Sulla pubblicità dei lavori:
Gibelli Andrea, Presidente ... 3
Comunicazioni del Governo sul recente accordo stipulato con la Francia in materia di energia nucleare:
Gibelli Andrea, Presidente ... 3 7 11 14
Fava Giovanni (LNP) ... 8
Monai Carlo (IdV) ... 9
Raisi Enzo (PdL) ... 9
Scajola Claudio, Ministro dello sviluppo economico ... 3 11
Testa Federico (PD) ... 7
Tomaselli Salvatore (PD) ... 10
Vetrella Sergio (PdL) ... 10
Vico Ludovico (PD) ... 10
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.
Resoconto stenografico
AUDIZIONE
La seduta comincia alle 14,35.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione diretta sul sito Internet della Camera dei deputati e la trasmissione televisiva differita sul canale satellitare della Camera dei deputati.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca comunicazioni del Governo sul recente accordo stipulato con la Francia in materia di energia nucleare.
Prima di dare la parola al Ministro Scajola, riferirò alcune indicazioni sull'organizzazione dei nostri lavori. Come sapete, sono presenti anche i nostri colleghi del Senato, tra cui il presidente Cursi che ringrazio per la sua presenza.
Ringrazio inoltre il Ministro Scajola per la tempestività con cui è venuto a riferire in Commissione, in tempi assolutamente rapidissimi. Ricordo, tuttavia, che il programma dei suoi impegni della giornata non ci consente di andare oltre le 15,30. La relazione del Ministro sarà quindi adeguata al tempo limitato di cui disponiamo; successivamente i colleghi potranno intervenire per porre quesiti ovvero svolgere considerazioni ed ascoltare quindi l'eventuale replica.
Il criterio che vorrei adottare è quello di consentire un intervento per ciascun gruppo, naturalmente con le debite eccezioni, che cercherò di non accogliere (lo dico amichevolmente).
Do subito la parola al Ministro Scajola, rinnovandogli il ringraziamento per la tempestività con cui ci ha concesso questo importante momento di approfondimento.
CLAUDIO SCAJOLA, Ministro dello sviluppo economico. Presidente Gibelli, presidente Cursi, colleghi senatori e deputati, il 24 febbraio scorso, in occasione del vertice italo-francese di Roma, il Presidente Sarkozy e il Presidente del Consiglio italiano Berlusconi hanno sottoscritto un protocollo di accordo in materia di cooperazione nel settore dell'energia nucleare.
All'indomani della stipula, ho convenuto con il presidente Gibelli e con il presidente Cursi sulla opportunità di fornire alle Commissioni riunite un'informativa dettagliata sugli obiettivi e sui contenuti di questo accordo.
Il Governo ha ritenuto e ritiene, - lo ripeto ancora in questa sede - che su temi di questa rilevanza il dialogo con il Parlamento debba essere forte e della massima trasparenza, nel rispetto evidentemente, sempre, delle posizioni di ciascuno.
Ho quindi richiesto di poter riferire e, alla ripresa dei lavori, dopo la chiusura dell'Aula della Camera, sono qui con voi.
Prima di illustrare gli aspetti di dettaglio di questo protocollo vorrei, con il vostro permesso, soffermarmi brevemente sulla natura e sugli obiettivi dell'accordo, anche per sgomberare il campo da possibili equivoci sulla reale portata ed efficacia del protocollo stesso.
Esso formalizza un'intesa tra Governi che condividono visioni comuni in materia di energia e, su questa base, convengono di rafforzare e sviluppare i loro rapporti di cooperazione, in particolare nel settore nucleare, in una prospettiva di carattere europeo.
L'accordo trae origine dalle relazioni positive tra i due Paesi, dalla lunga e consolidata cooperazione nel campo dell'energia, dalla comune fedeltà allo spirito e alla pratica della non proliferazione, della sicurezza e del rispetto dell'ambiente per le generazioni future.
Su queste basi, Italia e Francia riconoscono, nel protocollo, che l'energia nucleare contribuisce alla lotta contro il cambiamento climatico, in quanto non emette gas a effetto serra, concorre a ridurre la dipendenza dei due Paesi in materia di importazioni di combustibili fossili e, in terzo luogo, assicura una produzione elettrica a un prezzo competitivo e stabile nel lungo termine.
Voglio ribadire che nessuna delle clausole del protocollo introduce vincoli di esclusiva, né da parte italiana, né da parte francese. Al contrario, l'accordo non esclude, anzi tacitamente presuppone, la possibilità che la collaborazione bilaterale tra Italia e Francia costituisca il primo nucleo di una più ampia cooperazione multilaterale in seno all'Unione europea, con l'obiettivo di giungere alla definizione di procedure armonizzate, a standard condivisi a livello comunitario.
Il programma di rilancio dell'energia nucleare sta, infatti, stimolando la ripresa di un più forte dialogo istituzionale internazionale, con un ruolo molto attivo dell'Agenzia internazionale dell'energia atomica, particolarmente importante nel campo della non proliferazione e del ciclo del combustibile.
Il Governo italiano - come è noto - sta attivamente partecipando a questo processo di dialogo, ricercando le forme di scambio e di collaborazione con i vari Paesi che possano sostenere e rendere più rapido il rientro dell'Italia tra i Paesi che utilizzano le tecnologie di produzione nucleare.
L'oggetto del protocollo - lo ribadisco - ha, quindi, portata ben più ampia della semplice costruzione in Italia delle quattro centrali nucleari di cui tanto si è parlato nei giorni scorsi e che, peraltro, non sono oggetto dell'accordo intergovernativo, bensì di uno dei due memorandum che sono stati sottoscritti da ENEL ed EDF.
La collaborazione prevista nel protocollo tra i due Paesi sarà ad ampio spettro e interesserà molteplici aspetti: dalla ricerca di convergenze istituzionali in seno all'Unione europea sui temi della sicurezza, dall'attività del ciclo del combustibile alla costruzione ed esercizio degli impianti, dalla formazione dei tecnici alla cooperazione tecnologica e nel campo della ricerca, dallo smantellamento degli impianti alla collaborazione industriale in Paesi terzi.
Il protocollo, per sua natura, ha carattere di accordo quadro, rimettendo a successivi accordi operativi la definizione dei singoli aspetti concreti della cooperazione energetica nucleare tra i due Paesi.
Credo che già da queste informazioni preliminari si comprenda che il protocollo, contrariamente a quanto qualcuno ha sostenuto nei giorni scorsi, non costituisce alcun vulnus per le prerogative del Parlamento.
I contenuti della delega in materia di energia nucleare, inserita nel disegno di legge sullo sviluppo e sulla quale avete lavorato e state lavorando oggi in Commissione al Senato, non sono infatti pregiudicati o condizionati dalla stipula dell'accordo. Saranno, invece, i singoli accordi attuativi del protocollo a dover tenere conto delle scelte e delle soluzioni normative che saranno liberamente messe a punto dal Parlamento, quando sarà terminato l'iter del provvedimento.
Analogamente, l'accordo con il Governo francese lascia impregiudicata - è molto importante anche questo aspetto - la scelta delle tipologie di impianti nucleari da realizzare nel nostro territorio. Questa scelta resta affidata al mercato, nell'ambito delle tecnologie che saranno individuate dal CIPE, secondo la proposta di legge (articolo 15) che è alla vostra attenzione
e che mi auguro venga licenziata quanto prima, presidente Cursi, dalla sua Commissione per l'Aula.
Chiariti questi aspetti, merita di essere sottolineata la straordinaria rilevanza strategica dell'accordo, grazie al quale il progetto nucleare italiano potrà contare sulla vasta e consolidata esperienza del Paese che ha la dotazione di centrali nucleari attive più consistente in Europa (59 impianti) e la seconda a livello mondiale, inferiore solo agli Stati Uniti d'America che ne hanno 104 (di cui forse pochi, o troppo pochi, sanno).
Il protocollo costituisce il primo accordo di questo tipo stipulato dall'Italia. Mi auguro, colleghi, che possano presto seguirne altri, con l'obiettivo di dotare istituzioni e operatori del settore di solidi partner stranieri, in grado di consentire il più rapido ripristino, nelle diverse componenti della filiera, di quelle professionalità e di quelle competenze che, ahimè, sono andate disperse a seguito dell'esito del referendum del 1987.
Illustrati questi aspetti di carattere generale, con il vostro permesso, vorrei esaminare i contenuti specifici di questo protocollo.
L'articolo 1 definisce le aree nelle quali Italia e Francia intendono rafforzare e sviluppare forme di collaborazione. Con riferimento al settore della cooperazione istituzionale in ambito europeo, la disposizione prevede la ricerca di convergenze e l'armonizzazione delle rispettive posizioni in seno all'Unione europea sulle seguenti questioni: apertura dei mercati dell'energia, sicurezza dell'approvvigionamento, lotta contro i cambiamenti climatici, efficienza energetica e, a livello globale, applicazione di regole rigorose e credibili in materia di non proliferazione.
In materia di sicurezza sono stabilite forme di cooperazione e condivisione di esperienze, e si prevede, in particolare, la collaborazione tra le due autorità nazionali secondo norme e procedure armonizzate.
L'articolo 1, inoltre, prevede la collaborazione tra le imprese elettriche dei due Paesi, in un quadro di concorrenza aperta, e la creazione di partenariati industriali tra aziende italiane e aziende francesi attive nei lavori di ingegneria e nella realizzazione di componenti di centrali elettronucleari, con prospettive, quindi, di promozione e realizzazione congiunta sui mercati di esportazione.
Sono previsti partenariati anche in materia di ricerca e di sviluppo tecnologico, in particolare tra gli organismi pubblici ENEA e la francese CEA. La collaborazione potrà riguardare, tra gli altri, i progetti definiti come reattori di quarta generazione e i reattori di ricerca.
La cooperazione industriale fra i due Paesi si estende, secondo il protocollo, anche al ciclo del combustibile - dalla fase di esplorazione e produzione mineraria sino allo stoccaggio dei rifiuti finali - ed allo smantellamento, insieme, degli impianti, anche in Paesi terzi.
Ulteriori forme di cooperazione potranno essere attuate nei settori della prevenzione di atti criminosi, dell'informazione del pubblico, della istruzione e della formazione di risorse umane nel campo degli usi pacifici dell'energia nucleare.
Secondo quanto previsto dall'articolo 2 la cooperazione potrà assumere forme diverse: gemellaggi di grandi impianti sperimentali, gestione in comune di attività di ricerca e di ingegneria, visite, scambi e formazione di personale scientifico e tecnico, scambio di informazioni, realizzazione di partenariati strategici industriali. Anche in questo caso, di comune accordo, ogni altra forma di cooperazione a livello industriale - come prevede l'articolo 2 - potrà essere realizzata anche in mercati terzi.
L'articolo 3 sancisce, infine, il principio della concertazione e del coordinamento continui sui grandi temi della politica nucleare ed energetica, bilaterale e internazionale, al fine di stabilire convergenze e posizioni comuni, in sede europea e in sede internazionale. Potrei definirla, con una sola espressione, una grande alleanza su tutti i termini energetici tra Francia e Italia.
In tale quadro, per la realizzazione di questo protocollo di accordo che vi ho illustrato nei suoi tre articoli, sarà costituito un comitato esecutivo con riunioni annuali, a livello dei ministri in carica, e semestrali, a livello dei delegati per la parte italiana e la parte francese.
Credo di avervi illustrato le premesse del protocollo di accordo e di avervi presentato in maniera analitica il protocollo stesso e ciò che esso contiene nei tre articoli che ho illustrato. Tuttavia, onorevoli colleghi, prima di concludere, credo che sia giusto fornirvi alcuni elementi informativi relativi ai due memorandum di intesa stipulati fra ENEL e EDF, nel quadro del protocollo intergovernativo e in vista dell'approvazione della legislazione italiana in materia di energia nucleare.
Credo che sia utile farlo, anche perché l'informazione, dopo il vertice, ha in qualche maniera confuso il protocollo con i memorandum di intesa fra le due imprese. Ecco perché ritengo opportuno darvi qualche notizia in merito, partendo dalla constatazione che i due memorandum ENEL ed EDF sviluppano e ampliano l'attuale partnership tra le due aziende nel settore dell'energia nucleare.
Si tratta di un'iniziativa che fa seguito alla cosiddetta «pax elettrica» - avviata da chi vi parla nel 2006 e formalizzata successivamente nel vertice di Nizza del 2007 dal mio successore di allora - che definì l'ingresso di ENEL nel progetto EPR di Flamanville, con una partecipazione del 12,5 per cento. Quindi, il memorandum amplia e sviluppa un accordo fra due aziende, sulle quali si erano espressi favorevolmente in partenza il Governo al quale appartenevo e, successivamente, il Governo di centrosinistra.
Quando sarà completato l'iter legislativo per il ritorno del nucleare in Italia, le due società collaboreranno per sviluppare, costruire e far entrare in esercizio almeno quattro unità EPR, con l'obiettivo di giungere all'avvio operativo della prima di queste unità entro il 2020.
L'accordo raggiunto tra le due società pone, quindi, i presupposti per dotare il Paese di una potenza di 6.400 megawatt nucleari, da sviluppare in forma paritetica e, successivamente, gestire con formule che garantiscano la maggioranza azionaria per l'impresa italiana.
Si tratta di un ottimo risultato che rappresenta circa la metà della potenza presumibilmente necessaria a coprire, con energia nucleare, il 25 per cento dei consumi elettrici.
Le previsioni sull'andamento del fabbisogno sono molto influenzate dalle previsioni sulla crescita economica. Non è, quindi, facile farne adesso in maniera attendibile (siamo già in troppi a farle) e sul lungo periodo.
In ogni caso, ipotizzando un andamento più debole nei primi anni e una maggiore ripresa successivamente, si stima un fabbisogno di energia elettrica che, al netto della importazione delle produzioni per autoconsumi e scontando gli effetti positivi della politica per l'efficienza energetica, dovrebbe attestarsi al 2020 intorno ai 330 terawatt annui, che richiederanno, con l'obiettivo indicato al 25 per cento, una potenza nucleare installata intorno ai 13 mila megawatt.
Il protocollo di accordo, memorandum tra le due società, si attesterebbe ad un'ipotesi di quattro unità che arriverebbero ad un totale di 6.500, ossia la metà di quanto si prevede possa essere il bisogno di energia nucleare per raggiungere quel 25 per cento.
Sulla base di queste previsioni, è evidente che altri operatori e altre tecnologie avranno l'opportunità di partecipare in una logica di libero mercato, e senza imposizioni dirigiste, al progetto di rilancio del programma nucleare italiano. L'unico vincolo che riteniamo di dover porre con certezza, a beneficio di tutti gli operatori, è che si tratti di tecnologie efficienti, sicure ed affidabili, che diano al nostro Paese la garanzia di fare scelte tecnologicamente più avanzate.
Un secondo memorandum tra ENEL e EDF riguarda la possibile estensione del precedente accordo di cui abbiamo parlato sul nucleare del 2007, per una partecipazione da parte di ENEL, ancora con EDF,
alla realizzazione in Francia di altri cinque reattori EPR. Questi sono i due memorandum tra le due aziende.
In conclusione, con la stipula del protocollo tra Italia e Francia, il progetto di rilancio del nucleare nel nostro Paese acquisisce, agli occhi degli investitori, ancora più forza, più solidità e più credibilità.
Ora è necessario che si completi al più presto - ripeto, al più presto - il quadro normativo di riferimento attraverso la definizione delle procedure autorizzative, la definizione degli standard tecnici, la creazione di un organismo di sicurezza.
Auspico, pertanto, che l'iter del disegno di legge «sviluppo» possa proseguire sollecitamente in un clima di confronto leale e costruttivo - come, lo ribadisco, è stato nella Camera dei deputati in occasione della prima lettura, pur con posizioni evidentemente diverse su taluni aspetti - affinché al più presto il Parlamento metta i soggetti coinvolti nelle condizioni operative per proseguire il percorso.
Voi sapete che nelle audizioni iniziali di presentazione fatte innanzi alle Commissioni attività produttive della Camera e del Senato, presi impegno che i provvedimenti significativi del mio Ministero, che ha come referenti le Commissioni di Camera e Senato qui presenti, sarebbero stati assunti all'insegna del dialogo costruttivo, pur nelle differenti posizioni.
Non vorrei che il percorso troppo lungo per l'approvazione di questo complesso provvedimento, che riguarda l'energia, il nucleare e lo sviluppo industriale nel suo insieme, potesse far ricredere qualcuno sulla possibile efficace e attuale collaborazione fra il Ministero e le Commissioni, al fine di produrre provvedimenti maggiormente analizzati e, quindi, sicuramente migliori.
Per questo motivo, nel ringraziarvi per l'attenzione, intendo ulteriormente sollecitarvi ad una celere produttività dei lavori della Commissione e del Parlamento.
PRESIDENTE. Ringraziamo il Ministro per la sua relazione, che ha affrontato tutte le questioni che sono state oggetto di numerosi dibattiti giornalistici.
Prima di dare la parola ai colleghi che intendono intervenire, ricordo che avevamo concordato di ascoltare un solo componente per gruppo parlamentare, tra Camera e Senato. Gli iscritti a parlare sarebbero cinque: il collega Testa per il PD, il collega Fava per la Lega Nord, i colleghi Raisi e Vetrella per il PdL e il collega Monai per l'IdV.
A questo punto, per ottemperare all'esortazione del Ministro a velocizzare i lavori sul disegno di legge C. 1441-ter, riterrei di non concedere più di tre minuti a domanda, in modo da lasciare al Ministro il tempo necessario per replicare.
Capisco che la capacità di sintesi verrà messa duramente alla prova, anche perché i tre minuti a disposizione diventano due nel caso in cui si aggiunga un ulteriore iscritto. Ad esempio, se gli iscritti per il PD diventano due, il tempo a disposizione di ciascuno diminuisce.
Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.
FEDERICO TESTA. Ringrazio innanzitutto il Ministro per aver accolto la nostra sollecitazione. Come è stato già detto, la sostanza della questione appare molto diversa da quella «mediaticamente» comunicata dalla Presidenza del Consiglio, ma su questo aspetto tornerò alla fine del mio intervento.
Sarebbe, dunque, opportuno che i membri delle Commissioni disponessero, quando possibile, dei testi sia del protocollo sia dei memorandum, magari non la parte prettamente aziendale, ma quella più specifica dal punto di vista tecnico.
Vorrei svolgere alcune brevissime considerazioni in tema di tecnologia, di ricerca italiana e di mercato.
Rispetto alla tecnologia, al di là di quello - mi permetto di dire - che dice il Ministro, si compie una scelta precisa rispetto ad una tecnologia. Già quando discutevamo del disegno di legge C. 1441-ter,
avevamo sollevato il problema ritenendo che scrivere «tipologia di impianti» decisa dal Governo fosse una scelta sbagliata. Se la parola «tipologia» deve intendersi nel modo in cui ha detto il Ministro, ossia che la scelta viene fatta dal mercato, dovremmo allora sostituirla con il termine «requisiti» anche nel disegno di legge C. 1441-ter. Faremmo così un'operazione di chiarezza, perché «tipologia» e «requisiti» hanno significati diversi.
Per quel che riguarda la ricerca italiana, sappiamo tutti che in realtà la ricerca di punta italiana è più impegnata in un'altra delle tecnologie in questo momento di punta sul nucleare. L'Ansaldo, infatti, sta lavorando più sugli AP 1000 che non sull'EPR.
Da questo punto di vista, quindi, credo sia legittimo nutrire qualche preoccupazione rispetto alla possibilità italiana di concorrere.
Riguardo al mercato, ribadisco che, prima di partire con questo processo, non sarebbe stato errato avere un'idea più chiara degli scenari complessivi. L'obiettivo del 25 per cento può essere, infatti, uno scenario razionale, ma sarebbe opportuno capire anche cosa succederà degli investimenti già fatti, per esempio, dato che in questi ultimi anni abbiamo investito molto.
Il problema consiste, dunque, nel sapere cosa resterà del mercato, dal momento che i non molti siti disponibili sono già ipotecati da due operatori, tra i tanti, e agli altri resta solo la possibilità di entrare in minoranza. Sarebbe grave, infatti, se l'ingresso nel nucleare stroncasse il mercato a cui il Ministro faceva riferimento.
Ribadisco l'importanza, per temi di questa portata, di procedere con l'accortezza e l'approfondimento necessari, che soli possono consentire una reale condivisione di scelte in un tale momento, da parte sia della politica che della popolazione.
GIOVANNI FAVA. Signor presidente, siamo decisamente soddisfatti del modo in cui il Ministro ha inteso prospettare la realtà dei fatti. Lo dico anche alla luce di una considerazione fatta da chi mi ha preceduto: le notizie che si sono rincorse sulla stampa disegnavano un quadro sensibilmente difforme rispetto a quello oggi presentato, soprattutto riguardo ad una questione ancora irrisolta.
Lei, signor Ministro, parlava di 6.400-6.500 megawatt, a fronte di un fabbisogno di 13 mila, seppur questi dati siano da valutare in un contesto che sta mutando rispetto alle necessità. Anche in noi sorge, dunque, spontanea una domanda molto simile a quella posta dal collega Testa. Dal momento, infatti, che gran parte di questa energia è già vincolata dal punto di vista contrattualistico, ci domandiamo quali possano essere gli spazi effettivi perché esista un mercato concorrenziale e competitivo.
Allo stesso modo, ci siamo posti altre questioni che in questa sede non sono state affrontate. Da un lato, infatti, avremmo sicuramente preferito che questo protocollo - che condividiamo nella sostanza - avesse fatto seguito alla conclusione dell'iter parlamentare del provvedimento che è alla base di questo «ritorno» al nucleare. Lo avremmo apprezzato, ma così non è stato. Speriamo che ciò non condizioni i lavori parlamentari; ci dispiacerebbe davvero.
Sussistono, inoltre, delle perplessità soprattutto in merito al ruolo dell'Agenzia e alla sua composizione; tuttavia questi temi non sono più di stringente attualità e ci auguriamo, pertanto, che la sensibilità dei colleghi del Senato porti in tempi rapidi ad una definizione della questione.
Non ho sentito parlare, purtroppo, di quello che io ritengo sia il problema cardine, dal punto di vista tecnologico, di tutta questa vicenda: mi riferisco allo stoccaggio delle scorie. È necessaria, infatti, una soluzione definitiva e riteniamo che questo avrebbe dovuto essere il presupposto alla base di tutto il ragionamento. Se vogliamo darci un orizzonte temporale medio-lungo di autosufficienza energetica, idea che condividiamo, siamo convinti che il ciclo debba essere chiuso
all'interno di questo Paese e che si debbano evitare gli errori già commessi in passato.
Concludo con un piccolo accenno al ruolo delle società già esistenti. Siamo, infatti, un po' in apprensione, in quanto vorremmo capire quale sarà il ruolo di SOGIN e quale funzione il Ministro ritiene essa possa svolgere effettivamente nel mercato.
ENZO RAISI. Signor presidente, innanzitutto ringrazio il Ministro per la sua correttezza. Giustamente, l'opposizione ha fatto lecite richieste di chiarimento. Per onestà, devo dire che se è vero che dalla Presidenza del Consiglio le informazioni non sono uscite così chiare come oggi sono state riferite, è anche vero che certe accuse pesanti nate in Parlamento - come quella di aver offeso il Parlamento con questo accordo quadro - si sono dimostrate eccessive nel loro contenuto.
Detto questo, credo che il chiarimento oggi offerto dal Ministro sia sicuramente di buon auspicio, anche per quanto riguarda un tema a noi caro e in base al quale abbiamo lavorato in questa Commissione, vale a dire quello dei tempi.
Nel rispetto delle competenze del Parlamento, il Governo ha lavorato per cercare di portare avanti un accordo quadro con un partner che, sul nucleare, ha indubbiamente un know-how e una capacità di influenza, in termini europei, che credo nessuno possa mettere in discussione. Questo ci consente sicuramente di accelerare quel processo di rientro dell'Italia nel nucleare che tutti auspichiamo e abbiamo auspicato nel dibattito anche in questa sede, pur con tutte le dovute attenzioni, che credo giustificate, espresse sia dalla maggioranza che dalla minoranza.
Ritengo, inoltre, che siano importanti i vari aspetti delineati dell'accordo, per quanto riguarda la ricerca scientifica, la collaborazione in sede di Unione europea, l'utilizzo di nostre importanti realtà, come l'ENEA, in collaborazione con quelle francesi.
Quanto all'accordo ENEL-EDF, lo considero interessante e, a tal proposito, rivolgo al Ministro solo una domanda. Giustamente, questo accordo serve, soprattutto in sede di Unione europea, per cercare di facilitare il rientro del nucleare in Italia. Esso è utile, inoltre, anche per mantenere il tema del nucleare al centro del dibattito europeo, come è avvenuto anche recentemente. Chiedo, quindi, al Ministro se prossimamente egli prevede di stipulare accordi anche con altre realtà europee, proprio per mantenere una politica unitaria in sede di Unione europea.
Sul tema della concorrenza di mercato, credo, con grande onestà, che i numeri forniti consentano di affermare che essa sarà garantita. Ad ogni modo, chi ha sollevato il problema ha evidenziato giustamente delle preoccupazioni cui spero il Governo possa offrire delle risposte.
CARLO MONAI. Signor presidente, ribadisco la posizione che l'Italia dei Valori ha assunto anche nella discussione del disegno di legge C. 1441-ter in Aula.
Vorrei sottolineare che con questo protocollo, annunciato prima alla stampa che alla Camera dei deputati e agli organi parlamentari, si è voluto in qualche modo accelerare su un tema che penso debba, invece, essere molto ponderato e discusso. Ricordo che nel 1987 un esito referendario inequivocabile ha decretato una scelta ben chiara rispetto alla gestione energetica di questo Paese.
Se è vero che la tecnologia si è evoluta in questi vent'anni, è altrettanto vero che attualmente la terza generazione non garantisce la soluzione del vero problema, ossia quello del trattamento delle scorie. Nella sua relazione, infatti, il Ministro ha parlato di stoccaggio, mentre non si è ancora toccato il tema dello smaltimento.
La settimana scorsa, nel corso della missione in Slovacchia compiuta insieme al presidente Gibelli e al collega Raisi, abbiamo ispezionato la centrale di Mochovce della Slovenske Elektrarne, acquisita per il 66 per cento dall'ENEL. In quell'occasione abbiamo constatato come l'aspetto economico di questa partita forse non abbia una giustificazione reale. Tenuto conto, infatti, del fortissimo investimento
sostenuto (si parla di 3 miliardi di euro), dei tempi di realizzazione dei due nuovi reattori nucleari, che affiancheranno quelli vetusti e pericolosi in qualche modo «riattrezzati» da ENEL, e del tempo di ammortamento di questi investimenti (si parla di quaranta anni), penso che la politica energetica del nostro Paese debba indirizzarsi di più sulle energie rinnovabili.
Siamo il Paese del sole, ma questa risorsa è ancora poco sfruttata rispetto ad altri Paesi che pure il sole lo vedono molto meno di noi.
Inoltre, come dicevo, occorrerebbe affrontare anche il tema della ricerca sul nucleare di quarta generazione. Il protocollo può andare bene, forse, se finalizzato a questo tipo di partnership tra le imprese di vertice di questo settore, ma non ci convince affatto nel momento in cui si vogliono installare delle centrali nucleari che si prevedono in funzione nel 2020, quando magari la ricerca tecnologica ci avrà portato ad avere centrali obsolete che mantengono i problemi delle scorie, che ancora oggi rimangono irrisolti.
SERGIO VETRELLA. Signor presidente, innanzitutto desidero ringraziare il Ministro per la sua relazione esaustiva. In verità, desidero ringraziarlo anche per l'efficienza, l'efficacia e la puntualità con cui in pochi mesi è riuscito a mettere in piedi e far andare avanti un argomento così importante come quello del nucleare.
Come capogruppo del PdL nella X Commissione posso dire che, collaborando molto con il presidente Cursi, stiamo facendo lo sforzo massimo per fare in modo che il disegno di legge sullo sviluppo S. 1195 vada avanti, nonostante le problematiche relative anche ai pareri delle altre Commissioni permanenti.
Vorrei porre innanzitutto una domanda tecnica. Non sono riuscito a mettere bene a fuoco le ragioni per le quali si prevede un periodo di undici anni. In altre parole, qual è l'elemento critico che comporta lo sviluppo e la messa in opera in undici anni? Secondo la mia stima, dovrebbero occorrere due-tre anni in meno, che sono comunque un fatto significativo.
Per quanto riguarda, poi, alcuni interventi che mi hanno preceduto, desidero dire la mia dal punto di vista tecnico. È noto, attraverso la letteratura scientifica, che le sorgenti rinnovabili possono dare solo una minima percentuale e che, dunque, esse vanno integrate anche attraverso le reti convenzionali, che molto spesso comportano prezzi quattro-cinque volte superiori. D'altro canto, è anche noto che per realizzare un sistema bisogna bloccare la tecnologia al momento del progetto esecutivo, altrimenti il progetto avrà costi paurosi e comporterà tempi lunghissimi di realizzazione.
LUDOVICO VICO. Signor Ministro, la parte del protocollo stipulato tra il nostro Paese e la Francia relativa alla sicurezza mi induce a porle una domanda che richiama anche altre problematiche.
In primo luogo, il nostro Paese non ha ancora avviato il decommissioning delle centrali chiuse nel 1987. Il Ministro sa più di me, o quanto me, che quell'operazione costa 4 miliardi di dollari. Si tratta di capire se il decommissioning si farà, come è doveroso fare.
Inoltre, manca il sito unico temporaneo, per le ovvie ragioni note a tutti, ma c'è il problema che non sono stati stoccati ancora 60 milioni (Commenti)..., mi correggo 60 mila metri cubi di scorie delle centrali chiuse nel 1987, trent'anni fa. Come sappiamo, SOGIN aveva questa mission.
Il progetto di legge C. 1441-ter, in prima e seconda lettura, e scelte del commissariamento pongono questi problemi. Come Partito democratico siamo contrari al commissariamento, come è ovvio.
Infine, con riferimento al memorandum, ci piace segnalare come la comunità scientifica e i mercati, in ordine alla scelta dell'EPR e della pressurizzazione, dicano che non solo è di terza generazione, ma che non è tra le più affidabili.
SALVATORE TOMASELLI. Vorrei fare una precisazione - non lo ha fatto il
presidente, mi permetto di farlo io - solo per amore di verità, perché rimanga agli atti, considerando il forte impulso e lo stimolo che il Ministro ha dato a noi tutti per accelerare i lavori al Senato, in Commissione industria. Signor Ministro, noi siamo in attesa da alcune settimane, come Commissione industria - possono confermarlo il presidente Cursi e il relatore Paravia - che altre Commissioni si pronuncino rispetto all'esame di merito degli emendamenti.
Mi permetta di dire, signor Ministro, che se una serie infinita di decreti-legge non avesse ingolfato in questi mesi il Parlamento e le Commissioni bilancio di Camera e Senato, probabilmente il disegno di legge avrebbe già fatto il suo corso.
Presidente Gibelli, visto che rimangono agli atti gli stimoli e le sollecitazioni del Ministro, vorrei che rimanesse agli atti anche il fatto che, in questo caso, il ritardo non dipende dalla Commissione industria, né dalla maggioranza né tanto meno dalla minoranza, anche perché abbiamo equamente diviso la presentazione degli emendamenti, ma dipende dalla concitazione dei lavori della Commissione bilancio per le motivazioni a cui ho accennato prima e rispetto alle quali ognuno di noi ha la sua opinione.
Dico questo per rassicurare il Ministro.
PRESIDENTE. Do la parola al Ministro per la replica.
CLAUDIO SCAJOLA, Ministro dello sviluppo economico. Faccio una premessa in una replica veloce. Il dibattito sul disegno di legge per il rientro dell'Italia nel nucleare è stato svolto dalla Camera dei deputati, in Commissione e in Aula, mentre il Senato si accinge a svolgerlo in Commissione e lo porterà in Aula. Tuttavia, la mia comunicazione di oggi era doverosa, per rendere un'informativa sull'incontro tra i due Governi, francese e italiano.
Pertanto, nella mia comunicazione, ho provato a precisare non solo i termini dell'accordo fra i due Governi - su richiesta legittima dell'onorevole Fava, consegno copia dell'accordo al presidente della vostra Commissione -, ma anche i termini dei memorandum di intesa fra le due aziende.
Non ho inteso, quindi, riaprire un dibattito nel merito del nucleare. Ho precisato che a fronte di una scelta del Governo, già approvata dalla Camera - ripeto ancora, con una collaborazione nella formulazione del testo da parte del Parlamento nella sua complessità - do per acquisita una scelta che il Governo e la maggioranza intendono portare avanti. Una scelta che evidentemente non ha la pretesa di avere ulteriori condivisioni da coloro che non le hanno espresse nel tempo trascorso.
Mi auguro che ci sia, nell'atteggiamento che sarà coerente e trasparente su tutta questa vicenda, un percorso il più possibile condiviso, date le posizioni di partenza, perché ritengo che un Paese che affronta una politica energetica non possa farlo con una prospettiva di breve periodo, ma debba farlo travalicando i Governi e le legislature.
In questo quadro, intendo procedere su questo dossier che mi è affidato per la competenza che mi deriva dal Dicastero che ricopro.
Per rispondere all'onorevole Fava, sempre in questo memorandum abbiamo previsto che uno dei temi più importanti - non l'unico, non il primo, ma uno dei più importanti - sia sicuramente quello dei rifiuti radioattivi.
Inoltre, al comma 6 dell'articolo 1 abbiamo inserito quanto segue: «la cooperazione industriale, nel campo del ciclo del combustibile, comprendente gli aspetti della esplorazione e produzione mineraria, arricchimento, produzione del combustibile nucleare, trattamento e ricondizionamento dei combustibili usati e stoccaggio dei rifiuti finali». Questa è parte integrante di questo protocollo di accordo, per il semplice motivo che è uno dei problemi che, quando si decide di affrontare la produzione di energia elettrica anche attraverso il nucleare, deve evidentemente essere tenuto presente. La visione non può essere localistica, né nazionalistica, ma
deve rientrare nell'ambito di una valutazione globale di una politica energetica europea che, anche su questo tema del ciclo del combustibile fino allo stoccaggio finale, necessita di una condivisione complessiva. Nel protocollo questo aspetto è presente e mi pare ben specificato.
C'è anche una richiesta di capire il ruolo di SOGIN, visto che si è occupata e si occupa di questo argomento. Noi abbiamo ritenuto - vado fuori dalla materia della comunicazione di oggi, quindi ritorniamo al disegno di legge il cui esame è in corso al Senato - che SOGIN ed ENEA siano due componenti essenziali sul tema del nucleare, che oggi si troveranno in uno scenario diverso, perché l'Italia non è fuori dal nucleare, ma vi rientra. Quindi, la missione di SOGIN e di ENEA, con le loro professionalità, deve essere riposizionata proprio di fronte alla nuova realtà che avremo - mi auguro fra qualche settimana - di una legislazione che prevede il rientro del nucleare in Italia.
Questo non significa smantellare professionalità, ma razionalizzare risorse e competenze. Credo che si potrebbe scrivere un libro su ENEA, su chi lo ha inventato, su quali professionalità c'erano e su quanti ricercatori vi lavoravano. Poi si dovrebbe fare un rapido salto e considerare che cos'è oggi ENEA e quale ruolo svolge. È evidente che il rientro dell'Italia nel nucleare ci fa riposizionare queste due realtà.
Passo all'ultima domanda, per cercare di puntualizzare ed evitare, così, possibili fraintendimenti. Non confondiamo i milioni con i metri cubi, quando parliamo di rifiuti. In questo momento, abbiamo circa 65 mila metri cubi di rifiuti che derivano dallo smantellamento delle centrali nucleari. Lei sa che, in base a un accordo con la Francia, i rifiuti vengono riprocessati e vetrificati in un percorso Italia-Francia e, in futuro, Francia-Italia.
È evidente che questo è uno dei temi - condivido la sua preoccupazione, tant'è vero che lo abbiamo inserito nel protocollo - che, in tutta la politica di rientro nel nucleare, deve essere affrontato, ma non ritenendo che questo problema sia irrisolvibile. Diversamente, non mi spiegherei com'è possibile che funzionino egregiamente 500 centrali nucleari nel mondo. Questo significa che il problema deve essere risolto nella politica complessiva del rientro dell'Italia nel nucleare.
Prevediamo, nel disegno di legge, una serie di procedure e quindi di deleghe che affrontano anche questo tema.
Rispondo ora a una domanda molto pertinente, che non ricordo da chi sia stata formulata. Si chiede se, essendo questi siti, in qualche modo, già nella disponibilità di alcuni operatori, il rischio è che non ci sia mercato.
A mio parere, quando, a provvedimento approvato e nei tempi da esso previsti, definiremo i criteri per l'idoneità dei siti ad avere delle centrali nucleari, le possibilità di avere caratteristiche conformi a quelle previste dalla normativa di sicurezza e di efficienza di una centrale nucleare saranno diverse e numerose. Di conseguenza, credo che ci potrà essere concorrenza.
Certo è che, su temi di centrali per produzione di energia nucleare, il mercato non offre una grande pluralità di soggetti. Sicuramente vi è più di un soggetto, ma non si tratta di grandi pluralità. Questo significa anche una grande capacità di investimento, sicuramente remunerativa, ma nel lungo periodo.
Credo che anche in questa prospettiva vada inteso il memorandum ENEL-EDF, poiché il loro accordo prevede la possibilità di realizzare insieme, nel tempo, quattro unità, che coprirebbero la metà del fabbisogno complessivo cui faceva riferimento in precedenza l'onorevole Fava.
Credo, dunque, e mi auguro che ci sarà concorrenza. Credo e mi auguro che la concorrenza non vi sarà solo fra privati imprenditori che vorranno investire per ottenere una propria remunerazione e per dare una remunerazione al Paese, ma penso di poter dire ai colleghi del Senato e della Camera che la concorrenza sarà anche fra i territori.
Mi pare di cogliere, infatti, già in queste settimane, in questo dibattito più acceso e - devo dire - abbastanza colto, anche nelle
posizioni diverse tra maggioranza e opposizione, che ci sia una inversione (l'ho verificata anche attraverso i metodi innovativi, ma tradizionali, di valutazione del pensiero dei nostri concittadini), un'attenzione e un interesse a cogliere il fatto che avere una centrale nucleare per un territorio significa avere ricchezza.
D'altra parte, non ho mai capito, nella semplicità del mio ragionamento, per quale motivo in Francia, che non è distante migliaia e migliaia di chilometri, ma che ha la nostra stessa tradizione storica e culturale, ci debbano essere territori che ambiscono ad avere centrali, mentre, a distanza di poco, ci debbano essere territori che hanno paura di avere le centrali. Anche in questo caso, si pone un problema di valutazione e informazione di tipo diverso.
Penso, dunque, che questo aspetto debba essere tenuto presente, ma sia superato da ciò che ho provato a dirvi.
All'onorevole Monai vorrei dire che credo - e lo dico con grande rispetto nei suoi confronti, come di tutti i colleghi parlamentari - che nessun uomo di buon senso possa pensare che il fabbisogno energetico del nostro Paese possa essere risolto con una sola fonte energetica. È, quindi, evidente che la valutazione complessiva che questo Governo, così come qualunque Governo, a mio parere, potrà fare è quella di un mix energetico dove tutte le forme disponibili di energia possano essere esaltate, perché dobbiamo coniugare necessità di energia e rispetto dell'ambiente.
È evidente che la generazione successiva di una qualunque apparecchiatura è migliore di quella precedente, ma credo che nessun italiano pensi di non acquistare una autovettura perché probabilmente nel futuro si andrà con macchine che girano nell'aria invece che sulle strade.
Noi abbiamo esigenza di dare la nostra partecipazione allo sviluppo tecnologico del futuro, ma dobbiamo avere i piedi per terra e sapere che dobbiamo dare risposte, in termini di energia, ai cittadini e alle imprese, in tempi più celeri.
So bene che anche l'EPR o l'AP1000, che sono le due tecnologie al momento più innovative per la produzione dell'energia elettrica attraverso il nucleare, avranno un percorso davanti di 50-60 anni; ma so anche bene che, se non incominciamo questo percorso, non arriveremo mai ad avere una centrale operativa.
Il senatore Vetrella mi ha chiesto perché abbiamo previsto undici anni: perché secondo il conto medio - mi sembra che questa sia l'ultima risposta che devo dare - oggi viene valutato un periodo intorno ai quattro-cinque anni, che indica il tempo necessario per la costruzione.
Il processo autorizzativo di scelta dipende da noi, dipende da coloro che devono decidere; ma non dipende da coloro che sono contrari alla decisione. Un Paese democratico è un Paese che decide, nel quale si esprimono le diverse posizioni; ma non è possibile che i contrari, perché sono minoranza su una decisione, abbiano il dovere o il diritto di non far procedere quello che la maggioranza ha deciso di realizzare. Queste sono le democrazie moderne.
Mi pare di aver notato, lo ribadisco, che in questo percorso parlamentare ci siamo comportati tutti insieme, su questa legge, con un spirito di democrazia avanzata, e mi auguro che questo prosegua. Tuttavia, pur considerando questo, il termine autorizzativo nella sua completezza e tutto ciò che si deve fare dopo l'approvazione della legge, mi viene da pensare che ci vorranno tre o quattro anni per questa parte.
Collego, dunque, tale valutazione ad una scadenza, ormai simbolo, ossia il 2020, per poter rientrare nei parametri dai quali siamo fuori, come tutti i Paesi, per un eccesso di emissione di CO2; per questo il 2020 viene indicato come tempo limite per l'intero percorso.
Nel frattempo - e ho concluso; forse siamo usciti fuori tema, ma dovevo darvi delle risposte - non si sta a guardare, ma si realizza ciò che ho provato a dirvi nella mia relazione, il che significa muoversi sull'efficienza energetica, sul risparmio
energetico e sulla diversificazione possibile, sui rigassificatori e sulle interconnessioni.
Io ho passato la domenica e il lunedì fra la Serbia e l'Albania, e devo dire con piacere che riusciamo forse a chiudere dei buoni accordi di interconnessione, perché ci permettono di sfruttare idroelettrico ed eolico in quella parte vicino a noi, che ci permetterà, in questa corsa contro il tempo, di avere un conto un po' meno salato - io non credo che dovranno pagarlo i nostri figli, credo che dovremo pagarlo già noi - nei confronti del resto del mondo, per un eccesso di emissioni CO2 che noi abbiamo.
Tutto questo insieme di interventi, se portato avanti, ci potrà permettere di avere finalmente una politica energetica nel nostro Paese. Mi auguro, quindi, che il Parlamento, e le Commissioni attività produttive in modo particolare con tutti i suoi membri, facciano parte di questo percorso.
PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Cursi e il Ministro per la sua disponibilità, augurandogli buon lavoro, affinché questo processo continui nei tempi che ci siamo dati.
Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 15,50.