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Temi dell'attività Parlamentare

Rivolgimenti nel Mediterraneo e "primavere arabe"
Lo scoppio delle "primavere arabe" nell'area del Mediterraneo meridionale ha costituito un momento di svolta per la politica estera italiana che, da sempre, riconosce alla politica mediterranea una valenza strategica per gli interessi del Paese. Il Parlamento della XVI legislatura ha seguito gli sviluppi della situazione regionale, intervenendo sul piano normativo con il finanziamento della partecipazione di un contingente italiano alle operazioni militari della NATO in Libia a sostegno delle forze d'opposizione e successivamente ad assicurare il sostegno alla ricostruzione economica e sociale della Libia. Sul piano conoscitivo, la III Commissione ha promosso un'articolata indagine conoscitiva intesa ad acquisire una panoramica dei nuovi equilibri geopolitici emersi all'indomani dei rivolgimenti ed a definire le nuove linee-guida per una coerente ed efficace proiezione del nostro Paese nella regione.
Tunisia

Ricordando come i fenomeni di rivolta o comunque di contestazione dei regimi esistenti abbiano interessato marginalmente anche la Giordania e l’Algeria, e, assai di più, il Bahrein; non vi è dubbio il primo paese ad entrare in crisi è stata la Tunisia, dove rapidamente crollava il regime di Ben Alì, e si aoriva un periodo di instabilità politica e caos economico assai gravi, dovendo per di più il paese fronteggiare anche le ondate di profughi provenienti dalla Libia in rivolta contro Gheddafi. Le manifestazioni, i fenomeni di vandalismo e le ondate migratorie verso l’Italia ponevano la Tunisia in sempre maggiori difficoltà, ma il 23 ottobre potevano svolgersi, differite di 4 mesi, le elezioni per l’Assemblea costituente, con l’affermazione netta del partito islamico moderato Ennahdha. In dicembre un compromesso istituzionale fra i tre maggiori partiti della Costituente permetteva di eleggere il Presidente della Repubblica e di dar vita al nuovo governo.

Il partito Ennahdha ha dato prova tuttavia di grande ambiguità nei confronti degli islamici più radicali e dei loro atteggiamenti aggressivi, destando a più riprese la reazione degli ambienti laici largamente presenti nel paese. Anche nella duplice crisi per le offese (vere o presunte) a Maometto nel settembre 2012 gli apparati di sicurezza sono sembrati paralizzati nei confronti dei salafiti che davano l’assalto alle ambasciate occidentali. Le forze laiche, pur riuscendo a scongiurare una modifica costituzionale contro la parità tra uomo e donna, venivano duramente colpite il 6 febbraio 2013 dall’assassinio di Chokri Belaid, simbolo della resistenza all’avanzata delle istanze dell’islamismo radicale. Tale atto ha però già indotto gravi divisioni nel seno di Ennahdha, che potrebbero comprometterne il predominio.

Egitto

Il paese strategicamente più importante tra quelli coinvolti nella Primavera Araba del 2011 è senz'altro l'Egitto: qui la propagazione degli eventi tunisini provocava la rapida caduta del regime di Hosni Mubarak (11 febbraio 2011), dopo la quale si assisteva a un difficile processo di assestamento istituzionale, pur nel permanere di uno Stato di mobilitazione di piazza soprattutto nella capitale. Il 19 marzo si teneva un referendum costituzionale su alcune modifiche alla Costituzione vigente, che venivano approvate con una larga maggioranza dei votanti, ma con una partecipazione ben al di sotto della metà degli aventi diritto al voto - soprattutto l'opposizione liberale lamentava la scarsa incisività degli emendamenti costituzionali, ai quali avrebbe preferito la redazione di una nuova Carta.

Dopo il referendum, comunque, iniziava un periodo di tacito accordo tra i Fratelli musulmani e gli ambienti militari di governo. Intanto veniva al pettine il nodo delle imputazioni a carico di Mubarak e del suo clan: in aprile veniva arrestato l'ex rais insieme ai due figli Gamal e Alaa, e il loro rinvio a giudizio avveniva nella prima metà di giugno, mentre il processo si sarebbe aperto due mesi dopo. Tensioni con Israele si verificavano a partire dall'agosto 2011 per il coinvolgimento di alcune guardie di frontiera egiziane nella risposta israeliana a una serie di attacchi perpetrati nel Neghev meridionale. Gli umori largamente antiisraeliani di ampie fasce della popolazione egiziana si mostravano in tutta la loro virulenza il 9 settembre, quando veniva dato l'assalto all'ambasciata israeliana al Cairo, ponendo in grave pericolo anche l'incolumità dell'ambasciatore e del personale diplomatico.

Dopo la gravissima tensione con la minoranza cristiano-copta successiva agli incidenti del 9 ottobre nella capitale, il dibattito politico e nei media si concentrava sulle conseguenze del giro di vite sulla sicurezza operato dalle forze armate proprio a seguito degli incidenti in cui avevano perso la vita 26 cristiano-copti. Nuovi incidenti portavano poi alla caduta del governo Sharaf - e in carica dal mese di marzo 2011 - e alla sua sostituzione con una compagine guidata da un ex premier di Mubarak, al-Ganzuri.

Erano intanto iniziate le elezioni legislative, in tre complesse tornate che si completavano all'inizio di gennaio 2012: nella quota proporzionale i risultati registravano la grande vittoria dei partiti islamisti - i Fratelli musulmani si aggiudicavano 127 seggi, mentre il salafiti del Nour ne conquistavano 96. Il 23 gennaio il nuovo Parlamento eleggeva come presidente Mohammed el-Katatni, esponente dei Fratelli musulmani.

Le convulsioni rivoluzionarie e le reazioni ad esse giungevano a coinvolgere anche un evento sportivo, con il tragico massacro nello stadio di Porto Said del 1° febbraio 2012, con 73 morti e un migliaio di feriti. Questi tragici avvenimenti non bloccavano comunque i processi istituzionali: per il mese di maggio veniva fissato il primo turno delle elezioni presidenziali, rispetto alle quali nel frattempo maturava la decisione dei Fratelli musulmani di presentare un proprio candidato, Mohamed Morsi, il quale, sfruttando la vasta contrarietà di tutte le anime della rivoluzione alla candidatura di Ahmed shafik, rimasto in ballottaggio contro di lui -, in giugno si affermava con poco più della metà dei consensi. L'elezione di Morsi veniva generalmente salutata con soddisfazione dalla Comunità internazionale, e si compiva pacificamente il previsto passaggio di poteri dai vertici militari al nuovo presidente.

Iniziava però subito dopo una serrata lotta istituzionale di Morsi nei confronti dei principali organi giurisdizionali del paese, mentre il 2 agosto nasceva ufficialmente il nuovo governo guidato da un tecnico precedentemente a capo del ministero delle risorse idriche, Hisham Kandil. Un brusco ricambio dei vertici militari avveniva poi contemporaneamente al coinvolgimento dell'Egitto nei gravi problemi di sicurezza del Sinai, con la morte di 16 poliziotti. Tra l'altro, lo status del Sinai dipende dagli accordi di pace di Camp David del 1978, ed è dunque un punto assai delicato nei rapporti con Israele. Successivamente, il presidente Morsi dispiegava anche un grande attivismo diplomatico, recandosi presso le istituzioni europee di Bruxelles e anche in Italia (13-14 settembre 2012).

Negli ultimi mesi, mentre si infittivano i rapporti dell'Egitto con l’Unione europea e con il Fondo monetario internazionale, con il quale il Cairo ha negoziato un prestito di 4,8 miliardi di dollari, il prestigio dell'Egitto si manteneva elevato in occasione della mediazione per il raggiungimento della tregua per la nuova crisi tra israele e Gaza alla metà di novembre 2012. Successivamente, tuttavia, Morsi innescava gravi tensioni con un decreto presidenziale che rendeva inappellabili le sue decisioni: la mobilitazione crescente induceva Morsi a ritirare il decreto del 22 novembre, come anche alcuni provvedimenti economici suscettibili di inimicargli l'elettorato nell'imminenza del referendum costituzionale del 15 dicembre, nel quale la bozza di nuova Costituzione è stata approvata con il 64% dei voti, ma in una consultazione che ha visto solo un terzo degli aventi diritto prendere parte al voto. Alla fine di gennaio 2013, infine, il ripetersi di gravissimi incidenti sempre in relazione al massacro di Porto Said del 1° febbraio 2012, induceva le forze armate a far sentire dopo molti mesi la propria voce ammonendo le forze politiche, in una situazione politica ed economica del paese che rimane sempre molto critica.

Libia

A parte il tragico scenario siriano da cui tuttora non si intravvede un'uscita credibile, la situazione di più classico scontro frontale scaturita dalla Primavera araba del 2011 è stata senz'altro quella libica, dove la contestazione del regime di Gheddafi ha assunto anche forti caratteri regionali e tribali, soprattutto per iniziativa della regione della Cirenaica. Proprio la possibilità che la reazione delle forze lealiste ai primi sommovimenti facesse ripetere nei confronti di Bengasi la tragica vicenda di Srebrenica del 1995 facilitava nel marzp 2011 l'intervento della Comunità internazionale e l'unità, perlomeno in un primo momento, all'interno del Consiglio di sicurezza dell'ONU. I combattimenti successivamente si trascinavano però per mesi, facendo temere che come Assad anche Gheddafi fosse in grado di mettere in campo una forza militare notevolissima, ma poi nell'autunno 2011 si aveva il rapido crollo del regime e anche la cattura e l'uccisione del rais libico.

La situazione della nuova Libia resta tuttavia molto preoccupante perché, se da un lato si è proceduto nel luglio 2012 all'elezione del Congresso nazionale con funzioni di assemblea costituente e il paese ha superato la fase dei governi di transizione, sul piano della sicurezza tuttora le condizioni si presentano proibitive. Soprattutto il nostro paese, nonostante un recente grave attentato patito dal console italiano a Bengasi, mostra interesse a sostenere il percorso delle nuove autorità di Tripoli e la loro lotta contro l'estremismo e le possibili derive di tipo somalo della Libia.

Yemen

A seguito delle proteste verificatesi a partire dal mese di febbraio 2011, lo Yemen ha avviato un processo di transizione costituzionale, sulla base di un piano di pace predisposto dal Consiglio di cooperazione del Golfo (organizzazione che riunisce Arabia Saudita, Kuwait, Bahrein, Qatar, Oman e Yemen). Sulla base del piano, il 23 novembre 2011, il presidente della Repubblica Ali Abdullah Saleh (n. 1942) ha ceduto, dopo lunghe esitazioni, i poteri al vicepresidente Hadi, conservando il titolo di presidente onorario. Saleh era Capo dello Stato sin dalla riunificazione del paese nel 1990, dopo essere stato già presidente della Repubblica araba dello Yemen del Nord dal 1978.

Il piano di transizione prevedeva la costituzione di un governo di unità nazionale, effettivamente avvenuta nel dicembre 2011 (il governo è stato affidato all’esponente dell’opposizione a Saleh Mohammed Basindawa) e la convocazione di elezioni presidenziali, che si sono tenute il 21 febbraio, registrando la larghissima affermazione di Mansur Hadi, dal 1994 vicepresidente sotto Saleh, che in due anni dovrà garantire la redazione di una nuova Costituzione e lo svolgimento di elezioni multipartitiche.

Tuttavia, lo Yemen resta sotto alcune pesanti minacce, che vanno dalle rivendicazioni secessioniste alle attività di al Qaida nella penisola arabica, senza dimenticare la possibilità che l’ex presidente Saleh o più probabilmente esponenti del suo clan possano sfruttare le posizioni di rilievo che tuttora rivestono soprattutto nelle forze armate e di sicurezza yemenite.

Gli interventi legislativi

Il provvedimento di rifinanziamento delle missioni militari italiane all'estero relativo alla seconda metà del 2011 - decreto-legge 12 luglio 2011, n. 107 -, recava rilevanti disposizioni relative all'impegno del nostro Paese nello scenario libico. Si tratta anzitutto dell'art. 4, comma 19, che autorizza per il periodo 1º luglio-30 settembre 2011 la spesa di circa 58 milioni di euro per la partecipazione italiana alle operazioni militari in Libia a protezione dei civili, in attuazione delle pertinenti risoluzioni dell'ONU. L'art. 2, poi, prevede la possibilità di "scongelare" le attività finanziarie della Libia in Italia a favore del Consiglio nazionale transitorio di Bengasi, in ottemperanza alle norme dell'Unione europea e alle decisioni del Gruppo di contatto sulla Libia (comma 2); nonché lo stanziamento di circa 2,3 milioni di euro per gli interventi a sostegno dei processi di stabilizzazione in Iraq e Libia (comma 4).

Il successivo decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 215 - che prorogava e rifinanziava le missioni internazionali per tutto il 2012 -, in considerazione del mutato scenario libico, ha previsto (art. 1, comma 16) la partecipazione di sole 100 unità di personale militare per assistenza, supporto e formazione in territorio libico; nonché (art. 1, comma 16-bis) l’autorizzazione al Ministero della difesa alla cessione gratuita al governo provvisorio libico di mezzi non più in uso alle Forze Armate italiane. Inoltre, l’art. 7, comma 3, include la Libia tra i paesi destinatari di iniziative volte a migliorare le condizioni di vita delle popolazioni e a sostenere la ricostruzione civile.

Infine sempre la Libia è stata oggetto di ulteriori interventi nel decreto-legge 28 dicembre 2012, n. 227 - che ha prorogato e rifinanziato la partecipazione italiana a missioni internazionali per il periodo 1° gennaio-30 settembre 2013 -, e segnatamente: la prosecuzione degli interventi di cui al già richiamato art. 1, comma 16 del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 215; la missione di personale della Guardia di Finanza per il ripristino dell’efficienza delle unità navali cedute al governo libico, per la loro manutenzione e per compiti di addestramento del personale locale in funzione di contrasto all’immigrazione clandestina; iniziative di cooperazione nei confronti, tra l’altro, della Libia e dei paesi ad essa limitrofi, al fine di assicurare il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione e degli eventuali rifugiati e il sostegno alla ricostruzione civile.

Si segnala infine il decreto-legge 23 giugno 2011, n. 89 – convertito con modificazioni dalla legge 2 agosto 2011, n. 129 -, recante tra l’altro disposizioni  urgenti per il recepimento della direttiva 2008/115/CE sul rimpatrio dei cittadini di Paesi terzi irregolari, che nei mesi caratterizzati dalle crisi nordafricane è stata più volte al centro dell’attenzione politica nazionale ed europea.

L'attività di controllo e d'indirizzo

Nella seduta delle Commissioni riunite Esteri e Difesa di Camera e Senato del 18 marzo 2011, i Ministri degli Affari esteri e della Difesa avevano già informato il Parlamento – prima ancora dell’intervento internazionale in Libia, avviato il 19 marzo - sugli ulteriori sviluppi della situazione libica in relazione all’approvazione della risoluzione n. 1973 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Al termine della seduta le Commissioni riunite Affari esteri e Difesa della Camera avevano approvato la risoluzione 7-00520: in pari data le le omologhe Commissioni del Senato avevano a loro volta approvato una risoluzione d'identico tenore. I due documenti d'indirizzo impegnano il Governo ad assicurare che l’Italia “partecipi attivamente, con gli altri Paesi disponibili ovvero nell’ambito delle organizzazioni internazionali di cui il Paese è parte, alla piena attuazione” della citata risoluzione ONU n. 1973.

Nel corso delle comunicazioni sulla crisi libica, rese alla Camera nella seduta del 24 marzo 2011, i Ministri degli Affari esteri e della Difesa  illustravano gli sviluppi dell’intervento militare multilaterale: il  dibattito si è concluso con l’approvazione di due risoluzioni, una presentata dalle forze di maggioranza (6-00071) e l’altra dall’opposizione (6-00072), che impegnano il Governo a proseguire nella cooperazione internazionale per la piena attuazione della risoluzione ONU n. 1973, nonché a perseguire un rinnovato approccio diplomatico per la soluzione della crisi.

L’Assemblea di Montecitorio, nelle sedute del 3 e 4 maggio 2011, ha iniziato e concluso la discussione di mozioni sull’impegno del nostro Paese in Libia, con particolare riferimento alla nuova fase di partecipazione dell’Italia ad attacchi aerei mirati in territorio libico. Il 27 aprile 2011, il ministro Frattini era appunto intervenuto, unitamente al suo collega titolare del Dicastero della Difesa, nella riunione delle Commissioni riunite Affari esteri e Difesa delle due Camere, per aggiornare il Parlamento circa gli sviluppi dello scenario libico alla luce della decisione assunta il 25 aprile dal presidente del Consiglio di concorrere agli interventi aerei della NATO su obiettivi strategici posti in territorio libico.

Altri interventi parlamentari sulla crisi politica e umanitaria in Nord Africa e Medio Oriente si sono avuti in due occasioni indirette, ovvero la riunione delle Commissioni Esteri e Politiche dell’Unione europea di Camera e Senato del 22 giugno 2011, nella quale il Ministro Frattini ha riferito in ordine all’imminente Consiglio europeo del 23-24 giugno, fornendo anche precisi ragguagli sulla situazione libica, come anche sulle iniziative europee per potenziare il partenariato con la sponda Sud del Mediterraneo e per far fronte al problema migratorio; nonché la seduta congiunta delle Commissioni Esteri e Difesa dei due rami del Parlamento del 13 luglio 2011, dedicata parimenti a comunicazioni del Governo, ma sugli sviluppi relativi alle missioni internazionali cui l’Italia partecipa, e nel corso della quale i Ministri degli Esteri e della Difesa hanno toccato anche i temi della difficile situazione del conflitto in Libia, oltre alla situazione dei flussi migratori verso il nostro Paese in conseguenza della crisi libica. Si segnala anche la seduta della Commissione Esteri del 5 ottobre 2011, nel corso della quale è stato affrontato anche il tema dei rapporti dell’Unione europea con gli altri paesi del Mediterraneo nel nuovo scenario successivo alla primavera araba.

Nella seduta del 7 settembre 2011 delle Commissioni Esteri congiunte della Camera e del Senato si era peraltro svolta l’audizione del Ministro degli Affari esteri Frattini sugli sviluppi più recenti della crisi libica, nel corso della quale l'On. Frattini ha riferito sulle vicende della caduta della capitale libica, auspicando un clima di riconciliazione nel quale vi sia posto per numerosi appartenenti all'apparato statale del passato regime non macchiatisi di crimini - evitando i drammatici errori compiuti in Iraq.

Il nuovo Ministro degli Affari esteri Giulio Terzi riferiva alle Commissioni Esteri riunite della Camera e del Senato (seduta del 30 novembre 2011) in ordine alle linee programmatiche del suo Dicastero: il Ministro, tra l’altro, individuava i rapporti con l’area mediterranea come una delle quattro dimensioni fondamentali della missione del Ministero, soffermandosi sia sull’intera regione che sui casi particolari di Egitto, Tunisia e Libia. Sulla sola situazione libica aveva in precedenza fatto rapidi accenni il suo predecessore On. Frattini, riferendo in via principale alle Commissioni riunite Esteri, Bilancio e Politiche dell'Unione europea dei due rami del Parlamento (seduta del 19 ottobre 2011) in ordine ai temi all'ordine del giorno dell'imminente Consiglio europeo del 23 ottobre 2011.

Nella seduta del 15 febbraio 2012 il Ministro degli Affari esteri Giulio Terzi veniva poi ascoltato dalle Commissioni Esteri riunite di Camera e Senato in ordine ai recenti sviluppi politici nella regione mediterranea. Problematiche affini, ma con specifico riferimento all’Egitto, erano emerse in Commissione Esteri il 14 marzo 2012, con le comunicazioni del presidente sulla missione in Egitto svoltasi dal 6 all’8 marzo. Sul significato globale delle rivoluzioni arabe vi era stato modo di discutere in Commissione Esteri il 29 febbraio 2012, con le comunicazioni del presidente riguardanti, tra l’altro, la riunione appositamente tenuta il 24 gennaio dal Parlamento europeo.

Il 6 giugno 2012 il Ministro degli Esteri Giulio Terzi ha aggiornato il Parlamento, nella seduta delle Commissioni Esteri riunite di Camera e Senato, sull’evoluzione della situazione nello scenario di crisi mediterraneo e mediorientale, che era stato altresì uno dei temi principali trattati negli incontri della missione a Washington che una delegazione della Commissione Esteri aveva svolto presso il Congresso e il Dipartimento di Stato, nonché presso la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale, e sui quali è stato riferito nella seduta del 30 maggio 2012.

Le criticità per l’Italia derivanti dalla situazione libica e le linee-guida del Governo per la gestione dell'emergenza umanitaria prodottasi nell'area mediterranea sono state più volte oggetto di informative del Governo al Parlamento, in particolare nelle sedute del: 23 marzo, 7 e 12 aprile, 31 maggio, 3 agosto e 28 settembre 2001. L’Assemblea della Camera, poi, nelle sedute del 16 e del 18 gennaio 2012, ha discusso e votato mozioni in ordine alla cooperazione con il Governo libico per la gestione dei flussi migratori originati dalla Libia durante il recente conflitto. Si ricorda altresì, in riferimento alla tutela degli interessi delle imprese italiane coinvolte dalle crisi nordafricane, con particolare riguardo all’Egitto, alla Libia ed alla Tunisia, l’approvazione di una risoluzione (13 aprile 2011) da parte della Commissione Affari esteri, per iniziativa dell'on. Tempestini.

L'attività conoscitiva

Si ricorda anche l'indagine conoscitiva sugli obiettivi della politica mediterranea dell'Italia nei nuovi equilibri regionali, che la Commissione Esteri ha deliberato il 21 febbraio 2012, approvando il documento conclusivo il 22 gennaio 2013.

Nell’ambito di un’altra indagine conoscitiva, quella su diritti umani e democrazia condotta dal Comitato permanente sui diritti umani della Commissione Esteri, si è svolta il 27 marzo 2012 l’audizione di rappresentanti di Amnesty International sulla situazione dei diritti umani nella Libia post-Gheddafi; nonché, sulla più complessiva situazione nel Nord Africa e Medio Oriente, un’altra audizione di rappresentanti di Amnesty International (10 luglio 2012). Il 30 ottobre 2012 la stessa indagine conoscitiva ha ospitato l’audizione di alcune attiviste per i diritti umani e delle donne nel mondo islamico.

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