Sulla pubblicità dei lavori:
Conte Gianfranco, Presidente ... 3
Audizione di componenti del Parlamento europeo eletti in Italia sui temi relativi alla vigilanza finanziaria europea (ai sensi dell'articolo 127-ter, comma 1, del Regolamento):
Conte Gianfranco, Presidente ... 3 6 8 11 14
Consiglio Nunziante (LNP) ... 11
Domenici Leonardo, Parlamentare europeo ... 4 13
Fluvi Alberto (PD) ... 9
Formichella Nicola (PdL) ... 8
Pallone Alfredo, Parlamentare europeo ... 6 12
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP.
Resoconto stenografico
AUDIZIONE
La seduta comincia alle 14,30.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 127-ter, comma 1, del Regolamento, l'audizione di componenti del Parlamento europeo eletti in Italia sui temi relativi alla vigilanza finanziaria europea.
Preliminarmente, è forse opportuno rammentare che le Commissioni VI e XIV sono state impegnate, tra giugno e settembre di quest'anno, nell'esame della Comunicazione della Commissione europea del 27 maggio 2009 sulla riforma del sistema europeo di vigilanza europea (COM (2009) 252 definitivo). Tra l'altro, la VI Commissione ha espresso un parere in limine, il 22 settembre 2009, per dare un segnale del nostro interesse per l'argomento. Successivamente all'espressione del parere è intervenuta una deliberazione della Commissione europea che ha aperto ulteriori scenari.
Ringraziamo i nostri ospiti, l'onorevole Leonardo Domenici e l'onorevole Alfredo Pallone, per avere accettato di partecipare all'audizione, anche in considerazione di quanto è emerso in una riunione dei presidenti delle Commissioni con il Presidente Fini. In particolare, il Presidente della Camera ci ha invitato a intrattenere rapporti più stretti con i nostri rappresentanti a Bruxelles. Infatti, molto spesso, il Parlamento ha notizia dell'adozione di provvedimenti comunitari sul cui contenuto non è adeguatamente informato, con la conseguenza che le nostre proposte al riguardo sono rappresentate con ritardo in sede europea.
L'audizione odierna nasce, dunque, anche dalla necessità di un maggiore coordinamento. In futuro, vorremmo che i contatti con i componenti del Parlamento europeo eletti in Italia si consolidassero, anche per non sentirci rispondere dagli uffici competenti, com'è capitato in un'altra occasione: «Vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole». Nel caso di specie, manifestando il nostro disappunto, avevamo fatto notare quanto fosse inutile tenere aperto un canale di confronto (la Commissione si era espressa con una deliberazione condivisa in materia di deroghe alla disciplina dell'IVA) se poi, a livello di Ecofin, si potevano liberamente prendere altre strade. La VI Commissione ha deciso di invitare una delegazione tedesca - organizzeremo un incontro a breve, quando la nuova compagine governativa si sarà insediata -, in considerazione del fatto che la Germania si oppone a una diversa regolamentazione delle misure di
deroga alla disciplina comunitaria in materia di IVA.
Attraverso i rapporti internazionali e il vostro supporto, intendiamo, quindi, intensificare la nostra azione, in maniera da
far valere anche in sede comunitaria le idee e le sensibilità espresse all'interno del Parlamento italiano.
Fatta questa premessa, do la parola all'onorevole Leonardo Domenici.
LEONARDO DOMENICI, Parlamentare europeo. Noi siamo molto lieti - l'onorevole Pallone parlerà dopo di me, ma credo di interpretare anche il suo pensiero - di essere qui oggi e vi ringraziamo per l'invito.
Soprattutto con l'imminente entrata in vigore del Trattato di Lisbona, dopo l'esito del referendum irlandese e la firma del Presidente della Repubblica Ceca, ci troviamo in una situazione nella quale la questione del rapporto tra il Parlamento europeo e i Parlamenti nazionali diventa cruciale.
Come ben sapete, uno dei punti su cui si è più discusso, non soltanto a livello europeo, nel corso degli ultimi mesi, è la sentenza della Corte costituzionale tedesca, che ha posto il problema della possibilità di ratificare il Trattato di Lisbona in relazione alle funzioni e al ruolo del Parlamento tedesco. Credo che l'unico modo per superare simili criticità - non ne dubitavo, ma mi fa piacere che il Presidente della Camera l'abbia sottolineato e abbia sollecitato ad andare in tale direzione - consista nell'intensificazione dei rapporti tra i membri del Parlamento europeo e i rispettivi Parlamenti nazionali.
Una seconda questione riguarda più direttamente me e il collega Pallone. Parlerò con molta franchezza e senza troppi preamboli. Io e l'onorevole Pallone siamo gli unici membri titolari italiani, sia pure di diversa appartenenza politica, della cosiddetta Commissione ECON, o Commissione per i problemi economici e monetari, una delle più importanti del Parlamento europeo - non lo dico perché ne facciamo parte -, la quale ha davanti a sé un'agenda di provvedimenti legislativi, molti dei quali da adottare in codecisione, che sono di particolare rilevanza, ancor più alla luce della crisi economico-finanziaria manifestatasi nel corso degli ultimi anni.
In questo periodo, ad esempio, stiamo esaminando la proposta di direttiva relativa ai cosiddetti hedge fund, ossia i fondi cosiddetti alternativi, sui quali si è acceso un dibattito piuttosto intenso. Ci attende, inoltre, l'appuntamento con la revisione della supervisione macro e microprudenziale a livello europeo, tema di straordinaria importanza. Quelle riguardanti il sistema bancario e le norme sulla good governance fiscale, alla quale ha accennato il presidente (attualmente, mi sto occupando di un'iniziativa parlamentare proprio su tale tema), sono questioni importantissime.
Per usare una citazione virgiliana, ci sentiamo «rari nantes in gurgite vasto», nel senso che vediamo come i parlamentari degli altri Stati membri più importanti, al di là dell'appartenenza politica, manifestino uno spirito di squadra e un'attenzione ai problemi che ritengo giustificata a partire dalle realtà nazionali. In questo momento, lo notiamo particolarmente nei britannici, che tra l'altro sono fuori dall'euro, ma anche nei tedeschi e nei francesi. Noi abbiamo bisogno di punti di riferimento e perfino di supporto, sia dal punto di vista politico-istituzionale sia da quello amministrativo (mi rivolgo ai validi uffici della Camera, che ho avuto modo di apprezzare nella precedente esperienza di deputato), non perché non vi siano a livello europeo, ma perché avvertiamo la necessità di conoscere le problematiche di volta in volta in discussione nel nostro Paese.
A me farebbe molto piacere, quindi, che con l'audizione odierna si aprisse un nuovo periodo - ognuno avrà le sue posizioni, e ci differenzieremo, ma questo è un altro discorso -, caratterizzato da un rapporto molto stretto con il presidente e con i componenti della Commissione finanze e, naturalmente, con la struttura che supporta la stessa Commissione, per noi importante e utile.
Per quanto riguarda l'argomento specifico oggetto dell'audizione, ossia il tema della vigilanza finanziaria, ho letto il documento che è stato approvato dalla Commissione finanze il 22 settembre. Devo
osservare che, da allora, sono intervenuti altri fatti: il 23 settembre, come sapete, la Commissione ha approvato una proposta di decisione del Consiglio e quattro proposte di regolamenti del Parlamento europeo e del Consiglio; inoltre, per il 26 ottobre è annunciata la presentazione di una proposta di direttiva cosiddetta omnibus, che dovrebbe recare modificazioni a tutta una serie di direttive concernenti i poteri delle autorità di settore (valori e mercati mobiliari, assicurazioni e pensioni aziendali e professionali, banche) che formano l'ESFS (European system of financial supervisors), alle quali competerà la supervisione microprudenziale. In alcune sue parti, pertanto, il predetto documento appare inevitabilmente un po' superato - ma questa non è una critica -, per ovvi motivi di carattere temporale, e soprattutto perché il lavoro di elaborazione della nuova architettura di vigilanza europea è ancora in
divenire.
Personalmente, ritengo che il tema della supervisione sia di fondamentale importanza dopo la crisi che abbiamo attraversato, la quale non ha ancora cessato di manifestare i suoi effetti sul piano economico e sociale, ma vive indubbiamente una fase diversa a livello finanziario.
Credo, inoltre, che il punto di partenza delle proposte avanzate dalla Commissione europea sia positivo, almeno per quanto riguarda le intenzioni e i propositi di fondo. La circostanza che sia stata messa in particolare evidenza la problematica del rischio sistemico è legata al fatto che, sia per le attività cross-border, o transfrontaliere, sia, ovviamente, per le caratteristiche fortemente integrate dei mercati, anche i comportamenti soggettivi di una singola realtà determinano reazioni a catena tali da richiedere una visione d'insieme.
Naturalmente, le proposte dovranno essere oggetto di discussione in Commissione ECON a Bruxelles; tuttavia, abbiamo già avuto i primi sentori di una battaglia di non poco conto: vi sono fortissime pressioni di tipo lobbistico - lo dico esplicitamente - e evidenti differenze di atteggiamento da Paese a Paese, proprio perché i modelli economico-finanziari sono diversi.
Evidentemente - è inutile che lo dica a voi -, il nostro modello, per certi versi, ha resistito alla crisi meglio di altri, anche per le sue caratteristiche.
In altri sistemi, a cominciare da quello inglese, si tende a vedere come il fumo negli occhi qualsivoglia ipotesi di regolamentazione, comprese le misure proposte dalla Commissione, che non hanno affatto, io credo, carattere eversivo, ma rispondono ad una logica, tutto sommato, di buon senso, tenendo conto di quanto hanno sofferto le nostre economie negli ultimi anni. Tutto ciò evidenzia la presenza di un intreccio di posizioni politiche nazionali e rafforza il mio ragionamento precedente.
Ritengo che, per quanto riguarda la composizione dell'European systemic risk board, abbiamo, a questo punto, un quadro sufficientemente chiaro (con l'avvertenza che esprimo una valutazione personale). Comprendo alcune osservazioni contenute nel documento approvato dalla Commissione finanze: non c'è dubbio che l'architettura è talmente complessa da presentare alcuni margini di rischio. Naturalmente, quando esprimo questa osservazione a Bruxelles, mi si risponde che i Paesi sono 27 e che, quindi, non si poteva fare in altro modo. In ogni caso, mi sembra che per l'ESRB, tutto sommato, il quadro sia chiaro.
Vedo meno chiari, invece, l'assetto e il funzionamento delle tre autorità deputate alla supervisione microprudenziale, anche con riferimento agli strumenti a loro disposizione. Inoltre, bisognerebbe chiarire meglio le relazioni, soprattutto a livello di scambio di informazioni, che dovranno intercorrere tra il livello macroprudenziale e quello microprudenziale.
Tuttavia, ritengo importante sostenere la proposta complessiva per rafforzare il sistema europeo di vigilanza finanziaria, anche apportando in itinere le correzioni che si rendessero necessarie. Parlo con la massima franchezza: la percezione è che molti di coloro i quali, in questo momento,
chiedono di discutere meglio alcuni aspetti ritenuti poco chiari stiano tentando piuttosto di prendere tempo, in modo che i mercati finanziari si riassestino per conto proprio e, se mi permettete di esprimermi con una certa dose di brutalità, ognuno ricominci a fare i propri comodi.
Da questo punto di vista, ritengo - se vorrete, in seguito potremo entrare nel merito di alcuni punti specifici - che le proposte della Commissione debbano essere portate avanti, che il processo di codecisione debba avanzare e, insomma, che non si debba perdere troppo tempo. Effettivamente, pur dovendo agire con un certo grado di realismo, reputo sia necessaria una struttura che, superando anche i limiti del precedente sistema Lamfalussy, ci porti, sulla base del rapporto de Larosière, verso un sistema più efficace.
Non voglio dilungarmi, anche per non sottrarre tempo al collega Pallone. Penso, peraltro, che avremo bisogno di altri incontri di approfondimento - in questa sede o altrove, come vorrete -, proprio perché siamo appena all'inizio del processo di revisione dell'architettura del sistema europeo di vigilanza finanziaria.
PRESIDENTE. Esprimo il mio apprezzamento per la disponibilità manifestata dall'onorevole Domenici. Se, infatti, saremo in grado, nel prossimo futuro, di ricevere informazioni sugli sviluppi dei provvedimenti in sede europea, potremo riferirvi anche le nostre valutazioni in merito. Considerato che nella Commissione finanze c'è una condivisione di fondo sulle grandi tematiche, soprattutto per quel che riguarda le politiche dell'Unione europea, tale scambio potrebbe essere utile per esprimere una posizione italiana più forte, perché condivisa a livello parlamentare.
Do la parola all'onorevole Pallone.
ALFREDO PALLONE, Parlamentare europeo. Noi aspettavamo un invito e vogliamo che questo rapporto continui.
All'introduzione del collega Domenici, che mi trova d'accordo, fatta eccezione per un aspetto, vorrei aggiungere che il problema non è tanto quello di essere in due: in due si può lavorare bene; infatti, il nostro rapporto è ottimo, e questo è importante, perché dobbiamo discutere indirizzi che hanno ricadute nel nostro Paese.
Il vero problema è, invece, quello di non avere alcun dirigente italiano nel gabinetto del commissario europeo per gli affari economici e finanziari. A causa di ciò, i dossier arrivano a noi in tempi «normali», dopo due o tre giorni, mentre tedeschi, inglesi e francesi riescono ad averli subito, e dunque a modificarli già in Commissione, prima che arrivino in Parlamento, dove il lavoro diventa molto più difficile. Credo che il nostro ambasciatore debba impostare un discorso volto a inserire qualche elemento italiano anche nell'organizzazione dello specifico settore della Commissione europea. In mancanza di un interlocutore, si crea, per noi, un problema di isolamento.
Dalla Commissione europea riceviamo l'indicazione relativa all'ubicazione delle tre autorità di settore a Londra (in uno Stato che è fuori dall'Eurosistema), a Berlino e a Parigi, lungo un asse che esclude completamente l'Italia.
Non si tratta di un problema di centrosinistra o centrodestra, cari colleghi, ma del sistema Italia. Si tratta di avere punti di riferimento che ci permettano di adeguare le linee guida europee al nostro sistema creditizio, che è diverso da quello tedesco o da quello inglese, non soltanto per storia e per cultura, ma anche per il concetto stesso che, in Italia, abbiamo del risparmio. Avendo partecipato anche ad alcuni incontri con l'ABI, sappiamo che alle nostre banche interessano di più i risparmiatori, secondo un modello culturale che si avvicina a quello francese e che è diverso, invece, da quello anglosassone o tedesco (nelle banche anglosassoni e tedesche esiste ancora una serie di «tossine»). Il sistema bancario tedesco, ad esempio, è molto più articolato e complesso del nostro: le casse di risparmio, le banche cooperative, gli enti creditizi di diritto privato e gli istituti di credito speciale danno vita non a una sola,
ma a quattro
associazioni. In tal senso, questi Paesi riescono a godere di un'attenzione particolare.
Per inciso, dico che anche i nostri partiti di appartenenza dovrebbero dimostrare maggiore attenzione (sono in ambito politico, dunque posso dirlo). Avendo riguardo soltanto al PPE, il mio partito, abbiamo otto membri: ne hanno di più gli inglesi, i francesi e gli spagnoli. Ovviamente spetta al collega Domenici, persona squisita con la quale ho un ottimo rapporto, riferire i numeri che riguardano la sua parte politica.
Credo, presidente Conte, che su certe questioni possiamo marciare insieme, impostando una serie di linee guida - anche dividendoci, eventualmente, su certi temi - per far pesare di più il nostro Paese dal punto di vista politico.
Quanto ai problemi della vigilanza sistemica, nutro più di una perplessità. Giustamente, l'onorevole Domenici sostiene che dobbiamo andare avanti. Tuttavia, non possiamo, a mio avviso, non modificare le proposte di regolamento.
Innanzitutto, pur considerando il fatto che sono entrati a far parte dell'UE Paesi, come la Lituania, che hanno una serie di problemi, vi chiedo se le autorità nazionali debbano essere sentite oppure debbano ritenersi completamente sovrastate dalle nuove autorità di vigilanza. Questo problema è grande come un macigno.
Si vocifera che sarà Trichet il primo presidente dell'ESRB, ed io credo sia giusto. Tuttavia, se leggiamo il testo della proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il Comitato europeo per il rischio sistemico (ESRB), apprendiamo che il presidente è eletto per cinque anni e che il mandato è rinnovabile. Non dimentichiamo che la BCE, nata da un grande processo di coesione dei sistemi nazionali, è frutto di un'alta concertazione democratica cui hanno dato vita tutti i Governi europei. Se, inoltre, diamo una scorsa alle proposte relative ai regolamenti che istituiscono l'Autorità bancaria europea, l'Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali, nonché l'Autorità europea dei valori e dei mercati mobiliari, ci accorgiamo che i Governi nazionali, quand'anche elaborassero orientamenti contrari a quelli emanati dal Comitato europeo per il rischio sistemico
e dalle autorità di settore, al momento decisivo si dovrebbero comunque allineare, per non rischiare di incorrere in una procedura di infrazione. Insomma, nei confronti dei suddetti board i Governi nazionali non hanno alcun peso, né tecnico né politico.
In sostanza, la nuova struttura non può nascere, secondo me, senza che il Consiglio, di concerto con la Commissione, modifichi le proposte di regolamento, a meno che non vogliamo delegare ogni decisione ai board, ossia ai direttori delle banche centrali europee, gli stessi che non hanno vigilato come avrebbero dovuto. Dobbiamo dire, in sintesi, se le autorità europee si dovranno rapportare ai Governi nazionali ovvero se potranno impostare le loro linee guida al di sopra degli stessi.
Un ulteriore problema si pone in relazione ai dati e alle informazioni, che le autorità possono pretendere, ma possono rifiutare ai Governi nazionali.
Su tali aspetti, credo che le Commissioni debbano discutere con noi il contenuto dei regolamenti per darci alcune linee guida. Desidero precisare che non mi riferisco soltanto ai deputati della maggioranza: oggi governa una parte e domani può governare l'altra, ma sulla normativa comunitaria non si può cambiare di volta in volta opinione a seconda che governi il centrodestra o il centrosinistra.
Per concludere, credo che sarebbe opportuno aggiornare il documento finale approvato il 22 settembre - sono d'accordo con il collega Domenici -, che segnala alcune criticità.
È anche importante, tuttavia, il lavoro che dobbiamo svolgere a Bruxelles. In particolare, insieme all'ambasciatore, dobbiamo chiedere che l'Italia esprima anche nel gabinetto del commissario europeo per gli affari economici e finanziari un alto dirigente che interagisca con i parlamentari europei italiani e con le competenti Commissioni di Camera e Senato. In questo modo, infatti, avremmo tutti la possibilità
di conoscere prima i dossier, secondo l'impostazione che si sono data molte altre Commissioni, che così riescono a lavorare nei tempi dovuti. Ad esempio, il dossier sul rafforzamento della vigilanza finanziaria europea ci è pervenuto pochi giorni prima dell'incontro con Trichet, in tempi troppo ristretti per parlare di questioni così delicate e rilevanti.
PRESIDENTE. Ringraziamo l'onorevole Pallone per averci fornito un'ulteriore informazione, di cui faremo tesoro.
Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
NICOLA FORMICHELLA. Anche a nome del presidente della Commissione politiche dell'Unione europea, onorevole Pescante, ringrazio i colleghi Pallone e Domenici per avere partecipato all'audizione odierna, che ritengo assuma un significato particolare per diverse ragioni.
Innanzitutto, si tratta della prima audizione, nella nuova legislatura, di europarlamentari italiani. In secondo luogo, le Commissioni riunite I e II della Camera ascolteranno, la prossima settimana, il presidente della Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni del Parlamento europeo, Juan Fernandez López Aguilar.
Questi appuntamenti confermano il forte interesse da parte della Camera, e delle nostre Commissioni in particolare, per un raccordo tra il Parlamento italiano e il Parlamento europeo. In tale ottica, informo il collega Pallone che domani parteciperò, in qualità di delegato dei giovani deputati europei, all'EPP Young Members Network Meeting, nel corso del quale si parlerà anche di tale argomento.
Relativamente al tema dei funzionari e dei direttori generali, ho incontrato, il mese scorso, l'ambasciatore Ferdinando Nelli Feroci, al quale ho posto, a nome della Commissione per le politiche dell'Unione europea, proprio il problema di cui parlava poco fa il collega Pallone. In ogni caso, bisogna approfondire il discorso e impegnarsi per ottenere qualche risultato, al di là della divisione partitica.
In tale contesto, ovviamente, l'incontro di oggi è importante per creare un raccordo sistemico tra il Parlamento nazionale e gli europarlamentari, segnatamente per individuare le questioni prioritarie per il nostro Paese e, quindi, definire posizioni che siano utili a tutelare l'interesse nazionale.
Con l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, infatti, è necessario rafforzare ulteriormente la cooperazione tra Parlamento europeo e Parlamenti nazionali. Siamo informati, in proposito, delle discussioni in corso nell'ambito della riforma del regolamento del Parlamento europeo, soprattutto al fine di assicurare che le posizioni dei Parlamenti nazionali siano tenute in considerazione dai relatori presso le competenti Commissioni parlamentari europee. A tale riguardo, il Parlamento italiano è stato tra i primi a trasmettere formalmente al Parlamento europeo i documenti approvati nell'ambito dell'esame di atti comunitari.
Un'altra ragione per cui, secondo noi, è importante l'incontro di oggi, attiene al tema della creazione, a livello europeo, di un sistema di vigilanza finanziaria volto a porre rimedio ad alcune lacune che anche i nostri ospiti hanno sottolineato poco fa.
In particolare, destano perplessità la composizione, l'organizzazione e i poteri attribuiti al Comitato europeo per il rischio sistemico (ESRB), nonché il rapporto di tale organismo con le autorità politiche, in primis il Consiglio Ecofin e l'Eurogruppo, che sembrano poggiare su un'evidente contraddizione. Infatti, il Comitato europeo per il rischio sistemico, che può adottare mere raccomandazioni o allarmi precoci, non esercita vere e proprie funzioni di vigilanza, ma opera come una sorta di forum per la valutazione dei rischi sistemici. Non si comprende, dunque, per quale motivo si attribuisca un ruolo preminente, in seno allo stesso, alle sole banche centrali, escludendo una partecipazione diretta dei Ministri economici.
Sappiamo che, a fronte della crisi, le autorità politiche hanno dovuto adottare misure di salvataggio del sistema finanziario, ponendo rimedio alle carenze delle
autorità di vigilanza. Mi chiedo, dunque, se non si stia riproponendo un modello già sperimentato negativamente, che ha obbligato legislatori e Governi nazionali a riparare a valle agli errori commessi a monte, e se non sia opportuno, piuttosto, prevedere un coinvolgimento diretto dell'Ecofin nella valutazione dei rischi sistemici.
Lo stesso Sistema europeo di vigilanza finanziaria (ESFS) presenta, del resto, svariati aspetti problematici o poco chiari, soprattutto sotto i profili della struttura e dei poteri delle tre nuove autorità europee di vigilanza. La costituzione di tre distinte autorità settoriali di vigilanza è adeguata rispetto a mercati e prodotti sempre più integrati e multifunzionali? La previsione di un meccanismo macchinoso ed eccessivamente burocratico di coordinamento e convergenza non rischia di determinare complicazioni e sovrapposizioni?
A mio avviso, occorrerebbe valutare con maggiore attenzione la possibilità di costituire un'unica autorità di vigilanza europea con competenza sui mercati finanziari.
Inoltre, è evidente che, se si intende mantenere decentrata, a livello nazionale, la vigilanza, non si può, soprattutto alla luce della crisi finanziaria, considerare accettabili l'eterogeneità e l'asimmetria che attualmente caratterizzano le competenze e i requisiti di indipendenza delle varie autorità nazionali.
Sarebbe necessario, secondo me, stabilire nella legislazione comunitaria requisiti minimi di indipendenza e poteri minimi comuni alle autorità nazionali di regolamentazione e vigilanza. Credo, cioè, che sia necessario privilegiare la massima armonizzazione possibile, nel rispetto dei princìpi di sussidiarietà e proporzionalità, anche ricorrendo a un regolamento o a una direttiva.
Infine, alla luce delle considerazioni svolte dal collega Domenici, desidererei conoscere una prima valutazione dei nostri ospiti sull'ulteriore proposta legislativa, presentata dalla Commissione europea lunedì scorso, per precisare più in dettaglio, attraverso modifiche alla legislazione vigente, i poteri delle tre autorità di vigilanza, sia ai fini della definizione degli standard tecnici sia per risolvere le controversie tra le autorità nazionali.
ALBERTO FLUVI. Anch'io desidero innanzitutto ringraziare i colleghi parlamentari per avere colto lo spirito di questo primo incontro, auspicando che, in futuro, possa proseguire il confronto su questo e su altri temi di comune interesse.
Di un incontro con i parlamentari europei eletti in Italia la Commissione finanze avvertiva da tempo l'esigenza. Al di là della nostra appartenenza alla maggioranza o all'opposizione, infatti, ci rendiamo tutti conto che temi come quello oggetto di esame oggi devono essere affrontati al livello più alto, non soltanto nei singoli Stati nazionali, altrimenti diventa difficile intervenire.
Credo che, se riuscissimo ad instaurare un metodo di consultazione periodica fra i membri delle Commissioni del Parlamento nazionale e i membri delle Commissioni del Parlamento europeo, potremmo avere maggiore cognizione degli atti che quest'ultimo si appresta a discutere. In buona sostanza, anziché limitarci a recepire nell'ordinamento nazionale le direttive europee - attività che rappresenta già un impegno importante -, potremmo sperimentare un ruolo anche nella cosiddetta «fase ascendente», ossia nella partecipazione alla predisposizione delle direttive o dei regolamenti.
Svolgerò una considerazione di carattere generale, per poi soffermarmi su alcuni argomenti che cercherò di selezionare.
Credo che una riflessione sul modello di autorità di vigilanza presupponga una valutazione in merito a quanto è accaduto negli ultimi anni. Non intendo avventurarmi in un'analisi delle cause che hanno determinato la crisi dei mercati finanziari, ma vorrei cogliere questa occasione per esprimere il mio pensiero sulle autorità di vigilanza e sulla loro autonomia. Probabilmente, le autorità di vigilanza hanno avuto la loro parte di responsabilità, riconducibile a un difetto di controllo e di
monitoraggio; tuttavia, non dobbiamo dimenticare che siamo di fronte alla crisi di un modello di sviluppo che pensava di creare ricchezza attraverso la finanziarizzazione dell'economia. Con tale miraggio, scusate la banalità, le autorità di vigilanza hanno poco a che vedere. Alle autorità di vigilanza non può essere imputato se i consumi sono pagati contraendo debiti, come negli Stati Uniti, se lo sviluppo è fondato sul debito pubblico e se tale debito (in questo caso, i treasury bond) è detenuto da altri Paesi.
Mi rendo perfettamente conto che, forse, rispetto all'esigenza di una regolamentazione dei mercati finanziari, il modello proposto non risponde del tutto ai nostri desiderata. Pur vedendo i limiti del modello proposto, lo considero, tuttavia, un primo passo nella giusta direzione, che è esattamente opposta rispetto a quella prospettata dal collega che mi ha preceduto. Al di là di questa differenza, sono propenso a considerare un primo passo nella giusta direzione anche il modello proposto dalla Commissione.
Dico ciò in quanto nutro una grande preoccupazione, che ho già avuto modo di esprimere durante le audizioni svolte con le autorità di vigilanza italiane, prima della predisposizione delle proposte legislative da parte della Commissione europea. Ho la sensazione che, a mano a mano che ci allontaniamo dall'epicentro della crisi, l'urgenza di adottare misure coordinate a livello europeo e a livello internazionale venga meno, si annacqui. Mentre, infatti, subito dopo il crac della Lehman Brothers, vi fu una risposta positiva da parte delle autorità monetarie a livello mondiale e, nei mesi immediatamente successivi all'esplosione della crisi finanziaria, si sono registrate le risposte positive del G20 e dell'Unione europea, ora ho l'impressione che, con il trascorrere del tempo, stia riemergendo - come sottolineava poc'anzi l'onorevole Domenici - la voglia di fare da sé. Io credo che commetteremmo un errore se assecondassimo tale tendenza.
Per questo motivo, pur intravedendo i limiti del modello proposto, sarei dell'opinione di cogliere l'occasione per muovere un passo in direzione del coordinamento fra le autorità di vigilanza. Poiché dobbiamo lavorare attenendoci alle norme vigenti, il progetto di rafforzamento elaborato è, probabilmente, il massimo che possiamo ottenere in questo momento, anche perché il Trattato in vigore non ci consente voli pindarici.
Vorrei svolgere, ora, qualche considerazione sulle autorità di vigilanza e sulla loro autonomia.
Non so quale sia il modello migliore, se un'unica autorità di vigilanza - sul modello anglosassone della FSI -, oppure un modello che guardi alle banche, alle assicurazioni e alla trasparenza. Ritengo, tuttavia, che in questo momento sia importante costruire una serie di regole che valgano per tutti i Paesi dell'Unione europea. Se, infatti, i mercati sono sempre più integrati e le istituzioni finanziarie lavorano sempre più oltre i confini di uno Stato, anche le autorità di vigilanza debbono adeguarsi, superando i confini nazionali.
Credo, inoltre, nell'autonomia delle singole autorità di vigilanza rispetto alla politica, secondo il modello che abbiamo già sperimentato nel nostro Paese: la Consob e la Banca d'Italia, infatti, non rispondono al Ministero dell'economia e delle finanze. Nella Consob, nella Banca d'Italia o nell'Antitrust non siedono membri del Governo: da una parte, c'è la politica, la quale detta le regole; dall'altra, ci sono le autorità indipendenti, che fanno rispettare le regole.
Proprio per questo motivo, per quanto riguarda la supervisione microprudenziale, mi preoccupa la disposizione ai sensi della quale la Commissione europea, all'atto dell'approvazione, con regolamenti o decisioni, dei progetti elaborati dalle singole autorità, potrà anche modificarli, sia pure in casi eccezionali, se necessario per tutelare gli interessi della Comunità. Credo sia opportuno mantenere una separazione. Non avrebbe senso, infatti, operare modifiche una volta per un Paese, una volta per un altro, oppure solo per i Paesi forti e non per quelli più deboli.
Il tema dell'autonomia dalla politica è importante, perché riguarda l'organizzazione della democrazia, dei pesi e dei contrappesi nel mercato. Il Parlamento europeo, la Commissione e i Parlamenti nazionali devono avere la funzione di dettare le regole; le autorità di vigilanza devono avere il compito di far rispettare le regole.
Come sistema Paese, credo che dovremmo rivendicare con maggiore orgoglio il fatto che in Italia - forse per arretratezza, o forse perché le nostre istituzioni finanziarie non avevano seguito percorsi spericolati - non è successo quello che si è verificato in altri Paesi (ad esempio, quelli anglosassoni).
Capisco che sia ancora in atto una discussione, come apprendiamo anche dalla stampa - sebbene voi abbiate certamente notizie più dirette -, tra i sostenitori dei diversi modelli. Comprendo anche il punto di vista dei Paesi anglosassoni. È comprensibile, ad esempio, che tema in maniera particolare una vigilanza sovranazionale il Regno Unito, il quale, avendo fatto della finanza l'asse portante della propria economia, ha difficoltà a delegarne ad altri il controllo.
Ritengo, tuttavia, che, in un dibattito caratterizzato da un'impostazione non tanto accademica e culturale, ma soprattutto politica, i due modelli che oggi si confrontano, quello anglosassone e quello in vigore nel nostro e in altri Paesi, abbiano la necessità di essere entrambi rivisitati, alla luce dell'esperienza che abbiamo maturato nell'ultimo anno.
NUNZIANTE CONSIGLIO. Vorrei rivolgere solo un paio di brevi domande ai nostri graditi ospiti.
Uno degli aspetti essenziali da valutare per definire la posizione italiana sulla proposta di riforma del sistema europeo di vigilanza finanziaria è l'impatto che esso avrà sul sistema finanziario italiano, in particolare sulla piazza di Milano.
Vorrei sapere, dunque, se gli europarlamentari italiani, anche in raccordo con il Governo, stiano valutando tale aspetto.
Vorrei sapere, altresì, se si stia considerando il possibile impatto della proposta della Commissione sugli operatori finanziari. Più specificamente, ritenete che saranno semplificati gli adempimenti per gli istituti finanziarie o, invece, che saranno introdotti ulteriori oneri?
PRESIDENTE. Giacché a me piace essere concreto, prima di dare la parola ai nostri ospiti per le repliche, vorrei avanzare una proposta.
Poiché l'Ufficio di presidenza della Commissione stabilisce un programma trimestrale dei lavori, potremmo avviare, anche subito, uno scambio di informazioni, in modo da tenerci reciprocamente informati in merito ai provvedimenti che saranno esaminati dai rispettivi organi di appartenenza nel trimestre successivo. Attuando questo semplice scambio di informazioni, noi saremmo messi in condizione di predisporre il nostro programma tenendo conto anche di eventuali provvedimenti riguardanti materie in discussione presso la Commissione per i problemi economici e monetari del Parlamento europeo, e voi potreste essere informati circa le materie di interesse comunitario all'esame della nostra Commissione.
Mi sembra sia stata evidenziata l'esigenza di un coinvolgimento dell'Ecofin nell'attività dell'istituendo Comitato, che non ha poteri di vigilanza, ma svolge semplicemente una funzione di tipo consultivo.
D'altra parte, è stato veramente sconvolgente rilevare, nel corso delle precedenti audizioni, come manchi uno scambio di informazioni fra le autorità di settore: com'è possibile procedere nella maniera più corretta se mancano le informazioni?
Credo che ci abbia messo in condizione di prendere rapidamente le opportune decisioni, nel pieno della crisi, proprio il sistema delle riunioni informali dell'ex CICR, nelle quali il Ministero dell'economia e delle finanze, Bankitalia, l'Isvap e la Consob si scambiavano costantemente informazioni sull'andamento dei mercati.
Mi sembra ragionevole, pertanto, proporre che alle riunioni del Comitato europeo per il rischio sistemico partecipi anche la parte politica, la quale verrebbe immediatamente resa edotta delle necessarie informazioni. Se non erro, tale esigenza è stata sottolineata dall'onorevole Pallone. È chiaro che la politica deve rimanere fuori dalle autorità di vigilanza, ma è altrettanto chiaro che essa ha molto a che fare con le decisioni che l'Unione europea è chiamata ad assumere, le quali, come si è visto, rappresentano generalmente un compromesso e, molto spesso, un compromesso al ribasso rispetto alle effettive necessità dei mercati.
Concludendo, se siamo d'accordo sullo scambio di informazioni, potremmo avviarlo immediatamente, mettendo in contatto i rispettivi uffici.
Do la parola agli auditi per la replica.
ALFREDO PALLONE, Parlamentare europeo. Sarò brevissimo.
Non vorrei assolutamente essere frainteso. Sono pienamente d'accordo con il mio collega riguardo all'autonomia del sistema di vigilanza: giammai la politica deve avere posto all'interno degli organismi di vigilanza! Probabilmente, mi sono espresso male, ma ho voluto svolgere, a un certo punto del mio intervento precedente, una riflessione squisitamente politica: a mio avviso, posto che al Trattato di Maastricht si è addivenuti grazie alla più alta cooperazione democratica, la stessa BCE è nata attraverso una concertazione democratica tra tutti gli Stati membri, i quali hanno voluto un regolamento che garantisse l'autonomia della Banca centrale (in questo modo è stato eletto anche il presidente Trichet). Insomma, mi sono limitato a porre in correlazione due fatti.
Credo fermamente che le autorità di vigilanza servano.
Condivido, inoltre, quanto è stato detto riguardo ai rischi sistemici e al problema del completo scavalcamento delle autorità di vigilanza nazionali.
Mi trova perfettamente concorde anche l'affermazione secondo la quale si poteva fare di più.
Convengo, altresì, nel riconoscere, come ho detto in modo molto sintetico, l'esistenza di due modelli diversi, l'anglosassone e il latino, ai quali aggiungerei quello tedesco, che è ancora diverso e che comporta una serie di problemi.
Ebbene, proprio per questi motivi è necessario - se non una nuova Maastricht - che i Governi interagiscano tra loro e adottino un regolamento che attribuisca autonomia alle autorità di vigilanza: l'Europa e i nostri sistemi finanziari ne hanno bisogno.
Vorrei ancora aggiungere una riflessione personale: occorre stare attenti, perché rafforzare, come stiamo facendo, il sistema europeo di vigilanza finanziaria non vuole assolutamente dire che non correremo più alcun rischio. Si potrebbe creare uno stereotipo tale da far pensare che quel che è successo qualche tempo fa non possa accadere di nuovo. Al contrario, dobbiamo vigilare con la consapevolezza che i rischi sono sempre alle porte. Ho ribadito il mio pensiero in quanto mi premeva non essere frainteso circa il controllo da parte della politica.
Concludo la mia replica rivolgendo un appello a tutta la Commissione: dobbiamo essere più presenti su tutto ciò che attiene alla vigilanza finanziaria. Io e il mio collega Domenici faremo il possibile. Con la collaborazione dei nostri partiti, cercheremo di avere, fra due anni, più rappresentanti italiani nella Commissione ECON. Credo, però, che sia necessaria una riflessione anche con l'ambasciatore, al fine di avere qualche dirigente italiano nel gabinetto del commissario europeo: ne abbiamo bisogno per lavorare meglio, per venire a conoscenza dei dossier e per consentire anche a voi di conoscerne il contenuto prima che arrivino in Parlamento, in modo da poterli eventualmente modificare a monte. A tale proposito, non è superfluo ricordare che i dossier arrivano a noi, di solito, già con i pareri del Partito socialista e del PPE, che il 90 per cento delle volte sono d'accordo. È
vero che noi possiamo comunque rimodulare qualcosa; in tali condizioni, però, è un po' come arrampicarsi sugli specchi, in quanto in Europa le cose funzionano in modo diverso da come funzionano in Italia.
LEONARDO DOMENICI, Parlamentare europeo. Condivido alcune considerazioni finali svolte dal mio collega.
Poiché non l'ho fatto in precedenza, vorrei prendere spunto dalle osservazioni formulate negli interventi per entrare nel merito di alcune questioni, assumendo come riferimento anche il documento approvato da codesta Commissione il 22 settembre.
Innanzitutto, dobbiamo tenere presente che ci stiamo occupando di organismi di vigilanza. Ciò implica che bisogna assicurarne l'indipendenza e l'autonomia.
Se guardiamo al livello macroprudenziale, ossia allo European systemic risk board, ci rendiamo conto che esso non avrà compiti esecutivi, ma dovrà sostanzialmente monitorare e segnalare i rischi sistemici e, se necessario, formulare raccomandazioni, le quali vengono sottoposte al Consiglio. La mia opinione, pertanto, è che non sia opportuno avere una presenza diretta del Consiglio nel Board dell'ESRB.
Colgo l'occasione per precisare la composizione del Board stesso e dello Steering committee, o Comitato direttivo. Il General board è composto da 61 membri, di cui soltanto 33 hanno diritto di voto; lo Steering committee è composto da 12 membri. All'interno dello Steering committee, cioè del Comitato direttivo, più ristretto, siedono il presidente dell'ESRB, nonché il presidente dell'Economic and financial committee, ossia del Comitato economico e finanziario.
Ritengo importante conferire all'European systemic risk board un carattere di indipendenza. Attualmente, l'indipendenza dell'ESRB non può che incardinarsi, come mi sembra sia rilevato anche nel documento approvato da codesta Commissione il 22 settembre, sull'unica entità che, a livello europeo, ha caratteristiche di indipendenza e di autonomia: la BCE. Mantenere fermo tale incardinamento mi sembra fondamentale ai fini del corretto funzionamento del Comitato per il rischio sistemico. Del resto, non è stata prevista a caso una presenza significativa della BCE sia nello Steering committee sia nel General board.
La seconda questione riguarda lo European system of financial supervisors. Com'è noto, saranno istituite tre autorità. La scelta riprende la struttura tripolare dell'assetto Lamfalussy, ma con alcuni elementi di novità che appaiono fondamentali.
Innanzitutto, il sistema Lamfalussy era meramente consultivo.
Condivido pienamente quanto ha affermato il presidente Conte poco fa: abbiamo verificato, anche durante la crisi, la mancanza di uno scambio di informazioni tra le autorità di settore. Inoltre, per quanto riguarda il piano più strettamente politico, sappiamo bene che il problema principale, quando si è trattato di affrontare la crisi, è stato causato dal fatto che gli Stati membri sono stati portati ad operare per conto proprio. Lo stesso problema si pone oggi, quando si discute di exit strategy.
Per questo motivo, vorrei ricordare che le autorità di vigilanza europee dovranno contribuire all'elaborazione di pratiche comuni di elevata qualità e all'applicazione uniforme della normativa comunitaria, in particolare elaborando standard tecnici, ovvero emanando orientamenti e formulando raccomandazioni indirizzati agli stessi supervisori nazionali. Anche in questo caso, però, non c'è un potere che possa prefigurare un'invasione di campo nei confronti degli Stati membri: le raccomandazioni, infatti, obbligheranno semplicemente il destinatario, secondo il principio «complain or explain», a spiegare per quale motivo non abbia ritenuto di applicarle. In ogni caso, però, per poter attivare una eventuale procedura di infrazione, le autorità di vigilanza che faranno parte dell'ESFS dovranno far intervenire la Commissione europea.
Quindi, con riferimento alle considerazioni svolte dall'onorevole Formichella, starei attento a non creare un'eccessiva interdipendenza, o un incrocio, fra i Governi degli Stati membri e le funzioni delle autorità di vigilanza: anche per quanto attiene alla vigilanza microprudenziale, infatti, le tre autorità svolgono compiti che, presentando le caratteristiche poc'anzi descritte, non sono inquadrabili nell'ambito di un'attività che si svolge day by day.
È in atto una vivace discussione sul ruolo delle banche centrali e sulla loro autonomia. A tale proposito, riprendendo alcune osservazioni dell'onorevole Fluvi, si può anche ipotizzare, magari con un pizzico di spirito nazionale, che il nostro sistema non sia poi così sbagliato, dal momento che abbiamo retto alla crisi meglio di altri Paesi. Teniamo conto del fatto che il nuovo Governo tedesco sta ipotizzando di accentrare presso la Bundesbank tutte le funzioni di vigilanza sul sistema bancario interno.
Ritengo, quindi, che debbano essere decisamente salvaguardate l'autonomia e l'indipendenza degli istituendi organismi, i quali non hanno poteri tali da condizionare surrettiziamente la vita e le scelte dei Governi nazionali: infatti, nel caso in cui non sia dato seguito alle raccomandazioni da essi formulate, l'ESFS informa la Commissione, e l'ESRB informa il Consiglio.
Ritengo, piuttosto, che sia fondamentale, come ha rilevato il presidente Conte, assicurare il massimo grado di interrelazione e di scambio di informazioni (di cui occorre garantire, naturalmente, la riservatezza).
L'onorevole Consiglio chiedeva quale possa essere l'impatto della nuova organizzazione sulla Borsa di Milano e se possano determinarsi complicazioni per gli operatori. Io non credo, sinceramente, che questo rischio esista. Tuttavia, come ho accennato, è importante garantire, anche a tutela degli stessi operatori, la riservatezza delle informazioni scambiate. Naturalmente, questa è una condizione fondamentale affinché le analisi, il monitoraggio e i conseguenti interventi delle costituende autorità possano risultare efficaci, nel rispetto dell'autonomia dei Governi nazionali.
PRESIDENTE. Dando per scontato che l'Autorità bancaria europea avrà sede a Londra, che l'Autorità europea dei valori e dei mercati mobiliari avrà sede a Parigi e che l'Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali avrà sede in Germania, a Francoforte, mi chiedo quale sia, in tutta questa operazione, il ruolo del nostro Paese; mi pare, infatti, che noi dobbiamo essere sempre spettatori. Capisco, peraltro, i motivi che inducono il Regno Unito a reclamare la sede dell'autorità di supervisione sul sistema bancario: sono proprio gli inglesi i più deboli sotto il profilo della capacità di governo del sistema finanziario.
Come ho già detto ai miei colleghi, ho partecipato a due riunioni a livello europeo e, da allora, mi sono ripromesso di non intervenirvi più. Se, infatti, la partecipazione deve limitarsi ad un intervento di tre minuti, senza avere nemmeno la possibilità di confrontarsi sui temi oggetto degli incontri, tanto vale rinunciarvi e tentare un'altra strada: è proprio questo il senso dell'audizione odierna.
Accogliendo l'appello lanciato dall'onorevole Pallone, proporrei di predisporre un atto di indirizzo che evidenzi la necessità di una maggiore rappresentanza italiana nel sistema europeo, da assicurare attraverso strumenti di cui dovremo discutere. Tuttavia - lo dico anche ai colleghi della Commissione XIV -, più che sentire l'ambasciatore, sarebbe opportuno invitare in audizione il Ministro Frattini. La situazione è, infatti, veramente paradossale: proprio il nostro Paese, che ha avuto minori problemi in Europa, si ritrova in seconda fila rispetto ad altri che, dopo aver dato prova di non saper garantire un'efficace vigilanza, addirittura chiedono di poter governare il nuovo sistema, non soltanto dettando le regole del suo funzionamento, ma anche
pretendendo di essere sede delle autorità cui spetterà di esercitare le nuove funzioni.
Se i colleghi sono d'accordo, quindi, predisporremo una risoluzione. Nel contempo, potremmo chiedere l'intervento in audizione del Ministro degli affari esteri, per confrontarci con lui riguardo alle opportune modalità per reclamare una difesa più sostanziale del ruolo del nostro Paese in Europa.
Mi sembra di poter affermare che l'audizione odierna è stata molto proficua. I nostri uffici si interesseranno di concretizzare l'ipotesi dello scambio trimestrale di informazioni. In seguito, daremo conto ai nostri cortesi ospiti di altre audizioni che svolgeremo, eventualmente anche con il Ministro Frattini, sui temi affrontati oggi.
Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 15,35.