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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissioni Riunite
(Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e V Camera)
AUDIZIONE
INDAGINE CONOSCITIVA
4.
Martedì 30 novembre 2010
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

La Loggia Enrico, Presidente ... 3

Seguito dell'audizione di rappresentanti del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze, nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale (Atto n. 292) (ai sensi dell'articolo 5 del Regolamento della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e dell'articolo 144 del Regolamento della Camera dei deputati):

La Loggia Enrico, Presidente ... 3 6 8 10 11
Barbolini Giuliano (PD) ... 10
Causi Marco (PD) ... 7
Lapecorella Fabrizia, Direttore generale del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze ... 3 8 10
Marchi Maino (PD) ... 6
Nannicini Rolando (PD) ... 8
Stradiotto Marco (PD) ... 9 10

Sulla pubblicità dei lavori:

La Loggia Enrico, Presidente ... 11

Seguito dell'audizione del presidente della Commissione paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale (COPAFF), Luca Antonini, nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale (Atto n. 292) (ai sensi dell'articolo 5 del Regolamento della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e dell'articolo 144 del Regolamento della Camera dei deputati):

La Loggia Enrico, Presidente ... 12 14 16
Antonini Luca, Presidente della COPAFF ... 12
Barbolini Giuliano (PD) ... 15
Causi Marco (PD) ... 14
Pinto Marco, Vicecapo di Gabinetto del Ministero dell'economia e delle finanze ... 12 16

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Seduta del 30/11/2010


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...
Seguito dell'audizione di rappresentanti del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze, nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale (Atto n. 292).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 5 del Regolamento della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e dell'articolo 144 del Regolamento della Camera dei deputati, il seguito dell'audizione di rappresentanti del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale (Atto n. 292).
Do la parola alla professoressa Lapecorella.

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore generale del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Grazie, presidente. Avevo appuntato le domande nell'ordine in cui mi sono state poste nella seduta del 23 novembre scorso, a iniziare da quelle dell'onorevole Causi, il quale mi chiedeva la possibilità di distinguere il gettito delle imposte relative agli immobili localizzati in un determinato territorio, nel caso in cui il possessore dell'immobile risiedesse in un territorio diverso. Chiedeva, quindi, quali fossero stati i criteri della ripartizione del gettito.
Vorrei precisare che è stata utilizzata la banca dati immobiliare integrata, ossia la banca dati che incrocia i dati del catasto e dalla quale è rilevabile l'ubicazione dell'immobile con i dati anagrafici dei contribuenti.
La distribuzione del gettito dell'IRPEF da locazione è stata effettuata attribuendo a ogni comune il gettito degli immobili ubicati nello stesso in base all'aliquota marginale del comune di residenza del possessore. Per chi risiede fiscalmente a Roma, ma possiede un immobile a Bari, il gettito dell'immobile può essere, dunque, attribuito al comune di Bari, ossia al comune in cui è ubicato l'immobile, in base però all'aliquota marginale del contribuente, quindi all'aliquota marginale calcolata nel comune di residenza fiscale.
Questi dati sono, in effetti, quelli pubblicati nelle ultime tre colonne del set di informazioni fornito alla Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale pubblicato sul sito della


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COPAFF. Vi figurano l'aliquota marginale media IRPEF e, nell'ultima colonna, l'aliquota marginale media dei possessori degli immobili.
Credo che questa fosse la preoccupazione dell'onorevole Causi.
Il senatore Barbolini mi chiedeva, invece, se avessimo tenuto conto dei canoni concordati nel calcolare la perdita di gettito associata alla cedolare secca. La risposta è positiva: esiste un flag specifico nella dichiarazione dei redditi, che ci ha consentito di tenere conto puntualmente del reddito derivante da locazione a canone concordato, distinguendolo dagli altri redditi da locazione.
Il senatore Cambursano si domandava, invece, se il documento che ho consegnato durante la scorsa seduta fosse la relazione tecnica. In realtà, la relazione tecnica è quella allegata all'atto parlamentare, mentre il documento che ho consegnato durante la scorsa seduta è semplicemente un documento ricognitivo delle basi informative e della metodologia di stima per l'attribuzione a livello comunale del gettito dei tributi devoluti. I calcoli relativi alle stime dei tributi di nuova istituzione sono descritti nella relazione tecnica. La differenza tra i due documenti è questa.
Il senatore Cambursano mi chiedeva, inoltre, se tutti gli immobili non accatastati potessero essere considerati nei calcoli - immagino - all'atto dell'aggiornamento del catasto e se noi avremmo proceduto a ripetere le elaborazioni.
Su questo punto suppongo che la preoccupazione fosse relativa alla neutralità finanziaria. Devo ricordare che l'articolo 1, comma 7, dello schema di decreto legislativo attribuisce ai comuni il maggior gettito derivante dall'accatastamento degli immobili finora non dichiarati in catasto. Pertanto, l'eventuale accatastamento successivo all'entrata in vigore del decreto legislativo può senz'altro essere tenuto in considerazione nei conti, se lo si desiderasse. Ritengo, però, che sia ininfluente rispetto al calcolo degli effetti finanziari, in quanto il gettito derivante da questi immobili dovrebbe essere attribuito ai comuni e fare parte della loro potenzialità di manovrare i tributi propri.
Il senatore Cambursano mi chiedeva ancora se la base imponibile fosse sperequata sul territorio. È una domanda che mi ha fatto piacere, perché in realtà si tratta di un timore latente che si è manifestato immediatamente sin dall'inizio, da quando cioè il decreto legislativo è stato pubblicato.
Per darvi un'idea della sperequazione effettiva delle basi imponibili sul territorio credo che sia utile guardare i diagrammi e le rappresentazioni grafiche che illustrano la distribuzione delle basi imponibili contenute nel documento che ho consegnato la scorsa volta.
La prima raffigurazione è la distribuzione del valore pro capite di tutte le principali imposte sui trasferimenti di immobili che saranno sostituite, a partire dal 2014, dall'imposta municipale propria, la quale ha come presupposto il trasferimento di un immobile. Le tre imposte principali che vengono sostituite sono l'imposta di registro, l'imposta di bollo e le imposte ipotecarie e catastali sui trasferimenti. Mancano, quindi, le tasse ipotecarie e i tributi ipotecari e catastali.
Per fornire un'informazione direttamente evidente, l'imposta pro capite media è stata distribuita aggregando i comuni fino a 5.000 abitanti, da 5.000 a 50.000 abitanti, da 50.000 a 250.000 abitanti e infine quelli che contano oltre 250.000 abitanti.
Da questo grafico emerge che l'imposta pro capite media che si paga nei comuni fino a 5 mila abitanti è praticamente pari all'imposta pro capite nazionale. Il dato interessante è capire di che cosa stiamo parlando: quando parliamo di comuni fino a 5.000 abitanti, ci riferiamo a 5.700 comuni e a circa 10,3 milioni di abitanti. I soli 12 comuni che contano oltre 250.000 abitanti pagano effettivamente un'imposta pro capite media più alta della media nazionale.
Una parte significativa di comuni, comprendente quelli che vanno da 5.000 a 250.000 abitanti, paga pro capite poco meno rispetto all'imposta media nazionale.
La distribuzione del gettito non è, quindi, sperequata quanto si potrebbe immaginare


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quando si pensa all'imposta sui trasferimenti ed è importante capire il perché. In realtà, ha sempre preoccupato il fatto di attribuire autonomia tributaria a comuni che possono presentare condizioni economiche, collegate per esempio al trasferimento degli immobili, molto differenti.
Per capire che cosa genera un risultato tanto poco sperequato nell'imposizione sui trasferimenti abbiamo distribuito con lo stesso criterio, quindi tra le stesse classi di comuni, le singole imposte. La distribuzione dell'imposta di registro e di bollo sui trasferimenti conferma le aspettative; si tratta di imposte fisse in minima parte, ma essenzialmente proporzionali rispetto al valore del trasferimento. L'imposta pro capite che si paga nei comuni di più grandi dimensioni è, pertanto, significativamente più alta dell'imposta media nazionale. La distanza fra l'imposta pro capite e la media nazionale è maggiore nei comuni più piccoli e sale via via, superando la media nazionale, nei comuni più alti.
Ciò è piuttosto evidente se si ha in mente il meccanismo semplice di calcolo dell'imposta, che è proporzionale rispetto al valore dell'immobile trasferito. Nei comuni più piccoli ci sono meno trasferimenti e applicati a immobili presumibilmente di minor valore, ragion per cui l'imposta pro capite è più bassa.
Se, invece, consideriamo le imposte ipotecarie e catastali sui trasferimenti, il quadro che emerge, nonché la figura della distribuzione del gettito, è completamente diverso. In questo caso l'imposta pro capite supera di gran lunga la media nazionale sia nei comuni molto piccoli, sia nei comuni grandi.
È proprio questa differenza che produce, quando si sommano tutte le imposte, quindi quando all'imposta di registro e di bollo sui trasferimenti si sommano anche le imposte ipotecarie e catastali, il risultato perequato che osserviamo nel primo grafico, nel quale si rappresentano le principali imposte sostituite.
La diversa distribuzione delle imposte ipotecarie e catastali rispetto a quelle di registro e di bollo è giustificata dal fatto che l'imposte ipotecarie e catastali si pagano anche sugli atti di successione e donazione, eventi diversi da quelli economici, che perequano la distribuzione.
Credo che questa sia una preoccupazione molto significativa. Abbiamo incluso anche le distribuzioni dell'imposta pro capite dell'IRPEF su redditi da fabbricati e dominicali e dell'imposta di registro sui redditi da locazione.
Non intendo affermare che i tributi sugli immobili siano equidistribuiti sul territorio nazionale, perché sarebbe ridicolo, ma che sicuramente l'entità effettiva della sperequazione delle basi imponibili è di gran lunga inferiore rispetto a quella che ci si potrebbe attendere.
L'ultima domanda riguarda alcune osservazioni che aveva svolto il senatore D'Ubaldo ed è relativa al funzionamento della perequazione. A questo proposito, vorrei ricordare il meccanismo di perequazione previsto dallo schema di decreto legislativo: si istituisce, all'entrata in vigore del decreto, un fondo sperimentale di riequilibrio, che dura cinque anni; tale fondo è alimentato dal gettito di tutti i tributi erariali collegati agli immobili, quindi non solo dal gettito dei tributi che vengono poi sostituiti dall'imposta municipale propria sul possesso o sul trasferimento.
Le modalità di alimentazione e di riparto delle due sezioni del fondo sperimentale sono demandate a un atto governativo sulla base di un accordo che dovrà essere sancito in Conferenza Stato-città. Credo che le informazioni di dettaglio che abbiamo costruito nel tempo e che abbiamo messo a disposizione della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale siano la garanzia che in questa sede la decisione sulle modalità di alimentazione e di riparto delle due sezioni del fondo sperimentale di riequilibrio potrà essere perfettamente formata e non dovrebbe, pertanto, preoccupare nessuno.
Queste erano le domande che mi erano state rivolte.
Se mi è consentito, osservo che sono apparsi sulla stampa in questi ultimi giorni alcuni articoli che contenevano numeri diversi da quelli che noi abbiamo quantificato. In particolare mi riferisco a


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un articolo di oggi sul Corriere della sera. Mi farebbe piacere chiarire questo punto, perché si tratta di cattive interpretazioni della relazione tecnica che accompagna il provvedimento.
L'articolo apparso sul Corriere della Sera vede in pericolo l'iter del decreto legislativo, sulla base di un presunto buco collegato alla cedolare secca. Mi sembra emergere dalla lettura dell'articolo una confusione tra i dati di competenza e di cassa forniti nella relazione tecnica nella parte relativa all'articolo 2, nel quale si quantificano gli effetti finanziari della cedolare secca sugli affitti.
Nell'atto n. 292 figurano due tabelle. La prima riporta la perdita di gettito collegata all'IRPEF a seguito dell'introduzione della cedolare secca e alle addizionali regionali e comunali. Si tratta di una perdita di gettito di competenza, ossia della perdita di gettito che identifica quanto sarà il minor gettito IRPEF delle addizionali a partire dall'anno di imposta nel quale si introduce l'addizionale, ossia dal 2011.
Gli effetti finanziari rilevanti ai fini del bilancio dello Stato non sono, però, quelli di competenza tributaria, ma quelli di cassa riportati nell'ultima tabella. Dal punto di vista giuridico esiste una differenza tra competenza e cassa. Dal punto di vista dei calcoli la competenza tributaria, quella della prima tabella, è il punto di partenza per calcolare i flussi di cassa negli anni.
La differenza tra il calcolo delle minori entrate di competenza e di cassa per le imposte dirette è legato al meccanismo degli acconti e dei saldi, per cui un'imposta relativa a un anno di imposta T viene versata nell'anno di imposta precedente in acconto per la maggior parte e in quell'anno si somma il saldo dell'imposta relativa all'anno di imposta precedente.
È questo il meccanismo per cui, negli anni a partire dal 2011-2012 fino al 2014, in realtà, gli effetti di cassa sono positivi per 64 milioni di euro nell'anno 2011, per 42 milioni di euro nell'anno 2012 e per 12 milioni di euro nell'anno 2013, mentre si registra un effetto di cassa negativo di 246 milioni nel 2014, effetto compensato, come riferito nella relazione tecnica, dalle maggiori entrate nette che deriveranno, a decorrere dallo stesso anno 2014, dall'introduzione dell'imposta municipale propria sui trasferimenti immobiliari.
Mi sembra che non ci sia altro da aggiungere: i numeri citati sono quelli della competenza tributaria, quindi della parte di gettito riferita all'anno di imposta, che non rileva per il bilancio dello Stato, per il quale rileva invece quanto entra in cassa nell'anno in cui si considera il bilancio.
Questa è la questione più importante che ci tenevo a chiarire.
Ieri è apparso un articolo anche su Il Sole 24 Ore, che non commento nel dettaglio. Vi si tentava un calcolo di un'aliquota di equilibrio, collegandola all'aliquota ordinaria dell'ICI. L'aliquota di equilibrio dell'imposta municipale propria sul possesso stimata era intorno al 10 per mille e si ricordava che l'aliquota ordinaria massima dell'ICI è del 7 per mille. Si voleva così contestare l'effetto neutrale del provvedimento sulla pressione fiscale.
Devo ricordare, però, che l'imposta municipale propria sul possesso sostituisce non solo l'ICI, ma anche l'IRPEF e le relative addizionali. È del tutto ovvio, pertanto, che l'aliquota di equilibrio dell'imposta municipale propria dovrà essere più alta dell'aliquota media dell'ICI. In questo articolo, in particolare, si citava la più alta, ma essa dovrà essere senz'altro più alta dell'aliquota nominale media dell'imposta comunale sugli immobili.
Queste sono le due affermazioni più distanti dalla realtà del provvedimento che ho rilevato negli articoli di stampa e sulle quali mi faceva piacere commentare. Con questo avrei concluso. Grazie.

PRESIDENTE. Grazie, professoressa, per le sue risposte molto puntuali e chiare.
Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

MAINO MARCHI. Vorrei porre due questioni.
La prima riguarda il fatto che questo provvedimento concerne la fiscalità municipale,


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ma ha un effetto, anche se molto limitato, anche in relazione alla finanza regionale, in quanto alle regioni, dopo l'introduzione della cedolare secca, verrebbe meno il gettito relativo all'addizionale regionale sull'IRPEF per 147 milioni e in riferimento all'addizionale IRPEF sui redditi fondiari dei beni non locati per 79 milioni.
Chiedevo se di questo elemento si tenga conto in qualcuno dei provvedimenti già emanati come schema di decreto legislativo o di quelli in corso di emanazione per riequilibrare questa riduzione di entrate, che, come ripeto, è limitata, ma viene ad aggiungersi a quella già avvenuta nel corso di quest'anno con la manovra estiva. In sostanza, vi sarebbe un'ulteriore decurtazione delle entrate regionali.
Vengo alla seconda domanda. Dal complesso delle modificazioni fiscali dettate da questo provvedimento abbiamo, alla fine, una previsione nel 2014 di gettito di poco superiore alle entrate che si avrebbero con le attuali normative. Si tratta di 503 milioni come effetto netto maggiore con l'introduzione dell'imposta municipale propria sui trasferimenti, di cui, però, 246 dovrebbero essere utilizzati o assorbiti come compensazione del minor gettito che si determinerà con la cedolare secca in quell'anno.
Siamo sostanzialmente di fronte a un gettito che nella relazione tecnica si prevede equilibrato rispetto alla situazione attuale. Mi sembra, però, che vi sia uno spostamento di carico fiscale dai redditi più alti verso quelli più bassi. Della cedolare secca beneficiano, infatti, in modo maggiore coloro che hanno redditi più alti e che saranno anche probabilmente quelli che la utilizzeranno, essendo facoltativa.
Per quanto riguarda anche l'imposta municipale propria sui trasferimenti, vi sono alcuni aspetti da discutere, come, per esempio, il fatto che vengano eliminate le franchigie per i trasferimenti mortis causa attuali e che l'imposta di successione sia proporzionale al valore degli immobili. Adesso si introducono, invece, con le proposte di decreto, alcune imposte minime pari a 1.000 euro, che potrebbero determinare - questa è l'impressione - anche in questo caso uno spostamento di carico fiscale nei confronti di coloro che hanno redditi più bassi o proprietà di minor valore.
Mi chiedevo se questa impressione possa essere confermata dal suo osservatorio, oppure se mi è sfuggito un punto all'interno del provvedimento che possa portare a un riequilibrio rispetto a queste prime sensazioni.

MARCO CAUSI. Ringrazio ancora la professoressa e gli uffici del Dipartimento per i dati forniti. Ho ancora alcune domande che forse implicheranno la richiesta di ulteriori elaborazioni, ragion per cui mi scuso subito.
Per quanto riguarda la questione del gettito delle imposte di registro e ipocatastali, è molto interessante l'elaborazione che ci avete proposto, ma la domanda che ci si pone, considerando i piccoli comuni, è quanto l'andamento nel tempo di questi gettiti potrà essere stabile.
Non si tratta soltanto di una questione di valore medio pro capite per classi demografiche, ma del fatto che sui piccoli numeri l'evento trasferimento possa essere maggiormente soggetto a oscillazioni asistematiche.
Mi domandavo, quindi, se fosse possibile chiedere al Dipartimento un'analisi temporale, ossia se è vera l'idea, che abbiamo sempre ipotizzato quando si è ragionato intorno a questo tema, per la quale soltanto con i grandi numeri si arriva a stabilizzare l'evoluzione nel tempo del gettito.
Questo aspetto può essere meno importante in fase transitoria, ma devolvendo tutte queste imposte a un grande fondo indistinto, di cui poi verrà effettuato un riparto, esso può diventare più rilevante per capire la sostenibilità della fase di regime dell'IMU quota trasferimento.
Passo alla seconda questione, che non so se rivolgere al Dipartimento o agli stessi uffici della Camera. Su questi dati sarebbe importante disporre di valori pro capite e non solo di quelli assoluti, perché le eventuali divergenze emergono dai primi.


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Occorrerebbe poi confrontarli con i livelli dei trasferimenti dei singoli comuni. Visto che è presente anche la COPAFF, la domanda è di predisporre un'ultima colonna accanto a quelle che il Dipartimento delle finanze ci ha fornito, in cui figuri il livello attuale dei trasferimenti. Penso che la COPAFF possa farlo facilmente.
Pongo un'ultima domanda, anche questa basata su una sensazione. Voi avete prodotto queste elaborazioni sul 2008 e noi ora vi stiamo chiedendo un minimo di analisi temporale pluriennale. Qual è la vostra sensazione rispetto all'andamento sia dei trasferimenti, sia dei valori immobiliari, dopo la crisi, fra il 2008 e il 2010? Quali sono i dati, in base, per esempio, al lavoro dell'Osservatorio del mercato immobiliare?
Se oggi noi sosteniamo di aver valutato che nel 2008 il livello di tale gettito è X, quanto possiamo supporre che questo livello del gettito abbia tenuto al 2010 per effetto della crisi economica e dell'impatto che essa ha avuto sui valori immobiliari, sia assoluti, sia da trasferimento? Si tratta di un'altra questione che si pone, ovviamente, dal punto di vista operativo, dovendo il decreto entrare in vigore non, purtroppo, sui dati del 2008, ma su quelli del 2010.

ROLANDO NANNICINI. Mi associo al collega nel richiedere alcune stime per il 2009-2010, non con la perfezione per comune, ma comunque in modo da avere un parametro di riferimento, sia nazionale, sia regionale. Chiedo, inoltre, se possiamo avere alcuni dati pro capite. Credo che sarebbero più divulgativi come tema di questo buon lavoro.

PRESIDENTE. Do la parola alla professoressa Lapecorella per la replica.

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore generale del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Parto dalle ultime domande relative ai gettiti 2009-2010, perché sono le più semplici.
Durante la scorsa seduta avevo illustrato nel dettaglio, come è riportato anche nella relazione tecnica, la tecnica utilizzata per proiettare i dati all'anno 2011, che è l'anno dell'entrata in vigore del provvedimento. Si tratta di una tecnica estremamente conservativa: siamo partiti dai dati di consuntivo del 2008 che abbiamo ripartito per comune utilizzando il nostro archivio che incrocia i dati delle dichiarazioni dei redditi con quelli del catasto; abbiamo quindi preso i dati del rendiconto del 2009 e, in base a questi, abbiamo proiettato i redditi del 2008 al 2009, elaborati come sopra; abbiamo successivamente proiettato i redditi al 2010 utilizzando il tasso di crescita delle previsioni assestate. Infine, abbiamo proiettato la distribuzione comunale al 2011, applicando alla distribuzione risultante dalla ripartizione basata sulle previsioni assestate 2010 - parliamo di dati di finanza pubblica, tutti molto consolidati - dove rilevanti, i tassi di crescita delle variabili che influenzano le entrate tributarie contenuti nella Relazione unificata sull'economia e la finanza pubblica, come, per esempio, il PIL.
Questa è stata la metodologia utilizzata per fornire come dato di base la ripartizione territoriale a livello comunale del gettito dei tributi che saranno devoluti al fondo sperimentale di riequilibrio per l'anno 2011. Si tratta di un metodo rigoroso e quanto mai prudenziale.
È emersa un'evidente preoccupazione per la perequazione. È senz'altro possibile fornire la serie storica delle distribuzioni del gettito dei principali tributi che saranno sostituiti dall'imposta municipale propria sul trasferimento. Ho difficoltà a immaginare, però, che si riesca a osservare dai dati che il fenomeno del trasferimento degli immobili sia costante nel tempo.
Sicuramente ci saranno differenze, ma è importante ricordare che questo provvedimento parte con la definizione di un meccanismo di perequazione sofisticato e flessibile, un meccanismo che prevede che per i primi cinque anni dall'entrata in vigore del provvedimento venga devoluto al fondo sperimentale di riequilibrio il gettito di tutti


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i tributi erariali collegati agli immobili. Non stiamo parlando soltanto dei tributi che verranno poi, a regime, sostituiti dai tributi propri, ma di tutti i tributi erariali collegati agli immobili.
Durante i cinque anni di vita del fondo sperimentale di riequilibrio le modalità di alimentazione e di riparto - nella norma si parla di entrambi - sono demandate ad atti di Governo condivisi in Conferenza con un organismo, la COPAFF, che disporrà e che metterà a disposizione basi informative condivise da tutti gli interlocutori istituzionali, quindi dallo Stato centrale e dalle autonomie locali.
Si prevede in questo decreto un processo assolutamente trasparente e controllabile. Non esiste una black box in questo decreto legislativo. Vi è, invece, dettagliato un meccanismo sofisticato, ma non complesso, per arrivare all'autonomia tributaria dei comuni.
Alla fine dei cinque anni di vita del fondo sperimentale di riequilibrio, a regime, si utilizzerà il fondo di perequazione previsto dalla legge delega sull'attuazione del federalismo fiscale. Non ci sarebbe stato bisogno di inventare questo meccanismo o di richiamare l'entrata in vigore a regime del meccanismo di perequazione previsto dalle legge n. 42 se ci fosse stata la certezza assoluta che i gettiti fossero equamente distribuiti sul territorio nazionale. Questa preoccupazione non esiste, dunque, perché il provvedimento assicura anche degli effetti distributivi del passaggio all'autonomia tributaria.
Queste sono le mie considerazioni generali.
L'onorevole Marchi aveva richiamato la preoccupazione per gli effetti distributivi dell'introduzione della cedolare secca, avanzando l'idea che, attraverso la cedolare secca - quindi attraverso la fissazione di un'aliquota significativamente più bassa dell'aliquota marginale media dei contribuenti italiani - si faccia un regalo essenzialmente ai più ricchi.
La vorrei rassicurare. Mi rendo conto di diventare noiosa citando ancora la banca dati integrata del catasto e delle dichiarazioni, ma essa è, in realtà, uno strumento di incredibile valenza informativa.
I canoni di locazione risultano per l'87 per cento dichiarati da contribuenti il cui reddito arriva a 55.000 euro. Non mi direte che si sta facendo uno sconto ai ricchi. Solo il 7,1 per cento dei canoni di locazione è dichiarato da chi possiede redditi oltre 75.000 euro. Si tratta di pochissimi soggetti.
Il pregio di questa disposizione è tutto collegato al meccanismo di recupero dell'evasione fiscale. Non si estrae la tassazione del reddito da locazione dalla progressività, introducendo un'aliquota, che è stata fissata a un importo tanto basso proprio per rappresentare un forte e significativo incentivo all'emersione degli affitti in nero, che noi sappiamo essere un problema molto grosso per il nostro Paese.
Non si sarebbero introdotte per la prima volta in questo provvedimento e, in particolare, in questa disposizione previsioni di inasprimento delle sanzioni tributarie e civilistiche per chi non registra e non dichiara i contratti di affitto, se si intendesse fare regali a contribuenti appartenenti a classi di reddito alte. Lo scopo è, invece, far emergere gettito che finora lo Stato non ha ancora incassato.

MARCO STRADIOTTO. Grazie per i chiarimenti e per i dati forniti. In effetti, gli articoli letti in questi giorni, soprattutto quello di ieri, non mi hanno fatto comprendere a dovere la situazione e, quindi, è un bene che ci sia stata la possibilità di chiarirsi. In particolare, mi riferisco ai dati divulgati nella precedente audizione, proprio per tentare di effettuare una proiezione sulla situazione dei diversi comuni italiani.
Vorrei comprendere se si possa affermare, rispetto all'articolo 1 - la tabella lo porta in modo chiaro, ma voglio porre una domanda in più per evitare di intraprendere un lavoro sbagliato - alla lettera a), relativa alle imposte di registro e di bollo sui trasferimenti immobiliari, quando viene riportata la cifra di 3 miliardi e 342 milioni quale totale Italia, si intenda


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quanto si produce di gettito e, quindi, quanto andrebbe ai singoli comuni, anche se in realtà ciò non accade, perché esiste un fondo perequativo nazionale.
Lo stesso discorso vale quando parliamo dell'articolo 1, lettera b), quindi la seconda colonna, con 2 miliardi e 255 milioni, dell'articolo 1, lettera d), con 1 miliardo e 120 milioni e dell'articolo 1, lettera f), con 118 milioni.
Saltiamo le tabelle relative agli articoli 3, 4 e 5 perché riguardano l'imponibile e occorre svolgere un ragionamento rispetto all'IMU. Passiamo, quindi, alle ultime colonne. Di fatto, quando parliamo di IRPEF sul reddito da fabbricati e dominicale - il reddito agrario è escluso - abbiamo un gettito nazionale di 8 miliardi e 572 milioni.
Prendendo queste colonne riusciamo, perlomeno per questa parte, ad avere chiaro, in realtà o in teoria, per ogni comune il gettito derivante da queste cifre assolutamente certe. L'unica variabile è capire e comprendere se, per esempio, il gettito relativo alle imposte di registro, di bollo e ipotecarie per il 2008 è lo stesso di quello per il 2011.
Credo che questa sia la variabile non indifferente, perché è soggetta all'andamento dei trasferimenti immobiliari. Questo punto per me è importante e capisco che le proiezioni effettuate ieri dal Sole 24 Ore sono basate su un calcolo di cui non conosco le modalità, ma assolutamente privo di un riferimento sicuro.

GIULIANO BARBOLINI. Mi scuso, professoressa, se sono arrivato con un attimo di ritardo. Non so se avesse già risposto ai miei quesiti, ma lo vedrò dal resoconto. Torno, però, sulla questione della cedolare secca.
I dati che lei ci ha fornito circa i livelli di reddito dei potenziali destinatari, utilizzatori e fruitori sono un elemento interessante. Mi preoccupava capire, però, la possibile traslazione e ricaduta di questa norma sull'istituto dei canoni concordati nelle zone a elevata densità abitativa.
Non è assolutamente scontato che il beneficio che viene riconosciuto al proprietario si trasferisca direttamente sull'affittuario, anzi, con questa norma potremmo aver azzerato i canoni concordati e generato un elemento di appesantimento di una situazione di criticità per fasce sociali particolarmente deboli o problematiche. È un tema su cui credo che sarebbe necessario disporre di alcuni elementi in più.
Se non ricordo male, la legge finanziaria per il 2010 aveva introdotto la cedolare secca in via sperimentale nelle zone dell'Aquila e adiacenze. Si può ironizzare sul fatto che consentire la cedolare secca in una zona in cui forse le case sono da ristrutturare, non sia un grande viatico di sperimentazione, tuttavia sarebbe possibile sapere dal Dipartimento, incrociando i dati catastali e le denunce, come ha funzionato in questo periodo sperimentale di entrata in operatività dello strumento? Probabilmente è troppo poco, ma sarebbe comunque una chiave di lettura e di interpretazione delle situazioni per i riflessi, le aspettative e le criticità che ho cercato di evidenziare.

PRESIDENTE. Do la parola alla professoressa Lapecorella per un'ulteriore replica.

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore generale del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. In effetti, rispondendo alla domanda del senatore Stradiotto, posso confermare l'interpretazione dei dati e delle tabelle pubblicate sul sito della COPAFF.

MARCO STRADIOTTO. Chiedo un ultimo chiarimento. Relativamente all'IRPEF sul reddito da fabbricati, ovviamente va depurato di quello relativo alla cedolare secca, cioè l'imponibile che eventualmente va in cedolare. In quanto è stato stimato?

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore generale del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Il dato per il 2008 è stimato in 3,6 miliardi. Credo che l'aspetto più importante di questo tema sia cogliere che la distribuzione


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delle aliquote marginali medie dell'IRPEF è calcolata per i proprietari degli immobili rispetto alla loro residenza fiscale, mentre poi il gettito è ripartito in base all'ubicazione degli immobili. Credo che questa sia la questione più oscura relativa alla tabella.
Per quanto riguarda, invece, la domanda del senatore Barbolini, il dato sottostante alle valutazioni svolte dal Dipartimento è che la perdita di gettito associata all'introduzione della cedolare secca è stata calcolata attraverso il modello di microsimulazione dell'IRPEF, tenendo conto esplicitamente della prevista opzionalità - la norma è, infatti, opzionale - e quindi calcolando la perdita di gettito associata al gettito di tutti i contribuenti che traggono un effettivo vantaggio dall'applicazione della cedolare secca e distinguendo in maniera specifica i redditi da locazione derivanti da contratti a canone concordato.
Per questi contratti, come ricordavo all'inizio, esiste uno specifico flag nelle dichiarazioni che ci permette di effettuare le elaborazioni in maniera puntuale. Dal punto di vista della quantificazione degli effetti finanziari direi che è stata compiuta l'operazione corretta.
Veniamo ora agli effetti della nuova forma di prelievo sul mercato. Lei si sta chiedendo se i canoni di locazione incorporeranno il minor prelievo e, quindi, se i proprietari trasleranno sui locatari parte dei benefici che derivano dall'applicazione della norma. Tenderei a pensare che il mercato funzioni effettivamente in questa maniera, anche se certamente non nell'immediato. Credo che il mercato incorpori nel tempo l'effetto di una tassazione minore per il proprietario.
In merito alla questione, non le posso rispondere con un'informazione puntuale, ma devo basarmi sull'esperienza, se mi è consentito, o sulle sensazioni che provengono dall'Osservatorio del Dipartimento delle finanze. I contratti a canone concordato, per l'articolazione del prelievo personale sui redditi delle persone fisiche, convengono moltissimo anche ai ricchi. Ci sono contribuenti che hanno livelli di reddito significativamente alti e che ottengono un effettivo vantaggio a locare a canone concordato, proprio perché hanno aliquote marginali molto alte.
Su questo punto le confesso di non possedere calcoli puntuali eseguiti sulle dichiarazioni, ma ho l'esperienza del mio Osservatorio, che credo sia significativa. Non riesco a conferire centralità ai potenziali effetti distributivi negativi che si potrebbero generare per la mancata traslazione dei benefici sui pochi contribuenti che stipulano i contratti a canone concordato a dispetto dell'importanza, invece, dei grossi benefici che si possono trarre dell'efficacia attesa di una norma che prevede di far emergere dal nero una quota significativa dei redditi da locazione, che allo stato non vediamo. Non posso comunicare, però, una stima precisa.
Sulla sperimentazione dell'Aquila credo che potremmo sicuramente provare a ricavarne una. Ritengo che le nostre basi informative ce lo consentano. Vedo lo sguardo accondiscendente della dottoressa Monteduro, che mi accompagna e del dottor D'Avanzo, il direttore della Direzione studi e ricerche economico-fiscali e, quindi, penso che potremmo effettuare una stima, ma dovrebbe essere poi trattata con cautela.

PRESIDENTE. La ringraziamo molto, professoressa, per il doppio sforzo al quale l'abbiamo sottoposta.
Dichiaro conclusa l'audizione.

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