Sulla pubblicità dei lavori:
Cirielli Edmondo, Presidente ... 3
Comunicazioni del Governo sul vertice NATO di Lisbona del 19 e 20 novembre 2010:
Cirielli Edmondo, Presidente ... 3 7 10 18 21 22
Bonino Emma (PD) ... 15
Boniver Margherita (PdL) ... 14
Cabras Antonello (PD) ... 13
Cicu Salvatore (PdL) ... 11
Di Stanislao Augusto (IdV) ... 17
Dozzo Gianpaolo (LNP) ... 17
Frattini Franco, Ministro degli affari esteri ... 3 18
La Russa Ignazio, Ministro della difesa ... 7 21
Mogherini Rebesani Federica (PD) ... 11
Ramponi Luigi (PdL) ... 15
Rossi Luciano (PdL) ... 16
Scanu Gian Piero (PD) ... 16
Tempestini Francesco (PD) ... 12
Vernetti Gianni (Misto-ApI) ... 13
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Futuro e Libertà per l’Italia: FLI; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l’Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud Libertà e Autonomia, I Popolari di Italia Domani: Misto-Noi Sud-PID; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Repubblicani, Azionisti. Alleanza di Centro: Misto-RAAdC.
Resoconto stenografico
AUDIZIONE
La seduta comincia alle 14,10.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca le comunicazioni dei Ministri degli affari esteri e della difesa sul vertice NATO di Lisbona del 19 e 20 novembre 2010.
Avverto che i lavori dovranno concludersi prima dell'inizio delle votazioni della seduta pomeridiana dell'Assemblea della Camera, previsto per le ore 16. Tenuto conto del tempo necessario per lo svolgimento delle comunicazioni dei ministri e delle successive repliche, residuano circa 60 minuti per gli interventi dei colleghi parlamentari.
Al fine di un ordinato svolgimento dei lavori, il tempo disponibile è stato, quindi, diviso in modo da consentire a ciascun gruppo un intervento per un tempo massimo di cinque minuti, mentre il tempo ulteriormente disponibile sarà ripartito per un secondo giro di interventi eventuali in misura proporzionale alla consistenza dei gruppi medesimi.
Invito, dunque, i gruppi a far pervenire alla presidenza entro i primi 20 minuti della seduta l'elenco dei propri componenti che intendano intervenire.
Prima di dare la parola al Governo, intendo rivolgere un sentito ringraziamento al Ministro degli affari esteri, Franco Frattini, e al Ministro della difesa, Ignazio La Russa, per la loro partecipazione a una seduta che noi riteniamo molto importante proprio per lo sviluppo del concetto strategico che la NATO dovrà adottare entro l'anno.
Do la parola al Ministro degli affari esteri, Franco Frattini.
FRANCO FRATTINI, Ministro degli affari esteri. Grazie molte ai presidenti e ai colleghi delle Commissioni.
Mi concentrerò su alcune riflessioni relative agli scenari politici che il vertice NATO aprirà sulle decisioni attese questa settimana. Ovviamente il Ministro La Russa proseguirà poi con le questioni relative alla sicurezza e agli aspetti più propriamente rientranti nella sua responsabilità.
Abbiamo lavorato insieme in questi mesi, Ministero della difesa e Ministero degli affari esteri, per prepararci in modo sistematico e compatto a dare un contributo al nuovo concetto strategico, la prima e forse la più significativa delle decisioni che il Consiglio NATO dovrà prendere.
Come sapete, il precedente concetto strategico fu elaborato all'indomani di un cambiamento epocale, alcuni anni dopo la caduta del muro di Berlino. Lo scenario era cambiato, ma si era pur sempre al 1999. Non si erano ancora verificati gli episodi dell'11 settembre, né le nuove
minacce di proliferazione nucleare; il mondo era completamente diverso.
Oggi, quindi, occorre far compiere un salto di qualità ulteriore a questa partnership globale tra Europa e Stati Uniti, che è stata e che resterà nel futuro, con la NATO, il pilastro fondamentale per la sicurezza e la stabilità euroatlantica. L'obiettivo è, quindi, di arricchire e di aggiornare, ma non di stravolgere la natura dell'alleanza.
Illustro i tre pilastri del nuovo concetto strategico. Il primo è l'equilibrio tra difesa e deterrenza, il secondo consiste nel realizzare un approccio globale alla gestione delle crisi, il terzo riguarda quella che si chiama comunemente sicurezza cooperativa, con i nuovi partenariati tra NATO e attori statali e regionali esterni alla NATO.
Dobbiamo, in primo luogo, osservare che il concetto strategico delineerà una sicurezza in Europa e dell'Europa, in modo da chiarire una volta per tutte che sicurezza in Europa e dell'Europa è anche quella che si realizza in teatri lontani dall'Europa stessa.
Si tratta di un concetto fondamentale che nel «vecchio» disegno della NATO non figurava. Resta evidentemente il vincolo di difesa collettiva, come anche il cardine dell'articolo 5 del Trattato di Washington, ma certamente l'idea dell'azione per la sicurezza in Europa e dell'Europa, fuori dall'Europa, viene marcata in modo particolare.
Non è un concetto riferito solo all'Afghanistan, ma ovviamente l'Afghanistan è l'esempio più chiaro di come lavoriamo con la NATO per garantire innanzitutto sicurezza all'Europa e ai Paesi membri della NATO e non soltanto all'Afghanistan.
Procederemo all'attivazione e all'adozione di un documento sulla difesa missilistica integrata. Si tratta di un altro importante elemento che entrerà in questo concetto di nuova sicurezza. Per la prima volta si raccoglieranno sotto un solo «ombrello» le capacità esistenti americane e la cosiddetta difesa missilistica di teatro.
Siamo da tempo impegnati a concludere un ragionevole disegno strategico. Ritengo che quello che uscirà da Lisbona lo sarà, anche perché c'è un'intenzione ambiziosa, ossia che nel concetto di difesa missilistica integrata sia coinvolta anche la Federazione Russa. Sarebbe, ovviamente, un passo avanti importante e spero che una parola che spenderò sulla presenza della Russia possa andare in tale direzione.
Come accennato, il primo pilastro del concetto strategico è l'equilibrio tra deterrenza e disarmo. È importante far condividere a tutti gli alleati il principio di un mondo senza armi nucleari, ma certamente, fino a che ciò non sarà ancora accaduto, è indispensabile che la deterrenza NATO sia mantenuta come strumento fondamentale, proprio per la capacità attiva e preventiva dell'Alleanza stessa.
Come fare per attuare la proiezione della stabilità lontano dall'Europa, ovvero sostenere il concetto di difesa dell'Europa lavorando lontano dall'Europa? Si può fare potenziando innanzitutto lo scambio di informazioni tra alleati, creando un primo nucleo di componente civile dell'azione NATO, che si affiancherà progressivamente, sviluppandosi, a quella militare e attraverso la cooperazione che possa andare oltre i partenariati esistenti. Esiste un partenariato Mediterraneo, ma dobbiamo andare oltre.
L'approccio onnicomprensivo, il secondo pilastro che ho citato, significa che la NATO dovrà disporre di assetti civili sin dalle fasi preliminari di pianificazione di ciascuna missione fuori dei propri confini, ma anche capacità di collaborare con i grandi attori internazionali e regionali, innanzitutto con l'Unione europea e con le Nazioni Unite, per mettere insieme in campo le capacità di ciascuno.
Credo che con l'Unione europea esistano già le basi per un'ampia e rafforzata partnership nel settore di prevenzione delle crisi, ma anche nel settore della stabilizzazione post-conflitto. Di questo si parlerà a Lisbona, proprio mentre in Europa comincia a emergere un dibattito sulla difesa europea quale conseguenza del Trattato di Lisbona.
In merito alla difesa europea il Governo italiano è fortemente attivo nell'incoraggiare e nello stimolare ogni esperienza che possa portare a un embrione costitutivo di quello che noi vorremmo fosse domani un vero e proprio esercito europeo.
Abbiamo ascoltato più volte il segretario generale della NATO e l'alto rappresentante dell'Unione europea per la politica estera e di sicurezza comune, i quali hanno concordato su questa linea. Auspico, però, che dal vertice di Lisbona venga un mandato politico. Finora c'erano stati incontri, ma mi auguro che il vertice NATO dia un mandato politico a una più forte sinergia tra NATO e Unione europea.
L'altro capitolo riguarda la Russia, che parteciperà con il suo presidente, per la prima volta dopo la crisi georgiana. È il segno positivo che non solo il reset americano ha funzionato e sta durando, ma anche che l'azione di Paesi come l'Italia e la Germania, da sempre favorevoli a un riavvicinamento tra Unione europea, NATO e Russia, ha funzionato e ha portato frutti positivi.
Non vogliamo limitare la collaborazione NATO-Russia al semplice confronto sugli scenari di crisi. Vogliamo lavorare, invece, sul grande tema del contrasto alle armi di distruzione di massa, sul terrorismo, sulla pirateria, sul traffico di droga. Aggiungeremo anche un capitolo importante di collaborazione NATO-Russia sulla cosiddetta criminalità informatica. Sono questi elementi forti che alimenteranno - sarà veramente la prima volta - un documento congiunto NATO-Russia, che approveremo, sulle sfide alla sicurezza nel XXI secolo.
Credo che sia il primo passo per avviare e realizzare quella che, ad avviso dell'Italia, dovrebbe essere una visione condivisa. Stati Uniti, Europa e Federazione Russa sono i tre attori da cui può venire un contributo fondamentale all'architettura globale di sicurezza. Il documento che approveremo ne sarà il caposaldo.
La Russia collabora e collaborerà sempre meglio sull'Afghanistan. Vogliamo coinvolgerla, come affermato, nella difesa missilistica.
È uno scenario promettente. Conosciamo la cautela della Federazione Russa e la rispettiamo, ovviamente, in particolare sulla difesa missilistica di teatro. Essa chiede di conoscere dalla NATO e dagli Stati Uniti quali sono i passi in tema di comando e controllo della difesa missilistica prima di impegnarsi in una collaborazione, ma è chiaro che un dialogo si potrà e si dovrà aprire.
Se avverrà, avremo eliminato per sempre il timore della Federazione Russa che la difesa missilistica NATO sia rivolta contro la Russia stessa. L'abbiamo specificato in molte occasioni: coinvolgere la Russia nell'elaborazione della strategia di difesa missilistica è certamente il miglior fatto concreto per rassicurarla e superare una prudenza e un timore storico, ma anche degli ultimi anni, che ovviamente voi conoscete.
Parlavo prima di nuovi partenariati. Vedo quattro Paesi partner con i quali occorre lavorare a livello di Alleanza atlantica. Si tratta dei Paesi emergenti, la Cina, l'India, ma anche il Brasile e il Messico, importanti per un coinvolgimento dell'America latina in strategie quali il contrasto al traffico internazionale della droga, dove evidentemente Brasile e Messico hanno un interesse straordinario.
L'Afghanistan sarà uno dei punti importanti. Vi sarà una riunione ISAF dedicata in cui delineeremo una strategia temporale di transizione. Tale strategia dovrà, tra il 2011 e il 2014, avviare e completare la transizione, consegnando gradualmente, provincia per provincia dell'Afghanistan, il controllo alle forze civili. Aumenteranno la governance civile e la formazione delle autorità afgane, mentre diminuirà progressivamente la presenza combattente delle forze dell'Alleanza.
Si tratta di una transizione che il vertice di Lisbona avvierà e che noi abbiamo preparato a Roma, nella riunione che ho convocato degli inviati speciali per
l'Afghanistan e per il Pakistan, la quale ha fatto emergere una larga convergenza su questi obiettivi.
L'inizio della transizione avverrà nella primavera del 2011 e il completamento della transizione è previsto alla fine del mandato dell'attuale Governo del presidente Karzai, nel 2014.
Evidentemente si tratterà di una cornice il cui orientamento generale è quello di non anticiparne i contorni dettagliati. Personalmente sono convinto che sia giusto non farlo. Il Ministro La Russa e io ne abbiamo parlato con il generale Petraeus.
Siamo consapevoli, per esempio, che nella città di Herat siamo già andati molto avanti nel raggiungimento dei criteri che la NATO ha indicato per l'inizio della transizione e, quindi, per la restituzione alle forze civili, ma credo che fornire al terrorismo una mappatura precisa delle date di disimpegno, provincia per provincia, non sarebbe assolutamente una mossa giusta.
Abbiamo già rafforzato la presenza civile a Herat con un diplomatico italiano, il rappresentante regionale dell'Alto rappresentante civile della NATO, che si trova a Kabul.
Abbiamo garantito questa fase di transizione, non una supplenza, ma un aiuto alle autorità afgane, e credo che in questa transizione i tre aspetti di sicurezza, sviluppo e governance formino ormai i tre elementi di una strategia politica globale, di cui quella militare è una componente, ma non la sola.
Sviluppo e governance sono elementi su cui l'Italia ha fatto, fa e farà moltissimo, con l'addestramento, la formazione delle forze di polizia, delle forze armate, della polizia di frontiera afgana, ma anche con la formazione dei diplomatici e con un programma per i dirigenti della pubblica amministrazione afgana. La nostra Scuola superiore della pubblica amministrazione ha già presentato alcuni programmi proprio in questo senso.
Faremo anche di più, promuovendo lo sviluppo economico locale. Ho parlato a lungo di questo tema con le autorità afgane. Voi sapete probabilmente che già alcuni nuclei di imprese italiane hanno preso cognizione delle opportunità di investimento offerte dalla provincia di Herat nel settore della lavorazione del marmo e nel settore agroalimentare. Vi sono, dunque, iniziative imprenditoriali italiane destinate a rimanere e a prosperare in tale regione.
Certamente la governance è elemento fondamentale per la transizione, insieme alla prevenzione dei fenomeni di corruzione e all'aiuto formidabile che l'Italia sta prestando agli uffici giudiziari, in particolare, della provincia di Herat, ricostruendo quasi fisicamente gli uffici della procura e creando un servizio forte e coeso di cui è alla guida una giovane donna procuratore generale di Herat, che, come sapete, ho invitato a Roma. È venuta e ha espresso concetti chiarissimi sulla sua idea di governance. L'Italia lavora e lavorerà, pertanto, in tutti questi settori.
In conclusione, un aspetto politico chiave è rappresentato dal dialogo e dalla riconciliazione con la cosiddetta insorgenza, ossia con i talebani.
Ne ho parlato a lungo con tutti gli attori regionali, dall'Afghanistan al Pakistan, dai Paesi arabi all'Iran. Anche con gli iraniani abbiamo avviato un dialogo, coinvolgendoli in alcune azioni operative per il contrasto della droga attraverso la frontiera Iran-Afghanistan, ricevendo alcune promesse significative. Vedremo se si tradurranno, come mi auguro, in contributo operativo sul terreno.
Sulla riconciliazione e sul dialogo le linee rosse dell'Italia sono ormai quelle della NATO: niente dialogo e riconciliazione con chi ideologicamente continua a essere legato alle organizzazioni del terrorismo, ai gruppi legati ad Al Qaeda, e a chi non abbandona la violenza, si alla riconciliazione a chi accetta il rispetto della Costituzione e delle leggi.
Abbiamo sottolineato la preoccupazione di molti e di molte organizzazioni di donne afgane che la riconciliazione con i talebani non comporti un abbassamento del livello di guardia sulla tutela dei diritti delle donne, che la Costituzione afgana sta faticosamente introducendo e sviluppando.
Questo è il quadro in cui si svolge l'azione della NATO, che avrà un riguardo alla dimensione regionale dell'Afghanistan, coinvolgendo quindi il Pakistan.
Come sapete, sono stato alcuni giorni fa a Islamabad e ho trovato un Pakistan preoccupato. Il capo delle forze armate, che ho incontrato, il generale Kayani, mi ha invitato senza mezzi termini a fare attenzione ad attuare un'opera ambiziosa e onnicomprensiva di coinvolgimento coi talebani, senza distinguere prima quali sono i gruppi locali reintegrabili e quali quelli non reintegrabili. Non bisogna dare l'impressione che coloro che vogliono ucciderci e distruggerci siano diventati improvvisamente nostri amici.
Mi sembra una pragmatica e saggia visione e, quindi, dovremo continuare a ispirarci a questa strategia mirata, caso per caso.
PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro Frattini per il suo intervento.
Do ora la parola al Ministro della difesa, Ignazio La Russa.
IGNAZIO LA RUSSA, Ministro della difesa. Ringrazio i presidenti. La mia richiesta di conoscere il numero degli iscritti a parlare non è dettata da pura curiosità, ma dall'esigenza di modulare i tempi del mio intervento, in modo da lasciare più spazio possibile alle domande.
Considerata la completezza dell'illustrazione, perlomeno per gli argomenti che ha ritenuto di affrontare, del Ministro Frattini, cercherò di essere particolarmente sintetico.
D'altronde, è dal 10 dicembre del 2009, praticamente un anno fa, che non teniamo una riunione congiunta come questa. Sono contento di poter di nuovo riferire a questo consesso, che riunisce - non lo affermo per retorica - i membri più in vista anche per competenza dei nostri due rami del Parlamento.
Comincio con un tema specifico, quello del nuovo concetto strategico, che però ha già abbondantemente illustrato il Ministro degli affari esteri. Devo aggiungere soltanto che per poterlo realizzare occorre disporre innanzitutto di appropriate capacità militari, oltre a prevedere l'impiego sinergico di tutte le componenti richieste da una moderna gestione della crisi.
Sto parlando dell'interazione tra la componente militare con quelle politico-diplomatiche, economiche, umanitarie, di ricostruzione, educative e altre ancora. Mi pare che il concetto sia stato già abbondantemente illustrato.
Veniamo al secondo argomento, logicamente connesso al precedente e relativo allo sviluppo di nuove capacità operative necessarie per soddisfare i possibili futuri scenari e le prevedibili missioni.
In particolare, occorre potenziare le reti di telecomunicazione a supporto delle missioni in Afghanistan e pervenire a un miglioramento dei sistemi di difesa dagli ordigni esplosivi, i cosiddetti IED, all'aumento delle capacità di trasporto aereo tattico e strategico, allo sviluppo dei sistemi per l'intelligence, la sorveglianza e la ricognizione e, infine, all'acquisizione di capacità di protezione contro attacchi cibernetici, affinché l'Alleanza possa garantire i Paesi membri da attacchi di questo genere, anche rivolti ai singoli Stati.
In tutti questi cinque campi abbiamo compiuto passi avanti, in particolare, per quanto riguarda i sistemi di difesa dagli ordigni esplosivi, quelli che hanno provocato più danni ai nostri soldati.
Se scorrete l'elenco triste e drammatico dei nostri caduti, noterete che nella maggioranza dei casi, senza considerare il numero comunque molto alto di militari morti per eventi che non hanno direttamente un legame con le attività militari, come incidenti stradali e malattie, è dipeso dall'esplosione di questo tipo di ordigni.
In questo campo abbiamo considerevolmente migliorato la protezione dei nostri militari, acquisendo strumenti atti a impedire il comando elettronico a distanza, migliorando notevolmente la protezione del Lince e soprattutto della ralla, che rappresentava il punto debole, passando progressivamente, per determinanti usi, dall'utilizzo del Lince a quello di altri mezzi che ormai avete imparato a conoscere e, ultimamente, anche ottenendo da
parte degli Stati Uniti una maggiore possibilità di utilizzo di mezzi che precedono di solito le colonne e sono destinati specificatamente proprio a liberare la strada dagli IED.
In questo campo abbiamo anche ricevuto recentemente risposta a una nostra precisa richiesta. Abbiamo la possibilità che i nostri soldati si addestrino in Germania su questi mezzi per non doverli utilizzare solo con personale americano, come sta invece succedendo attualmente.
Il terzo argomento, meno noto e meno affrontato, è quello relativo alla nuova struttura dei comandi NATO destinata a gestire le capacità dell'Alleanza sulla base del nuovo concetto strategico che il Ministro Frattini vi ha illustrato.
A Lisbona la NATO si propone di finalizzare anche ambiziose riforme organizzative e ordinamentali. In particolare, la struttura di comando della NATO sarà ridotta e semplificata, con un risparmio stimato di circa il 10 per cento, che non influirà sulla capacità di gestire un numero di operazioni militari coerente con lo scenario strategico previsto per i prossimi anni.
La struttura verso cui ci si sta orientando prevede due Joint Forces Command, due comandi interforze, il tipo di comando - per essere chiari - oggi presente a Napoli, e due comandi di componente, uno marittimo e uno aereo, con una riduzione del numero di comandi da nove (sono attualmente tre più sei) a quattro (due più due) e di personale da 13 mila a 8 mila 950 unità.
Ovviamente tale riduzione implica anche una revisione della presenza di comandi alleati sul territorio dei Paesi membri, il che potrà interessare naturalmente anche l'Italia, anche se la decisione è rimandata comunque al 2011. Il nostro interesse preminente è quello di conservare l'attuale comando interforze di Napoli.
Ricordo, però, che abbiamo anche un altro comando, quello di componente, uno degli altri sei. Non stiamo già affermando che vi rinunciamo, ma in una sede comunque competente e riservata posso riferire che l'obiettivo è quello di mantenere il comando interforze. Sarebbe difficile in quella riduzione mantenere esattamente i comandi che abbiamo fino a ora. L'obiettivo è, dunque, quello del comando interforze.
Nell'ambito del riordino organizzativo la NATO si propone anche di razionalizzare la struttura di supporto logistico e di sviluppo dei sistemi d'arma e di interesse dell'Alleanza.
Oggi esistono la bellezza di 14 diverse agenzie della NATO, situate in sette Paesi, con oltre 6 mila dipendenti. Le agenzie propriamente NATO, composte da tutti i 28 Paesi membri, sono la maggioranza. Altre sono multinazionali relative generalmente al supporto di uno specifico sistema d'arma. Ne fanno parte solo alcuni Paesi e normalmente sono mirate a supportare uno specifico e singolo sistema d'arma.
La previsione è quella di arrivare a tre sole nuove agenzie, dedicate rispettivamente all'acquisizione dei sistemi d'arma, al supporto logistico degli stessi durante la vita operativa, alle comunicazioni e alle informazioni.
In linea di massima siamo d'accordo, anche se abbiamo sottolineato la necessità che va protetto l'interesse nazionale a tutela del proprio know-how e la salvaguardia della ownership dei Paesi partecipanti alle agenzie multinazionali. Sull'argomento non c'è, dunque, ancora una completa condivisione.
Passo al tema Afghanistan, integrando quanto già spiegato dal Ministro Frattini per gli aspetti di interesse della difesa.
In questa sede, per meglio rappresentare i contenuti essenziali della strategia, di quella NATO e di quella nazionale, vorrei descrivervi, per farvi capire che cosa sta avvenendo in Afghanistan, ciò che abbiamo realizzato a Bala Murghab. Si tratta di un esempio che vuole essere rappresentativo del processo in corso in Afghanistan.
Bala Murghab è una piccola porzione di territorio afgana situata all'estremo nord dell'area ovest di competenza e di responsabilità italiana. Già negli anni passati l'importanza di quest'area era emersa
chiaramente. Questo distretto, come altri, è attraversato dalla Ring road, la principale strada che unisce le città afgane. La zona era interessata da una fortissima presenza di insurgent, che rendevano pericoloso tale tratto di strada.
Le scarse forze che avevamo a disposizione fino al 2008 ci hanno solo consentito di attraversare tale area e non di presidiarla veramente. A partire dal 2009 e progressivamente nel 2010, anche grazie al consistente aumento di forze di uomini e di mezzi, cioè con il nostro passaggio da 3 mila a 4 mila militari, il piccolo contingente iniziale è stato rinforzato adeguatamente e, con un'azione continua e meticolosa, siamo riusciti a riassumere il controllo di tutto il territorio di Bala Murghab, sottraendolo agli insorti.
Abbiamo esteso la «bolla di sicurezza» attorno alla nostra base di Bala Murghab, che era di alcune centinaia di metri, a 20 chilometri. Attualmente, quindi, attorno alla base di Bala Murghab, che è cresciuta ed è stata rinforzata, ci sono 20 chilometri di «bolla di sicurezza».
All'interno o ai margini di questa «bolla» i villaggi esistenti, che erano spopolati per la presenza degli insurgent e per il pericolo che ne conseguiva, si sono ripopolati e tra gli 8 mila e i 10 mila afgani sono rientrati nelle loro abitazioni e sono oggi assistiti. Ciò è stato dimostrato anche dal fatto che quell'area, prima semidisabitata, è stata tra quelle con una maggiore affluenza alle recenti elezioni.
Desideriamo che questa situazione si estenda in tutto il territorio, naturalmente, prima a ovest e poi in tutto il territorio afgano. Ve l'ho descritto proprio come esempio.
Per ottenere questo risultato, però, non basta l'aumento delle nostre forze o di quelle della missione internazionale. Come è di tutta evidenza, soprattutto per dar corso all'azione di transizione illustrata dal Ministro Frattini, occorre che aumenti il numero dei militari e della polizia afgana, ma anche, parallelamente, il loro livello di addestramento e di possibilità di impiego.
Restando nell'esempio, a Bala Murghab è aumentata di molto la presenza afgana e abbiamo potuto ottenere quel risultato.
Questi risultati, d'altronde, testimoniano come sia possibile, con la nuova strategia voluta da Mac Chrystal e confermata da Petraeus, riuscire progressivamente a far avanzare in modo reale questa fase di transizione, che presuppone poi la riconsegna dell'intero territorio allo Stato afgano, inteso come forza politica, militare e di polizia.
Attualmente - vi fornisco alcuni numeri - gli uomini e le donne della missione internazionale ISAF sono arrivati a 134 mila unità, l'esercito afgano ha raggiunto i 145 mila uomini e le forze di sicurezza afgana addestrate le 115 mila unità.
Si può finalmente affermare che ISAF e le forze afgane abbiano, ora e solo ora, raggiunto la dimensione necessaria per conseguire gli obiettivi di pacificazione perseguiti. Se non avessimo compiuto questo salto in avanti, avremmo avuto l'alternativa di rimanere sul posto in eterno o di ritirarci senza avere concluso assolutamente nulla.
Pensiamo anche, in prospettiva, di aumentare il livello di assistenza e di formazione e l'addestramento sia di base, sia inteso come accompagnamento da parte di quelli che vengono chiamati OMLT, squadre che accompagnano l'impiego delle forze afgane e che esistono anche a livello di polizia, con la sigla POMLT.
Attualmente abbiamo 430 istruttori, di cui 271 sono squadre di accompagnamento, cioè OMLT. Contiamo, dopo il completamento del quarto battlegroup che abbiamo schierato nella porzione sud-orientale della regione, di avere ultimato la nostra fase di crescita. Si tratta ora di estendere queste condizioni di sicurezza a tutte le aree di nostra responsabilità.
La domanda che arriva sempre è quanto tempo ci vorrà. Possiamo effettuare alcune previsioni, io stesso le ho effettuate più volte, ma tutto è relativo alla misurazione dei risultati che conseguiremo
sul campo. È quello il vero metro. Le previsioni non vanno considerate come un impegno da calendario.
In particolare, pensiamo che già nel 2011 - ripeto che sono previsioni - questa fase di transizione possa consentirci di riconsegnare, per esempio, la zona di Herat o altre porzioni del territorio ovest, mentre siamo certi che occorrerà più tempo perché l'intera zona ovest possa essere consegnata alla responsabilità afgana.
Abbiamo, però, insistito perché vi siano criteri oggettivi, verificatisi i quali il passaggio avvenga, altrimenti ci sarà sempre un'azione terroristica e di insurgence che porterà ad affermare che non siamo pronti. Non è la completa pacificazione dell'area la condizione indispensabile per la consegna agli afgani, ma un livello di sicurezza accettabile, o meglio compatibile con la capacità di risposta adeguata da parte degli afgani.
Abbiamo proprio fissato alcuni criteri, al verificarsi dei quali l'apposita Commissione afgana - è un fatto poco noto, ma esiste una Commissione mista ISAF-afgana - deciderà il momento in cui porzioni del territorio verranno via via riconsegnate alla responsabilità afgana.
Si tratta di un circuito virtuoso: più soldati mettiamo ad addestrare, quindi è vero che li aumentiamo, più è facile che la fase di transizione duri meno tempo.
Per questo motivo non siamo rimasti insensibili al grido di dolore, parafrasando, visto che siamo al 150o anniversario dell'Unità, che ci è venuto da Rasmussen, da Gates, dallo stesso Petraeus, accompagnato da graditissimi elogi per le capacità dei nostri addestratori, con la richiesta di aumentare la parte di addestratori del contingente italiano.
Abbiamo dato parere positivo al Presidente del Consiglio, a cui competeva e compete la responsabilità finale della decisione, di poter integrare del 50 per cento, ossia con altri 200 uomini, sia gli addestratori della polizia, sia quelli delle forze armate.
È presumibile, quindi, che nel corso dell'anno il tetto dei 4 mila uomini schierati in Afghanistan possa salire a 4 mila 200 uomini, integrati con altri 200 addestratori, nessuno dei quali, secondo la nostra previsione, andrà però ad allargare l'area degli accompagnatori, gli OMLT. Si tratterà, cioè, di 200 addestratori veri e propri da scuola, 100 per la polizia e 100 per le forze armate.
A mano a mano che saremo in grado di riconsegnare all'Afghanistan porzioni del territorio, che cosa faremo dei militari che non ci servono più?
Alcuni potranno essere rimpatriati; una quota potrà essere trasformata in unità addestrativa, cioè potremo incrementare il numero degli addestratori per rendere più veloce la fase che citavo prima, quella del ritorno in Italia di tutti; infine, ma questo aspetto non va sottovalutato, potrebbero essere reimpiegati, nell'ambito sempre della stessa zona ovest (su questo punto continuo a essere tassativo in tutti gli incontri) e, quindi, sempre sotto il comando italiano, ma in altre porzioni nella zona ovest dove occorre un'ulteriore presenza per accelerare la fase di completamento della transizione già avvenuta nelle zone in cui non è più necessario il loro impiego.
Al prossimo vertice di Lisbona ci aspettiamo che l'Alleanza atlantica renda esplicito il disegno che nei suoi termini generali ho sinteticamente descritto, annunciando l'avvio della fase di transizione per riconsegnare la responsabilità della sicurezza alle legittime autorità afgane.
Concludo ribadendo quanto vi ho riferito. Prego tanto la maggioranza, quanto l'opposizione di non focalizzare il dibattito su un problema di date, perché, se anche le abbiamo in testa, una forte sottolineatura di date, anche ipotetiche, può trasformarsi in un involontario aiuto agli insurgent.
Non possiamo sottrarci del tutto a effettuare previsioni, ma esse vanno sempre lette con il necessario corollario per cui sono valide a seconda del raggiungimento effettivo dei risultati sul territorio.
PRESIDENTE. Grazie, signor Ministro.
Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
FEDERICA MOGHERINI REBESANI. Capisco che i ministri possano essere molto distratti in questi giorni, però il tema del nostro incontro di oggi è il concetto strategico della NATO.
Credo, pertanto, che il tema del rifinanziamento della missione in Afghanistan e, quindi, anche molte riflessioni che oggi ho sentito soprattutto dal Ministro La Russa debbano essere svolte in una sessione differente, che noi ci siamo sempre augurati avvenisse più spesso.
Obiettivamente, mi sarei aspettata - e credo che lo stesso valga per molti altri colleghi - di ascoltare una comunicazione incentrata soprattutto sul nuovo concetto strategico della NATO e su ciò che il Governo italiano e l'Italia in quanto sistema hanno portato alla definizione di questo concetto e a ciò che porteranno al vertice di Lisbona.
Capisco che forse i tempi sono un po' confusi per voi o che forse c'è stato uno scambio di cartelline di appunti; il tema Afghanistan sarà discusso a Lisbona, ma non era quello centrale delle comunicazioni che oggi ci saremmo aspettati di ascoltare.
Su questo punto, comunque, considerato che è stato oggetto di molte vostre comunicazioni, tengo a svolgere un'osservazione.
Ho apprezzato molto il richiamo del Ministro Frattini all'opportunità di non fornire al terrorismo mappe basate su date annunciate di passaggio di consegna agli afgani e al potere civile. Ricordo, però, che le uniche date uscite rispetto a un eventuale passaggio di consegna nel caso italiano sono venute da interviste che proprio il Ministro La Russa ha rilasciato nei mesi scorsi. Invito, pertanto, il Governo a una maggiore coerenza rispetto a questo punto.
Voglio formulare poi soltanto una domanda precisa. A giugno la Camera ha approvato all'unanimità una mozione che impegnava il Governo a un'azione proprio in vista del vertice di Lisbona.
Leggo gli ultimi due punti che impegnavano il Governo, perché credo che siano molto chiari: «impegna il Governo a prendere parte attiva nello sviluppare ulteriormente il dibattito già avviato in sede dell'Alleanza atlantica sul futuro del deterrente nucleare all'interno dei confini europei, anche nel quadro di un processo negoziale con la Federazione Russa sul controllo degli armamenti, e ad approfondire con gli alleati, nel quadro del nuovo concetto strategico della NATO di prossima approvazione, il ruolo delle armi nucleari substrategiche e a sostenere l'opportunità di addivenire, tramite passi misurati, concreti e comunque concertati con gli alleati, a una loro progressiva e ulteriore riduzione nella prospettiva della loro eliminazione».
Questo è un punto che non ho trovato in alcuna delle due relazioni dei ministri e sul quale credo e spero che il Governo abbia voluto dare seguito, trattandosi di un impegno parlamentare unanimemente avanzato. Mi chiedo, dunque, che cosa il Governo abbia fatto in questi mesi passati e che cosa intenda fare da qui al vertice di Lisbona per onorare effettivamente l'impegno già assunto.
SALVATORE CICU. Non sono molto d'accordo con l'onorevole Mogherini e cercherò di spiegare anche perché.
A me sembra che i ministri abbiano consapevolmente diversificato e distribuito in termini di competenza gli approfondimenti che attengono al tema che oggi ci troviamo a dibattere. Siamo tutti proiettati, come il Ministro Frattini ha sottolineato, verso fine novembre, alle date del 19 e del 20, quando ci si assumerà il difficilissimo compito di ridefinire le linee del concetto strategico della NATO e di un'Alleanza.
Abbiamo anche appreso che l'intendimento del Governo italiano è quello di guardare a un allargamento di un concetto strategico che vada oltre i confini dell'Europa e realizzi la condizione di coinvolgere potenze come il Brasile, l'India e la Cina.
Grazie all'opera del Governo e dei ministri presenti, abbiamo avuto la possibilità anche di ricordarci quali sono i meccanismi che possono dare risposta nei prossimi giorni e nelle prossime settimane
a tale questione. C'è un lavoro delineato, un lavoro che il segretario generale della NATO stesso, raccogliendo la sintesi degli interventi di tutti i Governi, ha già proiettato verso questa data.
Sulla materia dell'energia così come sulla limitazione del nucleare le posizioni del Governo italiano sono note, ma mi sembra che il Ministro Frattini questa sera le abbia ulteriormente confermate.
La riflessione che mi permetto di svolgere è volta a cercare di capire, calandoci in questo contesto, quale utilità e importanza possa derivare all'Italia rispetto al suo ruolo. Con un allargamento di simile ampiezza e con la limitazione degli investimenti, che non riguarda solo il nostro Paese, ma anche diversi altri Paesi europei, è importante capire quale ruolo l'Italia potrà riuscire a svolgere, soprattutto in termini di capacità di incidere e di determinare e, quindi, di evitare di trovarsi in una posizione subordinata rispetto alle decisioni che investiranno tale allargamento.
Per questo motivo io - ma non credo di essere il solo - sono dell'idea che bisogna rafforzare il percorso europeo, e quindi il Trattato citato. Un allargamento troppo a est forse ci porrebbe seri problemi con la Russia e, in ogni caso, attenuerebbe anche l'attenzione degli stessi Stati Uniti rispetto a una forma di cooperazione con l'Italia. Realizzare un adattamento a questa Alleanza globale, come affermavo prima, potrebbe ottenere il risultato di un ridimensionamento dell'Italia.
Abbiamo la necessità di guardare a uno scenario che sicuramente è quello di una sfida urgente, ossia di una più equa distribuzione delle responsabilità e soprattutto degli oneri che riguardano la nostra partecipazione, perché inevitabilmente il nostro nuovo modello del sistema della difesa inciderà moltissimo rispetto al ruolo che rivestiremo.
Sappiamo che siamo tra le nazioni più impegnate rispetto alle funzioni di polizia per quanto riguarda le missioni all'estero, ossia che portiamo il contributo più importante in questi termini. Continuare in una forma di specializzazione anche della nostra partecipazione potrebbe rendere più e meglio il senso della dimensione che abbiamo sempre avuto, ma che in proiezione potremo ancora avere.
FRANCESCO TEMPESTINI. Signori ministri, ci avete fornito alcune informazioni di cui vi ringraziamo. Tuttavia, noi stiamo andando al vertice di Lisbona con un'opinione pubblica che si ripropone una domanda di fondo, ovvero quale sia oggi il ruolo della NATO nello scacchiere internazionale, naturalmente da due punti di vista. Vorremmo, quindi, approfondimenti e risposte che vadano maggiormente al cuore di alcune questioni.
La prima è la questione della proiezione esterna della NATO che, in parte consistente, significa Afghanistan. Il tema ha il suo peso e non credo, come ha affermato giustamente la collega Mogherini Rebesani, che si possa affrontare esaustivamente in questa sede; di certo, però, è un punto molto delicato.
La seconda questione attiene a tutto ciò che riguarda la deterrenza. Su questo tema i problemi sono moltissimi, non solo sul versante delle armi substrategiche, ma, più in generale, dal punto di vista del collegamento tra ciò che si andrà a decidere a Lisbona e tutto il complesso delle politiche che hanno riguardato la tematica del disarmo, il Trattato di non proliferazione nucleare, l'Accordo di Washington. Come sono collegati questi aspetti?
In ultimo, sempre dal punto di vista della deterrenza, emerge la questione della cosiddetta difesa antimissile. Per poter sviluppare una partnership con la Russia, che è un elemento fondamentale per lo sviluppo della NATO in termini di proiezione di pace, abbiamo bisogno di un rapporto con tale Paese che riesca a trovare elementi davvero di concretezza. Sappiamo della richiesta russa di voler essere partecipi nella fase in cui si sta nella stanza dei bottoni, ma vorremmo sapere di più.
Quando parliamo di NATO, dobbiamo parlare innanzitutto di Unione europea. Noi pensiamo a una NATO fortemente
integrata, in cui il rapporto con l'Unione europea non solo esca dall'episodicità, ma rientri in una riflessione più generale, che consenta di ricollocare, nei termini da noi ritenuti necessari, la questione della difesa europea, che è strettamente collegata a ciò che faremo come Paese e a un cambio nel nostro modello di difesa.
Anche in quest'ambito vorremmo alcune idee e approfondimenti in più a livello di riflessione strategica.
Un'altra questione, non secondaria, che discende anche da queste domande di fondo sul rapporto tra NATO e Unione europea, sulla partnership con la Russia e con l'ONU, sul modo con cui ci si colloca nella proiezione esterna, riguarda cosa comporti tutto ciò in termini di cambio di modello dell'organizzazione NATO.
Abbiamo sentito parlare di risparmi. Cosa comporta tutto ciò in termini di rapporto tra la difesa europea e la NATO? Pensiamo, ad esempio, all'integrazione dei comandi e a tutto ciò che vi è connesso.
GIANNI VERNETTI. Ringrazio anch'io il Ministro Frattini e il Ministro La Russa per le loro riflessioni e per le relazioni svolte.
Mi concentrerei, però, su uno dei temi trattati, quelli dei nuovi partenariati, sul quale credo che sarebbe utile fornire alle Commissioni alcuni elementi in più.
Sono profondamente convinto, soprattutto nel quadro della nuova dottrina della sicurezza in Europa, ma anche dell'Europa, ricordata dal Ministro Frattini, che il tema dei partenariati svolgerà sempre più una funzione strategica.
In particolare, vorrei conoscere l'opinione del Governo italiano su alcuni di questi partenariati. Personalmente ritengo che il tema dell'Iran non potrà essere correttamente affrontato nei prossimi anni se non si consolideranno sostanzialmente due partenariati: uno fra la NATO - mi pare con l'iniziativa di Istanbul - e i Paesi del Golfo, la coalizione di Paesi arabi moderati che oggi vedono come obiettivo prioritario il contenimento dell'Iran, obiettivo che noi strategicamente condividiamo; l'altro fra la NATO e i Paesi del Mediterraneo, che vede insieme Israele e 6-7 Paesi arabi moderati. Mi sembrano due temi fondamentali anche fortemente interrelati al tema della difesa missilistica integrata.
Il Ministro Frattini ha fatto cenno anche al tema dei partenariati con Paesi più lontani. La menzione dell'India mi sembra particolarmente interessante.
Ho apprezzato molto sia la recentissima iniziativa del Governo americano, che ha puntato su un'alleanza strategica con l'India, non soltanto come partner economico, ma come grande democrazia. È evidente, infatti, che la NATO non è soltanto partnership militare e difesa di comuni interessi militari, ma anche partnership tra Paesi con valori comuni.
I rapporti con la Cina e con l'India non sono identici. Non si tratta solo di rapporti con due grandi potenze; essi sono inevitabilmente e naturalmente differenziati. Su questo tema mi interesserebbe ricevere alcune informazioni in più.
ANTONELLO CABRAS. Ringrazio anch'io i ministri per la loro relazione. Mi concentrerò sul tema del nuovo concetto strategico.
Come molti di noi sanno, si tratta di una discussione iniziata da molti anni, che aveva un obiettivo ambizioso, ma che - senza nulla togliere alla rilevanza del summit che sta per svolgersi - si è rivelata piuttosto limitata nei suoi contenuti innovativi. Questo, almeno, è il mio giudizio politico. Siamo in una sede nella quale dobbiamo esprimere giudizi politici prima di tutto.
Le ragioni sono le più diverse e il tentativo di introdurre le innovazioni senza modificare il Trattato originale sta rivelando tutti i suoi limiti e le sue contraddizioni.
Vorrei portare un esempio, su cui mi interesserebbe conoscere l'opinione del Ministro. Il tema è quello dei nuovi attacchi, sia terroristici, sia energetici, sia cibernetici, oggetto di un'approfondita discussione in molte sedi a livello tecnico. Tali attacchi rientrano sicuramente nei documenti del nuovo concetto strategico, ma chi legge il testo vede che la loro
presenza è richiamata solo come un problema rispetto al quale nel nuovo concetto non si propone alcuna soluzione, non perché alcune soluzioni non siano state evidenziate, ma perché evidentemente davanti a tali pericoli gli articoli 4 e 5 del Trattato fanno acqua. Non sono, cioè, più in grado di rispondere a un'esigenza proposta da temi di questa natura.
Penso che noi dobbiamo cogliere gli aspetti politici positivi che Lisbona ci propone, soprattutto una rafforzata partnership con la Russia, che mi sembra fondamentale e che ci fa uscire da una fase di difficoltà, anche se alcuni problemi ovviamente sono ancora presenti, come quello della Georgia, che persiste con tutte le sue difficoltà e che va evidentemente affrontato. Il clima che si respira con la Russia, tuttavia, è costruttivo e, quindi, giudico questo fatto positivamente.
Ciò premesso, reputo importante che si tenga presente che le nuove sfide non possono essere affrontate con efficacia se non si afferma la consapevolezza fra tutti i Paesi dell'Alleanza della necessità di ritoccare e modificare alcune parti del Trattato. Questo è un punto politico sul quale mi piacerebbe conoscere l'opinione dei ministri.
MARGHERITA BONIVER. Credo che tutti sappiano perfettamente che a Lisbona si parlerà del nuovo concetto strategico della NATO e, quindi, si parlerà prevalentemente di Afghanistan, tema sul quale il concetto stesso dell'esistenza della NATO è messo in discussione tutti i giorni.
Si parlerà anche, considerata la prevista partecipazione del presidente russo Medvedev, del coinvolgimento della Russia nel futuro della NATO.
Per quanto riguarda le relazioni dei ministri, che ringrazio moltissimo, credo che sia piuttosto raro poter arrivare a una riunione che ancora non si è tenuta con questo livello di informazione. Quella di Lisbona è una riunione cruciale, sulla quale penso che potremo svolgere ulteriori audizioni dopo che saranno finiti i relativi lavori.
In merito all'Afghanistan, credo che vada sottolineato con molta forza che c'è stato un deciso cambio di scenario.
Per quanto riguarda le date sono d'accordo col Ministro La Russa che non bisogna farne una questione cruciale, per ovvi motivi di sicurezza.
Vorrei anche sottolineare, però, che, mentre fino a pochissimo tempo fa nel concetto stesso di surge americano era incluso anche un inizio di ritiro a partire dal 2011, oggi possiamo notare che la questione della transizione è spostata fino al 2014, il che significa che, se non sarà riconfermato, potrebbe non essere il Presidente Obama, ma un altro presidente americano a gestire la fine di questa transizione.
Si tratta di un concetto di grande spessore, perché abbiamo visto - e il Ministro Frattini l'ha sottolineato con molta accuratezza - quanto sia perfettamente «ingabbiato» il processo sul territorio afgano.
Vorrei ricordare ai colleghi che soltanto nel 2010 ci sono stati diversi fondamentali appuntamenti per quanto riguarda la transizione sul terreno: in aprile si è votato per il Parlamento afgano, a giugno si è tenuta un'importantissima Loya Jirga di pace voluta da Karzai, in luglio la Conferenza a Kabul dei ministri degli affari esteri di tutti i Paesi partecipanti alle azioni militari sul territorio afgano, a ottobre la riunione AFPAK e a novembre si terrà questa della NATO.
Malgrado questo «ingabbiamento» e questa mappatura momento per momento, possiamo notare che in fondo l'obiettivo per l'Afghanistan è la ripetizione di una determinata storia avvenuta in Iraq. Vi partecipano gli stessi attori, cioè il Generale Petraeus, che adesso si sta occupando delle operazioni militari sul campo, e lo stesso funzionario formidabile dell'ONU, Staffan De Mistura, che prima stava in Iraq e che ora si sta occupando della transizione civile per quel Paese.
Tuttavia credo che sia molto importante dare risposte sempre più concrete a un'inquietudine dell'opinione pubblica, non soltanto italiana, che si fa sempre più
manifesta, considerato anche che l'anno prossimo gli anni di coinvolgimento militare sul territorio afgano saranno ben dieci, essendo iniziato l'intervento nel 2001.
Una domanda che vorrei porre al Ministro della difesa riguarda la parte finale delle sue comunicazioni, quando parlava dei criteri oggettivi di successo sul territorio e sul campo che dovrebbero essere la base per un futuro, anche se ancora lontano, ritiro definitivo dall'Afghanistan.
EMMA BONINO. Volevo solo aprire una finestra apparentemente collaterale, ma fondamentale. A me sembra, in buona sostanza, che dal concetto strategico emerga il problema del rischio di voler celebrare le nozze coi fichi secchi. Uno dei piccoli problemi è: «chi paga? » con riferimento a qualsiasi iniziativa.
Per esempio, ritengo accettabile il concetto strategico e penso che sotto la presidenza Albright gli esperti abbiano compiuto un buon lavoro. Tuttavia il problema è proprio di capire, di fronte a tagli drastici in tutta l'Europa, ma anche negli Stati Uniti, chi paga.
I Paesi europei, infatti, non spendono poco. Complessivamente spendiamo otto volte più della Cina e cinque più della Russia. Il problema è che spendono male, con duplicazioni e arretratezze, per non parlare dell'industria militare.
Dunque, il problema, a mio avviso, se non vogliamo rischiare di tenere un vertice surreale, come è stato definito da alcuni, è capire se esiste o se il Governo intenda assumere un'iniziativa europea - non dico da federalista, non vorrei che fosse considerata una parolaccia - per l'esercito unico europeo, o perlomeno un dato di coordinamento nell'industria militare. Altrimenti non ne veniamo fuori.
Volevo solo chiedere se, a parte i vertici bilaterali Francia-Inghilterra, Francia-Germania e via dicendo, non sia il caso di assumere un'iniziativa forte di coordinamento di difesa europea. Diversamente, penso che, come europei, continueremo a spendere forse sempre meno, ma complessivamente molto e con un'efficacia piuttosto ridotta.
LUIGI RAMPONI. Non credo di dover porre alcuna domanda. D'altra parte, in una situazione come questa, credo che la funzione del Parlamento sia quella di dare un indirizzo a chi deve andare a discutere e non quella di porre domande. Questa, in fin dei conti, è una Repubblica parlamentare e, quindi, penso che, nel rispetto del Parlamento, si debba cercare di fornire alcune indicazioni o suggerimenti e richiamare l'attenzione del Governo.
In questo contesto toccherò soltanto due punti, proprio perché ho poco tempo a disposizione.
Il primo è relativo al Mediterraneo. Ritengo che, in un rinnovamento del concetto strategico, l'impegno nazionale debba essere soprattutto portato all'identificazione della diversa gravitazione che la NATO deve avere in considerazione. Tale aspetto ancora non era chiaramente emerso a Washington.
Il Mediterraneo costituisce infatti, anche nel rispetto dell'articolo 5 del Trattato, l'area più delicata e sensibile di tutta la problematica dell'Alleanza, sia per ragioni di protezione delle vie per l'acquisizione delle risorse energetiche, sia per il discorso del terrorismo, sia per il discorso della non proliferazione nucleare, che sono gli argomenti nuovi emersi, al di là del tema della cyberwar giustamente prima richiamato, che rappresenta forse la vera autentica novità in termini di minaccia.
Ritengo, pertanto, che si debba spingere perché nel concetto strategico venga indicato precisamente questo orientamento della NATO; che si debba invitare a potenziare il dialogo Mediterraneo, ossia le due strutture che la NATO possiede e la Istanbul Cooperation Initiative (ICI); che si debba cercare di integrare ciò che esiste nella NATO, in termini di dialogo e di iniziative per il Mediterraneo, con ciò che abbiamo nell'Unione europea, a partire dal primo dei tre pilastri di Lisbona, quello della sicurezza, per arrivare all'ultima decisione francese dell'Euro-mediterraneo,
sponsorizzata da Sarkozy; infine, che si debba anche prendere in considerazione una sollecitazione che viene dall'APEM, ossia dall'Assemblea parlamentare euro-mediterranea.
È interesse dell'Italia che tutto ciò avvenga e che, una volta definite queste priorità, il nostro Paese giochi una parte da protagonista.
Infatti, nonostante le difficoltà e le ristrettezze economiche, nell'ambito del Mediterraneo, l'Italia, confrontata con le possibilità di tutti gli altri Paesi che si affacciano nell'area, fatta eccezione per la Francia, che però è piuttosto marginale, è l'elemento più forte e deve essere protagonista di una gravitazione della NATO nei confronti di tale area.
Il secondo punto è quello della Russia, che è stato già piuttosto ben delineato. È vero che la NATO nel suo concetto strategico rimane un'Alleanza difensiva, ma non può limitarsi a essere un'Alleanza difensiva che riguardi solo le due coste dell'Atlantico. Deve, invece, allungare il suo sguardo aprendo decisamente verso la Russia per potenziare se stessa e per recitare una parte veramente coerente col fatto che è l'unico strumento operativo valido a disposizione delle Nazioni Unite.
Se me lo consente, Ministro Frattini, il fatto di realizzare quasi una partnership della NATO con la Russia nell'ambito del Consiglio NATO-Russia, che già esiste, facilita la definizione di un arco di sicurezza che, prima di pensare all'India, alla Cina, al Brasile e al Messico - Paesi che giustamente vanno contattati - costituisce il vero ponte strategico per consolidare i già buoni rapporti esistenti con il Giappone, la Corea, l'Australia e la Nuova Zelanda.
GIAN PIERO SCANU. Per la parte costruens, per raccogliere l'invito del collega Ramponi che opportunamente ci sollecita ad avanzare proposte, in maniera generica mi verrebbe da osservare che quanto più l'Europa riesce a ragionare e a proporsi in maniera unitaria, tanto migliore sarà il rapporto che essa potrà declinare nei confronti della NATO.
Muovendo da questa prima prescrizione, si potrebbe arrivare anche a costruire di fatto un esercito europeo con grande limitazione e contenimento dei costi, tenuto conto del fatto che al riguardo abbiamo visto recentemente, tra la Francia e l'Inghilterra, condurre esperimenti interessanti.
Vorrei, però, porre anche una domanda. Secondo alcuni modi di interpretare la volontà dell'amministrazione americana, secondo alcune linee di pensiero, sembra che l'amministrazione Obama si stia ponendo il problema di come garantirsi un rapporto forte e stretto con l'Europa. E sembra che il discrimine di tale dilemma sia rappresentato dal mantenimento o meno in Europa delle armi nucleari.
La domanda è, dunque, la seguente: qual è la posizione del nostro Paese riguardo il mantenimento delle armi nucleari in Europa, tenuto conto del fatto che in diversi Paesi sono considerate obsolete e, quindi, tatticamente e operativamente inutili, e, sotto il punto di vista della considerazione e dell'osservazione politica, un ostacolo al miglioramento delle iniziative diplomatiche per il contenimento della proliferazione nucleare? Che cosa riferirete in merito a questo specifico problema?
LUCIANO ROSSI. Mi associo alla diffusa convinzione che la presenza dei nostri ministri sia stata di straordinaria importanza per noi tutti.
Trovo molto coraggiosi e ricchi di contenuti entrambi gli interventi sugli allargamenti e sulle nuove partnership, che anche altri colleghi hanno sollecitato e condivido pienamente la posizione che il mio Capogruppo Cicu ha voluto rappresentare.
Voglio, però, evidenziare quanto sia stato compiuto in questo poco tempo. Qualcuno ha voluto ricordare - il Ministro Frattini l'ha fatto con un passaggio molto rapido e forse soft per non essere invadente, come nel suo stile - il successo che ha riscontrato la Conferenza di Roma sull'Afghanistan.
Le due relazioni sono imperniate su quel tema, in cui peraltro siamo esposti in maniera convinta e coraggiosa, e il Ministro La Russa ha bene operato sia sull'attenzione, sia sulla protezione e sul rafforzamento della nostra presenza in Afghanistan.
Probabilmente, però, merita maggiore attenzione il coinvolgimento e la presenza, nella Conferenza italiana, che premia la politica estera del nostro Paese, dell'Iran, che di fatto ha partecipato a questo consesso. La considero un'apertura importante nel percorso convinto di apertura di nuove partnership che anche altri hanno voluto evidenziare.
Concludo sottolineando che sul Mediterraneo siamo protagonisti da millenni e penso che dovremmo tornare a svolgere un ruolo da leader in tale area.
GIANPAOLO DOZZO. Vorrei ringraziare i signori ministri per la loro chiara esposizione e porre una semplice domanda che trae spunto dal fatto che il segretario generale della NATO ha delineato i nuovi ruoli fondamentali dell'organizzazione stessa.
Oltre alla questione della difesa collettiva e del potenziamento della capacità militare come strumento di deterrenza, volevo chiedere che cosa si intenda, in riferimento a questo concetto di «nuova» NATO, con l'espressione «lo sviluppo della NATO come strumento di consultazione politica».
In questo momento mi trovo in una posizione di disagio: assistiamo alla costituente diplomazia a livello europeo e non vorrei che questo nuovo strumento di consultazione politica da parte della NATO si frapponesse agli strumenti già necessari della diplomazia per quanto riguarda la politica in generale.
Non vorrei, prendendo spunto anche dalla tesi della collega Bonino, che la limitatezza delle risorse da destinare alla capacità di intervento ponesse la NATO su un versante più politico che operativo, mettendo la questione operativa, in futuro, sempre più in secondo piano e la questione politica in primo piano.
Mi scusi, signor Ministro, ma, come prima dicevo, questo punto mette noi della Lega in una posizione un po' critica. Non vorremmo, considerata anche la catena di comando esistente e futura, un'interazione maggiore per quanto riguarda la consultazione politica.
AUGUSTO DI STANISLAO. Ringrazio i ministri, ma ritengo che la rappresentazione che ci hanno fornito non sia diversa da quella che è stata già presentata mesi fa in Aula. Si tratta di una rappresentazione carente sia di indirizzi sia di impegni assunti dal nostro Governo rispetto alle iniziative da attuare.
Il minimo che ci si aspetta, in un'occasione come questa, è che un Governo serio si assuma concretamente alcune responsabilità e dichiari di recarsi al vertice di Lisbona con determinate scelte e indirizzi, coinvolgendo tutti per un fatto di responsabilità nazionale, pur restando ferma la distinzione di ruolo tra chi governa e chi fa opposizione.
L'Afghanistan rappresenta la cartina di tornasole del concetto strategico della NATO e del modello di difesa europeo. Rispetto a questo tema come ci si comporta? Chiedo al Ministro La Russa se è mai possibile che dobbiamo sempre abbassare il capo ogni volta qualcuno ci chieda di compiere un intervento, senza peraltro domandarci la nostra opinione?
Ultimamente gli Stati Uniti, con la signora Hillary Clinton, ci hanno chiesto mille uomini. Subito l'Italia li ha forniti, senza che ci fosse chiesto che cosa volessimo metterci di nostro.
Nell'azione di peacekeeping, che si è smarrita lungo il percorso, il Ministro non si è fatto valere per nulla, non ha battuto i pugni sul tavolo rimarcando la forte caratterizzazione del nostro intervento. Insiste, invece, nel sostenere che la presenza nostra sarà e rimarrà ancora tale.
Se questo è vero, la sua contraddizione in termini è palese. Infatti, se abbiamo il compito di addestrare, perché mai dobbiamo restare ancora con moltissimi uomini sul posto?
È evidente che su tali aspetti non vi è chiarezza di intenti tra i diversi ministri. Stiamo parlando di uomini, di mezzi, ma anche della dignità di un'intera nazione che vuol farsi rispettare.
Vi sono situazioni che ho avuto modo di valutare recandomi a Herat. Herat è una polveriera e non è vero che tale area si possa riconsegnare dall'oggi al domani.
Bisogna intervenire in maniera completa e complessiva avendo un'idea chiara di che cosa si vuole fare, come Italia, in quel contesto, compatibilmente al mandato e agli impegni di peacekeeping assunti nel rispetto della nostra Costituzione. Non possiamo e non dobbiamo fare altro se non rimanere dentro tale mission.
Per questo motivo le chiedo, signor Ministro, se ce ne sarà modo, prima che termini questa legislatura, e se avrà la bontà di farlo, di rispondere alle mie interrogazioni sulle azioni di peacekeeping e a tutte le mie altre iniziative di sindacato ispettivo.
PRESIDENTE. Prima di passare la parola ai ministri per la replica, vorrei intervenire per sottolineare che, a mio avviso, il nuovo concetto strategico della NATO rappresenta un successo della diplomazia italiana; per questo Governo e per quello che ci ha preceduto.
Per questo Governo, ricordo che il coinvolgimento strategico della Russia rappresenta un fatto per nulla pacifico nell'Unione europea e nemmeno per l'alleato statunitense. Lo spirito di Pratica di Mare, invece, ritorna fortemente.
Per il Governo che ci ha preceduto e che noi condividiamo è passato il concetto che la NATO non può essere un gendarme mondiale, che il comprehensive approach deve essere quello giusto per affrontare i problemi internazionali, che bisogna internazionalizzare la prevenzione dei conflitti, coinvolgendo in maniera centrale l'ONU e le organizzazioni regionali e far sì che la NATO e l'Unione europea aumentino la loro integrazione.
Il nuovo concetto rappresenta, dunque, un successo costante della politica internazionale dei governi italiani negli ultimi cinque anni e, quindi, dell'intero Paese.
Per quanto riguarda l'Afghanistan, vorrei ricordare a tutti che un eventuale insuccesso della NATO e, quindi, dell'ONU getterebbe ombre sul futuro stesso della NATO, ma soprattutto delle sue strategie, e quindi sulla possibilità di assegnare all'ONU un ruolo centrale. Penso, pertanto, che il Governo faccia bene a porre come vicenda centrale l'Afghanistan nel futuro dell'azione politica della NATO.
Do ora la parola al Ministro Frattini per la replica.
FRANCO FRATTINI, Ministro degli affari esteri. Alcuni interventi dei colleghi dell'opposizione rendono indispensabile chiarire meglio alcuni punti, che evidentemente non avevo chiarito a sufficienza, ritenendo di aver parlato di tutti i temi che sono stato ricordati, dalla difesa missilistica al disarmo, alla collaborazione tra NATO e Unione europea. È bene, però, ripetere in modo più preciso.
Per quanto riguarda il ruolo dell'Italia, credo che tutti i colleghi di maggioranza e di opposizione siano consapevoli, e spero che se ne rallegrino, che alla NATO l'Italia ha sicuramente un peso, in termini di risorse umane, maggiore rispetto al contributo che essa rappresenta nell'Alleanza.
Un nostro connazionale è il numero due della NATO da quindici anni, ed è stato recentemente prorogato, malgrado la scadenza dell'ennesimo rinnovo, fino al luglio 2012, per il valore che questo bravissimo ambasciatore rappresenta.
Anche il capo del Comitato militare della NATO è un eccellente militare italiano e un ambasciatore italiano è stato membro del ristrettissimo gruppo di esperti, guidato dalla signora Galbraith, che ha definito il concetto strategico di difesa.
L'Italia è stata, quindi, protagonista assoluta nella definizione delle linee del concetto strategico di difesa. È bene ricordarlo a tutti.
Siamo stati sempre protagonisti su alcune iniziative, come il presidente ha ricordato. L'avvicinamento alla Russia dopo la crisi georgiana è stato determinato
essenzialmente da un'azione italiana e tedesca.
Ricorderete quando la NATO voleva votare un documento di scioglimento del Consiglio NATO-Russia. L'Italia da sola, prima con la Germania e poi con la Francia, ha condotto un negoziato diplomatico per arrivare al risultato di oggi, cioè al vertice col presidente della Federazione Russa.
È un merito dell'Italia, quando gli Stati Uniti erano più che riluttanti. Gli ultimi mesi dell'amministrazione Bush sono stati mesi di chiusura assoluta, una chiusura che noi contrastammo con amicizia e con lealtà verso l'alleato americano.
Siamo stati da sempre a favore di una collaborazione NATO-Unione europea. Presidente Bonino, lei sa che l'Italia, attraverso la mia persona, ha rilasciato interviste pubbliche in giornali europei affermando che occorre l'esercito europeo. Siamo in primissima linea su questo tema.
È chiaro che, se Francia e Gran Bretagna realizzano un'intesa bilaterale che riporta a una riflessione che noi pensavamo di avere lasciato indietro alcuni decenni fa, pensando a un'intesa tra due grandi potenze nazionali, dobbiamo ovviamente reagire. L'ho fatto, ancora una volta, con alcune proposte.
Abbiamo chiesto al Presidente Berlusconi di riattivare con il Regno Unito il vertice bilaterale difesa-esteri che tenemmo col Ministro La Russa a Londra a luglio e che terremo di nuovo nel prossimo futuro in Italia.
Ovviamente con Germania e Francia abbiamo già avviato alcune iniziative bilaterali, tra cui una Brigata alpina italo-francese e un'iniziativa italo-tedesca, ma quello che occorre è un'azione europea. Siamo assolutamente convinti che sia indispensabile.
Si pone poi il problema strategico dei partenariati, che l'onorevole Vernetti ha ricordato. Voglio riferire, con una certa soddisfazione, che il documento sui partenariati si deve a un testo italiano, norvegese, tedesco, romeno e spagnolo. I rappresentanti di questi cinque Paesi hanno presentato il documento base a cui la NATO guarderà per adottare il documento strategico sui nuovi partenariati. In esso, naturalmente si parlerà di Cina e India, che prima non erano mai menzionate, ma ovviamente anche di Paesi nuovi, come il Brasile o il Messico.
Qual è l'importanza dei partenariati, che ha ricordato l'onorevole Vernetti? In primo luogo occorre mantenere i partenariati esistenti, consolidandoli e rafforzandoli.
Vedrò alcuni colleghi nei Paesi del Golfo nelle prossime settimane e ho incontrato il collega turco, che, come sapete, è un attore NATO estremamente importante nel partenariato Mediterraneo della NATO. Questi due partenariati vanno, dunque, consolidati.
Vanno poi aperti nuovi partenariati strategici, ma con una caratteristica, quella di preservare l'acquis di quelli attualmente formati. Non vogliamo attivare iniziative diverse.
Vi sono Paesi che noi chiamiamo di contatto. Tali Paesi forniscono 4.500 uomini all'ISAF senza essere membri della NATO. Questi partenariati sono, quindi, indispensabili, perché non possiamo chiedere 4.500 uomini e poi non innescare un contributo positivo.
In merito al rapporto tra NATO e Nazioni unite, una riflessione molto importante è che la Russia ha introdotto un argomento molto forte su come rafforzare il partenariato tra Nazioni unite e NATO proprio sul ragionamento che la Carta dell'ONU possa essere considerata come il primo riferimento strategico in caso di uso della forza.
Si tratta di una richiesta che la Federazione Russa ha presentato per introdurre un partenariato forte e un concetto di uso della forza mutuabile dalla Carta dell'ONU, in modo tale che il partenariato dell'ONU con la NATO assuma un significato sostanziale e non semplicemente di enunciazione formale.
Alcuni colleghi hanno chiesto quale sia la posizione italiana sul disarmo e sulla difesa missilistica. La posizione italiana è assolutamente chiara. Abbiamo parlato più volte del disarmo e dello smantellamento
graduale, concordato e progressivo degli armamenti nucleari e degli arsenali tattici che ci sono in Europa, a due condizioni: la prima è che sia una decisione comune della NATO e non l'iniziativa di uno o più gruppi di Paesi che annunciano questa operazione come se si potesse unilateralmente smantellare in questo o quel Paese; la seconda è che l'azione sia graduale.
Il terzo elemento fondamentale, che non deve sfuggire a questo dibattito, è che anche il disarmo e lo smantellamento graduale vanno effettuati in collaborazione con la Russia. Non possiamo pensare di rinunciare unilateralmente alla deterrenza, che è ancora un pilastro, se la Russia non rinuncia a sua volta gradualmente alla sua capacità di deterrenza, con il suo arsenale, che, come sapete, non è indifferente.
Proprio per questo motivo ho affermato nella mia introduzione che dobbiamo coinvolgere la Russia, sia nel dialogo sul disarmo, e quindi sull'equilibrio tra disarmo e deterrenza, sia sulla strategia di difesa missilistica.
La difesa missilistica non è in alternativa alla deterrenza, in quanto esse servono a scopi diversi: la difesa missilistica è rivolta contro le nuove minacce, statali o forse ad attori non statali, la deterrenza serve a consolidare l'arco mondiale di stabilità che va da Vancouver a Vladivostok, come ha ricordato il senatore Ramponi e come, prima di lui, aveva asserito due anni fa il Presidente Medvedev quando ci fece la proposta di costituire insieme un asse Europa, Stati Uniti e NATO. Tale proposta ci è sembrata interessante e importante perché non limitata al dibattito strategico.
Questo arco globale di sicurezza richiede la deterrenza, ma anche la difesa missilistica. Sull'uno e sull'altro fronte - spero di essere stato esplicito - noi abbiamo le idee chiarissime: non si può realizzare uno smantellamento unilaterale, ma si devono coinvolgere tutti gli attori che hanno interesse a partecipare con noi, tra cui la Russia, perché non sarà la minaccia né sarà minacciata, e certamente Paesi come l'India o Paesi importanti come quelli dell'America Latina, perché hanno bisogno di compartecipare con noi all'allargamento di questo quadro strategico di sicurezza.
Queste sono alcune rapide idee. L'osservazione della Presidente Bonino su chi paga è pertinente. Stiamo cercando di ottimizzare le risorse.
Una delle ragioni per cui il Presidente Obama ha finora dimostrato serietà e fermezza nel chiedere all'Europa e al sistema europeo di dotarsi di maggiore capacità di difesa e di prevenzione, cioè di diventare produttori e non solo consumatori di sicurezza a spese americane, è rappresentata dal fatto che noi moltiplichiamo le iniziative e le organizzazioni militari, anziché ottimizzarle verso un esercito europeo. Quanto più metteremo in comune, per esempio, gli arsenali missilistici, tanto più riusciremo a risparmiare.
Vi porto solo un esempio in cifre. Realizzare il sistema di difesa missilistica di copertura completa dell'intero territorio europeo costerà 200 milioni di dollari in tutto, spalmati in nove anni, per l'intera NATO. Comprendete, dunque, che, se riusciremo a ottimizzare questo sistema, lo faremo con un costo davvero limitatissimo e otterremo una copertura di difesa missilistica intera e comprensiva di tutto il territorio europeo.
Un'ultima riflessione la rivolgo all'onorevole Dozzo. Noi dobbiamo parlare di dialogo politico della NATO per una ragione specifica: il dialogo politico della NATO è quello che serve a non trasformare le azioni NATO in azioni fuori teatro e di guerra, ma a far sì che siano azioni di stabilità.
Se la NATO non avesse la capacità di essere attore politico, avrebbero ragione coloro che parlano di azioni di guerra, quando la NATO, invece, si pone l'obiettivo di creare stabilità, sviluppo e consolidamento istituzionale.
Questa è la ragione del dialogo politico. Non vogliamo scavalcare le logiche tradizionali delle sovranità nazionali. Se non abbiamo un dialogo politico con il Pakistan
o con l'Iran su questa materia, francamente è difficile che riusciamo a stabilizzare la regione Afghanistan-Pakistan.
PRESIDENTE. Grazie, Ministro Frattini. So che si deve allontanare e la ringrazio molto della sua presenza.
Do la parola al Ministro della difesa, Ignazio La Russa.
IGNAZIO LA RUSSA, Ministro della difesa. So che alle ore 16 dovrete raggiungere l'emiciclo per le votazioni, ragion per cui sarò estremamente sintetico, anche perché mi sembra che il Ministro Frattini abbia esaurito quasi completamente i quesiti che erano stati posti.
Voglio non sottovalutare un'osservazione mossa dal collega Cabras, relativa alla difficoltà che si incontra per non aver modificato la Carta della NATO.
Credo che sia un'osservazione seria e intelligente, ma, nello stesso tempo, rilevo che, se abbiamo difficoltà già in questo modo, non di meno avremmo incontrato lungaggini, dibattiti approfonditi e magari seri, ma certamente di non minore complessità, per modificare la Carta della NATO.
Nei fatti, però, passare dalla garanzia dell'articolo 5 allo sviluppo della sicurezza cooperativa anche in campi che non erano neanche prevedibili quando la Carta della NATO è stata emanata mi sembra, nella carta materiale se non in quella formale, uno sviluppo che sta avvenendo.
Rispondo a una sola considerazione, che mi sembra l'obiezione più discutibile, condividendo invece moltissimi interventi che ho ascoltato.
Assicuro a tutti che il ruolo dell'Italia anche nell'elaborazione della strategia è molto più pregnante di quanto possa apparire. Non parlo perché qualcuno ne denuncia la mancanza per mera strumentalità politica o polemica, ma perché può esistere lecitamente questo convincimento.
Per quanto riguarda l'aspetto che mi preme, quello militare, voglio ricordare a noi stessi con un po' di orgoglio, perché appartiene anche all'opera dei ministri precedenti, che l'Italia ha sempre propugnato un'iniziativa molto simile all'approccio complessivo cui stiamo arrivando. Non c'è miglior modo di intervenire in un dibattito che darne l'esempio.
Non solo abbiamo espresso queste considerazioni nei tavoli in cui, come è stato ricordato, siamo molto ben rappresentati, ma lo abbiamo fatto sul terreno, sul territorio, cercando di mettere in pratica la maggiore vicinanza possibile tra la presenza militare e quella di ricostruzione civile.
Qualcuno ha domandato - chiedo scusa, ma non posso proprio fare a meno di rispondere a una polemica che mi è sembrata non di altissimo livello - perché non mettiamo a disposizione solo gli addestratori. Se mettessimo a disposizione solo gli addestratori e nessuno li proteggesse, ce li ammazzerebbero, insieme a quelli che da loro devono essere addestrati.
La presenza militare è indispensabile in quelle zone per qualunque altra prospettiva si voglia immaginare. Solo chi non conosce il meccanismo reale può supporre che le due questioni non siano interdipendenti.
Per quanto attiene alle risorse necessarie - la domanda era giusta - obiettivamente è un periodo in cui le risorse sono gravose, ma è anche vero che comunque la NATO sta procedendo in una direzione di restringimento e non di aumento delle risorse necessarie.
È corretta, quindi, l'osservazione, ma è chiaro che non si può immaginare di cancellare risorse da un giorno all'altro. È stato, però, posto un freno a una crescita esponenziale e, anzi, si è avviata un'inversione.
Concludo affermando che mi dispiace che l'onorevole Mogherini Rebesani abbia ritenuto superflua o fuori tempo, fuori luogo o fuori tema la mia illustrazione che riguardava l'Afghanistan. In realtà, non c'è argomento di cui si tratti in sede NATO che non abbia immediatamente riflessi nell'unico vero banco di prova, politico prima ancora che militare, della NATO, che è l'Afghanistan. Tutto ciò che viene dibattuto e discusso ormai almeno da un
paio d'anni, ma credo di più, è immediatamente pensato e riferito a che tipo di conseguenze produca in Afghanistan.
La NATO ha oggi il chiaro convincimento che il suo destino, al di là delle specifiche ragioni che ci hanno portato in Afghanistan, si giochi, in termini di credibilità, di efficienza, di capacità e di sviluppo, in relazione a ciò che decide di compiere e che produrrà sul teatro afgano. Per questo motivo mi sembrava doveroso nei vostri confronti parlare anche di questo tema.
A proposito di un tema completamente estraneo, invece, approfitto dell'occasione per comunicare che è arrivato praticamente a compimento il percorso, a suo tempo illustrato, di Difesa SpA. È stata nel frattempo firmato anche dal Ministro dell'economia e delle finanze lo Statuto, che è di imminente avvio.
PRESIDENTE. Grazie, signor Ministro. Dichiaro concluse le comunicazioni del Governo.
La seduta termina alle 15,55.