Sulla pubblicità dei lavori:
Aprea Valentina, Presidente ... 3
Audizione del sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, con delega all'informazione, comunicazione, editoria e coordinamento amministrativo, dottor Paolo Peluffo, su questioni concernenti il settore dell'editoria (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento): ... 3
Aprea Valentina, Presidente ... 3 8 16 18
Bonaiuti Paolo (PdL) ... 13
Giulietti Giuseppe (PD) ... 8
Goisis Paola (LNP) ... 15
Levi Ricardo Franco (PD) ... 10
Murgia Bruno (PdL) ... 12
Peluffo Paolo, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio con delega all'informazione, comunicazione, editoria e coordinamento amministrativo ... 3 12 16
Scalera Giuseppe (PdL) ... 14
Zazzera Pierfelice (IdV) ... 14
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente
Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA.
Resoconto stenografico
AUDIZIONE
La seduta comincia alle 13,35.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio con delega all'informazione, comunicazione, editoria e coordinamento amministrativo, dottor Paolo Peluffo, su questioni concernenti il settore dell'editoria.
Do la parola al sottosegretario Peluffo per lo svolgimento della relazione.
PAOLO PELUFFO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio con delega all'informazione, comunicazione, editoria e coordinamento amministrativo. Caro presidente, la ringrazio veramente di cuore di questo invito. Sono passati i primi due mesi da quando sono stato nominato sottosegretario con delega all'editoria: con la seduta di oggi, se lo ritenete, propongo di iniziare un rapporto di collaborazione costante, perché mi rendo conto che i temi dell'editoria rivestono un'importanza strategica e abbracciano questioni aventi carattere generale, in cui alcuni aspetti specifici non ci devono far perdere di vista il contesto.
In questo senso mi scuso se non parto subito dalle questioni più specifiche relative ai contributi all'editoria, che costituiranno la parte centrale del mio intervento, ma svolgo un breve cappello su quanto sta accadendo in Italia, a livello internazionale, con riferimento all'editoria.
Abbiamo alcuni problemi di carattere congiunturale molto gravi, che insistono sia sul settore dei giornali e dei periodici, sia su quello dei libri: forniremo in proposito alcuni dati specifici, che si inseriscono in una trasformazione completa di tutta la filiera dell'editoria a livello internazionale. Non conosciamo, ad oggi, la piega che tale fenomeno assumerà nei prossimi anni per i grossi operatori.
Interveniamo, quindi, in un sistema, quale quello dell'editoria, caratterizzato da un'evoluzione estremamente accelerata, simile a quella che ha attraversato, fino a tre anni fa, il settore della musica, il quale ha seguito più rapidamente questo processo di trasferimento sul digitale (vedendo cambiare tutti i soggetti e gli operatori), come anche il mondo del cinema, che è in corso di evoluzione.
Stiamo parlando dell'editoria italiana, quindi in lingua italiana. Mentre il sistema sta vedendo la concentrazione e la creazione di sistemi oligopolistici verticali di operatori che operano in lingua e che hanno un numero di utenti da 800 milioni
a un miliardo, la lingua italiana ha al massimo una novantina di milioni di utenti potenziali.
Inoltre, noi operiamo in un sistema in cui il problema del capitale umano diventa un aspetto strategico, come dimostrano anche gli studi pubblicati di recente dal Governatore della Banca d'Italia Visco sulla competitività del sistema dei prossimi anni. Noi abbiamo un sistema in cui il prodotto dell'ingegno trasmesso attraverso l'editoria diventa uno dei fattori di competitività essenziali per il futuro del Paese, che ancora oggi ha pochi laureati. L'accelerazione sui giovani è lenta. Rispetto all'obiettivo di Lisbona 2020, noi registriamo una percentuale di giovani dai 30 ai 34 anni in possesso della laurea pari al 19 per cento, contro il 40 per cento degli altri Paesi. Accusiamo, dunque, il problema del numero dei diplomati, della diffusione degli strumenti della conoscenza, del digital divide.
Voi sapete che l'anno scorso, nel 2011, secondo i dati Censis-UCSI, i primi ad aver effettuato un bilancio, abbiamo superato per la prima volta la percentuale del 50 per cento di popolazione che utilizza Internet: siamo infatti arrivati al 53 per cento. Ciò pone sempre il problema degli altri, di come raggiungerli, un problema che ha a che vedere con la produzione di contenuti che attraverso l'editoria arrivano ai cittadini, i quali poi chiedono prodotti sempre più mirati al contesto in cui si opera. Si tratta di un problema di distribuzione e di accesso, che ha a che fare, in fondo, con la democrazia.
Noi vediamo i mercati grandi che stanno usando modelli di business e di organizzazione aziendale delle aziende che un giorno noi avremmo definito editoriali, che, anche in quel caso, sono in una fase di assestamento incerto.
Il primo modello è quello in cui l'editore fornisce gratuitamente contenuti che finanzia con la pubblicità, in cui il valore della catena è determinato dalla capacità di conoscere i propri lettori e di raggiungerli con la pubblicità. Peraltro, su questi modelli esistono incertezze legislative europee, nazionali e internazionali e di carattere fiscale, cui poi accennerò.
Ci sono modelli misti, sviluppati soprattutto dai grandi giornali americani, in cui una parte dei contenuti è gratuita, può essere gratuita a tempo o su un forfait di un dato numero di articoli che vengono offerti gratuitamente, mentre gli altri vengono dati a pagamento. La maggior parte è finanziata da questi pochi contenuti speciali che vengono venduti a pagamento.
Ci sono, infine, modelli, che si sono sviluppati soprattutto con la diffusione dei tablet, in cui i contenuti sono a pagamento e la pubblicità rimane la parte centrale.
Questi modelli non sono modelli di business assestato. L'Italia è indietro su questo punto. Il Governo ha aperto un luogo di discussione su questi temi, ossia sull'Agenda digitale. La mia presenza al tavolo dell'Agenda digitale è dovuta a una ragione: essa si è posta l'obiettivo di completare i suoi lavori entro giugno, anche con l'idea di indirizzare il sistema verso pratiche industrialmente fruttuose, e di valutare le risorse che saranno a disposizione anche per eventuali sostegni a tale evoluzione.
Vi riferisco un fatto banale, ma essenziale nel sistema: mancano le piattaforme digitali di proprietà italiana, i cosiddetti store, le edicole virtuali, che si stanno formando solo quest'anno. Sarebbe importante riuscire a sostenere la creazione di pezzi del sistema, dalla produzione dei contenuti alla distribuzione digitale, che siano di proprietà italiana.
Oggi non sappiamo oggi che cosa rimarrà di questo sistema nei prossimi anni: ci sono ragioni strategiche per continuare nel sostegno pubblico all'editoria, che non è un sistema finito, ma un sistema che in tutti i Paesi si sta ridefinendo nei suoi obiettivi di natura pubblica.
Il sostegno in Francia è cresciuto, ma non è più come quello di due anni fa. All'interno del sostegno pubblico si sono creati obiettivi nuovi. Per esempio, si è definita la necessità di fornire un aiuto allo start-up di talune attività editoriali di carattere digitale.
Si tratta di questioni di cui dovremmo discutere insieme, da oggi a giugno. Io sono disponibile anche a raccogliere e a portare all'Agenda digitale i suggerimenti che possono venire da questo tavolo. Non dimentichiamo che la lettura ha un valore di carattere sociale che è sempre stato importante, un dato essenziale, ma oggi lo è ancora di più, perché l'incertezza sullo sviluppo dell'economia è tale che solo attraverso l'accumulazione di conoscenza si può rendere il Paese in grado di affrontare il mercato del lavoro con regole diverse, essendo necessarie informazioni anche per la propria vita personale.
Non so se avete avuto modo di leggere i dati, ma ve ne posso accennare. Li potreste approfondire con il direttore del Centro per la promozione del libro. Noi abbiamo attraversato un decennio in cui il numero di libri venduti e di libri letti è cresciuto, lentamente, ma in maniera costante. In ogni caso, stiamo parlando di dimensioni importanti. Il 2011 è il primo anno dal 1995 in cui si è verificata una riduzione.
La riduzione dei dati Nielsen-Centro di promozione del libro è piuttosto consistente nell'ultimo trimestre dell'anno: essa è pari al 10 per cento, trimestre su trimestre, e diventa pari al 20 per cento, calcolata in valore. Meno persone hanno comprato meno libri e hanno speso di meno. Questo fenomeno, più o meno, fa sì che si registri un dato pari al meno 20 per cento; ciò vale anche secondo i dati ISTAT, che sono elaborati in maniera diversa, perché l'ISTAT calcola i lettori di libri dai sei anni in su, comprendendo, quindi, la fascia in cui è obbligatorio l'acquisto di libri da parte delle famiglie: si registra, in proposito, un calo di un punto e mezzo dal 2009 al 2011.
La situazione è tale per cui, nell'ultimo trimestre, la riduzione è stata molto forte e ci sono segnali che indicano che la situazione ha continuato ad essere tale nel primo trimestre del 2012.
Dei dati del Centro di promozione del libro-Nielsen, però, io segnalo un aspetto interessante, che ci collega all'odierno sistema italiano. Dove sono stati comprati i libri? I libri continuano a essere comprati in libreria: la libreria tradizionale ed indipendente è ancora la prima scelta ed è un'infrastruttura importante per il Paese. Il 25 per cento dei libri viene infatti acquistato in libreria. L'edicola ha comunque una dimensione superiore ad Internet e vicina a quella dei supermercati. L'edicola, sia in abbinamento con i giornali, sia liberamente, vende il 13 per cento dei libri.
In questo contesto, si giustifica, secondo me, la prosecuzione di un intervento forte. Il primo intervento che voi conoscete bene è l'agevolazione fiscale, cioè l'IVA con l'aliquota agevolata: è la prima agevolazione, che, peraltro, quasi tutti i Paesi hanno introdotto.
Voi sapete che, contrariamente a quello che ci si attende, il Paese che difende di più il sostegno attraverso l'IVA a zero è l'Inghilterra, il Regno Unito. Noi abbiamo l'IVA al 4 per cento, ma in realtà, con il meccanismo del reso, l'aliquota effettiva è più bassa. Questa agevolazione, in un momento in cui è strategico difendere la lettura e la sua diffusione territoriale nelle fasce d'età, è importante, nella mia valutazione personale, che tale rimanga.
Anche all'interno della ridefinizione delle agevolazioni fiscali che verrà effettuata prossimamente, chiederò ai colleghi del Ministero dell'economia e delle finanze che si occupano di questo tema di considerare la natura strategica del sostegno alla lettura attraverso l'IVA agevolata. Voi sapete, però, che a ciò è agganciato un grosso problema, costituito dall'IVA non agevolata per tutto ciò che di editoriale viene venduto online: tale questione frena indubbiamente lo sviluppo di iniziative imprenditoriali di buona qualità di editori italiani su piattaforme italiane. La disintermediazione è totale, in quanto gli operatori internazionali operano gli acquisti in Italia da Paesi dove l'IVA è più bassa, come il Lussemburgo.
Noi non solo freniamo, quindi, gli editori che si mettono insieme per vendere sia il giornale, sia il libro online, ma «disintermediamo» anche il fisco. Purtroppo, siamo bloccati dalla direttiva sull'IVA.
Ho segnalato al Tavolo sull'Agenda digitale la necessità che il Governo avvii un'iniziativa formale per una modifica della direttiva IVA: non è un'impresa facile, ma indubbiamente abbiamo il dovere di provarci.
Ovviamente, come voi sapete, ci sono problemi legati al mancato sviluppo di questo settore. Sui dati del libro sappiamo qualcosa, sul resto sappiamo meno. Oggi l'1 per cento dei libri viene venduto online, ma il 2,5 per cento viene letto online. Tale percentuale comprende, in parte, i libri distribuiti gratuitamente e, in parte, la pirateria.
Noi terremo una campagna sulla pirateria. Avrete visto la campagna sulla lettura, che io considero veramente un fattore decisivo e strategico: non durerà tre settimane, ma sei mesi, per dare un segno forte, anche di sostegno ai luoghi fisici della lettura della filiera tradizionale, perché portare le persone in edicola, in libreria e in biblioteca, oggi, nel passaggio al digitale, ha un enorme valore di attenzione alle fasce che meritano protezione, soprattutto laddove c'è più difficoltà territoriale e non arriva la banda larga.
Questa breve premessa, di cui mi scuserete, era tesa a dimostrare che sono convinto che dobbiamo migliorare il sostegno all'editoria, renderlo più razionale, intervenendo sulle norme che inducevano comportamenti non appropriati, ma anche difendendone la necessità. Paradossalmente, oggi il sostegno ha un valore strategico anche maggiore rispetto a quando, invece, era molto più forte.
Purtroppo la situazione è estremamente difficile per il bilancio dello Stato e, quindi, vi sono dati che è difficile modificare. Se insieme, aiutandoci a rendere più evidente il valore sociale di questo intervento per il futuro del Paese, riusciamo a convincere anche il Consiglio dei ministri e, in particolare, il Ministero dell'economia che occorre sostenere determinate dimensioni, possiamo ottenere un risultato.
Sono qui presenti i miei due illustri predecessori e amici che hanno svolto questo mestiere prima di me: li saluto e li ringrazio, perché abbiamo compiuto tante iniziative insieme. Oggi la situazione della contribuzione pubblica all'editoria è sensibilmente diversa da quella di cinque o sei anni fa: dal punto di vista dell'amministrazione dello Stato, che è un punto di vista parziale e non generale, essa è sensibilmente migliorata. Cinque anni fa, infatti, vi erano norme che, per la loro stessa struttura, producevano «debito sommerso», obbligazioni verso terzi a cui non corrispondevano stanziamenti. Il meccanismo aveva automatismi nel settore dei contributi sia indiretti, sia diretti, che avevano veramente creato una grande difficoltà di gestione.
Questi aspetti, onestamente, sono stati tutti affrontati in maniera appropriata e riportati a una situazione fisiologica, ragion per cui, oggi, tali rischi non ci sono più. Ovviamente, ho premesso che questo è il punto di vista dell'amministrazione. Esprimerò ora il punto di vista degli editori che vengono sostenuti.
Indubbiamente, il venir meno di quello che costituiva una sorta di diritto soggettivo di natura patrimoniale di tutti i soggetti editoriali che percepivano contributi diretti, presenta un aspetto positivo, che ha fatto sì che non si creasse più l'enorme responsabilità dell'amministrazione finanziaria che eroga i contributi, ma anche un aspetto negativo, derivante dal fatto che tale meccanismo consentiva agli editori un determinato lasso di tempo nell'utilizzo del diritto in termini bancari, al fine di evitare che la pressione sull'amministrazione si scaricasse tutta in un unico momento.
Approvo sinceramente le decisioni assunte dal collega Bonaiuti nell'ultimo anno di esercizio, ma esse avrebbero dovuto comportare un aumento delle risorse rispetto a quello che, invece, effettivamente venne stanziato nel bilancio dello Stato: tale aumento avrebbe dovuto offrire certezze agli editori all'inizio dell'anno di bilancio.
Ho con me alcune tabelle, che poi depositerò presso la Commissione e che voi vi analizzerete nel dettaglio. Accenno soltanto ad alcune questioni.
Dal 2007 al 2010, per quattro anni, il contributo ha avuto un andamento oscillatorio, in termini economicamente omogenei. Tale dato non coincide con quello che trovate in bilancio - vi spiegherò perché -, ma mi riferisco al fatto che il diritto degli editori ad un contributo diretto fosse maturato in quell'anno rispetto all'anno precedente. Ovviamente ci sono somme che vengono corrisposte su anni precedenti, controversie giudiziarie e partite erratiche che incidono fortemente. Noi abbiamo avuto per diversi anni una stabilizzazione di poco superiore ai 180 milioni di euro.
L'anno scorso, nel 2011, rispetto al contributo 2010, siamo scesi a circa 150 milioni: vi riferirò a quali soggetti editoriali ciò corrisponde. Quest'anno la legge di bilancio aveva previsto 47 milioni di euro, per l'anno prossimo ne sono previsti 56 e per quello successivo 64.
Io ho fatto presente la necessità di un'urgente integrazione e, ad oggi, possiamo contare per quest'anno su 120 milioni di euro, dei quali 23 sono stati trovati in economie e disimpegni dal bilancio della Presidenza del Consiglio e 50 sono stati già ripartiti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di assegnazione del fondo per le spese improrogabili.
Il percorso del decreto è in via di perfezionamento presso la Corte dei conti: seguiranno due decreti di assegnazione e, quindi, in autunno avremo la disponibilità delle somme, ma la certezza è già effettiva.
Procedendo per brevi cenni, abbiamo, quindi, risolto un problema nell'immediato. Non consideriamo completato il percorso: nei mesi prossimi valuteremo quello che si riesce a integrare, ma dobbiamo pensare all'anno prossimo e all'anno successivo. Dobbiamo compiere un intervento sui prossimi due anni. Il decreto-legge «Salva Italia» prevede una mutazione del sistema per il 2014, che deve essere definita entro quest'anno.
Oggi, dunque, vi sono due problemi: come ridefinire i contributi dei due anni prossimi e come impostare un sistema che duri per anni e che abbia le giuste flessibilità per rendere sostenibile questo contributo pubblico, che muterà nel tempo, ma che deve continuare a sostenere il pluralismo dell'informazione, la qualità dell'informazione, la sua diffusione territoriale e diverse voci culturali del Paese. Non parlo del contributo dei giornali politici, perché lo prendo come un dato e non lo metto ora in discussione. Si tratta di un dato in cui la giustificazione costituzionale è evidente e dovremo vedere insieme come ridefinirlo.
Avevamo, dunque, un problema di emergenza, che è risolto, non completamente, ma in maniera significativa. Partendo da 47 milioni di euro e arrivando a 120 abbiamo evitato una crisi immediata.
Abbiamo, però, un secondo problema: la mia idea è quella di procedere, anche per difendere la funzione del contributo pubblico, a una ridefinizione molto incisiva del contributo, che avvicini le aspettative degli editori alla somma che, ragionevolmente, riusciamo a stanziare nel bilancio dello Stato. La mia speranza è che, costituendo un sistema che dimostra di essere più trasparente e più mirato dal punto di vista industriale, riusciremo a ottenere nel bilancio un margine ulteriore.
Compirei questa operazione su quattro punti strategici. In primo luogo, il contributo deve essere dato ai giornali che vengono letti dalle persone, sulla base delle copie vendute e non delle copie distribuite: la distribuzione è il rischio di impresa che l'editore corre, ma il pluralismo è difeso dal fatto che queste copie vengano lette. Questo meccanismo, ovviamente, farà sì che il contributo per la copia venduta verrà elevato nel suo valore unitario, almeno raddoppiandolo. Noi continueremo a corrispondere un rimborso nel contributo fisso ai costi di distribuzione.
Un secondo elemento, su cui ci sono state zone d'ombra che devono urgentemente essere eliminate per sempre, è all'interno del rimborso dei costi, che deve essere corrisposto a poche fattispecie facilmente controllabili che abbiano come centro l'occupazione regolare di giornalisti, poligrafici e grafici, che continuano a costituire un elemento di vita del giornale.
Ho dato disposizione al capo dipartimento che per quest'anno l'obiettivo di controlli sia superiore al 10 per cento, con riferimento alle ditte che hanno ricevuto i contributi. Non esiste un giornale o un prodotto editoriale se non è realizzato da giornalisti e se la qualità del contenuto del prodotto non è valorizzata. Ci sono costi per il personale regolarmente acquisito, spese per la stampa, per la distribuzione e per l'online.
In terzo luogo, poiché stiamo restringendo i criteri e poiché, se non effettuiamo la restrizione, essa verrà effettuata automaticamente dal riparto pro quota sul fondo, è preferibile che lo facciamo imprimendo una spinta a queste imprese, per dar loro una speranza di stare in futuro sul mercato.
Secondo me, l'intuizione che voi avete avuto alcuni anni fa di dare ai giornali politici la possibilità del passaggio all'online va estesa a tutti: era una buona idea. Anche quella sarà un'occasione per indicare quali sono le caratteristiche minime di un giornale online. Noi stiamo cercando di pervenire a un pacchetto di definizione minima. È molto interessante vedere l'interattività con i lettori, perché il valore sarà dettato dalle banche dati che si acquisiscono con gli abbonati.
Tenete presente che, nella filiera del valore, nell'ultimo anno è successo un fatto molto importante. In Italia, l'1 per cento delle persone possiede un tablet, però l'abbonamento venduto sul tablet vale il 60 per cento di quello venduto in edicola. L'utente annuo di un web vale il 10 per cento di un abbonamento cartaceo o in edicola. sicuramente, l'introduzione dei tablet ha portato il valore dell'online ad un settimo: per un decimo dei ricavi, si presuppone che nel lungo periodo ci sarà anche un decimo dei costi, ivi compresa l'occupazione. Abbiamo compiuto, quindi, un miglioramento e cercheremo, con lo strumento dei contributi, di perseguire quella direzione.
L'ultimo elemento è costituito dalle edicole, che rappresentano una struttura distributiva di 38.000 punti vendita. L'informatizzazione delle edicole è una necessità urgente.
Se noi passiamo a un sistema in cui il contributo è legato alla copia venduta, abbiamo bisogno che non soltanto di una certificazione cartacea, ma anche della tracciabilità effettiva della vendita e della movimentazione tra la distribuzione e la vendita al dettaglio. Si tratta di un elemento di modernizzazione del Paese in futuro, che sosterrà anche la vendita di libri, come risulta dai dati Nielsen: a mio avviso, quindi, per tutta la filiera, è un investimento Paese che varrebbe la pena di immaginare in tempi rapidi. Sono ora a disposizione per le vostre domande.
PRESIDENTE. Grazie, sottosegretario Peluffo, per la ricchezza di dati che ha voluto fornirci, in piena continuità con quanto era avvenuto con il sottosegretario Bonaiuti e, prima ancora, con l'amico e collega Levi.
Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
GIUSEPPE GIULIETTI. Cercherò di essere rapidissimo e di porre domande, se possibile. Intanto vorrei ringraziare e salutare il sottosegretario Peluffo e segnalargli che questa è una Commissione che sia con il sottosegretario Levi, sia con il sottosegretario Bonaiuti, ha sempre avuto un atteggiamento molto collaborativo e unitario.
Come potranno confermare anche loro e come segnalo a lei, si è verificato, però, un problema: spesso, infatti, ciò che è stato condiviso all'unanimità si è fermato altrove. Le porto l'esempio della proposta di legge Moffa-Carra sul precariato, che finalmente si è sbloccata, ma che si era misteriosamente inabissata, e quello della proposta di legge sull'ordine, approvata qui all'unanimità, a mio giudizio una «leggina», largamente insufficiente, che si è fermata al Senato. Analogamente, altri provvedimenti da noi votati si perdono.
In primo luogo, lei ed il Governo intendete svolgere un ruolo di monitoraggio
e di coordinamento di tutto ciò che riguarda il mondo della comunicazione, informazione, lettura ed editoria? Ci sono provvedimenti che sono dispersi: forse è il caso di fissare un'agenda in merito.
In secondo luogo, vi sono - lei lo sa, non certo per responsabilità del sottosegretario, trattandosi di una questione che si protrae da anni - di 150 milioni di euro, che era considerata la quota minima. Siamo arrivati a 120 milioni di euro, con ciò che ne consegue sul piano di alcune drammatiche emergenze editoriali in atto. Lei ha nel suo bilancio non solo i giornali, ma anche le radio comunitarie e alcune agenzie. Vorrei capire se la cifra di 120 milioni di euro riguarda l'intero fondo, con riferimento -è importante - alle convenzioni per le agenzie e per le radio comunitarie, o solo all'aspetto relativo alla legge sull'editoria?
Lei aveva affermato che forse è possibile salire ulteriormente rispetto a questa cifra. C'è la possibilità di prevedere di arrivare a 150 milioni di euro? Le pongo tale domanda perché sarebbe forse opportuna una mozione unitaria della Commissione a sostegno di un indirizzo di questa natura, altrimenti qualcuno morirà prima di discutere della lettura.
Altra questione è quella dell'articolo 18. Si tratta di questioni tutte collegate, che le pongo insieme per non farle perdere tempo. Al di là della valutazione che ciascuno di noi effettuerà sulla riforma del mercato del lavoro, sottosegretario, i sindacati dei giornalisti e le grandi organizzazioni del settore, per brutta tradizione, non sono presenti a quel tavolo e non hanno potuto esprimere il loro punto di vista. Non è una banalità. Se si discute del mercato del lavoro, i temi del precariato, dello stato di crisi, dell'articolo 18 sono da trattare insieme.
Lei sa bene quante cause sono state vinte con l'articolo 18, nel settore della comunicazione. Al di là del giudizio - non voglio aprire una questione generale -, non ritiene di sollecitare il Ministero del lavoro a un incontro collaterale, con la sua presenza, sul tema della riforma del mercato del lavoro, degli ammortizzatori e della previdenza, temi che sollevavano con forza, devo darne atto, i suoi predecessori Levi e Bonaiuti? Qualunque sia la decisione, non si può non tenere una riunione congiunta su questo tema con tutte le associazioni, perché le conseguenze potrebbero essere devastanti per un settore come questo, se il tema non viene affrontato collegialmente.
Le chiedo anche di poter mandare, in tempi rapidissimi, con il Ministro Fornero o con chi riterrà, un avviso alle proprietà, per esempio di Liberazione o del Manifesto, o anche al Riformista, che ha sollevato un pronunciamento unanime di tutti, quanto meno per avvertirli. Potrei citare altre testate di diverso orientamento, ma non mi interessa. Potrebbero chiamarsi La Padania o Il Secolo, che ha segnalato la stessa difficoltà, o ancora Rinascita: non mi interessa il soggetto proponente.
La questione che pongo è la seguente: accanto a questo incontro sul mercato del lavoro, non è il caso di comunicare alla controparte che lei sta lavorando sui contributi e sui nuovi criteri del 2013 e del 2014 e di indicare che nessuno utilizzi al tavolo, come è stato fatto, l'argomento del mancato intervento del Governo per giustificare delle chiusure a prescindere? È un tema delicato. Credo che, però, in merito ci sia un ruolo non solo suo, ma anche del Ministero del lavoro.
Passo all'ultima questione. Ho compreso le norme tampone, ma vorrei capire anche entro quanto tempo lei ritiene di poterle portare all'approvazione. Le segnalo che sarà depositata una proposta di legge da parte di alcuni deputati che non ha nulla a che vedere con la riforma. Sulle riforme giacciono le proposte Levi e Bonaiuti. Ci siamo permessi di raccogliere le proposte di Mediacoop e di tutte le associazioni del settore, che vanno proprio nell'indirizzo da lei fornito in relazione al numero degli addetti ed ai contratti. Aggiungo, inoltre, l'immediata cessazione dei contributi per qualsiasi editore dovesse violare le norme in materia di lavoro e di contribuzione: chi non rispetta le norme è fuori, comunque si chiami e qualunque sia il suo colore.
Il sottosegretario Levi prima, con un lavoro di audizione durato oltre un anno, e il sottosegretario Bonaiuti poi, con i dieci punti, hanno già indicato soluzioni largamente condivise e condivisibili, a giudizio di chi parla, ma non solo, riguardo alle norme tampone: in proposito, le chiedo la possibilità di procedere all'approvazione, anche in sede legislativa, di tali norme, perché questa è una Commissione che, quando si è trattato di dare un segnale di moralità, non si è mai sottratta, come il Presidente sa. È una finzione sostenere che il Parlamento blocca: il Parlamento le chiede di fare presto per le norme di pulizia.
In merito alla riforma, avendo elaborato queste due proposte nel tempo, non è il caso di trovare un elemento di incontro tra le proposte che lei elabora, le proposte già definite e la definizione immediata, contestualmente alle norme tampone, di una proposta di riforma? Evitiamo di spostarla nel tempo sino a non poterla approvare nella legislatura in corso. Non sarebbe corretto, non sarebbe morale e non risponderemmo neanche all'appello del Presidente della Repubblica a intervenire in termini tempestivi in questa direzione.
In merito alla rete, se posso fornire un solo suggerimento, ricordo l'audizione del professor Rodotà, quando ricopriva la carica di presidente dei Garanti europei: occorre grande attenzione e grande prudenza nel trovare l'equilibrio tra i diritti delle proprietà, i diritti di chi naviga in rete, i diritti di libertà e l'articolo 21 della Costituzione. È necessaria un'armonizzazione a livello europeo, ma occorre anche una maggiore capacità di ascolto dei mondi che non hanno né sindacato, né associazioni. Il mondo di chi naviga, di chi apre blog e di chi ha rete spesso non ha associazioni sindacali e professionali, ma non può essere escluso da questo tavolo, altrimenti l'equilibrio avviene a favore di una parte, cancellando le altre voci.
RICARDO FRANCO LEVI. Rivolgo un saluto affettuoso, se posso permettermi, al sottosegretario Peluffo: mi fa molto piacere salutarlo con questo titolo.
Vorrei seguire il filo del ragionamento che il sottosegretario ci ha fornito nella sua relazione e partire proprio dal tema generale della lettura e delle trasformazioni del mondo dell'editoria, che correttamente il sottosegretario ha posto come quadro di riferimento entro il quale collocare i possibili prossimi interventi.
Abbiamo sotto gli occhi, avendoli ascoltati e letti tutti, i dati forniti da Nielsen sulla lettura. Credo che sarebbe corretto leggerli sullo sfondo degli analoghi dati di vendita per gli altri settori merceologici, per evitare di avere una lettura distorta in negativo del tema dell'editoria.
Vorrei solo ricordare un dato tra tutti: il settore della pasta alimentare è crollato negli ultimi mesi di una cifra tale da essere equivalente alla sparizione di uno dei grandi produttori nazionali. In questa prospettiva non voglio affermare che si ridimensionino gli allarmi, ma che essi debbano essere collocati in una dimensione nella quale il calo complessivo della domanda resta un fattore determinante, al di là delle difficoltà dei singoli settori merceologici.
Da questo punto di vista, sempre restando sul tema della lettura, svolgo due rilievi, anzi due annotazioni. Da un lato, vi sono grande compiacimento e soddisfazione per la campagna sulla lettura in sé - peraltro, il mese di maggio sarà un mese speciale di sostegno per la lettura - e, in modo particolare, per l'impegno che il sottosegretario ha assunto in modo da farla durare sei mesi e trasformarla in un elemento permanente di sostegno alla lettura. Sono persuaso che anche la nostra presidente, quando si troverà in Lombardia, nella sua nuova veste, potrà apprezzare questo aspetto.
Accenno a un altro elemento, sempre relativo alla lettura. Ricordo al sottosegretario Peluffo, che certo non ha bisogno che glielo si ricordi, che il 1o settembre, a dodici mesi dall'introduzione della legge sul prezzo del libro, è prevista una verifica, affidata per un'ultima correzione legislativa a un complesso piuttosto ricco di amministrazioni dello Stato incaricate di effettuarla, tra le quali è compreso il
Dipartimento dell'informazione e dell'editoria. Anche se un anno è un periodo piuttosto ristretto, ricordo al sottosegretario questo impegno del Dipartimento.
Ancora a proposito dei temi affrontati nella prima parte della relazione, il sottosegretario ha parlato dell'IVA agevolata per il libro, che è stata fortunatamente difesa in questa tornata di riforme della legge finanziaria: a un certo punto, si è anche ipotizzata la possibilità di aumentare l'IVA sul prezzo del libro, operazione che fortunatamente non è avvenuta, in quanto il sottosegretario ha parlato del suo impegno per una riduzione o estensione dell'agevolazione dell'IVA ridotta anche ai prodotti editoriali online. Sappiamo che si tratta di una questione europea, ma sappiamo anche che due Paesi, la Francia e il Lussemburgo, si sono mossi autonomamente, ancorché in violazione di lettere di spirito comunitario non condivise dal nostro Governo e, in modo particolare, dal nostro Presidente del Consiglio.
Pochi mesi fa la Francia ha ridotto l'IVA sull'online dal 20 al 5,5 per cento. L'IVA ordinaria per i libri è stata, in realtà, aumentata al 7 per cento. Per contrastare la pirateria e porre i nostri editori online su un piano di parità con i concorrenti americani, che hanno l'IVA a zero su tutti i prodotti online, occorre combattere una battaglia europea che confido possa essere in buone mani, anche se la partita non sarà facile.
Temo che il sottosegretario ci abbia fornito, forse volutamente, una cifra un po' ottimistica con riferimento alle edicole, che tradizionalmente erano 40.000. Il sottosegretario ha citato la cifra di 38.000, ma temo che ormai siamo andati ormai al di sotto di tale cifra. Ho sentito cifre più vicine a 30.000 che a 38.000, a causa di una moria di edicole che è stata particolarmente pronunciata negli ultimi tempi.
In relazione ai contributi, pongo una questione di ordine generalissimo. Tutti insieme, in Commissione, abbiamo sempre sostenuto che quello dei contributi all'editoria fosse un presidio essenziale per un bene pubblico, quello del pluralismo dell'informazione. Da quel punto di vista abbiamo sempre sostenuto, pur appoggiando un lavoro di rifornitura regolamentare delle casistiche dei singoli parametri per l'attribuzione dei contributi, che questa fosse una materia da definire per legge sotto la vigilanza del Parlamento, ossia, in modo specifico, sotto la vigilanza di questa Commissione, che ne ha la competenza.
Confido - non voglio dire spero - che il sottosegretario Peluffo manterrà un rapporto stretto con il Parlamento e con questa Commissione, perché questa materia è strettamente legata ad un vincolo legislativo: essa deve rimanere sotto il vincolo della legge e sotto il controllo del Parlamento. Sono certo che su questo aspetto siamo d'accordo con tutte le componenti del Parlamento.
Non entro nel dettaglio dei quattro parametri definiti dal sottosegretario, ossia le vendite, i rimborsi dei costi, le agevolazioni per il passaggio online e le edicole, perché mi sembrano tutti condivisibili. Spero che, in seguito, li vedremo nel dettaglio della loro applicazione.
Pongo due brevi domande. Il sottosegretario non ha fatto riferimento alcuno a RAI International, che rappresentava uno dei punti tradizionali di intervento del Dipartimento dell'editoria. RAI International era l'unico elemento di attività della RAI non finanziato dalla convenzione nazionale - il nostro collega Lainati sa bene di che cosa si parla -, ma da una convenzione specifica con il Dipartimento dell'editoria. Mi chiedo se non averne parlato implichi il fatto che il finanziamento RAI passerà interamente sotto la convenzione nazionale. Francamente, credo che ciò sarebbe ragionevole. So che anche il sottosegretario Bonaiuti, a suo tempo, ha combattuto questa battaglia.
Da ultimo, pongo il tema dei contributi postali, ancorché, da un lato, la liberalizzazione del settore indichi una strada da percorrere, mentre, dall'altro, l'online di certo sgonfia un poco il problema. Vorrei sapere quali sono le linee di tendenza in questo settore, che tradizionalmente, soprattutto con riferimento ai numeri, è sempre stata una delle voci principali di intervento del Dipartimento dell'editoria.
BRUNO MURGIA. Grazie, sottosegretario Peluffo. Svolgo alcune brevi valutazioni e pongo pochissime domande. I colleghi che mi hanno preceduto hanno grosso modo, per la loro autorevolezza, accennato a tutti i punti di rilievo, che anch'io sottolineo. In Commissione, che ha lavorato anche con l'onorevole Bonaiuti, sui temi dell'editoria abbiamo sempre operato insieme.
Quando sono stato relatore di alcuni provvedimenti economici, io stesso ho posto al Governo come condizione, non sempre rispettata, quella dei contributi all'editoria. Hanno fatto recentemente la stessa cosa la collega Ghizzoni e, per un altro documento, il collega Giulietti.
Lei ha svolto una disamina profonda e puntuale dello stato dell'arte, con tutte le diverse considerazioni che si possono svolgere. C'è anche una pubblicistica piuttosto interessante in merito sulla fine dei giornali, sulla vendita dell'ultima copia del New York Times, con saggi di personaggi autorevoli sul punto. Recentemente è stato pubblicato il nuovo mensile del Sole 24 Ore di Christian Rocca, che insiste sulla necessità di comprare la carta ed ha anche una bella copertina che lo ricorda.
Lei ha giustamente ricordato come il New York Times, ad esempio, abbia un numero di visitatori che probabilmente è superiore rispetto a quello di coloro che comprano il giornale. Per la verità, il sito ha numerose parti a pagamento.
Parliamo sempre di pluralità, di cultura e di informazione, ma poi andiamo a vedere come i contributi e le risorse che impieghiamo in questi settori non siano sempre molte, anzi siano calate. L'esempio dell'Europa e, in particolare, di altri Paesi - lei ha citato la Francia; in seguito aprirò una parentesi sull'IVA -, mostra che altrove avviene il contrario. Probabilmente si tratta di economie più solide della nostra: non lo so, ma comunque tali paesi hanno deciso che devono puntare su questi settori e devono farlo meglio.
Mi accodo alle considerazioni del collega Giulietti soprattutto sulla questione dei contributi: in proposito, chiedo se ed in quali tempi sia possibile superare la soglia dei 120 milioni di euro.
Non ho capito un aspetto che riguarda le testate, le radio e le realtà che in questo momento vivono drammi. Le porterò anche un esempio che riguarda la mia isola: dal mio accento si capisce che sono sardo. Parlerò di un giornale che è stato chiuso recentemente e la cui vita è durata sette mesi.
Tutte queste realtà che rischiano la chiusura, come il Manifesto, per citarne una...
PAOLO PELUFFO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, con delega all'informazione, comunicazione, editoria e coordinamento amministrativo. Di quale giornale si tratta?
BRUNO MURGIA. Il giornale è Sardegna 24, il cui direttore era Giorgio Bellu. Riferii anche all'allora sottosegretario Bonaiuti che in Sardegna sono nati due giornali nuovi. Uno è un free press che gira anche sull'i-Pad, a testimonianza di quanto da lei sostenuto, signor sottosegretario; l'altro, invece, dopo sette mesi, per vicende forse non comprensibili, è stato chiuso. Oggi alcuni giornalisti sono a spasso e pare non sia loro garantita alcuna tutela dei propri diritti. Si tratta, comunque, di professionisti che hanno lavorato e che rischiano di non guadagnarci nulla.
Le chiedo il suo parere sui contributi, sulle testate che rischiano la chiusura e sulla difesa del precariato nel mondo della comunicazione. Un numero sempre maggiore di saggi si occupa del tema.
Svolgo, inoltre, un appunto sulla questione dell'IVA, che si collega a quanto affermava il collega Giulietti sul tema più generale della pirateria.
Io, che sono un vecchio appassionato di Internet, sono anche piuttosto libertario per ciò che riguarda la rete e credo che i contenuti debbano essere condivisi il più possibile. È vero, però, che, se sui prodotti audiovisivi l'IVA è altissima, si è anche «costretti» a commettere reati.
Non vorrei compiere guerre sante, perché ci sono regole sulla proprietà intellettuale.
Potremmo tenere una discussione che impiegherebbe ore, però, se effettivamente l'IVA sui prodotti audiovisivi calasse, probabilmente riusciremmo anche a sconfiggere questo sistema. Tanti anni fa avevo proposto, come ho fatto anche in questa legislatura, che l'IVA fosse portata al 4 per cento. Mi rendo conto che oggi, forse, la mia è una proposta eccessiva, ma l'IVA al 4 per cento sui prodotti audiovisivi potrebbe essere un'ipotesi di lavoro. Si è riferito che in Francia sul libro si paga il 5,5 per cento: mi sembra che siamo sulla medesima strada.
Quando parliamo di alternative rispetto ai contributi secchi e al fatto che possiamo andare sul web, dobbiamo abbassare l'IVA. Gli sgravi fiscali devono essere messi in campo, altrimenti il sottosegretario viene in Commissione e noi, come parlamentari, siamo costretti a chiedere con certezza quali sono le somme che il Governo stanzia sull'editoria in senso generale e come le situazioni di crisi delle diverse testate possano essere risolte.
Quelle che le presento sono valutazioni molto concrete. Sul resto lei ha perfettamente ragione, fornendo un quadro preciso di ciò che avviene nel mondo dell'editoria e della comunicazione.
In conclusione, noi siamo un Paese nel quale si scrive una marea di libri, si organizza una marea di Festival letterari in giro per l'Italia, che creano anche un po' di turismo, si tengono dibattiti, ma non si leggono i libri. Propongo di tenere campagne per far leggere più libri, però non suggerisco di tenere meno festival, perché alcuni miei amici scrittori si potrebbero «arrabbiare».
PAOLO BONAIUTI. Innanzitutto, esprimo un apprezzamento al sottosegretario Peluffo per l'ottimo lavoro svolto in un momento di crisi, che certamente è molto più profonda per l'editoria di quanto non appaia. Certo, i dati forniti negli ultimi giorni riguardo alle vendite dei libri ci indicano che stiamo andando sempre più verso il basso, con riferimento sia alla lettura dei libri, sia a quella dei giornali e, quindi, anche alla situazione dell'editoria relativamente ai contributi previsti.
L'apprezzamento è rivolto al sottosegretario anche perché, con le sue parole, ha dimostrato di voler continuare una linea già seguita in tutti questi anni, che è la linea della condivisione e dell'unità di intenti con questa Commissione, per arrivare a soluzioni condivise in questo settore delicatissimo, che riguarda la diffusione della cultura e delle idee.
Accanto all'apprezzamento, rivolgo al sottosegretario anche un incitamento a continuare nel senso di ben delimitare i contributi dell'editoria. Mi sono sempre domandato, quando ero al Dipartimento, a che cosa servissero i contributi forniti a RAI International, se esiste già un contratto di servizio da parte della RAI, al quale la RAI si deve ispirare, fornendo una serie di programmi che noi distribuiamo all'estero.
Durante i miei numerosissimi viaggi, ho avuto spesso occasione di vedere RAI International: vi debbo riferire, indipendentemente dal colore di chi la gestiva, che era un canale poco credibile ed indigesto, mentre altri programmi possono essere ripresi. Giorni fa, su canali minori della RAI ho avuto l'occasione di rivedere Allonsanfan dei fratelli Taviani - si trattava di film proiettati per il centocinquantesimo anniversario dell'Unità d'Italia: il film è da anni completamente scomparso perfino dalle cineteche, pur essendo un film delizioso che fa capire il mondo dello spontaneismo e dei movimenti giovanili in anni lontani.
Al di là dell'incitamento, infine, pongo una domanda che riguarda le edicole. Anch'io sono d'accordo con il collega Levi: le edicole si sono ridotte di molto. Purtroppo, debbo osservare che gli edicolanti non si adoperano molto, a volte, per assistere le loro vendite.
Io frequento due città, Venezia e Firenze, una più bella dell'altra. Ieri ero a Venezia e, come riferivo prima al collega Giulietti, che è veneziano, a Venezia è impossibile, la domenica, trovare un giornalaio aperto dopo mezzogiorno. Sono dovuto andare oltre Piazza San Marco, per
trovare l'unico giornalaio aperto che aveva i resti dei giornali. A Firenze avviene più o meno è la stessa cosa. Purtroppo, questo è un grosso guaio, in una giornata, come la domenica, in cui è più semplice leggere.
Passo alla domanda e concludo. Per quanto riguarda la necessaria informatizzazione delle edicole, a che punto siamo? La spesa prevista, che noi calcolammo fosse di 15 milioni di euro circa, rimane sempre quella? Come si pensa di ripartirla?
PIERFELICE ZAZZERA. Signor sottosegretario, grazie per l'intervento. Mi associo all'incitamento al buon lavoro. Considerato che, come mi sembra di capire, vi è una carenza di fondi, credo che questo rimanga un problema in tale settore.
Noi dell'Italia dei Valori abbiamo sempre distinto due questioni. In primo luogo, riguardo al finanziamento ai cosiddetti giornali di partito, vorremmo capire se su questo tema sia stato compiuto un passo avanti, nel senso non di una riduzione di risorse, ma di una distribuzione più equa delle risorse stesse.
La seconda questione, invece, riguarda tutta la rete di cooperative che ho avuto modo di incontrare nella mia regione, in Puglia, le quali hanno lamentato grandissime difficoltà, in quanto vi è personale che addirittura non riceve più gli stipendi, né contribuzioni.
Ad un giornale pugliese è stato riconosciuto da parte dello Stato un contributo riferito all'anno 2010: si è affermato che per motivi tecnici esso non potesse essere erogato e quindi dovesse essere rinviato a gennaio del 2012. Siamo a marzo del 2012 e i contributi non sono arrivati. Ovviamente i titolari hanno avviato un contenzioso legale - e, come loro, anche altre persone - nei confronti dello Stato. Vorrei capire come realmente stanno le cose.
GIUSEPPE SCALERA. Intervengo innanzitutto per ringraziare il sottosegretario per la sua relazione, che mi sembra sufficientemente ricca di contributi e, al tempo stesso, di stimoli.
Pongo tre questioni fondamentali. Quanto alla prima, lei giustamente, sottosegretario, ha rilevato come le librerie restano, con una percentuale del 46 per cento, il vero punto di riferimento per quanto riguarda la vendita dei libri. Come sa, ci troviamo davanti a una crisi profonda delle cosiddette librerie storiche nell'ambito delle città italiane, il che progressivamente depaupera il grande patrimonio di esperienze e di conoscenze e, per alcuni versi, anche di storia culturale del nostro Paese che, giorno dopo giorno, si va disperdendo. Potremmo citarne tante in questo senso. Cito, ad esempio, la Liberia Croce a Roma, che è venuta meno recentemente; in ogni realtà dei centri storici si registra, giorno dopo giorno sempre di più, un'attenzione maggiore da parte degli utenti verso i megastore legati alle realtà librarie e sempre meno verso la libreria di stampo tradizionale, inficiando in maniera oggettiva il rapporto di
interazione tra lettore e libraio che tradizionalmente ha costituito uno schema ed un'ossatura fondamentali della realtà libraria italiana.
Affronto adesso gli aspetti collegati ai giornali e ai contributi relativi, sui quali lei si è soffermato con dovizia di particolari. Credo che lei sia a conoscenza di una significativa ricerca, realizzata dall'Università di Oxford nel 2009, che ha studiato la situazione in sei Paesi europei e non, che cito a beneficio dei colleghi: Stati Uniti, Gran Bretagna, Italia, Francia, Germania e Finlandia. Essa rileva come il numero di copie vendute in Italia ogni mille abitanti sia il più basso di tutti: ci troviamo davanti a 103 copie contro 152 della Francia, 200 degli Stati Uniti, 283 della Germania, 307 della Gran Bretagna e addirittura 483 della Finlandia. Da questa ricerca emerge un dato, che considero di particolare significato, che dovrebbe costituire un'analisi ulteriore nell'ambito della nostra riflessione di oggi, ossia come la diffusione di Internet non sia stata e non sia attualmente la causa del calo della carta stampata. Così come la
televisione non ha ucciso la radio, non sarà il web a uccidere la carta stampata. Dove, infatti, si registra la più alta distribuzione online, esiste anche la più alta distribuzione a livello cartaceo, venendo meno un'equazione che
sembrava facile effettuare all'interno della riflessione complessiva che stavamo sviluppando.
Sul piano più generale, mi permetto di osservare che lei, sottosegretario, conosce bene - di questo elemento non si è parlato e vorrei saperne di più anche riguardo alle riflessioni che lei sta sviluppando - le rilevazioni delle vendite della ADS-FIEG riferite soprattutto all'Audiopress del cosiddetto lettorato. Praticamente, non c'è soltanto ed esclusivamente un problema collegato alle vendite dei giornali, ma anche un problema di rapporto tra la singola copia e il numero di persone da cui essa viene letta o meno. Si tratta di un problema che affligge soprattutto il nostro Mezzogiorno: la Gazzetta del Mezzogiorno, un quotidiano pugliese, ha un rapporto di 19,1 - per ogni copia venduta sono 19 le persone che lo leggono - il nostro Mattino di Napoli un rapporto di 13,1 e per altre testate di livello regionale, come Il Resto del Carlino, La Nazione e Il Giorno, si registra un rapporto tra 5 e 8. Questo
può costituire un ulteriore elemento di riferimento nell'ambito delle valutazioni che lei intende portare avanti?
In questo quadro di insieme si sviluppa un ulteriore limite, che è quello collegato alla minore vendita, in contrasto con tutti i Paesi occidentali, dei giornali regionali. Noi abbiamo un ulteriore elemento di particolare significato: paradossalmente, il giornale a noi più vicino, nel quale ci si identifica di più e del quale, usando un termine improprio, ci si fida di più, è quello meno venduto.
Su questo piano, ritengo che i dati Audipress sul lettorato, cioè la capacità di capire da quante persone viene letta ogni copia, mutano anche in maniera significativa determinate progressioni di particolare livello e significato.
Per quanto mi riguarda, al di là delle tante polemiche che sono emerse nell'ambito dei contributi ai quotidiani in questi anni, ritengo importante sottolineare alla Commissione un dato: la torta pubblicitaria è stata ormai fagocitata dalle emittenti televisive. In questo senso, spesso, la sopravvivenza dei giornali finisce per essere legata soprattutto, o quasi esclusivamente, al contributo dello Stato. È un dato che dobbiamo valutare nell'ambito delle riflessioni che poniamo in essere, ben consci che comunque le quattro valutazioni, le quattro griglie che il sottosegretario Peluffo ha avuto modo oggi di presentare alla nostra attenzione, rappresentano certamente un passo avanti importante, che, sulla linea di quanto già il sottosegretario Bonaiuti aveva realizzato, consentono realisticamente di legare non alle copie distribuite, ma a quelle veramente vendute il contributo stesso. Mi permetto di suggerire di sviluppare su questo piano anche una
riflessione seria sulle copie lette, che rappresentano un ulteriore elemento di valutazione e di giudizio.
PAOLA GOISIS. Saluto naturalmente il sottosegretario. Svolgo una considerazione molto semplice e sintetica sulla questione relativa alla lettura da parte dei nostri ragazzi, soprattutto degli studenti, e della scelta alla quale noi assistiamo, quella di leggere online.
Prima lei si è espresso bene. La domanda è molto semplice: qual è il rapporto? Chiaramente io non farò mai in modo di allontanare i ragazzi dalla lettura, qualunque essa sia e qualunque sia lo strumento del quale essi si servono. È vero che, ai fini dello sviluppo dell'editoria e della vendita dei libri e dei giornali, bisognerebbe spingerli verso lo strumento del libro o del giornale, però sta di fatto che oggi, anche per quanto riguarda lo studio, i ragazzi preferiscono Internet.
Proprio ieri, in una trasmissione televisiva, sentivo che alcuni ragazzi pronunciavano affermazioni molto sentite e determinate, secondo le quali per i loro studi e per i compiti a casa addirittura non si telefonano neanche più, ma interagiscono tramite Internet per chiedere quali siano i compiti da svolgere e svolgere le loro ricerche e i loro studi. Questa situazione mi interessa molto, anche in qualità di insegnante.
In ogni caso, se vogliamo che i ragazzi leggano e studino, che sia un giornale, un libro o Internet, credo che si debba accettare
la loro volontà, anche perché credo che non rinuncerebbero assolutamente a tale soluzione.
PRESIDENTE. Do la parola al sottosegretario Peluffo per la replica.
PAOLO PELUFFO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, con delega all'informazione, comunicazione, editoria e coordinamento amministrativo. In seguito seguirò l'ordine delle domande, ma rispondo subito a questa sollecitazione immediata, perché corrisponde esattamente a quello che penso io. La lettura è enormemente aumentata con lo sviluppo dei social network, ma essa ha assunto caratteristiche diverse. Ne parleremo eventualmente in un'altra occasione. Il rapporto Censis-UCSI, l'associazione degli editori cattolici, che ogni anno elabora un rapporto sulla lettura, spiega bene che l'86 per cento di giovani usa la rete. Di questo 86 per cento il 43,5 per cento usa tutti i mezzi dei media possibili, ma il 41 per cento usa tutti i media tranne la carta stampata, cioè i giornali e i libri. Si registra, dunque, una mutazione del consumo proprio
nelle fasce giovanili, il che, per alcune questioni, può produrre problemi di formazione del pensiero razionale.
Ovviamente, la socializzazione della lettura è stata enormemente potenziata, ma il sistema editoriale italiano sfrutta poco le possibilità di vendita che questi strumenti offrono e noi dovremmo aiutarlo.
Dall'altra parte, il Ministero della pubblica istruzione - non voglio compiere annunci - sta lavorando su questi concetti. Sull'Agenda digitale io ho semplicemente segnalato che si deve trovare un equilibrio tra lettura digitale e libro, in maniera che ci guadagnino tutti, le famiglie perché spendano meno, gli studenti perché abbiano più strumenti, gli editori perché possano continuare a finanziare la produzione di idee. Questo è l'aspetto da cui io sono partito. Mi scuso se non è un aspetto globale: ovviamente, infatti, se bisogna valutare l'interesse generale della lettura, continuando ad esistere soggetti che finanziano la produzione di idee, ho segnalato l'importanza della lettura dei giornali e non soltanto quella dei libri scolastici.
Cerco di rispondere rapidissimamente a tutte le domande, partendo da quelle poste dall'onorevole Giulietti. Prendo come impegno quello di verificare dove sono fermi gli interventi su precariato e ordine. Sicuramente quanto afferma l'onorevole è corretto: io ho una funzione di coordinamento sulle politiche editoriali e de facto, in questo Governo, tali di cooperazione tra ministeri stanno funzionando molto bene. Cercherò di chiedere al Ministero del lavoro la nascita di un tavolo sulla questione della stampa, ma, tenendo conto che in questo momento vi è un sovraccarico di questioni per il Ministero del lavoro, lo chiederò anche personalmente al Ministro Fornero.
Sono disponibile ad avviare da oggi con voi un'agenda di lavoro, anche in termini molto ravvicinati, per continuare alcune delle riflessioni che oggi necessariamente sono state soltanto accennate.
Quanto all'ipotesi di superare la somma si 120 milioni di euro, onestamente vi devo riferire che passare da 47 milioni a 120 milioni di euro, in un momento in cui tutti hanno subìto restrizioni di bilancio, è stato molto complesso ed è stato possibile solo perché era evidente che noi avremmo operato in via retroattiva. Io mi sono fatto carico di spiegare che, se avessimo operato sul bilancio dell'impresa dell'anno scorso un'azione che avrebbe portato un taglio del 75 per cento, si sarebbero punite scelte imprenditoriali già definite e non correggibili. Ancorché non vi fosse il diritto soggettivo patrimonialmente compiuto, vi era più di una legittima aspettativa e ciò è stato compreso dal Ministero dell'economia e delle finanze.
Non so se da oggi alla fine dell'anno faremo di meglio. Ci proverò, ma preferirei ragionare con voi su che cosa fare per i prossimi due anni e per il futuro. Non lo escludo, ma preferirei che noi passassimo alla fase creativa. Credo che ciò possa avvenire subito dopo Pasqua. Auspico di riuscire ad elaborare due provvedimenti
o un provvedimento in due versioni, per effettuare alcuni interventi, cogliendo lo spunto dell'onorevole e amico Levi, che mi consiglia e mi incita a operare per elaborare norme da discutere in questa Commissione, non rinviando a regolamenti o deleghe.
Sicuramente per i contributi dell'anno in corso, che verranno corrisposti l'anno prossimo e quello successivo, faremo in questo modo, o almeno proporrò un intervento normativo di dettaglio. Preferirei non intervenire con un Regolamento, così come previsto dal decreto «Salva Italia», ma interverrei con norme dirette, il che pone la Commissione in condizioni di discutere ogni singolo aspetto delle norme.
Certamente, per il futuro, dovremo riuscire ad approvare entro l'anno una legge delega sul contributo, definendolo puntualmente per l'anno prossimo e, quindi, per i due anni che sono da coprire. Esiste un problema finanziario e so bene, come sapete voi, che, pur essendo in lieve crescita, le risorse non sono sufficienti, ma dobbiamo sicuramente aumentarle, qualsiasi criterio dovessimo scegliere.
Colgo l'ultimo spunto segnalato dall'onorevole Giulietti in merito alla prudenza sulla rete. Anch'io penso che occorra essere prudenti. La questione è estremamente complessa, ma è anche vero che, per spingere gli editori a produrre di più per la rete, devono essere fornite loro maggiori cornici di garanzia, magari con strumenti non normativi, ma amministrativi. Oltre alla direttiva che ho citato sui controlli, sono in procinto di emanare una direttiva anche per mettere ordine alla tutela del diritto d'autore nelle rassegne stampa. So che l'amico Bonaiuti ci ha lavorato po' di tempo fa.
Onorevole Levi, sono d'accordo con lei in merito alle sue osservazioni sulla lettura: tutti i settori hanno avuto nell'ultimo trimestre un calo di doppie cifre. La lettura dovrebbe essere anticiclica, o almeno una volta si diceva così. Questa volta lo è stata di meno e per questo motivo noi dobbiamo intraprendere alcune azioni.
Personalmente condivido, nelle finalità e nell'attuazione, la legge sul prezzo del libro. Non so se ora sarà il momento migliore per compiere un bilancio, ma sicuramente, laddove non è stata emanata una legge sul libro, si sono create situazioni di monopolio che poi hanno rischiato di fallire.
Il caso inglese è chiarissimo e mi sembra che la legge sul libro corrisponda alla necessità di conservare anche le librerie storiche, luoghi che, secondo me, avranno una nuova giovinezza nel futuro. È quanto sta avvenendo anche per gli editori. Sicuramente la carta stampata non cesserà di esistere, ma gli editori saranno anche animatori del contatto tra i loro autori e i lettori. La libreria sarà un luogo pubblico, un luogo civico di scambio.
Rispondendo all'onorevole Bonaiuti, la moria delle edicole mi preoccupa: insieme al Ministero dell'economia, abbiamo anche immaginato di fornire più strumenti, attraverso l'informatizzazione, ad esempio sui giochi o su funzioni da attribuire alle edicole, al fine di renderle economicamente sostenibili. Lo faremo nell'idea di finanziarle, attraverso un credito di imposta per l'acquisto degli strumenti tecnici che le edicole decideranno liberamente - interverremo noi nella scelta - per una decina di milioni di euro.
Con riferimento all'ultima domanda dell'onorevole Levi, riguardante a RAI International, non ne ho parlato perché cerco di parlare di temi su cui ho un'idea precisa e compiuta. Mi riservo di ragionarci sopra. Certamente per quest'anno abbiamo in bilancio 22 milioni di euro per tutte le convenzioni che non sono solo RAI International, ma comprendono anche le minoranze linguistiche. Si tratta di pochi soldi, meno della metà di quelli che erano normalmente. Con il Ministro Passera abbiamo concordato che, quando a luglio inizierà la negoziazione del nuovo contratto di servizio, porremo la questione a quel tavolo, sollecitando una ridefinizione del contratto di servizio che dovrebbe essere definito entro Natale, alla scadenza del rinnovo triennale sui contenuti prevista dalla legge.
Onorevole Murgia, è vero, la carta non scomparirà: la ringrazio per l'incitamento.
In merito ai contributi, con riferimento alle domande dell'onorevole Zazzera, abbiamo 260 aziende che prendono contributi diretti. Di queste 260 aziende, 137 sono giornali diocesani. Sulle cooperative la procedura prevede una certificazione dell'Agenzia delle comunicazioni di iscrizione al ROC.
Al termine di questa audizione, alle 16, ho in programma la riunione dell'ultima commissione per i contributi, dove esamineremo tutti i casi in cui la mancata registrazione con riserva al ROC è la causa della sospensione da parte nostra. In assenza di un completamento del procedimento del ROC, siamo in difficoltà nella deliberazione.
Approfondiremo tutti i casi incerti che sono rimasti sospesi, all'incirca una ventina. Nella prima riunione, due mesi fa, ne avevamo risolti circa 35, sempre riferiti all'anno scorso. Il procedimento termina il 31 marzo e, quindi, oggi si compie la chiusura del percorso.
Mi scuso per non aver risposto a tutte le altre domande. Completerò le risposte in occasione della prossima audizione.
PRESIDENTE. Su questo punto può già essere sicuro. Io metterei la firma, anche se non sarò io a riceverla come presidente.
Colgo l'occasione per rivolgere al sottosegretario almeno un saluto affettuoso di buon lavoro, segnalando che si potrà lavorare anche su altri tavoli.
Dichiaro quindi conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 14,55.