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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissioni Riunite
(Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale, V Camera e 5a Senato)
1.
Martedì 5 ottobre 2010
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

La Loggia Enrico, Presidente ... 3

Audizione del Ragioniere generale dello Stato, Mario Canzio, nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di determinazione dei fabbisogni standard di comuni, città metropolitane e province (atto n. 240) (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati):

La Loggia Enrico, Presidente ... 3 7 9 12
Baldassarri Mario (FLI) ... 10
Cambursano Renato (IdV) ... 11
Canzio Mario, Ragioniere generale dello Stato ... 4 12
Fleres Salvo (PdL) ... 9
Lanzillotta Linda (Misto-ApI) ... 8
Morando Enrico (PD) ... 9

Seduta del 5/10/2010


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE PARLAMENTARE PER L'ATTUAZIONE DEL FEDERALISMO FISCALE ENRICO LA LOGGIA

La seduta comincia alle 11,50.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ragioniere generale dello Stato, Mario Canzio, nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di determinazione dei fabbisogni standard di comuni, città metropolitane e province (atto n. 240).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati, l'audizione da parte della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e delle Commissioni V bilancio della Camera dei deputati e 5a bilancio del Senato, del Ragioniere generale dello Stato, Mario Canzio nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di determinazione dei fabbisogni standard di comuni, città metropolitane e province (atto n. 240).
Rammento che tale audizione si svolge sulla base di una specifica autorizzazione del Presidente della Camera e del Presidente del Senato, che in considerazione delle identità e degli effetti procedurali prodotti dai pareri resi direttamente al Governo dalla Commissione parlamentare suddetta e dalle Commissioni bilancio delle due Camere sugli schemi di decreto attuativi della legge delega sul federalismo fiscale, e tenuto altresì conto dello stretto intreccio riscontrabile in materia tra aspetti di merito e aspetti finanziari, ha consentito alle Commissioni stesse, qualora deliberino le medesime attività conoscitive sugli schemi di decreto in questione, di effettuare congiuntamente l'audizione dei soggetti interessati.
Si tratta, pertanto, di una procedura inedita nella prassi parlamentare - della quale però ci compiacciamo - considerato che la parziale sovrapposizione di competenze di organi parlamentari diversi, monocamerali e bicamerali, pur ugualmente coinvolti nel procedimento di esercizio della delega legislativa, non ha mai finora comportato svolgimento congiunto delle medesime attività conoscitive.
Il dottor Canzio è accompagnato dal dottor Biagio Mazzotta, direttore generale del Servizio studi del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, dal dottor Salvatore Bilardo, ispettore generale capo dell'Ispettorato generale per la finanza delle pubbliche amministrazioni, dal dottor Pasqualino Gastaldi, dirigente del medesimo ispettorato, dalla dottoressa Laura Cotterli, dirigente del Servizio studi dipartimentale e dalla dottoressa Aline Pennisi, dirigente Servizio studi dipartimentale, che salutiamo tutti con molta cordialità.


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A questo punto, darei la parola, dopo averlo ringraziato per la sua disponibilità - ci tenevamo molto a sentirlo e ad averlo qui con noi - al dottor Canzio.

MARIO CANZIO, Ragioniere generale dello Stato. Nel quadro di costruzione del modello di finanziamento delineato dalla legge delega per l'attuazione del federalismo fiscale, lo schema di decreto legislativo per la determinazione dei fabbisogni standard di comuni, città metropolitane e province costituisce un passaggio importante, caratterizzato dalla presenza di elementi fortemente innovativi, in particolare per quanto riguarda la finanza locale.
L'architettura del nuovo assetto tributario dei comuni e delle province deve trovare, peraltro, il suo necessario completamento con la determinazione dei finanziamenti statali finalizzati al riequilibrio territoriale delle capacità di finanziamento delle funzioni svolte.
La definizione dei fabbisogni standard relativi alle funzioni fondamentali, per le quali la legge delega dispone il finanziamento integrale a tutela dei servizi essenziali e del diritto di cittadinanza, deve essere inquadrata in tale prospettiva. Il fabbisogno standard costituisce, infatti, il parametro rispetto al quale disciplinare la perequazione finanziaria per gli enti locali nonché uno degli indicatori che, unitamente alla misurazione sull'effettiva erogazione dei servizi essenziali, consentirà di misurare e valutare i comportamenti di spesa dei singoli enti valorizzandone l'efficienza e l'efficacia, come previsto dalla legge delega, ferma restando la necessità di salvaguardare i saldi di finanza pubblica.
In tale contesto, lo schema di decreto legislativo in esame delinea un percorso basato su un metodo di lavoro teso alla individuazione dei fabbisogni standard di ciascun comune e di ciascuna provincia per ciascuna funzione di spesa. La scelta di procedere secondo questa impostazione è conseguenza della oggettiva difficoltà di pervenire al calcolo degli standard nei tempi richiesti dalla delega, data la forte eterogeneità che caratterizza, in particolare, l'universo dei comuni e delle province.
La scelta alternativa avrebbe anche potuto essere quella di produrre sin da ora delle stime, utilizzando, ad esempio, metodologie già sperimentate in specifici contesti territoriali, con il rischio, tuttavia, di ottenere quantificazioni non facilmente confrontabili rispetto alle diverse esigenze locali, e dunque difficilmente condivisibili da parte degli enti interessati. Questo avrebbe senz'altro disatteso lo spirito della legge delega, soprattutto sotto il profilo della responsabilizzazione e dell'efficientamento della spesa locale.
La complessità del tema, del resto, è riconosciuta dalla stessa legge n. 42, laddove viene specificato che l'individuazione della spesa standardizzata deve essere effettuata mediante tecniche statistiche per tenere conto delle caratteristiche strutturali, sociali ed economiche dei diversi enti nonché della spesa dei servizi esternalizzati, fenomeno quest'ultimo di particolare rilievo e molto differenziato a livello locale, anche se ancora non del tutto conosciuto.
La costruzione dei fabbisogni standard procederà in modo graduale attraverso una preliminare fase conoscitiva a partire da quelle funzioni di spesa in relazione alle quali si dispone di maggiori informazioni - sia in termini di dati analitici relativi all'utenza potenziale ed effettiva, alla quantità e qualità dei servizi resi nonché ai costi sostenuti, che in termini di pratiche produttive - con un approccio che tenderà verso una progressiva estensione a tutte le funzioni fondamentali.
L'articolo 3 del provvedimento prevede, infatti, che per ciascuna funzione fondamentale e per i relativi servizi si proceda alla specificazione di un modello di stima dei fabbisogni standard che sia espressione dei bisogni di ciascun ente dovuti esclusivamente alle differenze nelle caratteristiche strutturali della domanda di beni e servizi locali e del costo di produzione degli stessi. Si tratta di differenze che devono, dunque, essere indipendenti dalle scelte organizzative - in termini di processo produttivo e di quantità e qualità dei servizi attualmente resi - e di bilancio - in termini di politiche


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tariffarie e di imposizione locale anche come riflesso delle preferenze locali - operate da ciascun ente.
La gradualità del processo viene garantita mediante l'articolazione delle elaborazioni nel corso del triennio 2011-2013 e con la progressiva messa a regime del sistema per garantire una transizione equilibrata da un approccio, in cui il finanziamento era basato sulla spesa storica, a un altro fondato su livelli standardizzati di spesa.
Preliminare a questo processo è, tuttavia, l'individuazione delle funzioni fondamentali. L'articolo 2 del provvedimento stabilisce in via provvisoria un insieme di funzioni, distintamente per comuni e province, che riprende quelle già previste dalla legge delega per la disciplina della fase transitoria. In merito assume particolare rilievo il disegno di legge sul Codice delle autonomie, nel quale, analogamente, è contenuta tra l'altro la definizione delle funzioni fondamentali degli enti locali. Tale sovrapposizione rende necessario un coordinamento tra le funzioni e i servizi per i quali si procederà nel triennio 2011-2013 alla stima degli standard secondo lo schema di decreto legislativo e le funzioni individuate nel Codice delle autonomie con i servizi sottesi a tali funzioni. Infatti la mancata corrispondenza tra le due disposizioni potrebbe, con l'approvazione del Codice delle autonomie, determinare ritardi o addirittura rendere inapplicabili le stime dei fabbisogni standard individuati nell'ambito delle attività previste dal presente decreto. In altri termini, tale difformità potrebbe verosimilmente dar luogo a problemi applicativi ove si consideri che, con l'approvazione del predetto Codice delle autonomie, le funzioni fondamentali degli enti locali saranno quelle dallo stesso individuate e non più quelle transitoriamente definite dal provvedimento in esame e prese a riferimento dal medesimo per definire gradualmente i fabbisogni standard.
L'approvazione del Codice delle autonomie nell'attuale testo determinerà, dunque, la necessità di riavviare o modificare l'attività di analisi condotta senza chiare indicazioni circa un'eventuale modifica della tempistica e della disciplina della fase transitoria, che dovrebbe portare a individuare i fabbisogni standard riferibili alle funzioni fondamentali a regime e non già a quelle transitorie.
A questo processo dovrà, inoltre, accompagnarsi l'esplicitazione degli obiettivi di servizio, sulla base dei quali commisurare il fabbisogno e la definizione del sistema di indicatori per valutare l'adeguatezza e l'appropriatezza dei servizi garantiti. Si tratta di elementi rilevanti, di cui la Società per gli studi di settore dovrà tenere conto essendole stato affidato il compito di predisporre la metodologia di stima del fabbisogno.
Appare opportuno in questo contesto segnalare, ai fini della trasparenza degli obiettivi e dei relativi indicatori, che un ruolo importante potrebbe senz'altro essere ricoperto dall'ISTAT, anche in considerazione della lunga esperienza maturata dall'Istituto nel campo della misurazione delle attività pubbliche.
Il processo di costruzione dei fabbisogni standard prevede opportunamente, direi quasi doverosamente, il coinvolgimento dell'ANCI e dell'UPI nel processo di determinazione dei fabbisogni standard attraverso la collaborazione scientifica dell'Istituto per la finanza e l'economia locale. Allo stesso modo, appare corretta l'individuazione delle sedi istituzionali di confronto, in particolare della Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale (COPAFF), per l'approvazione delle metodologie di stime, il monitoraggio della fase transitoria, l'elaborazione degli aggiornamenti e, a regime, della Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica per la revisione periodica delle stime, organismo che dovrà anche garantire una più stretta connessione tra definizione degli standard di spesa, definizione degli standard di servizio e costruzione del processo di convergenza nell'ambito del relativo Patto.
Su alcuni aspetti del coordinamento, tra gli esiti delle attività previste dal decreto e la cornice complessiva di attuazione del federalismo, saranno necessari, evidentemente, ulteriori approfondimenti. In particolare, rimane da stabilire come raccordare il finanziamento di quelle funzioni fondamentali


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degli enti locali che prevedono livelli essenziali delle prestazioni con il finanziamento delle funzioni regionali riconducibili all'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione. Analogamente, per quanto riguarda il finanziamento della spesa in conto capitale, si dovranno affrontare le questioni inerenti la coerenza tra la determinazione dei fabbisogni infrastrutturali e la programmazione regionale di settore.
Il quadro che si va delineando presenta elementi e fattori caratterizzati, allo stesso tempo, da un'evidente delicatezza e da una particolare complessità. La scelta della metodologia e l'individuazione dei criteri che dovranno consentire l'interpretazione e la quantificazione per ciascun ente degli scostamenti della spesa storica dallo standard produrranno riflessi sulla finanza pubblica e sugli equilibri di bilancio. In particolare, per quanto concerne i profili di onerosità del provvedimento, il decreto legislativo prevede due specifiche disposizioni: all'articolo 1, comma 3, laddove sancisce che dall'attuazione del decreto legislativo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato, e all'articolo 8, comma 2, ai sensi del quale, per lo svolgimento delle attività di analisi e stima, la Società per gli studi di settore e l'Istituto per la finanza e l'economia locale devono provvedere nell'ambito delle rispettive risorse.
Relativamente alla clausola di invarianza finanziaria di cui all'articolo 1, occorre peraltro ricordare che lo schema di decreto in esame va calato in un quadro ordinamentale e finanziario non ancora puntualmente e compiutamente definito. La predetta clausola, infatti, va letta nell'ottica della fissazione di un principio: quello secondo cui le esigenze di finanziamento per la perequazione degli enti locali dovranno essere valutate nell'ambito del quadro complessivo di finanziamento, considerando in modo congiunto i fabbisogni standard stimati secondo le procedure individuate e le entrate standardizzate spettanti agli enti.
Proprio a salvaguardia della neutralità finanziaria dell'intero processo la legge n. 42 stabilisce, inoltre, che il complesso delle nuove entrate e del fondo perequativo non può essere superiore all'entità dei trasferimenti statali soppressi. Pertanto, le quantificazioni risultanti dal modello di stima dei fabbisogni standard dovranno essere compatibili sia con i predetti vincoli finanziari sia con il rispetto del livello minimo di prestazioni idoneo a soddisfare i bisogni costituzionalmente garantiti ai cittadini.
Tali disposizioni sono, inoltre, accompagnate dalla previsione dell'articolo 5, secondo cui la metodologia di calcolo e l'individuazione dei fabbisogni standard per ciascun ente devono essere sottoposti alla verifica del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato prima della loro adozione con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Per garantire efficacia e tempestività al controllo e alla verifica, ritengo sia assolutamente necessaria la partecipazione della Ragioneria generale dello Stato al processo di determinazione dei fabbisogni già a partire dalla fase dell'esplorazione preliminare di ciascuna funzione di spesa e alla predisposizione della base analitica dei dati nonché dei criteri di rilevazione per la raccolta di ulteriori elementi informativi utili al processo di stima: ciò al fine di consentire il riscontro dell'asserita neutralità finanziaria attraverso un percorso che permetta di procedere alla verifica della coerenza tra le quantificazioni e i vincoli più generali della finanza pubblica.
Come è noto, infatti, i dati da acquisire, non solo dalle banche dati già esistenti, ma anche da nuove rilevazioni, i criteri e i metodi di stima potranno produrre risultati diversi in termini di distribuzione delle risorse, ma anche di entità complessiva del fabbisogno da finanziare. La verifica degli effetti finanziari non potrà, quindi, prescindere da un puntuale riscontro anche degli aspetti di natura prettamente tecnica.
Tra l'altro, occorre sottolineare ancora una volta che le quantificazioni che risulteranno dalle attività della Società per gli studi di settore non possono essere valutati indipendentemente dall'evoluzione, sul piano applicativo, degli altri tasselli della legge delega sul federalismo fiscale. Penso,


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ovviamente, allo sviluppo del nuovo fisco locale e del processo di standardizzazione delle entrate che dovranno essere considerate per il finanziamento delle funzioni fondamentali: attività queste ultime che non rientrano nelle competenze attribuite alla Società per gli studi di settore. Pertanto è importante assicurare sin dall'avvio del processo di determinazione dei fabbisogni standard un'interazione con l'attuazione dell'intero disegno di finanziamento degli enti territoriali, e, per questa via, una verifica continua delle compatibilità del sistema complessivo con le risorse finanziarie disponibili.
Per agevolare il processo di verifica e favorire una maggiore trasparenza, ritengo inoltre necessario prevedere la confluenza dei dati acquisiti ed elaborati dalla Società per gli studi di settore nella banca dati unitaria di cui alla legge n. 196 del 2009, in particolare nell'apposita sezione dedicata all'attuazione del federalismo fiscale. In tal modo verrebbe garantito l'accesso diretto della Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale, quale sede di condivisione delle basi informative, ai dati e alle informazioni quantitative necessari all'attività di monitoraggio nonché l'accesso ai medesimi da parte del Parlamento.
In proposito, colgo l'occasione per informarvi sull'avanzamento dei lavori per la realizzazione della banca dati unitaria, per cui è stata già avviata una forte interazione con il Ministero dell'interno per l'acquisizione dei dati di bilancio di comuni e province. In particolare, sono stati acquisiti i dati relativi al certificato di conto consuntivo per gli ultimi esercizi disponibili e si sta lavorando all'impostazione di un processo che consenta in futuro la loro acquisizione a regime. Grazie anche al contributo del Comitato guida interistituzionale appositamente istituito, la definizione dei flussi di scambio è stata avviata anche con la Corte dei conti e la Banca d'Italia. A questi si aggiunga anche il perfezionamento delle modalità di fruizione del sistema informativo della Ragioneria generale dello Stato da parte della Camera dei deputati e del Senato.
Per quanto riguarda la costruzione della specifica sezione dedicata all'attuazione del federalismo fiscale, si intende strutturare uno stabile canale comunicativo con la Commissione tecnica per l'attuazione del federalismo fiscale per un mutuo scambio di informazioni.
Infine, un'ultima considerazione riguarda lo stato di attuazione dell'armonizzazione degli schemi di bilancio e dei sistemi contabili degli enti territoriali e non territoriali. Tale attività, infatti, oltre ad essere propedeutica, è di fondamentale importanza per l'attuazione del federalismo fiscale anche ai fini del decreto legislativo in esame. I lavori stanno proseguendo sui due fronti distinti: quello di attuazione della legge sul federalismo fiscale - nell'ambito di un apposito gruppo di lavoro costituito dalla COPAFF - e quello di attuazione della legge di riforma della contabilità pubblica - nell'ambito del Comitato per i princìpi contabili delle amministrazioni pubbliche - ma con una forte interazione tra di essi. Il gruppo di lavoro della Commissione per l'attuazione del federalismo fiscale è stato, infatti, articolato secondo una organizzazione analoga a quella adottata nell'ambito delle attività del Comitato per i princìpi contabili delle amministrazioni pubbliche. Le attività sono articolate secondo le diverse tematiche della delega, dalla definizione dei princìpi contabili all'articolazione per missioni e programmi e alla costruzione di un bilancio consolidato delle amministrazioni con i propri organismi controllati. Questo favorisce un buon coordinamento e un continuo scambio di informazioni e riflessioni comuni nell'ambito dei due organismi. Si pensi che in molti casi i rappresentanti delle istituzioni coinvolte in tale attività sono gli stessi in entrambi i comitati. Tutto ciò dovrebbe portare all'adozione del decreto delegato sull'armonizzazione dei bilanci nei tempi previsti dalla legge n. 42. Vi ringrazio.

PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Canzio e do la parola agli onorevoli deputati e senatori che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.


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LINDA LANZILLOTTA. Ringrazio molto il dottor Canzio che ci ha dato un primo elemento di riflessione concreta su questo decreto. Stiamo, infatti, discutendo e girando un po' intorno al tema. Vorrei porre alcuni quesiti su una materia che è obiettivamente intricata, partendo però, se mi consente, da una constatazione.
Stamattina nella seduta della Commissione bicamerale il Ministro Calderoli ci ha detto che erano state esperite varie altre ipotesi di costruzione dei fabbisogni standard e altre metodologie costruite su dati reali di contabilità e, alla fine, queste metodologie erano risultate impraticabili. Nel corso del lavoro che abbiamo svolto in Commissione bicamerale, un esponente autorevole della COPAFF come il professor Longobardi ci ha detto che la contabilità degli enti locali si trova in una situazione medioevale, e quindi i dati sono incomparabili. Questo è preoccupante e in qualche modo segna il fallimento di uno dei tentativi, che in questi anni ci sono stati, di normalizzare la contabilità degli enti locali. Di questo vorrei chiederle conferma dal punto di vista della Ragioneria generale.
Vorrei anche chiederle, a fronte di queste carenze informative, in termini sia aggregati sia analitici, sui dati reali relativi alle diverse funzioni, così come sono oggi classificate nei bilanci - lasciamo perdere il Codice delle autonomie che ribalta tutto - se lei ritiene che un consolidato di spesa degli enti locali, costruito in futuro sulla base di fabbisogni determinati su base statistica rispetto a funzioni teoriche con modelli organizzativi teorici, possa effettivamente dare un risultato in cui l'aggregato è invariante, così come richiede la legge e come richiede il decreto. La preoccupazione è che questo metodo possa portare a esiti del tutto imprevedibili.
Vorrei, soprattutto, chiederle se ritiene che questi dati contabili, su cui la SOSE dovrebbe basarsi sulla base dei questionari che gli enti locali dovrebbero fornire, possano dare dati un po' più significativi di quelli che da anni si cerca di ottenere sulla base dei bilanci. Quanto possono essere credibili questi dati contabili forniti sulla base di un questionario, visto che non si riesce da decenni ad avere per molti comuni dei bilanci certificati?
Inoltre, a proposito del rapporto tra funzioni nell'attuale classificazione e Codice delle autonomie, prendiamo atto con soddisfazione che la Ragioneria conferma che la sequenza logica sarebbe stata quella che noi da circa tre anni predichiamo, e cioè che prima si determinano le funzioni che bisogna svolgere e poi si associa a ciascuna di queste un costo, mentre noi siamo partiti alla rovescia. Tuttavia, poiché il modello di organizzazione e di svolgimento delle funzioni con il Codice delle autonomie cambia profondamente anche in termini di allocazione tra comuni, province e unioni di comuni, come si fa ad avere un consolidato su cui determinare dei fabbisogni standardizzati quando le funzioni ancora non sono organizzate? Questo vuol dire che si tratta di una dinamica che deve aspettare ancora molti anni perché possa esserci un raccordo tra spesa standardizzata delle funzioni, come descritte dal Codice delle autonomie, e fabbisogni standardizzati.
Inoltre, a proposito di fabbisogno standard, confesso di non aver capito - ma probabilmente è un mio limite - dalla delega come si determina lo standard per quanto riguarda la spesa degli enti locali. Mentre, infatti, per altre variabili esiste un'indicazione nella legge di delega, come si determinerebbe per le funzioni dei comuni e degli enti locali lo standard che dovrebbe rappresentare il modello efficiente di funzionamento? Si prende una media? Si prende la media dei migliori fabbisogni? Ma, date tutte quelle variabili, come si fa a definire lo standard ottimale rispetto a cui misurare l'efficienza in termini dinamici? Lei, giustamente, ha detto che il fabbisogno standard serve sia come parametro della perequazione rispetto alle entrate - quindi il fabbisogno in termini di spesa è uno dei due fattori, poi c'è un saldo che è il rapporto tra fabbisogno in termini di spesa e entrate effettive e diventa il fabbisogno da perequare - sia come indicatore di efficienza. Di questo indicatore qual è, però, il parametro?


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Prendo atto, infine, che la Ragioneria ritiene che debbano essere coinvolti nel processo gli enti istituzionalmente preposti, come ISTAT, Ragioneria generale dello Stato e, immagino, Direzione generale del Ministero dell'interno. Grazie.

PRESIDENTE. Vorrei ricordare ai colleghi che abbiamo un limite di orario purtroppo non valicabile perché, come mi ricordano i presidenti Giorgetti e Garavaglia, arriverà il Ministro Tremonti per l'audizione sullo schema di Decisione di finanza pubblica, che ha a sua volta limiti di tempo rispetto a un adempimento, invece, di grande rilevanza.
Dato che otto colleghi si sono iscritti a parlare, e magari qualcun altro avrà il piacere di farlo nel corso dalla seduta, e abbiamo poco più di dieci minuti, forse quindici, o gli otto iscritti si dividono i minuti che rimangono oppure andiamo avanti, per poi sospendere e riprendere in un momento da concordare con i presidenti Giorgetti e Garavaglia. Mi rimetto alle vostre valutazioni, ma i tempi e i termini sono, purtroppo, quelli che vi ho indicato.

ENRICO MORANDO. In primo luogo, ho semplicemente una richiesta di informazione. L'articolo 14 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, al comma 2, dice che della riduzione dei trasferimenti lì operata non si tiene conto in sede di attuazione dell'articolo 11 della legge delega sul federalismo fiscale, che è l'argomento di cui stiamo parlando. Chiedo semplicemente cosa vuol dire «non si tiene conto». Ho già rivolto questa domanda tre o quattro volte e ho ottenuto tre o quattro risposte diverse. Mi sembrano troppe. Almeno tecnicamente, esiste una risposta precisa alla domanda sul significato di quell'espressione?
In secondo luogo, sotto il profilo tecnico, come si può calcolare il fabbisogno standard se prima non si individuano gli obiettivi di servizio che, secondo la legge del federalismo, sono quelli vincolanti alla realizzazione di condizioni omogenee su tutto il territorio nazionale? Si può prima calcolare il fabbisogno e poi l'obiettivo di servizio? A me sembra impossibile, ma attendo lumi dal punto di vista tecnico.
Un'ulteriore questione riguarda la vicenda specifica della SOSE e la fattibilità tecnica di questa operazione. Abbiamo attualmente una società che, con 65 statistici, sta curando la manutenzione costante e quotidiana di 206 studi di settore che, come è ovvio, possono essere aggiornati soltanto attraverso attività di analisi micro molto puntuali, sistematiche nel tempo e così via: è tecnicamente sostenibile che la stessa società nei prossimi mesi, mentre continua a curare gli studi di settore, con quegli stessi 65 statistici si occupi dei fabbisogni standard, addirittura - apprendo dal Ministro Calderoli e, in qualche misura, anche confermato da lei - calcolandoli su ogni singolo comune, cioè 8.100 comuni? Non sarebbe più ragionevole, dal punto di vista del rispetto dell'articolo 81 della Costituzione, destinare una cifra, a SOSE o a chi se ne occupi, affinché sia assunto il personale necessario a fare un lavoro di questa mole piuttosto che raccontare una frottola di queste dimensioni? È talmente grande che mi fa pensare che ci sia qualcuno che i fabbisogni standard non ha voglia di individuarli per niente.

PRESIDENTE. Dato il limite di orario e l'alto numero degli iscritti a parlare, proporrei una soluzione intermedia: farei intervenire, secondo l'ordine di iscrizione, un rappresentante per ogni gruppo parlamentare, in modo da dare voce a più posizioni.
Se dunque non vi fossero obiezioni da parte degli onorevoli Boccia, Nannicini e Causi, concordemente con i presidenti delle Commissioni bilancio della Camera e del Senato, opterei per questa soluzione. Resterebbe comunque inteso che potremmo continuare l'audizione in un altro momento da concordare.
Do la parola al senatore Fleres.

SALVO FLERES. Tenterò di formulare alcune considerazioni e alcune domande che siano pertinenti alle funzioni del Ragioniere generale, perché non credo che possiamo chiedergli valutazioni che hanno incidenza di altra natura. Questo non significa che i colleghi abbiano fatto diversamente, ma che limiterò l'intervento


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a una considerazione di carattere generale e a due domande.
Quanto alla considerazione di carattere generale, siamo in una fase certamente sperimentale, in divenire, ed è probabile che ci siano sia da parte del Governo sia da parte delle forze politiche dei ripensamenti in positivo, delle riconsiderazioni relativamente ad alcuni passaggi.
Venendo alle domande: la Ragioneria generale dello Stato individua nel documento delle criticità che possono essere quelle sottolineate dai colleghi o altre? Criticità che possono determinare maggiori oneri, minori o maggiori entrate soprattutto nel momento in cui, una volta individuati costi e fabbisogni standard, potrebbe verificarsi l'ipotesi che, per sostenere gli uni e gli altri, sia necessario modificare le dotazioni finanziarie dei comuni e delle province?
In secondo luogo, è ipotizzabile, secondo la Ragioneria genera dello Stato, individuare un percorso attraverso il quale tenere conto nelle valutazioni - la domanda è di natura più statistica che contabile - e che sia in grado di coniugare le condizioni strutturali e infrastrutturali degli enti a cui lo schema in esame si applica e la loro influenza relativamente ai costi e ai fabbisogni standard?

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA V COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
GIANCARLO GIORGETTI

MARIO BALDASSARRI. Ringrazio il dottor Canzio della Ragioneria generale dello Stato per la relazione molto concreta che ci ha esposto sullo stato della situazione. Magari rifletteremo anche all'interno della Bicamerale, che dovrà affrontare i vari decreti.
Faccio, per la brevità dei tempi, due considerazioni. Se dovessimo seguire le procedure normali, quelle di avere la standardizzazione dei costi per gli 8.100 comuni, il Ragioniere generale dello Stato ci dice due cose: che non possono non essere collegate alle funzioni e che per fare un lavoro analitico di questo tipo occorreranno due o tre anni: la stima è, infatti, nel corso del 2011-2013. Per chi crede sul serio al federalismo fiscale, si dovrebbe, quindi, valutare una fase transitoria, per procedere almeno con qualche approssimazione a un criterio di standardizzazione dei costi con metodologie anche su campione o simili. Se dovessimo seguire una procedura corretta, bisognerebbe, dopo quello che ci ha detto il dottor Canzio, che lavorassero un paio d'anni, per poi fornire dati precisi che noi valuteremmo. È chiaro che questa impostazione non è corretta, almeno politicamente, però dobbiamo trovare una formula che sia relativamente corretta e accettabile proprio sul piano di ciò che stiamo introducendo nell'ordinamento del nostro Paese.
La seconda considerazione, e concludo, è di carattere più generale: quello che emerge dalla relazione, ma emergeva anche in altre occasioni da parte della Ragioneria generale dello Stato, è che l'Italia non ha alcuna affidabilità nei conti della finanza pubblica in termini di aggregati complessivi della pubblica amministrazione. Ovviamente, è fatta eccezione per i saldi, perché i saldi finanziari sono sotto controllo della Ragioneria, quindi sappiamo esattamente più o meno a quanto il saldo ammonta, ma sui livelli di spesa e di entrate dei singoli enti appartenenti al perimetro delle pubbliche amministrazioni, francamente siamo abbastanza nel vago. I dati veri arrivano nei consolidati dopo tre, quattro o cinque anni, con aggiustamenti che poi ritroviamo anche nei dati macroeconomici, come la revisione delle serie e quant'altro.
Ricordo ai colleghi, ma ricordo anche a me stesso - questo è il tema che emerge e che non ha niente a che vedere con il federalismo fiscale - che mi sono permesso per anni di sostenere la tesi della necessità che in Italia ci fosse una autorità di certificazione dei bilanci di tutte le pubbliche amministrazioni. Proprio nell'ultima occasione della manovra di luglio, anziché di sopprimere l'ISAE (Istituto di studi e analisi economica) e spostarlo al Ministero dell'economia e delle finanze, ho presentato una proposta con la quale, proprio facendo perno sull'ISAE, sulla Ragioneria, sull'ISTAT,


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sulla Corte dei conti, si potesse costruire un'entità che certificasse i bilanci delle pubbliche amministrazioni. Ora, mi pare evidente che questo non è un pallino del senatore Baldassarri da vent'anni, mi pare che diventi a maggior ragione una esigenza fondamentale istituzionale della Repubblica italiana, indipendentemente da chi si trova a essere maggioranza di Governo e opposizione.
Leggendo attentamente la relazione del dottor Canzio, si capisce la difficoltà di una istituzione centrale che deve raccogliere tutti questi dati, che può tenere sotto controllo i saldi perché ha i conti di Tesoreria. Fortunatamente, infatti, all'inizio degli anni Ottanta centralizzammo i conti di Tesoreria, in modo che la Ragioneria conoscesse giorno per giorno lo sbilancio di ogni singolo ente. Non sa, tuttavia, se quello sbilancio dipende dal fatto che ha pagato gli stipendi o le bollette della luce o ha comprato una TAC o ha fatto un global service; conosce solo il dato sintetico di saldo, che va benissimo, è necessario, assolutamente irrinunciabile ai fini dei saldi complessivi della finanza pubblica, ma è impraticabile ai fini della gestione della politica economica in quanto tale perché veniamo a saperlo solo dopo tre, quattro o cinque anni.
L'esperienza degli ultimi trent'anni ha fatto emergere, ogni cinque o sei anni, la classica operazione del debito pregresso e all'improvviso ci siamo trovati a dover far fronte all'emersione dei debiti pregressi, debiti che stavano sotto la linea, che non erano mai passati in bilancio. L'emersione dei debiti pregressi, dal 1980 a oggi, se andiamo a fare i conti e attualizziamo i valori, può rappresentare circa un terzo del debito pubblico. Possiamo dire che un terzo del debito pubblico italiano non è mai passato per una decisione di bilancio di qualunque organo di Governo di questo Paese, sia esso il comune, la provincia, la regione e, in parte, lo Stato.
Ora, lo Stato è stato messo, negli ultimi anni, maggiormente sotto controllo da questo punto di vista, ma, se guardiamo ancora una volta i dati, la situazione è critica, soprattutto con le regioni. Io mi dico federalista e non regionalista proprio perché ho preoccupazioni sul regionalismo vista l'esperienza di questi trenta anni, che in un modo o nell'altro hanno determinato una spesa sempre crescente, nonostante i tagli, che sul tendenziale in realtà certificano l'aumento di spesa rispetto all'anno in corso, non sono tagli sul tendenziale degli anni futuri, ma aumenti rispetto all'anno in corso.
Allora, e concludo, al di là del problema specifico che abbiamo di fronte - federalismo fiscale e decreti delegati, su cui dovremmo sederci pacatamente attorno a un tavolo e trovare un marchingegno che ci consenta di procedere anche sperimentalmente - resta il macigno del problema della finanza pubblica italiana e, visto che l'audizione successiva riguarda il Ministro dell'economia sulla decisione di finanza pubblica, cioè il nuovo DPEF, certamente questo è un tema, ripeto, istituzionale, che riguarda la Repubblica italiana e non è un pallino personale di qualcuno, ma la pietra miliare di fondamento di una Repubblica, di una istituzione che voglia rendere conto a se stessa e ai propri cittadini di come spende e di come esige le tasse.
In queste condizioni, come emerge dall'intervento del dottor Canzio, la situazione è precaria, per usare un eufemismo. Fortunatamente, è sotto controllo sui saldi, e questo in qualche misura ci garantisce dal punto di vista dell'emissione del debito, e quindi del controllo rispetto ai mercati finanziari, ma all'interno del nostro Paese, nel momento in cui il Parlamento deve decidere la politica economica, se fare una spesa per comprare un telefonino o una macchina di radiografia, se assumere un infermiere o un portantino, siamo quasi nella perfetta ignoranza tranne che dopo tre o cinque anni ratifichiamo ex post quello che è avvenuto.

RENATO CAMBURSANO. Ringrazio il Ragioniere generale dello Stato per l'ottima relazione. Gli chiederei se condivide una definizione un po' provocatoria che mi permetto di proporre per il decreto: piuttosto che le metodologie per la determinazione dei fabbisogni, direi il soggetto a cui demandare la definizione dei fabbisogni standard.


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In secondo luogo, a integrazione di quanto già diceva il senatore Morando su come sia possibile calcolare i fabbisogni prima della definizione degli obiettivi di servizio, aggiungo che mi chiedo come sia possibile definire e calcolare i fabbisogni prima della determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, di cui mi pare proprio che non si faccia minimamente cenno.
Infine, viene demandato alla SOSE l'incarico della definizione, nei modi che conosciamo, della spesa storica in assenza di una totale definizione delle armonizzazioni dei bilanci. È vero che siamo avanti, mi pare di aver capito dalla sua relazione, nella armonizzazione dei bilanci così diversificati all'interno delle autonomie locali, ma sta di fatto che non siamo ancora a operazione conclusa. Come fa, quindi, SOSE a lavorare su delle materie prime così diversificate che non sono armonizzate?

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE PARLAMENTARE PER L'ATTUAZIONE DEL FEDERALISMO FISCALE ENRICO LA LOGGIA

PRESIDENTE. Do la parola al dottor Canzio per la replica.

MARIO CANZIO, Ragioniere generale dello Stato. Cercherò di essere breve. Penso che la mia relazione offra già talune risposte che non posso che confermare, in particolare la necessità di procedere all'armonizzazione degli schemi di bilancio e dei sistemi contabili degli enti territoriali e non territoriali. Inoltre, in ordine alle funzioni indicate dal decreto legislativo o del Codice delle autonomie, è chiaro che si tratta di un percorso che dovrà essere valutato strada facendo. La scelta alternativa di utilizzare già dei dati disponibili avrebbe potuto essere quella di produrre sin da ora delle stime, però non facilmente confrontabili rispetto a esigenze diverse locali.
Per quando riguarda la domanda del senatore Morando circa l'applicabilità del periodo dell'articolo 14, comma 2, la risposta è solo politica. Come Ragioneria, per noi vale la legislazione vigente, quindi tutto deve essere fatto a legislazione vigente e non può che essere così, come previsto dalla legge n. 42.
I problemi segnalati dal senatore Baldassarri saranno, a mio avviso, superati sia dall'armonizzazione dei bilanci, sia dall'istituzione della banca dati.
Circa, infine, la necessità di coinvolgere o meno altri soggetti oltre alla SOSE, ribadisco ancora una volta la necessità che la Ragioneria sia coinvolta sin dall'inizio in tutto il processo.
Fornirò, eventualmente, altre risposte in un secondo momento.

PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Canzio per l'esauriente relazione svolta.
Per l'eventuale seguito ci accorderemo con i capigruppo in Commissione; con il presidente Giorgetti e il vicepresidente Garavaglia avremo modo di definire il calendario delle audizioni che è ancora in fase di elaborazione e che verrà successivamente comunicato. Grazie molte a tutti.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 12,45.

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