Sulla pubblicità dei lavori:
Conte Gianfranco, Presidente ... 3
Audizione del Comandante generale della Guardia di finanza sulle tematiche relative all'operatività del Corpo (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento)
Conte Gianfranco, Presidente ... 3 14 15 20
Ventucci Cosimo, Presidente ... 19 21 22
Barbato Francesco (IdV) ... 15
Bragantini Matteo (LNP) ... 18
Causi Marco (PD) ... 18
Comaroli Silvana Andreina (LNP) ... 19
D'Arrigo Cosimo, Comandante generale della Guardia di finanza ... 3 21 22
Fogliardi Giampaolo (PD) ... 17
Graziano Stefano (PD) ... 20
Leo Maurizio (PdL) ... 14
Messina Ignazio (IdV) ... 16
Milanese Marco Mario (PdL) ... 16
Occhiuto Roberto (UdC) ... 19
ALLEGATO: Tabelle consegnate dal Comandate generale della Guardia di finanza ... 23
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.
Resoconto stenografico
AUDIZIONE
La seduta comincia alle 14,20.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2 del Regolamento, l'audizione del Comandante generale della Guardia di finanza sulle tematiche relative all'operatività del Corpo.
Do la parola al Comandante D'Arrigo.
COSIMO D'ARRIGO, Comandante generale della Guardia di finanza. Signor presidente, onorevoli deputati, desidero innanzitutto ringraziarvi per l'invito a questa audizione, che mi offre l'occasione per illustrare alla Commissione quali sono gli obiettivi, le linee di intervento, i risultati e le prospettive future dell'operatività della Guardia di finanza, nel quadro della propria missione istituzionale di polizia economica e finanziaria.
Come sapete, le strategie d'impiego del Corpo sono fissate ogni anno dal Ministro dell'economia e delle finanze, mediante la direttiva generale per l'azione amministrativa e la gestione.
Due sono gli obiettivi prioritari indicati per il 2008: anzitutto, la lotta all'evasione e all'elusione fiscale in tutte le loro manifestazioni; a fianco a questa, ugualmente importante, è la lotta alla criminalità economica e finanziaria, per contrastare l'impatto negativo delle associazioni criminali sul sistema produttivo, sulla crescita e sullo sviluppo del Paese.
In particolare, rientrano in questa seconda area quella serie di servizi che i reparti sviluppano sistematicamente operando su tre fronti convergenti, ossia la lotta alle frodi, ai traffici illeciti e alla criminalità sotto il versante patrimoniale.
E infatti, nel campo della spesa pubblica, i nostri interventi sono finalizzati ad impedire che i finanziamenti comunitari e nazionali destinati alle nuove iniziative imprenditoriali siano, invece, aggrediti dalla criminalità organizzata o similare, che tenta di distrarre a proprio vantaggio risorse importantissime per il rilancio dello sviluppo e dell'occupazione.
Nello stesso tempo, i reparti aeronavali e territoriali assicurano la vigilanza ai confini e il controllo economico del territorio, al fine d'intercettare i traffici illeciti che sono all'origine degli altissimi profitti accumulati dalla criminalità interna e internazionale, ivi compreso il contrabbando di sigarette e di oli minerali, di sostanze stupefacenti e di prodotti contraffatti, il gioco d'azzardo e le scommesse in violazione del monopolio statale, l'immigrazione clandestina e il lavoro nero.
Infine, importanti sono le nostre proiezioni investigative in materia antimafia e antiriciclaggio, allo scopo di rintracciare i flussi di capitali sporchi per impedirne
l'accumulazione, l'utilizzo, il riciclaggio e il reinvestimento nel circuito economico legale, nonché per contrastare il finanziamento del terrorismo.
Nel corso di questa audizione, fornirò uno spaccato dei principali dati di situazione, con alcuni brevi commenti a proposito delle iniziative progettuali che stiamo portando avanti per migliorare i risultati e ridurre i costi dell'attività operativa.
Stiamo lavorando, infatti, su quattro pilastri fondamentali della nostra infrastruttura organizzativa, che si basano: sull'intelligence abbinata all'analisi di rischio; sulle metodologie investigative; sulla collaborazione istituzionale con gli altri attori della fiscalità e del comparto sicurezza; sulla deterrenza connessa all'applicazione effettiva delle sanzioni.
Primo punto: lotta all'evasione fiscale.
Il contrasto dell'evasione tributaria costituisce sempre, anche nel 2008, l'obiettivo strategico prioritario della Guardia di finanza.
Le linee di azione attuali si pongono, infatti, in linea di continuità con il piano triennale di potenziamento del contrasto all'economica sommersa, alle frodi e all'immigrazione clandestina, che è stato varato dall'articolo 2 del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203.
In sostanza, il Corpo ha incrementato le risorse destinate all'attività di verifica in misura del 25 per cento nell'arco degli anni 2005, 2006 e 2007, rispetto alla media precedente.
Ciò ha comportato un innalzamento generale della presenza ispettiva, modulata attraverso le varie tipologie di verifiche e controlli, compresi quelli strumentali in materia di scontrini e ricevute fiscali.
Il piano di lavoro del 2008 s'innesta sulle strategie operative degli ultimi anni e le consolida, senza flessioni o cali di tensione.
Infatti, i risultati dell'attività di verifica fino al 30 settembre scorso sono indubbiamente positivi, atteso che: sono stati verbalizzati elementi di reddito sfuggiti a tassazione per 21,6 miliardi di euro, ossia circa il 50 per cento in più rispetto al corrispondente periodo del 2007; l'IVA dovuta e non versata ammonta a 3,6 miliardi di euro, di poco superiore ( 4 per cento) al livello del 2007, che pure era stato il più alto degli ultimi decenni; i rilievi in materia di IRAP ammontano a 15 miliardi di euro, ossia pari già al consuntivo dell'intero 2007.
Dietro queste cifre non ci sono segreti particolari, bensì un grande lavoro portato avanti dai reparti territoriali e speciali della Guardia di finanza, in collaborazione con l'Agenzia delle entrate, fondato su una più attenta selezione dei soggetti da controllare e sull'adozione di metodologie di verifica più snelle, rapide e mirate.
In breve, i criteri di programmazione delle verifiche danno priorità ai soggetti e alle categorie economiche a più alto rischio di evasione e di frode fiscale, tenendo conto anche della disponibilità correlata di patrimoni aggredibili per il recupero effettivo dei crediti erariali. Questo è un passaggio di particolare importanza.
Le migliori esperienze di verifica maturate sul campo vengono poi sviluppate su scala nazionale, grazie ai «lavori a progetto» che i reparti speciali mettono in piedi attraverso lo studio e l'analisi di rischio dei principali filoni investigativi, l'incrocio e l'analisi di tutte le banche dati a disposizione del Corpo e la predisposizione finale di programmi nominativi d'intervento da eseguire con tempi, metodologie e risorse predefinite.
All'origine dei nostri interventi c'è sempre, pertanto, un mix di attività d'intelligence e analisi di rischio, che parte dal controllo economico del territorio, dall'osservazione diretta e dalla ricerca informativa e si completa con la selezione ragionata degli obiettivi di verifica mediante estrapolazioni informatiche di insiemi di contribuenti anomali o irregolari.
La seconda leva della manovra del 2008 è incentrata sul miglioramento della qualità dei controlli, attraverso due nuove iniziative, ossia: l'introduzione di «percorsi ispettivi minimi» per la verifica degli aspetti salienti di gestione delle attività commerciali, manifatturiere e professionali di medio-piccole dimensioni (rientranti
negli studi di settore), razionalizzate con apposite check list essenziali, uniformi e deterrenti; l'incentivazione delle indagini bancarie e finanziarie on line per i casi di frode ed evasione fiscale più rilevanti (basti accennare a tal proposito che quest'anno le verifiche approfondite con indagini bancarie sono circa 2 mila, il 45 per cento in più del 2007).
Volendo a questo punto fornire alla Commissione una chiave di lettura dei fenomeni su cui incide prevalentemente l'attività di polizia tributaria dei reparti, aggiungerò soltanto tre note di commento: la prima, per sottolineare che il peso dell'evasione realizzata dai soggetti che sfruttano il lavoro nero e irregolare e che non presentano affatto le dichiarazioni dei redditi ed IVA rimane molto alto: infatti, gli evasori totali scoperti ogni anno dalla Guardia di finanza oscillano dai 7.500 del 2005 agli 8.800 del 2007, con basi imponibili sottratte all'applicazione delle imposte sui redditi in crescita (dai 7,4 miliardi del 2005 ai 10,8 miliardi dell'anno scorso).
L'andamento del fenomeno nel 2008 è in linea con il trend del 2007 (al 30 settembre, sono 5.600 gli evasori totali verbalizzati, con 8 miliardi di redditi evasi).
Questi dati sembrano confermare come il fenomeno degli evasori totali, che più danneggia e distorce i meccanismi di concorrenza di mercato a danno delle imprese leali e legali, non accenna a diminuire, probabilmente perché l'applicazione degli studi di settore da parte dell'Agenzia delle entrate ha indotto paradossalmente una fetta consistente di contribuenti di prima fascia, quella più bassa, a tentare di «sommergersi» completamente nell'economia in nero, piuttosto che adeguarsi ai livelli più congrui e coerenti di ricavi determinati attraverso lo specifico software denominato «Gerico»; la seconda osservazione riguarda l'evasione fiscale internazionale, perpetrata mediante l'esterovestizione della residenza fiscale di società nazionali o attraverso l'omessa dichiarazione di stabili organizzazioni in Italia di soggetti stranieri, oppure con altri sistemi di elusione delle regole di tassazione dei rapporti
con l'estero; i redditi recuperati a tassazione su questo fronte continuano ad essere elevati, passando da 1,9 miliardi dell'intero 2007 a 3,8 miliardi ( 100 per cento), già al 30 settembre 2008; infine, una sottolineatura particolare deriva dall'esperienza operativa della Guardia di finanza, che assomma in sé le qualifiche di polizia tributaria e di polizia giudiziaria, e riguarda la pericolosità delle frodi in materia di IVA nazionale e comunitaria. È questo un settore in cui si annidano vere e proprie organizzazioni criminali specializzate nelle frodi «carosello», ossia in giri vorticosi di fatture false e interposizioni fittizie di teste di legno, ramificate su tutto il territorio e collegate a livello internazionale, che vengono utilizzate per evadere l'IVA e spiazzare dal mercato le imprese oneste, che non possono vendere beni e servizi a prezzi concorrenziali rispetto a quelli praticati dai frodatori.
Il fenomeno è molto più diffuso di quel che si immagini; le persone denunciate all'autorità giudiziaria per frodi fiscali dalla Guardia di finanza nel 2005 erano 6.100, nel 2007 ammontavano a 8.200, nel 2008 fino al 30 settembre sono già 6.500; l'IVA indicata in fatture per operazioni inesistenti accertate quest'anno è già pari a 2,1 miliardi di euro ( 50 per cento rispetto al 2007), con effetti destabilizzanti del sistema a causa dell'indebita detrazione di somme ingentissime portate in compensazione di altri debiti tributari o addirittura chieste a rimborso.
Quest'ultimo punto mi dà modo di accennare ai piani straordinari di controllo che la Guardia di finanza sta preparando assieme all'Agenzia delle entrate e all'Agenzia delle dogane, al fine di dare attuazione all'articolo 83 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 che prevede il rafforzamento della lotta alle frodi e il programma triennale di accertamenti basati sugli indici di capacità contributiva delle persone fisiche (strumento a nostro parere davvero potente).
Dirò subito che il lavoro con le nostre due agenzie partner privilegiate, è davvero a buon punto. Si respira - credo per la prima volta, lo sottolineo con una grande
soddisfazione personale - uno spirito di sana e leale collaborazione tra le Agenzie e il Corpo, di modo che ognuno mette in comune le proprie conoscenze informative, esperienze e professionalità specifiche, sia a livello centrale sia in periferia, coordinando gli interventi attraverso una cabina di regia unica e un'analisi di rischio unificata, con precisi compiti e procedure di raccordo.
L'obiettivo è quello di rendere più efficiente la filiera dei controlli, in un'ottica unitaria con le fasi successive degli accertamenti e delle riscossioni dei tributi evasi.
In questo scenario, la Guardia di finanza rafforzerà ulteriormente l'impegno a contrasto delle frodi IVA, concentrando gli sforzi sulle attività investigative di maggiore spessore per la repressione delle frodi più insidiose, che richiedono un'azione persistente e continua, valorizzando appieno le proprie competenze di polizia giudiziaria e la capillarità delle strutture territoriali.
Queste ultime saranno altresì fondamentali per l'implementazione della nuova piattaforma tecnologica C.E.TE. - controllo economico del territorio - realizzata dal Corpo insieme con la SO.GE.I.
Si tratta di un nuovo applicativo informatico in corso di distribuzione che agevolerà il rilevamento delle manifestazioni di ricchezza (possesso di autovetture di lusso, yacht e imbarcazioni da diporto, residenze secondarie e ville, aeromobili, cavalli da corsa e altri beni o servizi sintomatici di un alto tenore di vita), che verranno incrociate con le informazioni presenti in anagrafe tributaria e selezionate per l'estrapolazione di contribuenti con redditi incongrui o sproporzionati.
Grazie a questo sistema - che potrebbe essere esteso, in futuro, nell'ottica del federalismo fiscale e della partecipazione dei comuni al piano triennale in questione, anche agli enti locali - gli elementi acquisiti sul territorio e a mare, una volta elaborati e filtrati, saranno messi a disposizione dell'Agenzia delle entrate per l'applicazione del redditometro, mentre i fenomeni evasivi più articolati, realizzati tramite teste di legno e società di comodo o grazie a distrazioni di beni aziendali per finalità personali, saranno sviluppati dai reparti del Corpo competenti, anche al fine di risalire all'origine lecita o illecita dei capitali investiti.
Come si vede da questo esempio, il Corpo è pronto a collaborare con tutti gli altri attori della fiscalità, anche in vista dell'attuazione della riforma federalista.
Infatti, la Guardia di finanza, con le sue unità operative dislocate su tutto il territorio, nelle grandi città come in alcuni comuni di più contenute dimensioni, può costituire un'importante risorsa, già efficiente e attrezzata, per il supporto alle regioni e agli altri enti locali nell'azione di contrasto agli illeciti in danno delle entrate di questi ultimi.
Del resto, non solo il vigente assetto normativo prevede che il Corpo possa esercitare le importanti potestà ispettive attribuite ai suoi militari per la tutela dei tributi anche locali, ma sono già numerose le forme di collaborazione esistenti sul territorio fra i nostri reparti e i predetti enti, formalizzate in 80 protocolli d'intesa.
Su queste basi consolidate, la Guardia di finanza può assicurare la propria disponibilità per quella che è la sua vocazione naturale, ossia l'investigazione riferita ai casi di evasione più articolati e complessi, che richiedono un approccio approfondito e protratto nel tempo.
L'azione del Corpo, pertanto, è ben in grado di supportare e integrare quella degli organi di controllo locale, che, prevedibilmente, saranno impegnati in larga misura nella vigilanza sul corretto rispetto degli obblighi strumentali, dichiarativi e di versamento, nonché nelle procedure di recupero dei tributi evasi e di applicazione delle sanzioni.
Detto questo, in chiusura del tema della lotta all'evasione mi preme informare la Commissione riguardo a due iniziative di miglioramento che stiamo portando ad effetto. La prima riguarda la nuova circolare sull'attività di verifica che verrà emanata entro la fine dell'anno: si tratta di un'istruzione operativa molto dettagliata e completa, concepita per rendere più efficace l'interazione tra verifica e
accertamento, attraverso la definizione di metodologie di controllo chiare e check list di applicazione uniforme, allo scopo di far aumentare la qualità dei rilievi, tanto in punto di diritto quanto di fatto.
Anche in questo progetto, abbiamo ricevuto una preziosissima collaborazione dall'Agenzia delle entrate, a garanzia del fatto che le soluzioni operative prescelte sono tutte in linea con gli orientamenti degli uffici dell'accertamento (altrimenti sarebbe inutile). La seconda iniziativa riguarda il livello di effettiva realizzazione dei crediti erariali innescati dalle verifiche del Corpo. È questo un aspetto cui teniamo molto, che è oggetto di strategie concertate con l'Agenzia delle entrate e la società Equitalia.
Segnali importanti in questa direzione sono emersi dall'andamento positivo del nuovo istituto dell'adesione ai processi verbali di constatazione, introdotto dall'articolo 83, comma 18, del citato decreto-legge n. 112 del 2008. Infatti, nei primi due mesi dall'entrata in vigore di questo strumento di rapida definizione dei contesti, circa 400 verifiche dei reparti del Corpo sono state oggetto di definizione, per casi di evasione di redditi imponibili pari a 100 milioni di euro.
Accanto a questo, si consideri pure che stanno aumentando i sequestri di beni patrimoniali ai fini amministrativi e penali, che hanno raggiunto nel corrente anno l'importo complessivo di 98 milioni di euro (tale cifra non tiene conto degli ultimi eventi connessi con le attività operative a Caserta, sulle quali riferirò più avanti).
La collaborazione della Guardia di finanza con gli agenti di Equitalia si sta rivelando assolutamente positiva ai fini della riscossione coattiva dei ruoli d'importo più consistente.
In definitiva, il nostro intendimento è di insistere su questa strada, puntando sempre più sulla qualità dei rilievi, supportati da elementi probatori forti e difficilmente contestabili, così da velocizzare i tempi dell'accertamento e della riscossione delle imposte evase.
Passo ora a trattare il secondo punto, ossia dell'operatività della Guardia di finanza nel campo della lotta alle frodi in danno dei finanziamenti dei bilanci dello Stato, delle regioni e dell'Unione europea.
Per prima cosa, desidero rimarcare che siamo assolutamente consapevoli dell'importanza degli interessi in gioco.
Il Quadro strategico nazionale per il periodo 2007/2013 prevede l'erogazione di 125 miliardi di euro di incentivi comunitari e nazionali per la crescita e lo sviluppo delle imprese, di cui 100 destinati al Mezzogiorno.
Questo scenario apre un orizzonte di grande respiro, un'opportunità irrinunciabile per risollevare il Paese dalla crescita zero, per rilanciare la produttività e il made in Italy.
Per questo, ben si comprende la richiesta di legalità che è salita forte e chiara negli ultimi mesi dalle associazioni degli industriali e dai cittadini, soprattutto in Sicilia e nelle regioni del Sud: occorre restituire fiducia agli imprenditori onesti, ripristinando le condizioni di legalità che sono il presupposto per l'utilizzo efficace dei finanziamenti destinati allo sviluppo e all'occupazione.
Ecco perché l'azione di contrasto alla criminalità organizzata e finanziaria deve essere ancora più ferma e decisa, forte e determinata.
L'esperienza operativa dell'ultimo triennio, espressiva di un trend ormai consolidato dell'azione antifrode dei reparti, evidenzia che il livello delle truffe scoperte continua ad essere il più alto dei Paesi comunitari.
Dal 2006 al 2008 (fino al 30 settembre) sono state accertate frodi alla politica agricola comune e illecite captazioni di finanziamenti a carico dei fondi strutturali con annesse quote di cofinanziamenti nazionali per complessivi 2 miliardi e 400 milioni di euro, a seguito di 4.600 interventi che hanno portato alla denuncia di responsabilità penali e per danni erariali a carico di 4.772 persone, di cui 113 tratte in arresto su ordine dell'autorità giudiziaria.
Il trend dei primi nove mesi del 2008 evidenzia una crescita del 22 per cento delle frodi scoperte rispetto all'analogo periodo del 2007; ciò è frutto degli sforzi di miglioramento qualitativo delle azioni ispettive, nonché della strategia di potenziamento attuata nel corrente esercizio su direttive del Ministro dell'economia e delle finanze, che ha comportato l'aumento del 60 per cento delle capacità operative impegnate nello specifico comparto, rispetto al 2007.
Da un'analisi più ravvicinata dei dati di esperienza del Corpo emerge che le frodi comunitarie sono concentrate soprattutto al Sud, nelle regioni in ritardo di sviluppo aventi un PIL pro capite inferiore al 75 per cento della media comunitaria.
Si tratta, purtroppo - lo dico perché sono siciliano - delle regioni Sicilia, Calabria, Puglia, Campania, Basilicata e, fino al 2006, anche della Sardegna, rientranti nell'«obiettivo 1» delle politiche strutturali 2000-2006 e nell'attuale «obiettivo convergenza» del piano 2007/2013; in queste regioni risulta localizzato l'85 per cento delle truffe scoperte dalla Guardia di finanza nell'ultimo triennio.
I settori maggiormente colpiti sono i finanziamenti a carico del Fondo europeo di sviluppo regionale, gli aiuti alla produzione e trasformazione di prodotti ortofrutticoli e i contributi erogati ai sensi della legge n. 488 del 1992.
La nostra strategia d'intervento mira a consolidare i punti di forza acquisiti e migliorare ancora la collaborazione istituzionale con gli organi di gestione dei finanziamenti.
Infatti, nel campo legislativo possiamo affermare che la ratifica della convenzione (T.I.F.) sulla tutela degli interessi finanziari della Comunità europea, avutasi con la legge n. 300 del 2000, ha segnato un vero e proprio salto di qualità della normativa penale di settore, soprattutto con l'introduzione della confisca per equivalente dei beni posseduti dagli autori dei reati e dalle società che hanno tratto vantaggio dalle truffe, fino a concorrenza degli importi indebitamente percepiti. Questo è un dato di particolare importanza.
In base a queste norme, i reparti del Corpo hanno chiesto ed eseguito per ordine dell'autorità giudiziaria sequestri di beni, nell'ultimo biennio, per oltre 160 milioni di euro.
Il nostro intendimento è di proseguire ed estendere il più possibile questa linea operativa in collaborazione con l'autorità giudiziaria.
Per quanto concerne l'analisi di rischio, la stessa Commissione europea - più esattamente il Commissario alle politiche regionali, Danuta Hubner - ha recentemente elogiato l'Italia perché è «l'unico Paese ad avere un proprio programma di controllo contro l'uso dei fondi da parte del crimine». Una parte dei dati che posizionano l'Italia ultima, ovvero la nazione peggiore sotto questo aspetto, deriva dal fatto che, probabilmente, gli altri Paesi non denunciano abbastanza.
Questo avviene, perché, mentre negli altri Paesi i filtri dei controlli si sostanziano nelle verifiche amministrativo-contabili-finanziarie delle autorità di certificazione e di audit dei singoli programmi strutturali, in Italia a questi filtri si aggiungono quelli molto più incisivi, complementari e autonomi della Guardia di finanza, che sono innescati da criteri di rischio tipicamente di polizia.
Ad esempio, i piani operativi del 2008 sono indirizzati su soggetti beneficiari di aiuti comunitari che però risultano anche già indagati per reati di emissione e/o utilizzo di fatture false, oppure, collegati a persone con gravi precedenti o pendenze penali per reati di criminalità organizzata, oppure, ancora, controllati da consulenti o (questo è ancora più grave) professionisti esterni specializzati nella presentazione di domande di aiuto fraudolente, che operano in alcune zone dei meridione come veri «lobbisti» della frode.
Il segreto del successo di questa strategia poggia quasi esclusivamente sullo spirito di squadra che anima i rapporti tra la Guardia di finanza e gli organi di gestione degli aiuti.
Infatti, le regioni e le autorità erogatrici sono disposte a fornire al Corpo l'accesso alle banche dati dei beneficiari, indispensabili per operare gli incroci e le elaborazioni dei nostri reparti speciali; nel contempo, la Guardia di finanza si impegna ad intervenire ogni qualvolta dai controlli amministrativi emergano sospetti o tracce di fatti di rilevanza penale.
Il terzo punto riguarda la lotta ai traffici illeciti. I servizi di vigilanza dei confini nazionali e dell'Unione europea, con gli sviluppi sul territorio dei controlli delle pattuglie sui movimenti di persone, merci e capitali, inducono a mantenere alta la guardia contro i traffici illeciti di maggiore pericolosità criminogena, quelli cioè che rappresentano le principali fonti di arricchimento delle organizzazioni criminali e delle imprese da esse controllate.
Infatti, da qualche tempo, registriamo segnali di ripresa del contrabbando di sigarette dai Paesi dell'Est e dalla Cina verso l'Italia e i partner comunitari: i sequestri operati al confine sono lievitati da 107 tonnellate nel 2005 a 270 tonnellate nel 2007, con un trend che nel 2008, sino al 30 settembre, segna un ulteriore incremento del 25 per cento.
Nel settore delle accise, il problema energetico causato dall'innalzamento del prezzo del petrolio sui mercati internazionali ha determinato una recrudescenza del contrabbando di oli minerali, specialmente nella forma della distrazione dei carburanti destinati ad usi esenti o agevolati nel campo dell'agricoltura e della pesca, ma di fatto dirottati fraudolentemente per l'autotrazione: negli ultimi tre anni, sono stati sequestrati 46,5 tonnellate di prodotti petroliferi, accertando l'immissione in consumo di ulteriori partite di contrabbando pari a 200 tonnellate.
Nel comparto del gioco d'azzardo e delle scommesse clandestine, l'ottima collaborazione instaurata con l'amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato ha consentito ai reparti del Corpo d'individuare e sequestrare 136.000 apparecchi da intrattenimento, agenzie abusive di raccolta e siti internet che sono stati poi oscurati per gioco illegale.
I traffici di merci con marchi contraffatti o usurpativi del made in Italy hanno avuto una crescita esponenziale, al punto tale che oramai possono essere ritenuti per i cittadini, a livello di sicurezza percepita, uno dei fattori più alti di rischio di turbativa.
L'«industria del falso» è un fenomeno che provoca ingenti danni economici per le imprese, a causa delle mancate vendite, della riduzione del fatturato, della perdita di immagine e di credibilità soprattutto; provoca anche un pericolo per la salute dei cittadini, tenuto conto della scarsa qualità e sicurezza intrinseca dei prodotti contraffatti; strette connessioni - questo è molto importante - con l'immigrazione clandestina e le organizzazioni criminali che controllano il settore (infatti, gli immigrati extra-comunitari irregolari rappresentano la manodopera a basso costo impiegata come ultimo anello della catena distributiva dei prodotti contraffatti); gravi iniquità e danni sociali a causa dello sfruttamento, come lavoratori in nero, di persone disoccupate, disagiate e in stato di bisogno, con effetti di forte inquinamento e destabilizzazione del funzionamento del mercato, a causa dello spiazzamento delle imprese che
rispettano le regole e che non possono reggere tale tipo di concorrenza sleale; ha inoltre una potenzialità criminogena accentuata a causa dell'accumulo, del riciclaggio e del reinvestimento degli altissimi profitti così realizzati anche in altre attività delittuose gestite dalle organizzazioni italiane e straniere (soprattutto cinesi); infine, comporta rilevanti perdite di entrate del bilancio dello Stato, a causa dell'evasione fiscale e contributiva connessa a questo mercato illegale parallelo.
In questo scenario, i traffici di merci contraffatte in Italia rappresentano una fetta cospicua di un fenomeno che interessa tutta l'Unione europea: secondo l'ultimo rapporto della Commissione di Bruxelles, i prodotti sequestrati nel 2007 dalle dogane dei 27 partner comunitari sono stati 79 milioni di pezzi, di cui il 60 per cento provenienti dalla Cina.
In tale contesto, il 22 per cento del totale dei sequestri europei è stato effettuato
ai confini del nostro Paese dall'Agenzia delle dogane e dalla Guardia di finanza.
È questa una quota parte degli oltre 270 milioni di prodotti contraffatti o insicuri intercettati dai reparti del Corpo dal 2005 al 2007, con la denuncia all'autorità giudiziaria di 53 mila persone, tra cui 1.640 indagati per associazione per delinquere.
Malgrado questi risultati, l'azione repressiva non può dirsi pienamente efficace, in quanto le sanzioni attualmente previste per questo tipo di reati si sono rivelate inadeguate e inidonee per l'attivazione di strumenti investigativi penetranti.
Sono state avanzate, pertanto, agli organi centrali competenti, articolate proposte legislative di modifica del codice penale e di procedura penale, che muovono nella direzione di introdurre sanzioni più gravi per le imprese che operano continuativamente per la produzione, l'importazione e l'immissione in consumo delle merci contraffatte, prevedendo per queste fattispecie l'estensione dei principali istituti della legislazione antimafia, con il sequestro dei beni patrimoniali, le consegne controllate e le operazioni di polizia giudiziaria sotto copertura.
In chiusura d'argomento, desidero informare la Commissione di due progettualità molto importanti che abbiamo avviato con l'Agenzia delle dogane, la Polizia di Stato e l'Arma dei carabinieri, proprio al fine di rafforzare il dispositivo di controllo del territorio e la vigilanza delle aree portuali.
Si tratta di specifiche iniziative approvate dal Ministero dell'interno nell'ambito della gestione del Programma operativo nazionale «Sicurezza per lo sviluppo - Obiettivo convergenza 2007-2013» cofinanziato dall'Unione europea, che prevedono: da un lato, la realizzazione di impianti di videosorveglianza nei 12 porti maggiori del meridione (Gioia Tauro, Napoli, Salerno, Taranto, Catania e altri), al fine di monitorare i movimenti dei container di merci in entrata, in transito e in uscita dallo Stato, mediante apposite sale operative sorvegliate continuativamente dalla Guardia di finanza e dall'Agenzia delle dogane; dall'altro lato, la creazione di una piattaforma tecnologica comune delle forze di polizia, delle dogane e delle polizie locali dei centri cittadini più grossi, che metterà in comune le informazioni sui servizi di maggiore rilevanza e aprirà un canale diretto di collaborazione con le industrie danneggiate dalla
contraffazione, che faranno intervenire i loro periti per il rilascio di referti tecnici e fotografici di ausilio per il riconoscimento della falsificazione «d'autore» più sofisticata.
A completamento di questo excursus veloce fornisco alcuni ragguagli sull'attività di contrasto ai traffici di stupefacenti e all'immigrazione clandestina.
Nel primo settore (traffici di stupefacenti) dal 2006 ad oggi, l'impegno dei reparti ha portato all'individuazione e alla denuncia all'autorità giudiziaria di circa 28.700 soggetti, di cui oltre 9.140 tratti in arresto a seguito del sequestro di 60 tonnellate di droga.
Sono cifre molto consistenti, che corrispondono al 70 per cento della cocaina, al 73 per cento dell'eroina e al 64 per cento dell'hashish e della marijuana complessivamente sequestrate nel nostro Paese.
Sul versante del contrasto all'immigrazione clandestina, in cui il Corpo opera prevalentemente attraverso la sua componente aeronavale, l'impegno dei nostri reparti è testimoniato dagli oltre 1800 soggetti arrestati e circa 32 mila fermati senza permesso di soggiorno, dal 2006 ad oggi.
In effetti, l'immigrazione clandestina è un tema epocale, di grande allarme sociale, che ha assunto connotazioni di altissimo rischio per la vita dei migranti.
In questo contesto, secondo le analisi del Ministero dell'interno, circa il 60 per cento dei flussi di migranti irregolari è alimentato dagli «overstayers» ossia dagli stranieri che entrano regolarmente in Italia e vi permangono dopo la scadenza del visto o dell'autorizzazione di soggiorno; il 25 per cento giunge, invece, illegalmente da altri Paesi dell'area Schengen, approfittando dell'abolizione dei controlli alle
frontiere interne; il restante 15 per cento giunge via mare, partendo dalla Libia e dal Nord Africa, con mezzi assolutamente inadatti e pericolosi per la traversata, fino a Lampedusa e alle coste della Sicilia, nonché ultimamente anche della Sardegna.
La strategia operativa adottata dai reparti aeronavali dei Corpo, in linea con i compiti assegnati dal Ministro dell'interno, si è quindi orientata verso la difesa avanzata degli interessi nazionali e comunitari, proiettando l'azione di intercettazione e contrasto fino a ridosso dei Paesi di partenza dei traffici (o, perlomeno, vorremmo farlo).
In questo quadro, è importante ricordare il Protocollo d'intesa bilaterale firmato alla fine del 2007 dal Ministro dell'interno italiano e dal Ministro degli esteri libico, il quale prevede - tra l'altro - che la Guardia di finanza ceda alla polizia libica tre guardacoste e tre vedette da utilizzare per il pattugliamento del mare territoriale e delle acque internazionali prospicienti il porto di Zuwarah, principale snodo dei trasporti di clandestini verso Lampedusa, curando l'addestramento del personale e la manutenzione dei mezzi, anche attraverso il distacco di un ufficiale presso il Comando operativo interforze in Libia, con compiti di collegamento e di orientamento. Come è a tutti noto, la missione sarà avviata in concreto non appena la parte libica ultimerà i preparativi di competenza.
Quarto punto: lotta alla criminalità organizzata sotto il profilo patrimoniale. La Guardia di finanza contrasta gli interessi economici e finanziari della criminalità organizzata mediante investigazioni antimafia e antiriciclaggio mirate a colpire i patrimoni illecitamente accumulati dalle organizzazioni criminali e a prevenire e reprimere la formazione e la circolazione di capitali illegali a danno dei risparmiatori e del sistema produttivo.
Anche questo campo d'azione presenta profonde connessioni con la lotta all'evasione fiscale.
Infatti, se l'alto tenore di vita e l'elevata capacità d'investimento patrimoniale, riscontrati in soggetti che non svolgono attività economiche idonee a giustificare tali disponibilità finanziarie o che esercitano attività lavorative di rilievo modesto, sono di norma indici di redditi sottratti al fisco, accade non di rado che tali situazioni nascondano flussi di denaro in realtà provenienti da attività illecite.
Di fronte a circostanze del genere, l'approccio investigativo dei nostri militari non si ferma ai profili strettamente fiscali, ma tende a ricostruire i passaggi del denaro e dei beni, fino a risalire a chi li ha effettivamente procurati e, soprattutto, a come li ha procurati.
È con tale articolato processo di investigazione che la Guardia di finanza fornisce, quotidianamente, il suo principale contributo alla lotta alle organizzazioni criminali.
Più in generale, la ricostruzione degli interessi finanziari di queste strutture richiede un'azione ad ampio raggio, che tenga conto della potenza economica raggiunta dalle stesse, della capacità di permeare la società civile, della tendenza a celarsi sotto forme imprenditoriali apparentemente normali.
È un percorso articolato - desidero sottolineare questo aspetto - in cui la Guardia di finanza mette in campo il meglio delle proprie professionalità e delle proprie competenze, con il fine ultimo di pervenire alla confisca dei patrimoni illecitamente accumulati, attraverso gli strumenti previsti dall'ordinamento giuridico.
Le indagini sui flussi finanziari, del resto, sono in larga parte ispirate alle metodologie proprie delle verifiche fiscali svolte dai reparti del Corpo; sottolineo ancora questa particolare esperienza assolutamente indispensabile per procedere ad attività di questo genere, che non si fermano all'ispezione contabile basata sulle tecniche di audit e di revisione aziendale, ma vanno oltre, per ricostruire l'origine reale dei capitali investiti nelle attività d'impresa.
L'impegno profuso in questa direzione negli ultimi anni è stato ulteriormente accresciuto; nel 2007 gli accertamenti antimafia eseguiti dal Corpo hanno riguardato
quasi 3 mila soggetti, tra persone fisiche e società, il 50 per cento in più rispetto a due anni prima.
La constatazione più importante e incoraggiante, peraltro, è che, dopo anni impiegati nel sequestro dei beni appartenenti alle organizzazioni criminali, si assiste ora all'emanazione di importanti provvedimenti di confisca sui medesimi beni, segno inequivocabile della qualità del lavoro investigativo svolto.
Infatti, il valore dei beni confiscati, grazie all'azione del Corpo, è cresciuto dai 74 milioni di euro del 2006 ai quasi 150 del 2007 e quest'anno già ammonta a oltre 350 milioni; continua comunque, su tutto il territorio, la formulazione di proposte all'autorità giudiziaria per l'applicazione della misura del sequestro preventivo, che quest'anno già superano il miliardo di euro di valore complessivo.
Mi preme sottolineare come l'attività della Guardia di finanza nel contrasto alla criminalità organizzata si inserisca perfettamente in un dispositivo, di cui fanno parte tutte le forze di polizia sotto la direzione dell'autorità giudiziaria, che ha dimostrato di saper perfettamente interagire, nel rispetto delle competenze e delle specificità, al fine di addivenire a risultati di primissimo piano nella lotta quotidiana contro le cosche mafiose e gli altri sodalizi delinquenziali.
Ne troviamo un esempio recente nella operazione «Spartacus III», condotta alla fine dello scorso mese di settembre nei confronti di 108 arrestati affiliati al clan dei Casalesi, in cui l'azione congiunta di Guardia di finanza, Polizia di Stato e Arma dei carabinieri, ha consentito di assestare un deciso colpo ad una delle organizzazioni più pericolose ed efferate della camorra.
Ricordo che, in tale circostanza, i reparti del Corpo hanno eseguito sequestri preventivi di beni immobili, mobili e di attività economiche per oltre 100 milioni di euro, nei confronti di 165 soggetti.
L'intenzione è quella di proseguire su questa strada e in questo settore.
A tal fine, sono in corso progetti di implementazione e di formazione del personale sull'utilizzo di più performanti strumenti informatici a supporto delle investigazioni economico-finanziarie, nonché la definizione di più stringenti rapporti di collaborazione con la confederazione degli industriali a livello nazionale e, più in particolare, in Sicilia, nel quadro delle iniziative di forte reazione di un numero crescente di imprenditori contro il racket delle estorsioni e le ingerenze di Cosa nostra nel mondo degli appalti e dei finanziamenti pubblici.
Strettamente collegata all'attività antimafia, è l'azione di contrasto al riciclaggio di denaro sporco, attesa l'esigenza di garantire il monitoraggio degli investimenti nel sistema produttivo, in particolare in quelle regioni caratterizzate da forte sviluppo economico, dove è più probabile la formazione di capitali illeciti che i sodalizi criminali tentano di reinvestire sul territorio.
In questo settore, la riforma della legislazione antiriciclaggio ha notevolmente rafforzato il sistema di prevenzione e ha consolidato ulteriormente le competenze specialistiche della Guardia di finanza ai fini dello sviluppo investigativo delle segnalazioni di operazioni sospette.
Qui il livello di tensione operativa è crescente; tra il 2006 e il 30 settembre 2008, i reparti hanno sviluppato oltre 28 mila interventi tra indagini antiriciclaggio e controlli transfrontalieri di denaro non dichiarati, con la denuncia di 4.600 persone e il sequestro di beni e disponibilità patrimoniali per 1,2 miliardi di euro.
In questo periodo, particolarmente significativo è il piano operativo avviato dal nucleo speciale di Polizia valutaria e dal servizio centrale di investigazione sulla criminalità organizzata, in collaborazione con la direzione nazionale antimafia, nei confronti delle società finanziarie e della vasta rete di agenti operanti nel circuito money transfer, allo scopo di individuare casi di riciclaggio e accertare l'effettiva provenienza delle somme di denaro inviate all'estero da persone prive di spessore imprenditoriale.
Da questi filoni investigativi stanno emergendo situazioni di criticità sul
mondo della criminalità di etnia straniera, a causa del rintraccio di proventi illeciti trasferiti verso l'estero da tali operatori finanziari, senza un adeguato livello di filtro e di controllo.
Allo stato, sono state denunciate 625 persone per abusiva attività finanziaria e 41 per riciclaggio, nonché sono state appurate transazioni illecite verso la Cina per oltre 2 miliardi di euro.
L'attività del Corpo a tutela del mercato dei capitali, però, non si esaurisce qui.
Le unità operative sono impegnate quotidianamente nella repressione di qualsiasi genere di illecito economico e finanziario che può mettere a rischio la solidità e la trasparenza dei movimenti di denaro nel circuito economico legale: dalla lotta all'usura al contrasto dell'ampio ventaglio di reati societari, bancari, fallimentari e di borsa.
Si tratta di un'attività che può diventare ancor più significativa nell'attuale scenario di crisi internazionale dei mercati, ove occorre proteggere e incoraggiare il risparmio come bene pubblico, garantire la stabilità del sistema creditizio e assicurare la liquidità per l'economia reale.
Tutto ciò richiede, anche ad opera della Guardia di finanza, uno sforzo ulteriore di tutela della legalità, a protezione degli interessi dei risparmiatori, delle imprese e degli intermediari finanziari che operano nel nostro Paese, alla luce anche delle iniziative assunte dal Governo con il decreto-legge 9 ottobre 2008, n. 155.
Per questo motivo, stiamo intensificando l'attività dei reparti verso quei fenomeni che più di altri si ripercuotono sul sistema del credito, allo scopo di appurare il rispetto delle norme relative: alla trasparenza delle condizioni dei finanziamenti, con riferimento alla verifica del tasso-soglia per i prestiti usurari; alla pubblicità delle condizioni contrattuali, al fine di evitare messaggi informativi ingannevoli verso il pubblico; alla prevenzione delle frodi creditizie e finanziarie; al settore del «market abuse» in relazione a possibili condotte speculative concernenti il collocamento e l'utilizzazione di strumenti finanziari, tesi ad alterare e ad influenzare in modo artificioso il valore di azioni e titoli di società quotate e non quotate.
In linea più generale, l'attività operativa a tutela del mercato dei capitali viene sviluppata sia d'iniziativa che su richiesta delle Autorità indipendenti deputate, ai sensi dell'articolo 22 della legge sul risparmio, alla vigilanza dei mercati finanziari, ossia Consob, Banca d'Italia, Isvap e Autorità garante della concorrenza e del mercato.
Per dare un'idea dei risultati di questo lavoro negli ultimi tre anni, evidenzio che i reparti hanno sviluppato oltre 44 mila indagini per reati finanziari, con la segnalazione all'autorità giudiziaria di 14.300 soggetti, di cui 1.100 tratti in arresto, con l'esecuzione contestuale di sequestri di denaro, titoli e beni patrimoniali per complessivi 865 milioni di euro.
In questi dati rientrano anche le 774 indagini antiusura, che hanno consentito di denunciare 1.570 persone e sequestrare beni patrimoniali per 145 milioni di euro.
Sotto il profilo delle iniziative e delle progettualità in corso, preme evidenziare che il Corpo, sul piano organizzativo interno, ha di recente adeguato il proprio dispositivo di contrasto antiriciclaggio affiancando al nucleo speciale di Polizia valutaria - che costituisce l'organismo operativo referente dell'unità d'informazione finanziaria della Banca d'Italia - non soltanto i nuclei di polizia tributaria ma anche i gruppi e le compagnie territoriali per lo sviluppo delle segnalazioni di operazioni sospette, nella prospettiva di conferire maggiore incisività all'azione di prevenzione e repressione del fenomeno.
In un'ottica di maggiore valenza strategica, è altresì in programma la stipula di una convenzione con l'Agenzia delle entrate che consentirà l'utilizzazione dell'«archivio dei rapporti finanziari» non solo per l'attività di verifica in campo fiscale ma anche per lo sviluppo delle indagini patrimoniali, economiche e finanziarie.
Signor presidente, onorevoli deputati, accingendomi a concludere questa audizione,
come Comandante generale voglio dare atto al personale della Guardia di finanza che, anche con le più affinate tecnologie, le più avanzate metodologie di controllo, il più completo quadro di sinergie istituzionali, i reparti dei Corpo non avrebbero potuto conseguire i risultati ottenuti in tutti i settori a tutela della legalità fiscale, senza la professionalità, le capacità e un forte spirito di abnegazione.
Il controllo fiscale, le investigazioni economiche e finanziarie, la presenza sul territorio e sul mare, sono attività impegnative e, talvolta, anche rischiose, che devono coniugare conoscenze specialistiche, spirito critico e di analisi, nonché una certa vocazione al lavoro protratto nel tempo, oltre che trasparenza e linearità di comportamento ed equilibrio.
La valorizzazione del personale è quindi un fattore importante per il pieno successo delle nostre missioni e, quindi, per la tutela della legalità nel suo complesso, per il benessere della collettività, la crescita e lo sviluppo della società e dell'economia.
Vi ringrazio per l'attenzione.
PRESIDENTE. Ringrazio il Comandante per la sua importante e puntuale relazione.
Do ora la parola ai colleghi che intendano porre domande, o formulare osservazioni. Voglio ricordare che alle ore 16 avranno inizio i lavori dell'aula, pertanto raccomando la sinteticità nelle domande.
MAURIZIO LEO. Intendo innanzitutto ringraziare il Comandante generale della Guardia di finanza e tutto il personale del Corpo per l'impegno profuso e per i risultati raggiunti. Mi sembra che il documento che avete rassegnato evidenzi in modo inequivocabile come stiate ben operando.
I quattro filoni di intervento lasciano chiaramente capire che vi state impegnando e state ottenendo risultati sicuramente proficui.
Vorrei soffermare l'attenzione sul primo filone, quello della lotta all'evasione, e rivolgere alcune domande che mi sembra possano essere propedeutiche all'attività che la Guardia di finanza realizzerà nei prossimi mesi.
Infatti rilevo che sul federalismo fiscale state avviando una serie di iniziative. Avete dato vita a circa 80 accordi con le diverse realtà locali, anche se ora siamo in una fase un po' diversa, poiché il decreto-legge n. 112 del 2008 - come è noto - coinvolge attivamente anche gli enti locali nella segnalazione di eventuali indizi di evasione fiscale. Pensavo, pertanto, che probabilmente le parti in causa sono gli enti locali (nelle articolazioni preposte all'accertamento, ai controlli e quant'altro) e l'Agenzia delle entrate.
Quindi, la prima domanda che volevo rivolgerle è se riteniate di rivedere questi accordi bilaterali in una logica più ampia, coinvolgendo appunto Agenzia delle entrate, enti locali e Guardia di finanza, in modo che sia stipulato un protocollo d'intesa unitario e si definisca il ruolo di ciascuno, in modo da evitare duplicazioni.
È sicuramente molto importante il vostro specifico ruolo, giacché gli enti locali non hanno una particolare sensibilità nell'attività di contrasto all'evasione, né nelle metodologie tecniche di accertamento. Quindi, voi potete svolgere un po' il ruolo di capofila per questo tipo di attività.
In secondo luogo è chiaro - lo evidenziate in modo inequivocabile - che vi dedicherete a quella che è la fiscalità più sofisticata. L'attività di controllo di imprese da studi di settore è un fatto quasi automatico, direi quasi catastale, quindi è bene che voi indirizziate la vostra azione sul versante della fiscalità sofisticata, che tocca due comparti: la fiscalità internazionale e la fiscalità finanziaria.
A questo proposito, vista l'evoluzione e tenuto conto anche dei recenti avvenimenti - la crisi dei mercati finanziari è strettamente collegata anche a come vengono presentati gli asset nei bilanci aziendali - volevo chiedere se la Guardia di finanza abbia in mente di istituire una sorta di reparto «dedicato», che possa operare su tutto il territorio nazionale, che approfondisca e segua tutte le società quotate, tutte le banche e le imprese che
adottano gli IAS (International accounting standards). Questi standard, come sapete, implicano infatti una metodologia patrimoniale di bilancio completamente diversa da quella adottata dalle altre imprese. Anche nei trasferimenti dei beni, nelle transazioni, non si fa riferimento ai dati giuridici, bensì al principio della prevalenza della sostanza sulla forma. Siamo quindi in un campo completamente a parte.
Chiedo dunque se (sta a voi, poi, individuare un modello organizzativo idoneo) si possa immaginare una sorta di «nucleo valutario dedicato» in grado di coprire, su tutto il territorio nazionale, queste metodologie di accertamento, sicuramente diverse e molto più complesse rispetto a quelle che noi conosciamo.
Pongo una terza questione: avete evidenziato come si darà spazio all'accertamento con adesione sui processi verbali di constatazione. Vengo pertanto a un punto che mi sta a cuore e che, penso, stia a cuore anche a voi: la Guardia di finanza sta svolgendo un ruolo fondamentale in questa attività, quindi deve essere compartecipata ai proventi che da tale attività derivano. Sostengo ciò con piena convinzione e senza traccia di piaggeria.
Volevo conoscere il vostro punto di vista, posto che il processo verbale di constatazione, redatto dalla Guardia di finanza, che riscuote l'adesione del contribuente, non viene ulteriormente sindacato dall'Agenzia delle entrate e, quindi, genera immediatamente materia imponibile e un recupero da parte dello Stato. Una percentuale di tale recupero, come avviene per l'Agenzia delle entrate, dovrebbe essere assegnata al Corpo.
PRESIDENTE. Pregherei i colleghi di essere un po' più sintetici di quanto ha fatto l'onorevole Leo.
FRANCESCO BARBATO. Signor presidente, quando in Campania la «sede legale» della camorra era Nola - così diceva il procuratore della Repubblica - cioè la città dalla quale provengo, le cose andavano meglio, almeno da quanto sento affermare dai magistrati della DDA di Napoli, giacché, da quando la «sede legale» è stata trasferita a Casal di Principe, la situazione appare peggiorata.
Mi spiego: in passato arrivavano flussi economici per lavori pubblici, appalti e quant'altro; l'imprenditore pagava una tangente del 5-10 per cento e, in questo modo, una parte del denaro pubblico andava alla camorra. Oggi, invece, l'evoluzione della camorra ha trasformato alcune parti del nostro territorio campano in un'area senza regole e senza Stato, dove l'impresa stessa è diventata camorra, alla quale giunge così il 100 per cento dei flussi economici.
Il problema, in sintesi, è quello di una trasformazione in senso negativo: l'impossessamento del territorio da parte della camorra.
Rispetto ai due obiettivi che lei, signor Comandante, si dava, cioè, in primo luogo, la lotta all'evasione e all'elusione e, in secondo luogo, la lotta alla criminalità economica e finanziaria, le pongo una domanda che necessita di una piccola premessa. I latini sostenevano primum vivere. Ebbene noi abbiamo imparato che, in questo momento, in Campania non si vive, poiché non c'è civiltà, né democrazia. Non esiste nulla di tutto ciò, in quanto si è creato un humus nel quale, vivendo senza regole (è questo che vuole la criminalità organizzata, sia essa la camorra in Campania, oppure la 'ndrangheta in Calabria), diventa possibile fare tutto e il contrario di tutto: dalle frodi ai finanziamenti illegali. Si mettono le mani ovunque, fidando nella mancanza di controlli.
Ma allora - facendo anche i conti in base alle forze di cui si dispone per fronteggiare il fenomeno, essendo comunque ovvio che viviamo un momento in cui bisogna compiere uno sforzo straordinario - le chiedo se non ritenga (un po' come nel «gioco della torre», quando, tra due persone, si deve decidere chi buttare giù) che in questo momento la priorità assoluta non debba essere data soprattutto alla lotta alla criminalità organizzata e alla camorra.
Solo se si colpisce la camorra nella tasca, mettendo le mani sui suoi patrimoni, sui flussi di capitali sporchi e sui reinvestimenti, la si combatte veramente. Diversamente, capita come a Roberto Saviano, che vuole andare via: tutti scappano. È capitato anche a me, da sindaco anticamorra, di vivere blindato, con la scorta: alla fine, non si resiste. In ogni caso, tocca non a me, bensì a lei, dare una risposta a questa domanda.
La seconda questione è la seguente: ritengo che non debba avvenire alcuna distrazione del vostro Corpo, specializzato in polizia economica e finanziaria. Quando, il mese scorso, ho partecipato a una manifestazione a Chiaiano (che è finita male, purtroppo, a causa di una ventina di persone che, per fortuna, si è provveduto ad arrestare), ho notato il dispiegamento di circa 150 uomini della Guardia di finanza. Allora ho preso la parola e ho domandato perché non fossero state distaccate queste forze di polizia a Casal di Principe, per poter condurre un assedio al «clan dei casalesi». Le domando, in sintesi, se non ritenga che - compatibilmente con l'Interforze, cui penso dobbiate dar conto - non debbano esserci distrazioni per il vostro Corpo, che ha un grande know-how e la specifica competenza di polizia economica e finanziaria.
Lei, Comandante, ha dichiarato di avere messo in campo il meglio delle potenzialità della Guardia di finanza; le chiedo se non sia il caso di continuare in tal senso.
Ho concluso e vi ringrazio sinceramente per il lavoro prezioso che svolgete per il nostro Paese.
MARCO MARIO MILANESE. Grazie, signor Comandante, a lei e al personale da lei rappresentato, per l'opera che avete svolto in passato, che svolgete oggi e che svolgerete in futuro. Complimenti per i risultati da lei evidenziati che mettono ancora più in risalto il ruolo fondamentale che il Corpo svolge nel Paese.
Mi corre l'obbligo, anche perché il resoconto resterà agli atti, di ringraziarvi ancora di più per la lealtà, correttezza e trasparenza che avete sempre dimostrato come persone, oltre che per la vostra opera di militari. Lo dico perché qualcuno, in un recente passato, ha ingiustamente cercato di sollevare dubbi sull'istituzione, il Corpo della guardia di finanza, ma, fortunatamente, non vi è riuscito.
Pongo due domande, che sono più che altro due riflessioni. La prima è se vi siano state flessioni nella lotta all'evasione. Mi sembra di capire, dai risultati che lei ha evidenziato, che ciò non sia avvenuto.
La seconda domanda si riferisce al fatto che, tra altre cose, nella sua relazione lei ha anche evocato un nuovo strumento, previsto dal comma 18 dell'articolo 83 del decreto-legge n. 112 del 2008. In quanto innovativo, le chiedo se lei lo annoveri veramente, o meno, tra gli strumenti di seria lotta all'evasione.
IGNAZIO MESSINA. Ringrazio il Comandante e tutta la Guardia di finanza per il lavoro che svolge. Da siciliano (come il Comandante), isolo le parti della relazione - estremamente puntuale - che riguardano il nostro Sud - ahimè - per evidenziare alcune questioni, la prima delle quali concerne le frodi.
Lei, Comandante, ricordava correttamente come i finanziamenti siano stati per il Sud non una fonte di sviluppo, bensì di preoccupazioni e di guai, che hanno lasciato dietro di sé il deserto. Proprio per questo, credo che la Guardia di finanza debba collaborare - come lei puntualizza nella sua relazione - fattivamente con gli enti locali e con le regioni. Devo dire, però, che tale collaborazione, nella realtà, si vede poco, probabilmente non tanto per lo scarso apporto della Guardia di finanza, quanto piuttosto per la scarsa capacità di ricezione dimostrata dagli enti locali.
In questo senso, credo che la Guardia di finanza - anche per capire qual è lo stadio di collaborazione raggiunto - debba provvedere a scrivere le regole di questo rapporto, poiché molto spesso - lei, da siciliano come me, lo sa bene - si verificano
abusi in quanto non esistono regole certe. Le regole non certe, infatti, sono difficili da far rispettare.
Quindi le regioni, se vogliono seriamente impegnarsi nella lotta alle frodi e fare sviluppo, devono porre delle regole certe che le forze di polizia devono essere in grado di far rispettare.
La seconda questione è quella della lotta alla mafia, quella mafia che - non è necessario dilungarsi al riguardo in questa sede - da amministratori abbiamo dovuto subire. Credo che la lotta alla mafia - i dati da lei forniti sono estremamente eloquenti - la si fa sicuramente colpendo le imprese. Come diceva, per tutelare le imprese oneste, bisogna colpire quelle disoneste.
Forse la Guardia di finanza ha troppi compiti da svolgere e - ha ragione il collega Barbato - sarebbe meglio concentrarsi su alcuni aspetti più importanti. È inutile mettere la Guardia di finanza ai posti di blocco per controllare la patente o i libretti di circolazione.
Credo che il punto fondamentale sia rappresentato dalla necessità di andare a colpire le fonti di reddito illecito. Ormai, sempre più spesso, il riciclaggio di denaro avviene attraverso imprese «pulite» e non «sporche». Pertanto - dato che la fase finale non è più illecita - se non si colpisce la fonte, la lotta all'illegalità diventa più difficile.
Un'osservazione conclusiva riguarda i traffici illeciti. Lei, nella sua relazione, espressamente afferma a proposito dei traffici illeciti (ma credo che tale affermazione sia riconducibile a tutti gli altri aspetti che ho evidenziato) che, malgrado i risultati positivi, sussiste il problema di un regime sanzionatorio inadeguato, il quale porta sostanzialmente a un'azione meno efficace di quella che si potrebbe portare avanti avendo a disposizione strumenti adeguati. Più avanti, lei aggiunge che «sono state avanzate, dagli organi centrali competenti, articolate proposte legislative per la modifica del codice penale e del codice di procedura penale».
Sarebbe opportuno esplicitare i contenuti di queste proposte, nonché precisare quale sia, rispetto a questo tema, l'atteggiamento del Governo. Se, infatti, esistesse una sincera volontà di procedere in questo senso, credo che tutti insieme - al di là degli schieramenti - dovremmo spingere in un'unica direzione, allo scopo di lottare contro la criminalità, contrastare la mafia e, in definitiva, puntare a un vero sviluppo.
GIAMPAOLO FOGLIARDI. Mi accingo anch'io a ringraziare il Comandante per la brillantissima esposizione. Moltissimi punti meriterebbero una riflessione, tanto ampia e dettagliata è la relazione, ma dato che il tempo non lo permette, vengo molto succintamente ad un aspetto molto concreto e pratico.
La lotta all'evasione fiscale - non c'è ombra di dubbio - rimane uno dei temi che investono più direttamente noi legislatori, poiché abbiamo, al riguardo, maggiori possibilità di intervento, soprattutto considerando le competenze di pertinenza di questa Commissione.
L'applicazione dell'articolo 53 della Costituzione rappresenta uno degli aspetti di più difficile attuazione nel Paese e lei, signor Comandante, ha messo in risalto l'opera svolta al fine di arrivare al reddito delle persone tramite la determinazione degli indici di capacità contributiva. Nutro serie perplessità riguardo al coinvolgimento dei comuni, se questi ultimi non saranno coinvolti fino in fondo anche per quanto concerne l'introito. In questa prima fase, fino a che non verrà attuato un reale meccanismo di federalismo fiscale, torneremo a uno dei motivi per cui si finì, con la riforma del 1973, per trasferire a livello centrale la riscossione dell'imposta di famiglia. Si era rilevato, infatti, un effetto inverso, una sorta di «clientelismo buono» tra il politico locale e il cittadino contribuente che, al momento delle elezioni, lo avrebbe dovuto votare.
Immaginiamoci adesso, con l'elezione diretta, se il sindaco si mette, sul proprio territorio, a dare la caccia agli evasori!
Ebbene, proprio per rimanere sul tema della capacità contributiva - a mio giudizio, l'articolo 53 della Carta costituzionale
rimane, infatti, il punto di partenza e di arrivo cui dobbiamo far riferimento - e di fronte anche alla relativa soddisfazione da voi conseguita, a fronte di tanto lavoro (gli uffici, spessissimo, in sede di accertamento e di contenzioso, ridimensionano buona parte del vostro sforzo), le domando se non ritenga - anche alla luce di alcune manovre fatte recentemente, come quella di togliere il controllo di pagamenti in contanti e quant'altro - che noi legislatori potremmo fare qualcosa di più per aiutare in modo concreto la vostra azione, oppure che esistano aspetti sui quali sussista ancora qualche carenza.
MARCO CAUSI. Mi associo ai ringraziamenti al generale D'Arrigo e a tutto lo staff che ha collaborato alla stesura di questa ricca relazione, che ci fornisce moltissimi spunti. Voglio dire, rispetto a quanto poco fa affermava il collega Milanese, che né in questo Parlamento, né - a quanto mi risulta - in quello precedente, c'è mai stato alcun gruppo politico che abbia messo in discussione l'istituzione Guardia di finanza. Forse il collega si riferiva a vicende che hanno più a che fare con quelli che si definiscono rapporti fiduciari fra soggetti. Lo ripeto: la stima e l'appoggio incondizionato nei confronti dell'istituzione Guardia di finanza non mi pare sia mai stata messa in dubbio da alcun gruppo politico, né nel precedente, né in questo Parlamento.
Volevo porre una domanda specifica al Comandante generale, che si riconnette anche a quanto ricordava il collega Messina. In alcuni comuni siciliani - ritengo in modo molto meritevole - le amministrazioni comunali hanno introdotto nei loro regolamenti tributari un meccanismo di forte incentivo a vantaggio degli operatori economici che collaborano in modo fattivo ed efficace con l'autorità giudiziaria e con la magistratura, nell'ambito dell'attività «anti-pizzo» e antimafia.
In questi regolamenti tributari, i comuni, in sostanza, concedono un incentivo all'operatore economico che, però, può essere fruito soltanto se la magistratura comunica che la collaborazione dell'operatore ha avuto un rilevante grado di efficacia ai fini delle indagini investigative.
Da alcune indagini che direttamente ho condotto, mi risulta che sia in ambito Ministero degli interni, sia in ambito DIA, si ritenga che questo strumento sia potenzialmente molto efficace. I regolamenti tributari sono ancora poco diffusi, ma è stata recentemente presentata all'assemblea della regione Sicilia una norma che tenderebbe a generalizzarli.
Chiedo l'attenzione del Presidente e dei deputati della maggioranza, giacché avrei intenzione - se quest'iniziativa può essere comune - di verificare se, tramite il veicolo finanziario o tramite altri veicoli, questa Commissione possa intraprendere un'iniziativa quantomeno per valorizzare tali esperienze e, se possibile, per poterle in qualche modo incentivare e premiare, anche tramite qualche strumento statale. Ebbene, volevo cogliere la presente occasione per avere in proposito l'opinione informata e competente del Comandante D'Arrigo.
Domando al Comandante, visto che disponiamo di un fondo abbastanza consistente (quasi duecento milioni di euro) per l'assistenza alle vittime della mafia, se l'incentivo tramite tributi locali possa rappresentare, nel paniere degli interventi dello Stato, uno strumento efficace.
MATTEO BRAGANTINI. Ringrazio anch'io il Comandante per la disponibilità e per la relazione. Vorrei svolgere un ragionamento e porre due domande. La prima è se sia possibile, come avevo richiesto ed è poi avvenuto per i dati dell'Agenzia delle entrate, riuscire ad avere i dati della vostra attività suddivisi almeno per regione, cosicché si possa vedere - appunto regione per regione - a quanto ammonta il personale, quale è la priorità affrontata e come si sta operando. Logicamente non chiedo se avete questi dati adesso, ma magari di farceli pervenire successivamente, via e-mail.
Vengo alla seconda questione. Sappiamo che è stato indicato ai comandi
provinciali, tra gli obiettivi, anche quello di controllare il pagamento del canone RAI, il cui importo è molto ridotto.
A mio avviso, l'utilizzo delle forze della Guardia di finanza per indagare su una tassa così piccola rappresenta un po' uno «spreco» e pertanto vorrei sapere chi abbia stabilito questi obiettivi e con quali modalità.
Passo, infine, a una considerazione che mi è capitato di fare questa estate, durante il ritorno da un viaggio. Penso che si sia trattato di casi singoli e che basti soltanto un po' più di accortezza e gentilezza da parte degli operatori che, a volte, risultano un po' troppo bruschi. Infatti, dopo dieci o quindici ore di viaggio, un trattamento brusco e senza rispetto può allontanare la simpatia dei viaggiatori nei confronti del Corpo.
ROBERTO OCCHIUTO. Anch'io sono rimasto positivamente colpito dalla relazione del Comandante. È confortante verificare che, già al 30 settembre, siano stati di fatto conseguiti gli obiettivi realizzati nel 2007 e negli anni precedenti. È confortante anche che sia stata svolta un'azione così incisiva della Guarda di finanza in ordine alla lotta alla criminalità organizzata. Trecentocinquanta milioni di euro in beni confiscati, rappresentano un modo concreto di intervenire sul nervo scoperto della criminalità organizzata, che è, appunto, il patrimonio derivante dalle attività illecite.
Nell'ambito di questo brevissimo intervento, tuttavia, volevo rivolgere al Comandante una domanda in ordine alla questione della lotta alle frodi.
Abbiamo appreso oggi, e siamo particolarmente contenti di ciò, che sussiste un rapporto positivo tra il Corpo e le agenzie. In ordine, poi, alla lotta alle frodi, esiste un buon rapporto, si dice nella relazione, tra le regioni e l'autorità erogatrice che - come lei ha dichiarato - sono disposte a fornire al Corpo l'accesso alle banche dati dei beneficiari. Credo che ciò debba rappresentare il minimo della disponibilità da parte delle regioni e delle autorità erogatrici.
La domanda, pertanto, è la seguente. Proprio in considerazione della forte incidenza (l'85 per cento) di frodi riscontrate nelle aree dell'obiettivo convergenza - c'è da rilevare che è pur vero che l'80 per cento dei fondi del quadro strategico nazionale insistono proprio su quelle aree, quindi si tratta di un dato direttamente proporzionale alla dimensione dei finanziamenti - chiedo se esistano protocolli con le regioni (e, nel caso che esistano, con quali regioni siano stati stipulati) che individuino - dal lato delle regioni stesse e delle autorità erogatrici - meccanismi idonei a svolgere non solo un'utile opera di repressione, ma anche di prevenzione. Mi sembra infatti assai limitativo, proprio da parte delle regioni e delle stesse autorità, che la disponibilità consista soltanto nell'accesso alle banche dati.
Sono convinto che l'attività operativa e l'esperienza del Corpo possano costituire una risorsa importante per quanti sono invece deputati a valutare le domande di finanziamento.
Riassumendo, le chiedo con quali regioni, eventualmente, sia in vigore un protocollo in ordine al contrasto delle frodi, e inoltre di spiegarci i contenuti più specifici di questi protocolli, soprattutto in ordine all'attività possibile di prevenzione.
SILVANA ANDREINA COMAROLI. Ringrazio anch'io il Comandante generale per la sua partecipazione e, soprattutto, per la relazione. In modo particolare, vorrei porre la seguente domanda: l'anno scorso è stato siglato un accordo con la Guardia di finanza, anzi una convenzione che riguardava tutti gli editori, quindi tutti i giornali, i quotidiani, i settimanali e quant'altro.
Penso che queste aziende siano al pari di tutte le altre e che non sussista per esse una particolare tendenza all'evasione. Volevo dunque avere qualche dettaglio in più, con riferimento proprio alle case editrici, su come vorreste procedere ai controlli e su quali punti concentrerete l'attenzione.
COSIMO VENTUCCI. Ringrazio il Comandante generale per il suo lavoro e
concordo sulle sue conclusioni in merito all'apprezzamento per gli uomini che fanno parte del suo Corpo, i quali, come tutti coloro che portano le stellette, molto spesso, se non una diminutio capitis, subiscono un'attenuazione nel godimento dei diritti, rispetto a chi non le porta.
Constato che, a quanto pare, sia la finanziaria del 2005 di Tremonti, sia la finanziaria del 2006 di Visco hanno portato a risultati che dimostrano una continuità nella lotta all'evasione e ciò, ovviamente, fa onore al Corpo e a tutte quante le organizzazioni deputate a questo scopo.
Tuttavia, lei fa un'affermazione per me estremamente importante. Professionalmente vi ho personalmente frequentato, così come frequento le dogane. A pagina cinque della sua relazione, lei dice che «si respira uno spirito di sana collaborazione tra le agenzie e il Corpo», riferendosi all'Agenzia delle dogane e all'Agenzia delle entrate. Poi aggiunge una frase, che non è scritta sulla sua relazione, ma che le è uscita fuori, credo perché ne è convinto: «forse per la prima volta». Le posso assicurare che è veramente la prima volta che ciò accade, e questa constatazione, che le è uscita probabilmente «fuori testo», le fa onore. Questa sua affermazione si aggancia a un'altra considerazione, riportata a pagina nove, quando si parla del Commissario europeo per la politica regionale Danuta Hübner, che rivolge un apprezzamento al lavoro svolto dalla Guardia di finanza, e si spiega il
motivo da cui, probabilmente, questo successo deriva, riconducendolo all'indipendenza del corpo di Guardia di finanza, che si aggiunge ai filtri in essere negli altri Paesi europei.
Un mese fa, in questa Commissione e in aula, abbiamo approvato il trattato di Lisbona, che - guarda caso - a un certo punto recita che, mentre prima le dogane (quindi l'Agenzia delle dogane) erano autonome nella gestione rispetto all'Unione europea, con il trattato viene avocata alla Commissione europea la gestione delle dogane e quindi la regolamentazione che queste ultime dovranno seguire.
Le chiedo se non le sembri che ciò possa, in qualche modo, frenare una certa autonomia anche del Corpo della Guardia di finanza, in funzione proprio di quella che è la sensibilità dei nostri confini rispetto a quelli degli altri Paesi europei.
STEFANO GRAZIANO. Signor presidente, volevo associarmi ai ringraziamenti dell'onorevole Causi al Comandante generale. In particolare, essendo un deputato casertano, desidero ringraziare quest'ultimo - l'ho già fatto col comandante provinciale della Guardia di finanza di Caserta - anche per il brillante esito dell'operazione «Spartacus 3».
A tale proposito volevo rivolgerle una domanda, signor Comandante. Come Partito Democratico, abbiamo incontrato il prefetto, il questore, il Comandante generale dei Carabinieri e quello della Guardia di finanza provinciale per proporre - per la verità, con due ordini del giorno distinti, mio e di un altro collega deputato - il patto per la sicurezza per Caserta e la stazione unica appaltante.
Le chiedo quali possano essere i suggerimenti utili, riguardo al patto per la sicurezza e poi anche alla stazione unica appaltante, allacciandomi a quanto dichiarato anche dal collega Occhiuto, per realizzare un protocollo il più possibile snello nei confronti delle amministrazioni che decidono di aderire a questa operazione, nonché quali potrebbero essere le possibili soluzioni da attivare e quali protocolli già eventualmente esistenti adeguare. Tutto ciò al fine di realizzare una proficua collaborazione e incidere soprattutto in questo settore molto delicato (in particolare in alcune aree del Paese, tra le quali Caserta è sicuramente inclusa) per far sì che sia sviluppata una legislazione speciale, rivolta a una condizione oggettiva di eccezionalità.
PRESIDENTE. Signor Comandante, poiché le domande sono tante e purtroppo il tempo a disposizione è veramente poco, io le farei una proposta: se lei ritiene di avere il dono della sintesi risponda oggi, altrimenti può invitarci presso il Comando generale.
COSIMO D'ARRIGO, Comandante generale della Guardia di finanza. Vorrei tentare di rispondere sinteticamente all'insieme delle questioni per poi, eventualmente, far seguire qualche risposta un po' più articolata. Dovete infatti avere pensato che io possieda le capacità di Pico della Mirandola, e che abbia l'esperienza e la conoscenza tecnica sufficiente per rispondere a tutte le vostre domande. Spero di averla, ma non ne sono così convinto. Tuttavia, alcune delle domande poste sono di prospettiva, cioè di strategia generale.
Cominciamo con la prima domanda, dell'amico onorevole Leo, riguardo al quale affermare che si tratta di un competente di Guardia di finanza è poco: siamo di fronte ad un'autorità del settore!
Mi sembra che la prima questione riguardasse la revisione di tutti gli accordi e memorandum di intesa con gli enti locali. Ciò sarà sicuramente indispensabile, anche perché, nel tempo, tali accordi sono stati redatti con tagli completamente diversi. Alcuni, per esempio, si riferivano a una capacità, in concorso con la Guardia di finanza, di presidiare determinati settori connessi all'ambiente, altri al controllo dell'Ici qualora rientrasse nell'ambito dei controlli specifici della Guardia di finanza. In sostanza, si tratta di accordi tra loro molto diversi e non hanno un taglio unico. Pertanto, è chiaro che bisognerà rivederli, per gli aspetti che derivano dal federalismo, in modo tale da conferire loro una matrice comune. Ciò andrà sicuramente fatto.
Riguardo all'accordo con Agenzia delle entrate ed enti locali, direi che le due cose si sposano benissimo. Rispondo così, sostanzialmente, anche a qualche altra domanda posta. Il senso degli accordi che stiamo sviluppando con l'Agenzie delle entrate e con l'Agenzia delle dogane è quello di cercare di fare al meglio le cose che ciascuno di noi meglio sa fare. Tutto qui.
L'Agenzia delle entrate è una risorsa assolutamente fondamentale per il controllo della fiscalità e, in tale settore, ha un presidio - passatemi l'espressione, probabilmente non corretta, ma personalmente la intendo così prevalentemente - di tipo «tecnico-contabile-amministrativo». Essa presiede anche, naturalmente, alle norme e, quindi, per la validità dei nostri verbali, è bene che tali norme siano filtrate a preventivo. In ciò consiste l'accordo: la Guardia di finanza desidera dedicarsi di più al settore dell'evasione totale, nel quale non esistono dichiarazioni da controllare e da verificare. Vogliamo dedicarci a quella «terra di nessuno», dove la Guardia di finanza è l'unica risorsa, con caratteristiche capacità di polizia, che lo Stato può mettere in campo: alludo al controllo economico del territorio e quant'altro.
Tutte e tre le cose, secondo me, si sposano perfettamente. Gli enti locali possono e devono fare la propria parte per tutto ciò che riguarderà il controllo amministrativo, contribuendo a svolgere il compito che, a livello nazionale, è svolto dall'Agenzia per le entrate. La Guardia di finanza è il substrato comune e, comunque, in capo a essa resta la capacità di polizia economica e finanziaria.
PRESIDENTE. Signor Comandante, le ricordo che alle 16 dobbiamo terminare.
COSIMO D'ARRIGO, Comandante generale della Guardia di finanza. Visto che il tempo è quasi scaduto, la vostra proposta di venire in visita alla Guardia di finanza ci riempie di gioia e di entusiasmo.
Suggerirei che, se la Commissione ha tempo sufficiente, si mettano le domande formulate quale caposaldo dell'organizzazione presso la Guardia di finanza di un articolato briefing, puntuale, incentrato sulle questioni particolarmente importanti che sono state sollevate, in modo tale da non divagare sul tema. Tra l'altro, in questo momento sicuramente mi sfugge una miriade di punti e non potrei essere preciso, anche perché, quando arriverò alla fine, non so se mi ricorderò tutto
quello che ho scritto. Ribadisco che per noi sarebbe davvero un onore e un privilegio.
PRESIDENTE. Se vogliamo continuare, abbiamo ancora 5 minuti.
COSIMO D'ARRIGO, Comandante generale della Guardia di finanza. L'onorevole Leo ha fatto riferimento, nella sua seconda domanda, a un punto molto importante, suggerendo di prevedere qualche elemento organizzativo centrale che possa presiedere alle questioni di maggiore rilievo finanziario che in questo momento stanno venendo fuori. Ebbene, lo metto subito in cantiere. Sono assolutamente convinto che i reparti speciali debbano essere la mente programmatrice della Guardia di finanza. Sull'estensione, poi, delle loro «braccia» sul territorio, ho qualche motivo di prudenza, perché ciò riguarda l'organizzazione generale del Corpo. Sostanzialmente, in questo momento, esiste soltanto il reparto valutario, con le sue diramazioni. Qualche volta abbiamo dovuto emanare precise direttive al valutario, perché determinate indagini fossero ricondotte ad una precisa modalità.
Riassumendo: sì ai reparti speciali, ma per quanto riguarda l'estensione sul territorio, occorre rifletterci sopra.
PRESIDENTE. Purtroppo, la devo interrompere qui, ma se lei ci invita...
COSIMO D'ARRIGO, Comandante generale della Guardia di finanza. Certamente, rivolgo alla Commissione un invito ufficiale. È inoltre un grande piacere, per noi: istituzionalmente, del resto, sarete a casa vostra.
PRESIDENTE. Ringrazio il Comandante D'Arrigo, anche per la documentazione che ha consegnato e che sarà pubblicata in allegato al resoconto stenografico dell'audizione (vedi allegato).
Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 15,55.
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