Sulla pubblicità dei lavori:
Stefano Stefani, Presidente ... 3
Comunicazioni del Governo sul Consiglio europeo del 18 e 19 giugno 2008:
Stefano Stefani, Presidente ... 3 6 13 18
Antonione Roberto (PdL) ... 7
Boniver Margherita (PdL) ... 9
Cabras Antonello (PD) ... 7
Frattini Franco, Ministro degli affari esteri ... 14
Gozi Sandro (PD) ... 10
Livi Bacci Massimo (PD) ... 8
Marinaro Francesca Maria (PD) ... 11
Mecacci Matteo (PD) ... 11
Perduca Marco (PD) ... 13
Santini Giacomo (PdL) ... 6
Zamparutti Elisabetta (PD) ... 13
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: (Misto-RRP).
Resoconto stenografico
AUDIZIONE
La seduta comincia alle 14,50.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca comunicazioni del Governo sul Consiglio europeo del 18 e 19 giugno 2009, ai sensi dell'articolo 3, comma 5, della legge n. 11 del 4 febbraio 2005.
Saluto i colleghi, il vicepresidente della XIV Commissione e ringrazio il Ministro Frattini per la disponibilità. Ringrazio anche i presenti perché, nonostante i lavori dell'Aula si siano conclusi da cinque minuti, sono qui puntuali.
Do la parola al Ministro degli affari esteri, Franco Frattini.
FRANCO FRATTINI, Ministro degli affari esteri. Grazie, presidente Stefani. Domani e dopodomani, come sapete, il Consiglio europeo affronterà alcuni temi di grande importanza che sono stati trattati nella riunione dei Ministri degli esteri tenutasi in Lussemburgo lunedì scorso.
Abbiamo quattro grandi aree tematiche: le questioni istituzionali, la crisi economico-finanziaria, la lotta ai cambiamenti climatici e l'immigrazione. L'idea è che, inoltre, il Consiglio europeo adotti una dichiarazione su Pakistan e Afghanistan.
Sugli aspetti istituzionali, come sapete, dobbiamo definire quelle garanzie per l'Irlanda che sono una delle precondizioni promesse già a dicembre affinché il Paese possa rispondere alle preoccupazioni espresse nel primo referendum e andare al secondo nel prossimo autunno (quando diciamo prossimo autunno intendiamo prima del 30 ottobre, cioè prima della scadenza dell'attuale Commissione).
Domani vedremo il testo di queste garanzie istituzionali che riguarderanno, come sapete, alcuni temi fondamentali: il diritto di famiglia, l'istruzione, la non modificabilità delle norme sulla fiscalità - ossia che non vi debba essere una possibilità, con il Trattato di Lisbona, di modificare la normativa fiscale dell'Unione, sebbene in realtà questo non sia previsto nel Trattato, ma è una rassicurazione in più -, una riaffermazione delle competenze nazionali su sicurezza e difesa per ribadire la neutralità irlandese e una dichiarazione sull'importanza delle politiche sociali dei servizi pubblici.
Vi dovrebbe essere certamente una dichiarazione - unilaterale questa volta - dell'Irlanda sulla partecipazione di Dublino alle attività PESC e PESD e i limiti di questa partecipazione che lo strumento di ratifica irlandese, dopo il referendum di settembre o di ottobre, porterebbe in allegato. C'è un punto molto chiaro che l'Italia ha sottolineato. Io ho chiarito che queste dichiarazioni non debbono assumere la forma di un protocollo: se assumessero la forma di un protocollo si andrebbe a uno strumento da ratificare a
27 e questo segnerebbe probabilmente la fine del percorso del Trattato di Lisbona. Il protocollo, infatti, sia pure in allegato, sarebbe uno strumento con efficacia normativa europea, quindi bisognoso di ratifica a 27. Questo provocherebbe in qualche Paese il referendum sul protocollo e certamente il percorso si bloccherebbe.
L'Irlanda deve essere certa che, malgrado non si adotti un protocollo, la dichiarazione politica del Consiglio europeo è abbastanza impegnativa da garantire la rassicurazione degli elettori irlandesi. Questo è il punto. Non serve addirittura un protocollo: ad avviso dell'Italia, è sufficiente l'adozione di un atto politico del Consiglio europeo perché quelle garanzie si ritengano date senza timore di tornare indietro.
Come sapete, l'idea che se vi fosse un protocollo si aprirebbe di nuovo un circolo vizioso è condivisa da una larga maggioranza di Paesi. Alcuni, come il Regno Unito, sono preoccupati delle prospettive che si aprirebbero qualora si insistesse, da parte irlandese, nel condizionare l'accettazione all'adozione di un protocollo.
Avremo, inoltre, una discussione importante sulla crisi economico-finanziaria e sociale. Faremo il punto sulle misure adottate dagli Stati membri. Abbiamo svolto una ricognizione e possiamo dire che lo sforzo complessivo degli Stati membri per il 2009-2010 sarà pari a 1,8 per cento del PIL, quindi una somma molto elevata (200 miliardi di euro). Se aggiungiamo gli stabilizzatori automatici che nei Paesi membri sono stati già decisi - cassa integrazione, indennità di disoccupazione o simili - la cifra dello sforzo intergovernativo è del 5 per cento del PIL, quindi arriviamo a 650 miliardi di euro come impegno già adottato.
L'altro punto su cui ci soffermeremo è il meccanismo della riforma della regolamentazione. Questo, però, dovrebbe portare a un'affermazione di principio, ossia che il patto di stabilità resta la cornice di riferimento per le politiche economiche dei Paesi membri. A proposito del patto di stabilità, noi avremo come importante punto politico quello di stabilire sin d'ora la necessità di un percorso di rientro del debito pubblico nei Paesi membri che hanno, in alcuni casi, largamente sfondato il patto di stabilità.
Gli inglesi la chiamano exit strategy, ma a mio avviso è qualcosa di più. Noi concordiamo pienamente con questa impostazione: patto di stabilità e regole di concorrenza sono i due princìpi dai quali non possiamo retrocedere, malgrado ci sia la crisi.
Un elemento che vorrei sottolineare è che il Consiglio europeo trasmetterà, nonostante le cautele del caso, un messaggio tutto improntato all'ottimismo e alla necessità di guardare al futuro. Il nostro messaggio richiamerà la necessità di guardare al periodo post-crisi, anche se siamo in una fase ancora molto delicata e molto fragile. Dobbiamo farlo per consolidare l'ottimismo nei consumatori, nei mercati e nel sistema delle imprese. Questo sarà il messaggio, che accompagneremo con alcune proposte sull'architettura finanziaria europea.
Pensiamo di adottare, sulla base dei lavori del «gruppo de Larosière», un sistema europeo di vigilanza finanziaria. Tale sistema, in pratica, porterebbe alla formazione di un board europeo per il rischio sistemico e alla trasformazione dei tre attuali comitati europei - uno per i valori mobiliari, uno per i mercati bancari e uno per quelli assicurativi - in tre autorità europee per la supervisione finanziaria.
La nuova architettura finanziaria europea, dunque, si comporrebbe di un Consiglio europeo per il rischio sistemico, che conterrebbe tutti gli attori rilevanti per valutare preventivamente il rischio che una nuova crisi possa intervenire, e tre organismi con il rango di autorità europea per i tre settori, ossia valori mobiliari, settore bancario e settore assicurativo.
Noi siamo tra i principali sostenitori di queste proposte. Saremmo stati pronti ad accettare anche una proposta più ambiziosa, ovvero la creazione di un'autorità di vigilanza unica a livello europeo, direttamente competente per tutti per gli atti di tipo transfrontaliero, ma accettiamo anche
questo, a condizione che il nuovo sistema possa funzionare nel 2010. Ho posto una necessità di certezza sui tempi di questa architettura finanziaria per non lasciare una prospettiva indeterminata.
Abbiamo poi una serie di proposte relative al settore dell'occupazione. La più importante, che noi abbiamo sostenuto, è quella di anticipare i pagamenti del Fondo sociale europeo agli Stati membri per un ammontare di 19 miliardi di euro per il biennio. Contemporaneamente, chiediamo la temporanea sospensione dell'obbligo di cofinanziamento nazionale. Gli Stati europei, quindi, e in particolare i nuovi Stati membri, riceverebbero tutti i pagamenti anticipati del Fondo sociale europeo senza l'obbligo di aggiungere la quota nazionale di cofinanziamento. Vi sarebbero quindi ingenti risorse ulteriori per i due settori principali della formazione e riqualificazione del personale e del sostegno ai redditi.
Questi due settori trovano un ampio consenso e il sostegno dell'Italia, con la sola preoccupazione di qualche Paese per l'impatto sugli anni successivi della prevista anticipazione. Vi sarebbero infatti scaricamenti in avanti di queste quote annuali.
Ricorderemo al Consiglio europeo come l'Italia abbia portato per la prima volta all'attenzione del G8 e intenda portare a quella del G20 un sistema di norme globali per fare fronte alla crisi e impedire il suo ripetersi. Questo è un contributo che a Lecce i Ministri dell'economia del G8 hanno particolarmente apprezzato e sul quale si continua a lavorare in vista del G8 de L'Aquila, dove il Presidente del Consiglio presenterà il documento, chiamiamolo decalogo o come volete, articolato in un certo numero di punti già presentati ai Ministri dell'economia a Lecce come contributo del G8 per la riforma delle regole globali, quello che abbiamo chiamato un global standard dedicato alla governance economica.
Il terzo pilastro di questo Consiglio è rappresentato dai cambiamenti climatici. Confermiamo la nostra adesione alle misure già adottate a dicembre, che deve essere confermato con i criteri del cosiddetto burden sharing per condividere gli oneri di questo pacchetto clima, di cui il Presidente del Consiglio ha parlato con il Presidente Obama tra gli altri temi di discussione a Washington.
Sosterremo il pacchetto europeo affermando che i criteri dell'assunzione degli oneri da parte degli Stati membri devono dipendere da due fattori: la capacità di spesa per ciascun Paese e il contributo di ciascun Paese all'effetto inquinante, cioè alle emissioni. Alcuni Paesi preferirebbero solamente il primo criterio, cosa che ci sembra inaccettabile, laddove chi inquina maggiormente deve pagare di più. L'altro criterio è la capacità di pagamento, ovvero la ricchezza proporzionale di ciascun Paese, ma il primo caposaldo deve essere che chi più inquina più debba pagare proporzionalmente.
Sulla base di questi due criteri, noi contiamo di portare al G8 il pacchetto europeo come il contributo esemplare, su cui chiedere agli altri grandi emettitori di CO2 (Stati Uniti, Cina, India e Brasile) di raggiungere un accordo. Il Presidente Obama ha confermato la sua volontà di impegnarsi per la ricerca di un accordo, anche se riteniamo che non possano esservi decisioni unilaterali o regionali in un settore che è tipicamente globale. Non si può infatti affrontare il tema del cambiamento climatico, se grandi attori come Cina e India non partecipano con noi all'accordo o, peggio, si chiamano fuori. Lo sforzo quindi è globale e l'Europa dà il buon esempio in vista della conferenza di Copenhagen sul clima, che si aprirà a dicembre. Su questo noi andiamo avanti.
Il quarto e ultimo capitolo è costituito dall'immigrazione. A richiesta italiana, è stato inserito un paragrafo di conclusioni, che secondo l'Italia deve essere rinforzato, perché non è sufficiente riaffermare il Patto europeo sull'immigrazione, dal momento che in questi mesi tale Patto è stato sostanzialmente disatteso sulla ripartizione degli oneri e sul criterio di resettlement relativo ai richiedenti asilo. Nel Patto europeo, infatti, è inserito il principio del resettlement, secondo cui non tutti
i richiedenti asilo che arrivano in un primo Paese di destinazione devono rimanere in quel Paese, ma in una logica di solidarietà europea deve accettarsi una redistribuzione anche del carico. Questo problema è posto da Malta, dall'Italia, da Cipro, dalla Grecia ed è fortemente condiviso da tutti i Paesi mediterranei ma anche da Paesi nordici che applicano il resettlement sulla base della buona volontà e che, come l'Olanda, non possono accettare di essere gli unici a farlo con volontario spirito di collaborazione.
Chiediamo quindi più efficaci regole di burden sharinged, ed una più consistente ripartizione degli oneri economici. FRONTEX deve fare di più per i pattugliamenti congiunti e per i rimpatri secondo gli standard europei. Abbiamo chiesto di considerare regole per la richiesta dello status di rifugiato nei Paesi di transito e nei Paesi di origine, avendo la disponibilità dell'Alto Commissariato dell'ONU per i rifugiati, a condizione che i Paesi di transito come la Libia, Paese con cui abbiamo parlato, riconoscano le credenziali internazionali all'ufficio dell'ONU per l'Alto commissario dei rifugiati già esistente a Tripoli.
Abbiamo chiesto infine che gli accordi di riammissione europei vengano moltiplicati. Oggi sono pochi e manca un accordo Europa-Libia, che si sta negoziando. Chiediamo che entro la fine di ottobre venga definito tale accordo, in merito al quale oltre un anno fa un documento di impegno è stato firmato dalla signora Ferrero-Waldner, Commissario europeo per le relazioni esterne. I negoziati sono in corso e crediamo che la Libia sia da considerare un attore per l'Europa. Anche se alcuni Paesi europei, tra cui l'Italia, hanno accordi bilaterali, infatti, resto dell'idea che l'accordo europeo sia la strada migliore. Questo vale anche per il Marocco e per Paesi di origine dei flussi migratori quali i Paesi dell'Africa sub-sahariana.
Queste tre proposte si concretizzerebbero in un piano d'azione che l'Italia propone sia politicamente adottato dal Consiglio e che la Commissione debba mettere in attuazione entro il prossimo mese di ottobre. Da ottobre in poi, queste proposte confluirebbero nella cosiddetta «strategia di Stoccolma», che è il piano quinquennale su giustizia e sicurezza che scade a fine ottobre e che si rinnova, per il periodo 2009-2014, sotto la presidenza svedese. La strategia di Stoccolma rimpiazzerebbe, quindi, la strategia de L'Aja adottata, non a caso, sotto la presidenza olandese.
Tutto ciò significa che l'immigrazione deve essere una materia permanentemente all'attenzione del Consiglio dei Ministri degli esteri, non soltanto dei Ministri degli interni, che ne sviluppano le questioni tecniche.
Questa proposta italiana è condivisa largamente non solo dai Paesi mediterranei, ma anche dai Paesi dell'Europa orientale, che hanno flussi immigratori provenienti dall'est. Tuttavia, vi sono Paesi che hanno obiezioni sul metodo del resettlement che dovrebbe essere, a loro avviso, su base esclusivamente volontaria, ma questo vuol dire vanificare la solidarietà europea.
Questi sono i termini della questione. Noi contiamo, ovviamente, che anche domani e dopodomani sull'immigrazione si dica una parola finalmente chiara.
PRESIDENTE. Grazie, signor Ministro.
Molti di voi mi hanno chiesto e continuano a chiedermi di contingentare i tempi degli interventi. Non intendo farlo, anche perché abbiamo ospiti colleghi di altre Commissioni. Mi affido solamente al buonsenso di tutti.
Do ora la parola al colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
GIACOMO SANTINI. Signor presidente, il suo sembra quasi un preambolo fatto su misura, nel senso che la mole di argomenti che il Ministro, che ringrazio, ci ha portato è davvero stimolante.
Porto il saluto anche della presidente Boldi, oggi assente, e della decina di senatori - anche noi abbiamo finito di votare pochi minuti fa - presenti in questa sala.
Senza troppi giri di parole, dopo aver ringraziato il presidente Stefani, vorrei
dire che la relazione del Ministro è stata talmente chiara ed esaustiva che ci possiamo permettere, forse, di chiedere qualche ulteriore informazione sullo scenario che si apre da ora a fine anno. Sappiamo benissimo che abbiamo un mese di lavoro prima delle vacanze e quello che accadrà a settembre e ottobre ancora non lo sappiamo.
La prima domanda riguarda l'Irlanda. Abbiamo sentito parlare di garanzie, che speriamo rendano tranquilli gli irlandesi, su vari temi importanti. Tuttavia, come si opererà una formalizzazione delle garanzie che gli irlandesi chiedono? Vi saranno delle semplici dichiarazioni politiche, o vi saranno impegni giuridicamente più vincolanti? Insomma, cosa hanno chiesto gli irlandesi?
La seconda domanda riguarda il neoeletto Parlamento europeo. C'è un adempimento alle porte: appena entrerà in vigore il Trattato di Lisbona, l'Italia avrà diritto a un parlamentare in più. Ebbene, si sta già pensando a come provvedere a questa integrazione? Ci sarà un atto formale promosso a livello comunitario, al quale i Parlamenti nazionali dovranno adeguarsi? Nello specifico, l'Italia ha già pensato in che modo si procederà a questa integrazione?
Un altro tema concerne la presidenza del Parlamento europeo. Dopo che Barroso ha confermato la disponibilità a rimanere al suo posto, si apre uno scenario incredibile di candidature: Tony Blair alla presidenza del Consiglio europeo; il polacco Busek alla presidenza del Parlamento europeo, Bildt alla carica di Ministro degli esteri eccetera. Signor Ministro, si discute di questo all'interno del Consiglio europeo? E quali tempi prevedete?
C'è chi ha proposto addirittura di rinviare tutto a ottobre - con il Trattato di Lisbona ormai applicato e digerito - per favorire l'elezione dei commissari sulla base di questo Trattato. Quando saranno prese queste decisioni?
Infine, vi occupate ancora di pirateria, dopo gli impegni del 2008, o è un tema lasciato a fior d'acqua?
ANTONELLO CABRAS. Signor Ministro, non ho sentito, nella sua introduzione, nessun accenno al tema istituzionale, ossia alla questione della nomina del presidente della Commissione. Come lei sa, questo tema sta sollevando notevoli controversie, non tanto sulla candidatura, quanto sulle modalità. Stando alle dichiarazioni, sembrerebbe maggioritaria, in Parlamento, la tesi di nominare il presidente della Commissione in via definitiva, seguendo le procedure previste dal Trattato di Lisbona, e quindi di non procedere in questo Consiglio europeo.
Ovviamente, io sono a favore del rinvio, ma mi farebbe piacere conoscere la posizione del Governo italiano su questo aspetto.
ROBERTO ANTONIONE. Signor presidente, vorrei ringraziare il Ministro perché, come sempre, è stato preciso, puntuale ed esaustivo. Come ha già detto il collega Santini, la sua relazione è stata talmente soddisfacente che, obiettivamente, c'è poco da aggiungere.
Tuttavia, vorrei sottolineare alcuni punti che ritengo importanti, relativamente all'agenda prevista dal Consiglio europeo. Sebbene le questioni politiche non siano previste dall'ordine del giorno, è chiaro che, come i colleghi hanno messo in rilievo, saranno oggetto di discussione all'interno del Consiglio o, più probabilmente, a latere.
Sul primo punto, cioè sulle garanzie che l'Irlanda richiede e che, in qualche modo, si intende concedere, mi sembra che l'approccio del Governo italiano sia da sostenere. L'idea di definire un protocollo ufficiale comporterebbe una riapertura totale delle procedure anche in tutti gli altri Paesi. Per questa ragione, credo sia importante che il Parlamento rimarchi il pieno appoggio al Governo. Strade diverse, oltre a essere sbagliate, porterebbero certamente a situazioni imprevedibili.
Sul secondo punto, sottolineo che il documento preparato dal CAGRE, che sarà all'attenzione del Consiglio europeo, esprime in toto, come ha ricordato il Ministro, una visione ottimistica, che
guarda al futuro. Credo che questo sia un messaggio importante.
Su questo aspetto non intendo aprire riflessioni polemiche all'interno del Parlamento. Tuttavia, ricordo che spesso il Presidente Berlusconi è stato accusato di essere eccessivamente ottimista nei suoi messaggi. Ebbene, dalla lettura di questo documento, mi sembra che si debba riconoscere la necessità di inviare messaggi positivi, che intendano guardare al futuro in questa ottica, se si vuole superare un momento di difficoltà.
Credo, altresì, che debba essere sottolineata un'innovazione importante, ossia la sospensione della compartecipazione alle risorse del Fondo sociale europeo. Si tratta di una novità eccezionale. Vorrei chiedere al Ministro se si tratta di una misura definitiva o se si intende pensare al finanziamento del Fondo sociale europeo solo da parte dell'Unione europea per un periodo limitato. È chiaro, infatti, che questo è un aspetto rilevante. Del resto, di fronte alla sofferenza di tanti Paesi membri, non ultimo anche il nostro, mi sembra che la possibilità di avere risorse «fresche», come vengono definite, sia fondamentale.
È assolutamente da condividere e da sostenere l'idea che i sacrifici - tali possono essere considerati solo da un certo punto di vista, ma non più tali in quanto obbligatori - sulla questione climatica non possano discendere da una decisione unilaterale, non sostenuta da tutti i soggetti o da tutti gli attori. Una decisione unilaterale non avrebbe senso.
È chiaro che da parte nostra, come Unione europea, dare un messaggio di questo tipo rappresenta un gesto di responsabilità importante che però, come giustamente ha ricordato il Ministro e come sostiene, quindi, il nostro Governo, deve provenire da una posizione condivisa.
Per quel che riguarda l'immigrazione, la collega Boniver, che, essendo presidente del Comitato Schengen, dispone, ovviamente, di una conoscenza di merito migliore, integrerà questa mia riflessione.
Ultima questione: il Ministro aveva ricordato che verrebbe preparato anche un appunto sulla questione Pakistan e Afghanistan. Probabilmente non ha avuto modo di completare la sua esposizione, tuttavia sarebbe importante avere una sua riflessione su questo tema. Aggiungo che immagino che il tema dell'Iran troverà attenzione da parte del Consiglio europeo, anche se non è inserito nell'agenda.
Vorrei sapere se, eventualmente, il Ministro possa dirci qualcosa al riguardo. Mi sembra, infatti, che sia all'attenzione di tutti, anche in termini di preoccupazione.
MASSIMO LIVI BACCI. Signor presidente, ringrazio il Ministro per la sua presentazione. Io avrei due osservazioni da fare riguardo al quarto punto dell'agenda sulla illegal immigration. Mi fa piacere che, rispetto alle draft conclusions, su questo tema il Governo italiano cercherà di rafforzare le sue richieste; mi domando, però, in quale direzione.
È vero che occorre combattere il fenomeno, come è scritto nelle conclusioni «in an efficient manner at the EU southern maritime borders and thus prevent future human tragedies»; io credo, però, che bisogna essere un pochino meno ipocriti e dire che, in fondo, la difesa delle frontiere nel sud del Mediterraneo sè fatta per prevenire l'immigrazione illegale e poi, eventualmente, il suo risultato potrebbe essere anche di scoraggiare eventuali scriteriati flussi e prevenire, pertanto, le tragedie umane.
Bisogna sempre ricordare, peraltro, che i pattugliamenti o i muri eretti in determinate zone creano altri itinerari di immigrazione irregolare che possono essere addirittura più pericolosi. Questo bisognerebbe sempre tenerlo bene a mente, altrimenti non si raggiungono i fini che ci si propongono.
Per quanto riguarda la questione della reallocation dei beneficiari della protezione internazionale, va ricordato, anche in questo caso, che l'Italia ha una quota di rifugiati inferiore alla media europea e quindi, nella reallocation, probabilmente noi dovremo sostenere, nel lungo periodo, oneri maggiori rispetto a quelli che sosteniamo adesso.
Credo che questo punto vada ben studiato, ma lo porto ora all'attenzione perché non si creda che attraverso questa reallocation l'onere che il nostro Paese sta affrontando vada a diminuire. Io penso che dovrebbe in prospettiva andare aumentando.
Per quanto riguarda FRONTEX e il suo rafforzamento, vorrei rilevare un aspetto che, tra l'altro, è stato discusso nel seminario dell'Assemblea parlamentare della NATO a Napoli, domenica e lunedì scorsi, quando si è parlato della irregular migration nell'area mediterranea. Il punto riguarda l'accountability di FRONTEX. In realtà, il Parlamento europeo ne discute il bilancio, ma c'è poco altro. In realtà, FRONTEX non è un'agenzia che controlla la qualità dei formaggi o gli standard di qualche altro prodotto; si tratta di un'agenzia che interviene in aspetti estremamente delicati, dove i diritti umani sono ovviamente in causa. Manca una dottrina comune: qui si parla di «clear rules of engagement», espressione che ha un suono militare. Qui non si tratta, però, di rules of engagement, bensì di princìpi di comportamento nel rispetto delle regole
internazionali, delle convenzioni di Ginevra e via elencando, che sono qualcosa di più alto e meno militare di quanto indicato nelle draft conclusions.
Vorrei che lei si esprimesse su questo aspetto precisando magari che nell'azione italiana, tesa naturalmente a rinforzare l'azione di FRONTEX, si daranno garanzie del pieno rispetto dei diritti dei migranti per quanto riguarda le regole e le dottrine dei respingimenti che le varie unità che partecipano a FRONTEX seguiranno, cercando di trovare vie condivise su questo tema.
Mi fa molto piacere che si pensi anche ad un'azione europea per il rafforzamento della funzione delle agenzie internazionali per quanto riguarda il diritto d'asilo, la selezione dei migranti irregolari richiedenti asilo e via dicendo. Credo che questo sia estremamente importante; non so quali passi in avanti si siano compiuti fino ad oggi ma, sia chiaro, questo è un tema urgente che non si può assolutamente rinviare all'anno prossimo; si tratta, infatti, di qualcosa che avviene giorno dopo giorno nei nostri mari.
MARGHERITA BONIVER. Intanto mi rallegro del fatto che al prossimo Consiglio europeo si parli in modo più pregnante dell'argomento immigrazione, soprattutto dell'argomento immigrazione irregolare o clandestina, dal momento che questo è un aspetto molto delicato, molto urgente e molto doloroso, in alcuni casi, del più ampio fenomeno dell'immigrazione.
Tanto per dare un'idea, tra gli arrivi irregolari sul territorio italiano, quelli che arrivano via mare - o arrivavano via mare prima dell'accordo raggiunto con la Libia - rappresentano soltanto il 10 per cento. Ciononostante, l'allarme che suscita l'immagine quotidiana di questi disperati che a tutti costi attraversano continenti per arrivare sul territorio europeo rappresenta non solo uno spettacolo insopportabile, ma un fenomeno da affrontare con una pletora di strumenti, tra i quali i riaccompagnamenti o l'accoglienza dei richiedenti asilo - come ci impongono i trattati internazionali - sono soltanto alcuni degli aspetti, seppure molto importanti, del contenimento dell'immigrazione.
Uno degli elementi di cui neanche questa volta si parlerà nel Consiglio europeo è il grande patto con il continente africano, nei confronti del quale l'Europa investe circa trenta miliardi di euro l'anno mentre avviene il paradosso dei settanta miliardi di euro rappresentati dalle rimesse degli migranti africani sul territorio europeo. Anche questo è, quindi, un problema che andrebbe inserito in una futura discussione ad hoc relativa alla questione più complessiva dell'immigrazione.
Approvo la richiesta del rafforzamento del paragrafo sull'immigrazione, soprattutto tenendo d'occhio lo scandaloso ritardo dell'Europa per quanto riguarda gli accordi di riammissione. Mentre, infatti, l'Italia ne ha in vigore una trentina, a me risulta che gli accordi europei non superino la dozzina. È evidente, quindi, che bisogna premere il piede sull'acceleratore per mettere in moto quel meccanismo che
meglio di qualsiasi accordo bilaterale potrà un giorno funzionare come una sorta di deterrente. Ma non illudiamoci troppo.
Il secondo punto, sempre inerente l'immigrazione, lei non lo ha menzionato ma io vorrei invece sottolinearlo, in quanto si tratta di un fenomeno relativamente nuovo ed estremamente allarmante che colpisce tutti i Paesi dell'area mediterranea e non solo. Ben inteso, parliamo soprattutto dell'area mediterranea perché con il Comitato Schengen abbiamo fatto una serie di visite di grande importanza in Spagna e in Grecia, proprio ultimamente; andremo a Malta e poi, mi auguro in un futuro non troppo lontano, anche in Libia. Abbiamo visto che i problemi sono assolutamente assimilabili, anche se non tutti affrontati con lo stesso approccio.
Mi riferisco all'incremento impressionante degli arrivi dei minori non accompagnati, soprattutto dall'Afghanistan e dal Pakistan. I relativi fondi europei, che sono già stanziati, evidentemente non sono ancora stati utilizzati al meglio. È necessario un approccio diverso verso questo fenomeno, che è a metà fra il mostruoso e il patetico; mi riferisco al fatto che ci sono delle famiglie che, affidandosi ai trafficanti, mandano i loro figli adolescenti e i loro bambini in Europa.
D'altro canto, contemporaneamente c'è anche un grande sfruttamento della prostituzione minorile, vendita di organi e via dicendo.
È un capitolo dell'orrore che secondo me andrebbe osservato con una lente di ingrandimento molto più attenta.
SANDRO GOZI. Anch'io, Ministro, ero molto interessato al «pm» dell'ordine del giorno, cioè a quello che figura come promemoria: la procedura di nomina del Presidente della Commissione. Dunque, vorrei capire qual è la posizione del Governo al riguardo.
Per quanto concerne il tema della vigilanza bancaria e finanziaria, lei diceva che ritenete non sufficientemente ambiziosa la proposta della Commissione. Io condivido questa analisi.
Sarebbe opportuno, se non è possibile al Consiglio europeo, non solo prevedere una data entro la quale il nuovo sistema di vigilanza bancaria entri in vigore, ma magari anche una clausola di verifica, per verificare se il sistema, dopo un certo tempo, così come concepito, possa funzionare oppure no.
Personalmente, ho delle perplessità, perché non ci sono a mio parere sufficienti poteri vincolanti nel sistema che è stato concepito dalla Commissione.
L'ordine del giorno vede anche la discussione dei seguiti del G20 di Londra. Questo si interseca inevitabilmente con la parte finanziaria del G8.
Anche alla luce dell'attività della Germania, con la cosiddetta «global charter», avrei bisogno di capire, Ministro, in quale documento e in quale sede verranno veramente definite le regole fondamentali, gli organi fondamentali e anche i nuovi obiettivi finanziari che i Governi si pongono.
Essi saranno contenuti nel G8, sotto forma del legal standard, di cui parlava il Ministro Tremonti, o saranno ormai nel G20 e quindi inclusi probabilmente nella global charter, su cui i tedeschi stanno lavorando?
La terza domanda è relativa al tema crisi e occupazione. Discuterete le proposte della Commissione e mi sembra che, ancora una volta, la Commissione non faccia riferimento ad un aumento effettivo - al di là degli spostamenti tra capitoli di bilancio - del bilancio comunitario per lottare contro la crisi economica. In realtà, ci sarebbe un margine disponibile, perché c'è un margine tra il massimale delle risorse proprie e quello delle prospettive finanziarie.
Secondo i nostri calcoli, questo differenziale nel 2009 corrisponde più o meno allo 0,20 per cento del prodotto nazionale lordo comunitario.
Visto che questo non richiederebbe una modifica del bilancio, poiché si tratta di risorse contenute in teoria nel bilancio comunitario, volevo sapere qual è la sua posizione a riguardo e se intendete chiedere a questa Commissione - o ormai alla
Commissione che verrà - di dimostrare un minimo di più non dico di creatività, ma di coraggio, nell'utilizzare il bilancio esistente, in attesa della revisione del bilancio, e quindi del futuro bilancio comunitario.
FRANCESCA MARIA MARINARO. Ringrazio il Ministro per questa informativa. Alla vigilia di un vertice, a nostro avviso, e in particolare a mio avviso, molto delicato e importante, credo sia opportuno avere anche un'informativa sulla valutazione del Ministro, e in questo caso dell'Italia, circa la recente tornata elettorale europea, che ha visto un forte calo di partecipazione (per carità, fisiologico, in certe realtà, almeno per le elezioni di politica interna). Un calo di questa dimensione, con questa entità e omogeneità, non lo avevamo mai visto. Sarebbe opportuno avere una valutazione da parte del Ministro Frattini su questo punto, anche perché credo che a questo occorra legare il futuro dell'Unione, in particolar modo per quanto riguarda il Trattato di Lisbona.
Io condivido la preoccupazione di non bloccare il processo, e soprattutto l'entrata in vigore, con dispute che possono sembrare un aspetto procedurale e tecnico, ma che dal punto di vista politico hanno la loro importanza.
Quindi, è importante chiarire lo strumento con il quale si danno delle risposte e delle assicurazioni all'Irlanda. Tali assicurazioni devono, però, essere chiare per tutti e non devono essere prese a pretesto né dall'Irlanda stessa, per continuare a frenare e a rinviare l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, né dai Governi che si trovano sul filo dell'euroscetticismo.
A tal fine, mi associo a quanti chiedono di avere un'informazione e delle valutazioni rispetto a quelli che saranno i vertici apicali dell'Unione, non solo a livello di Parlamento europeo - avendo lì una situazione più prettamente politica, ovvero maggiormente legata alle dinamiche dei partiti europei, ma anche questo, probabilmente, importa ed è interessante - ma anche a livello di chi, a partire dai prossimi mesi, dovrà gestire l'esecutivo dell'Europa, quindi la Commissione. Ciò non solo con riferimento alla presidenza della Commissione europea, ma anche al meccanismo con cui si va alla nomina, a ottobre, della nuova Commissione. Occorre sapere se si arriva a questo appuntamento con il vecchio meccanismo o con quello nuovo, perché siamo al limite. Pertanto, è importante conoscere anche questo aspetto.
Per quanto riguarda, invece, la crisi economica, finanziaria e sociale, vorrei rivolgere due osservazioni e una domanda al Ministro Frattini. In tutti i precedenti Consigli dei ministri che ci sono stati - l'ultimo l'8 e 9 giugno scorsi - la preoccupazione fondamentale su questo punto è sempre stata quella di adottare anche misure efficaci per costruire la ripresa e il domani, ovvero per far fronte alla crisi attualmente, ma anche per creare condizioni diverse in futuro.
Da questo punto di vista, oltre a misure di vigilanza e di controllo per evitare future e prossime crisi, non ho sentito nelle sue parole - per carità, capisco che ci sia anche un'economia del tempo - nulla che si riferisca alle politiche di intervento che si prevedono per far fronte alla necessità della ripresa economica. A questo proposito - e concludo - la questione legata all'anticipo sui pagamenti agli Stati della quota dell'Unione europea sul Fondo sociale europeo è una preoccupazione condivisibile, se però sono chiare le finalità. Si tratta di un anticipo che viene dato agli Stati senza nessuna condizione, quindi rientra nel calderone generale della finanza pubblica senza finalità precise? Oppure esso ha come finalità specifica il Fondo sociale europeo, ovvero la formazione, la riqualificazione e il sostegno ai redditi delle persone e dei lavoratori?
MATTEO MECACCI. Ringrazio il Ministro per questa esposizione. Ritengo che dall'agenda che il Ministro ci ha delineato ci troviamo ad affrontare un Consiglio europeo che - mi spiace dirlo - mi sembra molto tecnico e poco politico. La senatrice Marinaro ricordava come siamo a pochi giorni dallo svolgimento di elezioni europee, che segnano il trentennale dell'inizio
dell'attività del Parlamento europeo, cioè dell'avvicinamento dei cittadini alle istituzioni europee.
La sensazione generale è che la politica sia però poco interessata a questo processo politico, ai suoi sviluppi istituzionali. Discutere semplicemente di alcune clausole da garantire all'Irlanda per consentire almeno l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, come è importante che avvenga, non è sufficiente a delineare il futuro di un'Europa in cui i cittadini abbiano un ruolo e i partiti possano influire sulle scelte che ricadono su tutti noi.
Rispetto ad alcune questioni da lei elencate in agenda, come il collega Antonione gradirei avere ulteriori informazioni rispetto alla vicenda Pakistan e Afghanistan, anche perché il Presidente del Consiglio ha appena annunciato dagli Stati Uniti che inviamo 500 militari in più in Afghanistan in occasione delle elezioni, provvedimento forse non di lungo termine, su cui però appaiono doverosi un'informativa e un approfondimento.
Sulla questione iraniana alcuni parlamentari si sono espressi e questa sera a Roma si svolgerà una manifestazione per chiedere al Governo un impegno, una parola forte nei confronti di quanto sta accadendo in Iran. Alcuni di noi avevano chiesto che il Ministro convocasse l'ambasciatore iraniano o l'incaricato d'affari per far presente le preoccupazioni del nostro Paese, ma ciò non è avvenuto. Ieri, il Ministro degli esteri iraniano ha convocato il rappresentante dell'Unione europea, gli ambasciatori ceco, inglese e italiano.
Che questo non debba essere oggetto di discussione da parte del Consiglio europeo mi sembra fuori luogo, ma non so se ci sono i termini perché l'Italia possa chiedere un inserimento anche nell'ordine del giorno di questa discussione, però la situazione sembra richiedere un intervento ad hoc. Ritengo che anche la ricerca dei rapporti bilaterali del nostro Paese con il Governo iraniano, avvenuta nei mesi e nelle settimane passate con i tentativi di organizzare incontri con il presidente Ahmadinejad per due volte falliti a causa delle sue intemperanze politiche prima nella vicenda di Durban e di Israele e poi con l'invito a incontrarlo nel luogo dei test missilistici, richieda da parte del Governo italiano un'ulteriore riflessione sulla strada da percorrere, giacché, pur riconoscendo l'importanza del dialogo politico, in alcuni momenti occorre ribadire alcuni principi imprescindibili.
Questa mattina, infatti, il Presidente del Consiglio ha dichiarato di essere molto preoccupato per la situazione in Iran, per cui mi aspetto che a questa preoccupazione facciano seguito passi politici formali.
Per quanto riguarda la vicenda immigrazione e Libia, da lei toccata, ribadisco come l'Italia abbia fatto un passo falso procedendo in sede bilaterale a siglare questo accordo con la Libia. Era infatti in corso un negoziato con l'Unione europea per un accordo di cooperazione con la Libia, che avrebbe potuto includere anche questo tipo di collaborazione sul tema dell'immigrazione. L'Unione europea sta incontrando evidenti difficoltà nel negoziare con la Libia, perché gli accordi di cooperazione dell'Unione hanno importanti vincoli per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani e in particolare il rimpatrio dei rifugiati in Paesi che non abbiano ratificato la convenzione ONU sui rifugiati.
Abbiamo avuto un'accesa discussione parlamentare, il trattato è stato approvato e nei giorni scorsi si è svolta la «scintillante» visita del leader libico Gheddafi, che ha imperversato a Roma e nelle nostre istituzioni.
Mi rallegro che il Presidente della Camera abbia colto l'occasione per ribadire l'esigenza di rispondere a provocazioni, protocollari e non, provenienti da un partner dell'Italia, non solo attraverso la cancellazione per motivi di protocollo dell'evento previsto alla Camera, ma anche rendendo noto un discorso, che avrebbe pronunciato, in cui, oltre a rifiutare come lei il paragone tra l'attività del terrorismo e quella degli Stati Uniti, si chiede, rivolgendosi formalmente al Presidente dell'Assemblea parlamentare libica, di consentire ad alcuni parlamentari italiani di recarsi
in Libia per verificare il rispetto dei diritti umani per quanto riguarda i rifugiati.
Vorrei chiederle quindi se, anche come Governo, nei confronti del Ministro degli esteri libico si possa avanzare una richiesta formale per consentire a organizzazioni non governative o a rappresentanti delle istituzioni italiane di recarsi sul territorio libico per verificare la sorte delle persone che respingiamo in quel Paese.
MARCO PERDUCA. Intervengo molto velocemente perché molte delle questioni che volevo sollevare sono già state affrontate da vari colleghi e da onorevoli deputati, ultimo dei quali il mio compagno di partito Mecacci. Desidero iniziare con le congratulazioni, che molti di noi dovrebbero manifestare a lei e al Presidente Berlusconi relativamente all'offerta di ospitare almeno tre degli ex detenuti di Guantanamo. Spero che questa offerta non rappresenti esclusivamente la volontà di compiacere una richiesta che proviene da quello che, malgrado recenti frequentazioni troppo vistose, resta il nostro partner politico di riferimento, ma che si tenti di recuperare precedenti dichiarazioni e comportamenti, inclusa l'adozione di misure imposte nei vari pacchetti di sicurezza negli ultimi tredici mesi, per operare il ricongiungimento delle nostre norme al rispetto delle norme internazionali per i
diritti umani.
Questa premessa mi serve per giungere al quarto punto già toccato dal senatore Livi Bacci, Lei ha affermato che, secondo l'Italia, il paragrafo relativo all'immigrazione deve essere rafforzato. Il senatore Livi Bacci ha giustamente ricordato la necessità per i ventisette membri dell'Unione europea di rispettare le norme che hanno deciso di rendere superiori alle nostre Costituzioni, laddove queste esistano. Ritengo però che non ci si debba dimenticare della necessità di ingaggiare i Paesi, non solo di origine ma anche di transito, da cui provengono questi migranti, nel riconoscere pienamente, e non esclusivamente attraverso l'apertura di un ufficio o la possibilità di presenza di funzionari delle Nazioni Unite, la Convenzione del 1951 sui rifugiati.
Se c'è questa grande comunione di intenti nei confronti del contenimento delle migrazioni, è bene che questo contenimento, che, come ricordava l'onorevole Boniver, non è quello relativo agli immigrati clandestini o irregolari, ma è di altro tipo, avvenga all'interno di un quadro di norme chiare e unanimemente riconosciute.
Se posso permettermi di integrare la domanda del senatore Santini, vorrei sapere cosa resti all'Italia in tutta questa distribuzione di cariche, forse soltanto un'altra vicepresidenza della Commissione europea? Abbiamo letto grandi proclami, anche in campagna elettorale. Certo, il maggiore partito presente nel nostro Parlamento non ha raggiunto le percentuali che venivano sbandierate a una settimana dal voto. Le delegazioni italiane del maggiore gruppo del Parlamento europeo restano tuttavia significative. Non ci sembra di aver capito quali possano essere eventuali ripercussioni positive per gli italiani all'interno delle istituzioni europee.
Lei ha parlato della questione ambientale relativamente al gioco debiti-crediti per chi inquina. Vorrei conoscere le sorti del pacchetto 20-20-20.
ELISABETTA ZAMPARUTTI. Desidero anch'io intervenire sulla questione dei cambiamenti climatici che porrete al G8. Se ho ben compreso ritenete importante un accordo a 360 gradi ed è già sostanzialmente acquisita una disponibilità degli Stati Uniti a impegnarsi su un accordo, ma rimangono la Cina e l'India come Paesi indispensabili da acquisire.
Vorrei sapere su quali punti di forza farete leva per cercare di convincerli e, nel caso in cui Cina e India non dovessero addivenire a un accordo, se perderà di valore l'accordo a livello europeo del pacchetto 20-20-20.
PRESIDENTE. Do la parola al Ministro degli affari esteri, Franco Frattini, per la replica.
FRANCO FRATTINI, Ministro degli affari esteri. Grazie, presidente. Parlerei subito di Afghanistan e Pakistan, perché la dichiarazione non è stata ancora predisposta, motivo per cui non ve l'ho illustrata. Vi posso comunque dire quale è la posizione italiana su questo.
Noi crediamo che il Consiglio europeo debba indicare esattamente quella strada che la ministeriale del G8 di Trieste vorrà presentare al mondo, cioè una proposta onnicomprensiva di affrontare la regione Pakistan-Afghanistan secondo una serie di criteri, di benchmarks che partano da obiettivi concreti da raggiungere, per garantire la stabilizzazione, la pacificazione, lo sviluppo economico e ovviamente il contrasto al terrorismo.
Riteniamo infatti che occorra una soluzione onnicomprensiva, anzitutto di prospettiva politica, all'interno della quale le misure militari e di sicurezza rappresentino uno degli strumenti - a mio avviso non il più importante - ma che la prospettiva di rilancio economico e la restituzione del capacity building nelle mani del Governo afghano e del Governo pakistano siano invece le componenti essenziali.
Le due offerte proposte dal Presidente del Consiglio al Presidente Obama riguardano proprio il capacity building: 500 (forse 400-450) uomini, che dovrebbero essere il numero sufficiente per un contingente supplementare durante il periodo delle elezioni presidenziali, momento chiave per dare un risultato in termini di institution building rappresentato da elezioni trasparenti e libere per dare all'Afghanistan un Presidente legittimato; un sostanzioso aumento del contingente di Carabinieri addestratori, perché un altro aspetto del capacity building consiste nel mettere le forze di sicurezza afghane un giorno, meglio prima che poi, in condizione di garantire da sole la loro sicurezza. Riteniamo quindi di dover privilegiare questi due settori chiave dell'aiuto all'Afghanistan per la ricostruzione istituzionale e di sicurezza.
L'approccio è regionale, perché il Pakistan richiede un aiuto ancora più significativo, politico anzitutto e non soltanto finanziario. Oggi, si sta discutendo a Bruxelles in un vertice Europa-Pakistan se avviare, come l'Italia ha proposto con il consenso di molti Paesi, un negoziato per un free trade agreement Europa-Pakistan. Rendere lo spazio euro-pakistano uno spazio di libero commercio vale molto di più che dare qualche decina di milioni di dollari al Pakistan. È una misura di fiducia, di sviluppo delle relazioni economiche. Spero che gli altri partner europei convengano. Il Pakistan è assolutamente grato e convinto che questa sia l'idea giusta.
Ho parlato ieri col collega pakistano e oggi col collega afghano, che ritengono che queste misure di stabilizzazione siano la chiave del successo.
Ritengo che il Consiglio europeo debba adottare una dichiarazione su queste linee, sottolineando, come noi riteniamo, che la stabilizzazione presuppone il concorso attivo di tutti i Paesi dell'area, che vanno dall'India alla Cina, dai Paesi del Golfo all'Iran. Per l'Iran non apro un capitolo, che non è stato e non sarà nell'agenda del Consiglio europeo, perché i Ministri degli esteri hanno adottato una dichiarazione che è anche la mia, alla quale mi rifaccio.
Su Pakistan e Afghanistan, l'Iran resta comunque un attore, senza il quale la stabilizzazione delle aree di confine tra Pakistan e Afghanistan sarà più difficile, indipendentemente dalla nostra preoccupazione, dalla nostra volontà di assecondare il conteggio delle schede, dal nostro desiderio di vedere un risultato che corrisponda alla libera volontà degli iraniani, come dichiarato dal Consiglio dei Ministri degli esteri. Al di là di questo, comunque, l'Iran sarà lì anche domani e dopodomani e sarà un attore che potrà giocare in positivo o in negativo sulla stabilizzazione di quella regione.
Affermeremo questo nel comunicato del Consiglio europeo, giacché la definizione di un piano per l'Afghanistan e il Pakistan richiede l'impegno di tutti, dalla Turchia all'Egitto, dai Paesi del Golfo all'India, alla Cina ma anche all'Iran. Affronteremo questa questione nel G8 che presiederò a Trieste, al quale sono stati
invitati tutti i principali interlocutori. Avremo circa venticinque delegazioni, quindi sarà un outreach molto consistente, cui parteciperà anche il Segretario delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, che ha aggiunto la sua importantissima presenza per dimostrare quanto questa iniziativa di outreach sia apprezzata.
Per quanto riguarda altri temi più propriamente in agenda, oltre a questo di Afghanistan e Pakistan, le ultime domande si sono concentrate sul pacchetto clima ed energia. Ovviamente, senatore Perduca, il pacchetto 20-20-20 resta sul tappeto, è la proposta che abbiamo concordato a dicembre, sulla quale domani discutiamo su chi e come debba sostenerne gli oneri. Resta infatti sul tappeto il problema di come finanziare il pacchetto 20-20-20.
Il Presidente Obama non ci ha detto di essere pronto a un accordo, ma di volere un accordo sulle basi che saranno negoziate, il che è molto diverso. Il pacchetto 20-20-20 non è dunque l'accordo del Presidente degli Stati Uniti. Su questo dobbiamo essere chiari, non potendo attribuire all'America qualcosa che l'America non ha detto. Il Presidente degli Stati Uniti ritiene che tutti i principali emettitori di CO2 debbano sedersi intorno a un tavolo, come faremo a L'Aquila, per definire le linee guida verso un accordo a Copenhagen.
Francamente, mi auguro che vi sia l'accordo, ma non sappiamo cosa succederà con Cina, India, e neanche con gli Stati Uniti d'America. Dubito che il pacchetto 20-20-20 possa essere la conclusione dell'accordo. Noi lo presentiamo come esempio virtuoso europeo e ne siamo orgogliosi, ma si tratta di un accordo che gli altri partner non europei considerano molto ambizioso, se non eccessivamente ambizioso. Noi lo riteniamo equilibrato, quindi l'Europa dà al resto del mondo il segnale che essa vuole essere all'avanguardia nella protezione dell'ambiente. Questa è la partenza del negoziato, non la fine.
Molti colleghi hanno posto il problema della questione istituzionale. Sotto il profilo politico, il Governo italiano sostiene il Presidente Barroso. Questo è un punto chiaro: lo abbiamo detto e lo ribadiremo anche nella sede del Partito popolare europeo.
Altra cosa è la modalità con cui il Consiglio europeo potrà indicare questa scelta, se verrà fatta. Sapete che i gruppi politici hanno già espresso alcune indicazioni, malgrado il Parlamento europeo non si sia ancora costituito. Come sapete, il principale gruppo della sinistra europea, il PSE, ha fatto sapere di non poter garantire l'appoggio al Presidente Barroso e altrettanto hanno riferito i gruppi della sinistra più radicale - il GUE per intenderci - che pure ritengono di non poter sostenere il Presidente Barroso.
Queste sono indicazioni politiche che, ovviamente, i Capi dei Governi conoscono. La questione di cui dovremo discutere domani è se, nel caso in cui vi fosse un consenso - queste scelte si compiono all'unanimità, non a maggioranza - del Consiglio europeo, questo si dovrebbe tradurre in una decisione formale oppure in un'indicazione politica da formalizzare dopo la consultazione con il Parlamento europeo.
Questa seconda strada è quella più corretta istituzionalmente. In sostanza, il Consiglio europeo potrebbe dare un'indicazione politica di adesione sul nome del Presidente Barroso, riservandosi i passi istituzionali che, come sapete, prevedono una consultazione con il Parlamento europeo e poi un voto dello stesso, il 15 luglio. Certamente questo presuppone che i gruppi politici a cui i diversi Governi fanno riferimento abbiano una chiara idea delle maggioranze possibili per sostenere il Presidente Barroso. Questo è assolutamente evidente.
Quanto all'ipotesi di cariche per l'Italia, occorre distinguere, come voi sapete, una questione politica e una istituzionale: il Consiglio europeo non è il luogo dove si può discutere della presidenza del Parlamento europeo. Il Presidente Berlusconi porrà questo tema al vertice dei Capi di Governo del PPE; tuttavia, dato che questo luogo non è il Consiglio europeo, non ve ne ho parlato. Siccome, però, qualcuno ha chiesto cosa resta all'Italia noi diremo, con
grande chiarezza, che ci attendiamo, in questo generale pacchetto di proposte politiche, che all'Italia sia assicurata la presidenza del Parlamento europeo.
A questo proposito, abbiamo molti buoni argomenti, che ora indico soltanto per titoli poiché non è questa la sede per discuterne, dal momento che stiamo parlando dell'agenda del Consiglio europeo. Tuttavia, sapete bene che, a parte il risultato del Popolo della Libertà, c'è un dato che - mi permetto di dirlo - elimina ogni equivoco: da solo il Popolo della Libertà ha ottenuto 10 milioni 800 mila voti, più della somma di quelli ottenuti da CDU e CSU. Quindi, la Germania ottiene un numero di deputati europei del PPE maggiore della delegazione italiana, che si compone dell'UDC e del PDL, ma, in termini di voti assoluti, noi ne abbiamo di più della somma di quelli di CDU e CSU. Se, poi, aggiungiamo i voti dell'UDC, che è parte del Partito popolare europeo, il gap si allarga. Questo dato inequivocabile si è determinato perché in Germania ha votato il 43 per cento e in Italia il 67 per cento degli
aventi diritto. Per esempio, gli amici polacchi, che hanno votato al 23,9 per cento, esprimono i loro deputati europei con circa 2 milioni 900 mila voti. Questo mi sembra, dunque, uno tra i tanti elementi che conferisce all'Italia il titolo per rivendicare la presidenza del Parlamento.
Visto che i colleghi hanno sollevato la questione politica, c'è un altro aspetto da considerare. Vedremo se i colleghi della delegazione italiana del Partito democratico voteranno contro il candidato italiano, l'onorevole Mauro, come sembra dall'editoriale di un autorevole giornale di questo partito, oppure voteranno a suo favore. Questo non lo so, ma ovviamente prenderemo atto di queste decisioni quando saranno formalizzate.
Questo è un altro elemento da considerare, perché i deputati italiani del Partito democratico non sono pochi e, come sapete, il voto è segreto.
Chiudo la parentesi politica perché non è materia del Consiglio europeo, e torno appunto al Consiglio europeo.
Ci sono certamente temi importanti, ad esempio quello di come formalizzeremo le garanzie all'Irlanda. Lo dico di nuovo, l'avevo già accennato: noi pensiamo che basti una dichiarazione politica. Lo dico al senatore Santini e agli altri colleghi: se si inserisse un atto giuridicamente vincolante, lo dovremmo ratificare a ventisette. Questo segnerebbe la fine del processo di ratifica del Trattato di Lisbona; tra le ventisette ratifiche, infatti, certamente ci sarebbe qualcuno che vorrebbe andare a referendum e qualcuno che chiederebbe nella ratifica perché si dà all'Irlanda un protocollo che garantisce talune prerogative e non lo si offre, ad esempio, anche a Olanda e Danimarca. Ciò, evidentemente, creerebbe un problema. Credo che la dichiarazione politica debba essere sufficiente per i colleghi irlandesi.
Il tema della pirateria, senatore Santini, non ci sarà. Ci sarà, invece, nel nostro G8 di Trieste e ci sarà, certamente, in una delle prossime riunioni, quando decideremo il rinnovo della missione Atalanta, appunto la missione europea sulla pirateria.
Quello della compartecipazione al Fondo sociale europeo è certamente un tema importante. Lo dico al senatore Antonione e ad altri che hanno posto il problema: si tratta di una sospensione limitata nel tempo. Non sarebbe, infatti, sostenibile abolire questo criterio di compartecipazione perché ciò avrebbe un impatto strutturale sul bilancio. Il bilancio europeo, infatti, computa che, accanto alla quota europea, ci sia la corrispondente quota nazionale. Possiamo sospenderla e recuperarla nelle annualità successive, ma non la possiamo abolire totalmente.
Molto si è parlato dell'immigrazione, sia da parte del senatore Livi Bacci che di altri colleghi. C'è un grande tema che affronteremo probabilmente non in queste conclusioni, bensì nel G8, ed è proprio il tema dello sviluppo dei Paesi di origine. Dopo il vertice Europa-Africa che tenemmo qualche tempo fa, è giunto il tempo di affrontare, anche come G8, il rapporto tra lo sviluppo dell'Africa e le migrazioni di massa.
Per quelli di voi che l'hanno seguito, la settimana scorsa io ho presieduto un G8 sullo sviluppo, con riferimento all'Africa, nel quale il tema dell'immigrazione di massa è stato uno dei temi chiave. Ne è emerso che i Paesi del G8 porteranno a L'Aquila una proposta per un impegno strutturale per lo sviluppo dei Paesi di origine, in funzione di prevenzione dei flussi migratori, che sono ovviamente dettati dalla disperazione, dalla povertà e via elencando.
Vi cito soltanto un dato. La presidente Boniver ha ricordato l'importanza del patto tra Unione europea e Africa; noi crediamo che questo patto debba essere rinnovato e rivitalizzato. La presidente Boniver ha citato, ad esempio, il tema delle rimesse dei migranti e ha detto, correttamente, che dall'Europa arrivano ai Paesi dell'Africa 70 miliardi di euro l'anno solo di rimesse dei migranti. Ora, voi sapete che sulle rimesse dei migranti la media del costo per il trasferimento di queste somme è del 10 per cento, vale a dire che 7 miliardi di dollari vanno nelle mani dei money transfer, ossia di Western Union e delle banche. La proposta G8 della presidenza italiana è di dimezzare questo costo, cioè di ridurre del 50 per cento i profitti dei money transfer. Ciò vorrebbe dire che solo dall'Europa arriverebbero 3 miliardi e mezzo di dollari in più all'Africa, senza costi aggiuntivi per i Paesi europei. Questo è uno degli
esempi. Se lo trasferiamo su scala globale, questo meccanismo porta 15 miliardi l'anno in più ai Paesi in via di sviluppo, tagliando del 50 per cento l'aggio sulle rimesse dei migranti.
Questa è una proposta che ho presentato la settimana scorsa e che porteremo a L'Aquila. Credo che sia un segnale che si può in qualche modo sottolineare come l'impegno che, a mio avviso, tutta l'Europa dovrebbe prendere, oltre agli altri strumenti, quali quelli dell'aiuto pubblico allo sviluppo.
In questo summit Europa-Africa, dovremo toccare il tema dei minori non accompagnati. Esso è diventato un tema grandissimo.
L'Italia è - come sapete - tra i Paesi doverosamente più generosi. Il nostro Paese garantisce l'accoglienza e l'istruzione, nonché il ricongiungimento familiare per i minori non accompagnati. Certamente, su questo dovremo continuare a lavorare.
Sempre sull'immigrazione, intendevo rafforzare il documento europeo su due fronti: in primo luogo, sul tema del burden sharing, perché è evidente che nessuno può immaginare che i Paesi mediterranei siano gli unici destinatari del peso complessivo che arriva dai flussi migratori; in secondo luogo, in termini di garanzie, che devono essere europee.
In altre parole, la procedura di asilo vede ancora diversificazioni tra i criteri nazionali per il riconoscimento. Come sapete, non c'è neanche una lista dei Paesi sicuri adottata a livello europeo. Vi sono addirittura punti di vista diversi, da Paese a Paese, su quale Paese di origine sia da considerarsi a rischio oppure no. Dunque, uno Stato europeo può ritenere di sì, mentre un altro può ritenere di no.
Se vi deve essere strategia europea, tutta l'Europa deve concordare che dal Paese «x» chi viene è un rifugiato, mentre dal Paese «y» chi viene, salvo casi individuali, non è normalmente un rifugiato. Questa cosa ancora non esiste. Ciò va nel senso di una europeizzazione delle regole che eviterebbero quello che comunemente è definito «asylum shopping», ovvero quel principio che permette ad ognuno di scegliere il Paese dove conviene di più presentare la domanda di riconoscimento.
Vogliamo anche che i Paesi di transito - particolarmente la Libia, ma non solo - accettino l'idea di una collaborazione strutturata con l'ufficio dell'Alto commissario per i rifugiati. Stiamo facendo sì che si inserisca questo principio nell'accordo Europa-Libia.
A livello bilaterale lo abbiamo chiesto, a livello europeo tale principio deve essere incluso. Credo che si possa fare un passo avanti. Tuttavia, se noi non aiutiamo la Libia a pattugliare o a presidiare 1.200 chilometri di deserto nel sud del Paese - che rappresentano una frontiera assolutamente
aperta e non controllabile - è un po' difficile immaginare che la Libia stessa faccia da custode dell'Europa sulla frontiera nord, che è quella mediterranea. Ritengo che un accordo europeo sia necessario e urgente.
Per quanto riguarda altri temi posti, ad esempio dall'onorevole Gozi, sul G20 di Londra, lei sa bene, onorevole, che i legal standard li ha proposti l'Italia, che l'Italia li ha portati alla discussione con gli altri Paesi e, come ho detto prima, l'Italia li presenterà al G8 de L'Aquila, dove si affronterà il tema del legal standard globale.
Evidentemente, il G20 si occuperà, invece, di alcune regole nel medio e breve termine, laddove il G8 si occuperà delle regole giuridiche globali che sono chiaramente regole di lungo termine, come è sempre stato nei rapporti tra G8 e G20. Può piacere o meno, ma l'Italia ha proposto queste regole per prima e le porterà all'adozione.
La crisi dell'occupazione è un tema serio. Io sono disponibile a sollecitare l'utilizzo delle risorse ancora disponibili. Credo che l'attuale Commissione europea abbia qualche difficoltà politica a prendersi questo impegno, ma io sono d'accordo sul fatto che se non aumentiamo di fatto, anche raccogliendo le disponibilità, il bilancio europeo, è difficile che si possa andare molto lontano con una somma appena superiore all'1 per cento, che costituisce, come sapete, l'intero ammontare del bilancio della Commissione europea.
La senatrice Marinaro chiede un'analisi del calo di affluenza alle urne. Il Consiglio europeo forse farà una discussione politica su questo. Noi riteniamo francamente che il forte calo di affluenza sia il segno di una difficoltà di capire l'Europa. Ancora oggi, abbiamo discusso a lungo se le garanzie dell'Irlanda debbano essere una dichiarazione, una dichiarazione formale o un protocollo. Io ho persino difficoltà a spiegare ciò fuori da quest'Aula. È chiaro che nessuno capisce niente. Se da questo dipende la vita o la morte del Trattato di Lisbona, comprenderete che il cittadino ha qualche difficoltà ad affluire con convinzione alle urne.
Le questioni importanti sono la sostanza, ovvero occupazione e sostegno del reddito. In realtà, io lo avevo detto, senatrice Marinaro, ma lo ripeto volentieri: nell'anticipo del Fondo sociale europeo c'è esattamente quella finalità, ossia formazione e sostegno ai redditi. Questi sono i punti essenziali, e credo su questo di poter concludere dicendo che non condivido l'analisi dell'onorevole Mecacci sul fatto che questo non sarà un Consiglio politico ma un Consiglio tecnico. Forse pochi se ne accorgono perché non stanno esplodendo grandi contraddizioni, ma si tratterà di un Consiglio politico. Se noi daremo il via ad un sistema europeo di vigilanza sui mercati finanziari esso sarà il frutto di una decisione altamente politica.
Io credo francamente che ci si debba rallegrare del fatto che l'Europa, senza eccessivi clamori, abbia un po' rafforzato le conclusioni della Commissione de Larosière, e che sia pronta a dire anche, ad esempio, che sull'immigrazione, se ci riusciremo, ci sarà un patto rafforzato con un piano d'azione da qui al mese di ottobre.
Queste sarebbero effettivamente decisioni politiche, e non decisioni meramente tecniche.
PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro Frattini e mi complimento per l'altissimo livello del suo intervento. Ringrazio anche i vicepresidenti Cabras e Santini e tutti i presenti per la disponibilità manifestata.
Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 16,15.