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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione II
12.
Martedì 26 gennaio 2010
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Bongiorno Giulia, Presidente ... 3

Audizione del direttore generale per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, dottor Stefano Aprile, in relazione alle misure urgenti per la digitalizzazione della giustizia di cui all'articolo 4 del decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193, recante interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Bongiorno Giulia, Presidente ... 3 6 8 12
Aprile Stefano, Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia ... 3 7 8 11 12
Capano Cinzia (PD) ... 7 11
Contento Manlio (PdL) ... 6
Follegot Fulvio (LNP) ... 8
Molteni Nicola (LNP) ... 8
Ria Lorenzo (UdC) ... 7
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud/Lega Sud Ausonia: Misto-NS/LS Ausonia.

COMMISSIONE II
GIUSTIZIA

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di martedì 26 gennaio 2010


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIULIA BONGIORNO

La seduta comincia alle 12.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione del direttore generale per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, dottor Stefano Aprile, in relazione alle misure urgenti per la digitalizzazione della giustizia di cui all'articolo 4 del decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193, recante interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del direttore generale per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, dottor Stefano Aprile, in relazione alle misure urgenti per la digitalizzazione della giustizia di cui all'articolo 4 del decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193, recante interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario.
Nel corso dell'esame del decreto-legge è emersa l'opportunità, segnalata in particolare dall'onorevole Contento, di audire il direttore generale per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, al fine di approfondire e chiarire alcuni aspetti della disciplina relativi alla digitalizzazione della giustizia.
Nonostante i tempi della decretazione d'urgenza non abbiano consentito di svolgere tale audizione nel corso dell'esame del provvedimento da parte della Commissione, nell'ambito dell'ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi si è, comunque, ritenuto che tale audizione avrebbe potuto essere utilmente svolta in vista dell'esame del provvedimento in Assemblea.
Dottor Aprile, come le avevo anticipato, l'organizzazione dei nostri lavori prevede una sua breve illustrazione dei profili del provvedimento che attengono alla materia della digitalizzazione della giustizia. In seguito, lascerei la parola a tutti - ovviamente, credo che il primo a intervenire sarà l'onorevole Contento - per eventuali richieste di approfondimento.

STEFANO APRILE, Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia. Buongiorno. Signor presidente, onorevoli deputati, l'articolo 4 del decreto-legge che è in sede di conversione introduce una serie di disposizioni volte a dare ulteriore impulso alla digitalizzazione dei processi, quindi all'adozione dell'informatizzazione nel mondo della giustizia.
Il momento era particolarmente urgente, in quanto alcune esperienze importanti avevano prodotto dei risultati molto significativi. Mi riferisco ad alcune realtà geografiche come Milano, ad alcuni uffici giudiziari del Veneto, a realtà come Genova e la stessa Roma. Era tuttavia necessario rimuovere alcuni ostacoli normativi che impedivano un'accelerazione che, invece, l'amministrazione ritiene essenziale dare.


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In particolare, era urgente rimuovere alcuni ostacoli alla diffusione delle comunicazioni elettroniche, ossia l'avviso, da parte dell'autorità giudiziaria e in generale del tribunale, all'avvocato dell'adozione di provvedimenti da parte del giudice. Oggi questo avviene mediante comunicazioni affidate agli ufficiali giudiziari, con tempi e costi che si possono immaginare.
L'utilizzo, invece, delle nuove tecnologie, sulla base di un'attivazione che il ministero ha realizzato, in particolare al tribunale di Milano, di questa nuova modalità di comunicazione, ha dimostrato grandi potenzialità. In sei mesi circa sono state effettuate notificazioni telematiche per oltre 100 mila documenti.
Una notificazione costa all'Erario mediamente 10-15 euro. Potete, dunque, calcolare rapidamente quale può essere il risparmio effettivo e reale. Tuttavia, al di là del risparmio finanziario, pure importante, ciò che si è verificato sul campo è l'accorciamento dei tempi dello svolgimento dell'udienza. Infatti, se occorre rinviare un processo per ascoltare un testimone, si deve considerare nel rinvio anche il tempo occorrente per le notificazioni, dunque si deve ragionevolmente ipotizzare almeno un mese.
Il meccanismo elettronico consente, invece, un avviso in tempo reale. Le attività di cancelleria sono ridotte al minimo poiché il sistema, automaticamente, invia la comunicazione elettronica all'avvocato. Questa attività, che è stata sperimentata a Milano e, prima di Natale, è stata avviata anche al tribunale di Rimini, è per noi strategica, sia per ridurre i costi sia per dare maggiore efficienza al sistema.
Che cosa ostacola, dunque, questa diffusione? Alla domanda è collegata anche la ragione del decreto-legge. L'adesione a quello che si chiama il processo civile telematico è in questo momento - prima del decreto-legge - volontaria, nel senso che i singoli ordini professionali, degli avvocati, sollecitano i loro associati ad aderire allo strumento tecnologico messo a disposizione dal Ministero della giustizia.
Per dare qualche numero, in questo momento in Italia ci sono circa 10.000 avvocati «telematici», a fronte di circa 150-180.000 iscritti (non conosco il numero preciso, ma vorrei rendere l'idea dell'ordine di grandezza). Dei 10.000 avvocati «telematici» 6.500 sono a Milano. Questo dà la misura di come non si riesca a sfondare, sebbene si tratti di diffondere sistemi già esistenti, e non da costruire. Come dicevo, non si riesce a sfondare perché l'adesione è volontaria. Ci sono difficoltà anche culturali ad accettare queste innovazioni, che ne ritardano la diffusione.
Ebbene, il decreto-legge fa leva sull'applicazione di una norma che il Parlamento ha approvato all'inizio dell'anno passato, la legge n. 2 del 2009, che impone a tutti gli ordini professionali, quindi anche agli avvocati, di dotarsi obbligatoriamente di una casella di posta elettronica certificata, che è lo strumento individuato da quella legge come la cassetta postale di cui ciascuno di noi dispone nel proprio appartamento o, se è un professionista, nel proprio studio, dove riceve ad esempio le raccomandate. Questa casella è il canale di comunicazione sicuro e ufficiale al quale tutte le amministrazioni possono scrivere.
Facendo leva su questa importante innovazione legislativa dell'inizio dell'anno passato, il Governo ha ritenuto di seguire la proposta di utilizzare quella casella di posta elettronica come il canale di comunicazione, che quindi non è più volontaristico ma obbligatorio.
Questo fa sì che almeno per la parte che riguarda le comunicazioni da tribunale ad avvocato il canale sia definito per legge, obbligatorio per tutti, chiaro, univoco e indiscutibile. Il nostro attuale sistema è basato ugualmente sulla casella di posta elettronica, ma è una casella speciale, costruita nel 2002 appositamente per il processo telematico, definita dal punto di vista tecnico sulla falsariga della posta elettronica certificata. Dal punto di vista tecnico, dunque, non ci sono sensibili differenze. La differenza è giuridica: la PEC è stabilita per legge con delle caratteristiche (il Codice dell'amministrazione digitale determina le caratteristiche dello strumento), mentre la posta elettronica del


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processo telematico è stabilita da un decreto del Ministro della giustizia che si basa su un decreto del Presidente della Repubblica del 2001, il quale poggia - lo dico per i più vicini al mondo giudiziario - su una legge abrogata. Pertanto, l'impianto del processo telematico rischiava di essere fragile; infatti, il primo comma dell'articolo 4 prevede l'emanazione di nuove regole tecniche per adeguare quel vecchio impianto alle nuove tecnologie e per tradurre, quindi, il Codice dell'amministrazione digitale in norme tecniche per il processo civile e penale.
Questo è uno dei punti essenziali dell'intervento. In particolare, il comma 3 dell'articolo 4 modifica quella importante innovazione legislativa, l'articolo 51 della legge 25 giugno 2008 n. 112 (la conversione del decreto sicurezza), che aveva per primo inserito le comunicazioni di cancelleria in modo elettronico. La formulazione originaria, che è stata emendata per aspetti tecnici, impediva la diffusione che, invece, ora è resa possibile dalla legge n. 2 del 2009, che prevede appunto l'utilizzo della posta elettronica certificata. Era necessario, dunque, modificare il testo dell'articolo 51 per adeguarlo alla legge n. 2 del 2009, che ha introdotto quella importante innovazione.
Dal punto di vista dei passi successivi, le regole tecniche devono essere adottate entro un termine molto ristretto e queste danno luogo all'attivazione, tribunale per tribunale, dei servizi elettronici, una volta che l'amministrazione e l'ordine degli avvocati del luogo abbia verificato la sussistenza delle condizioni minime per il funzionamento del sistema. Si tratta, quindi, di verifiche di natura esclusivamente tecnica, che hanno il presupposto nell'adozione di questo provvedimento legislativo.
Cito, tra gli interventi, in particolare quello che riguarda il comma 5, relativo al diritto di copia. Con un intervento d'urgenza sono stati di fatto ridotti i costi - altissimi - delle copie digitali dei documenti. Ora, quando furono pensati i supporti elettronici per le copie degli atti ovviamente costavano moltissimo: i cd e i dvd, dieci anni fa, avevano un costo intrinseco molto alto. La stranezza, derivante da un mancato aggiornamento rispetto all'innovazione tecnologica, è che quel costo è rimasto tal quale aggiornato. Per farvi un esempio icastico, se si chiede una copia di una pagina di un fascicolo, in formato digitale la si paga 350 euro, contro i 20 centesimi di una copia cartacea. Non c'era un obiettivo vantaggio, dunque, a utilizzare lo strumento tecnologico, che anzi era penalizzante.
L'intervento vuole, invece, andare in controtendenza, in quanto riduce sensibilmente il costo delle copie elettroniche e innalza leggermente il costo delle copie cartacee, spingendo così su acceleratore e freno, in modo da orientare la macchina verso la smaterializzazione.
Un'altra disposizione di particolare interesse, a mio avviso, è quella contenuta nel comma 9 dell'articolo 4, che introduce finalmente l'utilizzo di strumenti di pagamento elettronico di uso comune (compriamo i biglietti aerei, i biglietti del treno, facciamo persino la spesa con la carta di credito su internet) per pagare tutto quello che si deve alla giustizia: dal contributo unificato ai diritti di copia di cui abbiamo detto e a tutte le spese che, in generale, fanno capo alla giustizia.
Questo consentirà di erogare on line quei servizi che oggi non riusciamo a erogare perché la piattaforma di pagamento elettronico non esiste. Oggi, infatti, siamo in grado di rilasciare le copie elettroniche di un fascicolo, ma l'avvocato prima deve dotarsi di marca da bollo, presso un tabaccaio, incollarla su un foglio e infine ritirare il suo cd, che prima costava 350 euro.
Lo strumento del pagamento elettronico, insieme alla smaterializzazione e alla riduzione dei costi, consentirà all'avvocato di accedere a quelle copie - come già oggi fa per il processo civile telematico, dove esso è attivato - dal suo studio. Semplicemente, egli pagherà on line le copie, invece di comprare la marca da bollo.
Svolgo un'ultima considerazione in merito al comma 10, che riguarda un tema di grandissima importanza, ai confini dell'informatica, ossia la statistica. Finalmente si


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dà una risposta a una richiesta che viene da più parti, quella di riuscire ad analizzare in maniera scientifica e seria la funzionalità degli uffici giudiziari, quindi la loro produttività, la loro efficienza. Questo oggi è molto difficile perché non ci sono strumenti informatici centralizzati che raccolgano le informazioni sull'andamento degli uffici. Oggi tutto è fatto di report di carta che vengono spediti.
Il sistema previsto al comma 10, invece, è un sistema centralizzato che tiene conto, ovviamente, non dei dati personali dei procedimenti, ma dell'andamento degli stessi (tanti iscritti e tanti esauriti), costruendo un unico sistema centrale che potrà essere utilizzato per le verifiche di funzionalità. Questo è compito, ad esempio, del Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria che deve allocare le risorse umane a fronte della domanda di giustizia che rileva nel singolo tribunale, sulla base di questi dati statistici.
Ci sarebbero molte altre cose da dire, ma vorrei lasciare spazio a domande specifiche.

PRESIDENTE. Grazie. Mi sembra che sia stato dato un primo orientamento sulle ragioni e, soprattutto, sull'utilità delle misure introdotte, che mi sembra indiscutibile.
Prima di dare la parola ai colleghi per le domande, vorrei esporre una mia curiosità. Si è detto che la notifica telematica troverà applicazione anche per i testimoni; ovviamente, la notifica si rivolge solo al difensore, anche nel penale. È ovvio che sia così, salvo che non dovesse entrare in vigore una legge (che potrebbe anche essere utile) che impone al cittadino di avere un indirizzo di posta elettronica certificata, ma in questo momento mi sembrerebbe eccessiva. In questo caso, forse, bisognerebbe sempre prevedere che il giudice dia agli avvocati il tempo di fare le citazioni, perché il problema per gli avvocati resterebbe.
Ora, a prescindere da questa prima perplessità - se è previsto per il futuro un sistema che riguardi tutti i cittadini, in modo tale che anche il testimone possa essere raggiunto dalla notifica - vorrei sapere se abbiate valutato quale possa essere l'impatto (certamente positivo) della notifica telematica sull'efficienza della giustizia, considerato che da una serie di studi risulta che la mancata notifica dell'atto al difensore è una delle cause più frequenti di rinvio delle udienze.
Personalmente considero questa digitalizzazione, in assoluto, una rivoluzione estremamente positiva, dunque mi chiedevo se ne fosse stato valutato anche l'eventuale impatto.
Do la parola ai deputati che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

MANLIO CONTENTO. Ringrazio dell'adesione alla richiesta di audizione e ringrazio il dottor Aprile per aver accettato l'invito a parlare di un tema sul quale, secondo me, si basa non il futuro ma il presente del processo sia civile che penale.
La prima domanda che mi permetto di rivolgere al dottor Aprile è la seguente. Ci sono sul territorio - lei ne ha citate alcune - diverse sperimentazioni in atto: che fine fanno? Tali sperimentazioni si contraddistinguono per utilizzo di tecnologie o tecniche diverse oppure sono omogenee?
Una delle questioni che mi spaventa di più è il continuo variare della tecnologia e degli strumenti, dunque non vorrei che, alla fine, anche se sarà immaginabile, queste modifiche fossero continue, al passo con i tempi, e magari richiedessero continui adeguamenti sotto il profilo tecnico. Questo mi spaventerebbe perché farebbe ricadere anche nei confronti degli operatori - penso ai professionisti e agli avvocati - i costi di eventuali adeguamenti. Mi sembra corretto, pertanto, sollevare questo problema, prima che si arrivi a un generalizzato ed esteso utilizzo di queste tecnologie.
In secondo luogo, può dirci, sulla base della sua esperienza e del lavoro che sta svolgendo, se esisterà un procedimento in forza del quale un tribunale potrà partire con l'utilizzo della posta elettronica certificata? In altre parole, se il tribunale di Pordenone piuttosto che quello di Napoli


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sono pronti, c'è l'esigenza di passare attraverso un adempimento burocratico, in modo tale che tutti siano informati, ad esempio, che dal primo gennaio 2011 - dico una sciocchezza - si utilizzerà questo sistema? In caso affermativo, come prevedete che questo avvenga?
Le rivolgo questa domanda non a caso. Mi risulta, infatti, che alcuni tribunali abbiano chiesto al ministero di poter disporre di una casella di posta elettronica certificata e stanno ancora aspettando le risposte, nonostante siano passati alcuni mesi.
Vorrei capire, dunque, al di là degli aspetti normativi, se il ministero è organizzato per essere pronto a rispondere a quei tribunali e quindi a quelle organizzazioni che con più efficienza si muovono sul territorio. Chiedo, pertanto, quali elementi di pubblicità avremo tutti, come operatori, per sapere che il tribunale di Napoli, piuttosto che quello di Roma o di Milano, partirà dal primo gennaio 2011 con questo sistema di comunicazioni.
Lei ha fatto riferimento a incongruenze normative presenti nel tessuto originario, che quindi hanno richiesto interventi per modificare le disposizioni. Può essere più chiaro? Si trattava di normative di carattere tecnico o di disposizioni squisitamente legislative che impedivano alcune procedure? Personalmente ho assistito al prodursi di disposizioni normative che spesso si sono succedute nel tempo, si sono accavallate e via dicendo. Mi è sembrata, tutto sommato, una gestione normativa quasi incerta su quale dovesse essere la stesura definitiva delle norme e il percorso da seguire. Mi sembra corretto, dunque, rivolgerle questa domanda.
Infine, una questione che mi interessa particolarmente, e che lei ha citato per ultima, è quella riferita al comma 10. Ho sempre immaginato che l'informatizzazione sia fondamentale propri ai fini del rilevamento statistico. Lei, però, oggi mi ha gelato, allorché ha affermato che avremo il riferimento che contraddistinguerà l'attività degli uffici giudiziari, ma non qualcosa di più.
A mio giudizio, la digitalizzazione deve servire anche per rilevare, all'interno di ciascun ufficio giudiziario, quanti procedimenti fanno capo a ciascun magistrato dell'ufficio. Forse ho frainteso...

STEFANO APRILE, Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia. No, forse non mi sono espresso in modo sufficientemente chiaro. Mi riferivo a un'altra circostanza, che chiarirò subito.

LORENZO RIA. Vorrei porre una domanda molto semplice. Dal punto di vista normativo è tutto chiaro, soprattutto dopo le delucidazioni che il dottor Aprile ci ha fornito questa mattina, in particolare con riferimento al superamento degli ostacoli e delle incongruenze che si erano manifestate sulla base dell'attuale normativa.
La mia domanda riguarda, invece, l'aspetto della copertura finanziaria. Questo decreto-legge non contiene norme di copertura finanziaria. Immagino, tuttavia, che nella legge finanziaria siano previste delle somme da destinare a questo ambito. Ebbene, qual è il dato finanziario a cui pensate di fare riferimento, sia dal punto di vista formale, sia dal punto di vista della misura?
In altre parole, per far partire in tutti gli uffici giudiziari del nostro Paese il processo telematico, quali sono le risorse necessarie? Lo chiedo perché, anche in sede di finanziaria, emendamenti finalizzati a rimpinguare i capitoli relativi sono passati solo in parte, nel senso che le richieste sono state di molto ridotte.
Insomma, per poter partire nei tempi previsti, dal punto di vista delle risorse cosa ci può dire?

CINZIA CAPANO. Porrò solo una domanda, dal momento che condivido le domande poste dai colleghi. In primo luogo, vorrei capire se c'è l'accesso in entrata, ma anche in uscita, ossia se viene garantito con questo sistema sia il deposito di istanze che la relativa risposta, sempre per via telematica. Chiedo, quindi, se a questo scopo è stata predisposta una struttura


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idonea (per esempio scanner) in relazione alle effettive esigenze di ciascun ufficio.
Inoltre, mi pare che adesso siano presi a riferimento, rispetto al numero delle caselle di posta certificata, solo i capi degli uffici, almeno nella fase di sperimentazione. Se, invece, si adotta un sistema di questo tipo, bisogna fare in modo che il maggior numero di personale qualificato svolga questa mansione. Avete già un'idea di come organizzare questo aspetto?

NICOLA MOLTENI. La mia domanda riprende in parte quella posta dalla collega Capano. Fermo restando che il provvedimento è indubbiamente lodevole e utile, chiedo se ci si è posti il problema che in alcuni tribunali, in particolare in alcune circoscrizioni e in alcune sedi distaccate, probabilmente non ci sono competenze adeguate per adempiere a procedure particolarmente tecnologiche. Ci si è posti questo problema, per evitare che ci sia una disparità tra tribunali? Se sì, quali soluzioni sono state individuate - ad esempio dei corsi - per adeguare ed equiparare in tutte le sedi queste competenze, ai fini dell'attuazione di questa procedura?

FULVIO FOLLEGOT. Innanzitutto ringrazio il dottor Aprile per l'esposizione molto chiara, che ci permette di capire in che direzione ci muoviamo. Sicuramente, con questo decreto-legge si compie già un enorme passo avanti per quanto riguarda le notificazioni, le copie, il controllo e l'efficienza. Come ha detto il presidente, si tratta di una vera e propria rivoluzione, che migliorerà sicuramente la gestione del settore e farà risparmiare molte risorse.
Il problema grosso è quello di avere un sistema omogeneo su tutto il territorio nazionale. Sicuramente, ci sarà anche chi - non dico che remerà contro - cercherà di rallentare questa importante riforma. Quali sono, secondo lei, i tempi che saranno necessari per andare a regime e per capire quali potrebbero essere gli ulteriori futuri sviluppi di questa informatizzazione?

PRESIDENTE. Do la parola al dottor Aprile per la replica.

STEFANO APRILE, Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia. Il decreto-legge prevede che le comunicazioni si effettuino per posta elettronica certificata a tutti i soggetti, ad eccezione dell'imputato, per una cautela particolare verso la persona sottoposta al procedimento. Lo stesso vale, in teoria, anche per i testimoni.
La stessa legge n. 2 del 2009, in una disposizione che ha un'attuazione più graduata rispetto a quella che citavo prima rivolta ai professionisti e alle imprese, prevede di dotare tutti i cittadini italiani della posta elettronica certificata e il Ministro per l'innovazione, mi sembra a maggio dell'anno scorso - ma potrei sbagliare - ha emanato il DPCM attuativo e la procedura è naturalmente in corso. Quello che importa è che vengano adottate le norme di carattere generale, quale questa, che rendano possibile che, laddove la casella è esistente (e ciò risulta dall'indice nazionale delle caselle istituito dalla stessa legge) la comunicazione avvenga anche per quella via. È chiaro che, per i prossimi uno o due anni, saremo concentrati sui professionisti, che già da novembre sono obbligati a dotarsi dello strumento.
È stata posta una domanda di carattere generale sull'impatto dell'introduzione di questa procedura. Al riguardo, elementi abbastanza precisi derivano dall'esperienza milanese dove, come ho accennato, abbiamo avviato a valore legale la comunicazione elettronica per il solo processo civile dal 2 giugno del 2009. Come dicevo, si tratta di 100.000 atti notificati - espressione ormai superata - o meglio comunicati elettronicamente. Ho anche citato qualche elemento di ipotetico risparmio di spesa diretta.
Per quanto riguarda i tempi, si ragiona più sulle stime. È difficile dire quanto tempo del processo si risparmia, ma sicuramente la durata media di un rinvio in primo grado, che varia a seconda del ruolo tra i due e i sei mesi, potrà non tener conto del rinvio tecnico per la notifica.


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Sicuramente, dunque, quello che tradizionalmente viene stimato in uno o due mesi (a seconda dei tribunali) come tempo necessario tra disposizione della notifica e ritorno della stessa può essere tagliato, dal punto di vista tecnico.
Oltretutto, si risparmiano anche - ma qui la stima è ancora più difficile - i rinvii per le omesse notifiche. Capita che si rinvii il processo a sei mesi per fare la notifica, ma questa arrivi troppo tardi o sia sbagliata e non ci sia il tempo per rifarla entro la data fissata, quindi si deve rinviare l'intero processo di altri sei mesi. Questo dato è il più difficile da quantificare. Sicuramente si tratta di numeri sensibili, soprattutto in realtà giudiziarie grandi, dove l'impatto dei numeri ha conseguenze importanti.
L'onorevole Contento chiedeva notizie sulla sperimentazione e su quello che è stato fatto sul territorio. Ebbene, non è stata fatta alcuna sperimentazione. In alcune realtà, dove possibile, è stato avviato il sistema a valore legale. Non è una sperimentazione, dunque, ma una realizzazione effettiva, operativa.
Come ho detto, abbiamo avviato la procedura dal 2 giugno a Milano e dal 4 dicembre a Rimini. Anche altri uffici, in altri settori - cito solo questi per semplicità, ma l'elenco sarebbe lungo - hanno avviato pezzi del processo digitale: il decreto ingiuntivo, le esecuzioni mobiliari e immobiliari. Per queste ultime, tra l'altro, vi è un importante impatto economico sull'intero sistema Paese, perché una procedura esecutiva lunga fa danno al creditore, ma anche al debitore; al contrario, l'accorciamento dei tempi aiuta il Paese, oltre ai due attori.
Le attività realizzate sul territorio sono così positive che noi stiamo semplicemente adeguando lo strumento normativo alle innovazioni sia normative (la legge n. 2 del 2009) sia tecnologiche. Si tratta, quindi, della stessa cosa; cambia soltanto il nome del canale che usiamo per trasmettere i documenti: prima si chiamava posta elettronica del processo telematico, oggi si chiama posta elettronica certificata. Si utilizza lo stesso oggetto, la posta elettronica, ovviamente con la garanzia, rispetto alla comune posta elettronica, delle ricevute, come se si trattasse di una lettera raccomandata (mi riferisco alla cartolina bianca che ci viene recapitata quando la comunicazione è giunta a buon fine). Questo, comunque, è un fatto assolutamente tecnico, che purtroppo, per la tecnica normativa utilizzata, era stato ingessato nel decreto-legge sicurezza. Da lì la necessità di intervenire a modificare quella norma. È un sistema omogeneo, perché unico in tutta Italia, che viene acceso nei tribunali quando sono pronti.
L'onorevole Contento chiedeva notizie circa il percorso per arrivare all'accensione - così la definisco - del sistema in un ufficio. Ebbene, la legge prevede la verifica tecnica da parte dei miei uffici, l'istanza dell'ufficio giudiziario, il consenso dell'ordine degli avvocati e il consenso dell'avvocatura distrettuale dello Stato, un altro soggetto coinvolto nel processo. In presenza di queste condizioni, il ministro emette il decreto che attiva la procedura.
Due domande riguardano la PEC: quante caselle sono state richieste e a chi vengono assegnate. Ebbene, quando ci si avvicina alla PEC bisogna dimenticarsi, se non nella modalità di uso, di quello che facciamo con le nostre caselle personali. Le nostre caselle di posta sono, appunto, personali. La casella di posta elettronica certificata è, invece, una casella di tipo istituzionale; salvo casi particolari, come può essere quello degli onorevoli senatori e deputati, non ha senso che il singolo abbia la casella. La casella ce l'ha l'ufficio: le persone cambiano, ma gli uffici rimangono. Non posso continuare ad assegnare caselle se cambiano, ad esempio, i presidenti dei tribunali che, come è normale, possono andare a fare un altro lavoro. La casella viene assegnata al tribunale di Roma perché svolga un determinato servizio, non al presidente come persona fisica.
Finora abbiamo acquistato - di questo si tratta - 3000 caselle di posta elettronica certificata e ne abbiamo distribuite 1900 ai vertici degli uffici giudiziari e agli altri destinatari prioritari. Abbiamo assegnato


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queste caselle per le comunicazioni di tipo amministrativo: ad esempio, quando gli uffici scrivono al ministero per chiedere un computer usano quello strumento. Le altre 1100 caselle sono già pronte - basta solo accenderle e dare loro un nome - e serviranno per le comunicazioni giurisdizionali, quelle di cui stiamo parlando oggi. La casella sarà quella del tribunale di Roma e non quella di Mario Rossi. Ovviamente, la casella sarà gestita da Mario Rossi e Giovanni Bianchi, ma questo è un fatto operativo.
Ora devo spingermi maggiormente sul tecnico, ma sarò assolutamente chiaro e, se non ci riesco, vi chiedo di interrompermi. Dato che l'amministrazione della giustizia è una, c'è un sistema unico che tiene le carte e fa le comunicazioni. Non dovete pensare all'Outlook che ciascuno di noi ha nel suo PC. Il ragionamento è il seguente: il sistema informativo del tribunale sa che deve fare una comunicazione all'avvocato Rossi ed è lo stesso sistema che prepara il messaggio; il cancelliere lo controlla, lo firma digitalmente e il sistema lo invia all'avvocato Rossi. Quindi, non c'è un'attività che dipende dall'uomo, se non nelle verifiche; del messaggio di posta si occupa il sistema ed è un sistema unico, che conserva gli atti in uscita e in entrata. Insomma, non devo diventare matto a cercare dove sono, nel mio Outlook, gli atti che ho inviato all'avvocato Rossi o la ricevuta che egli mi ha mandato; il sistema terrà insieme l'atto inviato e le ricevute elettroniche della posta elettronica certificata. La risposta, dunque, è tendenzialmente una per ufficio, salvo realtà molto grandi, dove conviene dividere i servizi; siamo comunque in queste quantità, quindi non è un problema di doversi dotare di 100.000 caselle di posta, con costi dunque eccessivi.
Mi è stata posta una domanda sulle risorse finanziarie. Gli investimenti necessari sono già a budget sui fondi per il 2010 e per gli anni successivi, anche perché si tratta di fare delle piccole implementazioni su un sistema che già esiste. Il sistema del processo telematico va adeguato alla tecnologia che ho detto, ossia usando la posta elettronica certificata, e va esteso al settore penale come strumento di comunicazione, ma l'infrastruttura esiste, non va costruita da zero. In questi anni, in particolare nell'anno 2009, abbiamo fatto degli investimenti, dunque ci troviamo un'infrastruttura pronta. Il budget a disposizione per gli investimenti è assolutamente idoneo e sufficiente.
Sulle statistiche, evidentemente sono stato troppo sintetico. Lo strumento mette a disposizione la produttività di ciascuno e la qualità dei singoli processi che svolge. Un conto è fare un processo per sfratto, un conto è fare un processo per criminalità organizzata; sono due cose diverse. Un sistema statistico deve essere in grado di far capire la differenza e il lavoro di ciascuno in quel campo, e questo sistema lo farà. Io parlavo dei dati personali dei processi, che non saranno resi disponibili a livello centrale; non ci interessa conoscere statisticamente il nome dell'imputato. A questo mi riferivo quando ho detto che i dati personali non entrano nel discorso.
Per quanto riguarda le due vie - il flusso è da avvocato a tribunale e viceversa - già il processo telematico fa questo: l'avvocato deposita gli atti, la richiesta di decreto ingiuntivo, la richiesta di vendita del bene pignorato eccetera - lo fa già in maniera telematica - e riceve una risposta telematica. Questo strumento è in grado di trasportare qualunque tipo di comunicazione, nei due sensi.
Noi stiamo accendendo i vari pezzi. Accendiamo il processo del lavoro (l'abbiamo già fatto a Milano, dove il decreto ingiuntivo era partito tempo prima), l'esecuzione forzata e via dicendo. Si tratta, dunque, di un percorso incrementale, soprattutto per consentire agli avvocati di seguirci in questa che è un'innovazione molto importante; non la si può accendere con un pulsante in tutta Italia, ma bisogna seguire il grado di innovazione dei singoli attori.
L'onorevole Molteni poneva una domanda sulla formazione, tema importantissimo, soprattutto in un momento di grande cambiamento come questo. La tecnologia


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da sola è un computer, non cambia nulla. Quello che cambia è inserire la tecnologia in un'organizzazione che si modifica per sfruttare la tecnologia. Per fare questo, l'amministrazione forma il personale a due livelli. Per il personale tecnico di alto livello si prevede una formazione tecnica specialistica, per la quale ci sono risorse più che sufficienti. Per il personale di cancelleria, quello che lavora concretamente, abbiamo individuato una metodologia di formazione secondo noi vincente, ossia la formazione a cascata: si forma il cancelliere o il coordinatore più disponibile a capire l'innovazione, il quale poi trasferirà il suo patrimonio di conoscenza al suo collega, con il quale lavora tutti i giorni, non facendo una lezione - modello talvolta freddo - ma lavorando insieme. Su questo abbiamo investito e continuiamo a investire moltissimo, perché rappresenta la chiave di volta del cambiamento. Insomma, non basta mettere un PC.
Quanto ai tempi, ci sono tempi per l'adozione delle regole tecniche previsti dal decreto-legge. Ovviamente, fin dal giorno della sua emanazione, la mia direzione generale sta lavorando per realizzare le tecnologie che quei decreti attuativi devono indicare. I tempi, dunque, saranno assolutamente brevi; il decreto-legge prevede 60 giorni dopo la conversione per l'emanazione dei decreti attuativi, che raccolgono prima dei pareri tecnici, quindi dobbiamo avere un orizzonte di circa 120 giorni (60 più 60 della conversione). I nostri tempi di sviluppo sono assolutamente compatibili, fermo restando che ci sarà un periodo in cui funzionerà il vecchio sistema, la posta del processo telematico, e il nuovo sistema. Naturalmente non buttiamo fuori dal mondo chi già lavora telematicamente. Avremo, in realtà, quasi un anno di interregno tra i due sistemi per consentire agli avvocati telematici milanesi, che come ho detto sono 6.500, di continuare a lavorare mentre si preparano al cambiamento. Credo che queste siano le indicazioni principali.

CINZIA CAPANO. Lei rispondeva, sulla doppia via, che già esiste, ad esempio sul decreto ingiuntivo. Tuttavia, non mi sto preoccupando molto di questo, quanto dell'estensione al penale. Le istanze di copia di atti di un fascicolo, nel penale molto più che nel civile, sono un aspetto rilevante.
Questo forse fa venire meno l'esigenza di macchine abbastanza presenti, come le fotocopiatrici, e fa nascere l'esigenza di altre macchine che, invece, sono poco presenti, quelle per scannerizzare i documenti. Questo cambio di macchine è stato previsto? Quello che lei riferisce sulle risorse mi inquieta.
Inoltre, la formazione a cascata affidata al cancelliere le sembra effettivamente un buon sistema? Va bene la formazione tecnica a chi deve immettere i dati, ma se leghiamo il cancelliere unico formato a quella funzione, probabilmente non riusciamo a capitalizzare tutte le risorse dell'ufficio. Poiché cambia il modello - ho citato l'esempio che non occorre più la fotocopiatrice ma lo scanner - non sarebbe meglio, invece, anche approfittando dei fondi europei sulla formazione, garantire una formazione più orizzontale?

STEFANO APRILE, Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia. Noi siamo giunti a questa strategia di formazione non partendo da una assunzione teorica, ma dal lavoro che abbiamo svolto in diversi uffici giudiziari, di varie dimensioni, piccoli, molto grandi e medi. In quell'ambito, abbiamo visto che in realtà le cose da fare non sono tecniche, ma si tratta di riscoprire un nuovo modo di lavorare, che magari avevamo già dentro di noi.
Lei, giustamente, citava l'esempio della fotocopiatrice e dello scanner. Dal punto di vista anche solo estetico, oggi sono lo stesso oggetto: oggi ci sono macchine che sono fotocopiatrici, scanner, stampanti e fax insieme.

CINZIA CAPANO. Ma non sono nei tribunali...


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STEFANO APRILE, Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia. Pian piano ci andranno. Già sul finire dell'anno scorso ho fatto degli acquisti in quel settore, perché mi sto organizzando prima che il processo di innovazione parta e lo prevengo. Pertanto, ho già effettuato degli acquisti in quel settore e continuerò a farlo. Si tratta di apparati molto semplici, elementari, per l'utilizzo dei quali non è richiesta una particolare capacità, tanto più che la procedura è guidata. Dunque, non c'è tema di errore.
Lo strumento del processo telematico evita che si produca la carta; è il giudice che firma digitalmente e deposita in cancelleria digitalmente il suo file di Word. Nessuno deve scannerizzare nulla. Quando, invece, abbiamo ancora il collega che non usa queste innovazioni - sarà compito del Consiglio superiore o della scuola, quando partirà, formare i magistrati; noi una piccola attività di supplenza la facciamo, ma non è nostro compito istituzionale - le cancellerie hanno gli scanner, dove servono, per acquisire documenti cartacei e inserirli nel sistema. Si tratta di un sistema complesso, che svolge una serie di operazioni guidate.
Abbiamo visto realtà molto grandi, con grandi numeri, e realtà piccole. È più facile che sia il cancelliere ritenuto un riferimento interno a spiegare quella che è una modalità operativa, poiché non ci vuole una particolare competenza tecnica a usare uno scanner.
L'amministrazione, comunque, ha attivato una serie di altre iniziative. Ad esempio, un'iniziativa molto importante è quella che va sotto il nome di estensione delle buone pratiche di alcuni uffici giudiziari, per i quali abbiamo avviato un piano nazionale - seguito dal capo del mio dipartimento, presidente Birritteri - sulla diffusione di buone pratiche organizzative. Al riguardo, con le regioni abbiamo ottenuto importanti finanziamenti del Fondo sociale europeo. Si tratta di investimenti in direzione della riorganizzazione e della formazione del personale.
È partito un grande progetto, in questo campo, in Lombardia, con cospicue risorse finanziarie destinate a riorganizzare gli uffici e a formare il personale. Questa attività, ovviamente, prosegue in tutta Italia, con i tempi propri dei bandi pubblici. Essa è di grande aiuto per modificare l'organizzazione degli uffici, adeguandola all'uso delle tecnologie.

PRESIDENTE. Credo che questa audizione sia stata veramente interessante, quindi ringrazio il dottor Aprile, sia per la chiarezza della sua esposizione sia per aver tempestivamente accettato il nostro invito.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 12,50.

VIII Commissione (Ambiente, territorio e lavori pubblici)

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