Sulla pubblicità dei lavori:
Valducci Mario, Presidente ... 2
Comunicazioni del Governo sugli ulteriori sviluppi della vicenda Alitalia:
Saglia Stefano, Presidente ... 7 12 15 16 20
Valducci Mario, Presidente ... 2
Biasotti Sandro (PdL) ... 11
Cicolani Angelo Maria (PdL) ... 14
Compagnon Angelo (UdC) ... 10 16
Fiano Emanuele (PD) ... 4 15 18 20
Garraffa Costantino (PD) ... 11
Matteoli Altero, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ... 2 4 16 18
Meta Michele Pompeo (PD) ... 8 16
Misiti Aurelio Salvatore (IdV) ... 9
Moffa Silvano (PdL) ... 15
Reguzzoni Marco Giovanni (LNP) ... 12
Sacconi Maurizio, Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali ... 5 10 19
Vimercati Luigi (PD) ... 15
Zanda Luigi (PD) ... 12 13
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.
Resoconto stenografico
AUDIZIONE
La seduta comincia alle 14,05.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, anche mediante la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sul sito Internet della Camera dei deputati.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca comunicazioni del Governo sugli ulteriori sviluppi della vicenda Alitalia.
Quanto alle modalità organizzative del dibattito, considerata l'importanza delle questioni da affrontare e al fine di consentire a tutti i colleghi che intendano farlo di porre domande e richieste di chiarimenti, propongo, d'accordo con i presidenti delle altre Commissioni interessate, che dopo la relazione introduttiva dei Ministri abbia luogo un primo giro di domande in cui sarà assicurato lo svolgimento di un intervento di un deputato e di un senatore per gruppo per la durata massima di tre minuti. È evidente che il contenimento degli interventi consentirà la più larga partecipazione al dibattito. Successivamente, dopo le prime repliche dei Ministri delle infrastrutture e dei trasporti e del lavoro, della salute e delle politiche sociali, si potrà procedere a una seconda tornata di interventi. Mi scuso perché dovrò assentarmi e lasciare la presidenza all'onorevole Saglia.
Do la parola al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Altero Matteoli, e al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, Maurizio Sacconi.
ALTERO MATTEOLI, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Saluto i colleghi parlamentari delle Commissioni congiunte di Camera e Senato. Non credo di dover ripercorrere tutta la storia di Alitalia, ricordando come si sia arrivati a questo punto. Tuttavia, magari a volo d'uccello, vorrei ricordare alcuni passaggi, partendo dall'insediamento dell'attuale Governo, l'8 maggio scorso, quando abbiamo ereditato la stessa situazione che, per la verità, avevamo lasciato dopo i Governi del 2001-2006. In quel caso ad ereditarla era stato il Governo di centrosinistra.
La situazione di Alitalia si protrae, infatti, ormai da tanti anni. Negli anni Ottanta, quando anche allora facevo parte della Commissione trasporti, Alitalia andava bene perché ogni anno si approvava una legge con cui si ripianavano i suoi debiti. Quando, però, il ripiano non è stato più possibile, è iniziata la crisi che ha portato alla situazione attuale.
Nell'ultima fase del Governo Prodi fu emanato un decreto per elargire ad Alitalia
un prestito, cosiddetto «ponte», di 300 milioni di euro. A onor del vero, prima di emanare il decreto il Presidente Prodi aveva consultato anche l'allora opposizione. Il decreto, dunque, fu appoggiato all'unisono da maggioranza e opposizione, perché tutti eravamo consapevoli della sua necessità onde permettere ad Alitalia di continuare ad operare.
Poi c'è stata la vicenda legata alla trattativa con Air France-KLM, dove il tentativo di rilevare Alitalia non è andato a buon fine. Devo dire, per la verità, che chi oggi è al Governo, a cominciare da chi vi parla, non era assolutamente d'accordo con l'idea di vendere Alitalia ad Air France-KLM, per i motivi più volte sottolineati.
La situazione finanziaria della compagnia non è migliorata dopo queste vicende e siamo arrivati al Consiglio dei Ministri del 28 agosto, nel quale è stato definito un decreto-legge contenente alcune norme a modifica della cosiddetta legge Marzano. Le norme non riguardavano solo Alitalia, sebbene fossero certamente incentrate su questa vicenda. Successivamente il Ministro dello sviluppo economico, Claudio Scajola, ha nominato il commissario straordinario dell'Alitalia nella persona del professor Augusto Fantozzi; contestualmente è stato dichiarato lo stato di insolvenza della compagnia di bandiera.
Il 1o settembre il Governo, rappresentato dai Ministri del lavoro, della salute e delle politiche sociali, Maurizio Sacconi, da quello dello sviluppo economico, Claudio Scajola, da quello delle politiche europee, Andrea Ronchi, da quello delle infrastrutture e dei trasporti (ovvero chi vi parla) e dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta, incontrava presso il Ministero del lavoro, alla presenza del commissario Fantozzi, tutti i rappresentanti sindacali di Alitalia per informarli della situazione. Nella stessa circostanza il Governo anticipava ai sindacati che un gruppo di imprenditori italiani aveva annunciato la volontà di costituire una società con lo scopo di acquisire Alitalia o, comunque, una sua parte.
Nei giorni successivi - se non ricordo male, il 4 settembre - si teneva, sempre presso la sede del Ministero del lavoro, una nuova riunione alla quale partecipavano il dottor Roberto Colaninno e l'ingegner Rocco Sabelli, in rappresentanza della nuova società CAI. In tale occasione, Sabelli e Colaninno hanno illustrato ai sindacati il piano industriale, messo a punto in collaborazione con Banca Intesa.
In tutta questa vicenda e in tutte le polemiche che si sono susseguite, il tema del piano industriale è rimasto sempre un po' nascosto. Io desidero, invece, partire proprio dal piano industriale. Perché il Governo ha creduto nell'operazione CAI? Perché ne ha condiviso il piano industriale. Io stesso, in primis, l'ho condiviso, in quanto prevedeva una serie di passaggi che, a mio avviso, consentivano a CAI di partire, chiedendo sacrifici relativamente al numero degli esuberi, ma tenendo conto - e spero di non sbagliare - che a partire dal prossimo anno il piano avrebbe potuto consentire il recupero di alcuni posti di lavoro.
Nella prima metà del mese di settembre si è svolta una serie infinita di riunioni e di incontri tra CAI e sindacati, in alcuni passaggi alla presenza del Ministro Sacconi e del sottoscritto, per cercare di trovare un'intesa.
Il 18 settembre a Palazzo Chigi fu siglato un protocollo d'intesa tra CAI, sindacati, Governo e commissario Alitalia, nel quale si approvava il piano industriale proposto da CAI. Per la verità, esso non era mai stato messo in discussione né da CISL, UIL e UGL, che si erano dichiarati disposti a firmare fin dal primo momento, né dalla CGIL. Anche nella famosa notte in cui, sebbene tutto sembrasse pronto alla sottoscrizione, la CGIL non approvò complessivamente l'operazione, tuttavia tale confederazione sottoscrisse un documento di approvazione del piano industriale. Il protocollo, tra l'altro, prevedeva l'assunzione di 12.500 lavoratori e la messa in cassa integrazione speciale di circa 3 mila lavoratori, tra personale di volo e di terra, che prevedeva la cassa integrazione per la
durata di quattro anni, più tre anni di mobilità. In pratica, si garantisce l'assistenza per sette anni.
Voglio precisare che prima della conclusione della prima fase, il commissario Fantozzi, in aggiunta alla campagna informativa già predisposta, aveva fatto pubblicare dagli organi di stampa nazionali e anche da alcuni internazionali un avviso nel tentativo di individuare altri acquirenti. Nessuno, infatti, ha mai pensato che CAI fosse l'acquirente predestinato di Alitalia, ma che al contrario potessero arrivare altre offerte. Alla fine però l'offerta di CAI è rimasta l'unica.
Come dicevo, CAI e sindacati si sono incontrati più volte. Dopo che tutte le sigle sindacali avevano sottoscritto l'accordo, si arriva al 30 ottobre, quando alcune sigle sindacali decidono di non firmare i contratti; al contrario, sottoscrivono CGIL, CISL, UIL e UGL.
Il tentativo di mediazione del Governo, dunque, si è concluso nel tardo pomeriggio del 31 ottobre, quando i sindacati confederali, insieme all'UGL, sottoscrivevano i contratti, mentre le altre sigle non ritenevano di fare altrettanto. Ciò nonostante, CAI decide di presentare al commissario Fantozzi l'offerta vincolante di acquisto di Alitalia e delle società ad essa collegate. L'offerta in queste ore è all'attenzione del commissario Fantozzi, che dovrà verificarne la rispondenza agli effettivi valori di mercato degli asset posti in vendita da Alitalia.
L'ultimo tassello della vicenda sarà la decisione della Commissione europea - stamani ho avuto l'occasione di parlare a lungo con il commissario Tajani - che dovrà esprimersi per quanto riguarda il prestito ponte di 300 milioni. Ciò che la Commissione contesta al Governo italiano, chiedendo in proposito chiarimenti peraltro forniti, è di aver concesso senza alcuna comunicazione preventiva un prestito che potrebbe configurarsi come aiuto di Stato a un'impresa. Qualora il 12 novembre la Commissione arrivasse a questa determinazione, è evidente che del prestito ponte dovrebbe rispondere la vecchia Alitalia, non certo CAI.
ALTERO MATTEOLI, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Come fa a rispondere di un prestito precedente una società che nasce ora? Naturalmente il commissario Fantozzi potrà far fronte al risarcimento di questo prestito con i ricavi derivanti dalla cifra che CAI pagherà per l'acquisto di Alitalia, oltre che dalla vendita di ciò che resta a terra, insomma dei cespiti di Alitalia.
Questo è il quadro della situazione. Il Governo, in questo momento, non può fare più di tanto. Siamo arrivati alla determinazione da parte di CAI - che il Governo non solo approva, ma di cui ringrazia la nuova società - di andare avanti anche senza la firma di alcune sigle sindacali.
Come abbiamo letto sui giornali, ieri si è svolta la grande assemblea a Fiumicino, nella quale le sigle sindacali - non ho capito se tutte o solo una parte, ma questo non cambia nulla rispetto a quello che sto per dire - hanno chiesto di aprire un altro negoziato. Tale richiesta ha ricevuto questa mattina una risposta molto forte da parte dell'amministratore delegato di CAI, Roberto Colaninno, che ha affermato come CAI non sia disponibile a riaprire alcuna trattativa. Siccome non voglio nascondermi dietro le parole di altri, in questo caso quelle di Colaninno, chiarisco che condivido la decisione dell'amministratore delegato di CAI, perché, dopo tutte le vicende succedutesi dalla fine di agosto a cinque giorni fa, mi pare impossibile prevedere la riapertura del negoziato.
I giornalisti mi hanno chiesto quale sia la decisione del Governo. Innanzitutto, il Governo ringrazia la cordata che ha rilevato Alitalia, in una situazione economica difficile come quella che stiamo attraversando, non soltanto in Italia ma in tutto il mondo. Credo debba essere apprezzato il fatto che circa venti imprenditori abbiano deciso di investire una cifra cospicua per rilevare una parte della compagnia di bandiera. Vi leggo l'impegno di un'imprenditoria che molti di noi - io in primis -
hanno considerato spesso pigra e interessata solo a farsi assistere e che, invece, oggi «scende in campo», investendo 1 miliardo e 100 milioni di euro, cifra piuttosto importante considerato il momento attuale. Rivolgo, dunque, un apprezzamento a questi imprenditori, che hanno ritenuto di dar vita a CAI, dimostrando la volontà di rilevare l'Alitalia o comunque una sua parte. Ritengo che CAI faccia bene ad andare avanti cercando di far firmare queste sigle, ma senza riaprire il negoziato.
Consapevole del fatto che questa mia considerazione susciterà polemiche, desidero comunque ribadire, giacché gli infingimenti non mi sono mai piaciuti, che non possiamo permettere ad alcuno di mettere un veto alla possibilità di investire, di far partire un'impresa come quella che sta accingendosi a rilevare l'Alitalia. Il comportamento di alcune sigle sindacali è improntato infatti alla filosofia del «muoia Sansone con tutti i Filistei». Questa filosofia, però, non è la nostra. È quindi necessario andare avanti, cercando di salvare 12.600 posti di lavoro, che costituiscono una cifra importante anche per il momento politico che stiamo vivendo.
MAURIZIO SACCONI, Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. Aggiungerò alcune considerazioni riferite più specificamente alle relazioni industriali e alla vicenda dal punto di vista giuslavoristico.
Come evidenziato dal collega Matteoli, il piano industriale definisce una nuova compagnia, con caratteri di discontinuità rispetto alle società preesistenti. Questo si traduce anche nella discontinuità dei rapporti di lavoro, resa evidente anche dalla definizione di nuovi contratti collettivi nazionali di lavoro, che furono fin dall'inizio richiesti dalla società CAI soprattutto per individuare un nuovo modello di relazioni industriali. Quello tradizionalmente definitosi nel tempo presso la società Alitalia era infatti un modello vizioso e viziato per tante ragioni, che nessuno imputa in modo esclusivo alle organizzazioni sindacali. Basti ricordare in proposito i particolari diritti sindacali, il numero di distacchi e di permessi che nel complesso dell'anno caratterizzavano in modo abnorme la società Alitalia, nonché altri aspetti relativi al sistema delle relazioni industriali.
Noi abbiamo cercato di favorire un'intesa fra la società CAI e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative dei lavoratori. Dopo vari passaggi, questa intesa fu conseguita sulla base di un documento risalente al 15 settembre, seppure sottoscritto in diversi momenti e con addendum definiti in seguito. L'accordo conteneva intanto la condivisione del piano industriale, quindi la dimensione della nuova occupazione e la sua articolazione, che fu anche oggetto di una specifica intesa successiva per quanto riguarda, ad esempio, il numero di piloti da assumere. I 1.550 piloti definiti nell'intesa del 15 settembre furono poi identificati come full time equivalent, con l'accordo per cui sarebbero diventati 1.689, in quanto si aggiungeva a loro il 9 per cento di contratti a tempo parziale, al fine di allargare la platea dei lavoratori assunti.
In quella sede furono anche definite le linee guida per il nuovo contratto collettivo di lavoro. Una novità significativa fu rappresentata dall'introduzione della dirigenza per quanto riguarda i piloti comandanti e conseguentemente la prefigurazione per essa di un contratto collettivo, che li avrebbe riguardati insieme agli altri profili dirigenziali. Inoltre, si è sostituito un unico contratto collettivo nazionale di lavoro rispetto ai tre contratti dell'attuale assetto Alitalia: piloti, assistenti di volo e personale di terra.
Nell'ambito delle linee guida, sono stati condivisi anche gli aspetti normativi oltre che retributivi dei futuri contratti. In particolare, si è garantito il medesimo trattamento retributivo per quanto riguarda il personale di terra e una riduzione del 7 per cento del trattamento retributivo del personale di volo, peraltro recuperabile attraverso una incremento di produttività. La riduzione del 7 per cento sarebbe infatti intervenuta soltanto a parità di ore lavorate, facilmente recuperabile sulla base di una più efficiente organizzazione
del lavoro, che avrebbe permesso un maggiore numero di ore lavorate, che con l'attuale Alitalia non sarebbe consentito non tanto dall'indisponibilità del personale di volo, quanto piuttosto dalla inefficienza nell'uso dei vettori di trasporto aereo.
Sulla base di questi accordi, unanimemente sottoscritti non solo dalle confederazioni sindacali maggiormente rappresentative, ma anche dalle associazioni professionali di piloti e di assistenti di volo, le parti hanno avviato un negoziato tra di loro, per la definizione del contratto collettivo nazionale di lavoro.
Purtroppo il 31 settembre, data che il commissario ha ritenuto l'ultima praticabile per la conferma dell'offerta vincolante da parte di CAI, si è registrato il consenso delle grandi confederazioni sindacali (CGIL, CISL, UIL, UGL), che, come ricordava il collega Matteoli, sin dal primo momento avevano condiviso il piano industriale e le relative conseguenze dal punto di vista occupazionale, mentre le associazioni professionali del personale di volo si sono rifiutate di aderire alla sottoscrizione del contratto e al documento che accompagnava i contratti collettivi per la dirigenza e per il rimanente personale. Quest'ultimo prevedeva il cosiddetto «lodo Letta», ovvero l'attribuzione alla Presidenza del Consiglio dell'interpretazione autentica dei contenuti contrattuali che si fossero rivelati controversi, quindi non risolti nella loro interpretazione in sede aziendale. Si tratta di una sorta di «giudizio d'appello» nell'eventualità di
dissensi insanabili. Sulla base di questo documento allegato, dunque, solo le prime organizzazioni hanno sottoscritto.
Leggo che le contestazioni delle associazioni professionali, peraltro, rimettono in discussione lo stesso piano industriale e il numero dei lavoratori che dovrebbero essere assunti in conseguenza, numero concordato e sottoscritto. Si chiede ad esempio un uso più esteso del part-time, laddove l'impiego del part-time fu oggetto di uno specifico negoziato, soprattutto per quanto riguarda i piloti, che consentì di arrivare al passaggio da 1.550 a 1.683 persone. Questi aspetti furono inequivocabilmente definiti in quella sede.
Leggo che ora si contesta l'idea del contratto della dirigenza, esso stesso chiaramente definito in quella sede e applicato solo ai piloti comandanti, anche se inevitabilmente il contenuto del contratto collettivo generale riferito ai piloti non comandanti avrebbe dovuto essere coerente, sebbene in certa misura difforme, con la parte relativa ai piloti comandanti e, come tali, dirigenti. La contestazione a tal proposito ha portato anche al rifiuto di sedersi al tavolo delle associazioni professionali per una sorta di pretesa esclusività nella rappresentanza, che contraddirebbe il diritto di libertà sindacale. CGIL, CISL, UIL e UGL siedono infatti ai tavoli della dirigenza pubblica e sottoscrivono i relativi contratti, perché sono risultate rappresentative, nel caso di specie addirittura sulla base di elezioni. Le confederazioni sindacali rappresentano più di 500 piloti iscritti e hanno sottoscritto i precedenti contratti collettivi di lavoro,
quelli vigenti presso Alitalia. Quindi, si tratta di organizzazioni già riconosciute dalla controparte e titolari di rappresentatività nell'ambito dei contratti collettivi di lavoro vigenti.
Sono state espresse considerazioni infondate per quanto riguarda i criteri di assunzione, definiti in obiettiva coerenza con quelli più generali identificati nell'accordo del 15 settembre e non discriminatori. Costituisce infatti motivo di precedenza per le nuove assunzioni l'appartenenza di un lavoratore a un nucleo familiare in cui siano presenti minori con handicap o comunque dei minori (ivi comprese le situazioni di affido o le adozioni), oppure nel caso si tratti di famiglia monoreddito. Ho citato solo alcuni dei criteri di preferenza, che hanno un profilo di equità sociale. Allo stesso modo, il criterio determinante nelle linee generali, poi specificato nell'accordo sottoscritto dalle confederazioni sindacali, riguarda la maturazione dell'età pensionabile nel corso dei sette anni (quattro più tre) di fruizione degli ammortizzatori sociali.
Si dice che qualcuno avrebbe chiesto il blocco della cosiddetta «quota 83» come somma agevolata, che identifica l'anzianità contribuiva e l'età anagrafica del personale di volo. Si tratta di una quota di per sé già vantaggiosa, che le associazioni professionali avrebbero voluto congelare nel corso dei sette anni. Vi dico solo che l'onere è ragionevolmente da noi stimato in 260 milioni di euro, che si aggiungerebbero alla complessiva onerosità degli ammortizzatori sociali integrati con il cosiddetto «fondo volo», che garantisce a tutti questi lavoratori l'80 per cento dell'ultimo reddito per circa sette anni. Sarebbe ben discutibile introdurre ora un ulteriore vantaggio, come il blocco del requisito per la pensione alla cosiddetta «quota 83», rispetto alla dinamica che la legge prevede nel tempo verso la «quota 87», con gli oneri che ho ben ricordato, in presenza di protezioni ampie e
significative a questo proposito.
I contratti sono validi. Il nostro è un sistema libero e responsabile dal punto di vista delle relazioni industriali, che ovviamente lascia agli attori collettivi la libertà di comportarsi di conseguenza. Infine, il tema degli ammortizzatori sociali è definito secondo regolazioni ulteriormente precisate anche nel decreto-legge relativo al trasporto aereo.
Voglio ricordare, in particolare, un aspetto. È vero quello che si è detto in questi giorni riguardo al fatto che il lavoratore, che singolarmente o con altri viene chiamato all'assunzione per un lavoro con caratteristiche di equipollenza - caratteristiche che non devono corrispondere allo stesso salario, potendo riguardare anche una sua riduzione, se non ricordo male, fino a circa il 20 per cento -, perde il diritto agli ammortizzatori in caso di rifiuto. Vorrei ricordare che questa non è un'opinione, né una minaccia, né un ricatto - solo l'ignoranza della legge può portare ad affermazioni di questo tipo - bensì la conseguenza di una norma di legge, così com'è stata voluta - lo ricordo - da Governi espressi anche da coalizioni diverse. Il Ministro Damiano ha analogamente sostenuto la necessità della sanzione e noi, prima di lui e ora dopo di lui, abbiamo sempre ritenuto consustanziale al sistema di
ammortizzatori, in Italia come in tutti i Paesi occidentali, la regola per cui il rifiuto di un lavoro equipollente o anche solo il rifiuto della partecipazione ad un corso di formazione può determinare il venir meno della fruizione degli ammortizzatori sociali. Questo vale per una regola elementare di cosiddetto welfare to work, di protezione verso il lavoro e verso l'inclusione nel mercato del lavoro. Questa, dunque, è la legge ed è giusto che la norma sia stata definita in questo modo.
In queste condizioni, le parti valuteranno se incontrarsi nuovamente o meno. Ricordo che in questi casi si verifica il doveroso rispetto reciproco delle controparti che hanno sottoscritto un accordo, sottoscritto in questo caso da CGIL, CISL, UIL e UGL. Questa è probabilmente una motivazione non secondaria della difficoltà di aprire un ulteriore negoziato, a parte - e non va trascurata - la necessità di concludere rapidamente questa fase per procedere, negli stretti tempi di sopravvivenza della società Alitalia, alla costituzione della nuova società.
Per queste ragioni, condivido tutto quello che ha detto il collega Matteoli, in particolare la sua considerazione finale circa il fatto che, ragionevolmente, questa è la situazione e, in queste condizioni, CAI procederà a tutti gli atti per la costituzione della nuova società.
PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro Sacconi e il Ministro Matteoli.
Procederemo adesso con gli interventi dei colleghi. Temo che riusciremo a fare soltanto un giro di domande, quindi interverrà solo un rappresentante per gruppo. Prego tutti, se è possibile, di restare nell'ambito dei tre minuti che avevamo stabilito come termine per gli interventi.
Mi permetto di sottolineare, in particolare al Ministro Sacconi, il tema degli ammortizzatori sociali, cui peraltro ha già dato risposta. Del resto, in un periodo in cui si sta discutendo anche la legge finanziaria e si cercano disperatamente le risorse
per coprire una priorità che, nel 2009, sarà ancora maggiore, è interessante sapere a quanto ammonteranno gli ammortizzatori in termini quantitativi. Peraltro, è bene che coloro che ne beneficeranno si rendano conto di essere privilegiati rispetto a tanti altri lavoratori. Chiedo scusa per questa digressione.
Do ora la parola ai senatori e ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
MICHELE POMPEO META. Signor presidente, ho ascoltato le introduzioni dei Ministri, che ringrazio per aver accolto con sollecitudine la richiesta di intervenire a questa audizione. Molte cose le conoscevamo, altre le abbiamo apprese dalla loro viva voce.
A mio avviso, con le scelte fatte a monte vi siete complicati la vita e avete trasformato la vicenda della privatizzazione del vettore nazionale in un vero problema per il Paese, con ripercussioni sulle casse dello Stato e, di conseguenza, sui cittadini.
Proprio in un momento di crisi economica come questo, Ministro Matteoli, avete preferito concentrare gli sforzi per tamponare gli effetti devastanti di una scelta debole - era tale e rimane tale - ovvero quella di vendere a tutti i costi il vettore Alitalia ai «capitani coraggiosi».
Personalmente temo, purtroppo - ne abbiamo discusso in Aula - che il problema non sia risolto definitivamente e che quello che ci attende, da qui ai prossimi anni, sia uno scenario a tinte fosche, dal momento che ancora non è stata individuata una strategia di lungo periodo.
Venendo al merito delle questioni, ritengo che ci siano ancora molti dubbi e che non si diano risposte sufficientemente trasparenti. Con grande chiarezza, avendone già discusso in Aula, affermo che non ci convince - e non per ragioni ideologiche - innanzitutto quel libero gioco che state permettendo, anche in queste ore, ai vertici della CAI. È notizia di questa mattina che questi signori continuano ad atteggiarsi a salvatori della patria e a demiurghi del trasporto aereo: lo fanno in supplenza del Governo.
Cari colleghi, penso che non sia possibile che, a condizioni date, ovvero alle migliori condizioni offerte alla cordata italiana, questi signori si arroghino il diritto di segnare uno strappo con le organizzazioni sindacali dei lavoratori, proponendo una soluzione del tipo: «se non vi va bene, cari piloti e hostess, ne assumiamo altri da altre compagnie aeree, magari anche straniere». Stiamo parlando di associazioni professionali e di sindacati autonomi tradizionalmente non legati e non teneri con la mia parte politica, ma i diritti sindacali valgono sempre.
Non vedo alcuna strategia imprenditoriale legata al trasporto aereo in queste affermazioni, bensì un solo tipo di «caporalato», magari soft, purtroppo qualche volta tollerato anche dal Governo. Vedo solo un'arroganza inutile e, a volte, anche dannosa da parte di chi ha avuto la «polpa» di Alitalia e norme anticoncorrenziali fornite ad hoc - ricordiamocelo - da questo Governo.
Mi chiedo, dunque: ma non eravate voi a sostenere a tutti i costi l'italianità della compagnia di bandiera? Come la mettiamo adesso, con i vertici della CAI che ritengono di dover guardare al mercato estero per l'assunzione dei piloti e degli assistenti di volo? In che cosa consiste l'italianità della compagnia aerea per voi? Nel fatto che i capitali e i debiti scaricati sui contribuenti siano tutti italiani? Sembrerebbe questo.
La confusione e la poca chiarezza, purtroppo, regnano sovrane anche nella valutazione economica, nel prezzo di vendita degli asset di Alitalia. Sappiamo, come ci avete ricordato, che un perito di nomina governativa sta lavorando alla determinazione del prezzo e che questo dossier sarà valutato anche dall'advisor scelto da Fantozzi. Non è dato sapere di più sul valore del mercato cui dovrebbero essere venduti il patrimonio, le attività aziendali, i diritti di atterraggio e di decollo. Esiste una sola offerta in campo, quella della CAI, e non crediamo sia impossibile sapere e far sapere
ai contribuenti, che pagano questa operazione, l'esatto valore di mercato dell'ex compagnia di bandiera. È una questione di trasparenza.
Ugualmente, è una questione di trasparenza, e non di trattativa condizionata da interessi capitalistici, quella relativa alla scelta del partner internazionale. Si sentono da più parti, e sempre con maggiore insistenza, le pressioni per la scelta dell'uno piuttosto che dell'altro partner. Prima o poi i soci di CAI dovranno sciogliere anche quest'altro nodo che voi della maggioranza avete preferito delegare alla cordata nazionale, piuttosto che affrontarlo sin dall'inizio.
In conclusione, vi rivolgo un invito: evitiamo di arrivare con l'acqua alla gola, come è accaduto con l'incredibile vicenda dei contratti, discussi purtroppo all'ultimo minuto, e governiamo responsabilmente questo delicato passaggio. Sapete benissimo anche voi che il futuro di CAI, attualmente di dimensioni domestiche nazionali, è strettamente legato alla scelta di un'alleanza internazionale che la inserisca permanentemente in uno scenario competitivo internazionale. La scelta del partner, poi, è rilevante anche per le conseguenze sull'indotto degli aeroporti di Fiumicino e di Malpensa, indotto rappresentato da migliaia di lavoratori che, con la preferenza del modello zero hub, vedono sempre maggiori ombre sul proprio futuro.
AURELIO SALVATORE MISITI. Innanzitutto voglio ringraziare i Ministri che, nel momento in cui ancora non è conclusa tutta la vicenda, sono venuti in Parlamento per riferire tempestivamente e per metterci al corrente della situazione. Vorrei parlare anche a nome del collega del Senato, quindi, se è possibile, utilizzerò anche il tempo a sua disposizione.
Voi sapete che Italia dei Valori, in sede di dibattito e poi con il voto sulla Marzano-bis, ha espresso un giudizio estremamente negativo sull'operazione che è stata condotta. Seppure a volo d'uccello, bisogna tuttavia ricordare che essa fa seguito a una precedente operazione, molto più conveniente per i contribuenti italiani che, in quel caso, non avrebbero pagato i debiti di Alitalia. In questo caso, invece, 300 milioni in più o in meno, tutti gli altri debiti li paga il cittadino.
Francamente mi pare alquanto ridicolo che sia stato emanato un bando per individuare un'altra compagnia dopo che esponenti del Governo avevano ripetutamente detto che si escludeva la possibilità di individuare un'azienda estera. Sapete benissimo che in Italia non ci sono altre compagnie, se non quella coinvolta anch'essa in questa operazione, di cui tra l'altro non si parla. Chiedo, allora quanto segue: come la mettiamo con la questione Air One? I debiti di Air One chi li paga? Quanti sono gli esuberi di Air One e quanti gli esuberi dell'ex compagnia di bandiera?
Tra l'altro, sono molto meravigliato perché mi è sembrato che in tutta questa trattativa gli esponenti del Governo parlassero sempre a nome della compagnia e mai come soggetti super partes. Anche oggi si ribadisce che il Governo è totalmente d'accordo con la chiusura da parte della compagnia circa la possibilità di riaprire qualunque discussione. Ma i signori che stanno conducendo la trattativa si sono mai occupati di questioni di trasporto aereo? No, tanto che Lufthansa, che era la preferita, avrebbe partecipato. Tuttavia, avrebbe voluto essere lei a decidere, perché era convinta che gli altri non fossero esperti di rapporti sindacali con la compagnia.
Il piano industriale è stato siglato, ma è comunque sbagliato, perché riporta la compagnia entro i termini domestici. I rapporti industriali sono improntati al prendere o lasciare. In numerose dichiarazioni, il Ministro Sacconi ribadiva l'esigenza di accettare, altrimenti la compagnia sarebbe stata sciolta. La trattativa si è tenuta quindi per modo di dire. La scelta, allora, non solo è debole, ma anche controproducente per gli interessi italiani.
Ritengo che lavoratori e sigle sindacali abbiano tenuto un atteggiamento molto responsabile, giacché gli aerei continuano a volare nonostante la crisi dei rapporti e i lavoratori di Alitalia si stanno comportando
in modo egregio. Credo che nessun lavoratore o esponente sindacale pensi: «Muoia Sansone con tutti i Filistei». Se reagiscono negativamente alcune sigle, che rappresentano sostanzialmente quanto serve a una compagnia aerea (piloti e assistenti di volo, visto che la loro formazione richiede enormi quantità di denaro, laddove gli altri lavoratori possono essere assunti previo corso professionale) qualche ragione deve pur esserci.
Un Governo responsabile deve quindi chiamare le parti sociali e portarle al tavolo della trattativa, non schierarsi con una parte sociale lasciando che il resto faccia quello che crede. L'italianità si dimostra anche difendendo i lavoratori italiani, perché ricorrere al mercato significa ricorrere a piloti e a maestranze non italiane. L'italianità limitata al portafoglio mi sembra assolutamente assurda.
I piloti sono gli unici a lamentare esuberi, perché un pilota su due va a casa. La cassa integrazione per i piloti è una fesseria, perché questa categoria ha bisogno di volare per non perdere il brevetto. I piloti quindi non possono accettare la cassa integrazione. Anche il personale di volo è esposto allo stesso rischio. La considero una perdita secca di grandi professionalità e di grande ricchezza in nostro possesso che non si è voluta salvaguardare, come peraltro accaduto per gli asset di Alitalia.
Per garantire la trasparenza della vendita noi e l'opinione pubblica abbiamo bisogno di essere informati. È necessario fare gli interessi degli italiani e quindi far sì che la nuova realtà abbia tutte le caratteristiche di una compagnia che tratta e che non intenda punire, bensì rispettare una categoria di lavoratori, accettando le condizioni di assunzione di questo settore.
A Palazzo Chigi era stato sottoscritto il contratto Air One, ma adesso si nega anche quello. Vorrei sapere quindi se risulti che il contratto Air One era stato accettato a Palazzo Chigi.
MAURIZIO SACCONI, Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. No, non risulta.
ANGELO COMPAGNON. Premesso che auspichiamo la soluzione di tutti i problemi e di questo in particolare, già la scorsa settimana, in occasione del question time su un'interrogazione da me rivolta al Ministro Matteoli in Aula, conclusi dichiarando la mia preoccupazione, indipendentemente dalla risposta del Ministro, che peraltro era stato intelligentemente prudente rispetto a quanto si sarebbe verificato.
La preoccupazione cresce ogni giorno a fronte di quello che sta accadendo. La data fatidica del 31 ottobre rispetto alla consegna dell'offerta, che è stata fatta con una forzatura negli ultimi minuti, evidenzia una situazione precaria. La liquidità ancora sostenibile finirà nel mese di novembre. Ancorché siano stati disposti il cambio di società e l'aumento di capitale, è evidente come questa situazione stia procedendo in maniera artificiosa, perché troppi sono gli errori commessi e soprattutto le forzature a senso unico.
Mi sembra che, al di là delle difficoltà, il Governo sia schierato con la compagnia CAI. Il Ministro ha voluto ringraziare la cordata per avere voluto rilevare una parte della società. Personalmente, però, non la ringrazierei, perché ha rilevato la parte buona di Alitalia, lasciando agli italiani i debiti, che non ammontano solo a 300 milioni. Se poi si considera la fotografia di questa cordata, emerge come la maggior parte dei protagonisti abbia già ricevuto, grazie ad un recente decreto, alcune agevolazioni rispetto alle concessionarie autostradali nella presentazione al CIPE dei piani industriali. Se quindi qualcosa avevano avuto, qualcosa dovrebbero dare, tenendo conto che il Paese ha bisogno innanzitutto di volare, oltre che di tutelare una categoria quale quella dei piloti e degli assistenti di volo.
Adesso, quindi, ci troveremo a dover pagare anche i 300 milioni, che peraltro sono stati «estirpati» dagli stanziamenti per la piccola e media impresa, dal fondo
sociale, ove gli italiani dovranno rimetterli. Tutto questo è veramente contraddittorio e preoccupante.
A fronte di una situazione difficile, in cui la società CAI è stata quasi costretta a presentare questo piano industriale dal Governo, che indubbiamente aveva elementi per forzarla, a fronte di una situazione difficile, chiedo al Governo quale sia questa offerta vincolante e quali possibilità abbia di fornire risposte globali entro pochi giorni.
Non voglio entrare nel merito degli ammortizzatori sociali, giacché ignoriamo dove saranno reperite le risorse nella legge finanziaria e le sperequazioni che essi creeranno nei sette anni della loro previsione. Tuttavia, non è forse ora di ammettere che il prezzo, pagato da tutto il Paese, è un prezzo politico? Non è il momento di rimettere in discussione tutto e affrontare insieme la verità, smettendo di sostenere che queste fossero le uniche scelte giuste per salvare Alitalia? Ritengo che sia giunto il momento di ammettere tutto questo.
In campagna elettorale ognuno fa la sua parte, ma adesso dobbiamo dire la verità agli italiani, così da collaborare e far pagare loro un costo minore, perché è ingiusto che gli italiani scontino le conseguenze di un'iniziativa presa per salvare una cosiddetta «cordata italiana», che invece non è più una cordata né tantomeno italiana.
SANDRO BIASOTTI. Anche io mi associo ai signori Ministri nel ringraziare la cordata, perché in un momento di crisi economica, sapendo come tra i venti partner si annoverino anche diverse società quotate, quale una banca importante, i ringraziamenti sono dovuti e sinceri. Mi permetto anche di ringraziare in particolare voi Ministri e il Governo tutto, perché con il salvataggio di Alitalia è stata portata avanti un'iniziativa che riguarda veramente l'interesse economico e turistico del Paese.
Non posso tuttavia tacere, come spesso ho visto fare egregiamente a lei, Ministro, magari mordendosi la lingua, ma mantenendo sempre un tono moderato, prudente, bipartisan, che le invidio, e devo replicare alle inesattezze sentite in questa e altre aule. La prima riguarda il fatto che la vicenda Alitalia ereditata dal Governo Prodi e quella poi ereditata dal Governo Berlusconi non sono uguali.
Prodi per due anni ha sbagliato tutti i tentativi di salvataggio e di privatizzazione: la gara, la trattativa privata, la trattativa comparata, il piano industriale. È sbagliato continuare a ripetere che Air France era una situazione migliorativa. Air France si è ritirata con il Governo Prodi perché mancava la base essenziale delle questioni da lei poste, ovvero l'accordo sindacale e la necessità di superare la causa tra Malpensa e Alitalia, che nessun Governo poteva togliere. Air France si è dunque ritirata per sua volontà, non perché Berlusconi non la gradisse, laddove al Governo c'era Prodi.
Secondo un'altra osservazione, Berlusconi aiuterebbe gli amici. Poiché si tratta di venti imprenditori, mi sembra troppo sostenere che siano tutti amici di Berlusconi, giacché, anche considerando l'elenco, mi pare sia il contrario. Adesso magari saranno anche diventati amici, ma non lo erano per storia politica e per attività industriale.
È stato anche considerato strano il prezzo di 300 milioni di euro. Se però non ci fosse stato il prezzo di 300 milioni di euro, oggi avremmo...
COSTANTINO GARRAFFA. Ma cosa stai dicendo? Non siamo a Porta a Porta, ma in Commissione (Commenti)!
SANDRO BIASOTTI. Sto raccontando la verità, anche se capisco che dia fastidio e mi si voglia togliere la parola. Se non ci fossero stati i 300 milioni di euro di prestito ponte, oggi avremmo 20 mila persone disoccupate e l'Alitalia fallita. Forse è uno spreco per i tempi, però non c'è alternativa.
È stato affermato che non c'è stata gara. Gli interessati a questa trattativa sono però non centinaia, ma quattro o cinque, che hanno seguito questa vicenda
minuto per minuto. CAI si è ritirata per quindici giorni e nel frattempo non è arrivata alcuna offerta sul tavolo. British Airways, Air France o Lufthansa avrebbero potuto benissimo farsi avanti, ma non è successo e sono rimasti solo questi capitani coraggiosi.
È stato contestato il prezzo di vendita basso, ma non si è fatto avanti nessun altro.
L'ultima osservazione rileva l'assenza di esperienza dei componenti della cordata. Quando avete privatizzato voi, però, avete dato le autostrade a imprenditori del settore della moda, gli aeroporti a imprenditori del settore automobilistico, i telefoni a chi realizzava gli pneumatici. Questo significa che avete fatto bene, perché gli imprenditori bravi sono capaci di fare tutto. Colaninno è stato in grado di gestire la Piaggio, tanto che adesso le vende anche in Vietnam.
Mi sembra anche che tra i componenti si annoveri Air One, che, nonostante i bilanci, dal punto di vista della capacità aerea si è dimostrata capace, perché partendo da zero ha quasi battuto l'Alitalia.
Recepisco, quindi, invidia più che dispiacere in un momento in cui abbiamo salvato una parte così importante.
LUIGI ZANDA. Sull'ordine dei lavori, rilevo come questa audizione sia stata richiesta dalla Camera e dal Senato. Sono qui riunite due Commissioni di deputati e due Commissioni di senatori. Ritengo quindi che sarebbe giusto, corretto ed equo che potessero rivolgere domande al Governo sia i deputati, come finora è avvenuto, sia i senatori iscritti, che credo in un sistema bicamerale come il nostro abbiano diritto di porre le loro domande al Governo.
La ringrazio.
PRESIDENTE. Purtroppo, i tempi ci costringono a dare la parola a un rappresentante per gruppo. Comunque, in considerazione della sua obiezione, concederò un supplemento ulteriore di tempo per gli interventi, pur tenendo conto che alle 16 è prevista la ripresa dei lavori d'Aula.
MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Siamo arrivati qui perché c'è un disastro conclamato. Il Governo ha fatto bene e soprattutto sta agendo con grande coraggio, perché per decenni si è andati avanti facendo finta di non vedere una situazione che invece viene affrontata. Il nodo del trasporto aereo si sta risolvendo e non ci sarà più la situazione che c'era prima.
La compagnia Alitalia non serve al Paese e non serve il Paese: è inutile e dannosa. Essa, peraltro, non riesce a supportare le richieste del Paese in termini di movimento merci, tanto che il principale aeroporto per l'esportazione delle merci del tessuto produttivo del nord è Francoforte.
Alitalia, inoltre, non riesce a contenere i costi. Lo sapete che abbiamo il più alto costo in Europa per una tratta nazionale? Parlo della tratta Milano-Roma, 600 chilometri: il biglietto pieno costa 600 euro. Immaginate quale danno sia per l'economia romana - non dico di Milano - l'assenza di una tariffa a 100-150 euro, magari nel fine settimana.
Si sono creati danni immensi, e certamente non quantificabili, al Paese. Per non parlare della figura in campo internazionale! Abbiamo costruito l'aeroporto di Malpensa con soldi dell'Unione europea, all'interno di un programma preciso di sviluppo del Corridoio 5 e l'abbiamo lasciato lì. Questo è un danno incredibile anche per gli altri aeroporti. In pratica, noi costringiamo la gente di tutta Italia - penisola molto lunga e molto stretta - a muoversi viaggiando per forza attraverso Roma, da Palermo o da Venezia. Il milanese che vuole andare a New York ci va lo stesso, partendo da Linate, ma il palermitano, il napoletano, il barese non può farlo, perché per anni abbiamo imposto la compagnia di bandiera a tutto il Paese.
Ebbene, grazie a questo Governo, tutto questo è finito e si va verso una situazione diversa. Credo che la risposta sia il libero mercato. Non possiamo più, come tutti gli altri Paesi occidentali, basarci solo su una compagnia. Dobbiamo basarci su un'importante
compagnia e su un sistema di trasporto aereo che abbia nel libero mercato il punto di riferimento.
Fatta questa considerazione, avrei alcune domande da porre. Innanzitutto, non abbiamo capito se il vincolo dei cinque anni sulla maggioranza azionaria è confermato oppure uno.
In secondo luogo, sulle questioni sindacali credo che abbia detto bene il Ministro. Noi non ci appassioniamo più di tanto, ma chiediamo al Governo di essere molto rigoroso in questa fase. In un momento di grave crisi economica, credo che i lavoratori di altri comparti non capirebbero un'ulteriore attenzione particolare nei confronti di questo settore.
Intendo anche sottolineare al Governo alcuni elementi di criticità. Come gruppo della Lega riteniamo che le responsabilità dell'attuale vertice di Alitalia nell'attuazione di ulteriori provvedimenti siano molto pesanti. Mi riferisco, ad esempio, al fatto che abbiamo ridotto ulteriormente i voli da Malpensa per Fiumicino e questo, considerando le liste d'attesa, mi sembra veramente stupido.
Noi confidiamo molto che questa nuova compagnia predisponga un piano conforme alle aspettative del nord. Personalmente ho una preferenza per un partner diverso da Air France. La scelta, comunque, potrà farla la CAI in assoluta autonomia, purché si rispetti il libero mercato. Certamente un'alleanza CAI-Lufthansa riuscirebbe a dare al nord le risposte che Alitalia non è riuscita a dare.
È importante che il Governo faccia il suo mestiere, che in questo caso significa innanzitutto dettare le regole e costruire le infrastrutture.
Non posso perdere l'occasione della presenza del Ministro Matteoli per ricordare che, nel costruire il più importante aeroporto italiano, dal punto di vista dimensionale, non si è pensato di collegarlo alla rete delle FS. Non esiste altro hub in tutto il mondo che non sia collegato con le Ferrovie dello Stato. Allora, signor Ministro, prometta alla Lega che prima della fine della legislatura prenderemo insieme un treno Livorno-Malpensa.
LUIGI ZANDA. Signor presidente, la ringrazio in modo particolare per aver consentito ai senatori di rivolgere le domande, tra l'altro, a due Ministri senatori.
Porrò delle domande molto brevi. Il Ministro Sacconi ci ha ricordato le norme che regolamentano la concessione degli ammortizzatori sociali. Non crede il Ministro che, in queste circostanze, il Governo dovrebbe raccomandare alle parti molta prudenza nella trattativa? Prudenza ai piloti, che devono tener conto delle condizioni tragiche della compagnia, e prudenza agli amministratori di CAI, che devono tener conto che i piloti sono una categoria essenziale per un vettore aereo.
La seconda questione riguarda il socio estero. Noi sappiamo che quella del socio estero è una questione strategica, molto importante. Sappiamo, altresì, che il socio estero che adesso entrerà con una quota ridotta è destinato a diventare maggioritario nel giro di pochi anni. Sappiamo anche che il Governo è molto interessato alla scelta del socio estero. Debbo dire di aver considerato alcune dichiarazioni del Presidente del Consiglio, nelle passate settimane, quando ha ripetutamente detto di preferire Lufthansa come socio estero, come un'ingerenza nel mercato non consentita dal nostro ordinamento. Chiederei ai Ministri che cortesemente sono venuti in Commissione se possono garantirci che la scelta del socio estero avverrà solo da parte della società CAI senza alcun tipo di pressione politica.
La terza domanda riguarda il prezzo di vendita della parte buona di Alitalia a CAI. Tutti sappiamo del conflitto di interessi che grava sull'advisor scelto dal Governo, conflitto che consiste nel fatto che alcuni consiglieri di amministrazione siedono nel consiglio di CAI e nel consiglio di Banca Leonardo e che alcuni soci di quest'ultima sono anche soci di CAI.
Vorrei sapere se il Governo ha esaminato i possibili profili di responsabilità che potrebbero essere richiamati dopo che sarà stato fatto il prezzo, nel caso si possa ipotizzare che questo prezzo sia ridotto - mi riferisco agli slot, ma non solo - per un
danno erariale, in quanto sappiamo che la parte negativa del debito graverà sul contribuente.
Personalmente considero che la scelta effettuata sia una scelta debole. Non condivido la dichiarazione del Ministro Matteoli che ci troviamo davanti a una cordata forte di imprenditori, avendo la stessa contribuito con un miliardo di euro alla formazione del capitale di CAI. Io penso che un miliardo di capitale per una società con sedici soci che si appresta a vivere un'avventura di questa portata non sia una cifra elevata, bensì insufficiente.
Peraltro, vorrei chiedere al Governo - se ne è a conoscenza - se questo miliardo è stato versato o meno, se parliamo di soldi veri o di soldi promessi.
Vorrei altresì chiedere al Governo se ritiene che ci sarà un momento - mi auguro che sia molto vicino - in cui riferirà al Parlamento quali sono le differenze, in termini economici, tra le due opzioni su cui la politica ha dibattuto. Il Ministro Matteoli ha ricordato, infatti, che lui stesso era sfavorevole alla soluzione Air France.
Adesso abbiamo una soluzione che si è addirittura concretizzata in un'offerta, dunque vorrei che il Governo dicesse in Parlamento qual è effettivamente la differenza - in termini di costo per la collettività e per le casse dello Stato - tra la prima e la seconda soluzione. Immagino che possano esistere motivi politici o strategici che portino a preferire una soluzione rispetto a un'altra, ma mi limiterei a chiedere al Governo di valutare le differenze in termini di costo.
ANGELO MARIA CICOLANI. Sarò brevissimo, anche perché su questa vicenda si è già detto tutto. A mio avviso, quello che emerge - lo ricorderemo quando tra alcuni anni ripenseremo a questi momenti - dell'azione del Governo è il tentativo - e il conseguente sforzo, anche in termini economici - di salvaguardare e tutelare comunque un complesso di uomini e mezzi di tradizione nazionale per fare in modo che possa proseguire un suo percorso all'interno di uno scenario diverso rispetto a quello che lo ha generato.
Tra i processi di privatizzazione, nel quadro delle liberalizzazioni, quello riguardante Alitalia si sta rivelando sicuramente il più difficile e più particolare. Lo sforzo che è stato fatto è testimoniato da un impegno - credo non si riscontrasse da decenni - proprio nei confronti dei lavoratori di Alitalia che non dovessero trovare più allocazione nella prospettiva futura della compagnia.
Abbiamo vissuto in Parlamento, con risvolti talora anche politicamente carichi di drammaticità, questo sforzo che il Governo ha fatto e che il Paese in qualche modo deve pagare: del resto, i 3 euro a viaggiatore che debbono accompagnare il trapasso da una vicenda a un'altra sono un fatto rilevante, anche per il modo in cui lo sta vivendo il Paese.
Vorrei porre una semplicissima domanda. Quello che viviamo in questi giorni è che, malgrado questo sforzo, c'è una difficoltà, da parte di alcune categorie - mi riferisco soprattutto a quelle relative ai sindacati autonomi - nel traghettare verso questa nuova vicenda. Probabilmente perché sono stato relatore in Senato del provvedimento, sono stato contattato - questo fatto mi ha colpito molto, dunque volevo riferirlo anche ai Ministri presenti - da una quantità di soggetti (piloti, hostess e via elencando) che hanno manifestato le aspettative più diverse. Alcuni, pur non avendo ancora maturato del tutto i requisiti, vorrebbero poter utilizzare gli ammortizzatori sociali che mettiamo loro a disposizione e temono di non poterlo fare. Al contrario, altre persone, pur avendo i requisiti e magari ricadendo all'interno dei range che li obbligano a smettere di lavorare, vorrebbero continuare a lavorare. Tutti mi hanno chiesto se
potessi fare qualcosa.
A mio avviso, si è vicinissimi a una possibile ragionevole soluzione, soprattutto in virtù dello sforzo enorme fatto dal Governo in questa direzione. Ritiene il Governo di poter esercitare ancora un ruolo, nei prossimi giorni, nelle prossime
ore - e quale - per poter favorire un accordo definitivo, dal quale non si può prescindere, fra CAI e queste organizzazioni autonome dei lavoratori? Quali iniziative sono previste?
LUIGI VIMERCATI. Porrò rapidamente alcune domande. La prima riguarda la tutela dei consumatori. Come è del tutto evidente, si sta andando verso una forte concentrazione - da due si passa ad uno - con rischi sui prezzi per l'indebolimento o l'assenza di concorrenza, in particolare per quanto riguarda la tratta Milano-Roma. Cosa intende fare il Governo per tutelare i consumatori ed evitare che questa nuova compagnia abbia mano libera nell'imporre i prezzi che crede?
La seconda domanda riguarda, invece, il piano industriale e le sue ricadute su Malpensa e su Linate. Come è già stato detto da altri colleghi, i riflessi negativi sono particolarmente pesanti. Questo, però, è il piano che andrà avanti. Chiedo, allora, al Governo cosa intenda fare per quanto riguarda i diritti di volo. Questo è il punto centrale per il rilancio degli aeroporti milanesi. Vorrei sapere infatti se CAI erediterà i diritti di volo di Alitalia, anche quelli che verranno congelati perché non utilizzati dalla nuova compagnia, o, come chiesto alla Camera e al Senato con due ordini del giorno presentati rispettivamente dal collega Fiano e da me, il Governo intenda impegnarsi a rinegoziare i diritti di volo per consentire anche ad altre compagnie di operare sugli scali milanesi. Questo è un punto fondamentale.
Capisco l'imbarazzo del collega Reguzzoni, da un lato, come me, tifoso di Malpensa e della Lombardia, dall'altro in difficoltà perché deve sostenere una proposta come questa, che invece penalizza la Lombardia e il nord in generale. Considero però necessaria una risposta su questo tema, per sapere se il Governo intenda impegnarsi nella rinegoziazione dei diritti di volo per quanto riguarda gli aeroporti milanesi, soprattutto per quelli che verranno «congelati» nella nuova compagnia.
PRESIDENTE. Sono intervenuti tutti i gruppi. In particolare, per il Partito Democratico e per il Popolo della Libertà, più di un rappresentante. Poiché sono previsti altri due interventi, raccomando di essere sintetici.
EMANUELE FIANO. Alle considerazioni del senatore Vimercati, che ovviamente condivido, aggiungo una questione riguardante la causa presentata dalla società SEA, che gestisce i servizi aeroportuali di Linate e Malpensa. Vorrei sapere se il Governo sia informato sul seguito di questa causa e se nei rapporti tra vecchia Alitalia e nuova CAI ci sarà un passaggio di responsabilità circa l'oggetto della causa intentata, ovvero si rilevino novità su questo fronte.
SILVANO MOFFA. Ritengo che questa richiesta di ascoltare le comunicazioni del Governo sia nata soprattutto a fronte dell'interruzione della trattativa e delle complicazioni sopravvenute in particolare con la categoria dei piloti. Eviterei quindi di utilizzare questa occasione per ripetere considerazioni già espresse e accentuare le differenze tra maggioranza e opposizione su alcuni temi, che sono stati al centro di un dibattito molto vasto.
Ringrazio i Ministri per le delucidazioni forniteci. Ritengo che il Governo abbia ben operato anche nel momento in cui ha dovuto assumere, come correttamente deve fare in questa partita, una posizione terza rispetto alle parti in gioco, ovvero agli imprenditori, che hanno assunto l'onere di questa impresa, e alle rappresentanze sindacali e di categoria.
Vorrei chiedere maggiori delucidazioni sulla trattativa con i piloti, che è saltata. Il Ministro Sacconi ha ricordato il lavoro di dettaglio che ha riguardato l'individuazione di tipologie contrattuali diverse, il superamento dell'ostacolo di una trattativa complessa, che verteva su profili contrattuali enormemente diversi per i vari soggetti deputati a intervenire sul vettore. Le linee guida hanno portato a individuare due tipologie contrattuali, una per i piloti comandanti che sono stati inquadrati nel livello dirigenziale, l'altra per il resto dei piloti, gli assistenti e il personale di terra.
Il punto contestato, cui deve essere data una risposta chiara proprio per la posizione terza assunta dal Governo, è che attraverso queste tipologie contrattuali, in particolare per quanto attiene ai comandanti e ai piloti, si sia creato un vulnus nella professionalità. Poiché la professionalità si misura anche in termini di salario percepito, oltre che in termini di capacità, di competenza, di preparazione, di formazione, di controllo rispetto a un'attività che si conduce, di certificazione, vorremmo sapere se su questo argomento centrale, che consentirebbe di sgombrare il campo da numerosi equivoci e strumentalizzazioni, il Governo sia in grado di dirci con assoluta chiarezza se attraverso queste nuove tipologie contrattuali, senza favorire CAI, ma mantenendo inalterato l'equilibrio fra il ruolo del nuovo soggetto proprietario della compagnia e il personale, si verifichi un'alterazione di quei profili professionali che si stanno contestando.
PRESIDENTE. Do la parola ai Ministri Matteoli e Sacconi per la replica.
ALTERO MATTEOLI, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Il Ministro Sacconi può rispondere meglio di me ad alcune delle domande poste dai colleghi, come all'ultima del collega Moffa.
Desidero partire dall'intervento dell'onorevole Meta. Sono un po' sorpreso, perché ho fatto per tanti anni il suo «mestiere», quello dell'oppositore, e quindi sono stato per tanti anni ove è seduto oggi, ma ho sempre considerato che le parole debbano essere usate con un certo criterio. Quando lei, onorevole Meta, utilizza l'espressione «tipo di caporalato», usa un termine che non posso accettare assolutamente, perché le parole hanno un peso e qui lei ci accusa...
MICHELE POMPEO META. La CAI, non lei!
ALTERO MATTEOLI, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Ancora peggio, perché non è qui per potersi difendere. Questo è comunque un termine inaccettabile in un'aula parlamentare anche se è rivolto non al Governo, ma a CAI.
Per quanto riguarda il contenuto del suo intervento, lei ci attribuisce di aver privilegiato una scelta debole e la mancanza di una strategia di lungo termine. Poiché su questo è intervenuto anche l'onorevole Misiti, cercherò di dimostrare come non sia così.
CAI non si sente e non viene considerata salvatore della patria. È infatti formata da imprenditori che investono per fare un'operazione di guadagno, laddove nessun Governo può chiedere a un imprenditore di intervenire sapendo con certezza che ci rimetterebbe.
L'operazione si presenta come un'operazione dove è possibile guadagnare, ma è necessario il coraggio dell'investimento iniziale, che è stato dimostrato suscitando l'apprezzamento del Governo. Tutto qui.
Ci è stato chiesto con quale partner, ma il Governo non può scegliere le partnership. Il Governo non fa pressioni. Ci sono soprattutto Air France, che ha scritto una lettera dichiarandosi disponibile a entrare al 20 per cento, Lufthansa che si è dichiarata disponibile, e oggi le agenzie dichiarano che la società CAI incontra anche la British Airways. Al momento, quindi, sono tre le compagnie aeree interessate a entrare a far parte della cordata per un 90 per cento. Il Governo non si permette assolutamente di intervenire su questo, perché si tratta di un'operazione che attiene esclusivamente alla società CAI.
Lei mette in dubbio l'italianità della compagnia, ma l'80 per cento è capitale italiano e, rispondendo anche al collega Reguzzoni, nell'accordo quadro firmato da tutti è stato previsto che per cinque anni non si possono cedere le azioni. Per cinque anni, quindi, coloro che oggi investono sono costretti dall'accordo preso a restare come soci di CAI.
ANGELO COMPAGNON. Scusi, lei ha parlato del 90 per cento...
ALTERO MATTEOLI, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Forse mi sono
spiegato male. Ho detto che l'80 per cento del capitale sarà italiano e che solo il 20 per cento è messo a disposizione dalle compagnie internazionali.
Si rileva la necessità di un partner di livello internazionale, perché altrimenti la nuova Alitalia rischia di non poter completare il trasporto e di lasciare in giro per il mondo i passeggeri che volano con i suoi vettori. Occorre dunque la presenza di un partner che completi le tratte, in quanto la nuova CAI non si reca ovunque (del resto, neanche l'Alitalia lo faceva).
Si afferma che quella relativa ad Air France sarebbe stata un'operazione più vantaggiosa, ma siamo di fronte a una vicenda che ha questa caratteristica: si parla tanto di Air France, che non ha stipulato l'accordo. Desidero inoltre sottolineare che nessun sindacato aveva firmato per l'accordo con Air France. Occorre sottolineare questo aspetto, perché sembra che qualcuno dell'attuale Governo abbia impedito al Governo Prodi di chiudere l'accordo. In quel caso, l'opposizione eravamo noi e affermavamo di essere contrari all'operazione Air France, ma anche adesso l'opposizione afferma di non essere d'accordo con l'operazione CAI e tuttavia questo Governo agisce ugualmente, come avrebbe dovuto fare il Governo Prodi, se l'avesse ritenuto opportuno. Mancava però l'accordo dei sindacati, all'epoca, e noi ci siamo opposti (non voglio ora soffermarmi sui motivi che ci portarono ad assumere quella posizione).
Si afferma poi che il piano industriale riporterebbe la compagnia a un livello domestico (vi prego di leggere questo piano industriale, perché sembra che qualcuno non lo abbia fatto). Desidero sottolineare che sul piano industriale c'è un posizionamento chiaro e sostenibile del lungo raggio. Mi pare che oggi l'Alitalia abbia 16 voli a lungo raggio. La CAI invece ne avrà 18, conseguibili attraverso una partnership europea, capitalizzando il valore del mercato italiano e attraverso una forte discontinuità da Alitalia. Questo è scritto nel piano industriale.
Per quanto riguarda i voli domestici, in Germania il 90 per cento del traffico domestico è gestito da Lufthansa. Attualmente, l'Alitalia gestisce il 38 per cento del traffico domestico. Se la nuova CAI nel piano industriale prevede, anche attraverso gli accorpamenti sostenuti da qualcuno di voi, di occupare un traffico domestico più ampio del 38 per cento, mi sembra una considerazione positiva.
Il piano industriale prevede inoltre il completo rinnovo della flotta con l'acquisizione di 60 nuovi aerei con forte omogeneità di tecnologia. Oggi, esistono tanti tipi di aerei con un costo di manutenzione molto elevato, mentre con un'omogeneità di tecnologia si risparmia anche per quanto concerne la manutenzione.
Si prevede un assetto organizzativo tipico di un'azienda integrata, incluse le attività manutentive, con una struttura centrale di indirizzo strategico dotata di funzioni gestionali complete, basata in Italia. Si delineano obiettivi di business consistenti e realistici, consolidando nelle attuali quote di mercato volumi crescenti di traffico, crescita costante dei ricavi con particolare riferimento al segmento intercontinentale, una capitalizzazione di 1,1 miliardi e il conseguimento del pareggio operativo in poco più di due anni. Questo è scritto nel piano industriale.
Naturalmente, io ci credo e altri no, ma questo è. In più, lo ripeto, per cinque anni non si esce dalla società.
L'onorevole Compagnon chiede cosa sia inserito nell'offerta. C'è tutto questo dentro l'offerta.
Concordo con l'onorevole Biasotti sul fatto che Air France non volesse comprare Alitalia. La verità è che non ha voluto, non ha potuto, non è stata messa nelle condizioni di comprare Alitalia. A coloro che paragonano ciò che stiamo facendo ora con la vicenda Air France evidenzio una differenza di fondo: mentre Air France non ha comprato, mentre il Governo in carica allora non è stato capace di fare da trait d'union tra i sindacati e Air France, CAI invece compra e viene messa nelle condizioni di poterlo fare da un Governo, che prende la decisione di cassa integrazione lunga, che consente di attutire un impatto sociale molto forte, e perché le
sigle confederali hanno firmato. Con Air France questo non si era determinato.
Per rispondere all'onorevole Reguzzoni su Malpensa, condivido che si tratti di una priorità. Abbiamo presentato il collegato infrastrutture al DPEF. È una priorità così ....
ALTERO MATTEOLI, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Non è vero. Se lei si riferisce alle casse del Ministero, ha ragione, ma le assicuro che stiamo trovando i soldi per farlo con il prestito della Banca Europea degli investimenti e il partenariato pubblico-privato. Consideriamo questo prioritario, così come il problema riguardante i porti italiani privi di collegamenti ferroviari. Questo è vergognoso, perché un porto in queste condizioni non può decollare.
Queste sono dunque considerate priorità. Per quanto riguarda la polemica su Malpensa, va detto che Malpensa è una realtà, un grande aeroporto per cui sono stati spesi miliardi, e pensare che qualcuno intenda minimizzarlo è un'enorme sciocchezza, perché nessun Governo è così pazzo da voler ridurre una simile struttura a metà servizio. Per la configurazione geografica dell'Italia, nel Nord c'è bisogno di un grande aeroporto. Malpensa è nata, deve continuare a operare e crescere, non calare.
Sa quanta stima ho di lei, senatore Zanda, tuttavia non riesco a capire il passaggio in cui ha detto che il socio estero è destinato a diventare maggioranza nei prossimi anni. Esiste questa cordata, con il suo conseguente impegno per cinque anni, e, nonostante vi sia la necessità di un partner internazionale, non rilevo questo pericolo.
Del miliardo di competenza di Banca Intesa è stata versata solo una parte, mentre la parte restante verrà versata il 12 novembre, quando si chiuderà la trattativa in Europa e quindi CAI sarà nelle condizioni di acquisire definitivamente. Questo sarà comunque totalmente investito per far decollare CAI.
Se è vero che si è privilegiata CAI, se è vero che il prezzo d'acquisto è stato considerato di favore, vorrei sapere perché non siano arrivate altre offerte. Chi ha detto che non le volevamo? Magari fosse arrivata un'offerta superiore! Avremmo fatto ponti d'oro. Un'altra offerta, però, non è arrivata. Il Governo ha dunque ragionato secondo verità, avendo a disposizione soltanto l'offerta CAI.
La differenza tra Air France e CAI è che Air France non ha comprato, CAI sì. Ritengo che alle domande poste dal senatore Cicolani possa rispondere meglio di me il collega Sacconi.
Per quanto riguarda la richiesta del senatore Vimercati, è necessario tutelare i consumatori, ma anche l'operazione di salvaguardia della compagnia aerea che investe, la quale potrà anche praticare prezzi più bassi, se viene messa nelle condizioni di operare.
A tal riguardo, desidero citarvi un esempio, che mi ha convinto e spero convinca anche lei. Attualmente, la mattina da Linate partono un certo numero di aerei, una parte di Alitalia e una parte di Air One. Durante tutto il giorno, 52 voli arrivano da Linate a Fiumicino e viceversa. Alcuni di questi voli, soprattutto la mattina, sono pieni, mentre altri lo sono meno. Con l'accordo tra Alitalia e Air One, potrebbe essere sufficiente un numero minore di voli, che voleranno tutti completi. Dal punto di vista del business, questa è un'operazione importante, in grado di consentire alla nuova compagnia di rivedere i prezzi. È però necessario vedere come vadano le cose.
Ci viene chiesto se il Governo rinegozierà i diritti di volo. ENAC ha l'obbligo di farlo, perché non può lasciare voli scoperti. Se CAI ne occuperà una parte, per il resto ENAC avrà il dovere di rinegoziare e rivedere i voli che restano scoperti.
Per quanto riguarda la causa SEA, restiamo in attesa delle conclusioni. Non posso dare nessuna notizia.
Relativamente alle nuove tipologie contrattuali, il Ministro Sacconi può rispondere molto meglio di me alle domande poste dall'onorevole Moffa.
MAURIZIO SACCONI, Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. Credo che i due contratti collettivi sottoscritti siano oggi nelle mani non della società CAI, ma di coloro che li hanno sottoscritti.
La possibilità di una nuova fase negoziale, pur nei tempi imposti dall'organizzazione della nuova compagnia e dalla scarsa autonomia dell'attuale Alitalia, è infatti nella disponibilità delle parti. Quando esprimiamo perplessità circa la possibilità di riaprire un negoziato, non ci riferiamo solo a CAI, ma anche a CGIL, CISL, UIL e UGL. Essi sono insieme coloro che hanno concluso la trattativa e sottoscritto il contratto e che solo insieme potrebbero decidere di riaprire i termini di ciò che hanno concordato.
Per parte nostra non ci sono risorse aggiuntive. Questo è l'unico vincolo evidente. Non ci sono risorse aggiuntive per gli ammortizzatori sociali, per l'accesso a una prestazione previdenziale già significativamente anticipata dalla regolazione attuale. A tale riguardo, condivido le osservazioni del presidente Saglia, giacché siamo già in presenza di ammortizzatori e requisiti di accesso alla pensione particolarmente generosi. Credo che nessuno potrebbe capire ulteriori oneri relativi a queste forme di protezione del reddito dei lavoratori interessati alla vicenda. Questo significa, senatore Cicolani, che non possiamo modificare i requisiti, perché comporterebbero oneri, mentre è interesse di CAI, CISL, CGIL, UIL, UGL fare in modo che i criteri di assunzione corrispondano quanto più all'effettiva disponibilità delle persone. Il primo criterio tende quindi a conciliare innanzitutto coloro che sono interessati a
riprendere l'attività compatibilmente con i criteri funzionali concordati dalle parti in primo luogo in relazione alle esigenze oggettive del piano industriale.
Il senatore Zanda esorta alla prudenza, che significa cercare di evitare il conflitto, di invitare alla responsabilità tutti gli attori collettivi come le singole persone. Prudenza vuole che non si auspichi quindi che gli aerei restino a terra, al di fuori delle regole che tutelano non solo il diritto di sciopero, ma anche il diritto degli utenti, altrettanto costituzionalmente tutelato. Prudenza significa rivolgerci tutti in modo prudente agli attori sociali per evitare il conflitto, ma non può significare violare la legge laddove questa impone di segnalare chi, invitato a un nuovo rapporto di lavoro, lo rifiuta con la conseguenza di far venir meno la fruizione degli ammortizzatori.
I contratti collettivi per molte ragioni sono migliorativi, hanno contenuti più favorevoli rispetto alle linee guida concordate il 15 settembre. Per quanto riguarda i profili professionali dei piloti non dirigenti, è stato introdotto il grado di primo ufficiale, che non era previsto nelle linee guida. Sono stati anche introdotti una nuova disciplina dell'assegnazione delle ferie nel periodo estivo, un regolamento più generale per l'assegnazione delle ferie, l'esclusione della reperibilità in caso di assenza per inidoneità temporanea al volo certificata, l'introduzione, oltre al normale periodo di comporto - cioè di permanenza del rapporto di lavoro in caso di malattia - di un regime di 12 mesi di aspettativa in caso di inidoneità temporanea al volo, ed altre disposizioni più favorevoli rispetto alle linee guida concordate anche dalle organizzazioni che oggi non hanno sottoscritto questi accordi.
È stato rilevato come i piloti perdano la licenza nel caso siano messi in cassa integrazione, ma si può mantenere la licenza di volo praticando periodicamente il simulatore con esito positivo. La norma che abbiamo voluto consente comunque di uscire e rientrare nella fruizione degli ammortizzatori sociali tanto per un contratto a tempo determinato quanto per un contratto a tempo indeterminato. Gli ammortizzatori funzionano quindi anche come rete di protezione nel caso in cui si determini il diritto-dovere a un altro rapporto di lavoro anche a termine.
Si è già espresso meglio di me il collega Matteoli a proposito della definizione di «caporalato». Onestamente questo significherebbe accusare non solo CAI, ma anche CGIL, CISL e UIL, che con CAI
hanno concordato i criteri di assunzione, con i quali trasparentemente CAI dovrà procedere alle assunzioni.
In questo momento, non siamo in un regime di gestione unilaterale delle nuove assunzioni, ma in un regime bilaterale concordato con le grandi confederazioni sindacali maggiormente rappresentative del lavoro italiano.
EMANUELE FIANO. Mi scusi, non ha risposto alla mia domanda sulla causa SEA.
PRESIDENTE. Il Ministro ha risposto che la causa è in corso, quindi non si possono dare oggi risposte su questo punto.
Ringrazio i nostri ospiti e dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 15,50.