Sulla pubblicità dei lavori:
Alessandri Angelo, Presidente ... 3
Audizione del Commissario europeo per l'azione per il clima, Connie Hedegaard, sulle politiche europee in materia di cambiamenti climatici (ai sensi dell'articolo 127-ter, comma 2, del Regolamento della Camera):
Alessandri Angelo, Presidente ... 3 5 7 10 13 14 15
Bratti Alessandro (PD) ... 8
Hedegaard Connie, Commissario europeo per l'azione per il clima ... 5 10 14
D'Alì Antonio, Presidente della 13a Commissione del Senato della Repubblica ... 4
Della Seta Roberto (PD) ... 7
Di Giovan Paolo Roberto (PD) ... 7
Ferrante Francesco (PD) ... 9
Fluttero Andrea (PdL) ... 9
Maggioni Marco (LNP) ... 9
Mariani Raffaella (PD) ... 13
Piffari Sergio Michele (IdV) ... 14
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Italia dei Valori: IdV; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A.
Resoconto stenografico
AUDIZIONE
La seduta comincia alle 15,05.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 127-ter, comma 2, del Regolamento della Camera, l'audizione del Commissario europeo per l'azione per il clima, Connie Hedegaard, sulle politiche europee in materia di cambiamenti climatici.
Saluto e ringrazio il commissario Hedegaard per la sua presenza. La sua visita coincide anche con l'ottobre più caldo degli ultimi 150 anni. Questo potrebbe aprire una serie di riflessioni.
In questo momento in Italia abbiamo bisogno di affrontare in maniera concreta, pragmatica e seria il problema climatico nella sua interezza, senza dividerci, come si è fatto spesso in passato, in posizioni ideologiche e per un verso fondamentaliste. C'è consenso sul territorio, ma è sempre difficile trovare una sintesi che ci permetta di risolvere i problemi.
Credo che l'occasione di oggi possa permetterci di provare a scrivere questa sintesi con la collaborazione dell'Unione europea e di trovare un modo per procedere sul clima e sull'ambiente in maniera nuova, senza penalizzare chi lavora, ma difendendo il territorio insieme a chi lavora e a chi lo vive. Se non riusciremo in questo, come spesso succede, ci troveremo in difficoltà a causa di un corto circuito dal quale non sapremo uscire.
Penso che il modo migliore per incentivare l'attenzione all'ambiente sia la consapevolezza che la sensibilità per l'ambiente e per il clima si raggiunge insieme al benessere, un benessere che ci permette di poter guardare con occhi diversi ciò che ci circonda. Se però non consideriamo che questo benessere va mantenuto, il cittadino e il territorio smettono di dedicare all'ambiente la stessa attenzione, creando quel cortocircuito che non ci consente di operare.
In questo Paese abbiamo una forte presenza di NIMBY che può essere utilizzato in maniera positiva per salvaguardare il territorio nel suo complesso, ma che non deve diventare, come spesso avviene, un modo per frenare ogni tipo di sviluppo. Bisogna trovare quella sintesi a cui solo la politica, quando vuole, è in grado di pervenire con un po' di pragmaticità e di intelligenza.
L'Europa ci deve indicare dall'alto le linee guida, ma deve lasciare a ogni singolo Stato un margine di lavoro e di operatività, altrimenti le varie realtà rischiano di non essere tra loro omogenee. Come
spesso è accaduto, l'imposizione europea rischierebbe di essere un ostacolo anziché un volano di sviluppo.
Credo inoltre che oggi potremmo approfittare per fare il punto su quello che forse è il problema principale, cioè l'efficienza energetica del Paese. Il patrimonio immobiliare, in particolare, deve essere rivisto. C'è un disegno di legge sul «Sistema casa qualità» che la Camera dei deputati ha licenziato e che oggi è all'attenzione del Senato. Da lì potremmo partire per trovare una soluzione e incentivare un sistema di costruzioni che siano a risparmio energetico, autosufficienti e, perché no, demotiche per vivere meglio al loro interno.
Dopo Fukushima, ci si impone di ritenere che il primo modo per produrre energia è quello di risparmiarla. Risparmiare energia è ancora meglio che produrla, e in questo Paese la dispersione è troppa e non viene mai affrontata nella sua interezza.
Non mi allargherò ad altri argomenti, anche se ce ne sarebbero tanti. Vorrei innanzitutto fare il punto su questi temi e ragionare, con il contributo del Commissario, su cosa è possibile fare e come è possibile interloquire.
Do ora la parola al senatore D'Alì, presidente della Commissione Territorio, ambiente e beni ambientali del Senato.
ANTONIO D'ALÌ, Presidente della 13a Commissione del Senato della Repubblica. Grazie, presidente Alessandri.
Desidero innanzitutto rivolgere, anche a nome del Senato della Repubblica, il più cordiale benvenuto al Commissario per l'azione per il clima, signora Hedegaard.
L'occasione di incontro di oggi è sicuramente utile anche per svolgere alcune riflessioni su quanto accaduto a valle degli accordi di Kyoto, sui risultati da questi realmente conseguiti e sui loro eventuali sviluppi, una riflessione che deve essere svolta con riferimento alle potenzialità effettive e alla efficacia sostanziale di un sistema di accordi che vede impegnati solo alcuni dei Paesi produttori di CO2 e non coinvolge, invece, i sistemi produttivi di quelle che un tempo venivano definite economie emergenti e che adesso invece hanno assunto un ruolo di economie protagoniste a livello mondiale.
La limitazione e la riduzione delle soglie di emissioni di anidride carbonica, se riferita soltanto in capo a Paesi e a economie nazionali ed europee, potrebbe assumere un profilo progressivamente marginale rispetto ai flussi economici e finanziari internazionali e finire per vanificare iniziative e risultati.
Va anche considerato che, come accennato dal presidente Alessandri, ci sono diversi ambiti di intervento nelle politiche ambientali che sono urgenti: il recupero dell'efficienza energetica anzitutto, ma anche lotte come, per esempio, quella alla deforestazione sono esempi lampanti di quello che si può fare per contribuire a rilanciare la centralità ambientale e a contribuire con politiche di settore alla riduzione delle stesse emissioni, sulle quali peraltro dobbiamo anche registrare un nuovo risvegliarsi del dibattito scientifico sulla precisa correlazione tra emissioni di CO2 e riscaldamento del pianeta. In questo contesto, quindi, credo che quello che ci dirà il Commissario europeo sarà assolutamente interessante.
Chiediamo inoltre all'Unione europea una particolare attenzione per le politiche del Mediterraneo, oggi minacciato nella sua integrità ambientale da attività non controllate e principalmente da tanti Stati extra Unione europea che vi si affacciano. Credo che occorra, quindi, riprendere e attuare strumenti di politica internazionale, come il Trattato di Barcellona e i relativi protocolli per la salvaguardia del mare, che purtroppo a oggi non sono ancora applicati.
Ritengo infine che l'Unione europea, di concerto con gli Stati membri più tradizionalmente radicati nell'attività del mondo scientifico, dovrebbe ulteriormente promuovere iniziative dedicate alla ricerca per il contrasto alle emergenze planetarie, la stragrande maggioranza delle quali investe direttamente problematiche ambientali.
Credo che ci sia abbastanza «carne al fuoco» per potere attivare un utile e interessante confronto.
PRESIDENTE. Grazie, senatore D'Alì. Do la parola al Commissario Hedegaard per lo svolgimento della relazione.
CONNIE HEDEGAARD, Commissario europeo per l'azione per il clima. Grazie mille, presidenti Alessandri e D'Alì.
Per me è un grandissimo piacere essere qui. Sono una grande fan di Roma, ci sono stata più di venticinque volte, ma è la prima volta che ho la possibilità di visitare il Parlamento italiano. Sono quindi davvero lieta di essere qui.
Non voglio dilungarmi troppo nella mia presentazione, così che possiamo avere uno scambio diretto. Il presidente Alessandri ha parlato del tempo che abbiamo avuto in Europa quest'estate. Ho sentito che a Genova lo scorso fine settimana si è registrata la temperatura eccezionale di 29 gradi; a Copenaghen abbiamo avuto 26 gradi, una temperatura ancora più straordinaria. So che c'è stato tempo secco e asciutto in alcune regioni del Mediterraneo, con conseguenze negative per i raccolti e la produzione di vino e di molti altri prodotti agricoli.
Al contrario, nelle regioni settentrionali del nostro continente, vale a dire in Danimarca, Polonia, Germania e Svezia abbiamo avuto violente inondazioni. Ci sono persone che in un'unica estate hanno visto varie volte la loro casa inondarsi d'acqua all'improvviso. Abbiamo visto autostrade e città ricoperte d'acqua e sono state affrontate enormi spese a seguito di questi eventi eccezionali.
Nella parte orientale dell'Europa si sono registrate temperature torride: 48 gradi a Sarajevo, 46 gradi a Budapest. Ma in Europa siamo equipaggiati per affrontare simili circostanze, pagando ad esempio assicurazioni più alte o adottando diversi sistemi di trattamento delle acque reflue.
Nei Paesi in via di sviluppo la situazione è diversa. Ad esempio nel Corno d'Africa in questo momento è in atto una vera e propria catastrofe, non dovuta soltanto ai cambiamenti climatici, ma questi stanno contribuendo a rendere quella catastrofe umanitaria ancora più drammatica. Ci sono inondazioni e violente precipitazioni in alcune zone del mondo, e al contrario tempo arido e secco in altre, che danneggiano la vita di milioni di persone povere.
Credo che sia importante in Europa capire che, nonostante siamo tutti impegnati a cercare di affrontare un momento economico di particolare gravità e crisi, la crisi legata al clima non scomparirà da sola. So che in ogni Paese europeo ci sono cittadini ed elettori che sostengono che il clima cambia sempre, che non è così grave e che si può fare ben poco. Ma io credo che sia importante che tutti i cittadini comprendano, adesso, quando la popolazione mondiale sta per toccare i sette miliardi di persone - e alla metà di questo secolo si arriverà a nove miliardi di persone -, che bisogna adottare, si creda o no nella scienza o nei cambiamenti climatici, una mentalità impegnata all'uso consapevole delle risorse e all'efficienza energetica.
Questo è il concetto alla base della strategia della Commissione per creare una politica intelligente di lotta ai cambiamenti climatici nel Ventunesimo secolo. Crediamo di aver elaborato politiche ambientali ambiziose per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra. Dobbiamo aumentare l'efficienza energetica e trasformare l'Europa in un continente meno dipendente dall'importazione dei combustibili fossili, che sia il petrolio dal Medio Oriente o il gas dalla Russia.
Con gli attuali alti tassi di disoccupazione in vari settori, le nostre politiche ambientali e climatiche potrebbero contribuire alla crescita, alla creazione di posti di lavoro e all'innovazione. Vorremmo collegare tra loro clima, sicurezza dell'approvvigionamento energetico, efficienza energetica, innovazione e posti di lavoro. Credo che l'Europa offra un ottimo esempio di come si possa legare una politica ambientale ambiziosa alla creazione di nuove opportunità industriali.
Negli anni Settanta, quando in Europa abbiamo varato la legislazione ambientale, molte imprese protestarono perché la ritenevano troppo difficile da rispettare e troppo costosa. Ma se guardiamo alla situazione di oggi, vediamo che stiamo esportando nel mondo molti dei sistemi, delle tecnologie e delle soluzioni che abbiamo inventato quando abbiamo dovuto diventare più ambiziosi e affrontare le questioni dell'ambiente negli anni Settanta.
Credo, quindi, che abbiamo avuto ottimi esempi che ci hanno dimostrato che essere ambiziosi è un po' costoso in termini di investimenti, ma che poi parte degli investimenti ritorna sotto forma di spese risparmiate per l'importazione di combustibili fossili e sotto forma di creazione di nuovi posti di lavoro.
Ritorneremo su questo punto, ma è questo il motivo che sta alla base dell'azione della Commissione. Nonostante anche noi siamo indaffarati ad affrontare le sfide economiche, la scorsa primavera abbiamo elaborato una road map per il raggiungimento di una economia a basso tasso di carbonio nel 2050. Il prossimo autunno presenteremo una road map 2050 per l'energia. Abbiamo proposto una direttiva per l'efficienza energetica e abbiamo presentato un bilancio per l'Europa in cui alle Regioni verranno destinate molte più risorse solo se opereranno per le infrastrutture energetiche e per l'efficienza energetica, aumentando i loro investimenti in questi settori.
Stiamo quindi, cercando di realizzare strumenti, non stiamo soltanto discutendo di obiettivi. Gli obiettivi e le tariffazioni sono sicuramente importanti, ma importanti sono anche normative, regolamenti, standard, strumenti ed economie efficaci che ci consentano di andare avanti.
Si è parlato degli edifici e del patrimonio immobiliare: sono ottimi esempi. Se riqualificheremo gli edifici, potremo creare subito nuovi posti di lavoro nel settore edilizio, dove invece si registra un tasso di disoccupazione molto alto, ed evitare di affidare posti di lavoro ad altri Paesi. Questo permetterebbe di abbassare la bolletta energetica delle famiglie e delle imprese.
Come ha detto il presidente Alessandri, risparmiare energia è il modo più economico per fare qualcosa di buono per il clima, vale a dire risparmiare energia. In Europa c'è ancora tantissimo da fare in termini di efficienza energetica ed è per questo abbiamo voluto concentrare lì il nostro lavoro a livello europeo.
Vorrei aggiungere che tutto questo costa e richiede investimenti. Ci sono nuovi strumenti finanziari molto interessanti, ma è comunque necessario effettuare investimenti. Spesso nel dibattito emerge un equivoco. Si tende a sostenere che continuare con la nostra attività ordinaria non costerà nulla, ma è sbagliato. Se non ci adatteremo e non ci trasformeremo in società più efficienti sul piano delle energie e delle risorse, le conseguenze ci costeranno molto.
Inoltre, alcuni dei nostri principali competitor stanno già operando molto in questo settore. Facciamo attenzione: anche se, come diceva il presidente D'Alì, la Cina e le altre economie emergenti non si stanno dando da fare al tavolo dei negoziati, questo non vuol dire che non si stiano muovendo in termini concreti nella loro vita reale. Stanno facendo molto, invece.
Per quanto riguarda i negoziati internazionali a cui si è riferito il presidente D'Alì, credo che sia giunto il momento per l'Europa di parlare con voce chiara e forte. Ci sono ancora molti Paesi in via di sviluppo nel mondo e non ci aspettiamo che avviino attività significative in questo settore, ma le grandi economie emergenti nel Ventunesimo secolo non sono più paesi in via di sviluppo, sono entità diverse. Non sono il Mali, il Malawi o il Ghana; sono, appunto, grandi economie emergenti.
Lo stiamo sottolineando anche nei negoziati internazionali. In vista di Durban, abbiamo detto che l'Europa potrà elaborare un secondo periodo di impegni nel regime di Kyoto, ma solo a determinate condizioni legate all'integrità ambientale e
solo se altri grandi emettitori sottoscriveranno gli stessi impegni. È un punto importante.
L'Europa attualmente è responsabile solo dell'11 per cento delle emissioni globali e non può accadere che a Durban ci si concentri solo sui Paesi responsabili di questo 11 per cento, e non invece su quelli responsabili del rimanente 89 per cento, che dovranno fare di più e impegnarsi di più. Questo è quello che vogliamo dai negoziati internazionali. Sicuramente noi potremo impegnarci e sottoscrivere un nuovo periodo di impegni - per esempio di durata decennale - per mantenere vivo quello che è stato realizzato con il protocollo di Kyoto. Ma il punto è che Kyoto può essere tenuto in vita solo a condizione che altri ci seguano a ruota. Questo sarà il punto più impegnativo da affrontare a Durban.
Noi siamo disponibili solo a determinate condizioni. Credo che sia importante essere chiari su questo e cercare di giocare le nostre carte con saggezza, in modo da esercitare la maggiore pressione possibile sui soggetti e i Paesi che non si sono impegnati finora.
Non voglio scendere in ulteriori dettagli, ma ritengo estremamente importante che l'Europa parli con un'unica voce. Nel nuovo scenario geostrategico, se vogliamo essere ascoltati, dobbiamo parlare con una sola voce europea e non con voci diverse da un Paese all'altro, che non dicono la stessa cosa.
Se vogliamo massimizzare la nostra influenza, dobbiamo essere in grado di parlare con una sola voce. Ecco perché, signori presidenti, spero davvero che il prossimo lunedì, quando ci sarà la riunione dei Ministri dell'ambiente, alla quale parteciperà anche il Ministro italiano, si possa giungere a conclusioni congiunte, comuni, cosicché l'Europa arrivi alla Conferenza di Durban con un'unica posizione e non con ventisette posizioni diverse. In questo caso, l'esito sarebbe davvero negativo. La sfida immediata che ci attende è che il Consiglio giunga a conclusioni più forti alla fine della riunione di lunedì a Lussemburgo.
Vorrei fermarmi qui, se voi siete d'accordo. Non voglio dilungarmi con ulteriori dettagli. Forse è più interessante ascoltare le vostre domande e avviare il dibattito.
PRESIDENTE. Ringrazio il Commissario Hedegaard e do la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o svolgere osservazioni.
ROBERTO DI GIOVAN PAOLO. Ho una domanda molto veloce da porre al Commissario, molte delle cui riflessioni sono condivisibili. Spero che l'impegno e la passione con cui espone queste ragioni vengano presi seriamente nei prossimi bilanci dell'Unione europea.
La mia domanda si riferisce a questo. Come già avviene adesso, anche nel futuro documento di bilancio, che ha iniziato il suo tragitto il 29 giugno e che discuteremo in questo anno, il capitolo del clima è separato da quello dell'ambiente e il capitolo della green economy risulta disperso in vari posti. Inoltre, i costi sono diversi perché, se non sbaglio, si parla di 800 milioni di euro di impegno sul clima e oltre 4 miliardi sull'ambiente.
Capisco che non è legato solo alla sua attuale funzione, ma lei non pensa che in futuro questi capitoli di bilancio dovrebbero essere unificati? So che non dipende solo da lei, ma mi piacerebbe conoscere la sua opinione.
ROBERTO DELLA SETA. Ringrazio la signora Hedegaard per la sua illustrazione. Ho due brevi domande da porle.
Lei, Commissario, ha sottolineato l'esigenza che l'Europa, in particolare nelle occasioni in cui si tratta di decidere come proseguire oltre il protocollo di Kyoto, parli con una voce sola. Questo è naturalmente un auspicio condivisibile, ma va anche misurato con l'esperienza delle ultime due Conferenze sul clima, quella di Cancun ma soprattutto quella di Copenaghen, in cui uno dei motivi che hanno ostacolato la possibilità di arrivare a risultati concreti è stata proprio la difficoltà dell'Europa di parlare con una voce sola.
Le due Conferenze, tra l'altro, si sono tenute entrambe quando l'Europa in particolare, ma non solo l'Europa, era già coinvolta nella crisi economica e nella recessione, e questo ha complicato la coesione tra le posizioni dei diversi Paesi europei.
Volevo chiederle se dal suo osservatorio lei ritiene prevedibile che alla Conferenza di Durban l'Europa sia capace di non presentarsi totalmente in ordine sparso, ma di arrivare davvero in Sudafrica con una posizione effettivamente condivisa e in grado, nel corso del dialogo e dei negoziati che si svolgeranno prima e durante la Conferenza, di contribuire a un risultato.
La seconda domanda è più generale. Ormai gran parte dei Paesi europei concorda sulla utilità di introdurre la cosiddetta Tobin tax, la tassa sulle transazioni finanziarie speculative a breve. Per molto tempo la Tobin tax è stata una parola d'ordine molto radicale dei movimenti di critica alla globalizzazione, a cui veniva risposto che uno strumento come questo non si poteva adottare perché avrebbe depresso l'economia. I fatti hanno dimostrato che forse, se si fosse adottata più tempestivamente, per l'economia le cose sarebbero andate meglio.
Stabilendo un parallelo, forse in parte forzato, vorrei chiederle se non ci sia da temere lo stesso andamento per quanto riguarda la riflessione sulla Energy carbon tax. Anche in questo caso, infatti, sono stati fatti alcuni tentativi da questo o quel Paese e l'Italia stessa, alcuni anni fa, per un breve periodo, si dotò di uno strumento di questo genere. La risposta generale della politica è stata, tuttavia, che uno strumento come questo contiene troppo forte il rischio di deprimere l'economia.
Lei non ritiene che, proprio perché stiamo vivendo una crisi economica epocale da cui usciremo, speriamo, presto, ma diversi da come ci siamo entrati, anche questa riflessione su scala europea, oltre che nei Paesi che la compongono, vada rilanciata se l'Europa vuole confermare il ruolo che ha svolto fino adesso di battistrada nell'impegno non tanto di mettere d'accordo ambiente e sviluppo, che forse è un modo di vedere le cose un po' novecento, quanto di capire che, senza mettere l'ambiente al centro del progresso, oggi è difficile costruire sviluppo?
ALESSANDRO BRATTI. Ringrazio il Commissario per la sua illustrazione. Volevo porle alcune domande, visto anche il suo osservatorio privilegiato.
La prima riguarda le politiche di mitigazione e le politiche di adattamento ai cambiamenti climatici. Per quanto riguarda le politiche di mitigazione, mi sembra che a livello europeo sia stata adottata una serie di provvedimenti, attualmente in fieri. Per quanto riguarda, invece, l'adattamento, mi sembra di capire che sia stata decisa una delega molto forte agli Stati membri, anche perché le politiche di adattamento hanno carattere più territoriale. Volevo sapere quanti piani di adattamento hanno presentato i singoli Paesi e qual è la situazione del nostro Paese.
La seconda questione riguarda il tema delle politiche locali. Anche su questo mi interessava porre una domanda. A livello europeo è stato attivato il progetto Covenant of Mayors che ha destato un certo interesse, ma recentemente sulla stampa, almeno da qui noi, sono comparse notizie circa il fatto che i fondi a disposizione non sono stati sfruttati dai Paesi membri nella loro interezza. Visto che si tratta di iniziative tutte molto importanti, volevo capire la collocazione del nostro Paese rispetto al quadro generale.
Ho poi due domande generali. Riprendendo il ragionamento fatto dal senatore Della Seta, vorrei sapere se ritenete, al di là del caso specifico della Carbon tax, che le politiche fiscali generali possano essere uno strumento utile per andare in una determinata direzione.
Inoltre, poiché lei prima accennava al tema della non-azione, vorrei sapere se avete compiuti degli studi relativi alle conseguenze di uno scenario senza interventi e se avete stimato quale sarebbe il costo dell'inazione, un costo che spesso non viene calcolato pur essendo importante.
FRANCESCO FERRANTE. A parte i ringraziamenti, apprezzo molto l'impostazione politica che il Commissario ha voluto dare a questo argomento. Rappresenta anche una boccata d'aria pulita in questo Paese in cui il discorso pubblico su clima e ambiente risulta invece sempre molto asfittico.
La connessione che lei ha fatto tra crisi climatica, crisi economica e possibilità di sviluppo dell'occupazione è tanto più significativa - permettetemi questa osservazione politica - per gli italiani in quanto viene da un esponente del Partito Popolare europeo, non della nostra parte politica.
Fatta questa premessa, vorrei porre tre questioni molto tecniche alla Commissaria. Poiché state approntando la revisione della normativa delle emissioni di CO2 sulle automobili, vorrei sapere se stiate pensando di procedere anche con obiettivi oltre il 2020 o vogliate fermarvi lì.
In Italia, Greenpeace ha raccolto 100.000 firme su un'ipotesi di 60 grammi di CO2 per chilometro per le automobili, su cui vorrei conoscere l'opinione della Commissaria.
Una seconda cosa molto specifica, ma molto importante: l'Unione europea si è data degli obiettivi molto ambiziosi sull'uso dei biocombustibili, per affrontare i cambiamenti climatici, ma ora sta riflettendo sul modo in cui calcolare il beneficio reale dal punto di vista della riduzione delle emissioni di anidride carbonica dei biocombustibili.
È un problema rilevante, perché per risolvere un problema non possiamo crearne un altro, e quindi vorremmo sapere se nella messa a fuoco di questo problema non si voglia affrontare anche il problema legato al cambiamento dell'uso dei suoli indiretto, che è attinente alla questione dei biocombustibili.
L'ultimo punto riguarda le negoziazioni internazionali, tema che già altri colleghi hanno sollevato, ma che coinvolge anche l'interno, perché in Europa a marzo 2012 dovremo rivedere le emissioni che riguardano i settori industriali ed energetici. Vorrei sapere dalla Commissaria quale tipo di revisione si dovrà affrontare in quel periodo, che è praticamente domani.
MARCO MAGGIONI. Desidero portare il saluto del gruppo della Lega Nord al Commissario, che ringrazio per l'esposizione, e porre due quesiti. Il primo è di ordine scientifico, perché purtroppo oggi nel mondo scientifico non c'è ancora sufficiente chiarezza in merito al legame tra le emissioni e i cambiamenti climatici. Vorrei quindi chiedere al Commissario in quale direzione stia andando oggi la Commissione europea.
L'altra mia domanda riguarda la situazione più generale, cui accennava anche il Commissario, ovvero l'attuale impatto in termini di emissioni delle altre potenze mondiali. Oggi, se mettiamo in relazione la capacità produttiva dell'Europa e le emissioni che produce (l'11 per cento su scala mondiale), vediamo che evidentemente l'Europa si è già mossa bene. Certo può fare di più, ma quanto ha fatto non è poco.
Vorrei quindi sapere quali strumenti negoziali si possano utilizzare per fare pressioni sulle altre potenze produttive mondiali, in particolare Cina, India e Stati Uniti, affinché non sia la sola Europa a farsi carico della riduzione delle emissioni, ma questo rappresenti un discorso globale, perché solo attraverso una riduzione globale riusciremo ad apportare i necessari cambiamenti positivi alle mutazioni del clima. Grazie.
ANDREA FLUTTERO. Vorrei rapidamente porre due domande e dare un'informazione alla Commissaria. Ricollegandomi all'inizio del suo intervento in cui descriveva i fenomeni meteorologici che si sono verificati la scorsa estate, abbiamo appreso dai giornali e da illustri esperti del settore che a Torino non c'è mai stato un caldo così forte a settembre dal 1753.
Questo sconcerta i cittadini, ci dice che siamo di fronte a un'estate molto particolare, ma, pensandoci bene, ci dice anche che nel 1753 è stato caldo almeno quanto quest'anno, e vien da pensare che nel 1753 non ci fosse un'attività antropica forte
come quella attuale. Non voglio sfidare un dogma, non voglio far sorridere i colleghi e non voglio incorrere in rischi di scomunica, però chi ha un minimo di serenità nell'analisi può fare qualche considerazione.
Vorrei sapere se le politiche che l'Europa sviluppa in termini di contrasto ai mutamenti climatici, al fine di stabilizzare il clima e di evitarne le manifestazioni estreme, che sono dannose per la nostra società - più stabile rispetto a quella del passato, che si adattava facilmente a spostarsi a seconda dei mutamenti climatici -, tengano conto anche della esigenza di incidere fortemente sulla riduzione dell'inquinamento atmosferico.
Questo provoca migliaia di morti l'anno negli Stati europei, mentre le mutazioni climatiche eventualmente causate dall'attività antropica generano una serie di problemi, ma siamo in una situazione più fluttuante. Qui siamo invece di fronte a una certezza: negli anni si è fatto molto per ridurre l'inquinamento atmosferico, si può ancora fare molto e c'è un dato certo, numerose morti riconducibili agli inquinamenti atmosferici di tipo chimico (micropolveri, NOx).
Sarebbe opportuno che le politiche di riduzione di emissioni di CO2 fossero strettamente agganciate a politiche di riduzione di inquinanti chimici, sicuramente molto dannosi per la salute umana e per l'ambiente.
La seconda questione riguarda il tema dell'efficienza energetica. Sono fortemente persuaso che sia una scelta da fare in modo convinto, non solo perché gli studi ci dicono che è il modo più economico per produrre un megawatt di energia, cioè non consumarlo, ma perché si porta dietro anche uno sviluppo tecnologico e una possibilità di innovazione tecnologica.
Osservo però che in passato, quando l'energia che serviva all'economia era principalmente prodotta da biomassa, cioè da legno, il salto tecnologico c'è stato non quando l'uomo ha imparato a usare in modo più efficiente la legna, ma quando ha cominciato a usare il carbone, con cui c'è stato un miglioramento in termini di efficienza. Il salto vero c'è stato poi quando si è passati al petrolio.
Credo dunque che sia importante lavorare sull'efficienza ma anche investire molto in ricerca, perché il vero salto tecnologico si realizzerà quando potremo produrre energia in modo meno inquinante, meno costoso e utilizzando minore quantità di risorse, quindi di combustibile o comunque di materiale che si distrugge per produrre energia. Mi riferisco ad esempio alla fusione nucleare, rispetto alla quale in Francia si sta per costruire un impianto sempre sperimentale, ma decisamente innovativo.
È necessario quindi focalizzare l'attenzione sul fatto che è importante investire in efficienza energetica, ma l'Europa deve continuare a investire in ricerca per fare un vero salto tecnologico, che possa portare a un'ulteriore rivoluzione industriale, che credo non possa derivare esclusivamente dalla efficienza energetica o dall'utilizzo di energie rinnovabili quali quelle oggi note, che sono in grado di dare un contributo marginale rispetto ai consumi complessivi.
PRESIDENTE. Poiché questi primi interventi contengono domande abbastanza complesse, lascerei la parola al Commissario per un primo giro di risposte, per poi procedere con gli altri interventi.
CONNIE HEDEGAARD, Commissario europeo per l'azione per il clima. È difficile ricordare in successione tutte le domande. La prima riguardava il bilancio europeo: se ambiente e clima debbano essere separati o contenuti in un'unica scatola. In Commissione abbiamo deciso di distinguerli, perché riteniamo che per massimizzare gli effetti del bilancio europeo dovremmo essere in grado di inserire in modo integrato ambiente, clima ed ecologia nel portafoglio dell'energia, in quello dei trasporti, delle politiche regionali, della ricerca e sviluppo, degli schemi innovativi.
Questo è il motivo alla base della costituzione del mio portafoglio. Normalmente in un Governo c'è soltanto un
ministro dell'ambiente, che si occupa di ambiente in generale; la creazione di un portafoglio per l'azione per il clima è stata dettata dall'esigenza di inserire il mio lavoro in tutte le politiche settoriali.
Credo che questo sia un modo più efficiente di procedere anche con il bilancio: non meno del 20 per cento dell'intero bilancio europeo (il triplo rispetto al passato) sarà stanziato a sostegno delle nostre politiche climatiche. È un obiettivo sicuramente bello da proporre, ma che deve anche essere rintracciabile evidenziando la componente ecologica dei fondi regionali, dell'agricoltura, delle infrastrutture, delle politiche regionali. Credo che in questo modo sia possibile inserire nel sistema più miliardi.
Ieri, a proposito dei fondi strutturali, abbiamo proposto che 17 miliardi di euro siano destinati all'efficienza energetica e alle fonti rinnovabili. Si tratta di un'espansione maggiore di quella attuale. Questo è il nostro modo di procedere. Voi avete parlato di 800 milioni di euro, che sono destinati a specifiche questioni ambientali, quali programmi ambientali, biodiversità, aiuto allo sviluppo, relazioni estere. È in corso un dibattito molto articolato su come attuare tutte le politiche di cui ci occupiamo.
A proposito del parlare con una sola voce sono d'accordo con voi. Io non rappresentavo l'Europa a Copenaghen, non ero lì con lo stesso mandato che ho ora, ma è vero che a Copenaghen, quando si sono riuniti Wen Jiabao, il Primo Ministro dell'India, la Merkel, Sarkozy, Brown, Zapatero, il primo ministro svedese, Barroso, alla fine erano troppe persone con voci diverse che affermavano cose diverse, e questo non è il modo in cui l'Europa può massimizzare la sua influenza.
L'anno scorso, a Cancun, siamo riusciti a parlare con un'unica voce, e successivamente è stato chiaro che nessuno incolpava di nulla l'Unione europea perché l'Unione Europea aveva un'unica posizione. Non so se riusciremo a fare lo stesso a Durban - lo spero davvero -, ma sarà fondamentale lunedì prossimo a Lussemburgo riuscire a concordare un'unica conclusione in Consiglio.
È importante dirlo qui nel Parlamento italiano, perché l'Italia insieme ad altri Paesi ha assunto posizioni forti, e tutti dovranno cercare di raggiungere un compromesso lunedì prossimo. Se infatti non si giungesse a una conclusione, a Durban si potrebbe verificare che la Commissione afferma una cosa e la Presidenza polacca un'altra, distruggendo così l'immagine di un'Europa unita. Ci attende quindi una grande responsabilità.
Si è parlato della Tobin tax, della tassa sulle transazioni finanziarie, dell'opportunità di introdurla anche nel campo energetico. Rappresenta sicuramente un passo importante il fatto che la Commissione europea abbia proposto una tassazione sull'energia con una direttiva sulla tassazione energetica. La Commissione ne discuteva da anni e adesso abbiamo concluso.
Sarebbe difficile affermare che tutti gli Stati membri abbiano gradito questa proposta, ma non c'è modo di evitarla: l'Europa non può competere con le economie emergenti mantenendo tasse molto alte sul lavoro e non abbastanza alte sull'energia e le risorse. Capisco, essendo io stessa un politico, che sia difficile cambiare questo assetto, ma bisogna riconoscere che, se guardiamo al futuro tra vent'anni, in questo modo non possiamo rimanere competitivi rispetto a Paesi come la Cina.
Per questo, dobbiamo ridurre le tasse sul lavoro e, considerando che abbiamo bisogno di denaro per i sistemi previdenziali, le entrate statali dovranno arrivare dalla tassazione sull'energia e sulle risorse, in modo che gli incentivi ci consentano di diventare efficienti sul piano energetico e di risparmiare risorse. Questo è il cambiamento che dobbiamo operare con la nostra direttiva sulla tassazione dei prodotti energetici.
Nell'indagine annuale sulla crescita, a tutti gli Stati membri viene raccomandato, per il prossimo bilancio, di seguire questa strada perché in questo modo saranno creati posti di lavoro; al contrario, la
Commissione dice espressamente che aumentando le tasse sul lavoro non si creano posti di lavoro, mentre si perdono posti di lavoro. Questa è la raccomandazione contenuta nell'indagine sulla crescita annuale.
A proposito delle politiche sulla mitigazione e sull'adattamento ai cambiamenti climatici, è vero che in alcuni Stati membri se ne occupano le municipalità. Nei prossimi dodici mesi ci dovrà essere una strategia sull'adattamento e nei prossimi sei mesi presenteremo una stanza di compensazione sull'adattamento, una Adaptation Clearinghouse: raccoglieremo tutte le pratiche migliori sull'adattamento provenienti da tutte le regioni e città degli Stati membri e a marzo lanceremo questa iniziativa.
In questo modo, ad esempio, se in Puglia ho un problema legato all'aridocoltura, potrò scoprire in quali altre parti dell'Europa sia stato riscontrato lo stesso problema, chi abbia avuto gli stessi problemi relativi alle acque reflue, e quindi apprendere quali siano le migliori pratiche e chi sarebbe il miglior alleato naturale per la regione in difficoltà. Si possono, quindi, raccogliere tutte le conoscenze e metterle a disposizione come risorse di tutti gli Stati membri.
A proposito dei fondi strutturali, se la nostra proposta viene accettata dagli Stati membri (è un'ipotesi), la nostra proposta è che il denaro europeo, vale a dire i fondi strutturali, non vengano utilizzati per qualunque genere di intervento, ma che piuttosto gli interventi siano più mirati e legati a specifiche condizionalità.
Tre elementi fondamentali devono essere promossi attraverso i nostri fondi strutturali: aiuti alle piccole e medie imprese, innovazione, energia e fonti rinnovabili, che insieme dovranno radunare l'80 per cento della grande busta delle regioni più progredite, come alcune delle vostre. Queste priorità (energia, innovazione, piccole e medie imprese) sono fondamentali per dare valore aggiunto al denaro europeo.
Un altro settore in cui possiamo migliorare in Europa è la cooperazione in termini di innovazione, ricerca e sviluppo. Ci avete chiesto se nell'analisi per modelli abbiamo analizzato i costi del non fare nulla. La risposta è sì, lo abbiamo fatto. Nella road map per l'economia a basso carbonio abbiamo analizzato i benefici comuni per la salute derivanti, ad esempio, dall'aria pulita; abbiamo anche visto che si possono risparmiare da 170 a 350 milioni di euro l'anno, se si riduce la dipendenza dalle importazioni di petrolio e gas. Questi sono i vantaggi comuni se si agisce, mentre non facendo nulla si determineranno conseguenze peggiori per la salute e l'inquinamento dell'aria.
A proposito della revisione dei costi, rispondo che ci sarà di certo una revisione dei costi di cui però non conosco l'entità, ma posso dire che abbiamo imparato la lezione quando abbiamo preparato il regolamento attuale. Ci è stato detto che era troppo costoso, tecnicamente non fattibile e troppo ambizioso, eppure gli obiettivi previsti per il 2015 potranno essere raggiunti già il prossimo anno, nel 2012, dall'80 per cento dei produttori europei di automobili. Quando si spinge di più, quindi, i produttori riescono ad essere all'altezza delle aspettative, non costa molto e si riesce a rimanere competitivi sul mercato internazionale. Questo è quello che cercheremo di ripetere con la nostra revisione.
A proposito dei biocombustibili e dell'ILUC (indirect land use change, cambiamento indiretto di utilizzazione delle terre), la questione è piuttosto complessa. Personalmente ritengo necessario che si crei un fattore ILUC, in modo che non si commettano errori affrontando un problema e creandone un altro. Siamo molto consapevoli di questo.
L'onorevole Maggioni dice che non c'è abbastanza chiarezza nella scienza, ma non sono d'accordo. Se il 95 per cento dei medici fa una diagnosi di febbre, io credo alla maggioranza dei medici piuttosto che alla restante minoranza. La scienza è abbastanza chiara da permetterci di agire, ma non si può avere mai una certezza al 100 per cento, non è la natura della scienza.
Sono sicura che il senatore Fluttero sarebbe d'accordo, perché a proposito dell'efficienza energetica e dell'uso delle risorse, tutti possiamo essere scettici su quello che ci dicono gli scienziati, ma è chiaro che è fondamentale assumere iniziative in termini di efficienza energetica, perché quando ci saranno più persone sulla terra e avremo bisogno di una maggiore crescita sarà importante avere in atto questi cambiamenti.
Il senatore Fluttero evidenziava che condizioni meteorologiche e clima non sono strettamente collegati, perché non c'è un cambiamento climatico ogni volta che piove o fa caldo a ottobre, ma credo che sia interessante constatare come gli ammonimenti della scienza a proposito delle nostre regioni sembrino valere davvero per tutti gli eventi a cui assistiamo.
Noi politici abbiamo una scelta da compiere: possiamo ignorare la scienza fino a che non abbiamo la certezza al 100 per cento, quando però potrebbe essere troppo tardi, o con tutte le conoscenze che abbiamo possiamo scegliere di muoverci in base a un principio di precauzione, affinché si possa dare un vantaggio e un beneficio alla nostra economia. Credo che si tratti di una strategia molto saggia da parte dell'Unione europea.
L'onorevole Maggioni mi ha chiesto come possiamo esercitare pressioni sui grandi Paesi, ma questa è una domanda da un milione di dollari! È chiaro che gli americani non si muoveranno, considerato il loro sistema politico, quindi dobbiamo cercare di esercitare quanta più pressione possibile su di loro attraverso alleanze con vari Paesi in via di sviluppo, per elaborare degli impegni per scadenze più specifiche nel futuro.
A volte anch'io perdo la pazienza per la durata di questi colloqui internazionali. Se torniamo indietro con la memoria a prima di Copenaghen, nel 2008, quando abbiamo elaborato il nostro pacchetto sull'ambiente e l'energia, noi europei eravamo soli, gli unici ad aver fissato degli standard. Nessun altro, tranne la Norvegia, l'aveva fatto. Nel periodo immediatamente precedente Copenaghen e poi nei primi mesi successivi alla conferenza, più di 90 Paesi e tra questi tutti i Paesi del G20 tranne l'Arabia Saudita hanno fissato obiettivi nazionali, il che non mi sembra un cattivo risultato.
Il dibattito è andato avanti e domani a Bruxelles parlerò del nuovo Eurobarometro, il che dimostra che adesso c'è una maggiore consapevolezza dei cambiamenti climatici rispetto a pochi mesi prima di Copenaghen. È importante quindi muoversi per giungere a delle soluzioni.
Il senatore Fluttero ha posto altre due domande, una delle quali sull'inquinamento atmosferico. Anche questo fa parte dell'agenda internazionale dell'azione per il clima: quando si parla di CO2, in realtà si fa riferimento a emissioni composte dai cosiddetti «CO2 equivalenti» come Black Carbon e altre sostanze come le micro polveri. Un fattore importante è che quando si affronta il problema dei cambiamenti climatici e si cambiano i sistemi di produzione dell'energia, anche la produzione energetica diventa più efficiente, un fatto che crea vantaggi comuni perché ci sono meno particolati in giro e meno NOx.
La ricerca, l'efficienza energetica delle nuove e le tecnologie non sono settori separati: sono strumenti che servono tutti allo stesso modo.
PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che non sono ancora intervenuti.
RAFFAELLA MARIANI. Intanto per ringraziare la Commissaria Hedegaard della sua presenza e per porle un quesito, date le condizioni economiche e finanziarie del nostro continente, data la situazione di emergenza che stiamo vivendo nei nostri Paesi, dati gli step previsti che oggi lei ci ha ricordato (quello del 2020, la revisione degli obiettivi sulle priorità energetiche al 2013), giacché tra poche settimane andremo a discutere della possibilità di mantenere l'esenzione fiscale al 55 per cento per l'efficientamento energetico del patrimonio edilizio nel nostro Paese, discuteremo animatamente come già si immagina con il Ministro dell'economia di una misura che ha prodotto molta occupazione
e molto beneficio al patrimonio edilizio esistente, ma che naturalmente comporta una spesa per il nostro Paese, per cui si teme debba subire un taglio.
Questo vale anche per altri argomenti, come il tema del Patto di stabilità, che nel nostro Paese, il cui livello di debito pubblico è noto, vincola anche le possibilità di investimento dei territori virtuosi.
Oggi, si pone il problema della lettura corretta di questa fase emergenziale e della necessità di trovare dei meccanismi di incentivi straordinari che siano capaci di favorire allo stesso tempo la crescita e lo sviluppo economico ed il rispetto degli obiettivi europei di politica ambientali. Questo ci viene chiesto anche dalle piccole e medie imprese, che ritengono che una misura come quella citata della detraibilità fiscale del 55 per cento delle spese per l'efficientamento energetico degli edifici potrebbe essere un volano di sviluppo in una fase molto difficile.
Vorrei chiederle quindi se la Commissione europea è impegnata nella individuazione anche di qualche altro strumento straordinario d'intervento, vista la difficile congiuntura economica, o se si proceda nell'ordinarietà sulla base degli strumenti già previsti.
SERGIO MICHELE PIFFARI. Porto i saluti del gruppo dell'Italia dei Valori sia della Camera che del Senato e rivolgo una domanda secca sulla questione della mobilità. In X Commissione è stata approvata una proposta di legge per incentivare l'auto elettrica in particolare, legata alla prossima direttiva che l'Unione pare stia preparando.
Vorrei sapere se rispetto alla questione della riduzione delle emissioni possa esserci un sostegno, un incentivo all'auto elettrica o l'obiettivo da raggiungere sia solo la riduzione delle emissioni.
PRESIDENTE. Do nuovamente la parola al Commissario Hedegaard per rispondere alle domande poste nel secondo giro di interventi.
CONNIE HEDEGAARD, Commissario europeo per l'azione per il clima. Grazie. A proposito dell'ultima domanda su eventuali incentivi per i veicoli elettrici, stiamo cercando di sostenere la ricerca. Una delle soluzioni per produrre su vasta scala i veicoli elettrici è essere in grado di accumulare nelle batterie l'energia rinnovabile.
Un altro elemento è quello dell'elaborazione degli standard, di cui si sta occupando il Commissario Tajani: standard europei per i veicoli elettrici. Provengo dalla Danimarca e a Copenaghen, se si percorre in venti minuti con la macchina elettrica il ponte che ci separa dalla Svezia, si arriva in un'area in cui vigono standard diversi per i veicoli elettrici, quindi non è ancora una cosa pratica. Di queste questioni si sta occupando il Commissario Tajani.
Non abbiamo tasse a livello europeo, per cui la decisione spetta agli Stati membri. In molti Paesi si prevedono incentivi, grazie ai quali chi guida una macchina elettrica può non pagare l'ingresso in centro storico o parcheggiare gratis.
A proposito delle sfide nazionali relative all'efficienza energetica, questa è un'ottima sede per affrontare l'argomento. Adesso la grande paura in Europa è che ci sia una crescita senza occupazione, cioè una crescita che ci consentirà di uscire dalla crisi senza creare nuovi posti di lavoro. Un settore nel quale invece sicuramente non si può avere attività senza creare posti di lavoro è quello della riqualificazione energetica degli edifici. Laddove si aumentano le infrastrutture energetiche o informatiche si può creare crescita occupazionale.
Il problema è il capitale, le modalità con cui attrarre gli investimenti. Credo che sia un punto interessante. In Commissione possiamo fare alcune cose, ma ci sono modelli alternativi di finanziamento, per esempio le compagnie di erogazione dell'energia. Nel caso di un grande edificio di edilizia sociale, un condominio di 80 famiglie, ci si chiede perché gli stessi inquilini debbano investire in efficienza energetica.
Potrebbe quindi essere l'operatore, il gestore dell'energia a realizzare la riqualificazione, in modo che gli inquilini non
paghino nulla e si vedano ridotto l'importo delle bollette. Metà del denaro risparmiato potrebbe tornare agli operatori per un lasso di tempo di sei o otto mesi ad esempio. In Francia e in Germania questo sistema alternativo sta diffondendosi molto.
Come può contribuire la Commissione europea? Abbiamo innanzitutto elaborato standard per i componenti. Un cittadino italiano che compri delle nuove finestre con l'intento di fare qualcosa di buono per l'energia e l'ambiente potrebbe poi scoprire che quelle finestre non andavano bene. Gli standard europei potrebbero invece aiutarlo nella scelta con un'etichettatura chiara e componenti adatti.
Nella nostra direttiva sull'efficienza energetica proponiamo che in ogni Stato membro debba essere obbligatorio ogni anno riqualificare il 3 per cento del patrimonio immobiliare pubblico. Si tratta di un obiettivo ambizioso, che creerebbe molti posti di lavoro e molte attività in un momento in cui sono estremamente necessari.
Da ultimo, possiamo cercare di proporre l'elaborazione di norme sugli appalti pubblici, e voi in Parlamento ne siete consapevoli, perché una delle sfide dell'Europa rispetto alla Cina è che il lasso di tempo in cui noi elaboriamo una buona idea, prepariamo in laboratorio le nuove tecnologie per realizzarla e poi la applichiamo al mercato è troppo lungo. Il settore pubblico nei paesi europei potrebbe contribuire ad attrarre rapidamente nuove tecnologie e nuovi prodotti sui mercati.
La Commissione presenterà presto un provvedimento sul mercato unico. Deve essere un settore prioritario: se non facciamo questo, la Cina, la Corea, l'Indonesia, il Brasile, altri Paesi prenderanno i nostri mercati. Dobbiamo essere migliori, dobbiamo accelerare la nostra innovazione.
Questo si può fare con i regolamenti, la standardizzazione, i bilanci europei per promuovere a livello nazionale l'efficienza energetica. Questo è il tema del dibattito a Bruxelles, ma non ci limitiamo al dibattito: è vero che stiamo proponendo interventi, ma possiamo proporre tutto quello che vogliamo, possiamo scontrarci all'interno della Commissione e poi superare i contrasti. In ogni caso abbiamo bisogno del sostegno di tutti e ventisette gli Stati membri per smuovere davvero le cose in Europa.
Ecco perché voi membri dei Parlamenti nazionali avete un compito fondamentale. Il sostegno del vostro Paese è importante. Il settore dell'efficienza energetica offre già enormi chances di collaborazione tra il Governo italiano e la Commissione, perché sappiamo che il Governo italiano vuole fare qualcosa di concreto sull'efficienza energetica.
Anche in Europa, dove facciamo questo da molti anni, c'è un enorme potenziale e tanta energia che sprechiamo e che invece possiamo recuperare e risparmiare.
PRESIDENTE. Nel ringraziare il Commissario Hedegaard per aver dato risposte galvanizzanti a domande importanti su una sfida che ci riguarda tutti, dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 16,15.