Sulla pubblicità dei lavori:
Garofani Francesco Saverio, Presidente ... 3
Comunicazioni del Presidente:
Garofani Francesco Saverio, Presidente ... 3
Nirenstein Fiamma, Vicepresidente della Commissione affari esteri ... 3
Comunicazioni del Governo sull'invio in Siria di personale militare non armato, in qualità di osservatori, in attuazione delle Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell'ONU nn. 2042 e 2043 del 14 e 21 aprile 2012:
Garofani Francesco Saverio, Presidente ... 3 5 7 11 12
Adornato Ferdinando (UdCpTP) ... 11
Dassù Marta, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri ... 11
Farina Renato (PdL) ... 7
Gidoni Franco (LNP) ... 5
Milone Filippo, Sottosegretario di Stato per la difesa ... 4
Mogherini Rebesani Federica (PD) ... 10
Nirenstein Fiamma, Vicepresidente della Commissione affari esteri ... 9
Tempestini Francesco (PD) ... 8
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente
Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA.
Resoconto stenografico
AUDIZIONE
La seduta comincia alle 14,10.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, anche tramite la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
PRESIDENTE. Esprimo, a nome di tutta la Commissione difesa della Camera dei deputati, il più sentito cordoglio per l'improvvisa scomparsa del senatore Giampiero Cantoni, presidente della Commissione difesa del Senato. Riprendendo le parole pronunciate questa mattina dal Presidente del Senato Schifani, «con la tragica scomparsa del senatore Cantoni viene a mancare un uomo con una grande storia, un uomo del fare nell'imprenditoria e nella finanza, poi impegnato nella politica», e - aggiungerei - un uomo che ha dimostrato nel suo impegno parlamentare senso delle istituzioni, serietà, rigore e competenza.
La camera ardente sarà allestita questo pomeriggio, a partire dalle 15,30 fino alle 22,30, presso la sala Nassiriya del Senato.
Do la parola al vicepresidente della Commissione affari esteri.
FIAMMA NIRENSTEIN, Vicepresidente della Commissione affari esteri. Credo di interpretare i sentimenti di tutti i membri della Commissione affari esteri associandomi al cordoglio espresso dal collega Garofani per l'improvvisa e dolorosa scomparsa del senatore Giampiero Cantoni, presidente della Commissione difesa del Senato.
Quando ho scambiato con lui alcune parole - era particolarmente interessato alle questioni della politica internazionale, quindi ci capitava, a volte, incontrandoci, di parlare di eventi ed iniziative - ho avuto sempre una personale sensazione di grande signorilità e di profonda cultura, anche legata alla concretezza del suo ruolo nella società italiana. Il senatore Cantoni univa la cultura a un senso di professionalità che si manifestava nel modo in cui esprimeva le sue opinioni. Era una persona anche di grande piacevolezza nel rapporto personale.
Sono rimasta davvero colpita dalla sua scomparsa e credo che lo stesso sia per tutti i colleghi della mia Commissione. Grazie.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca le comunicazioni del Governo sull'invio in Siria di personale militare non armato, in qualità di osservatori, in attuazione delle Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell'ONU nn. 2042 e 2043 del 14 e 21 aprile 2012.
Ai fini di un ordinato svolgimento dei lavori, invito i gruppi a far pervenire al più
presto alla presidenza l'elenco dei propri componenti che intendano intervenire.
Rivolgo un sentito ringraziamento al sottosegretario Milone e al sottosegretario Dassù che partecipano a questa seduta.
Do, quindi, la parola al sottosegretario di Stato per la difesa, Filippo Milone.
FILIPPO MILONE, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signori presidenti, onorevoli deputati, è noto che in Siria è in atto una situazione di emergenza umanitaria rispetto alla quale l'Italia, coerentemente con la propria tradizionale vocazione alla tutela dei fondamentali diritti umani, non ha fatto mancare il proprio impegno finalizzato all'individuazione delle possibili iniziative per giungere a una soluzione della crisi.
La risposta delle autorità siriane alle rivolte scoppiate nel febbraio 2011 è stata decisa e spesso violenta, con il ricorso all'uso della forza contro i manifestanti, fino ai ripetuti e prolungati bombardamenti soprattutto nella città di Homs e all'arresto di un considerevole numero di persone.
Ripercorrendo gli eventi accaduti, rammento che il 21 marzo scorso il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato un documento in sei punti dell'inviato speciale - l'ex Segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan - che chiedeva la fine delle violenze e le necessarie garanzie per l'afflusso nel Paese degli aiuti umanitari.
Il successivo 5 aprile, lo stesso Consiglio di Sicurezza ha approvato una dichiarazione che chiedeva a Damasco il rispetto del termine del 10 aprile per il disimpegno militare e il cessate il fuoco, l'interruzione dell'uso delle armi pesanti e il ritiro delle truppe dai centri abitati.
I successivi sviluppi di situazione non favorevoli hanno reso necessaria una nuova riunione d'emergenza del Consiglio di Sicurezza che ha adottato all'unanimità, il 14 aprile scorso, la Risoluzione n. 2042, con la previsione dell'invio in Siria di un advance team di trenta osservatori, in vista del dispiegamento nel Paese di una successiva e più ampia missione di monitoraggio.
Il 18 aprile è stato siglato un accordo tecnico tra Siria e Nazioni Unite per disciplinare rapporti, responsabilità e procedure per il funzionamento dell'advance team e, in prospettiva, per la stessa missione di monitoraggio.
Da ultimo, il 21 aprile il Consiglio di Sicurezza ha approvato, ancora una volta all'unanimità, la Risoluzione n. 2043 che ha l'intendimento di fermare le violenze e la repressione. Allo scopo, richiama le autorità siriane al pieno rispetto dei già citati sei punti, ponendo fine alla repressione interna e avviando un processo politico a guida siriana, ovvero negoziato fra le parti siriane, ma sorvegliato dall'esterno.
Viene, inoltre, stabilito l'invio di una missione con il compito di monitorare e supportare la piena attuazione delle misure finalizzate alla protezione della popolazione civile e alla stabilizzazione del Paese. La Risoluzione, infatti, stabilisce che il contingente inizialmente sarà composto da un massimo di trecento osservatori non armati che, in presenza di determinate condizioni - valutate esclusivamente dal Segretario generale, Ban Ki-Moon - sarà attivato per un periodo iniziale di novanta giorni.
Signori presidenti, onorevoli deputati, per l'Italia quanto sta accadendo in Siria riguarda prioritariamente un'ineludibile questione di carattere umanitario, ma anche il mantenimento della stabilità e sicurezza nell'area mediterranea, una regione chiave per l'intera area euroatlantica e per noi in particolare.
Va anche evidenziato come vi sia un ulteriore interesse diretto ed immediato, in quanto il nostro contingente in Libano, composto da più di mille soldati, è comunque esposto, sia pure di riflesso, allo spillover della crisi siriana.
La Risoluzione appena approvata all'ONU è certamente un passo avanti, ma lo resterà solo se il piano Annan farà registrare, come l'Italia spera insieme al resto d'Europa, rapidi progressi. Va compiuto ogni sforzo, compreso il mantenimento di una forte pressione sulle autorità siriane, per scongiurare il concreto pericolo di una guerra civile a lungo termine.
L'Italia, quindi, non può far mancare il proprio contributo per avviare tempestivamente l'attuazione della Risoluzione n. 2043.
Signori presidenti, onorevoli, ricordo che il nostro Paese ha immediatamente fornito un primo supporto, su richiesta delle Nazioni Unite, trasportando mezzi e materiali con cinque voli C-130 - il 15, 16 e 17 aprile scorsi - dalla base ONU di Brindisi e da Praga, con destinazione Beirut.
Ieri pomeriggio, il Consiglio dei ministri ha deliberato la nostra partecipazione alla missione prevista dalla Risoluzione n. 2043, finalizzata all'osservazione non armata, al pattugliamento, al monitoraggio e alla verifica e investigazione, in caso di incidenti e/o violazione delle previsioni del Consiglio di sicurezza.
Si tratta, per il momento, dell'invio di cinque militari, selezionati dal Dipartimento per le operazioni di peacekeeping delle Nazioni Unite fra i nostri diciassette candidati. È possibile, tuttavia, che altri dei restanti dodici vengano inviati in un successivo momento.
Per quanto riguarda la catena di comando, il controllo operativo degli osservatori sarà delegato al capo missione, chief military observer, già designato nella persona del generale di divisione norvegese Robert Mood.
Per l'impiego degli osservatori sul terreno è in corso di definizione un accordo con il Governo siriano sullo status della missione SOMA (Status of Mission Agreement), in linea con la Convenzione sulla sicurezza del personale delle Nazioni Unite e sulla base del modello previsto dal SOFA (Status of Forces Agreement) ONU del 1990, che nel frattempo costituisce il riferimento provvisorio per stabilire il regime giuridico applicabile ai militari impiegati in missione in uno Stato estero e la giurisdizione alla quale devono essere sottoposti nel caso in cui commettano illeciti.
Il trasporto degli osservatori sarà in questo caso a cura dell'ONU, mentre per l'assistenza sanitaria è previsto il ricorso a strutture sanitarie locali. Gli oneri a carico del bilancio dello Stato, quantificati in 826.686 euro, per una media di dieci osservatori fino al termine del 2012, saranno tratti dalla corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa prevista dall'articolo 1, comma 2, del decreto-legge n. 215 del 29 dicembre 2011, convertito con modificazioni dalla legge n. 13 del 24 febbraio 2012, segnatamente dalla consistenza del contingente nazionale impegnato nella missione UNIFIL in Libano.
I lineamenti generali di tali previsioni saranno a breve inseriti in una decretazione d'urgenza del Governo, che contestualmente applicherà ai militari impegnati il codice penale militare di pace, nonché contemplerà le disposizioni relative alla competenza territoriale del Tribunale di Roma in caso di reati militari, altre norme di carattere procedurale analoghe a quelle già in vigore per simili missioni ed, infine, le necessarie previsioni di carattere amministrativo ed assicurativo.
Un'ultima notazione riguarda il parallelo coinvolgimento dell'Unione europea, la quale è stata incaricata di ricercare fra i Paesi membri, nonché di coordinare, la messa a disposizione di alcune capacità delle quali vi è carenza. Tra queste, la disponibilità in particolare di veicoli protetti, componenti sanitarie e di evacuazione medica in e dal teatro per 8 milioni di euro.
Concludo questo mio intervento sottolineando che il Governo manterrà informato il Parlamento sugli sviluppi della situazione nell'ambito delle previste comunicazioni relative allo stato delle missioni internazionali.
Queste sono le determinazioni che il Consiglio dei ministri ha approvato e che il Governo porta all'attenzione del Parlamento. Grazie.
PRESIDENTE. Ringrazio il sottosegretario Milone per averci fornito queste comunicazioni.
Do la parola ai deputati che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
FRANCO GIDONI. Ringrazio il presidente e il sottosegretario Milone.
Apro il mio intervento unendo, a quello già espresso dai due presidenti, anche il
cordoglio del Gruppo della Lega in Commissione per la scomparsa del senatore Cantoni, le cui doti abbiamo tutti avuto modo di apprezzare in occasione delle Commissioni congiunte.
Signor sottosegretario, oggi si riapre un tema che già avevamo affrontato non molto tempo fa. Esprimo in primo luogo una critica in merito alla procedura con cui viene resa questa comunicazione: come già osservato in altra occasione, avremmo gradito che si fossero seguite le previsioni della risoluzione Ruffino, sempre seguita fino al mese di marzo dai cosiddetti «Governi politici».
Lei sa - e non occorre che glielo ricordi io - che il passaggio fondamentale della Risoluzione prevede che il Governo si accerti ex ante, e non ex post, di disporre in Parlamento di una maggioranza disposta a sostenere questa scelta interventista.
Dobbiamo, invece, sottolineare che la deliberazione del Governo non solo arriva prima di una consultazione con le Camere, ma addirittura è stata anticipata nella sua formalizzazione da parte del Presidente del Consiglio al premier turco Erdogan nell'ambito di un vertice internazionale. Insomma, è stata resa nota all'estero, ancora prima che al Parlamento, una decisione di questa portata.
Lei ha riferito che stiamo parlando di un contingente non armato, come se questo giustificasse una procedura che noi riteniamo anomala. Tuttavia, come può ben comprendere, il profilo politico di questa missione è notevolmente elevato, come si trattasse, a nostro avviso, di una missione militare vera e propria e non, come si vorrebbe invece far trasparire dalla sua comunicazione, di un'operazione di scarsa rilevanza o quanto meno di carattere tecnico. Quanto al numero del personale impiegato, lei ha parlato di cinque osservatori, anche se potrebbero essere addirittura diciassette.
Verrebbe da chiedersi dove li mandiamo, sebbene lei, signor sottosegretario, lo abbia ben detto e sia a noi ben noto. Li mandiamo in Siria, ma non possiamo evidentemente non ricordare che sono ormai quindici mesi che in Siria è in atto un aspro confronto, che in realtà pare possedere in gran parte le caratteristiche di una vera e propria guerra civile.
Non assistiamo unicamente all'esercizio della repressione da parte di un regime autoritario nei confronti di chi anela a un cambiamento. In realtà, come si apprende dalla stampa e anche dalle immagini televisive, stiamo assistendo a un sanguinoso confronto tra fazioni armate, nel quale - non possiamo dimenticarlo - non mancano gli episodi di terrorismo jihadista, ed è certo anche il coinvolgimento di elementi appartenenti ad Al Qaeda.
Dobbiamo anche dire che saggiamente in questo caso - a differenza di quanto accaduto in Libia, laddove i risultati della brillante missione credo siano oggi sotto gli occhi di tutti, o quanto meno dei componenti delle Commissioni riunite - la comunità internazionale, con la Risoluzione n. 2043, ha seguito un percorso diverso, evitando di ricorrere alla forza, e di ciò siamo evidentemente felici. Ciò a dispetto delle pressioni esercitate, nella direzione di un nuovo intervento militare e umanitario, specialmente da Francia, Turchia e Arabia Saudita. Ci viene dunque da sospettare che, in realtà, dietro le quinte siano gli Stati Uniti a spingere in questa direzione. Per fortuna, per il momento non è successo nulla di tutto questo.
Dobbiamo anche sottolineare che, a nostro avviso, la prudenza adottata in questa occasione - a differenza di quanto accaduto in Libia - molto probabilmente è dovuta alle preoccupazioni espresse da altri Paesi, come Israele e, ancor di più, da una grande potenza come la Russia, che non ha esitato a mobilitare i propri asset militari per evitare un prematuro esercizio della cosiddetta «responsabilità di proteggere», nell'ambito della quale si nasconde un'ulteriore forma di compressione della sovranità nazionale degli Stati più deboli.
Il Gruppo della Lega è quindi evidentemente preoccupato per l'accelerazione che si inizia ad osservare anche da parte dell'Italia, ma soprattutto del suo Governo, che ieri ha deliberato, come ben sappiamo, l'invio in Siria di alcuni osservatori non armati.
Siamo preoccupati anche perché la decisione presa dal Consiglio dei ministri segue altri pronunciamenti recenti della Farnesina, i cui vertici - mi riferisco al Ministro Giulio Terzi - si erano già dichiarati, nei giorni scorsi, favorevoli all'invio di un ospedale da campo nei pressi dei confini siriani. Ci risulta che ciò sia effettivamente accaduto, con l'invio di un ospedale in Giordania, dando di fatto l'avvio a un intervento internazionale umanitario. È chiaro che, date queste premesse, come Lega Nord esprimiamo la nostra contrarietà a questi sviluppi.
Riguardo alle procedure, come abbiamo detto all'inizio, avremmo gradito di essere consultati prima che la decisione venisse adottata, ma evidentemente voi date per assodato di avere, su qualsiasi provvedimento, una larga maggioranza che vi sostiene.
Soprattutto, però, non siamo d'accordo nel merito: non vogliamo che l'Italia sia proiettata nuovamente in un'altra guerra. Credo che siamo già invischiati in fin troppi conflitti per sobbarcarcene un altro, della cui opportunità non siamo assolutamente convinti. Peraltro, osserviamo con grande interesse le posizioni assunte dalla stampa cattolica del nostro Paese, che descrive una situazione in Siria molto differente rispetto a quella che vediamo rappresentata dai maggiori media internazionali.
Diciamo, quindi, no in maniera assoluta a questa accelerazione del coinvolgimento italiano nella guerra civile di Siria. Tuttavia, poiché avete già preso la decisione e gli osservatori, a prescindere dalla nostra opposizione, saranno inviati, ci permettiamo quanto meno - per il suo tramite e tramite chi ci ascolta - di sollecitare gli osservatori che verranno inviati in Siria a non prestarsi ad alcuna strumentalizzazione e a riportare fedelmente quanto vedranno in quel Paese. Grazie.
PRESIDENTE. Vorrei ricordare ai colleghi, in ragione dei tempi disponibili, di contenere il più possibile i propri interventi.
RENATO FARINA. Vorrei sottolineare come la posizione del Governo ora esposta rifletta, in realtà, le considerazioni che nella recente Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa sono state votate pressoché all'unanimità, anche dai rappresentanti della Russia, i quali avevano proposto di togliere, nel dispositivo della Risoluzione, ogni riferimento ad Assad e di mantenere una posizione di assoluta equidistanza. Le rappresentanze parlamentari di tutti i Paesi, però, non hanno potuto accettare in questo momento tale richiesta perché, al di là del fatto che la situazione, come ha ricordato il collega della Lega, è molto più complessa di quanto viene rappresentato e ci sono sicuramente, negli oppositori del regime di Assad - che resta pur sempre un regime laico - infiltrazioni pesanti e a volte anche egemonia di rappresentanze del fondamentalismo islamico, non si
deve tuttavia confondere il carnefice con la vittima. In questo momento, è un fatto che l'aggressione militare e la potenza delle armi siano tutte dalla parte di Assad.
Esiste, tuttavia, un elemento - e devo dire che come Gruppo del Partito popolare europeo siamo riusciti a inserire, per pochi voti, un emendamento nella Risoluzione che è stata approvata - che credo debba rappresentare una preoccupazione del nostro Governo nel momento in cui partecipa a questa missione. Si chiede, notando la scarsa rappresentanza dei cristiani nel Consiglio nazionale di Siria, che ogni futuro post Assad debba garantire la tolleranza religiosa di cui i cristiani hanno goduto finora. È un fatto che il regime di Assad, con tutti i torti che ha avuto e che ha soprattutto ora (e in questo senso è possibile un parallelo con Saddam Hussein), garantisce comunque - per ragioni sue, ossia per il fatto che Assad fa parte di una minoranza che a sua volta rischia di essere schiacciata nel momento in cui dovesse venire meno la sua leadership - un pluralismo religioso che dubito molto possa essere mantenuto se la situazione dovesse
capovolgersi.
Pertanto, un intervento internazionale deve essere volto non solo a osservare il presente, ma deve tendere a garantire un futuro di autentico pluralismo. Se il nostro Governo, come ha detto in più occasioni
anche solenni - sia in precedenza con il Ministro Frattini sia oggi con il Ministro Terzi e il sottosegretario Dassù - intende mettere come centro del suo impegno internazionale i diritti umani, e in particolare la libertà religiosa, credo che l'occasione della Siria sia un banco di prova essenziale.
FRANCESCO TEMPESTINI. Il Gruppo del Partito Democratico - parlo a nome di entrambe le Commissioni - esprime una valutazione positiva delle decisioni assunte ieri dal Consiglio dei ministri e attende, per la parte che riguarda soprattutto le modalità tecnico-giuridiche, la decretazione d'urgenza a cui ha fatto riferimento il Sottosegretario Milone, per valutare compiutamente questi aspetti.
Penso che si possa sicuramente affermare che questa accelerazione della situazione siriana in termini di gravità ha richiesto un intervento la cui entità e il cui peso sono probabilmente ancora oggi inferiori alle necessità. Valutiamo, quindi, positivamente questo avvio di una presenza internazionale che, come sappiamo, è stata costruita attraverso il consenso generale del Consiglio di Sicurezza e dunque corrisponde alla prima delle preoccupazioni, che è quella di fare in modo che la comunità internazionale possa esplicitare una funzione forte di coesione, che per molti versi è mancata nel corso delle settimane e dei mesi passati. Tale mancanza ha consentito al regime di Assad di avviare e proseguire una vera e propria repressione sanguinosa, con migliaia di morti, che può essere fermata tenendo conto che la comunità internazionale deve riuscire a mettere in campo una capacità di lavorare
insieme.
Il ruolo delle Nazioni Unite è quindi assolutamente centrale, pur nella considerazione di una missione che, per le sue caratteristiche, è ancora di dimensione modesta. Si tratta di trecento uomini che debbono operare un intervento di osservazione, e non solo, in un territorio molto vasto e con problematiche molto complesse. Naturalmente siamo all'inizio di un processo e valuteremo, nel corso delle prossime settimane, quali saranno le necessità ulteriori e le difficoltà che si incontreranno sul campo.
Non sottovalutiamo i rischi, ma sappiamo che questa missione, per le sue caratteristiche, comporta delle difficoltà dal punto di vista non solo dell'efficacia ma anche da quello dei rischi che investono il personale impegnato sul campo. Sappiamo bene che ci muoviamo lungo una linea stretta, ma la comunità internazionale non poteva sottrarsi a questo obbligo, essendosi esaurite altre forme di pressione che non hanno avuto sostanzialmente alcun risultato ed essendosi determinata sul campo un'escalation molto preoccupante anche da altri punti di vista. È ormai noto l'intervento, in termini di impiego di armi e probabilmente anche di risorse umane, caratterizzato da intenzionalità che vanno nella direzione di rendere ancora più complesso e più difficile il contesto.
Sappiamo, inoltre, che ci troviamo di fronte a uno degli snodi più complicati della politica internazionale dell'area del Mediterraneo, dunque sappiamo benissimo che si tratta di operare con senso di responsabilità e con molta attenzione. L'Italia, per la presenza in Libano, per la storica presenza nel Mediterraneo e per i tradizionali buoni rapporti con le popolazioni di quest'area, non poteva non essere presente. Qui però non si tratta di rivendicare ruoli nazionali, non è questo il punto. Il punto è di contribuire, insieme agli altri, sotto l'egida delle Nazioni Unite, a far sì che questo intervento abbia risultati positivi.
Abbiamo tutti letto le dichiarazioni - in parte corrette nella direzione di ridimensionare alcune prospettive - rilasciate ieri dal Primo ministro della Turchia, uno dei Paesi considerabili come attori principali sul terreno sia per l'influenza che esercita, sia per il fatto che ospita oggi più di 30.000 rifugiati che vengono dalla Siria, dopo aver attraversato i confini turco-siriani.
Le parole di Erdogan sono molto preoccupate, come lo sono, in generale, quelle della comunità internazionale. Noi non potevamo sottrarci e dunque interveniamo con spirito di collaborazione e con
pieno senso di responsabilità. Naturalmente attendiamo che il Governo, in termini molto rapidi, ci metta in condizione di poter esaminare e approvare un complesso normativo adeguato alle necessità, ma soprattutto attendiamo che il Governo, per le caratteristiche e la straordinarietà della posta in gioco e per le difficoltà della missione, renda un'informativa in tempi molto ravvicinati, appena sarà possibile, per fare una prima valutazione della situazione sul campo. Vi ringrazio.
FIAMMA NIRENSTEIN, Vicepresidente della Commissione affari esteri. Conterrò questo intervento in pochissimi minuti, anche perché quello della Siria è un tema che, purtroppo, andiamo dibattendo da parecchi mesi, proprio per la sua immensa drammaticità.
Il nostro Parlamento è stato il primo in Europa a votare una Risoluzione in cui si affermava quello che, in piccola parte, si è realizzato con la presa di posizione del Governo italiano, ovvero la necessità di intervenire. Vorrei ricordare a tutti quelli che hanno una forte preoccupazione, peraltro giustificata, nei confronti dei nostri uomini, che parliamo di una vicenda in cui hanno già perso la vita 10.000 persone.
Siamo di fronte a un gigantesco punto interrogativo: il mondo deve voltarsi dall'altra parte quando vengono uccise 10.000 persone? Quale che sia il nostro atteggiamento ideologico, le nostre preoccupazioni sulle forze in campo, c'è da parte nostra la possibilità di rinunciare al principio fondamentale dell'intera base filosofica ed etica dell'Occidente, ossia quello del rispetto dei diritti umani? Credo che questo sia assolutamente impossibile. Non si può che avere un atteggiamento positivo, pur conservando le dovute e sensate preoccupazioni del caso sulla questione.
Questo è un problema che si è posto già in svariate circostanze nel corso di questi anni. Tuttavia, per quel che riguarda la Siria, anche se sappiamo bene che cosa sta succedendo in quel Paese, quali sono le forze che si contrappongono e qual è il ruolo di questo nodo basilare nella storia del Medio Oriente e del Mediterraneo intero, la questione è evidente, fondante, e rispetto ad essa non possiamo certamente chiudere gli occhi.
Va detto che tutte le azioni che sono state tentate, fino a questo momento, da parte del consesso internazionale, sono state, in primo luogo, fortemente ostacolate dalla Russia, circostanza che non dobbiamo ignorare. Se inviamo soltanto cinque uomini e se, in generale, il gruppo delle forze internazionali è così minuto rispetto alla situazione in atto, c'è il problema di un rapporto che investe anche l'ONU e la NATO. La Russia ha una sua base militare a Tartus, dove le sue navi seguitano ad attraccare; si tratta molto spesso di navi cariche di armi, che girano attraverso un mondo in cui è particolarmente attivo l'Iran e quella parte del Libano, purtroppo larghissima, che fa capo agli Hezbollah. Parliamo di un nodo del potere sciita che è l'unica spina nel fianco di un Medio Oriente in cui, invece, è ormai senz'altro predominante l'assetto di un potere sunnita presente in tutte le rivoluzioni arabe recenti.
Nessuno degli interventi posti in essere è andato a buon fine. È fallito l'intervento di Kofi Annan: il giorno stesso in cui Kofi Annan se n'è andato con un accordo con Assad sono state ammazzate una quarantina di persone e i giorni successivi non hanno visto una situazione migliore. Finora tutti gli accordi firmati da Assad non sono andati a buon fine, né credo che andrà a buon fine la sua presa di posizione sulle prossime elezioni e l'ammissione di gruppi che fino ad ora non avevano potuto partecipare in nessun modo al futuro della Siria. Ci sono molti elementi che, agli occhi di chi si è occupato sempre di Medio Oriente, appaiono altamente improbabili.
La nostra presenza, a mio avviso, serve soprattutto per due ragioni: in primo luogo, affermare una posizione morale, ed ho già spiegato perché; in secondo luogo, sorvegliare la situazione mediorientale nel suo complesso. Ciò che sta lì accadendo è esattamente questo: l'Iran è in difficoltà, per tutti i colloqui politici internazionali di questo momento, con una gran voglia di muovere le acque; gli Hezbollah sono pronti a muoversi in questa direzione,
perché altro non aspettano e perché sono legati all'Iran in modo tale che se l'Iran lo desidera non possono fare diversamente; la Siria è legata a questo cocchio.
Dunque, mentre siamo lì avremo di fronte una situazione strategicamente molto diversa da quella che abbiamo avuto fino a questo momento. Questo, perlomeno, è ciò che ritrovo nelle analisi correnti e mi sembra un punto assai ragionevole da considerare per il futuro, ossia un'ulteriore «malmostosità» non più legata soltanto alla rivoluzione interna - e qui mi fermo, anche se ci sarebbe tanto da dire - ma legata invece anche a una rinnovata situazione internazionale che ha il suo epicentro nell'Iran.
Mi sembra logico che noi seguitiamo con gli occhi ben aperti in questa nostra presenza che, proprio per questi due motivi fondamentali, ha un carattere in sé e per sé pacifico, quindi perfettamente coerente con i nostri princìpi nazionali. Grazie.
FEDERICA MOGHERINI REBESANI. Sarò brevissima, anche perché mi sento pienamente rappresentata da quanto ha affermato prima il collega Tempestini, ma vorrei comunque esprimere un punto di vista del Gruppo del Partito Democratico in Commissione difesa.
Credo che sia molto positiva la partecipazione italiana a questa missione, e non soltanto perché non ci si può voltare dall'altra parte; direi, anzi, che la comunità internazionale - per motivi comprensibili di complessità della situazione della regione e dell'attore specifico Siria in quella regione - forse si è mossa con ritardo e probabilmente quello che è stato deciso è troppo poco e arriva troppo tardi.
Per queste ragioni condivido le osservazioni dell'onorevole Nirenstein rispetto al ruolo giocato dalla Russia. Forse le relazioni istituzionali e anche non istituzionali che il nostro Paese ha con la Russia e con la sua leadership potrebbero essere usate più utilmente in questo senso, piuttosto che limitarsi a un'espressione di testimonianza.
Proprio perché in ambito ONU si è arrivati finalmente a una posizione condivisa, è ovvio che questa va sostenuta con tutti i mezzi utili e necessari. Credo, quindi, che con convinzione l'Italia debba sostenere l'iniziativa delle Nazioni Unite, anche perché siamo arrivati molto vicini, se non siamo già al limite della disperazione. Sia dalle parole di Erdogan riportate in questi giorni, sia dalle parole stesse di Kofi Annan, mi sembra che emerga chiaramente che siamo arrivati a un punto - per numero di vittime, per complicazione della situazione interna e sia per connessioni nello scenario regionale - nel quale forse più che muovere obiezioni all'invio dei cinque osservatori non armati dovremmo avere un minimo senso del ridicolo quando ci esprimiamo in questo modo, date la drammaticità e la complessità della situazione in quell'area.
Intervenire per sostenere tutte quelle misure, seppur limitate, che possano non dico promuovere la stabilità - sembra che siamo molto lontani da questo - ma almeno cercare di non aggravare l'instabilità nel quadro mediorientale non è, quindi, soltanto una questione etica e anche politica, ma risponde pienamente al nostro interesse nazionale.
Ricordava giustamente il sottosegretario che abbiamo un interesse nazionale specifico legato alla nostra presenza in Libano, che non va assolutamente sottovalutato dal punto di vista militare oltre che politico. Abbiamo anche un interesse più generale politico nel non aggravare la situazione di instabilità nell'area mediorientale e nell'area mediterranea, perché dobbiamo sempre ricordare che, essendo il nostro Paese proiettato pienamente in tale dimensione, qualsiasi ulteriore peggioramento della situazione nell'area mediorientale e nel bacino mediterraneo ha delle implicazioni di politica non soltanto internazionale ma anche interna rispetto al nostro Paese. Pertanto, più tardi e più debolmente si interviene in questi scenari, sia come comunità internazionale sia come Paese, più si aggravano le conseguenze che a livello nazionale dobbiamo riuscire a risolvere per altre vie e con altri mezzi.
Credo che la decisione assunta dal Governo sia giusta e aspettiamo di esprimerci
più compiutamente sul decreto-legge che penso non tarderà ad arrivare. Grazie.
FERDINANDO ADORNATO. Voglio confermare al Governo il sostegno del Gruppo dell'Unione di Centro alla decisione che stiamo discutendo. Ho sentito parlare di accelerazione rispetto a questa decisione; in realtà - ha ragione l'onorevole Mogherini - è una decisione che arriva in ritardo ed ha la forma della pressione politica, non certamente quella di un intervento.
Il mondo, onorevole Nirenstein, non ha gli strumenti per risolvere il problema che lei richiama, né si può far guerra ogni sei mesi od ogni anno in giro per il mondo. È una drammatica e amara realtà: il mondo non ha gli strumenti e l'ONU non è in grado di essere sede di risoluzione delle controversie, come il suo statuto recita. La conseguenza è che, quando la situazione diplomatica o geopolitica si fa più complessa, il mondo è sempre impotente di fronte alle violazioni dei diritti umani.
Si interviene in ritardo, si interviene con benedette e faticose mediazioni per poter isolare il regime di Assad. Va bene, però in questo quadro c'è l'amarezza di dover accettare di vivere in un mondo del genere.
Da questo punto di vista - echeggiando, se non ho capito male, qualche spunto contenuto nell'intervento dell'onorevole Farina, che pure condivido - vorrei richiamare i tanti dubbi che ci sono stati intorno alla primavera araba e anche di fronte alla questione siriana, ossia se l'Occidente, difendendo i suoi valori, come l'onorevole Nirenstein ricordava, non finisca per fare il gioco dell'amico del giaguaro. Al riguardo ho un'idea precisa. Non so quanto giusta, ma precisa. È solo una vecchissima illusione illuminista quella che il mondo proceda in modo graduale e progressivo dalla barbarie verso la civiltà. Non è così, a situazioni di barbarie possono tranquillamente seguire situazioni di altra barbarie. Mi riferisco, ovviamente, al rischio che l'islamismo possa prendere la guida dei Paesi che hanno gestito la primavera araba. Non c'è soluzione. Il nostro dovere è di lottare, nelle forme e nei modi possibili, sempre contro la
barbarie. Non è possibile, in nome del pericolo che possa arrivare un'altra barbarie, chiudere gli occhi di fronte alle barbarie che abbiamo davanti. E quella siriana di Assad è una barbarie tra le più visibili oggi presenti nel mondo.
Sono discorsi che verranno affrontati anche nell'opinione pubblica, quindi credo che il Parlamento sia la sede giusta per confrontare tra noi le idee e per controbattere i dubbi che emergono. Il nostro appoggio non è soltanto formale. Si tratta di un'azione in ritardo - e forse di un'azione che ha più la forma della pressione che della soluzione del problema, ovviamente - però è un passo avanti e, come tale, non può che essere accolto con soddisfazione.
PRESIDENTE. Do, ora, la parola per la replica al sottosegretario Dassù.
MARTA DASSÙ, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Poiché è stato citato anche l'operato del Ministero degli affari esteri, che naturalmente ha collaborato e condiviso questa decisione, vorrei sottolineare alcuni punti che mi sembrano importanti.
Mi pare innanzitutto che quello in corso sia un dibattito serio e importante, anche da parte di chi non condivide questa decisione. La Siria è un Paese importante per l'insieme del mondo mediorientale e per l'Italia. È stato ricordato che l'Italia è esposta per la sua presenza in Libano. Come sapete, abbiamo più di mille soldati.
La Siria è un Paese importante in generale per gli equilibri mediorientali, così rilevanti per il futuro della sicurezza italiana. Sulla Siria si gioca, in effetti, una sorta di competizione a distanza fra l'Iran e il Golfo, l'Arabia Saudita e il Qatar. La sicurezza di Israele è direttamente implicata in questo teatro. Ciò significa, in effetti, per la Siria essere al centro di un grande rimescolamento degli equilibri post primavera araba cui siamo particolarmente interessati.
In secondo luogo, molte volte, di fronte a crisi di questo genere, ci sono notizie «false». A volte il numero delle vittime civili è stato gonfiato e strumentalizzato per provocare interventi esterni. Questo è invece un caso in cui tutte le fonti - internazionali, europee e italiane, e cito fra queste anche i nostri servizi - stimano che l'entità della crisi umanitaria sia effettivamente quella riferita: è una crisi gravissima, con circa 10.000 vittime e una gran quantità di bambini. Il grado di violenza del regime di Assad verso la sua stessa popolazione è elevatissimo, per cui è impossibile rimanere passivamente indifferenti.
Siamo di fronte a una sorta di guerra civile low grade, a bassissima intensità, e lo scenario che si sta tentando di evitare con il piano Annan è che si passi da questa a una guerra civile più aperta e ancora più sanguinosa.
Il piano Annan è l'unica iniziativa in atto, per ragioni varie, che adesso è troppo lungo spiegare, guardando alle singole posizioni di tutti gli attori, dagli Stati Uniti alla Russia, che hanno tutti posizioni diverse. Questo spiega perché non si ripeta in Siria una seconda Libia, con le conseguenze che questo avrebbe, che lei ha giustamente ricordato all'inizio. Quindi, il piano Annan è per il momento the only game in town, e non è detto che funzioni; giustamente c'è molto pessimismo.
Il senso dell'invio di osservatori in questo quadro è quello di giocare questa ultima chance, sapendo che tutte le alternative sono peggiori e che è un teatro molto rischioso. Sento la responsabilità di dirlo subito, come Governo: si tratta di persone che vanno in uno scenario ad alto rischio.
L'Italia ha scelto di giocare soprattutto una partita umanitaria, almeno fino ad oggi. È stato ricordato, ma vorrei ripeterlo, che noi abbiamo operato per creare, insieme alla Giordania, un working group sui problemi umanitari regionali, anche in modo da evitare che la crisi si espanda ai Paesi confinanti e quindi anche al Libano. L'ospedale da campo italiano sarà effettivamente consegnato in Giordania domenica prossima.
In ultimo, ha ragione l'onorevole Farina: è una delle battaglie politiche che stiamo conducendo sia nel gruppo dei Friends of Syria, sia a Bruxelles. Noi appoggiamo il Consiglio nazionale siriano, ma chiediamo costantemente al Consiglio stesso e in generale all'opposizione siriana di essere unificata, aperta e inclusiva. Abbiamo detto molto chiaramente che per noi le garanzie alle minoranze cristiane e alle minoranze alaouite sono essenziali e lo sono anche perché uno dei punti fondamentali del piano Annan, ossia la possibilità di un'evoluzione politica, dipende dal fatto che tutte le minoranze si sentano ugualmente garantite.
Grazie.
PRESIDENTE. Ringrazio i rappresentanti del Governo e tutti gli intervenuti nella discussione.
Dichiaro concluse le comunicazioni del Governo.
La seduta termina alle 14,55.