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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione XIV
10.
Giovedì 26 marzo 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Consiglio Nunziante, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA PARTECIPAZIONE DELL'ITALIA ALLA FORMAZIONE E ALL'ATTUAZIONE DELLA NORMATIVA E DELLE POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA: ATTUAZIONE DELLA LEGGE N. 11 DEL 2005 E PROSPETTIVE DI RIFORMA

Audizione dell'ambasciatore Ferdinando Nelli Feroci, capo della Rappresentanza permanente d'Italia presso l'Unione europea:

Consiglio Nunziante, Presidente ... 3 11 14 16
Gozi Sandro (PD) ... 13
Nelli Feroci Ferdinando, Capo della Rappresentanza permanente d'Italia presso l'Unione europea ... 4 14
Razzi Antonio (IdV) ... 11
Touadi Jean Leonard (PD) ... 12
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.

COMMISSIONE XIV
POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA
Comitato permanente per il monitoraggio sull’attuazione delle politiche dell’UE

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di giovedì 26 marzo 2009


Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE NUNZIANTE CONSIGLIO

La seduta comincia alle 8,55.

(Il Comitato approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione dell'ambasciatore Ferdinando Nelli Feroci, capo della Rappresentanza permanente d'Italia presso l'Unione europea.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea: attuazione della legge n. 11 del 2005 e prospettive di riforma, l'audizione dell'ambasciatore Ferdinando Nelli Feroci, capo della Rappresentanza permanente d'Italia presso l'Unione europea.
L'audizione odierna presenta una particolare importanza in quanto la Rappresentanza permanente presso l'UE svolge un ruolo decisivo per l'efficacia della partecipazione italiana al processo di integrazione europea. Gli strumenti e le procedure previsti dalla legge Stucchi per la formazione della posizione italiana nelle sedi decisionali comunitarie presuppongono, infatti, una partecipazione sistematica ed efficace della Rappresentanza permanente in tutte le fasi e i livelli del ciclo decisionale comunitario.
Ai fini della nostra indagine vorremmo acquisire in primo luogo le valutazioni dell'ambasciatore Nelli Feroci sull'adeguatezza del quadro normativo vigente rispetto all'esigenza di assicurare una formazione tempestiva e coerente della posizione negoziale del nostro Paese in relazione alle iniziative regolative e politiche dell'UE.
In particolare, al fine di verificare i rapporti tra il CIACE, i ministeri e le autorità, statali e regionali, da un lato, e la Rappresentanza permanente ai fini dell'espressione della posizione italiana, vorrei porle le seguenti domande: è la Rappresentanza informata e coinvolta sistematicamente e tempestivamente nella formazione della posizione italiana, in particolare in seno al CIACE? Sono le posizioni da voi rappresentate nella diverse sedi decisionali, e in particolare nel COREPER, concordate con il livello politico ed amministrativo di riferimento, sin da una fase precoce? Nella sua esperienza, ritiene che ci sia una sostanziale coerenza tra le posizioni che il nostro Paese manifesta a livello europeo?
In passato abbiamo non di rado appurato che le diverse autorità coinvolte nella discussione o nel negoziato su una stessa proposta legislativa procedevano in ordine sparso, manifestando ciascuna una posizione differente se non contrastante; quali sono i rapporti tra la Rappresentanza e le regioni, che ai sensi del nuovo articolo 117 della Costituzione e della legge La Loggia, dovrebbero essere coinvolte direttamente e sistematicamente nel negoziato sui progetti di atti comunitari che incidono sulle proprie competenze?


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Un secondo e più generale profilo che vorremmo approfondire grazie al suo contributo, attiene alla capacità del nostro Paese di «fare sistema» a livello europeo, assicurando il concorso di tutti gli attori nazionali coinvolti nella tutela degli interessi nazionali. In particolare, vorrei chiederle se esiste un raccordo informale tra la Rappresentanza permanente e, più in generale, il Governo e gli europarlamentari italiani, sul modello di quanto avviene per altri Stati membri e se ci sono contatti tra la Rappresentanza e le organizzazioni ed associazioni rappresentative delle parti sociali e delle categorie produttive italiane, in particolare in relazione a proposte ed iniziative dell'UE aventi particolare rilevanza per l'Italia.
Il terzo ed ultimo aspetto che vorremo esaminare concerne i rapporti tra la Rappresentanza ed il Governo, e il Parlamento italiano. Lei sarà sicuramente informato del notevole incremento qualitativo e quantitativo dell'attività della Camera e del Senato in materia europea in questa legislatura. Su tutte le più importanti iniziative dell'UE la nostra Commissione e le altre Commissioni competenti hanno espresso indirizzi al Governo: cito, a titolo di esempio, il pacchetto clima-energia, la proposta di direttiva sulle sanzioni per i datori di lavoro di immigrati irregolari, il pacchetto cielo unico europeo, il pacchetto di riforma della politica agricola comune.
È la Rappresentanza informata di queste attività e degli orientamenti espressi dalle Camere? Tenete conto di questi orientamenti nelle vostre attività?

FERDINANDO NELLI FEROCI, Capo della Rappresentanza permanente d'Italia presso l'Unione europea. Presidente, la ringrazio per l'invito, che ho accolto con molto piacere, a venire ad esporre alcune considerazioni sul tema dell'attuazione della legge Stucchi-Buttiglione. Risponderò molto volentieri - erano più o meno gli argomenti che intendevo sviluppare - ai quesiti che lei mi ha posto con questo suo intervento introduttivo; vorrei fare solo una brevissima premessa per chiarire il quadro congiunturale nel quale si trova ad operare l'Unione in questi mesi. Siamo ancora purtroppo, va sottolineato, in attesa del completamento delle procedure di ratifica del Trattato di Lisbona.
Voi sapete che nel Consiglio europeo del dicembre scorso è stato delineato un certo percorso che dovrebbe consentire al Governo irlandese di portare il trattato a referendum nella prima metà di ottobre. Si tratta, in particolare, di adottare delle dichiarazioni di valore politico che garantiscano l'Irlanda su alcuni punti sensibili in materia di rispetto della sovranità nazionale irlandese, su questioni che hanno a che vedere con i temi etici, la neutralità irlandese, la fiscalità diretta e la composizione della Commissione. Ciò si dovrebbe fare al Consiglio europeo di giugno e successivamente, dopo l'auspicata ratifica da parte irlandese, occorre tradurre queste dichiarazioni politiche in atti giuridicamente vincolanti, cioè in protocolli, che dovrebbero essere ratificati con il primo veicolo utile.
Aggiungo che, dopo la crisi di Governo di qualche giorno fa della Repubblica Ceca, il quadro si è un po' complicato perché il rischio oggi che la ratifica sia più difficile da parte della Repubblica Ceca è molto più forte di prima della crisi. Ho citato questo, perché il mutamento del quadro giuridico-istituzionale di riferimento comporterà evidentemente qualche aggiustamento anche sotto il profilo dispositivo, regolamentare e procedurale, in particolare per quanto riguarda i lavori parlamentari e immagino le competenze e le responsabilità di questa Commissione.
Ho in mente soprattutto, sempre nell'ipotesi che il Trattato entri in vigore come tutti ci auspichiamo, le modalità di attuazione e di applicazione del protocollo relativo al ruolo dei Parlamenti nazionali nell'applicazione del principio di sussidiarietà. Spetterà, come sono sicuro voi sarete al corrente, ai Parlamenti nazionali, prima ancora che inizi l'esame nelle sedi del Consiglio e del Parlamento europeo sui singoli provvedimenti di carattere normativo, di pronunciarsi sul rispetto o meno da parte della Commissione del principio di sussidiarietà. Con la possibilità, se si


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raggiunge una massa critica di almeno un terzo dei Parlamenti nazionali, di stoppare il provvedimento e di rimandarlo alla Commissione per un ulteriore esame sul punto specifico della sussistenza o meno del principio di sussidiarietà.
Non mi sembrano particolarmente rilevanti le modifiche da introdurre sotto il profilo della comunicazione di atti, rapporti, documentazione da parte della Commissione e delle altre istituzioni comunitarie ai Parlamenti nazionali; probabilmente visto che il Trattato prevede una trasmissione diretta si potrà evitare il passaggio, del tutto formale, attraverso il Governo ed istituire un sistema diretto di trasmissione di questi documenti dalla Commissione ai Parlamenti nazionali.
Così come non credo che si debbano immaginare particolari innovazioni nella fase che definirei discendente. La legge Stucchi-Buttiglione contiene già tutti gli elementi perché si possa proseguire un lavoro avviato positivamente per garantire una più tempestiva ed efficace trasposizione della normativa comunitaria nell'ordinamento nazionale. Non mi sembra che il Trattato di Lisbona richieda particolari aggiustamenti sotto questo profilo.
Detto questo, ci avviamo nei prossimi mesi a vivere una fase di transizione abbastanza complessa, con le elezioni del Parlamento europeo che si svolgeranno sulla base della normativa vigente (il trattato di Nizza modificato dai trattati di adesione di Bulgaria e Romania), a parte le considerazioni relative al quadro politico e quindi ai temi di campagna elettorale, che non sta a me sviluppare.
Ad ogni modo, dovremmo ridurre il numero complessivo dei parlamentari a 736; il che comporta, per un Paese come l'Italia, la riduzione da 78 a 72 del numero dei membri italiani del Parlamento.
Premetto che andiamo a designare la nuova Commissione in una situazione di qualche ambiguità e difficoltà, sotto il profilo della mancanza di chiarezza. Probabilmente, inizieremo il processo già a giugno, quindi designando il nuovo Presidente della Commissione sulla base della normativa vigente, salvo poi sospendere il percorso in attesa di vedere se si arriverà - come ci auguriamo - al trattato di Lisbona, e proseguire il processo di designazione degli altri componenti della Commissione sulla base della nuova normativa, concludendola verosimilmente dopo il 1o novembre, con le audizioni parlamentari dei commissari e con l'insediamento della nuova Commissione il 1o gennaio.
Ciò dovrebbe comportare una proroga, di fatto, dell'attuale Commissione verosimilmente dell'ordine di due mesi, nella migliore delle ipotesi.
Quella esposta fino ad ora era un'informazione di background, che tuttavia mi è sembrata utile - probabilmente sono notizie e informazioni che già avevate - per delineare la tela di fondo, sulla quale si possono affrontare le questioni più specifiche che lei, presidente, mi ha suggerito nella sua introduzione.
Mi è stato chiesto se ritengo adeguato il quadro normativo vigente, quello definito dalla legge n. 11 del 2005, nota come Stucchi-Buttiglione. La mia risposta è sicuramente positiva, anche se naturalmente, come in tutti i casi, si potrebbe migliorare la performance.
Intanto, direi che l'istituzione del CIACE è uno sviluppo senz'altro positivo. Il CIACE ricalca il modello di un organismo collegiale che operava ed opera in Francia da molti anni e che ha funzionato molto bene sul posto sotto l'autorità diretta del Primo ministro e in Italia sotto l'autorità del Ministro delegato per le politiche comunitarie, che a sua volta è delegato dal Presidente del Consiglio.
Quindi, parliamo di un modello che, come ritengo essere giusto e corretto, individua nel Capo del Governo, nel Presidente del Consiglio, l'autorità politica a cui deve fare capo l'attività di coordinamento nel corso della definizione della posizione nazionale, nella cosiddetta «fase ascendente» della produzione normativa.
Il CIACE è un organo a composizione variabile con alcuni componenti fissi, ed altri (amministrazioni o ministeri) che vengono coinvolti in funzione della materia che viene trattata.


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Il CIACE è un organismo che funziona e che ha operato prevalentemente, se non forse esclusivamente, ogni qualvolta che si è trattato di affrontare la questione della definizione della posizione nazionale su materie caratterizzate da una natura interdisciplinare, ossia quando intervenivano competenze e responsabilità di più di una amministrazione.
Dico questo, perché rimane fermo il principio secondo cui, quando la materia è di esclusiva competenza di un'amministrazione, questa viene trattata normalmente - a meno che non assuma delle connotazioni politiche tali da richiedere una mediazione a più alto livello politico -, in maniera diretta ed esclusiva dall'amministrazione competente. Questo vale per la materia dei trasporti, dell'agricoltura, per tutta la filiera Ecofin.
Finché non si pone un problema di competenze concorrenti, il CIACE non interviene e probabilmente non c'è bisogno che lo faccia.
Penso dunque che questo modello funzioni bene e che sarebbe un errore sovraccaricarlo di competenze che probabilmente non sarebbe in grado di gestire, e sulle quali verosimilmente le amministrazioni singole, con competenza settoriale, avrebbero qualche difficoltà a delegare responsabilità e poteri.
Per quanto ci riguarda, recentemente abbiamo avuto a che fare con alcuni dossier particolarmente complessi: a suo tempo, la direttiva REACH e, ultimamente, il difficile negoziato sul pacchetto delle tre direttive della decisione che, nel dicembre scorso, sono state finalizzate sotto la definizione generica del «pacchetto clima-ambiente».
Questo è un tipico esempio in cui il ruolo del CIACE è stato determinante e decisivo.
Il CIACE, in particolare attraverso il coordinatore della segreteria che avete audito, ossia il Ministro Gaiani, non solo ha coordinato posizioni nazionali non sempre necessariamente coincidenti all'origine, cercando di trovare una sintesi, ma ha anche svolto, assieme ad altre amministrazioni, un'opera di sensibilizzazione nei confronti dei nostri maggiori partner negoziali.
L'obiettivo era quello di far emergere una posizione nazionale che cercasse una sintesi fra l'esigenza di un accordo che era giusto, direi quasi inevitabile, in sede europea, ma anche la protezione di interessi nazionali fortemente sentiti; in particolare quelli dell'industria manifatturiera italiana, per il quale settore si trattava sostanzialmente e fondamentalmente di ridurre gli oneri in una misura compatibile e sostenibile.
Non c'è dubbio, quindi, che l'esistenza e l'operatività del CIACE facilitino enormemente il lavoro della Rappresentanza che, come è stato detto, è il terminale, a Bruxelles, di un lavoro che si svolge e si deve svolgere prima di tutto a Roma.
Inoltre, ripeto, per le materie che hanno una caratterizzazione pluridisciplinare il riferimento è sicuramente il CIACE, altrimenti le singole amministrazioni. In ogni caso, devono essere loro che danno alla Rappresentanza gli input, le indicazioni e le istruzioni che ci consentono di partecipare attivamente, costruttivamente e sollecitamente alla definizione delle posizioni comuni europee.
Come ho detto in precedenza, credo che questo meccanismo funzioni complessivamente bene. Ci possono essere delle differenze qualitative a seconda delle amministrazioni, del grado di coinvolgimento di settori di singole amministrazioni, ma complessivamente ne darei un giudizio positivo.
Certamente, si può migliorare la performance. Non c'è il minimo dubbio. La si potrebbe migliorare soprattutto se fossimo più capaci di intervenire a monte.
Mi spiego: l'aspetto sul quale sinora abbiamo manifestato qualche carenza è stato la capacità di influenzare la proposta della Commissione prima ancora che la stessa fosse formalizzata e ufficialmente sottoposta al Consiglio e al Parlamento.
Come sicuramente sapete, le proposte di carattere legislativo della Commissione sono precedute da un lavoro approfondito


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di consultazione delle parti sociali, di concertazione, di sondaggio sugli umori dei settori interessati.
Talora, vengono precedute dalla pubblicazione di Libri bianchi o di Libri verdi, a seconda della loro natura. Comunque, prima che assumano la forma di una vera e propria proposta, si svolge una fase preliminare, nella quale le parti interessate fanno sentire la loro voce ed esprimono il loro parere e le loro valutazioni sulla questione ai servizi della Commissione.
Ecco, credo che in quella fase si possa sicuramente migliorare la performance, perché è molto più difficile - se mi si permette l'espressione - risalire la china una volta che la Commissione ha formalizzato un progetto di regolamento o di direttiva, piuttosto che cercare di influenzarne i contenuti prima che questa proposta assuma una veste formale.
Sicuramente, si può svolgere un lavoro importantissimo in sede negoziale, a partire dal momento in cui la proposta viene esaminata nel gruppo di lavoro, fino a quando viene portata al Coreper. Quando ciò accade vuol dire che siamo molto vicini alla sua quasi approvazione formale; compito che spetta al Consiglio nella sua formazione ministeriale.
Senza dubbio, tuttavia, si può portare avanti tale lavoro, soprattutto attraverso un sistema di alleanze, che è tanto più importante e determinante quando la proposta deve essere approvata a maggioranza qualificata. È molto semplice opporsi e resistere quando siamo in presenza di un atto che deve essere approvato all'unanimità; invece, è più complicato quando, per realizzare le minoranze di blocco, bisogna costruire un sistema di alleanze individuando interessi convergenti.
Ad ogni modo, se posso sottolineare un punto sul quale credo che si possa migliorare la nostra capacità di influenzare il processo decisionale, esso si ritrova proprio nella fase che precede la presentazione formale della proposta da parte della Commissione.
A questo punto, cerco di seguire lo schema delle questioni che mi sono state poste.
Vengo in primo luogo alla coerenza tra le posizioni italiane in Europa. In proposito, direi che non ho notato particolari episodi di assenza clamorosa di coordinamento da parte dei membri del Governo.
Tra l'altro, uno dei compiti della Rappresentanza e del rappresentante permanente - sia di chi vi parla, sia del mio aggiunto che ha la responsabilità di tutta una serie di attività consiliari, poi vi spiegherò come è organizzato il lavoro di Rappresentanza -, avendo il punto di vista di Bruxelles, è quello di fare in modo che, non solo per i ministri quando vengono, ma anche nelle fasi di preparazione e discussione della singola proposta, sia garantita una coerenza complessiva del lavoro in sede europea. Questo è uno dei compiti principali a cui siamo chiamati.
Apro una parentesi, volevo chiarire che, essendo così vasta, articolata e numerosa la materia che viene trattata in sede di Unione europea, in particolare in sede di Consiglio, la Rappresentanza è organizzata in settori.
Uno di questi settori fa riferimento direttamente al capo della Rappresentanza permanente, ossia a chi vi parla. Tale ambito è legato a tutta l'attività che viene trattata nel Consiglio affari generali e relazioni esterne, nel Consiglio Ecofin e nel Consiglio giustizia e affari interni.
In questo senso, anche tutta l'attività di politica estera e di sicurezza che viene trattata, sotto il livello del Coreper, dal Comitato politico di sicurezza, in qualche modo viene poi filtrata dal Coreper seconda parte, a cui partecipano i rappresentanti permanenti.
Invece, il rappresentante permanente aggiunto, il Ministro Grassi, ha la responsabilità di garantire la coerenza dell'azione italiana in tutte le altre filiere di attività che fanno capo ai Consigli «più tecnici»: il Consiglio trasporti, il Consiglio energia, il Consiglio ricerca, il Consiglio istruzione, il Consiglio cultura, il Consiglio ambiente,


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il Consiglio competitività e il Consiglio occupazione, politiche sociali, sanità e consumatori.
Non ho esposto l'elenco in un ordine particolarmente accurato forse, ma serviva solo per darvi un'idea di come abbiamo dovuto organizzarci. Questa è una ripartizione di competenze che non vale solo per noi, ma che condividiamo con tutte le altre rappresentanze che operano a Bruxelles. Essa costituisce una condizione di sopravvivenza, perché sarebbe umanamente e fisicamente impossibile per ognuno di noi seguire tutto.
È ovvio che al rappresentante permanente spetta una responsabilità di vigilanza e di controllo su tutta l'attività della Rappresentanza. Quindi, è scontato non solo che ci sia una continua consultazione e concertazione con il mio aggiunto, ma anche che, se vengono in rilievo questioni particolarmente delicate, ad esempio nel Consiglio trasporti o occupazione, il rappresentante permanente se ne faccia carico personalmente.
Quanto al rapporto con i parlamentari europei, questa è una delle preoccupazioni e delle cure particolari della Rappresentanza permanente.
Da sempre, abbiamo un funzionario responsabile per i rapporti con il Parlamento. È presente il collega, consigliere Verola, che ha ricoperto questo ruolo in passato. Dopo di lui, altri si sono succeduti in questo incarico che, purtroppo, è alla testa di una squadra molto esigua, perché i nostri numeri non sono confrontabili, né comparabili, con quelli dei nostri maggiori concorrenti a Bruxelles.
Il compito di questo funzionario è quello di mettere a disposizione dei nostri parlamentari tutta la documentazione che può essere utile o necessaria per consentire loro di lavorare in maniera informata.
Io stesso, periodicamente, con cadenza quasi mensile, ogni volta che ce n'è la possibilità - più spesso a Bruxelles, e meno a Strasburgo, perché il viaggio è molto complesso e difficile -, cerco di incontrare quella che abbiamo individuato come una sorta di cabina di regia.
Sostanzialmente, si tratta dei tre vicepresidenti, i presidenti di Commissione, i capi delegazione delle singole formazioni partitiche e i nostri membri del Parlamento che hanno responsabilità negli uffici di presidenza dei gruppi parlamentari.
Abbiamo dovuto scegliere questa composizione, perché è difficile riunire settantotto persone, anche se non tutte vengono per ogni sessione.
In fondo, si tratta di coinvolgere coloro che sono più attivi, più presenti nelle attività del Parlamento europeo. È un rapporto di collaborazione molto apprezzato, soprattutto da quei parlamentari europei che fanno seriamente il loro lavoro, che sono presenti e che si impegnano, anche e soprattutto quelli che si prendono la briga e l'onere di fare da relatori, che forse è il lavoro più faticoso, complesso e impegnativo, ma di maggiore soddisfazione.
Recentemente - lo cito, perché è un caso di lavoro straordinario svolto da un parlamentare italiano -, sul regolamento CO2 auto, che è molto oneroso per l'industria automobilistica europea, e in particolare per quella italiana, l'onorevole Sacconi ha svolto un ottimo lavoro.
Abbiamo avuto un rapporto di collaborazione quotidiano con l'onorevole Sacconi per informarlo delle nostre preoccupazioni, e di quelle dell'industria automobilistica italiana, per cercare di fare in modo che guidasse l'esame del Parlamento di questo progetto di regolamento in maniera «meno lesiva» di forti interessi nazionali.
Il discorso dei rapporti con le regioni è più complesso, perché, come dicevo, siamo il terminale di un'articolazione di lavoro che si sviluppa e deve svilupparsi soprattutto a Roma. Credo che l'attuazione della legge La Loggia abbia subito una lunga battuta di arresto e che siamo ancora nella fase in cui si tratta di definire le modalità concrete per attuare un accordo di principio che consenta alle regioni di partecipare attivamente e direttamente alla fase ascendente.
Non so esattamente se ci siano stati sviluppi negli ultimi anni. Mi sembra di


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ricordare che si fosse ancora in presenza di due posizioni abbastanza distanti, tra Governo e Conferenza dei presidenti delle regioni, sulle modalità concrete di partecipazione delle regioni.
A Bruxelles, abbiamo una variegata e articolata presenza delle regioni, ognuna delle quali ha un proprio ufficio di Rappresentanza. Non sono rappresentanze istituzionali.
Aggiungo che sono rappresentanze molto variegate quanto al numero delle persone presenti, alla capacità, alla volontà e all'entusiasmo dei singoli rappresentanti regionali. Alcuni sono molto bravi, esigenti e presenti; altri si vedono meno. Comunque, anche con loro cerchiamo di avere un raccordo abbastanza periodico per tenerli informati non solo degli aspetti di carattere normativo, che interessano più direttamente e più da vicino la realtà delle autonomie locali e delle regioni, ma anche su vicende molto più delicate che sono le procedure di infrazione. Purtroppo, un capitolo che vorrei affrontare rapidamente, sul quale abbiamo ancora un record negativo, è quello delle procedure di infrazione, molte delle quali vedono come protagoniste le regioni.
Il terzo elemento del concetto di sistema Paese, di cui la Rappresentanza cerca di farsi interprete a Bruxelles - spero nel migliore dei modi possibile - è il raccordo che manteniamo con le rappresentanze degli interessi economici costituiti.
Sto parlando non solo dei grandi gruppi che hanno a Bruxelles un ufficio di rappresentanza - e sono numerosi -, ma anche e soprattutto delle associazioni di categoria. Ovviamente, infatti, non c'è associazione di categoria che non abbia un proprio ufficio di rappresentanza a Bruxelles.
Proprio due giorni fa, approfittando della presenza a Bruxelles del vicepresidente di Confindustria, l'ingegner Moltrasio, ho organizzato in Rappresentanza una riunione per fare un debriefing sui risultati del Consiglio europeo e anche per informare circa lo stato dell'arte dell'agenda europea. Avevo intorno al tavolo una trentina tra rappresentanti di imprese e di gruppi rappresentanti di associazioni di categoria.
Quindi, portiamo avanti sistematicamente questo tipo di attività, proprio con l'intento di contribuire a realizzare questa nozione di sistema Paese che è essenziale garantire, anche e soprattutto a Bruxelles.
Visto che ne ho avuto l'occasione, volevo accennare rapidamente a due questioni che non sono state evocate da lei, presidente, ma che a me sembra importante ricordare in questo contesto.
Una di esse riguarda il tema delle procedure di infrazione che sono la nota dolente della nostra presenza in Europa.
Devo dire che, grazie ad alcune novità, anche di tipo organizzativo, abbiamo ottenuto dei risultati molto positivi, nel senso della riduzione dei casi di infrazioni pendenti a carico nostro. Quando dico «nostro», intendo il sistema Paese in generale: amministrazioni centrali, amministrazioni locali, dalle regioni ai comuni. Ci tengo a dirlo, perché è un lavoro di cui sono particolarmente orgoglioso.
A Roma - sicuramente sarete stati informati dal professor Adam, che è il capo dipartimento delle politiche europee -, è stata istituita, già dal precedente Governo e conservata dall'attuale Governo, una struttura di missione, che faceva capo allo stesso professor Adam e che credo tuttora operi sotto la sua responsabilità, che si occupa espressamente del coordinamento delle attività a livello nazionale necessarie per prevenire il contenzioso. Prevenire il contenzioso vuol dire sostanzialmente evitare che la contestazione, da parte della Commissione nei nostri confronti, si trasformi in un deferimento in Corte di Giustizia.
Contestualmente, a Bruxelles, abbiamo costituito un terminale di questa struttura di missione che è composto da due funzionari più due assistenti che si interessano a tempo pieno, o quasi, di procedure di infrazione.
Questo è un tema sul quale siamo molto impegnati, purtroppo anche quotidianamente, e che richiede spesso l'intervento personale e diretto del capo missione,


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se non proprio del ministro che deve venire a cercare di chiarire la questione con il commissario di riferimento.
In parte grazie a questi accorgimenti organizzativi, ma soprattutto grazie a un maggiore impegno complessivo del sistema Paese, abbiamo ottenuto una riduzione, di circa cento unità, delle procedure aperte o pendenti, a vari stadi.
La procedura di infrazione, infatti, ha un iter complesso. Prendo un grande aggregato: delle 250 procedure aperte a fine marzo 2006, ne abbiamo oggi circa 160. Quindi, è stata effettuata una riduzione abbastanza sintomatica e importante che considero un risultato positivo, ma non sufficiente a toglierci dalla non invidiabile posizione di testa.
Purtroppo, ancora oggi siamo il Paese che ha il maggior numero di procedure di infrazione aperte. Su questo aspetto, quindi, resta sicuramente un'area critica, sulla quale occorre continuare a esercitare il massimo della vigilanza.
Vorrei aggiungere che forse, in questo senso, un ruolo può essere utilmente svolto dal Parlamento, in particolare da questa Commissione, se si potesse istituire un meccanismo di verifica - certamente non si può realizzare un miracolo, ma potremmo ridurre il volume del contenzioso - sulla compatibilità con il diritto comunitario della normativa che viene adottata dal Parlamento.
Parlo di un qualcosa che potrebbe assomigliare ad una sorta di «bollinatura europea» della normativa che viene approvata. Questo può essere fatto prima che la normativa passi in Consiglio dei ministri, ma può anche essere un procedimento di cui si fa carico il Parlamento, ed eventualmente questa Commissione.
Lo dico come suggerimento del tutto personale. Non ho particolari elaborazioni, né particolari proposte. Noto però che, se nella fase interna di produzione normativa, riuscissimo effettivamente ad evitare che disposizioni adottate dal Parlamento nazionale contengano fin dall'inizio dei profili di incompatibilità con l'ordinamento comunitario, probabilmente ridurremmo in maniera significativa il nostro contenzioso.
Non è sempre facile. A volte, alcuni emendamenti vengono introdotti nel corso dell'iter di approvazione del provvedimento; molto più spesso si tratta di misure di attuazione di normative o misure regolamentari che possono comportare atti che possono cadere sotto il vaglio del profilo di compatibilità con il diritto comunitario.
Tuttavia - lo ripeto -, cito questo aspetto soltanto come possibile suggerimento per migliorare la nostra performance complessiva in Europa.
Vorrei aggiungere un'osservazione che ha a che vedere con la legge n. 11 del 2005. Mi riferisco alla possibilità, prevista dalla legge all'articolo 10, di fare ricorso a provvedimenti legislativi di urgenza per l'adozione di misure necessarie per adeguare l'ordinamento agli obblighi derivanti dal diritto comunitario.
Questo articolo ha consentito, recentemente, l'adozione di due decreti-legge che sono stati definiti in gergo «salva infrazioni». Sono strumenti preziosissimi, di cui prima il Governo Prodi e successivamente il Governo Berlusconi hanno fatto uso e che ci hanno consentito di evitare che casi di contenzioso ci potessero portare in Corte.
Svolgo un'altra notazione rapidissima e poi mi avvio a chiudere il mio intervento, perché preferisco rispondere a qualche domanda.
Nonostante un progresso significativo realizzato negli ultimi anni, possiamo fare ancora meglio in materia di recepimento della normativa comunitaria. Siamo passati da un deficit di recepimento che era calcolato intorno all'ordine del 3 per cento negli anni passati, a un deficit di recepimento dell'1,3 per cento nelle ultime rilevazioni della Commissione. Quindi, siamo sotto il target di riduzione che era stato individuato dal Consiglio europeo nel 2008. Dovremmo porci l'obiettivo dell'1 per cento.
Sicuramente, la legge comunitaria rimane lo strumento principe. Si tratterà di


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capire se è possibile anticiparne l'approvazione, accelerando i lavori e l'iter relativo di approvazione o, eventualmente, valutare la possibilità - che mi sembra fosse stata presa in considerazione negli anni scorsi - di una sua semestralizzazione, ossia di procedere sulla base di due comunitarie per anno. Tuttavia, questo è un suggerimento che lascio valutare alla Commissione.
Infine, vorrei fare un rapidissimo accenno ad una questione che pure è un impegno molto forte della Rappresentanza, anche in questo caso sostenuto col supporto di un comitato, un organo che si è costituito presso il dipartimento delle politiche europee.
Parlo della questione della tutela del personale italiano nelle istituzioni europee. Quando dico «tutela» uso una parola forse impropria. Tuttavia, c'è un'azione sistematica che si può e si deve fare e sulla quale - posso dirlo con qualche soddisfazione - abbiamo ottenuto qualche buon risultato ultimamente.
Tale attività consiste nel promuovere le carriere dei nostri più brillanti funzionari, non solo quando si tratta dell'assegnazione nei gradi apicali della Commissione - ho in mente in particolare i gradi di direttore generale o di vicedirettore generale -, ma anche quando si tratta di facilitare gli scorrimenti di carriera delle generazioni più giovani.
Oggi abbiamo un numero di direttori generali che considero congruo. Sono in quattro. Ultimamente, abbiamo avuto la soddisfazione di vedere un brillante funzionario italiano, Marco Buti, promosso al grado di direttore generale della direzione generale di economia e finanza, una delle più prestigiose della Commissione. Credo che sia stata una grande soddisfazione per il sistema Paese.
Tuttavia, la vigilanza è d'obbligo, perché, purtroppo, tutti noi siamo mortali, a un certo punto raggiungiamo l'età della pensione e già alla fine dell'anno rischiamo di perdere uno, forse due direttori generali. Quindi, l'impegno deve essere massimo per garantire che il numero dei nostri funzionari apicali sia all'altezza del peso del Paese.
Vi è un lavoro più difficile e meno visibile, meno evidente che riguarda la fascia dei quaranta-cinquantenni, che sono poi il bacino nel quale si deve attingere per trovare i dirigenti ai massimi gradi del futuro. In quel settore, devo dire che abbiamo qualche difficoltà. Infatti, nel grado immediatamente inferiore a quello dei direttori generali, dei direttori generali aggiunti, dei direttori, i nostri numeri sono molto meno brillanti di quelli dei nostri maggiori concorrenti.
Svolgiamo questo lavoro d'intesa con gli interessati, cercando di vederli periodicamente e sistematicamente a tutti i livelli e cercando naturalmente non tanto di spingere perché si tratta di cittadini italiani, ma di valorizzare le loro professionalità, che poi è anche il modo per ottenere successi.
Devo dire che ci sono spazi e margini in tale direzione e che continueremo ad impegnarci in questo senso.
Mi fermerei qui, perché credo che a questo punto sia utile ascoltare anche qualche quesito.

PRESIDENTE. Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

ANTONIO RAZZI. Ringrazio per la sua relazione l'ambasciatore Nelli Feroci, cui vorrei porre due domande.
La prima riguarda in particolare l'uso della lingua italiana nelle Commissioni europee. Sempre più i lavori vengono trattati in inglese, francese e tedesco e ciò costituisce un elemento di preoccupazione per la nostra lingua. Cito l'esempio del sito Internet della Direzione tassazione e unione doganale della Commissione in cui i principali documenti sono scritti in inglese, francese, tedesco e anche in spagnolo, ma non in italiano. Anche in altre istituzioni e organi, il Comitato delle regioni e perfino nel Parlamento europeo, si stanno verificando tentativi analoghi che pregiudicherebbero fortemente l'uso della nostra lingua italiana.


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Chiedo dunque quali iniziative il rappresentante permanente e il Governo stanno adottando a tutela della nostra lingua.
La seconda domanda concerne lo stato d'esame della direttiva sull'assistenza sanitaria transfrontaliera. Abbiamo esaminato di recente la proposta e crediamo che la sua rapida approvazione serva fortemente per riconoscere la libera circolazione dei pazienti in Europa. Visto che si prevede la libera circolazione delle persone, sarebbe opportuno consentire anche la libera circolazione dei pazienti. Si creerebbe in tal modo una vera e propria tessera sanitaria unica per i cittadini europei.
Chiedo quindi: quali azioni la Rappresentanza permanente e il Governo stanno adottando per garantire una rapida approvazione della proposta?

JEAN LEONARD TOUADI. Mi associo ai ringraziamenti all'ambasciatore per la sua esposizione.
Non abbiamo molto tempo ed è un peccato, perché questa audizione rappresenta in qualche modo il punto riassuntivo delle audizioni precedenti che abbiamo avuto con i rappresentanti dell'UPI, quelli delle regioni e altri ancora.
Vedo, infatti, che nella sua ampia e approfondita relazione, l'ambasciatore Nelli Feroci ha toccato molti punti che meriterebbero di essere ulteriormente approfonditi.
Alcune considerazioni di ordine generale attengono alla nostra capacità e forse anche al fatto che, almeno nel passato, non avevamo, come società, questa cultura del lobbying and advocacy, che invece in altri Paesi è pratica corrente e che molto probabilmente ha determinato una competenza maggiore e una presenza più incisiva nelle istituzioni europee, nel far valere quelli che l'ambasciatore definiva sia come gli interessi costituiti, che come il famoso parere nazionale.
Concentrandomi più concretamente su alcuni punti, sottolineo che, in alcune delle loro audizioni, le regioni lamentavano dei deficit di trasmissione del materiale. È una questione banale, ma che può diventare importante. Infatti, se la trasmissione degli atti non avviene con tempestività, così come richiede la legge, e in modo efficace ai fini della valutazione da parte delle regioni dei punti che interessano, diventa abbastanza complicato operare.
Sicuramente, quindi, c'è qualche ingranaggio da oliare nel meccanismo di trasmissione dal livello nazionale ai livelli periferici. Forse, è proprio questo meccanismo che non funziona a far sì che ci sia la fuga in avanti delle regioni nell'avere le proprie rappresentanze direttamente.
Lei le ha definite, con un termine molto polite, variegate; in realtà alcune sono estremamente folkloriche.
Si verifica dunque questa fuga in avanti, perché c'è un meccanismo che non le soddisfa. Curare questo meccanismo darebbe probabilmente più prestigio e credibilità anche alle necessità che alcune grandi regioni italiane hanno di essere presenti personalmente.
Interessante è la proposta che ci faceva di creare un meccanismo di verifica sulla compatibilità delle norme adottate. Questo è quello che facciamo quotidianamente, il core business di questa Commissione, anche se, nella formulazione dei pareri che diamo alle Commissioni di competenza, c'è questo mix tra osservazioni e condizioni che, a volte, può determinare il fatto che la incompatibilità venga intravista. Se il parere è formulato come osservazione e non come condizione, capite che la Commissione di merito ne tiene conto ma non ne fa una condicio sine qua non per la compatibilità. Nella dialettica del lavoro della Commissione, questo fa sì le incompatibilità, benché siano fatte presenti, vengano evidenziate sotto forma di osservazioni.
Interessante è anche la proposta della semestralizzazione della comunitaria che, a mio avviso, darebbe al Parlamento due momenti diversi, in cui la problematica europea è presente nei nostri lavori. Altrimenti, viene relegata a giugno o a luglio. Del resto, anche la collocazione in calendario è significativa dell'importanza che diamo a questa legge.


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SANDRO GOZI. Innanzitutto, voglio ringraziare l'ambasciatore Nelli Feroci.
Inoltre, vorrei dire ai colleghi, anche se se ne saranno accorti, che abbiamo davanti uno dei massimi esperti di questioni comunitarie della nostra amministrazione; accompagnato, tra l'altro, dal consigliere Verola, che ha anch'egli una lunga esperienza comunitaria. Quindi, direi che oggi siamo ben serviti.
Avrei tutta una serie di domande da porre, ma cercherò di essere telegrafico, perché dobbiamo chiudere i nostri lavori entro le ore 10.
In primo luogo, vorrei sapere se la Rappresentanza è informata e se tiene conto dei lavori che facciamo in fase ascendente.
In questa legislatura abbiamo creato un Comitato che ha già adottato tutta una serie di pareri che danno orientamenti politici al Governo in fase ascendente. Dato che il lavoro sta crescendo, chiedo se la Rappresentanza ne è informata, se ne tiene conto e quali possibili legami e interazioni possiamo sviluppare tra Comitato e Rappresentanza.
Sulla verifica costante della compatibilità comunitaria, è già intervenuto il collega Touadi. Innanzitutto, nella passata legislatura, a livello di Governo, era stata introdotta l'idea del bollino - mi ricordo - dal Ministro Bonino. Vorrei sapere se nella pratica governativa questa prassi è stata mantenuta, oppure no.
Credo, presidente, che dal punto di vista della Commissione occorra fare di più sia come prassi, sia in vista della revisione della legge n. 11 del 2005. Come prassi, rivolgo un invito alla maggioranza a essere più coraggiosa nelle condizioni, perché fa parte del nostro ruolo.
In varie occasioni, abbiamo dato delle osservazioni su testi che erano, a nostro parere, ma anche di molti componenti di questa Commissione, palesemente in contrasto, o a forte rischio di contrasto, con le direttive comunitarie.
Quindi, dovremo sfruttare meglio - credo - la legislazione e il regolamento attuali, ma forse dovremo pensare anche ad accogliere l'invito dell'ambasciatore relativo al bollino e vedere quali aspetti della legge n. 11 del 2005 possiamo modificare, proprio per assicurare che sin dalla nascita le attività parlamentari siano pienamente compatibili dal punto di vista comunitario.
Anche la legge comunitaria semestrale era un'ipotesi emersa nella passata legislatura. Continuo a ritenere, visto che lo avevo sostenuto nella passata legislatura, che sarebbe un'ottima idea. È chiaro che manifesto anche fortissime preoccupazioni e un certo disappunto per i ritardi che questo Governo sta accumulando in seguito alla tardiva presentazione e ai tempi di esame della legge comunitaria 2008.
Pertanto, dovremmo essere molto più celeri e rapidi nell'utilizzare la legge comunitaria così com'è e, senza dubbio, averne due all'anno sarebbe meglio.
Per quanto riguarda i Libri bianchi, i Libri verdi e tutta l'attività di influenza che va fatta prima, come giustamente diceva l'ambasciatore, quasi quando la direttiva è ancora negli occhi dei direttori generali e dei funzionari, vorrei chiedere - soprattutto per quanto riguarda i Libri bianchi e i Libri verdi - se c'è qualcosa che lei si sentirebbe di suggerire a questa Commissione. C'è un ruolo che il Parlamento potrebbe ulteriormente svolgere per sensibilizzare maggiormente il sistema Paese sin dall'inizio?
Vengo all'ultima domanda che - lo capisco - è ampia e delicata.
Ad ogni modo, tra le varie ipotesi formulate per rafforzare ancora di più a livello amministrativo il ruolo di rappresentante permanente a Bruxelles, ne era circolata una in questa Commissione che consisteva nel creare un legame diretto con la Presidenza del Consiglio.
Secondo vari membri di questa Commissione, questo darebbe al rappresentante permanente un potere di coordinamento e un'autorità ancora maggiori, addirittura potrebbe partecipare alle riunioni del Governo.
Non so se avvenga altrove. So che in altri casi - mi sembra nel sistema svedese - è prevista la partecipazione del rappresentante permanente addirittura alle riunioni di Governo.


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In parallelo, per quanto riguarda il Dipartimento politiche comunitarie, si potrebbe creare, presso ogni amministrazione, una sorta di nucleo comunitario. Certo, questo andrebbe fatto senza duplicare gli uffici Europa laddove già ci sono e funzionano e senza pensare di trasferire un personale, che è già esiguo, dalle amministrazioni di settore presso il Dipartimento politiche comunitarie.
Tuttavia, creare una struttura a rete potrebbe forse rafforzare ancora di più il ruolo del CIACE, soprattutto nella fase ascendente, ma anche per quanto riguarda tutta l'attività in materia di infrazioni. Anche da questo punto di vista, volevo conoscere la sua opinione.

PRESIDENTE. Do la parola all'ambasciatore Feroci per la replica.

FERDINANDO NELLI FEROCI, Capo della Rappresentanza permanente d'Italia presso l'Unione europea. Dovrò essere telegrafico, immagino, perché i tempi sono ristretti.
L'onorevole Razzi mi chiede dell'italiano. Ebbene, in sede di Consiglio abbiamo tenuto un regime che ritengo soddisfacente, nel senso che in alcune riunioni, quelle a livello politico, il regime è universale; in tutte le altre il regime che si applica è quello del request and pay. Ogni Paese che vuole la propria lingua - chiunque, ivi compresi gli inglesi, i tedeschi e i francesi - paga e ottiene la lingua. Questo regime, quindi, assicura la piena e pari dignità di tutte le lingue.
Questo elemento ci costa circa 2 milioni di euro l'anno che stanziamo per garantire l'interpretariato in tutte quelle riunioni del Consiglio ove l'interpretariato universale non sia garantito a carico del Consiglio.
I veri problemi li abbiamo con la Commissione, perché purtroppo, nel corso degli anni, si è consolidata una prassi che tende ad individuare nell'inglese, francese e tedesco le tre lingue di lavoro. Sotto questo profilo, devo dire che è una battaglia molto difficile.
L'onorevole Gozi viene dalla Commissione e conosce perfettamente questa realtà. È una battaglia che combattiamo quasi quotidianamente, a volte con qualche soddisfazione, e spesso dobbiamo registrare delle resistenze molto difficili da sormontare.
Vorrei però parlare delle soddisfazioni. Le soddisfazioni sono quelle che abbiamo avuto ultimamente, quando il tribunale di prima istanza ha riconosciuto la fondatezza di un ricorso presentato dal Governo italiano contro la decisione dell'ufficio EPSO, incaricato di reclutare il personale dell'Unione, che aveva pubblicato il bando di concorso soltanto nelle tre lingue citate. La Commissione è stata sconfitta e oggi EPSO ha dovuto - poche settimane fa, se non sbaglio, o addirittura una decina di giorni fa - ufficialmente annunciare che, d'ora in poi, i bandi per il reclutamento di personale nelle istituzioni dell'Unione verranno pubblicati in tutte le lingue dell'Unione.
Non è una vittoria, ma una piccola affermazione di principio che testimonia che c'è sensibilità, soprattutto presso gli organi giurisdizionali, per questa rivendicazione italiana. Dovremmo continuare a insistere con questo tipo di iniziative e con altre. È una battaglia difficile, ma qualche soddisfazione, ogni tanto, riusciamo a togliercela.
Quanto alla libera circolazione dei pazienti, purtroppo, onorevole Razzi, non ho informazioni aggiornate. So che è stato presentato qualche mese fa dalla Commissione un progetto di direttiva e che viene esaminato in sede di Consiglio.
Devo dirle candidamente che non è un dossier che ho seguito recentemente, ma posso farle avere informazioni. Eventualmente, tramite la segreteria della Commissione, o direttamente, le posso far avere un quadro aggiornato della situazione del negoziato.
All'onorevole Touadi, dico che la capacità di lobbying non è il nostro forte, o meglio, ci sono Paesi che sono straordinariamente più efficaci di noi. Questo lo vediamo quotidianamente. Sono organizzati, articolati e strutturati meglio. Sicuramente, possiamo migliorare la performance, come ho detto. Possiamo e dobbiamo


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migliorare la performance, coinvolgendo veramente in questo tipo di attività il sistema Paese.
La frustrazione delle regioni è giusta, legittima, perché effettivamente, come vi ho detto, l'attuazione delle disposizioni della legge La Loggia e del regolamento di attuazione della norma stessa non è stata completata. Non è stato definito un meccanismo organico coerente che consenta alle regioni di partecipare alla fase ascendente.
Posso aggiungere che le responsabilità, a mio avviso - do una valutazione molto personale - sono equamente condivise: da un lato, c'è una resistenza naturale degli organi del Governo a non cedere troppo su questo versante; dall'altro, ci sono delle richieste eccessive, talora del tutto ingiustificate, delle regioni.
Soprattutto, se posso aggiungere, c'è anche la sensazione che le regioni non siano sufficientemente coordinate fra loro, perché la vera difficoltà consiste nel trovare un meccanismo che consenta al rappresentante che andrà a sedere nel gruppo di lavoro, o che difenderà la posizione nell'organo che si costituirà fra CIACE e Conferenza dei presidenti delle regioni, di rappresentare non la sua regione, ma gli interessi del complesso delle regioni. Del resto, questa è la sfida.
Credo che anche la Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome possa e debba svolgere un lavoro per migliorare la performance. Tuttavia, onorevole Touadi, lei ha ragione, perché assistiamo al proliferare di iniziative spontanee, non tutte della stessa qualità, che non sempre corrispondono al meglio all'esigenza, legittima e giustificata, del sistema delle regioni di avere una loro presenza a Bruxelles.
L'onorevole Gozi ha sollevato molte questioni. Vorrei cominciare dall'ultima che riguarda il modo in cui migliorare la performance nella fase ascendente e la partecipazione del rappresentante permanente.
In alcuni Paesi, tale partecipazione è prevista in maniera abbastanza sistematica. Personalmente, credo che prevedere la presenza in maniera permanente del rappresentante nelle riunioni del Consiglio dei ministri sia anche eccessivo. Di volta in volta, quando ci sono dei temi di interesse «europeo», in cui la presenza del rappresentante permanente possa portare un valore aggiunto, si potrebbe immaginare di coinvolgerlo e di farlo partecipare anche a riunioni a livello dei ministri.
Invece, vorrei tornare sull'argomento CIACE, per sottolineare un punto. È giusta l'idea che si possano e si debbano creare, presso le amministrazioni nazionali e centrali, degli uffici europei. Molte ce li hanno già. Si può fare di più e di meglio pensando ad una sorta di terminali interlocutori istituzionali del CIACE. Forse si tratta di razionalizzare un dato che in qualche modo esiste già.
Tuttavia, è importante sottolineare che l'autorevolezza del CIACE è direttamente proporzionale al fatto di essere percepito dai suoi componenti e dai suoi interlocutori come diretta emanazione del Capo del Governo. È necessario questo collegamento diretto.
Ciò non significa necessariamente che il CIACE debba dipendere dal Capo del Governo, ma che si deve percepire che quando il CIACE si pronuncia, impegna la responsabilità del Capo del Governo. Questo è fondamentale, perché in questo modo la situazione può funzionare.
Della comunitaria semestrale abbiamo parlato. Quanto alla compatibilità con il diritto comunitario, mi rendo perfettamente conto delle difficoltà che il Parlamento in generale e questa Commissione hanno nei rapporti di forza con le Commissioni competenti per materia. È un'idea sulla quale si dovrà probabilmente riflettere e che dovrà essere approfondita.
Vorrei anche aggiungere che la materia sulla quale siamo «pizzicati» più spesso dai servizi della Commissione è quella che riguarda le leggi che dispongono aiuti, sussidi, che cadono spesso nelle maglie dell'esame vigile della Commissione che deve valutare la compatibilità con il regime delle regole vigenti in materia di aiuti di Stato.


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Spesso - su questo siamo molto insistenti - la produzione da parte del Governo dell'atto di natura normativa viene preceduta da consultazioni e contatti con i servizi della Commissione.
Da ultimo, i Tremonti bond - tanto per essere chiari - sono stati oggetto di un intensissimo scambio di concertazione e consultazione tra i servizi del Ministero dell'economia e quelli della Commissione. Il testo è stato esaminato virgola dopo virgola. Non sempre è così. Altre volte succede che invece la disposizione, non attentamente vagliata sotto questo profilo, incappi nei rigori del vaglio della Commissione.
Mi sembra di avere risposto a tutti i quesiti posti.
In conclusione - non so se è una responsabilità nostra o se c'è una mancanza di collegamento -, non sono informato dei pareri che la Commissione dà in sede di esame di provvedimenti in fase ascendente. Quindi, credo che la possibilità di migliorare da questo punto di vista sia certamente un aspetto di nostro interesse.
È ovvio che - insisto su questo punto -, come Rappresentanza, siamo il terminale di istruzioni che partono da Roma.
Quindi, è importante che il Governo e le singole amministrazioni vengano interessate, coinvolte e informate dei vostri pareri, però è anche importante che anche noi ne siamo coinvolti e interessati.

PRESIDENTE. Ambasciatore, lei è stato veramente puntuale. La ringrazio per aver partecipato a questa audizione.
Le ricordo all'interno della Commissione sono stati costituiti due Comitati: uno, presieduto da chi le parla, sulla fase discendente, e un altro presieduto dall'onorevole Gozi, sulla fase ascendente.
Dal canto nostro, cerchiamo di dare un apporto significativo al lavoro di questa Commissione. Inoltre, credo che i due Comitati stiano svolgendo audizioni di particolare interesse, sotto l'aspetto tecnico. Quindi, qualcosa di buono lo stiamo facendo.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 10.

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