Sulla pubblicità dei lavori:
Alessandri Angelo, Presidente ... 3
Audizione del Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti, Mario Ciaccia, sullo stato delle politiche infrastrutturali e delle politiche abitative nonché sullo stato del negoziato a livello europeo sulle proposte di direttive europee in materia di appalti e concessioni (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Alessandri Angelo, Presidente ... 3 11 18 23
Braga Chiara (PD) ... 16 20
Ciaccia Mario, Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti ... 3 6 18 20 22
Iannuzzi Tino (PD) ... 17
Margiotta Salvatore (PD) ... 11
Mariani Raffaella (PD) ... 14 22
Misiti Aurelio Salvatore (Misto-G.SudPPA) ... 13
Realacci Ermete (PD) ... 6
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, Democrazia Cristiana): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente
Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA; Misto-Iniziativa Liberale: Misto-IL.
Resoconto stenografico
AUDIZIONE
La seduta comincia alle 14,15.
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti, Mario Ciaccia, sullo stato delle politiche infrastrutturali e delle politiche abitative nonché sullo stato del negoziato a livello europeo sulle proposte di direttive europee in materia di appalti e concessioni.
Nel ringraziarlo per la presenza, do la parola al Viceministro Ciaccia per la relazione.
MARIO CIACCIA, Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti. Ringrazio il presidente e gli onorevoli deputati perché mi consentono di poter rappresentare l'intensa attività di lavoro svolta sinora sia dall'amministrazione della quale porto gran parte della responsabilità e dall'intero Governo, sia dal Parlamento, che ha seguito e segue con la massima attenzione materie di primaria importanza per colmare il nostro gap infrastrutturale e per compiere gli interventi necessari a rilanciare il settore delle costruzioni, promuovendo una crescita del comparto sempre più compatibile con la tutela dell'ambiente, anche alla luce dei principi che stanno emergendo nelle specifiche direttive europee evocate, non a caso, nell'oggetto di questo nostro incontro.
La grave situazione economica del Paese, come ben sapete, ha indotto il Governo fin dal suo insediamento ad assumere una serie di provvedimenti di carattere normativo volti a creare le condizioni idonee a stimolare il rilancio del settore delle infrastrutture e dell'edilizia, tenendo conto della primaria esigenza di semplificare le procedure per la realizzazione delle opere infrastrutturali, favorire l'allargamento della concorrenza, aumentare le tanto invocate certezze per gli operatori privati e finalmente incentivare il partenariato pubblico-privato, che diversamente rimane una scatola vuota.
Gli interventi normativi adottati hanno tenuto conto, tra l'altro, delle proposte e delle idee avanzate nei tavoli di ascolto che io ho reputato opportuno istituire presso il Ministero delle infrastrutture per essere vicini agli operatori del settore: dalle maggiori stazioni appaltanti, quali ANAS o Rete ferroviaria italiana, alle associazioni di categoria maggiormente rappresentative del sistema imprenditoriale, come ANCE, AGI, Confindustria, ABI, Confedilizia; dalla Cassa depositi e prestiti, alla Banca europea di investimento
(BEI), alle fondazioni di analisi, studi e ricerche, senza distinzioni, da ASTRID a ResPublica, a italiadecide.
Mi iscrivo tra coloro che sono pienamente convinti che i tavoli d'ascolto, quando istituiti con la volontà di cogliere i segnali di bisogno e le possibili soluzioni, possono aiutare effettivamente a fare emergere, attraverso un positivo effetto sinergico, le misure più idonee per dare concreto impulso alla realizzazione delle infrastrutture pubbliche e al settore delle costruzioni, che, proprio in un periodo di grave crisi economica e di difficoltà a reperire risorse pubbliche, può costituire un importante volano per la ripresa economica.
Le proposte volte a superare queste problematiche, che in più occasioni sono state portate alla vostra attenzione per la necessaria valutazione e approvazione, si sono tradotte nell'ultimo anno in oltre centoventi nuove norme di legge già direttamente operative o la cui attuazione amministrativa è imminente laddove occorrono ancora provvedimenti di tipo ministeriale.
L'obiettivo di queste nuove norme è quello non solo di semplificare e velocizzare le procedure, cosa comunque importante, ma anche di favorire l'impiego di capitale privato attraverso la necessaria incentivazione degli appositi strumenti finanziari o contrattuali e di garantire maggiori certezze agli operatori che intendono investire nel settore. Senza certezze, infatti, lo ripetiamo sempre, non si va da nessuna parte e il capitale di rischio, che nel sistema mondiale è cospicuo, va dove trova certezze, garanzie e un quadro chiaro.
Si tratta dunque di molteplici disposizioni (oltre centoventi, come ho detto) che, per quanto possano apparire tra loro eterogenee, sono tutte riconducibili a un'unica visione sistemica dello sviluppo infrastrutturale e delle condizioni necessarie per realizzarlo, a partire dagli interventi normativi atti ad attrarre capitale privato. Tra questi, mi piace ricordare in modo particolare l'introduzione - siamo primi in Europa e forse nel mondo - di una disciplina in materia di project bond in grado di rendere operativo uno strumento così peculiare mediante la previsione condivisa di un regime fiscale agevolato.
Recentemente sono poi state accentuate le misure legislative di defiscalizzazione in favore dei soggetti che realizzano opere infrastrutturali con l'impiego di capitale privato anche per le opere che, pur necessarie, non presentano allo stato un piano economico e finanziario in equilibrio. La defiscalizzazione consente in questo caso di rendere il piano economico-finanziario bancabile e attrattivo per il capitale di rischio.
Inoltre, è stato introdotto il contratto di disponibilità, un nuovo strumento contrattuale di partenariato pubblico-privato con il quale un'opera privata viene realizzata e messa a disposizione dell'amministrazione pubblica, per l'esercizio di un pubblico servizio, a fronte di un corrispettivo. Molte amministrazioni stanno scoprendo questo strumento virtuoso, che - non è banale ricordarlo - consente agli enti territoriali di non incorrere nel blocco del Patto di stabilità, che speriamo possa essere comunque allentato per quanto riguarda le spese per investimento.
La stessa finalità di attrarre il capitale privato ha portato a introdurre le disposizioni volte a garantire effettivamente la bancabilità dei progetti da finanziare con capitale di rischio. Spesso, infatti, in passato, si sono portate avanti iniziative che all'atto pratico non risultavano bancabili, che non erano cioè capaci di trovare, nel sistema finanziario nel suo complesso, le condizioni per il finanziamento dell'opera.
Sono state anche introdotte disposizioni legislative volte ad ampliare la possibilità di cedere beni immobili a titolo di prezzo delle concessioni di costruzione e gestione delle opere pubbliche e ad estendere, per le nuove concessioni, l'ambito gestionale a opere già realizzate al momento dell'affidamento e direttamente connesse con quelle da realizzare.
Saranno poi operative a breve - il decreto interministeriale attuativo è in corso di perfezionamento - le disposizioni
in tema di obbligazioni di scopo per gli enti territoriali, introdotte per consentire l'effettivo sviluppo dello strumento obbligazionario a sostegno del finanziamento di singoli e specifici progetti infrastrutturali di competenza degli enti locali attraverso la costituzione di un patrimonio destinato esclusivamente alla soddisfazione degli obbligazionisti e quindi non attaccabile da terzi creditori. In tal modo gli enti territoriali potranno dare risposte al territorio usando come garanzia asset che non ritengono di alienare e senza dover incorrere nella «sanzione delle sanzioni», cioè la violazione del Patto di stabilità.
Bisogna inoltre richiamare l'avvio del processo di autonomia finanziaria dei porti attraverso la destinazione alle autorità portuali di una quota dell'IVA derivante da operazioni di import-export di merci, così da dare nuovo impulso all'infrastrutturazione portuale e alla viabilità stradale e ferroviaria di connessione.
Sono state poi introdotte misure volte ad accelerare l'adozione dei provvedimenti di approvazione dei progetti e di finanziamento delle opere strategiche attraverso la previsione di termini temporali per i passaggi procedurali, quali la deliberazione del CIPE, il controllo della Corte dei conti e l'adozione dei decreti interministeriali, nonché attraverso l'introduzione della possibilità di un'approvazione unica da parte del CIPE del solo progetto preliminare al ricorrere di determinati presupposti.
Tutto questo. Lo capite bene, significa accorciamento dei tempi. Il tempo costa sia in termini di credibilità dell'opera che si vuole realizzare sia in termini di oneri aggiuntivi dovuti alla lunghezza delle procedure. A titolo esemplificativo, ricordo che le società che partecipano devono tenere impegnate specifiche linee di credito perché inserite in un percorso endo-procedimentale che le obbliga a prestare garanzie, con ciò ingessando le linee di credito per un tempo che riteniamo possa essere accorciato.
Si è inteso inoltre favorire una maggiore efficacia dell'azione pubblica volta alla realizzazione di infrastrutture di interesse strategico attraverso la concentrazione delle attività sulle opere individuate quali infrastrutture prioritarie nel Documento di economia e finanza (DEF), su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sulla base dell'integrazione con le reti europee e territoriali, dello stato di avanzamento dell'iter procedurale, nonché della possibilità di prevalente finanziamento con capitale privato.
In altri termini si tratta di prendere coscienza del fatto che l'epoca nella quale si realizzavano infrastrutture e opere pubbliche solo mediante la finanza pubblica è finita da un pezzo. Al di là della finanza pubblica di carattere tradizionale, che deve avere un effetto leva, occorrono norme che garantiscano certezze all'operatore privato e al capitale di rischio che voglia intervenire.
È stato poi introdotto, con legge, il Piano nazionale per le città, uno strumento per incentivare la realizzazione in ambito urbano di interventi di pronta cantierabilità proposti dai comuni e selezionati della cabina di regia istituita presso il Ministero delle infrastrutture, convogliando così le risorse disponibili all'interno di un quadro omogeneo e coordinato di interventi.
Vorrei attirare la vostra attenzione sul fatto che il Piano nazionale per le città favorisce l'avvio di nuovi interventi infrastrutturali, consentendo al contempo di ridurre i fenomeni di tensione abitativa e di marginalizzazione e degrado sociale, nonché di migliorare la dotazione infrastrutturale dei centri urbani, anche con riferimento all'efficientamento del sistema dei trasporti locali.
Si tratta in questo caso di un modo diverso di guardare al territorio. Non possiamo più permetterci di sprecare territorio e non possiamo per questo perdere l'opportunità di recuperare aree urbane oggi degradate. Il Piano nazionale per le città è stata un'iniziativa di grande rilievo. Le proposte pervenute da città del nord, del centro e del sud, e attualmente al vaglio della cabina di regia, ci riempiono
di soddisfazione, ma anche di una copiosa attività istruttoria perché sono oltre quattrocentoventi.
Sono state adottate, poi, le disposizioni in materia di edilizia abitativa adottate a sostegno del settore delle costruzioni, che, come noto, sta soffrendo l'attuale crisi più di altri settori. In particolare, ricordo la misura della cosiddetta «neutralità dell'IVA», che dà la possibilità al costruttore di portare a compensazione l'IVA pagata per la realizzazione dell'immobile, senza che essa rimanga a carico dell'imprenditore edile, prevedendo che la vendita di nuove costruzioni sia soggetta all'IVA anche oltre il termine di cinque anni dalla costruzione.
È stata poi confermata ed estesa la disciplina degli incentivi fiscali per le spese per gli interventi di ristrutturazione edilizia e di riqualificazione energetica degli edifici. In particolare è stata portata al 50 per cento, fino al 30 giugno 2013, la soglia di detrazione IRPEF...
ERMETE REALACCI. In realtà, quella del 55 per cento è stata bloccata!
MARIO CIACCIA, Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti. Sto parlando in particolare delle agevolazioni fiscali per le ristrutturazioni edilizie. È vero, infatti, che le agevolazioni fiscali per la riqualificazione energetica degli edifici sarebbe terminata il 31 dicembre di quest'anno, ma è stata prorogata fino al giugno del 2013, mentre la detrazione relativa alle ristrutturazioni delle abitazioni è stata portata dal 36 al 50 per cento.
Certo, si poteva fare di più, ma si è dato un primo utile choc al settore dell'edilizia, che è particolarmente sofferente, e nello stesso tempo si è prolungata una misura meritoria quale quella della riqualificazione energetica degli edifici. Sommando le due cose, circa 200.000 euro sono suscettibili di detrazione. È un piacere incontrare ogni tanto qualcuno per strada che ci dice che per colpa nostra non dorme perché nell'appartamento accanto stanno facendo dei lavori di ristrutturazione.
Sono state anche previste misure per la diffusione della banda larga sul territorio nazionale. Ulteriori importanti misure emerse nell'ambito del dialogo attivato, richiedendo l'adozione di norme di carattere ordinamentale, non hanno trovato spazio negli strumenti normativi adottati con la decretazione d'urgenza e sono confluite in un recentissimo schema di disegno di legge in tema di infrastrutture, trasporti e territorio, che sono settori nevralgici per lo sviluppo del Paese.
Questo disegno di legge è stato licenziato nella riunione del Consiglio dei ministri del 30 ottobre ultimo scorso e presto arriverà alla vostra attenzione. Al riguardo, intendo informarvi del fatto che con esso si porta a compimento e trova consolidamento l'importante lavoro di produzione normativa svolto dal Governo nell'ultimo anno.
In particolare, il disegno di legge in questione tende a superare i nodi ancora da sciogliere segnalati dagli operatori del settore e contiene alcune disposizioni in materia di appalti molto rilevanti e invocate dal mondo degli operatori nonché dalle stesse Commissioni parlamentari. Si tratta di un complesso di tematiche che per la loro delicatezza il Governo intende sottoporre al dibattito e alle valutazioni del Parlamento, chiamato dunque a sancire un percorso di profonda riforma e di ammodernamento dell'impianto normativo che regola e accompagna l'attività degli operatori del settore.
In particolare, l'intervento è finalizzato a individuare strumenti idonei a: garantire, sin dal momento della gara, la finanziabilità da parte del sistema bancario - e aggiungerei del sistema finanziario in senso lato, visto quanto detto poc'anzi a proposito dei project bond - dei progetti da realizzare in partenariato pubblico-privato; rendere effettivamente operativo l'istituto del subentro di un nuovo concessionario designato dagli enti finanziatori al verificarsi dei presupposti per la risoluzione del rapporto concessorio; agevolare l'utilizzo di contratti di partenariato
pubblico-privato attraverso la possibilità di ricorrere a centrali di committenza specializzate.
Come sapete, molte piccole realtà territoriali non sono attrezzate per l'affidamento di lavori pubblici. Si è quindi cercato di mutuare l'esperienza già acquisita, ad esempio, con CONSIP per garantire prezzi congrui a parità di condizioni attraverso la possibilità di affidare a centrali di committenza specializzate a livello locale i contratti di fornitura di materiali e quant'altro per i lavori pubblici.
Nel disegno di legge vi sono poi disposizioni volte ad accelerare i tempi di approvazione dei progetti di opere strategiche e a ridurre il cosiddetto over design, vale a dire tutto ciò che non è richiesto per motivi di sicurezza o in base alla normativa europea, ma che viene aggiunto per le ragioni più disparate e determina l'aumento dei costi.
Al riguardo, sottolineo la misura che, allo scopo di promuovere un maggior livello di consenso sociale sulle scelte progettuali e insediative relative alle grandi opere di rilevante impatto sociale, ambientale e territoriale, introduce la procedura di consultazione pubblica, tenendo conto del modello francese del débat public e delle esperienze che abbiamo maturato in merito alla TAV Torino-Lione, ma in coerenza con il vigente quadro normativo nazionale.
Il sistema francese, come sappiamo, è basato su un ordinamento fortemente centralizzato. Noi invece abbiamo il Titolo V della Costituzione che disegna i livelli decisionali in maniera molto articolata sul territorio. L'idea è stata quella di attingere ciò che occorre per favorire questa dialettica necessaria senza però mutuare sic et simpliciter istituti di altri ordinamenti che rispondono a esigenze diverse.
Il modello proposto, per il quale abbiamo fatto riferimento sia a contributi ottenuti in sede di tavolo tecnico sia a proposte di legge parlamentari, è concepito in modo tale da evitare che la consultazione possa gravare, con una dilatazione dei tempi, sul procedimento di realizzazione delle opere strategiche e comportare la lievitazione dei costi a causa di eventuali richieste, in sede di consultazione pubblica, di opere compensative da parte delle regioni e degli enti locali.
Abbiamo, dunque, considerato due principi: in primo luogo il modello della consultazione pubblica non deve essere strumentalizzabile in alcun modo, nemmeno teorico, per avanzare richieste di interventi estranei all'opera e ai problemi del territorio, ma suscettibili di far lievitare i costi; in secondo luogo, la consultazione pubblica non può essere ritenuto un mezzo per allungare i tempi endo-procedimentali. Secondo una ragionevole stima, io credo che la consultazione pubblica, proprio perché consente il coinvolgimento operoso del territorio, possa addirittura ridurre i tempi rispetto a quanto avviene quando i soggetti interessati non sono preventivamente chiamati a partecipare.
In particolare, il modello contenuto nel disegno di legge predisposto dal Governo prevede anzitutto l'attivazione della consultazione pubblica, oltre che per le infrastrutture individuate dal Governo in sede di Documento di economia e finanza, anche per le opere strategiche richieste dal territorio; prevede, inoltre, che la procedura sia svolta sul territorio interessato dal provveditore alle opere pubbliche competente in coordinamento con il prefetto della provincia o del capoluogo di regione e che la stessa procedura si concluda in tempi predefiniti, non oltre i centoventi giorni.
Come ripeto, è chiarito che la consultazione pubblica non può costituire la sede per richiedere opere compensative da parte degli enti territoriali. È invece strumentale alla preliminare verifica della percorribilità dell'opera e volta a raggiungere un maggior livello di accettazione sociale. In base alla disposizione, l'esito della consultazione non è vincolante per il decisore pubblico, ma è funzionale all'adozione di scelte realizzative e localizzative in ordine alle opere infrastrutturali da parte del Governo con un maggiore grado di accettazione sul territorio.
Lo stesso disegno di legge contiene, inoltre, disposizioni di delega per consolidare, armonizzare e semplificare i quadri regolatori in settori di estrema delicatezza per il sistema produttivo nazionale, quali contratti pubblici, edilizia e governo del territorio e trasporto mediante autobus, che hanno perso, in conseguenza delle numerose modifiche legislative di cui sono stati oggetto nel corso del tempo, la connotazione della necessaria organicità e richiedono quindi un consolidamento che dia stabilità e certezza agli operatori nei settori interessati.
Per quanto riguarda la delicata materia dei contratti pubblici, la delega prevede la finalità di consolidare e assestare - dunque, non riscrivere - il quadro normativo di riferimento nel rispetto di principi e criteri direttivi che sono riconducibili all'esigenza di semplificare, razionalizzare e riordinare la materia, evitando la dispersione in diverse fonti normative e la sovrapposizione o duplicazione di norme, nonché di dare certezza al quadro regolatorio per favorire gli investimenti privati, prendendo spunto dagli orientamenti che stanno emergendo a livello europeo in sede di esame e negoziato delle proposte di aggiornamento delle direttive su appalti pubblici e concessioni.
La delega per il riordino della materia dell'edilizia è volta altresì a conferire organicità a tutte le disposizioni finora emanate, in modo da rendere più agevole e affrontare più efficacemente, in un'ottica di sostenibilità anche energetica, le trasformazioni territoriali di cui il Paese necessita. In questo ambito si intende inoltre individuare i principi fondamentali nella materia del governo del territorio, in modo da mettere a sistema sull'intero territorio nazionale le innovazioni già introdotte nella normativa statale e in molte regioni per mezzo dell'attività legislativa concorrente regionale.
Il disegno di legge è quindi coerente con la linea di azione di questo Governo in quanto finalizzato, nel suo complesso, a creare le condizioni regolatorie idonee a favorire la realizzazione delle opere pubbliche, accelerando e semplificando le procedure nonché stimolando l'impiego di capitali privati, anche in linea con il più ampio scenario europeo e con particolare riferimento al progetto avviato in via sperimentale dalla Commissione europea in tema di project bond. La medesima coerenza nell'azione di governo è riscontrabile anche nelle disposizioni di delega, previste in tale disegno di legge, come già ho accennato, allo scopo di dare stabilità e certezza agli operatori dei settori interessati.
Per quanto riguarda poi lo scenario europeo di riferimento in materia di contratti pubblici, credo che occorra fornire alcuni cenni sul processo, attualmente in atto, di rivisitazione del diritto comunitario, avviato con le tre proposte di direttive comunitarie in materia di appalti nei settori ordinari, delle utility e delle concessioni che daranno luogo a due nuove direttive sostitutive delle vigenti direttive 2004/18/CE (appalti nei settori ordinari) e 2004/17/CE (appalti nei settori speciali) e a una nuova direttiva ad hoc per i contratti pubblici di concessione di lavori e servizi.
Devo premettere, sotto il profilo metodologico, che in sede di negoziato tra le delegazioni nazionali e la Commissione europea per la definizione dei testi da adottare, per cui è attivo un tavolo tecnico di consultazione presso il Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie, la Commissione europea tiene conto delle proposte di modifica degli Stati membri solo laddove assumano un carattere di generalità e, dunque, in quanto espressione delle esigenze di una pluralità di Stati. Durante questa fase di negoziato sono state apportate modifiche all'originario testo delle proposte di direttiva.
Segnalo che il termine di recepimento delle direttive negli ordinamenti dei vari Stati membri, inizialmente previsto per il 30 giugno 2014, è attualmente stabilito in ventiquattro mesi dall'entrata in vigore delle direttive. Evidenzio, inoltre, che durante la fase di negoziato in sede di tavolo tecnico, le strutture del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti hanno operato per ottenere un miglioramento del
sistema degli appalti in termini di efficienza, semplificazione e modernizzazione in conformità con quanto emerso dalla consultazione avviata dalla Commissione europea con il Libro verde sulla modernizzazione degli appalti pubblici e tenendo conto altresì dell'attuale ordinamento nazionale e dell'incidenza delle proposte di direttiva sullo stesso.
Particolare attenzione è stata rivolta innanzitutto agli ambiti di applicazione soggettivo e oggettivo, alla definizione delle procedure selettive, ai requisiti di partecipazione sia di ordine generale che speciale e alle regole applicabili alle comunicazioni. Ad oggi, si è provveduto a un esame quasi definitivo della proposta di direttiva che sostituirà quella concernente gli appalti nei settore ordinari.
Per quanto riguarda, invece, la proposta di direttiva nel settore delle utility e delle concessioni, si è addivenuti a un testo consolidato relativamente alle disposizioni comuni e a quelle già definite nel settore degli appalti ordinari, mentre sono in fase di ultima definizione le disposizioni che, considerata la diversità e la particolarità dei contratti nel settore delle utility e dei contratti di concessione, necessitano di ulteriori approfondimenti.
Ferma restando, quindi, la complessità dei provvedimenti di cui parliamo, sulla scorta dell'esame delle disposizioni finora effettuato appare utile fornire i seguenti elementi di conoscenza, anche se non esaustivi e definitivi, sui contenuti delle proposte di direttive.
In generale, le nuove direttive sono improntate alla semplificazione e all'accelerazione delle procedure e sono connotate da una maggiore flessibilità rispetto all'attuale normativa in materia di appalti pubblici.
Si prevede la promozione dell'innovazione - è infatti disciplinata una nuova forma di procedura per appalti innovativi - e dell'inclusione sociale per un migliore uso degli appalti pubblica a sostegno di obiettivi sociali comuni, quali la tutela dell'ambiente e una maggiore efficienza energetica. Nel rilevare, inoltre, una maggiore chiarezza rispetto alle precedenti direttive, si sottolinea che le stesse recepiscono, normandoli, gli orientamenti comunitari che la Corte di giustizia nel tempo ha maturato in relazione ad alcune questioni, quali la cooperazione pubblico-pubblico e gli affidamenti in house.
Particolare attenzione ha poi meritato la disciplina delle centrali di committenza e la suddivisione in lotti degli appalti, al fine di favorire le piccole e medie imprese e al contempo assicurare l'esecuzione a regola d'arte delle prestazioni nonché le condizioni di esecuzione dell'appalto, con particolare riferimento alle disposizioni che disciplinano la modifica dei contratti durante il periodo di validità. Lo scopo è quello di garantire il principio della massima concorrenza unitamente al principio di economicità ed efficienza dell'azione amministrativa.
Laddove sono emerse maggiori criticità in vista del recepimento, la scelta auspicata dalla nostra amministrazione in sede di tavolo tecnico - e per gran parte accolta dalla Commissione europea - è stata quella di rimettere ai singoli Stati membri l'attuazione di particolari disposizioni in materia di attuazione delle nuove direttive, anziché demandare alle singole stazioni appaltanti la facoltà di decidere, ad esempio, in materia di priorità nell'esaminare i criteri di ordine morale e speciali, di selezione e aggiudicazione, di cause di esclusione e così via. Ciò, ovviamente, allo scopo di assicurare un'uniformità di applicazione delle regole sull'intero territorio nazionale e garantire altresì la reale ed effettiva concorrenza nel mercato nonché la par condicio tra gli operatori economici.
È stato inoltre richiesto un maggiore approfondimento sia sull'istituto dell'avvalimento, con particolare riferimento alla non applicabilità di tale istituto a requisiti di natura strettamente soggettiva come, ad esempio, il titolo di studio, l'esperienza professionale o il possesso di certificazione di qualità, sia sul dialogo competitivo. In questo senso, è stato chiesto di fornire indicazioni tese a chiarire che la complessità giuridica e finanziaria di un intervento, quale presupposto della procedura,
non può essere disgiunta dalla complessità tecnica, che appare abbastanza agevole da individuare, sul presupposto valutativo e imprescindibile degli elementi di carattere finanziario.
È stata poi accolta la richiesta di reintrodurre tra i contratti esclusi dall'applicazione delle direttive le operazioni di approvvigionamento finanziario, allo scopo di consentire il mantenimento, in fase di recepimento della direttiva nell'ordinamento nazionale, dell'esclusione specifica di questa tipologia di servizi quale forma di semplificazione per le operazioni di partenariato pubblico-privato, che nell'attuale situazione economico-finanziaria, caratterizzata dall'estrema difficoltà di reperire risorse pubbliche, costituiscono uno strumento di primaria importanza per la realizzazione delle infrastrutture.
Infine, in materia di concessioni la proposta di direttiva, a parte alcune specifiche questioni, appare chiara nel precisare, sulla scorta di principi fissati dalla pertinente giurisprudenza della Corte di giustizia, l'ambito di applicazione soggettivo ed oggettivo. Inoltre, considerata la particolarità delle concessioni rispetto agli appalti, la direttiva è dotata di una disciplina maggiormente flessibile che, per quanto riguarda la durata della concessione, non prevede un termine massimo, considerato che, come sapete, la durata deve essere commisurata al tempo necessario per rientrare dell'investimento effettuato.
Rispetto alle proposte di direttiva in materia di appalti nei settori ordinari e speciali, nella proposta comunitaria concernente le concessioni appare chiaro l'intento di responsabilizzare maggiormente le stazioni appaltanti.
Poiché intendo fornire un quadro complessivo dell'azione svolta, richiamo anche i contenuti del X Allegato Infrastrutture, il cui esame parlamentare si è concluso recentemente, Le infrastrutture lì elencate possono rivelarsi idonee, all'interno del quadro programmatico, a sostenere nel medio e lungo periodo la crescita del nostro Paese e coincidono con i nodi italiani delle reti TEN-T da realizzarsi entro il 2030.
Dallo stesso Allegato emerge che in tema di infrastrutture il Governo intende perseguire, da un lato, la finalità di individuare, fin dalla programmazione, le problematiche gestionali generate dalla nuova offerta infrastrutturale e gli strumenti capaci di superare le naturali discrasie che prenderanno corpo mano a mano che le opere in costruzione si trasformeranno in impianti da gestire; dall'altro, la finalità di disegnare il nuovo Programma delle infrastrutture strategiche (PIS) con una corretta capacità previsionale, rispettando le esigenze reali della domanda e assicurando, attraverso la costruzione di un'offerta organica, un sistema di infrastrutture necessarie per intercettare davvero le esigenze del Paese in vista del 2030.
Questo nuovo approccio non è pertanto limitato a identificare gli interventi da realizzare, ma consente di definire gli ambiti strategici da aggredire con azioni e interventi legati all'efficienza reale dell'offerta infrastrutturale. Di rilevanza particolare sono senz'altro la fissazione di chiare linee per la definitiva adozione di un Piano nazionale degli aeroporti, elemento chiave per lo sviluppo infrastrutturale del Paese, e la presenza nell'Allegato Infrastrutture, oltre che delle infrastrutture di supporto all'offerta trasportistica, anche delle opere legate al comparto energetico e delle reti digitali, il che testimonia l'impegno del Governo a dotare il Paese di ciò che è complessivamente necessario sotto il profilo infrastrutturale per rilanciare e sostenere la sua crescita.
Segnalo infine che nel disegno di legge di stabilità per il 2013, attualmente all'esame del Parlamento, sono presenti disposizioni di finanziamento volte a consentire la realizzazione di alcune opere infrastrutturali, tra cui la Torino-Lione, il MOSE e il nuovo tunnel ferroviario del Brennero. Per la Torino-Lione è prevista l'autorizzazione di spesa di 60 milioni di euro per il 2013, 100 milioni per il 2014 e 530 per il 2015. Per il MOSE l'autorizzazione di spesa è di 50 milioni di euro
per il 2013 e di 400 milioni per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016. È inoltre autorizzata, per gli investimenti relativi alla rete infrastrutturale ferroviaria, la spesa di 600 milioni di euro per il 2013 e di 50 milioni per ciascuno degli anni 2014 e 2015 da destinare, prioritariamente, alle esigenze connesse alla prosecuzione dei lavori relativi a opere in corso di realizzazione e a infrastrutture strategiche appartenenti alle reti TEN-T.
Al riguardo, mi piace ricordare che solo la Torino-Lione consentirà di ridurre una quantità di emissioni di gas serra pari a quelle prodotte da una città di 300.000 abitanti, mentre la nuova linea ferroviaria del Brennero consentirà una riduzione di gas serra pari a quelli prodotti dagli abitanti della città di Bolzano, che sono circa 100.000, senza contare che con la Torino-Lione si toglieranno dalla strada 600.000 camion all'anno. Questo per ribadire l'attenzione che riteniamo sia dovuta allo sviluppo dell'economia e allo stesso tempo alla tutela dell'ambiente.
Da ultimo, ricordo che sul sito istituzionale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in un'ottica di trasparenza e conoscibilità dell'azione della pubblica amministrazione, è stato creato un collegamento informatico che consente di conoscere lo stato di attuazione delle opere finanziate in tutto o in parte da questo Governo e di approfondire le specifiche tecniche di ogni progetto, nonché di conoscere le prossime scadenze sul fronte della realizzazione.
Aggiungo, altresì, che sullo stesso sito internet sono rinvenibili le norme di cui ho parlato. La sezione è in continuo aggiornamento, visto che state approvando un numero di provvedimenti legislativi importante, ma necessario per il Paese. In questo modo, insieme alla tracciabilità delle opere, può trovare visibilità per tutti i cittadini italiani anche la nuova normativa.
Chiedo scusa per essermi dilungato, ma credo fosse doveroso da parte mia fare un quadro completo di quanto già compiuto, delle ragioni di quanto fatto e delle proiezioni future.
PRESIDENTE. Ringrazio il Viceministro e do la parola ai colleghi che vogliano intervenire per porre domande o formulare osservazioni.
SALVATORE MARGIOTTA. Ringrazio il Viceministro per la relazione molto lunga e ampia. Probabilmente sarebbe auspicabile potersi vedere più spesso in modo tale che, quando ci si incontra, non ci siano troppe cose da raccontare. A un intervento così lungo faranno di certo seguito moltissime domande e non so come riusciremo a sviluppare i nostri lavori.
Partirei dalla questione relativa alle proposte di nuove direttive europee sugli appalti, su cui lei si è soffermato nella seconda parte della relazione e che era uno dei due motivi per cui avevamo ritenuto necessario audirla, anche perché questa Commissione sta svolgendo a sua volta un lavoro molto approfondito su tali atti (così come lo scorso anno aveva fatto sul Libro verde), di cui peraltro mi sto occupando in qualità di relatore. Vorrei quindi porle alcune domande.
Innanzitutto vorrei chiederle qual è il giudizio complessivo del Governo su queste proposte di direttive. Che impatto ritiene avranno sul sistema delle imprese italiane in relazione al mondo delle infrastrutture e degli appalti? Secondo il Governo, siamo in grado di recepirle in maniera proficua e virtuosa o nasceranno ulteriori problemi che si sommeranno a quelli endemici, ben noti e purtroppo non ancora in via di risoluzione, del comparto delle infrastrutture?
Ci servirebbe anche sapere qual è lo stato di interlocuzione con l'Unione europea, lei ne ha solo accennato, quali sono le proposte avanzate dal Governo italiano e, se possibile, disporre dei testi di compromesso ai quali il Viceministro faceva riferimento, testi che hanno già modificato le direttive così come emanate inizialmente. Qui in Parlamento stiamo lavorando sui vecchi testi e conoscere le modifiche che sono già state apportate sarebbe davvero utile per il nostro lavoro.
Con riferimento alle lunghe audizioni che abbiamo tenuto sull'argomento, vorrei sottoporle due questioni tra le tante emerse. La prima è relativa ai cosiddetti «macrolotti». Le proposte di direttive individuano chiaramente la volontà di invertire la politica dei macrolotti, privilegiando invece la possibilità di frazionare le gare d'appalto per favorire la partecipazione della media impresa, cosa alla quale siamo tutti favorevoli. Eppure io non sono ideologicamente contrario ai macrolotti perché talvolta hanno funzionato, come dimostrano alcuni casi legati ad esempio alla realizzazione della Salerno-Reggio Calabria.
Sul tema c'è un dibattito molto forte nel mondo delle imprese. Noi abbiamo sentito le posizioni più disparate, a seconda che si trattasse di ANCE, di altre organizzazioni o dell'Istituto grandi infrastrutture (IGI). Mi interesserebbe dunque capire qual è l'orientamento del Governo su questo punto e che tesi sposerà interloquendo con l'Unione europea.
Il secondo argomento, che è stato sollevato spesso durante le audizioni, è più di dettaglio, ma è vitale per il sistema imprenditoriale. Le imprese specialistiche riunite nella Federazione delle industrie dei prodotti, impianti e servizi per le costruzioni (FINCO) e in generale i subappaltatori chiedono di inserire nell'ordinamento norme che obblighino l'amministrazione al pagamento diretto del subappaltatore, senza passare dall'appaltatore. Gli appaltatori per ovvi motivi fanno resistenza, ma in un momento di crisi così grave come quello che stiamo vivendo il tema rischia di essere importantissimo. Benché leggiamo del tentativo del Governo di adeguarsi alla normativa europea che impone il pagamento entro trenta giorni, mi lasci dire che non sono fiducioso a proposito del fatto che l'Italia sia in grado di tener fede a questo impegno.
Mi piacerebbe, quindi, acquisire l'opinione del Governo su questi due temi specifici, oltre che sul complesso delle norme recate dalle proposte di nuove direttive sugli appalti.
Venendo al secondo tema dell'audizione, tenuto conto che sarà il capogruppo del PD, Raffaella Mariani, ad entrare nel merito dell'azione del Governo nel settore delle politiche infrastrutturali, vorrei soffermarmi su qualche questione puntuale.
In tal senso, ricordo anzitutto, come il Viceministro sa, che c'è molta attenzione per il Piano per le città. Io conosco bene i numeri del Piano: a fronte di una disponibilità economica piuttosto ridotta, di 250 milioni di euro, sono arrivate proposte e progetti dalle amministrazioni locali per quasi 4 miliardi di euro. Le richieste superano di gran lunga dunque la disponibilità economica, ma non è tanto di questo che voglio parlare, quanto di un tema ancora più stringente.
Per la valutazione di tali proposte e progetti è stata costituita una commissione, di cui fanno opportunamente parte anche rappresentanti delle regioni designati dalla Conferenza Stato-regioni, che a oggi però non si è mai riunita. Si è insediata alla sua presenza, Viceministro, con grande dispiegamento di forze mediatiche, ma non è stata mai convocata. I motivi, a mio avviso, sono due: o si ritiene che non sia possibile arrivare al risultato o si ritiene che si possa lavorare in seno agli uffici ministeriali senza il coinvolgimento della altre componenti della commissione medesima. In entrambi casi, la situazione sarebbe molto negativa. Mi auguro che la sua risposta possa scongiurare sia la prima che la seconda ipotesi e spiegarci perché questa commissione, insediatasi tra settembre e ottobre, a metà novembre non si sia ancora mai riunita.
Ulteriore questione è quella dei commissariamenti. In sede di approvazione della legge di riforma della Protezione civile (legge 12 luglio 2012, n. 100, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 15 maggio 2012, n. 59), che nella prima stesura recava la richiesta del Governo di far cessare tutti i commissariamenti, molti dei quali riguardano infrastrutture stradali e autostradali, entro il 30 giugno 2012, si trovò un compromesso. Approvammo infatti un emendamento che ha lasciato in vigore tutti i commissariamenti
fino al 31 dicembre 2012 e, mediante un ordine del giorno approvato all'unanimità dalla Camera, chiedemmo al Governo di riferire in Commissione prima di tale scadenza quali commissariamenti ritenesse di dover prorogare anche il prossimo anno e quali no, in modo tale da non trovarci di fronte, nel prossimo decreto-legge «mille proroghe», alle solite proroghe indiscriminate, il che peraltro smentirebbe l'azione del Governo medesimo, che voleva che tutto cessasse il 30 giugno 2012. Ci sono casi spinosi e ben noti, soprattutto nel nord-est del Paese, su cui la Commissione si è divisa ampiamente. Acquisire il parere del Governo per tempo sarebbe quindi per noi di vitale importanza.
Concludo ponendo alla sua attenzione una questione che riguarda il cosiddetto Allegato Infrastrutture. Durante la discussione che c'è stata in Commissione non abbiamo avuto modo di confrontarci con lei perché a rappresentare il Governo era il Sottosegretario Improta. In quell'ambito è emersa un'esigenza, sottolineata per la verità dallo stesso Governo, che io condivido in linea di principio, ma sulla quale mi aspettavo si assumesse una decisione da parte del Governo. È chiaro a tutti, infatti, che l'Allegato Infrastrutture rischia sempre più di risultare un elenco di opere che richiedono una copertura finanziaria X, essendo però disponibile una copertura probabilmente pari a un decimo di X. Sarebbe stato pertanto quello il momento - ma l'occasione è stata perduta nella discussione sull'Allegato Infrastrutture - di compiere delle scelte.
Io mi sarei aspettato che il Governo tecnico, da lei autorevolmente rappresentato in questa materia, nel sottoporci l'Allegato Infrastrutture non ci presentasse di nuovo, come invece è accaduto, lo stato dell'arte delle infrastrutture strategiche e delle risorse disponibili, rinviando al futuro le decisioni. Mi aspettavo che, come si è fatto ad esempio per la scelta, da me non condivisa, di chiudere i tribunali o di accorpare le province, anche sulle opere pubbliche il Governo avesse il coraggio di indicare quelle prioritarie e quelle a cui invece si deve rinunciare.
A mio parere i tempi per una decisione di questo tipo sono maturi, ma nemmeno questo Governo l'ha presa. Vorrei la sua opinione anche a tale riguardo.
AURELIO SALVATORE MISITI. Ringrazio il Viceministro per questa ampia presentazione della linee programmatiche del Governo, anche se ha riassunto altresì quanto già approvato dal Parlamento e quindi a nostra conoscenza.
Sono preoccupato per le questioni che il Viceministro ha posto, pur essendosi dilungato molto sulla normativa. La prima questione di fondo è la scarsità delle finanze pubbliche. È cosa nota. Le difficoltà che emergono dai provvedimenti derivano soprattutto da questo. Nel campo delle infrastrutture occorrono risorse perché le opere non si possono inventare. La seconda questione, che può essere anche considerata molto positiva, è relativa al fatto di aver sollecitato con vari provvedimenti l'intervento della finanza privata.
Al riguardo, però, vorrei sapere dal Viceministro anzitutto se questo tentativo di sostituire i fondi pubblici con fondi privati abbia prodotto in questo anno dei risultati nelle grandi opere e soprattutto se in campi come quello stradale, ferroviario, della sanità o dei porti esistano degli ostacoli difficili da superare.
Io, per esempio, vedo un grosso ostacolo nel fatto di aver rinunciato, o parzialmente rinunciato, alla riforma dell'ANAS, non avendo proceduto alla costituzione della prevista Agenzia per le infrastrutture. Il Ministero si trova così a rifare qualcosa che faceva un tempo, quando esistevano i geni civili o i provveditorati alle opere pubbliche. In mancanza dell'Agenzia, di fatto, l'ANAS è stata in parte inclusa nel Ministero, ma resta un'azienda ambigua e credo che ciò rappresenti un ostacolo.
Lo stesso si può dire per la mancata riforma delle ferrovie. Tutto si concentra nel fatto che la holding viene controllata sporadicamente, quando c'è l'assemblea
annuale, e il gruppo Ferrovie dello Stato italiane si considera come una società privatistica, ma con risorse pubbliche, e fa il bello e il cattivo tempo, tagliando treni al sud o nelle zone più in difficoltà del Paese e creando disagi soprattutto ai pendolari. Si basa sulle entrate provenienti dalle regioni, ma nessuno controlla con continuità per ragioni istituzionali e normative. Io penso invece che il gruppo Ferrovie, essendo finanziato al 100 per cento dallo Stato, dovrebbe agire sempre sotto lo stimolo del Ministero.
Nel caso dei porti, il Viceministro ha accennato alla legge sull'autonomia finanziaria attraverso la destinazione alle autorità portuali di parte dell'IVA derivante dalle attività commerciali. Da tempo alla Camera e al Senato si lavorava in questa direzione e finalmente siamo arrivati a un risultato. Deve però esistere ancora qualche ostacolo perché, per esempio, una diga frangiflutti che costa miliardi potrebbe effettivamente essere finanziata con fondi privati, magari creando una gestione mista o privatistica per la parte esistente del porto. Quali sono dunque le difficoltà nel caso dei porti?
Potreste altresì aver registrato qualche difficoltà nel campo delle strutture sanitarie. Ovviamente entrano in causa anche altri ministeri, ma il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti potrebbe avere in mano gli argomenti per poter superare tali difficoltà. A me non risultano molti casi in cui la sostituzione dei fondi pubblici con fondi privati si sia potuta sfruttare.
Vorrei che il Viceministro ce ne desse conto e ci spiegasse come si posso affrontare e sconfiggere le resistenze.
RAFFAELLA MARIANI. Ringrazio il Viceministro per questa opportunità. Abbiamo molte domande da porle e forse oggi riusciremo a fare solo questo, ma vorremmo anche alcuni chiarimenti e suggerire alcuni spunti.
Parto da una questione di attualità, cioè la vicenda del ponte sullo Stretto di Messina. Non voglio ritornare sul merito della scelta di realizzare o meno il ponte, bensì vorrei un chiarimento sugli atti che il Governo ha adottato quest'anno. Il decreto-legge n. 179 appena pubblicato è stato presentato come il provvedimento che avrebbe potuto rimettere mano al contratto attraverso la scrittura di un atto aggiuntivo, mentre la delibera CIPE n. 6 del 2012 azzerava il finanziamento del ponte. Anche a valle della discussione che abbiamo fatto sul disegno di legge di stabilità, vorremmo sapere quale sia la reale intenzione del Governo.
Questa discussione è legata al fatto che le misure adottate solo negli ultimi due anni hanno, per esempio, indicato dapprima l'amministratore delegato della società Stretto di Messina come commissario straordinario per la realizzazione del ponte per poi prevedere nel 2011 un'ulteriore modifica al contratto mediante un atto aggiuntivo. L'argomento è stato affrontato dal Governo in numerose occasioni senza fare chiarezza e nemmeno rivelare al Parlamento, e in generale agli investitori e al mondo che ci guarda, quale sia la sua reale intenzione.
Ad esempio, le ricordo la critica, seppur di dettaglio, che abbiamo mosso all'impostazione della legge di stabilità laddove si prevede lo stanziamento della cifra di 300 milioni di euro - stimata non si sa come alle penalità relative al ponte sullo Stretto di Messina. Ci sembra strano che questa assegnazione possa essere così precisa dal momento che non si conosce ancora né l'entità dell'eventuale contenzioso né tanto meno si sa se l'anno prossimo ci sarà la liquidità necessaria per pagare.
Siamo tutti al corrente del fatto che nel nostro Paese i contenziosi durino molto ed anche per questo il quantificarli a priori ci sembra un'esagerazione. Poiché abbiamo denunciato le scarse risorse appostate dalla legge di stabilità nei capitoli di bilancio per le infrastrutture, il gruppo del PD avrebbe preferito che quei 300 milioni fossero destinati a opere infrastrutturali nelle due regioni coinvolte, Calabria e Sicilia, anziché a un contenzioso che deve ancora iniziare e non si sa su quali basi. Credo che questo sia un chiarimento dovuto
da parte Governo, anche alla luce del decreto-legge n. 179 appena emanato.
Mi pongo inoltre un problema generale che riguarda l'ANAS e che ha già sollevato il collega Misiti. Noi siamo sempre stati contrari alla costituzione dell'Agenzia per le infrastrutture perché avremmo voluto e dovuto creare invece una vera e propria Autorità dei trasporti. Tuttavia, il fatto che il Governo, adducendo l'esigenza di attendere che nel dialogo fra Governo e Parlamento si manifesti la volontà di istituire velocemente questa Authority, decida di portare l'ANAS direttamente sotto l'egida del Ministero delle infrastrutture non fa certo venir meno i motivi per cui noi del PD abbiamo sempre criticato il conflitto tra controllore e controllato, che in questo modo resta intatto pur trasferendosi in un altro palazzo.
Permane infatti in questo modo la difficoltà di gestire non solo le questioni che riguardano le concessioni autostradali, che sono l'aspetto più delicato dal punto di vista delle risorse e delle funzioni da definire, ma anche l'attuazione di alcuni provvedimenti. A livello locale, ad esempio, in molti casi non si sa con chi interloquire. Adesso dobbiamo anche chiedere al Ministero quali sono effettivamente gli atti in vigore. Le chiedo, quindi, di chiarire quale sia la situazione della governance del settore in questo momento, in attesa dell'istituzione della suddetta Autorità.
A questo proposito, inoltre, vorrei muovere un rilievo con riferimento all'Ispettorato di vigilanza sulle concessioni autostradali dell'ANAS (IVCA) e alla vicenda che ha portato al licenziamento in tronco di ventitré professionisti precari, che hanno lavorato in pianta stabile per quattro anni presso l'Istituto ma, non avendo un contratto a tempo indeterminato, sono stati automaticamente espulsi a seguito del trasferimento delle competenze dell'Istituto al Ministero avvenuto in forza del decreto-legge n. 98 del 2011 emanato dal precedente Governo. Domani la Commissione lavoro della Camera discuterà una risoluzione su questo tema e anche il Senato se ne sta occupando. Dopo il licenziamento di questi professionisti, peraltro, sono stati affidati altri incarichi su indicazione dell'ANAS stessa, contravvenendo al principio di meritocrazia e di conservazione delle competenze esistenti.
Inoltre, venuti a conoscenza del disegno di legge sulle infrastrutture da lei citato nella relazione, ci siamo domandati se sia il caso di modificare il Codice dei contratti pubblici da un lato attraverso il disegno di legge e dall'altro lato in occasione del recepimento delle nuove direttive europee sugli appalti. Noi abbiamo più volte sottolineato la necessità di modificare e semplificare il Codice in modo sostanziale ma siamo del parere che le numerosissime modifiche apportate allo stesso abbiano creato molti problemi perché sono state predisposte in una forma poco partecipata e farraginosa. Non vorremmo quindi che anche il recepimento delle nuove direttive europee e la discussione sul disegno di legge predisposto dal Governo restassero due occasioni distinte. Preferiremmo invece la prospettiva di una modifica sostanziale, ma unitaria, entro un periodo di tempo ben definito, in modo da garantire la stabilità del nuovo quadro normativo che si
andrà a definire e che tutti auspichiamo a favore delle imprese.
Da ultimo, in queste ore le imprese edili sono preoccupate dalla possibilità che il recepimento della direttiva europea contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali (di cui si è discusso di nuovo in questi giorni e su cui il Ministero dell'economia e delle finanze ha dato precise garanzie) non coinvolga il settore dell'edilizia. Mi chiedo se a questo punto il Ministro delle infrastrutture, direttamente interessato e competente sul tema, abbia la forza di spiegare al Ministro dell'economia e al Governo nella sua collegialità che il settore delle costruzioni è uno dei più colpiti dalla crisi ed è a rischio fallimento proprio a causa delle pubbliche amministrazioni che non fanno il proprio dovere.
Non credo che si possa far fuori il settore delle costruzioni da questa pur graduale opera di adeguamento dell'ordinamento nazionale a quello europeo in
materia di pagamenti nelle transazioni commerciali, a partire da quelli della pubblica amministrazione, che sarebbe sicuramente efficace anche se non sufficiente a onorare i crediti ormai onerosissimi accumulati dalle imprese per lavori già eseguiti.
Le chiedo, infine, se nella legge di stabilità o accanto alle misure che il Governo ha adottato in materia di agevolazioni fiscali dirette a favorire la realizzazione delle infrastrutture, non tutte efficacissime per quanto riguarda il sistema delle imprese edili, sia possibile prevedere anche un piano per le piccole e medie opere, che coinvolga anche il sistema bancario, e possa venire incontro a questa esigenza prioritaria di sostegno del mondo delle piccole e medie imprese del settore delle costruzioni. Il Governo parla sempre di grandi opere e di livelli molto elevati di investimento, ma per le piccole e medie opere noi temiamo non vi siano contributi in termini di capitale privato in grado di dare un po' di ossigeno agli imprenditori e ai lavoratori del settore.
Più che una domanda, quindi, questa mia ultima considerazione è un appello affinché sia adottato dal Governo un provvedimento d'urgenza che vada nella direzione indicata.
CHIARA BRAGA. Ringrazio il Viceministro. Il mio intervento sarà limitato a un punto che è stato toccato nella sua presentazione. Mi riferisco alle politiche abitative.
Credo che correttamente il Viceministro abbia ricordato, come elemento di maggiore rilevanza dell'azione del Governo su questo fronte, la scelta di investire in un piano pluriennale, vale a dire il Piano nazionale per le città previsto nel decreto-legge n. 83 dello scorso mese di giugno. Noi abbiamo salutato positivamente questa scelta di prospettiva da parte del Ministero perché ha permesso di dare un segnale di discontinuità rispetto alle politiche abitative del Governo precedente, contro cui sono stati espressi giudizi critici sicuramente più autorevoli del nostro.
La Corte dei conti, ad esempio, in una sua relazione ha evidenziato in maniera molto netta e decisa le carenze e la lentezza nel perseguimento di risultati del primo e del secondo Piano casa varati dal Governo Berlusconi. L'attuale Governo ha deciso di impostare un ragionamento differente, che, come diceva correttamente il Viceministro, pone al centro la necessità di dare risposte alla crescente emergenza abitativa del nostro Paese, cercando di integrarla con il tema assolutamente condivisibile del recupero delle aree urbane degradate.
Rispetto all'impostazione del progetto che avete proposto, abbiamo dato un giudizio positivo. Quello che ci preoccupa è tuttavia la sua attuazione. Come anticipato dal collega Margiotta, poiché si è intervenuti in un ambito sul quale da molto tempo mancavano proposte convincenti, l'adesione dei territori e delle città al Piano per le città è stata notevole. Il numero delle richieste avanzate è importante: 425 domande che, stando ai dati recuperabili sulla stampa, raggiungono complessivamente un volume di oltre 8 miliardi di euro di investimenti.
Sono ben consapevole del fatto che in questo momento sia problematico mettere risorse pubbliche a disposizione di interventi anche virtuosi come questi, ma, alla luce dei 224 milioni di euro stanziati a giugno per il Piano per le città dal decreto-legge n. 83 (cosiddetto «decreto sviluppo») e dei 4 milioni aggiuntivi stanziati dal disegno di legge di stabilità che stiamo discutendo, mi domando come si intenda proseguire su questa strada virtuosa di investimento su più anni con risorse così scarse e limitate.
So che il Governo ha fatto riferimento alla disponibilità di fondi - circa 1,5 miliardi di euro - da attivare presso la Cassa depositi e prestiti, ma vorrei capire quali termini di utilizzo si possano ipotizzare per il Fondo investimenti per l'abitare messo a disposizione dalla Cassa depositi e prestiti e se queste risorse - immagino di no - siano nella piena disponibilità dei comuni o dovranno invece essere restituite, e in questo caso come si
pensa di far fronte alle grandi difficoltà che ci vengono segnalate in relazione ai mutui accesi dalle amministrazioni locali presso la Cassa depositi e prestiti per investimenti di vario genere. La preoccupazione è dunque che, pur in presenza di un disegno condivisibile e sicuramente da sostenere, sia difficile dare sostanza a questo programma negli anni.
Ci sentiamo anche di sottolineare che il disagio abitativo del nostro Paese non può essere risolto solo con una proposta come quella del Piano per le città. Noi abbiamo presentato in questi giorni un pacchetto di emendamenti al disegno di legge di stabilità sui temi della casa. Intendiamo, per esempio, aggredire il tema del sostegno alle locazioni. Quest'anno il Fondo di sostegno agli affitti è pari a zero, mentre nel Paese c'è una crescente domanda da parte di persone e di famiglie che, per effetto della crisi, non riescono a sostenere il costo delle locazioni, con tutto ciò che ne deriva anche in termini di ricadute sui proprietari degli immobili.
C'è un problema sociale crescente, ma nella legge di stabilità che stiamo discutendo in questi giorni non ci sono risorse. Colgo anch'io l'occasione per lanciare un appello al Ministro delle infrastrutture. Data l'emergenza, abbiamo chiesto uno stanziamento, comunque insufficiente, ma comunque qualcosa in più dello zero previsto oggi per il Fondo di sostegno agli affitti. Allo stesso tempo abbiamo chiesto di rivedere alcune misure ereditate dal precedente Governo, come ad esempio la cedolare secca che ci era stata presentata come la panacea di tutti i mali.
Credo che anche a voi siano noti i dati che dimostrano come questo strumento abbia invece determinato una riduzione di entrate per lo Stato. Rivedere quella misura, che sta mettendo in luce tutti i propri limiti, accogliendo ad esempio la nostra proposta di differenziare il canone agevolato dall'affitto a mercato libero, potrebbe essere un'utile correzione.
C'è poi l'enorme problema della mancanza di finanziamenti per l'edilizia residenziale pubblica. È un settore che da anni non riceve più fondi perché, come sappiamo, con l'operazione del Piano casa varata dal Governo Berlusconi è stato completamente interrotto il flusso di finanziamenti concordato con le regioni dopo un lavoro costruito nel tempo. Oltre 650.000 famiglie sono in lista d'attesa di un alloggio pubblico. Chiediamo che almeno si mettano a disposizione le poche risorse disponibili a residuo sui fondi del Ministero, circa 70 milioni di euro, per interventi di riqualificazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica oggi inutilizzabili. Crediamo che su questo fronte ci debba essere un'inversione di tendenza.
Mi scuso per essermi dilungata, ma parliamo troppo raramente di questi temi e mi sembrava utile approfittare della presenza del Viceministro. Chiudo chiedendo al Viceministro se sia in grado di fornirci dati relativi al volume di investimenti e risorse mobilitati in questi anni grazie agli incentivi e alle detrazioni fiscali per gli interventi di ristrutturazione edilizia e, soprattutto, di riqualificazione energetica degli edifici. Abbiamo accolto favorevolmente quella che lei ha definito una proroga di quest'ultimo incentivo. Non si tratta però ancora della sua stabilizzazione che sarebbe desiderabile e necessaria per stimolare ulteriormente un comparto importante dell'edilizia.
Inoltre, pur valutando positivamente l'innalzamento della soglia delle detrazioni fiscali per le spese delle ristrutturazioni edilizie dal 36 al 50 per cento, crediamo che la scarsa differenziazione fra queste detrazioni e quelle previste per la riqualificazione energetica degli edifici (55 per cento) possa comportare qualche problema. La modifica risale a pochi mesi fa e quindi probabilmente non sono disponibili dati significativi, ma valutare attentamente il volume di interventi attivato dalla misura del 55 per cento è importante per dare continuità a una politica che, dal nostro punto di vista, deve diventare strutturale per il Paese.
TINO IANNUZZI. Ringrazio il Viceministro, a cui vorrei porre tre domande flash.
Nel solco di quanto detto dai colleghi Braga e Margiotta, vorrei dire che il Piano per le città è indubbiamente interessante e testimonia lo sforzo di produrre riqualificazione e rigenerazione urbana, anche in termini di datazione di infrastrutture e servizi nell'ambito di una politica abitativa moderna. Alla luce delle informazioni ricavate dai media, dovrebbero essere stati presentati circa 424 progetti da parte degli enti locali. La mia domanda è perciò molto semplice: quali sono, alla luce di tutte le criticità che sono emerse anche da ultimo, le risorse certe effettivamente disponibili nell'immediato?
In secondo luogo vorrei sapere qual è il percorso procedurale e quali sono i tempi che si possono prevedere. Il Ministero prevedrà una sorta di graduatoria complessiva di tutti i progetti ammissibili o circoscriverà il perimetro soltanto ai progetti che possono superare il vaglio del finanziamento, alla luce delle risorse disponibili?
Il Viceministro ha poi fatto riferimento ai grandi progetti infrastrutturali di respiro europeo, che sono certamente condivisibili. Capiamo che in questo disegno di legge di stabilità occorra dare priorità a una serie di opere fondamentali già in corso. Il MOSE, il Brennero, la Torino-Lione e altri interventi che riguardano i sistemi ferroviari del nord-est sono tutte opere importanti, ma è francamente sconcertante e molto grave che, rispetto alle reti TEN-T, non ci sia la previsione di un rigo e di un euro per il sistema ferroviario e autostradale del Mezzogiorno, penso alla Salerno-Reggio Calabria verso la Sicilia, alla strada statale ionica e altre opere di respiro nazionale.
Inoltre, con riferimento al ponte sullo Stretto di Messina, ritengo che quando si va a un tavolo di trattativa con un interlocutore già rognoso e difficile, mettere preventivamente sul piatto della bilancia, attraverso la norma di legge improvvida indicata dalla collega Mariani, 300 milioni di euro, mi pare il modo più devastante e sciagurato di negoziare, rischiando alla fine una débâcle onerosissima.
Infine, il Ministro Passera si è espresso più volte sul completamento entro il 2013 delle opere già appaltate, progettate o comunque in corso sulla Salerno-Reggio Calabria, al di fuori dei 3 miliardi di euro e dei 60 chilometri non ancora appaltati. Siccome manca un anno, vorrei che il Viceministro ci esponesse lo stato dell'arte e il livello di attendibilità di questo impegno. Mi augurerei che vada come per la parte campana, che sostanzialmente è finita, ma sulla tratta lucana e calabrese i problemi ci sono eccome.
PRESIDENTE. Do la parola al Viceministro Ciaccia per la replica.
MARIO CIACCIA, Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti. Grazie. Sull'ampiezza della relazione introduttiva e sulla scarsità dei nostri incontri, è doveroso dire che sia noi che voi lavoriamo molto. La volontà di incontrarsi non manca, ma credo che l'intenzione di fornirvi la massa più cospicua possibile di informazioni sia testimoniata proprio dai numerosi punti toccati nel mio intervento. Spero di poter offrire risposte sufficientemente chiare anche su tematiche che non investono direttamente ed esclusivamente le competenze del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti poiché credo di concorrere alla formazione del dibattito più generale all'interno del Governo.
Per cominciare sono sorpreso dalle affermazioni fatte sul Piano per le città. Certamente non ci sono scopi mediatici in questa operazione. L'idea nasce soltanto pochi mesi fa e riesce a tradursi rapidamente in norma nel mese di agosto con la conversione in legge del decreto-legge n. 83 del 2012. La scadenza dei termini per la presentazione dei progetti era il 5 ottobre. Il fatto che in poco più di un mese siano arrivate oltre 420 domande significa che abbiamo intercettato un bisogno e che abbiamo agito con tempestività. La mia lettura storica dell'attività dei vari governi repubblicani mi restituisce tempi diversi sull'attività di governo.
Attualmente si sta procedendo alla pre-istruttoria per verificare la sussistenza dei
requisiti essenziali indicati nel decreto-legge convertito in legge nell'agosto scorso, che sono anzitutto quello della bancabilità e del coinvolgimento di capitali privati. La commissione menzionata dall'onorevole Margiotta e da poco insediatasi non si riunisce tanto per riunirsi. Verrà convocata nel momento in cui, terminata l'istruttoria, sarà in condizione di decidere. Considerata per altro la numerosità delle richieste, è stato predisposto un desk dedicato di venti funzionari. Credo che l'amministrazione si stia muovendo rapidamente e senza cercare effetti mediatici.
Vogliamo dare risposte al Paese perché è di questo che ha bisogno, non di parole. Per far questo abbiamo aggregato soggetti diversi, pubblici e privati, per mettere in comunicazione risorse che di solito si muovono in ordine sparso. Stiamo cercando di recuperare tutto ciò che del Fondo investimenti per l'abitare non è stato utilizzato e si tratta di circa 1,6 miliardi di euro. Evidentemente non è stata trovata la giusta via di comunicazione con comuni e regioni, che al contrario comunicano attraverso la cabina di regia.
Dal bilancio del Ministero delle infrastrutture sono stati messi a disposizione 224 milioni di euro e 80 milioni derivano dalle norme sull'efficientamento energetico delle scuole emanate dal Ministero dell'istruzione. Credo che potremo indirizzare in questa direzione anche le risorse destinate agli impianti sportivi e quant'altro dal Ministro Gnudi. In buona sostanza, vogliamo muovere questi fondi in modo sinergico perché intervenire sulle aree degradate significa non soltanto dare lavoro, dare maggiore dignità e riqualificare l'ambiente. Significa anche dare una svolta all'economia.
Interventi di questo genere sono innanzitutto moltiplicatori di posti di lavoro. Inoltre, le scuole possono diventare centri di riferimento per intere aree, rispondendo non solo al degrado, ma anche alla necessità di recuperare e rileggere il territorio nazionale in un'ottica di ripresa e di sviluppo armonico del territorio stesso, da cui deriva anche il mio riferimento alla delega in materia di edilizia e di governo del territorio contenuta nel disegno di legge predisposto dal Governo.
Voglio altresì rassicurare sul fatto che i tempi saranno quelli strettamente necessari. È previsto che si agisca nell'ottica della massima trasparenza e non solo in funzione dell'entità delle risorse disponibili. Io spero che al 5 ottobre di quest'anno possano seguirne tanti altri e si continui a portare avanti questa prospettiva virtuosa di recupero del territorio, di miglioramento della qualità della vita e di rinnovamento della dignità sociale e dell'ambiente in cui le persone vivono, moltiplicando allo stesso tempo i posti di lavoro, come accaduto, sia pure in parte, con l'esperimento del progetto URBAN nella Bari vecchia. Alla luce delle nuove realtà economiche, spero che questo effetto moltiplicatore possa riguardare anche molto altro.
Aggiungo che sto prendendo contatti con l'ABI e con la BEI perché le risorse non siano ripartite negli anni, ma siano rese immediatamente disponibili per i comuni i cui programmi saranno ritenuti adeguati. La BEI ha fatto già sapere, seppure per le vie brevi, che attiverà una linea dedicata considerata l'alta valenza sociale ed economica del progetto Piano per le città che, non a caso, ha ottenuto la massima attenzione anche a livello europeo e credo che con larga probabilità potremo accedere anche ai 2,5 miliardi di euro che l'Unione prevede di stanziare per attività di questo tipo.
Per esperienza maturata nel tempo, confido inoltre che questo progetto possa costituire un volano per attrarre capitale privato in primo luogo di soggetti interessati a impiantare nuove attività economiche nelle aree interessate. I comuni poi dovranno fare la loro parte e indicare in quali aree sarà possibile aprire ulteriori attività commerciali, botteghe artigiane, negozi o attività di altro genere, per esempio sportive. Al primo tavolo d'ascolto si sono dimostrate immediatamente interessate e stanno lavorando molto bene l'ANCE, la Confedilizia, la Federcostruzioni, tutti soggetti che vogliono poter
concorrere avendo chiara la percezione che si tratta di un volano per lo sviluppo economico e sociale del Paese.
Agiremo con la massima trasparenza. Poiché non vogliamo creare un vulnus con i comuni che non riusciranno a vedersi assegnate le risorse, è in corso di maturazione l'idea di creare degli stand per presentare comunque i progetti, rendere partecipi i cittadini e favorire il coinvolgimento del capitale privato. Mettendo a sistema tutti questi aspetti si può dunque creare una massa critica in grado di attivare nuovi strumenti finanziari quali i project bond.
Quel che è vero è che i tempi si sono dilatati di qualche settimana. Io speravo di vedere avviati i cantieri entro la fine dell'anno, ma può darsi che si slitti al 15 di gennaio per via del numero enorme di domande che ci sono pervenute, con mia grande sorpresa. Per fare le cose seriamente, applicando in modo corretto i criteri ed esaminandole una per una, occorrono molti giorni. Confido nel fatto che si possa operare in maniera più attiva e questo vale anche per il Piano casa. Per favorire l'aggregazione anche di risorse destinate all'housing sociale si è eliminata la barriera del rapporto 40-60 previsto da un precedente DPCM. In questo modo accelereremo l'aggregazione di risorse finalizzate a rendere possibile tutto questo.
Credo che il Piano per le città sia un terreno di condivisione, come lo stesso Parlamento ha confermato nelle sue valutazioni approvando la norma prodromica agli atti esecutivi. Ritengo che da parte del Governo ci sia un rafforzato impegno per rendere visibile la concretezza del progetto in tempi ragionevoli e compatibili con le attività che esso richiede, così da uscire dal campo delle parole ed entrare in quello delle realizzazioni concrete.
Per quanto riguarda il Fondo di sostegno agli affitti, è vero che era stato azzerato dai tagli precedenti, ma è uno strumento che, a mio avviso, deve essere rivisto poiché si presta a valutazioni di tipo non oggettivo. Il Piano casa, a cui abbiamo ridato forma come dirò tra poco, favorisce l'affitto a canone sostenibile. Il tema è far funzionare al meglio il Piano casa anche per dare risposta al problema degli affitti.
Devo ricordare che a oggi sono stati investiti 200 milioni di euro in edilizia residenziale pubblica, mentre quasi 500 milioni sono stati stanziati a seguito degli ultimi accordi intercorsi con le regioni, accordi dai quali in questa materia non si può prescindere. Le regioni a loro volta devono lavorare per allocare sul territorio le unità abitative. Inoltre 140 milioni del mio Ministero sono stati investiti nella Cassa depositi e prestiti.
Il fondo, quindi, al di là del fatto che siano stati utilizzati soltanto 400 milioni, ammonta a 2 miliardi di euro.
CHIARA BRAGA. E quanti alloggi sono stati costruiti?
MARIO CIACCIA, Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti. A memoria, mi pare che 11.000 siano gli alloggi in fase di ultimazione, mentre dovrebbero essere 72.000 gli alloggi realizzabili in base a quanto già definito.
CHIARA BRAGA. Sono alloggi sociali o di housing sociale?
MARIO CIACCIA, Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti. Parliamo di alloggi a canone sostenibile, di cui 5.000 rientrano nell'edilizia residenziale pubblica.
Rammento per il Piano casa quanto vale per il Piano per le città. Non sono due mondi che non comunicano tra loro. Anche in questo caso lo sblocco della percentuale del 40 per cento prevista nel precedente DPCM per la realizzazione di questi alloggi dovrebbe svolgere una funzione di traino.
Quanto ai bonus per le riqualificazioni e per l'efficientamento energetico degli edifici, io auspico che possano diventare permanenti. È stato faticoso raggiungere un punto di incontro per la copertura di spesa con il Ministero dell'economia. Sono fiducioso sul fatto che si possa giungere a questo risultato perché già oggi, pur senza
poter disporre di dati esatti, ma basandomi su elementi informali ricavati dai miei rapporti con le associazioni di categoria, credo di poter dire che il volume degli investimenti abbia largamente consentito di recuperare l'entità delle agevolazioni fiscali, a testimonianza del fatto che si dovrà avviare un'ulteriore riflessione perché questo tipo di agevolazioni possa diventare strutturale e durevole.
Vengo ora alle questioni che riguardano l'ANAS. L'ANAS non è più concedente: benché non sia stata istituita l'Agenzia per le infrastrutture, l'ANAS è solo concessionario. Il concedente è il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che si è immediatamente attrezzato, in mancanza dell'Agenzia, per riportare nel proprio alveo l'IVCA come struttura di missione. Poiché di sprechi non ce ne possono essere e poiché nessuno vuole che ventitré persone rimangano disoccupate o occupate inutilmente, alla luce delle esigenze potranno anche essere riassunte o assunte nel numero ritenuto necessario.
Non mi costa che l'ANAS possa provvedere ad assumere altro personale, con altri contratti, per svolgere funzioni che sono tipiche del Ministero. Quanto alla governance, reputo che siano maturi i tempi per l'elaborazione di uno statuto dell'ANAS, cosa che stiamo facendo, che preveda una governance coerente con la missione che deve svolgere. L'auspicio è quello certamente di giungere presto anche alla costituzione di un'Autorità dei trasporti che svolga quell'importante attività di regolazione necessaria in tutti i settori. Sarebbe uno strumento molto moderno, il primo di questo livello in Europa, per dare risposta alle richieste del mercato.
Per quanto riguarda l'autostrada Salerno-Reggio Calabria, confermo che sarà completata entro il 2013. Dobbiamo solo fare una scelta di fondo per i 59 chilometri che rimangano. Come ho già detto in altra occasione, un'opzione è quella di rimettere in sicurezza la tratta esistente perché, come sa chi ha percorso più volte la Salerno-Reggio Calabria, le tratte non sono tutte uguali. In questo caso l'importo dell'intervento sarebbe molto diverso. L'altra possibilità, che non vale solo per la Salerno-Reggio Calabria, è ricorre al pedaggiamento per realizzare una nuova tratta che non cancelli quella vecchia.
In ogni caso, così come avevamo detto che quest'anno sulla Salerno-Reggio Calabria non ci sarebbero state via crucis e così è stato perché numerosi cantieri hanno aperto, sono allo stesso modo certo il 2013 vedrà il completamento della Salerno-Reggio Calabria.
Quanto alle altre opere menzionate, vorrei dire che esse fanno innanzitutto parte di corridoi e la scelta dei corridoi non è estemporanea. Noi riteniamo che l'economia cammini sulle gambe delle infrastrutture e che le infrastrutture debbano essere interconnesse a livello europeo per non rimanere tagliati fuori.
L'Europa concede fino al 40 per cento di cofinanziamento non perché siamo più bravi degli altri, ma perché ritiene che evidentemente il nostro Paese occupi una posizione geoeconomica e geopolitica importante, anche alla luce della recente evoluzione di altri continenti, quali l'America latina, l'Africa o l'India.
In tal senso, noi abbiamo indicato quattro corridoi, dodici porti strategici marittimi più due fluviali, undici aeroporti strategici con i relativi interporti, perché la logistica non può venire a mancare. L'elenco contenuto nell'Allegato infrastrutture non è frutto di una visione ambiziosa e tanto meno di un lavoro superficiale. Bisogna però avere una visione strategica, senza dimenticarsi del quadro di sistema e potendo contare, se riteniamo che siano strumenti realmente accessibile e portabili, sui nuovi strumenti finanziari generati dall'apporto del capitale privato.
Non era oggetto del nostro incontro, ma vorrei sottolineare che i project bond stanno destando grande interesse. Il Ministro tedesco Ramsauer, che ho visto a Berlino per un terzo colloquio bilaterale, ha voluto che gli spiegassi bene come funzionano perché anche la Germania forse valuterà questo percorso. Voglio sperare che non soffriamo come al solito del
complesso di Meucci e cioè che dalle nostre idee siano gli altri a guadagnare.
Lo stesso è avvenuto nel Consiglio europeo dei Ministri dei trasporti a Lussemburgo otto giorni fa. Nel corso della pausa pranzo usa che i ventisette si riuniscano intorno a un tavolo e il Presidente della Commissione lanci come argomento di conversazione un tema importante. In quel caso il tema era come finanziare le infrastrutture ed è stato distribuito un documento sui project bond italiani.
E ancora. Un mese e mezzo fa sono stato presso l'ambasciata italiana di Londra, dove primari operatori finanziari, fondi di investimento, fondi pensione e quant'altro erano interessati a capire il funzionamento dei project bond perché vorrebbero investire nelle nostre infrastrutture. Era presente anche un rappresentante di Moody's, che ha detto che purtroppo soffriamo di un credito negativo legato a una serie di incertezze del passato che ora non ci sono più.
Penso, quindi, che a livello di infrastrutture programmate si possa fare sistema e si possa ottenere anche più di quanto non sia stato finora.
Per quanto riguarda le proposte delle nuove direttive europei sugli appalti, l'intervento dell'onorevole Margiotta è stato molto attento e puntuale. Al riguardo, vorrei dire anzitutto che il giudizio del Governo su tali atti è positivo. Il principio di fondo è favorire un quadro di certezza e di stabilità e nello stesso tempo di partecipazione alle problematiche dei singoli Stati. In merito alla necessaria e utile consultazione degli atti tecnici prodromici alla stesura definitiva dei testi credo che chi, come lei, sta approfondendo la materia in qualità di relatore possa chiedere l'apporto del Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie, il canale attraverso il quale passa la trattativa tecnica.
Quanto al superamento dei macrolotti per favorire la partecipazione delle piccole e medie imprese, io sono fortemente favorevole a questo tipo di impostazione perché tende a eliminare la litigiosità che viene addotta come motivo per evitare di affidare appalti all'esterno. Svolgendo questa funzione di raccordo tra le piccole e medie imprese e le grandi concessionarie, non ho raccolto il consenso di tutti quando ho portato avanti l'elevazione dal 40 al 60 per cento della soglia delle opere che devono essere affidate all'esterno.
RAFFAELLA MARIANI. Da noi del PD, su questo, ha ricevuto i complimenti e lei lo sa!
MARIO CIACCIA, Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti. Per quanto riguarda il ponte sullo Stretto di Messina, la decisione assunta collegialmente è quella di svolgere un approfondimento volto a verificare la bancabilità del progetto con step molto ravvicinati. Non entro nel merito, ma quei 300 milioni indicati nel disegno di legge di stabilità sono stati accompagnati da una glossa sbagliata. La verità è che servono a provvedere a tutte le necessità che potrebbero intervenire in termini di contenzioso, ma non sono riferibili in via esclusiva al ponte.
Laddove per il ponte dovessero derivare penali o spese da rimborsare dovranno essere attentamente vagliate, ma credo che saremo distanti da quella cifra.
RAFFAELLA MARIANI. Scusi, Viceministro, ma per precisione vorrei leggerle la relazione illustrativa prodotta dal Governo, e non interpretata da altri, che con riferimento alla specifica norma del disegno di legge di stabilità spiega che esso «assegna al Fondo per lo sviluppo e la coesione una dotazione finanziaria aggiuntiva di 300 milioni di euro per l'anno 2013 per fare fronte agli oneri derivanti dalla mancata realizzazione di interventi per i quali sussistano titoli giuridici perfezionati alla data di entrata in vigore della presente legge (in particolare, si tratta delle penalità contrattuali per la mancata realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina)».
MARIO CIACCIA, Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti. Non c'è dubbio. È chiaro che una delle questioni per le quali è dato presumere che una chiusura
immediata darebbe luogo a contenzioso è quella relativa al ponte sullo Stretto di Messina. Le stime sono ancora da elaborare, ma certamente questi 300 milioni non sono tutti riferibili a questa vicenda.
In ordine ai commissariamenti, come responsabile del settore ritengo che quei commissari che, come nel caso del passante di Mestre, si sono rivelati essenziali per portare avanti, con il consenso del territorio, opere strategiche che diversamente avrebbero corso il rischio di interrompersi siano meritevoli di portare a termine il compito con i poteri particolari previsti dalla vecchia normativa in materia di protezione civile.
L'intenzione non è fare un passo avanti e due indietro. Tuttavia, l'esperienza insegna che sotto lo stesso nomen iuris vengono a volte ricomprese categorie diverse di commissari. È a vostra conoscenza il fatto, ad esempio, che l'articolo 20 del decreto-legge n. 185 del 2008 dà al Ministero delle infrastrutture la possibilità di nominare commissari incaricati di seguire singole opere con poteri assai più ridotti di quelli posseduti dalla Protezione civile.
Si tratta di identificare alcune figure specifiche e situazioni per le quali, con il consenso del territorio, si possa favorire l'ultimazione dei lavori in un'ottica di assoluta trasparenza. Non è invece pensabile che sussistano nomine di commissari - e allo stato non ce ne sono - che utilizzino in maniera distorta strumenti giuridici che invece dovrebbero essere finalizzati esclusivamente alla rapida attuazione di un'opera infrastrutturale necessaria per il territorio e per lo sviluppo economico del Paese, secondo quella visione di sistema che ho illustrato poc'anzi.
Per quanto riguarda il recepimento della direttiva contro il ritardo nei pagamenti - non intendo sottrarmi a questo argomento -, è mia opinione che non si debbano fare distinzioni. Il Ministero si sta adoperando in tal senso. Io credo molto nei settori dei lavori pubblici e delle costruzioni e penso che non ci siano differenze tra chi fornisce un servizio e chi fornisce un lavoro. Sono fiducioso nel fatto che si possa giungere a una conclusione condivisa e rispettosa dei vincoli di finanza pubblica, ai quali non possiamo venir meno, che non crei discrepanze tra una parte e l'altra.
Credo di avere esaurito le domande. Lascio a disposizione copia della relazione.
PRESIDENTE. Ringrazio il Viceministro Ciaccia e dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 16.