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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione XIII
11.
Martedì 16 marzo 2010
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Rosso Roberto, Presidente ... 2

Audizione del sottosegretario di Stato per le politiche agricole alimentari e forestali, Antonio Buonfiglio, su questioni relative alla piccola pesca a strascico (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Rosso Roberto, Presidente ... 2 7 8
Brandolini Sandro (PD) ... 2 6
Buonfiglio Antonio, Sottosegretario di Stato per le politiche agricole alimentari e forestali ... 2 3 5 7
Callegari Corrado (LNP) ... 3 7
Di Giuseppe Anita (IdV) ... 3 5
Zucchi Angelo (PD) ... 5
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud/Lega Sud Ausonia: Misto-NS/LS Ausonia.

COMMISSIONE XIII
AGRICOLTURA

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di martedì 16 marzo 2010


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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO ROSSO

La seduta comincia alle 14,20.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del sottosegretario di Stato per le politiche agricole alimentari e forestali, Antonio Buonfiglio, su questioni relative alla piccola pesca a strascico.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del sottosegretario di Stato per le politiche agricole alimentari e forestali, Antonio Buonfiglio, su questioni relative alla piccola pesca a strascico.
Do la parola al sottosegretario Buonfiglio, che ringrazio per avere accolto la richiesta della Commissione. Al suo intervento faranno seguito le domande dei deputati e quindi la replica del sottosegretario stesso.

ANTONIO BUONFIGLIO, Sottosegretario di Stato per le politiche agricole alimentari e forestali. Prima di iniziare, vorrei sapere come è nata la richiesta di audizione e se ci siano domande specifiche in premessa.

SANDRO BRANDOLINI. Tutto nasce dal fatto che alla fine del maggio prossimo scadrà la deroga che, come sappiamo, è attiva da anni, e si andrà quindi a regime, sia per quanto riguarda lo strascico nelle tre miglia, sia per quanto riguarda la dimensione della maglia da pesca.
La Fondazione della pesca di Chioggia ha condotto uno studio sugli effetti che avrà l'entrata in vigore della normativa comunitaria. In particolare, c'è allarme per il fatto che questo mestiere peculiare dell'alto Adriatico rischia di scomparire. L'allarme è lanciato, in particolare, dal mondo della pesca delle tre regioni interessate, ossia Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia e soprattutto Veneto.
Come lo studio del professor Leon ha dimostrato, l'entrata in vigore della normativa comporterebbe un danno economico ma soprattutto, fatto a mio avviso più importante, la dispersione di una tradizione e di un mestiere tipici dell'alto Adriatico.
Abbiamo ascoltato in audizione la Fondazione della pesca di Chioggia che ha presentato il suddetto studio e ha rappresentato in questa sede le preoccupazioni di tutti i rappresentanti della piccola pesca dell'alto Adriatico, che rischia di non avere alternative. Peraltro, in questo caso, al di là delle possibilità di dismissione, vi sarebbe anche una perdita notevole di posti di lavoro.
Io e il collega Callegari, che siamo rispettivamente dell'Emilia Romagna e del Veneto, abbiamo quindi chiesto che, oltre all'audizione della Fondazione della pesca di Chioggia, fossero previste anche quelle relative alle associazioni - cosa che abbiamo fatto la settimana scorsa - nonché quella del sottosegretario. A dire il vero, avevamo chiesto di ascoltare anche le


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regioni competenti, tuttavia, ci è stato fatto presente che in due delle tre regioni (Veneto ed Emilia Romagna) si voterà a breve e pertanto, almeno per il breve termine, si pone una difficoltà.
In occasione dell'incontro con le associazioni, io e il collega Callegari, facendoci interpreti delle sollecitazioni che vengono dalle medesime, abbiamo comunicato l'intenzione di presentare una risoluzione che pensiamo possa essere unitaria. Lo stesso presidente Russo, infatti, ha dato il proprio assenso.
Secondo noi, bisogna attuare due iniziative. I tempi sono brevi ed è necessario un tavolo tecnico-istituzionale che metta insieme le regioni, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali - in particolare il sottosegretario alla pesca - e le associazioni, per definire un piano atto a superare questo momento di difficoltà.
Pur essendo consapevoli che dopo tanti anni è difficile oggi proporre una proroga tout court, dalle audizioni con le associazioni e con la Fondazione è emersa la richiesta di avere un'altra breve proroga per un tempo limitato. Il 31 maggio è infatti ormai alle porte e una breve proroga ci permetterebbe di attivare il tavolo e di elaborare un piano che ci consenta di mettere in moto tutti quegli interventi necessari innanzitutto a conservare un mestiere e una tradizione importanti per il nostro territorio, al di là del valore economico degli stessi. Sinteticamente, credo che questo sia il quadro della situazione.

CORRADO CALLEGARI. Vorrei innanzitutto evidenziare che per l'ennesima volta il nostro Paese si trova impreparato di fronte a una normativa europea che parte da alcuni anni addietro. Ora ci si trova a dover dare una soluzione al mondo della pesca quando mancano solo due mesi.
Il collega Brandolini ha evidenziato alcune possibilità che ci vengono segnalate sia dallo studio della Fondazione della pesca, sia da tutte le associazioni; esse consistono nel valutare la possibilità di ottenere una proroga temporanea e studiare, così, una serie di interventi per poter agevolare la riconversione di queste attività o per studiare delle alternative diversificate.

ANITA DI GIUSEPPE. Questa problematica sicuramente interessa soprattutto l'alto Adriatico, ma poiché l'Adriatico è un mare italiano, è chiaro che interessa un po' tutti. Altrettanto evidente, d'altra parte, è il fatto che la normativa europea, in effetti, sia stata di forte impatto sulle imprese ittiche che praticano la pesca a strascico.
Ho letto i risultati delle audizioni che si sono tenute in Commissione Agricoltura: con l'applicazione delle norme europee si è verificata una perdita di fatturato di quasi 12 milioni di euro l'anno. Ciò, chiaramente, ha anche un impatto sull'occupazione e sulla marineria vera e propria. Considerando che le associazioni hanno avanzato delle richieste specifiche riportate anche in questa sede; che l'obiettivo principale è salvaguardare sia il reddito delle marinerie, ossia l'occupazione in questo settore, sia l'ecosistema, ossia l'ambiente; e considerando, infine, che ci sono delle richieste specifiche avanzate dagli addetti ai lavori, noi del gruppo dell'Italia dei Valori vorremmo sapere come il Governo abbia intenzione di comportarsi in relazione a questi punti.

ANTONIO BUONFIGLIO, Sottosegretario di Stato per le politiche agricole alimentari e forestali. Innanzitutto, devo svolgere una considerazione generale: il regolamento mediterraneo che entra in vigore il 1o giugno 2010, cioè il regolamento n. 1967 del 2006 (è stato approvato appunto nel 2006), prevedeva una serie di scadenze periodiche già determinate in quel momento. Fino ad ora, abbiamo vissuto in un regime di deroghe speciali o di proroghe richieste di volta in volta dallo Stato italiano; tuttavia, era noto a tutti - all'amministrazione statale, alle regioni, alle associazioni e alle organizzazioni professionali - che il regime delle deroghe sarebbe comunque cessato il 1o giugno 2010. Cionondimeno, ci troviamo ora ad


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affrontare questo problema, che, come altri, è datato.
Per una questione di serietà, dobbiamo affrontarlo contemperando anche le esigenze sociali. Il problema, infatti, non è localizzato esclusivamente nelle regioni che avete menzionato. Il regolamento mediterraneo, oltre a contenere la parte relativa alla piccola pesca a strascico, prevede anche la fine delle deroghe per alcune pesche tradizionali che in altre zone del Paese hanno un notevole impatto. Faccio l'esempio della pesca del novellame in alcune zone della Calabria e del rossetto in Liguria e in alcune zone della Puglia. Il fenomeno, quindi, investe complessivamente quattromila pescatori, quasi tutti concentrati in tre-quattro località specifiche. Si tratta, quindi, di un fenomeno da tenere in considerazione non solo per la misura economica del danno, ma anche e soprattutto per la sua rilevanza sociale. Molto spesso, infatti, si tratta di sistemi di pesca tradizionali che fanno parte delle tradizioni delle comunità costiere dei nostri pescatori. Questa salvaguardia, tuttavia, va contemperata anche con l'esigenza che l'Italia ha, in un momento in cui si discute della riforma del libro verde della pesca, della politica comune della pesca e dei nuovi strumenti finanziari che da ora al 2013 dovranno essere modificati e riapplicati, di non presentarsi da sola a chiedere proroghe e deroghe, dato che il termine non arriva come una novità, ma dopo quattro anni dal momento della sua approvazione e dopo un quadriennio di calendarizzazioni.
In ogni caso, ho scritto personalmente alla nuova commissaria, che è la greca Damanaki, e l'abbiamo incontrata, confidando anche - lo dico sinceramente - nella sua mediterraneità. Nell'incontro abbiamo specificato l'impatto sociale di questo problema e abbiamo chiesto l'inserimento, in un apposito punto all'ordine del giorno del prossimo Consiglio dei Ministri sull'agricoltura, che si terrà il 29 marzo, della discussione del regolamento mediterraneo. Tutto questo non è volto a chiedere proroghe o deroghe, ma ad ottenere, entro i prossimi due mesi, una visita della Commissione, in modo che essa incontri le nostre comunità costiere e le nostre amministrazioni nazionali e regionali, e che sia, così, in grado di valutare l'impatto tecnico della misura. Molto spesso, infatti, almeno da quando abbiamo iniziato a seguire questa situazione, ci siamo resi conto che il nuovo tipo di maglia permette di pescare molto meno. Pertanto, se da un lato essa tutela la sostenibilità ambientale, dall'altro, non ha tutte le caratteristiche della sostenibilità socio-economica.
Questo lo facciamo anche perché nel processo decisionale in corso nella sede comunitaria circa la riforma della politica comune della pesca si sta prendendo in considerazione una sorta di regionalizzazione, che riteniamo condivisibile. Infatti, dovrebbero essere i Paesi del Mediterraneo a decidere i propri livelli di pesca all'interno delle zone del Mediterraneo e non, come troppo spesso è accaduto fino adesso, i Paesi del Baltico o dei mari del nord, che invece hanno la stessa capacità di incidere, anche con il voto, su quello che riguarda la pesca del Mediterraneo. Lo stesso discorso vale, chiaramente, anche al contrario.
Abbiamo sollevato, quindi, tale problema, osservando che nel momento in cui si va verso una regionalizzazione della politica comune della pesca, sarebbe assurdo che ci trovassimo a gestire solamente i guai di un regolamento del Mediterraneo già approvato quattro anni fa.
Abbiamo dunque delle speranze che, una volta realizzato questo, si introducano delle misure tecniche e, sotto l'egida della presidenza spagnola, che comunque vive come noi le stesse difficoltà, si possa riaprire perlomeno un regolamento che contemperi tali misure. Ciò è preferibile al semplice presentarci solo a chiedere una proroga sine die che comunque non comporterebbe altro beneficio.
Parallelamente a questo, e rimanendo in tema di applicazione del regolamento mediterraneo, bisogna dire che l'Italia, rispetto ad altri Stati, è in una posizione migliore, in quanto abbiamo inviato i piani di gestione locali. Le regioni più attive hanno previsto all'interno dei loro piani di


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gestione anche delle attività di riconversione. Molto spesso, però, è mancata l'attività di riconversione di alcune regioni particolari. Faccio l'esempio della regione Puglia, che pure è abbastanza investita dal problema, dove nei piani di gestione locale non è stata prevista alcuna possibilità; al contrario, la regione Liguria ha previsto una riconversione per alcune imbarcazioni che praticano la pesca tradizionale.
In ogni caso, la strada da seguire è, da un lato, riaprire tecnicamente, e non giuridicamente, il problema nel Consiglio dei Ministri e poi in Commissione europea; dall'altro, attraverso la gestione dei piani locali, prevedere la possibilità di riconversione o comunque di un riconoscimento economico, cosa che noi ci sentiamo di poter garantire.
Introduco, così, un altro elemento che potrebbe essere oggetto di una audizione vera: per garantire tale riconoscimento, occorre, infatti, una corretta ed esatta gestione del Fondo europeo della pesca (FEP). Tuttavia, anche per tale fondo, approvato anch'esso nel 2006 con il regolamento n. 1198, siamo nella stessa situazione dello sviluppo rurale. C'è una netta distinzione delle risorse e degli assi di intervento, per cui il 33 per cento compete allo Stato centrale e il 67 per cento alle regioni; il rischio è che a dicembre prossimo, se non si svolgono in tempo gli adempimenti amministrativi, scatti la regola dell'«n 2», ossia il disimpegno automatico dei fondi. Molto spesso, infatti, lo Stato centrale, ma soprattutto le regioni, allo scadere del termine non hanno neanche pubblicato i bandi di preparazione per l'attuazione del fondo europeo della pesca.
Ricapitolando, abbiamo, da un lato, la necessità della trattativa diplomatica e politica a Bruxelles, dall'altro quella delle procedure tecniche e dei fondi del FEP. Se noi, in questi mesi, attuiamo questi tre adempimenti, tutti nati nel 2006, il problema può essere risolto riconvertendo alcune attività e intervenendo con ammortizzatori sociali e con capacità di modernizzazione e ristrutturazione della flotta, in linea con la politica comune della pesca.

ANITA DI GIUSEPPE. Avrei una domanda per il sottosegretario. Per quanto riguarda il fermo pesca, ricorderà che lei sostenne che si poteva demandare alle regioni, ma occorreva un piano generale e mancavano dei dati concreti. Vorrei, dunque, sapere, se possibile, a che punto siamo rispetto a ciò.

ANTONIO BUONFIGLIO, Sottosegretario di Stato per le politiche agricole alimentari e forestali. Lo scorso anno è stata distrutta la concezione totemica del «fermo bagnini», uniforme per attrezzo e per regione; ora stiamo lavorando affinché dalla prossima estate in poi ci sia un fermo biologico che sia diviso per zone di pesca e per attrezzo di pesca, in modo che si rispettino veramente le caratteristiche ambientali e biologiche. Naturalmente, tutto ciò deve essere fondato sulla ricerca - altrimenti diventerebbe un mero arbitrio da parte dell'amministrazione - e deve considerare la specificità del settore e delle zone.
Al di là della noiosa e annosa polemica tra lo Stato e le regioni, nell'ambito della pesca esiste, infatti, la possibilità di dividere le competenze amministrative secondo i geographical sub area (GSA), che più o meno corrispondono ai mari; l'Italia è divisa in sette GSA, piuttosto che in venti regioni. Questo nasce dalla regolamentazione comunitaria ma ha una sua razionalità amministrativa anche per noi, in quanto più che i confini amministrativi tale divisione segue i confini dei mari, che è più normale. Faccio un esempio facilmente comprensibile: è più naturale che il porto di Corigliano abbia una attinenza con Taranto, piuttosto che con Reggio Calabria, che per il mare e per la tipologia di pesca si avvicina di più allo stretto di Messina.

ANGELO ZUCCHI. Ringrazio, naturalmente, il sottosegretario e vorrei porre solo una domanda. Sulla questione della pesca dell'alto Adriatico probabilmente interverranno altri. Io vorrei raccogliere, piuttosto, un passaggio del sottosegretario che in qualche modo mi ha incuriosito. Ha


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detto, infatti, che forse sarebbe utile dedicare una audizione specifica alla situazione della gestione del FEP nel nostro Paese, da cui passano molte risorse per la pesca. Ha anche adombrato l'ipotesi che non si riesca ad arrivare in tempo a spendere tali risorse, con il rischio che ci sia un disimpegno e quindi si debbano restituire questi fondi.
Poiché il sottosegretario ha citato delle responsabilità che possono essere in qualche modo individuate in parte nello Stato e in parte nelle regioni, rilevo che è forse la prima volta che un sottosegretario dice che vi possono essere anche responsabilità centrali e vorrei capire se tali responsabilità centrali dell'applicazione - o della non applicazione - regolare e tempestiva del FEP, siano ascrivibili anche ad attività del Ministero e se possano in qualche modo essere recuperate. Vorrei, dunque, sapere dal sottosegretario se stiamo mettendo fortemente a rischio la pesca nel nostro Paese; se, al di là delle politiche regionali, vi siano anche altri problemi e se è possibile ipotizzare interventi legislativi del Parlamento.

SANDRO BRANDOLINI. Ho ascoltato con attenzione e ringrazio il sottosegretario per la chiarezza della sua esposizione. Ritorno, in termini di riflessione, sulle questioni che ho posto in precedenza. Dicevo, poc'anzi, che presenteremo una risoluzione e vorremmo che essa fosse uno strumento unitario e un aiuto che la Commissione fornisce al sottosegretario, che ha la delega, e in generale all'economia della pesca e dell'alto Adriatico. Il tempo è passato e il problema è che oggi siamo al 15 marzo e il 31 maggio è molto vicino.
Non so come andrà il Consiglio o come saranno i tempi a livello europeo. Sta di fatto che noi abbiamo il problema dei pescatori dell'alto Adriatico che non sanno che cosa succederà a partire dal 1o giugno.
Probabilmente, il collega Callegari può essere più preciso, dato che conosce la realtà veneta, che è ancora più peculiare, da questo punto di vista. A noi, più che il divieto di pesca sotto le tre miglia, dà fastidio l'allargamento della maglia, sia perché abbiamo un mare più aperto, sia per una serie di altre considerazioni.
Penso, quindi, che il tavolo sia uno strumento essenziale. Arriviamo tutti in ritardo, dobbiamo dirlo. Purtroppo, questa è una brutta malattia di questo Paese. L'ho detto anche a Chioggia, dove mi hanno contestato. Tuttavia, che mi contestino non è un problema; io, infatti, devo aiutare a risolvere i problemi.
Non possiamo prendercela con l'Europa dopo quindici anni di proroghe. Diciamocelo chiaramente. Purtroppo, in questo Paese - e parlo in generale, senza dare la colpa a nessuno - ciò che è transitorio, lo si considera permanente. Addirittura, in questo caso, abbiamo avuto prima il regolamento di quindici anni fa, poi un altro quattro anni fa; ora hanno dato uno stop definitivo. Noi aspettiamo sempre di arrivare all'ultimo minuto.
Ad ogni modo, penso che adesso ci dobbiamo preoccupare di un'economia che in parte è riconvertibile e in parte no. Vi sono, infatti, anche una cultura, un mestiere e una socialità che rischiano di venire meno, mentre, secondo me, sono un patrimonio da salvaguardare.
Se discutiamo con la Unione europea dei 12 o 19 milioni di euro l'anno, gli altri europei si mettono a ridere, in quanto si tratta di cifre di una piccola azienda. Il problema vero è che si tratta di qualcosa di molto più importante, dal punto di vista sociale ed economico, per un territorio come il nostro. Siamo in ritardo: prendiamone atto. La colpa non è dell'Europa, ma nostra, di tutti: del mondo della pesca così come della politica, che pensa forse che ci sarà un'altra proroga.
Adesso, tuttavia, dobbiamo mandare un segnale. A mio parere, questo tavolo è da convocarsi immediatamente e si dovrebbe preoccupare del 1o giugno. Penso infatti che per quella data rischiamo di non essere pronti.
Come diceva il collega Callegari, da questo punto di vista, i pescatori chioggiotti sono abbastanza conosciuti. Io mi preoccupo anche sotto il profilo dell'ordine pubblico, e non dico questo perché


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sono dei matti (anche noi romagnoli veniamo considerati caldi, sebbene per altre ragioni).
È necessario, dunque, lavorare su due fronti.
Signor sottosegretario, probabilmente la proroga è impossibile. Tuttavia, andare a Bruxelles e sottolineare un'esigenza forse sarebbe una soluzione che ci permette di rimandare, sebbene non in modo definito, e affermare che stiamo lavorando ad un piano che richiede due mesi. Del resto, io non intendo andare domani a Bruxelles.
Mettiamo, dunque, le forze intorno a questo tavolo, discutiamo e insieme decidiamo come andare a Bruxelles. Se, infatti, ci rechiamo in quella sede affermando che vogliamo andare avanti come prima, ci risponderebbero di andare via.
Vorrei capire, quindi, se questa riflessione è condivisa e se è questo il modo con cui possiamo cercare di intervenire su un problema che rischia veramente di avere degli effetti devastanti.

CORRADO CALLEGARI. Io, invece, ho apprezzato l'intervento del sottosegretario, in quanto finalmente non andiamo a presentarci solo chiedendo una proroga, ma a confrontarci con le nostre realtà.
È vero, infatti, che l'Europa ci rimprovera di avere delle piccole realtà, ma chi se ne importa di quello che pensa l'Europa! Noi dobbiamo salvaguardare le nostre realtà e le nostre peculiarità, andando anche a scontrarci in Europa.
Da parte mia, quindi, ripeto, ho apprezzato questo tipo di soluzione, ossia riunione, tavolo tecnico e confronto con l'Europa. I tempi non sono lunghi, ma indubbiamente dobbiamo presentarci preparati al confronto.

PRESIDENTE. Do la parola al sottosegretario Buonfiglio per la replica.

ANTONIO BUONFIGLIO, Sottosegretario di Stato per le politiche agricole alimentari e forestali. Innanzitutto, il fatto che ci sia una risoluzione condivisa del Parlamento sicuramente aiuta il Governo nello spingere la trattativa. Se, poi, tale risoluzione uscisse dalla singola Commissione per diventare un atto superiore, ciò darebbe ancora maggior forza per riaprire una trattativa in termini comunitari.
Naturalmente, io sono convinto che la trattativa è nuovamente aperta; per adesso siamo l'unico Paese, ma io sono convinto che, come è successo per il tonno rosso, dopo che l'Italia porrà il problema del regolamento mediterraneo, a cominciare dalla Presidenza spagnola, altri Paesi si aggiungeranno. La questione è la possibilità di riaprire le maglie del regolamento. Ritengo che strategicamente sia meglio passare attraverso una soluzione tecnica, nel senso di invitare la Commissione a verificare che la norma scritta non si attaglia bene a specificità come quelle delle nostre coste. Il confronto tecnico, infatti, può riuscire, mentre un confronto d'altro tipo potrebbe diventare un problema di natura virtuale o, peggio, di natura ideologica.
Per rispondere all'onorevole Zucchi, il problema vero è che noi abbiamo una credibilità di sistema. Anche su questo, non ho detto che, ad oggi, vi siano delle responsabilità specifiche dell'amministrazione o delle regioni; tuttavia, è giusto che un problema del genere vada nelle sedi competenti. Ritengo che il Parlamento sia la sede sovrana e se in gioco ci sono 848 milioni di euro dei cittadini italiani da destinare alla pesca, non può esserci un rimpallo continuo da quattro anni tra lo Stato centrale e le regioni a danno del settore della pesca; senza considerare che andare a battere i pugni sul tavolo per chiedere la soluzione di un problema che riguarda 12 milioni di euro, e nello stesso tempo, restituirne con l'altra mano 120, mi sembra assurdo. Io, quindi, accolgo con piacere la sollecitazione dell'onorevole Zucchi, e sono disponibile, la prossima settimana o quando vorrete voi, a intraprendere una sessione approfondita sul FEP, anche in considerazione del fatto che purtroppo noi, come organo istituzionale, ci possiamo rivolgere in questa fase esclusivamente al Parlamento, in quanto la Conferenza Stato-Regioni - che negli ultimi periodi, comunque, non si è mai


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riunita con il Governo - in questo momento è sprovvista degli assessori. A me fa enormemente piacere condividere questa responsabilità, e fa piacere anche che la questione emerga a tutto tondo dal punto di vista delle responsabilità politiche, qualora vi fossero, o amministrative, se ve ne sono. Mi sembra giusto: le due questioni sono legate e molte delle soluzioni a questo problema vengono anche dal buon utilizzo dei fondi FEP, laddove esistono programmi territoriali utili proprio alla ristrutturazione del settore o a una sua eventuale riconversione, ove vi siano attrezzi che vengono considerati illegittimi.

PRESIDENTE. Nel ringraziare il sottosegretario Buonfiglio per la disponibilità manifestata, dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 14,50.

VIII Commissione (Ambiente, territorio e lavori pubblici)

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