolo paese risente di una difficoltà strutturale rispetto a questi temi. Dunque, più in generale, noi leggiamo il tema del rapporto tra le comunità montane e il Parlamento come la necessità di costruire un meccanismo di aggregazione territoriale - questa è la scommessa che abbiamo lanciato con le regioni - che parta dal basso e non dall'alto e che sia in grado di tenere insieme piccole o piccolissime municipalità che poi, spesso, impattano con l'Europa senza saperlo. Difatti, quando chiude un ufficio postale o quando arriva una disposizione sulla normativa idrica ci si rende conto che ci sono questioni più ampie, rispetto alle quali lo stesso potere di intervento delle regioni e del Parlamento sfuma.
Altro tema assolutamente fondamentale per le nostre zone è rappresentato dalle modalità con le quali l'Unione europea applica o non applica il cosiddetto «principio di concorrenza». Lo diciamo oggi, in una fase storica in cui questo dogma sembra essersi ammorbidito. Negli anni scorsi, nelle nostre conversazioni e nei nostri incontri con i rappresentanti dell'Unione europea, della Commissione, ogni volta che andava in Europa una legge regionale che cercava di affrontare il problema dell'incentivazione per le zone montane - per esempio per l'abbattimento dei costi strutturali degli impianti di risalita oppure incentivazioni alle imprese per abbattere i costi strutturali di trasporto e di collegamento - ci veniva risposto che il principio di concorrenza non lo consentiva.
Ecco, forse oggi i tempi sono maturi per comprendere che applicare il principio di concorrenza vuol dire far partire tutti dallo stesso punto. Ciò significa tener conto che un imprenditore delle Alpi, piuttosto che dell'Appennino, ha maggiori costi di trasporto, problemi di approvvigionamento energetico, problemi strutturali di accesso ai mercati, perché spesso non ha la forza lavoro qualificata presente in loco e, quindi, o affronta il costo della formazione e della ricerca oppure si rivolge altrove, dove esistono le maestranze richieste.
Noi abbiamo puntato molto sul discorso della qualificazione dei processi, sul tema dei prodotti di qualità e via dicendo, ma si tratta anche di fare riconversioni produttive in vallate che, magari, hanno vocazioni industriali di tutt'altra natura: manifatturiere, chimiche o siderurgiche. Insomma, non è semplice trasformare le vallate industriali


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in nuove Silicon Valley, né riconvertire un'agricoltura tradizionale in un'agricoltura di qualità.
Tutti questi temi, a volte, hanno avuto un impatto di una certa rigidità e, dunque, spesso i piccoli comuni si sono trovati ad essere il versante finale di gestione di problematiche molto più complesse. Anche da questo punto di vista, un maggiore rapporto tra il sistema delle autonomie locali e il Parlamento può consentire ai nostri associati di ricevere quelle basi cognitive che consentano loro di non uscire di traiettoria e di individuare con precisione la problematica, stabilire le responsabilità dal punto di vista normativo e indicare, di conseguenza, l'azione politica da adottare sulla base di misure che siano effettivamente praticabili. Non è pensabile, infatti, ritornare, per esempio, alla Cassa del mezzogiorno, ma occorre rientrare in un certo processo di impiego di risorse.
Torno su questo tema proprio per ribadire ulteriormente la preoccupazione circa il Quadro strategico nazionale. Ci rendiamo disponibili al confronto con il Parlamento, proprio perché ci rendiamo conto che occorre, rispetto a questi temi, una forte spinta, culturale prima ancora che politica. Riteniamo, dunque, che il Parlamento sia la sede più adeguata ad ospitare questa rinnovata capacità di iniziativa.
Ciò è confermato anche dalla sostanziale formalità nei nostri incontri con i Governi, a prescindere dalle maggioranze di turno scelte dal popolo. Su questi temi, il percorso di confronto e di concertazione con il Governo della Repubblica italiana è fermo, al di là di un episodio positivo che risale al 2002-2003. In quell'occasione, con l'allora Presidente della Commissione Prodi e l'allora Ministro degli affari esteri Frattini, fu possibile avviare un'azione istituzionale che portò alla presa di posizione ufficiale dell'Italia rispetto all'inserimento nel Trattato costituzionale di quello che oggi è l'articolo 220. Si trattò di un'iniziativa importante, nella quale fummo ascoltati sia dal Governo sia dalla Commissione e ciò permise di dar vita ad un'azione significativa. Purtroppo, siamo rimasti fermi a quel punto. Insomma, dal momento in cui siamo riusciti - mi si conceda questa similitudine - a piantare una bandiera importante, non abbiamo compiuto il passo successivo.
Né il Governo precedente né - ahimè - il Governo attuale si sono resi conto dell'importanza delle implicazioni di questo aspetto e, quindi, non hanno attuato e non attuano neppure le procedure di concertazione adeguate. Penso alle procedure stabilite dalla normativa attuale, all'Osservatorio per la montagna, al Comitato tecnico interministeriale per la montagna, i quali non sono stati ricostituiti e riavviati.
Mancano i luoghi del confronto anche all'interno dell'amministrazione statale, per cui dalle varie amministrazioni escono provvedimenti incoerenti. Questo, per esempio, è quello che abbiamo cercato di spiegare al Ministro Gelmini rispetto al tema delle scuole, che rientra nella questione più larga e complessa dei servizi a rete e di come incrociare il tema della sussidiarietà con questi problemi.
Vi cito un esempio molto concreto. Se lo Stato decide di «disimpegnare» proprie attività e funzioni e, nell'ambito della sussidiarietà, si ritiene che alcune delle mansioni che in passato esso stesso svolgeva possano essere svolte dai territori, ebbene, tale processo richiede una forte armonizzazione di carattere normativo, perché può valere per la scuola, per gli ospedali, per l'assistenza agli anziani, per gli uffici postali e quant'altro.
Se non promuoviamo iniziative di incrocio e di armonizzazione normativa, il risultato finale è che lo Stato si disimpegna ma nessuno può, anche volendo, sostituirlo e il cittadino non riceve più risposte e servizi, con conseguenze che alla fine si ripercuotono sul Governo medesimo.
Il Ministro dell'istruzione ha compreso questo aspetto, ma questa riflessione può valere per molti altri aspetti, connessi, ad esempio, anche al tema delle attività produttive.
Per quanto riguarda i rapporti con i parlamentari italiani nel Parlamento europeo, innanzitutto ricordo che a livello nazionale facciamo parte dell'Associazione europea eletti della montagna - l'UNCEM ne è un socio fondatore - la quale è sostanzialmente


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il nostro omologo a livello europeo che si confronta costantemente con Parlamento, Commissione, Comitato delle regioni e Comitato economico e sociale europeo. Abbiamo dei buoni rapporti con i parlamentari italiani presenti, che - mi sia consentito dirlo - sono spesso sempre gli stessi, e da tali confronti è emerso il quadro, a cui facevo prima riferimento, di grande sottovalutazione dell'impiego delle risorse.
Siamo molto preoccupati rispetto a questo tema, ed è per questo che lo richiamo per la terza volta. In un momento di difficoltà nella disponibilità di risorse, com'è quello che viviamo adesso nel nostro Paese, sarebbe paradossale arrivare alla fine dell'anno e accorgersi che dobbiamo restituire a Bruxelles ingenti risorse, soprattutto nel Mezzogiorno d'Italia, solo perché non siamo stati capaci di armonizzare il nostro percorso decisionale.
Per quanto riguarda la questione dell'armonizzazione con il Titolo V, riteniamo che qualcosa ancora vada fatto, soprattutto in riferimento al tema richiamato prima, ossia - lo dico, naturalmente, senza alcuna vis polemica - che il sistema delle autonomie locali fatica spesso a rappresentare complessivamente l'articolazione e la soggettività del panorama municipale del nostro Paese.
L'Italia non è fatta solo di grandi e medie città. Nel momento in cui non siamo stati coinvolti - per rispondere alla sua domanda, onorevole - né nei processi di consultazione di cui all'articolo 6 né in merito all'altro aspetto a cui faceva riferimento il presidente, abbiamo la prova che gli altri partecipanti alle audizioni riportano naturalmente le problematiche dei soggetti di riferimento. L'ottica con cui si guarda all'Europa da una grande città o da una metropoli italiana è diversa rispetto a quella di una vallata delle Alpi. In questa prospettiva, abbiamo bisogno di rappresentare tutti i punti di vista.
Per rispondere all'ultima domanda, noi siamo stati evidentemente consultati per quanto concerne il Libro verde sulla coesione e abbiamo partecipato al confronto con il presidente della Commissione Barroso, che per molti aspetti ha recepito le indicazioni dell'Associazione europea degli eletti della montagna. All'interno di questo percorso rientrano molte delle questioni che possono consentire la risoluzione di una serie di problemi strutturali del nostro Paese.
Se dovessi fare una battuta direi che l'Europa, sotto questo profilo, ha superato l'esame. Adesso, però, spetta al nostro Paese superarlo. In questo senso, crediamo che un'armonizzazione della normativa, per dare qualche elemento in più di cogenza, possa essere opportuno.

PRESIDENTE. Sarà nostra cura cercare di capire in che termini ricevere altri apporti da parte vostra. Eventualmente, in una rivisitazione della legge Stucchi, cercheremo di capire in che termini sia possibile - se non farvi intervenire - quantomeno calibrare alcune situazioni. Vi ringrazio per il contributo offerto al Comitato.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 11,20.

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