Sulla pubblicità dei lavori:
Pescante Mario, Presidente ... 3
Audizione del Ministro per gli affari europei, Enzo Moavero Milanesi, sulle linee programmatiche (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento): ... 3
Pescante Mario, Presidente ... 3 13 14 16 17 19
Buttiglione Rocco (UdCpTP) ... 14
Formichella Nicola (PdL) ... 14 17
Gottardo Isidoro (PdL) ... 9 12
Gozi Sandro (PD) ... 15
Maggioni Marco (LNP) ... 16
Moavero Milanesi Enzo, Ministro per gli affari europei ... 5 9 12 17
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di
Centro-AdC, La Discussione): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia (Grande Sud): Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI.
Resoconto stenografico
AUDIZIONE
La seduta comincia alle 14,10.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Ministro per gli affari europei, Enzo Moavero Milanesi, che ringrazio per aver accolto il nostro invito.
Questa audizione fa seguito all'intervento presso la nostra Commissione dello scorso 14 dicembre. Per una felice coincidenza l'audizione ha luogo dopo che il Consiglio dei Ministri le ha conferito formalmente lo scorso 13 dicembre la delega sugli affari europei, che è forse - lo sottolineo non senza compiacimento - la più ampia mai conferita a un Ministro per le politiche europee.
Desidero a nome della Commissione evidenziare come tale delega vada nella direzione più volte indicata dalla nostra Commissione, anche attraverso la riforma della legge n. 11 del 2005, sulla quale tornerò tra poco, e offra quindi un'occasione storica per affermare in via definitiva che gli affari europei non sono una branca degli affari esteri.
Alla luce di questa premessa, vorremmo oggi approfondire con il Ministro - questa è la mia personale memoria, che sarà integrata da quanto gli altri componenti della Commissione vorranno aggiungere - cinque questioni principali, che abbiamo anche sottoposto all'attenzione dei suoi predecessori.
La prima attiene alle funzioni di raccordo che la delega le affida insieme al Governo ai fini della formazione della posizione italiana nel processo decisionale europeo, compito di estrema delicatezza e importanza alla luce delle forti difficoltà che hanno pregiudicato la capacità dell'Italia di giocare un ruolo attivo al riguardo.
Vorremmo sapere in quale misura, signor Ministro, lei intenda avvalersi del Comitato interministeriale per gli affari europei (CIACE) anche con riferimento alla frequenza e alla natura delle riunioni a livello politico o di Comitato tecnico permanente. Saremo altresì interessati a conoscere, in aggiunta a quanto lei già ci ha riferito, quali saranno le forme di accordo con il Ministro degli esteri e con la Rappresentanza permanente a Bruxelles.
La seconda serie di questioni attiene al raccordo tra Parlamento e Governo. Avrà già avuto modo di apprendere, sulla base dei dati che le abbiamo consegnato, che la Camera, e in particolare la Commissione XIV, ha incrementato esponenzialmente in questa legislatura la propria attività in relazione alla formazione della normativa europea, esaminando 150 progetti di atti dell'Unione e approvando circa 60 atti di indirizzo al Governo.
Paradossalmente, all'incremento del ruolo del Parlamento non ha fatto riscontro un miglioramento dell'interlocuzione del Governo che, fatte salve alcune eccezioni, tra le quali segnalo quella del Ministro Barca la scorsa settimana in audizione, non segue né promuove o agevola l'intervento delle Camere.
A questo scopo, sarebbero necessari alcuni interventi, di cui il Ministro per gli affari europei potrebbe promuovere l'attuazione: la predisposizione da parte delle amministrazioni competenti di relazioni tecniche quantomeno sui progetti di atti legislativi di cui abbiamo avviato l'esame; la segnalazione motivata all'atto di trasmissione alle Camere di progetti e di atti dell'Unione europea e delle iniziative di maggior rilievo politico (tali iniziative ove abbiano portata molto significativa potrebbero essere segnalate dal Governo anche in seno alla Conferenza dei Capigruppo di ciascuna Camera, ai fini di una sollecita calendarizzazione dei lavori parlamentari); la partecipazione sistematica dei rappresentanti del Governo ai lavori delle Commissioni parlamentari quando siano in discussione atti o progetti di atti dell'Unione.
Un raccordo con le Camere gioverebbe anche al rafforzamento del ruolo del Ministero, che potrebbe utilizzarlo per accrescere l'autorevolezza e l'efficacia delle proprie funzioni di coordinamento.
Una terza questione attiene alla migliore attuazione degli obblighi dell'Unione europea. Come già evidenziato la scorsa settimana, le procedure pendenti nei confronti dell'Italia attualmente sono 136, salvo vostra correzione. Il numero rimane elevato per effetto di diversi fattori, che richiedono un riassetto radicale degli strumenti per l'attuazione del diritto dell'Unione europea, come prospettato nel nostro testo di riforma della legge n. 11 del 2005.
Già a legislazione vigente, il Ministro potrebbe tuttavia adottare alcuni importanti misure, volte a rendere più tempestiva l'attuazione degli obblighi europei: attraverso un invito ai Ministeri competenti affinché avviino la predisposizione di decreti di ricevimento di direttiva prima dell'approvazione della legge comunitaria, che reca la relativa delega legislativa; un richiamo formale ai ministri competenti affinché le rispettive amministrazioni provvedano alla tempestiva predisposizione degli atti di ricevimento di direttive tecniche; un sistematico ricorso ai poteri sostitutivi del Governo in caso di inerzia da parte di regioni o enti locali nell'attuazione di obblighi europei; la tempestiva trasmissione alle Camere di documenti e informazioni circostanziati sulle procedure di infrazione pendenti, come previsto dall'articolo 15-bis della legge n. 11 del 2005.
Un ulteriore punto attiene all'approvazione della riforma della legge n. 11. Ieri, è scaduto il termine per la presentazione degli emendamenti al Senato; ci auguriamo che ciò possa finalmente favorire una rapida approvazione del testo licenziato dalla Camera lo scorso 23 marzo (a proposito del nostro bicameralismo perfetto!). Confidiamo nell'azione del Ministro al riguardo.
L'approvazione della legge consentirebbe molte delle innovazioni già introdotte dall'ampia delega conferita a lei, onorevole Ministro, ribadendo e rafforzando il suo ruolo di coordinamento sia nella fase ascendente che nella fase discendente.
Voglio infine richiamare la sua attenzione su alcune questioni di merito che la Commissione XIV sta esaminando o intende esaminare: le proposte relative al nuovo quadro finanziario pluriennale dell'Unione per il 2014-2020, in relazione al quale è espressamente prevista, unitamente alla Commissione Bilancio, l'audizione del Ministro; il rafforzamento della governance economica, in particolare mediante la predisposizione di un nuovo trattato internazionale.
La scorsa settimana lei ci ha già fornito informazioni al riguardo, ma intendiamo essere informati in modo sistematico, contando sulla sua cortesia, anche in vista dell'adesione a eventuali atti di indirizzo. La ringrazio della sua attenzione, Ministro, e le do la parola.
ENZO MOAVERO MILANESI, Ministro per gli affari europei. Grazie, presidente. Ringrazio ancora una volta la Commissione per l'interesse che porta all'attività di Governo nelle questioni che riguardano i rapporti con l'Unione europea.
Come credo accada a tutti quelli che compaiono in questa sede nella mia funzione, ho un dotto intervento scritto che mi è stato diligentemente preparato e che utilizzerò più come traccia che come intervento da leggere per intero, perché ritengo che sia più impegnativo da parte mia nei vostri confronti, quindi rappresenti maggiormente il senso dell'impegno mio nei vostri confronti, intervenire più a braccio che attraverso una lettura, e perché in questo modo riesco a focalizzare meglio le numerose questioni e spunti di riflessione che anche lei, presidente, ha posto nell'intervento.
Cominciamo da un punto che riguarda il modo con il quale intendo svolgere la mia funzione durante il periodo di tempo che lo stesso Parlamento darà modo al nostro Governo di avere dinanzi a sé. Questo si riflette anche sul tenore della delega che mi è stata conferita.
Penso sia evidente - lo si è capito dalle parole con le quali il Presidente del Consiglio si è presentato sin dall'inizio di fronte alle due Camere per la fiducia - che l'Europa è al centro delle nostre attenzioni sotto due profili fondamentali, il primo perché l'Europa è parte del nostro essere italiani.
Se immaginiamo l'Italia e gli altri Stati europei come palazzine divise in appartamenti che rappresentano le realtà locali all'interno di ciascuno Stato, le parti comuni che condividiamo (giardini, cortile) sono rappresentate proprio dall'Unione europea. Questa non è infatti un involucro federale che ingloba e dirige gli Stati, ma è un'unione libera di Stati sovrani che hanno devoluto parte della loro sovranità.
Come tale, è un sistema con cui ci confrontiamo, al quale di volta in volta chiediamo di fare di più come anche di fare di meno, perché quando l'Europa compare come elemento salvifico le chiediamo di fare di più, quando l'Europa compare come un tutore che ci rimprovera comportamenti non in linea le chiediamo di fare meno.
Questo è inevitabile in un sistema che, pur chiamandosi Unione, Unione completa ancora non è. L'attenzione è quindi a una partecipazione attiva, molto attenta al momento europeo, considerandolo un momento totalmente correlato con il nostro momento nazionale.
Il secondo elemento di attenzione, che si riflette nella delega formale e sostanziale che mi è stata attribuita dal Presidente del Consiglio, risiede in una presenza visibile di contatti e relazioni con i vari momenti dell'Unione europea come i parlamentari nazionali in particolare, ma anche il Comitato delle regioni. Giovedì scorso ho incontrato a Bruxelles la presidente Bresso, passaggio che ritenevo doveroso per un Paese come il nostro, in cui le realtà regionali assumono un'importanza così rilevante.
Una presenza attenta, non acritica, non volta a reinventare la ruota. Siamo un Paese di tradizione europeista, veniamo da una tradizione europeista della prima ora in quanto siamo stati tra i Paesi fondatori sia della Comunità europea all'origine, sia dell'Unione economica monetaria poi, un Paese che del suo europeismo ha fatto a volte più una bandiera che un'azione concreta, ma questo fa parte del nostro essere italiani, perché l'europeismo si coniuga anche bene a volte con il più generale elemento del civismo.
Siamo sempre stati rispettati in Europa: non mi riconosco nei miti del non rispetto dell'Italia da parte degli altri in Europa, ma penso che abbiamo avuto una tradizione costante di presenza europea che è sempre stata riconosciuta. Quello che noi vorremmo fare in questo nostro mandato di Governo è corroborare e consolidare questa tradizione di presenza italiana in Europa, cercando ovviamente di migliorare quei punti di criticità che ci hanno costantemente caratterizzato, i ritardi nell'attuazione delle direttive, le infrazioni e quant'altro, e con questo garantendo - per quello che potrò anche in
prima persona fare - una presenza il più possibile attiva e continuativa nei vari momenti europei.
La mia delega rispetto a quelle che l'hanno preceduta si caratterizza per avere nella responsabilità, quindi nell'onere e nell'onore di rappresentare il Paese, la completezza del quadro multilaterale Unione europea. Questo significa in modo particolare la partecipazione del Ministro per gli affari europei al Consiglio Affari generali, che, come sapete, è la formazione del Consiglio che prepara i Consigli europei.
Il buon collegamento con il Presidente del Consiglio e una certa conoscenza del meccanismo europeo che ho avuto modo di acquisire negli anni dovrebbero consentire di far valere le nostre posizioni in maniera efficace in una formazione di Consiglio, che vede la presenza di ministri per gli affari europei per la quasi totalità dei Paesi, ministri che poi hanno un collegamento anche più diretto con il Presidente del Consiglio.
Passano per il Consiglio Affari generali questioni di grande importanza come la cosiddetta legge di bilancio europea, il quadro finanziario pluriennale; quello che sarà discusso riguarda il periodo sino al 2020.
Passano quindi per il Consiglio affari generali le grandi questioni che non ricadono tematicamente in altre formazioni di Consiglio, quindi il fatto di avere in permanenza una rappresentanza a livello di Ministro in questo circuito consente di avere la gravitas necessaria (spero di esserne personalmente all'altezza), di intrecciare, consolidare e mantenere rapporti anche bilaterali con colleghi ministri, che normalmente riferiscono al più alto livello operativo del proprio Governo o del proprio Paese, se pensiamo alla Francia dove il Presidente della Repubblica ha funzioni specifiche in questa materia.
Mantengo anche la partecipazione tradizionale, che avevano i ministri per il coordinamento delle politiche comunitarie ed europee, al Consiglio competitività per la parte che riguarda il mercato interno, quindi buona parte della legislazione di carattere microeconomico che l'Unione europea produce.
L'idea è di consolidare l'esperienza sin qui acquisita, cercando di iniettare una costanza di presenza a livello ministeriale anche in circuiti dove, a seconda delle situazioni, spesso il nostro Paese era rappresentato dal Ministro degli esteri, quindi a un livello eminente, e sovente da un sottosegretario al Ministero degli esteri, che creava una certa differenza rispetto ad altri Paesi.
Questa delega, che si può definire più ampia in quanto comprende l'insieme delle funzioni che il Presidente del Consiglio ha in virtù della legge n. 400 del 1988 e della legge n. 300 del 1999, si sostanzia soprattutto in questo tipo di presenza in sede del Consiglio dell'Unione europea.
Questo permette anche di mantenere una serie di rapporti in seno alla Commissione e, cosa per me molto importante, con il Parlamento europeo, in particolare la delegazione dei parlamentari italiani, che abbiamo incontrato con il Presidente del Consiglio in un'occasione informale, quando ci siamo recati a Bruxelles nei primi giorni di questo Governo a incontrare il Presidente del Consiglio Europeo Van Rompuy e il Presidente della Commissione Barroso. Non essendo possibile incontrare il Presidente del Parlamento europeo Busek, grazie anche all'ospitalità del rappresentante permanente abbiamo tenuto a incontrare i parlamentari europei.
Poi abbiamo avuto un incontro con il Comitato delle regioni, che è uno snodo di sensibilizzazione ascendente per la sua funzione consiliare nel sistema legislativo dell'Unione, ma anche discendente per avvicinare la realtà dell'Europa alle nostre realtà locali.
Questo per quanto riguarda la funzione, la delega e quella che chiamerei la presenza in Europa. Ci sono poi altre tre linee, lungo le quali considero opportuno agire a livello di Governo: il coordinamento europeo del Governo, e qui ritrovo nelle questioni poste dal presidente una serie
di spunti per quanto mi accingo a dire, il raccordo con il Parlamento e quindi in particolare con questa Commissione alla Camera e con la corrispondente Commissione al Senato, e naturalmente la già ben attivata in passato forte vigilanza sull'attuazione del diritto europeo.
Mi soffermo ancora sull'elemento forse più importante all'attenzione del Consiglio Affari generali prima di chiudere questa prima parte, vale a dire il quadro pluriennale finanziario 2014-2020.
Quando vi ho riferito i risultati del Consiglio europeo ho già avuto modo di evidenziare che questo quadro finanziario è per noi di un'importanza capitale, innanzitutto perché la partecipazione italiana al finanziamento, quindi alle entrate per l'Unione europea è la partecipazione di un importante contribuente netto. A seconda dei calcoli, siamo il terzo o il quarto contribuente netto.
Tenete conto che il termine «netto» sconta per alcuni Paesi come la Gran Bretagna l'aver ottenuto in passato, a seguito di un accordo politico, un cosiddetto «sconto» sul dare e avere, e poi è la funzione derivata del Prodotto interno lordo di ciascun Paese, perché una parte consistente delle risorse proprie dell'Unione deriva da una percentuale sul PIL.
Siamo un contribuente netto, dobbiamo averne coscienza e con questa coscienza dobbiamo partecipare a questo negoziato. Naturalmente esiste l'altra faccia della medaglia: siamo stati storicamente un membro della comunità europea che ha ricevuto molto dall'Unione, quindi essere oggi contribuente netto rappresenta per noi anche un'occasione per reciprocare quella solidarietà di cui abbiamo beneficiato per ben oltre la metà del percorso di 55 anni di partecipazione alla Comunità e all'Unione europea.
Tra l'altro - parentesi aperta e chiusa, forse un po' retorica ma perdonatela a chi ha passato molta della sua vita in Europa -, riflettevo ieri, intervenendo a un convegno organizzato per una ricerca universitaria sul consenso all'Europa, che su 150 anni di storia unitaria del nostro Paese oltre un terzo è anche storia della partecipazione italiana alla Comunità europea, all'Unione europea. Mi sembra un dato a cui non facciamo sempre attenzione.
Un terzo della nostra vita come Stato unitario coincide dunque con la devoluzione di parti della nostra sovranità a questa costruzione europea, che poi rappresenta l'unico futuro che un Paese europeo può avere (parlo non solo dell'Italia, ma anche di un Paese come la Germania). Guardiamo la carta geografica, i dati dell'economia mondiale, come si configurano oggi le relazioni e domandiamoci cosa un singolo Paese dell'Unione europea, anche il più importante, possa realizzare senza quell'elemento di rafforzamento collettivo che deriva dall'Unione stessa.
Sul fronte del quadro pluriennale, abbiamo la grande sfida, che si pone sia in fase ascendente che in fase discendente, di sapere utilizzare bene ciò che ci torna a livello di redistribuzione delle risorse. Qui i grandi capitoli sono soprattutto tre: la politica agricola, la politica di coesione e la politica della ricerca.
La politica della ricerca costituisce un discorso a parte, perché sono fondi europei distribuiti direttamente su bandi di gara europea, quindi è più il sistema impresa, il sistema centri di ricerca, il sistema università del Paese che deve rispondere, ma politiche agricole e politiche di coesione sono nella responsabilità del Governo e degli enti locali.
Nell'attuale documento depositato dalla Commissione troviamo alcuni elementi di criticità o di insoddisfazione per il modo in cui ancora si declina la politica agricola, privilegiando un criterio di superficie coltivata piuttosto che un criterio di effettiva produzione e soprattutto di qualità di produzione, e troviamo materia di cui discutere e di cui essere insoddisfatti, rispetto alla politica di coesione, nel fatto che si inseriscano criteri e individuazioni di categorie di regioni intermedie, che fanno sì che i nostri contributi in ammontare totale possano aumentare, ma non necessariamente essere focalizzati su quelle regioni del nostro Paese che hanno maggiormente bisogno di intervento.
La mia posizione è che questi elementi debbano trovare una soddisfacente soluzione nel quadro del negoziato. Se questa soddisfacente soluzione non dovesse manifestarsi, ci dovremmo domandare seriamente - e in entrambi i casi vorrei poter riferire alle Commissioni dei due rami del Parlamento - in che misura il nostro Paese debba siglare il proprio accordo alla proposta finale di quadro di sostegno.
Come dirò anche domani in Senato, sarà molto importante mantenere un dialogo nelle sedi istituzionali ma anche un dialogo interattivo su spunti che voi possiate fornire. È fondamentale per il nostro Paese ritrovarsi pienamente, anche dando oggi quella solidarietà che ieri ha ricevuto nel quadro pluriennale; però solidarietà non significa essere trattati in maniera peggiore di altri Paesi comparabili al nostro.
Passerei al secondo punto che intendevo trattare, che riguarda l'azione sul fronte del mercato interno, termine che è stato usato come sinonimo di molte cose a livello europeo e anche di dibattito nazionale sulle questioni europee. Ritengo che una cosa vada riconosciuta all'insieme delle azioni riconducibili al capitolo grandi politiche del mercato interno dell'Unione europea: queste azioni hanno rappresentato il più evidente, e concreto nei risultati, fattore di crescita dell'Europa stessa.
Sin dall'inizio il Mercato Europeo Comune (MEC) creato nel 1957 ha dato una valvola di espansione al nostro boom economico degli anni Sessanta. Allora c'era un mercato domestico in fortissima crescita, ma c'è stata anche la possibilità di avvalersi di questo mercato comune che si apriva. Il mercato interno è l'evoluzione del MEC, e ancora oggi può essere un fattore di crescita.
Le liberalizzazioni hanno un impatto che deve essere gestito a livello nazionale, così come lo hanno le spinte all'apertura dei grandi mercati pubblici, degli appalti, delle gare, delle concessioni. Certamente creano più concorrenza e per definizione la concorrenza è una sfida, però, se si sa rispondere alla sfida in modo competitivo e valido, si genera un fattore di crescita, perché non è detto che la liberalizzazione e l'apertura alla concorrenza, la fine della possibilità per i Governi di bloccare acquisizioni di società nazionali - la famosa questione dell'italianità - significhino solo subire.
Se il nostro sistema imprenditoriale è attivo, se il nostro sistema Paese sa dare stimoli corretti, a questa sfida possiamo rispondere come spesso avvenuto in passato e come ancora oggi avviene in mercati che, essendo sempre autocritici, vogliamo definire «di nicchia», ma che magari non lo sono affatto, quali il comparto della moda o il cosiddetto comparto «del lusso».
Siamo un Paese a fortissima vocazione esportatrice nel mondo, siamo dopo la Germania il più grosso esportatore europeo, il mercato europeo è il nostro primo mercato di esportazione e viceversa, il che dovrebbe far riflettere. Siamo un importantissimo mercato di consumo per i nostri amici Paesi europei e siamo un importantissimo mercato di esportazione, ma dobbiamo vivere questo come una sfida a cui rispondere in positivo.
L'attenzione che noi portiamo all'attuazione e all'incremento da parte delle istanze comunitarie di nuove normative e di nuove iniziative nell'ambito del mercato interno è viva anche perché lo consideriamo un fattore di crescita per il nostro sistema nazionale.
Vengo a un «di cui» del mercato interno su cui c'è molta sensibilità, il brevetto. Siamo un Paese importante come numero di brevetti europei registrati, siamo comunque nei primi quattro o cinque (i dati possono portare alla prima o alla seconda conclusione), siamo comunque un Paese molto importante.
È inutile ripercorrere con la memoria il numero di inventori che nella storia l'Italia ha saputo produrre anche quando il Paese non esisteva nemmeno. Credo che sia per noi molto importante tenere una grande attenzione sull'evoluzione normativa che riguarda il brevetto europeo. Questa evoluzione normativa ha preso purtroppo una strada che non è stata considerata,
e che verosimilmente non è da considerare, come ideale per il nostro sistema Paese
Questa strada è stata quella in particolare di adottare per i regolamenti base del nuovo sistema di brevetto per l'Unione europea un trilinguismo: inglese, francese e tedesco.
Questo trilinguismo - citiamo con chiarezza i fatti e i dati storici - era già utilizzato dall'ufficio di Monaco istituito con la Convenzione internazionale sul brevetto europeo, quindi non è una novità dell'ultima ora.
In un ambito di ridefinizione dell'Unione europea del sistema di brevetto, avremmo auspicato un'eguaglianza tra le lingue o quantomeno una valutazione ponderativa delle varie lingue. Questo è il motivo per cui il precedente Governo non ha aderito al voto sul regolamento europeo. Per superare questa impasse che vedeva la Spagna e l'Italia negative, e quindi non permetteva di adottare i regolamenti con la procedura base ordinaria, è stata intrapresa una strada, che a mio parere, e a parere di molti, ha creato un vulnus forse ancora più grave di quello linguistico: la strada della cooperazione rafforzata.
In una materia come quella del mercato interno, che è per definizione una materia inclusiva, che punta a unire e ad armonizzare le norme per tutti i Paesi membri dell'Unione. Lo si fa su cose banali come le gabbie in cui devono viaggiare le galline ovaiole, per cui poi si fanno tutte le ironie sulla legislazione europea. Dal punto di vista di questi animali il problema è serio, perché riguarda la possibilità di viaggiare incontro al loro destino in situazioni più confortevoli.
Al di là delle facili ironie, la legislazione sul mercato interno è importante, mira a eliminare gli ostacoli tecnici, gli ostacoli di tipo fisico o fiscale alla circolazione delle merci, dei beni, dei servizi, di capitali e anche delle persone. Scegliere la strada della cooperazione rafforzata oggi per il brevetto apre un terreno molto contestabile sul piano politico e anche giuridico, perché un domani possiamo adottare la stessa strada della cooperazione rafforzata anche in altri settori, per cui decidiamo uno standard cooperazione rafforzata, che riguarda solo alcuni Paesi e non tutti.
Questo è il motivo per cui il nostro Paese ha presentato con il precedente Governo un ricorso alla Corte di giustizia, e noi riteniamo di sostenere pienamente questo ricorso per la tutela della dignità linguistica del nostro Paese e della maggior facilità linguistica per i nostri inventori, ma anche, e a questo punto bisognerebbe aggiungere soprattutto, per la tutela del concetto inclusivo di mercato interno rispetto all'utilizzazione della cooperazione rafforzata.
ISIDORO GOTTARDO. Chi guidava?
ENZO MOAVERO MILANESI, Ministro per gli affari europei. È stata un'opzione della Commissione e vi partecipano 25 Paesi. Sono stati i Paesi che più premevano per avere il regolamento, quindi anche i grandi Paesi (la Germania, la Francia e la Gran Bretagna) che poi si ritrovavano nel trilinguismo, però poi anche tutti gli altri hanno aderito a questa azione.
Rispetto ai regolamenti che la Commissione sta portando avanti nel quadro della cooperazione rafforzata, e che saranno verosimilmente adottati a inizio anno nel quadro della cooperazione rafforzata, manteniamo inalterata la posizione critica del Governo e anche il ricorso alla Corte di giustizia.
Ho tuttavia rettificato la posizione del nostro Paese, quindi del Governo, per quanto riguarda l'accordo internazionale, un atto che rientra nel quadro dell'Unione europea ma non è comunitario: l'accordo internazionale per la creazione di una Corte in materia di brevetti, corte con la quale tutti i titolari di brevetti europei comunque chiesti o già detenuti (siamo a oltre 55.000 titolari di brevetti già detenuti nell'ambito della normativa attuale) avranno comunque a che fare, perché sarà l'unico giudice delle vertenze di contestazione in materia di brevetto.
La posizione è stata cambiata perché abbiamo riflettuto su due profili: il primo, che
la precedente posizione che ho descritto non era intaccata necessariamente dalla apertura all'Accordo internazionale in materia di istituzione dell'istanza giurisdizionale, anzi si stabiliva una certa coerenza di comportamento, che ci vedeva sempre coerenti con la nostra vocazione di avanzare nell'approfondimento della legislazione europea, ovviamente non essendo disposti a farlo quando questo andava contro elementi evidenti della nostra visione europea o del nostro interesse di Paese.
In secondo luogo per la tutela dei nostri titolari di brevetto, perché di fronte a questa Corte avrebbero comunque dovuto presentarsi sia come attori che come convenuti. Sarebbe stata una Corte in cui per l'assenza dell'Italia nel negoziato e nella conclusione dell'accordo non ci sarebbe mai potuto essere un giudice italiano, sarebbe stata una «Corte straniera», di fronte alla quale i nostri inventori dovevano apparire.
Per questo motivo abbiamo dato la nostra adesione, che ci mette adesso in pieno nel negoziato. Stiamo chiedendo - è materia di queste ore - alla presidenza danese, che assumerà la presidenza semestrale dell'Unione da gennaio, di valutare l'opportunità di riaprire i termini per la presentazione di candidature per le sedi delle diverse istanze della Corte, che si erano chiuse purtroppo in data anteriore al Consiglio del 5 dicembre, al quale potevo palesare questo tipo di approccio.
Se la presidenza danese decidesse di riaprire i termini per le candidature (ma la questione è totalmente con un punto interrogativo, anche se per vie diplomatiche e politiche lo stiamo chiedendo), questo potrebbe permettere a città italiane di presentarsi come candidate.
La ragione per la quale noi abbiamo avanzato questa richiesta è che nel frattempo, come sovente accade nelle vicende europee, il negoziato si è arenato sulla scelta delle sedi di queste diverse istanze. Può darsi che per superare questa sorta di stallo ci sia la possibilità per la presidenza di considerare l'opportunità di rinviare i termini per la presentazione di candidature e quindi per una nostra città di essere presa in considerazione.
Volevo relazionarvi in modo specifico sul brevetto, perché mi sembra un tema importante, sul quale il Parlamento aveva portato sovente la sua attenzione.
Il secondo grande tema è il coordinamento dell'attività Unione europea in seno al Governo. Qui noi intendiamo attenerci a due linee fondamentali. La prima è quella che ciascun dicastero, ciascun Ministro, per il proprio ambito di competenza, deve sentirsi pienamente abilitato e responsabilizzato a trattare le questioni che si pongono in sede europea per la propria competenza per materia alla stessa analoga stregua, con la stessa analoga attenzione, a seconda evidentemente delle priorità che si pongono, con cui segue le questioni in sede domestica, quindi questioni agricole Ministro dell'agricoltura, questioni ambientali Ministro dell'ambiente, e via dicendo.
Seconda grande linea: accanto a questa responsabilizzazione, che va costantemente richiamata e andrebbe fatta anche nei vari incontri che le Commissioni parlamentari di corrispondenza dei vari ministri hanno, il Ministro per gli affari europei si impegna e si sente impegnato a svolgere la sua funzione di coordinamento e di stimolo, che riguarda anche l'assistenza, l'aiuto e ove occorra anche il supporto attivo di accompagnamento nelle eventuali questioni che si possono porre, vuoi in fase ascendente, vuoi in sede contenziosa dopo la fase discendente; coordinamento che si manifesta in fase discendente attraverso quell'assemblaggio della legge comunitaria che compare di fronte a voi.
Questo è un elemento molto importante, in particolare - ritorno su questo alla fine - noi svolgiamo questa funzione in modo molto presente e strettamente coordinato sul fronte del contenzioso, per ridurre il numero delle infrazioni.
Sulle questioni che per caratterizzazione tematica ricadono nella competenza di un dato ministro e di un dato ministero, in linea primaria è su di loro che ricade l'onore
e l'onere e la responsabilità di trattarlo in modo opportuno. Per quanto mi riguarda, sono laddove è utile parte diligente, anche in seno al Consiglio dei Ministri quando sono in discussione determinate iniziative e determinati disegni di legge governativi, per richiamare l'attenzione su eventuali profili di rilevanza per l'Unione europea, ai quali è meglio pensare prima piuttosto che sentirceli rimproverare dopo.
Il terzo grande comparto dell'azione del Ministro per gli affari europei riguarda i rapporti con il Parlamento nazionale. Ancora una volta, dato che non è la prima volta che mi vedete in un lasso di tempo ancora relativamente breve - anche se personalmente lo vedo già coniugato in tempi molto rilevanti - di poco più di un mese di vita del Governo, ribadisco l'impegno di venire ogni volta che lo riteniate utile e necessario, con gli opportuni accorgimenti di agenda, perché credo che il dialogo con il Parlamento sia un elemento fondamentale per il Ministro per gli affari europei, perché è dal dialogo con le due Commissioni parlamentari che trae maggiore legittimazione e forza nella propria attività, ma fondamentale anche per gli altri componenti del Governo.
È molto interessante constatare quando si guarda alla Germania, alla sua attitudine di fronte alle questioni monetarie che oggi tanto ci preoccupano, quanto sovente anche i maggiori esponenti di Governo di quel Paese spieghino, giustifichino, condizionino certe loro posizioni riferendosi al mandato che hanno ricevuto dal proprio Parlamento. Credo che questo tipo di dialogo interattivo sia fondamentale, perché talvolta potrebbe essere anche opportuno per un esponente di Governo attirare l'attenzione del proprio Parlamento sulla non opportunità di una certa posizione, e qui si instaura un normale dialogo politico, in cui ci si mette reciprocamente al corrente di quelle che possono essere le implicazioni.
In una democrazia parlamentare è evidente che la mia opinione non ha nessun dubbio in proposito: un Ministro in sede nazionale è delegato da un mandato parlamentare e allo stesso modo lo è in sede europea. Sarà quindi mia cura richiamare questo aspetto ai miei colleghi, che peraltro mi sembrano tutti sensibili al riguardo, e praticarlo in prima persona. Sarò dunque sempre contento di venire da voi.
L'ulteriore comparto di azione da sottolineare riguarda la fase discendente, che mette il Ministro per gli affari europei in diretto contatto con il Parlamento. Si svolge attraverso l'attività di recepimento della legislazione, il veicolo è la legge comunitaria, e il progetto di riforma della legge n. 11 del 2005, di cui abbiamo l'eponimo presente in quest'aula, prevede un rafforzamento del veicolo e anche un suo sdoppiamento.
Sapete che immediatamente dopo il mio insediamento sono stato molto contento di potere accelerare, forse di pochi giorni, il peraltro molto lungo iter parlamentare della comunitaria 2010, avete calendarizzato, con un ritmo positivo e per questo vi ringrazio, la comunitaria per il 2011 e per quanto mi riguarda sarà presentato nei termini di legge, quindi nel mese di febbraio, il disegno di legge comunitaria 2012. Con tale reciproca collaborazione, quindi, riusciremo forse a portare a risultato e a rimettere in orario corretto questi importantissimi veicoli.
Ho sempre ritenuto che la fase discendente sia strettamente correlata alla fase ascendente. Quanto più si è riferito in fase ascendente al Parlamento da parte del Governo, quanto meglio e in modo più spedito potrà andare la fase discendente. Dobbiamo evitare nel modo più assoluto di ritrovarci ad aderire in sede europea a legislazioni per le quali poi si scoprono gli elementi di criticità solo al momento della fase di recepimento.
Questa è la forza principale, attraverso la quale si entra in una procedura di infrazione vuoi per ritardato, vuoi per non corretto recepimento, per cui ancora una volta l'importanza del dialogo preventivo e della fase ascendente anche in stretta correlazione con la fase discendente.
Nella fase discendente si pongono questioni, che potremmo approfondire anche in discussioni ad hoc, che riguardano la
questione del termine per l'esercizio delle deleghe, l'idea di introdurre un'innovazione che permetta di anticipare il termine di delega ai due mesi precedenti a quello del recepimento, per evitare la situazione attuale, in cui alla fine i termini delle deleghe scadono e vengono assolti dall'esecutivo costantemente in ritardo, il che ci mette inutilmente in cattiva luce e a rischio di procedure medesime. Per la questione del recepimento amministrativo dei decreti siamo evidentemente molto impegnati a rispettare le tabelle di marcia.
Procedure di infrazione: i dati menzionati dal presidente Pescante sono assolutamente corretti: attualmente abbiamo 136 procedure di infrazioni aperte - vi fornisco alcuni dati, senza i quali il discorso sembra astratto, per cui permettetemi seppur da giurista di scendere in qualche dato che fa ormai parte del nostro modo di pensare -, di queste 98 riguardano casi di violazione, 38 casi di mancato recepimento.
I casi di mancato recepimento si sanano via via, e speriamo di riuscire a farlo sempre nei termini corretti con l'adozione delle leggi comunitarie di cui ho parlato poco fa. I settori maggiormente toccati sono abbastanza significativi, perché abbiamo 33 infrazioni che riguardano l'ambiente, ed è un peccato perché francamente la sensibilità ambientale, seppur con punte più o meno acute, è condivisa dalla nostra opinione pubblica e mi sembra anche dalle forze politiche.
Abbiamo 17 infrazioni in materia di fiscalità e di dogane, laddove probabilmente alcune nostre norme devono essere messe maggiormente in sintonia con gli elementi europei, 11 che riguardano le questioni sociali, 10 che riguardano il settore della sanità e altre 10 che riguardano il settore dei trasporti.
Riguardo all'origine delle procedure di infrazioni, 19 procedure (circa un settimo) sono relative a violazioni del diritto e inadempimenti dovuti alle regioni e agli enti locali, motivo per cui sono andato a trovare la presidente Bresso tra le prime visite effettuate a Bruxelles, perché nel Comitato delle regioni siedono esponenti di altissimo livello, nella delegazione italiana, delle nostre regioni e dei nostri grandi comuni ed è importante che abbiano su questo una sensibilità, che deve essere anche trasmessa nell'ambito della Conferenza Stato regioni.
ISIDORO GOTTARDO. Si è fatto dare la lista delle presenze?
ENZO MOAVERO MILANESI, Ministro per gli affari europei. Non mi sono fatto dare la lista delle presenze, ma me la farò dare.
ISIDORO GOTTARDO. Se la faccia dare, perché questa è una cartina di tornasole importante.
ENZO MOAVERO MILANESI, Ministro per gli affari europei. Seguirò il suo consiglio, me la farò dare, però la Bresso mi è sembrata sensibile alle questioni che sollevavo.
Per quanto riguarda il livello di gravità delle nostre procedure di infrazione, di 12 siamo particolarmente preoccupati perché riguardano casi di mancata esecuzione di una sentenza di condanna, e questo come sapete ci espone alle famose sanzioni, che purtroppo dalle modifiche apportate con il Trattato di Amsterdam e poi di Nizza sono sanzioni pecuniarie anche abbastanza pesanti.
Come regalo di benvenuto dell'organismo al quale avevo l'onore di appartenere, la Corte di giustizia, in occasione del mio insediamento il giorno 17 novembre è arrivata una sentenza, che naturalmente non era stata programmata, ma che come tale ho ricevuto il giorno dell'insediamento che condanna il nostro Paese a 30 milioni di euro di ingiunzione di pagamento per un mancato recupero di aiuti di Stato concessi negli anni 1997 e 1998.
Questo naturalmente è un esempio, che cercavo di porre sul lato più scherzoso perché è arrivata proprio nei giorni del mio insediamento dall'organismo in cui ero stato prima, però è un esempio di cosa si dovrebbe veramente cercare di evitare, perché il mancato recupero di un aiuto di
Stato sanzionato contiene un elemento di danno e di beffa, perché da un lato lo Stato non recupera un aiuto che avrebbe avuto diritto di recuperare alle casse dell'erario e dall'altro per giunta riceve anche una sanzione, per cui è un esempio plasticamente significativo.
Dal lato delle buone notizie c'è da dire che la sanzione richiesta dalla Commissione era pari al doppio e quantomeno, attraverso la difesa operata dalla nostra Avvocatura che è sempre in prima linea e alla quale dobbiamo essere particolarmente grati per l'azione che svolge sia per lo Stato che per gli enti locali chiamati di fronte alla Corte, siamo riusciti a dimezzare la cifra, però sono sempre 30 milioni ed è un peccato essere sanzionati in questo senso.
C'è poi una perdita di credibilità - qui sì - quando il sistema Paese, di fronte all'applicazione di norme che ha approvato, si trova in difetto, allora sarebbe meglio non approvarle. Gli aiuti di Stato fanno parte del trattato sin dall'origine, quindi il riferimento non è appropriato, però nel caso di una direttiva che non siamo capaci di applicare correttamente dobbiamo pensarci prima e far presente in sede di fase ascendente quali sono i nostri problemi e condizionare opportunamente il nostro accordo.
Per memoria faccio riferimento a una cosa che ho già citato quando abbiamo parlato del Consiglio europeo e della posizione britannica, e vi ricordo ancora una volta quello che ho constatato tante volte nelle stanze europee: la Gran Bretagna è un Paese estremamente attivo, estremamente critico ed estremamente combattivo nel corso delle negoziazioni in sede di Consiglio, in sede di Parlamento europeo per l'adozione delle normative; ma nel momento in cui la normativa, magari penalizzando la Gran Bretagna stessa, è stata adottata, il Paese è molto rapido, molto corretto e molto puntuale nel suo recepimento. Anche la Gran Bretagna ha delle infrazioni, non porta una maglia bianca e immacolata, però non ha il numero di infrazioni che magari abbiamo noi, che invece in sede di approvazione di questa normativa siamo stati molto più positivi.
L'idea è di proseguire questo coordinamento molto stringente, che è stato instaurato da qualche anno dal nostro dicastero, per riuscire a gestire efficacemente il numero delle infrazioni e ridurlo. Qui c'è un dato importante di riduzione nel corso degli anni: se consideriamo gli ultimi cinque anni - e questo mostra la natura obiettivamente bipartisan di questo tipo di questioni che ci dovrebbe interessare al di là degli specifici orientamenti di un Governo piuttosto che di un altro -, negli ultimi cinque anni è stato ridotto del 53 per cento, quindi della metà, e questo certamente è merito di chi mi ha preceduto.
La collaborazione con il Parlamento è fondamentale anche in questo settore, perché, se il recepimento è fatto correttamente, evitiamo numerose procedure di infrazione.
Concludo ribadendo il mio impegno a favorire nei tempi più spediti in Senato l'ulteriore approvazione della riforma della legge n. 11 del 2005, in maniera tale che possa ritornare qui per la sua approvazione definitiva. Spero, presidente, di avere anche risposto alle sue domande. Si parlava del Comitato interministeriale, del CIACE, e l'idea è ovviamente di mantenerlo pienamente attivo. La volta scorsa avevo già illustrato le forme di raccordo con il Ministero degli esteri. Mi avvarrò anche di strutture del Ministero degli esteri, che rimarranno pienamente nell'inquadramento organico e gerarchico del Ministero degli esteri, ma quando tratteranno questioni di carattere Unione europea opereranno sotto la mia responsabilità politica.
Se sbaglio, correggetemi, ma credo di aver trattato le questioni che lei aveva segnalato e sono a disposizione per ulteriori domande. Grazie.
PRESIDENTE. Grazie a lei, Ministro. Notiamo con compiacimento che alcuni degli aspetti che lei ha rilevato, soprattutto il rapporto con il Ministero degli esteri, erano
stati da noi sottolineati e normativamente cesellati nella nostra riforma della legge n. 11 del 2005. Tutte le cinque proposte di legge andavano infatti in questa direzione.
Non abbiamo molto tempo a disposizione, quindi contingenterei gli interventi a cinque minuti, con massimo apprezzamento per coloro che si terranno al di sotto dei cinque minuti. Do quindi la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.
ROCCO BUTTIGLIONE. Cercherò di battere il record, anche perché purtroppo mi devo scusare ma subito dopo sarò richiamato da un altro impegno. Prima di tutto un cordiale benvenuto al Ministro Enzo Moavero Milanesi, all'amico, se mi permette, e al maggiore esperto che ci sia in Europa di questioni europee, non solo in Italia; in questo caso il Governo dei tecnici ha fatto un passo ulteriore e ci ha dato il tecnico migliore.
È stata una relazione completa, esauriente, che indica molti cammini lungo i quali bisognerà proseguire e anche discutere insieme. Mi permetto di fare soltanto alcune brevissime osservazioni. La prima: signor Ministro, lei si trova in una situazione eccezionale, ne approfitti per consolidare in sede legislativa quella posizione che le deleghe le hanno assegnato, che corrisponde esattamente a quanto era contenuto nell'originario progetto di legge a mia firma da cui è partita la riforma della legge n. 11 del 2005, che poi si è perso per opposizioni allora trovate.
La rappresentanza di Bruxelles deve stare alle dipendenze funzionali del Ministro per gli affari europei, rimanendo naturalmente inquadrata all'interno del Ministero degli esteri. Se vogliamo esercitare con efficacia la funzione di coordinamento, questa è una cosa indispensabile. Se quindi lei la rimettesse, con un suo emendamento, all'interno del progetto di riforma o lo facessero i colleghi del Senato con il suo sostegno, sarebbe una cosa eccellente.
Un'osservazione sul tema dei brevetti, su cui mi permetto di essere di parere un filo diverso: saremo anche il quarto Paese per numero di brevetti, ma purtroppo siamo un Paese che copia e copia molto! Per la piccola impresa italiana sarebbe importante poter avere non il brevetto, ma le pretese del brevetto tradotte in italiano, perché leggendo le pretese sarebbe in grado di capire se debba farsi tradurre tutto il brevetto a sue spese per capire cosa può fare e cosa non può fare, oppure possa continuare tranquillamente a fare quello che stava facendo.
Se in sede di negoziazione della nostra necessaria adesione - giudico anch'io un errore essere rimasti fuori dall'accordo - potessimo ottenere questo, sarebbe un vantaggio importante per le nostre piccole imprese.
Vorrei dire molte altre cose, ma temo di aver già parlato troppo. Le rivolgo quindi un cordialissimo benvenuto, in quanto sono sicuro che insieme potremo fare molto bene a servizio del Paese.
PRESIDENTE. Sottoscrivo la prima osservazione. Do la parola all'onorevole Formichella.
NICOLA FORMICHELLA. Grazie, presidente. Anch'io ringrazio il Ministro soprattutto per la completezza dell'audizione.
Alcuni temi ai quali siamo particolarmente sensibili sono stati già trattati ed esposti con completezza. Mi riferisco al discorso dei brevetti e a quello del trilinguismo, tema a noi molto caro, per il quale ci siamo molto impegnati.
Una premessa, che ovviamente non è una critica ma una constatazione: in ragione della delega che le è stata conferita, lei dovrà riferire sistematicamente alle Camere prima delle riunioni del Consiglio europeo, come previsto dalla legge n. 11 del 2005, che in questa legislatura stiamo modificando per iniziativa di questa Commissione. Siamo consapevoli delle difficoltà che hanno portato lei, signor Ministro, a non venire in Parlamento prima del Consiglio europeo dell'8 e 9 dicembre, che pure
affrontava una questione importante quale la governance economica.
L'invito è che quello resti un primo e ultimo incidente di percorso, affinché, come lei giustamente ha detto, il Parlamento possa svolgere la propria funzione, essendo noi in una democrazia parlamentare.
Per quanto riguarda l'altro tema che a noi sta particolarmente a cuore, cioè il discorso dei fondi strutturali, la scorsa settimana abbiamo audito il Ministro Barca, ma anche dalle sue parole abbiamo inteso che il Governo ha sposato la linea dei grandi contributori netti, chiedendo una riduzione del volume complessivo del bilancio europeo. Vorrei capire come questa posizione si concili con la difesa degli stanziamenti per le nostre regioni nell'ambito della politica di coesione.
SANDRO GOZI. Ministro, lei certamente ha tutto il nostro sostegno nel modo in cui interpreta il suo ruolo, siamo convinti che occorra abbattere questo muro artificiale tra politiche interne e politica europea. La politica europea è il centro della politica interna, e quindi è necessario che abbia un coordinamento presso la Presidenza del Consiglio attraverso il Ministro degli affari europei.
Da questo punto di vista, lei sa di essere in linea con la battaglia che noi del Gruppo del PD abbiamo fatto sin dall'inizio di questa legislatura, quindi condividiamo la convinzione che lei non debba fare tutto, ma debba far fare bene la politica europea dell'Italia. Su questo ha il nostro sostegno e secondo noi in prospettiva un Vicepresidente del Consiglio dovrebbe essere il Ministro delegato per l'Europa, dovrebbe partecipare regolarmente al Consiglio affari generali, mentre il Presidente del Consiglio parteciperebbe al Consiglio europeo, ma è evidente che lei ha fatto un passo avanti per arrivare a uno sviluppo di questo genere.
Sta creando un precedente importante attraverso le deleghe nella prassi, e le chiedo di valutare l'opportunità - sono convinto del merito, ma non so se convenga tatticamente - di utilizzare la lettura in Senato della riforma della legge n. 11 del 2005, per inserire eventuali modifiche, che vanno anche nel senso delle proposte di alcuni senatori che mirano a consolidare, come del resto anche il presidente Buttiglione le ha suggerito, questo suo ruolo e questo modo di interpretare il modo in cui si fa la politica europea dell'Italia.
Secondo punto: lei faceva riferimento al quadro finanziario pluriennale e alla necessità di far valere il nostro ruolo di contributori netti. Anche su questo siamo d'accordo, ma il punto è come far valere il ruolo di contributore netto. Ci può essere la linea di attestarsi e mettersi nella scia dei Paesi più rigoristi, affermando che il bilancio non va aumentato, anzi va diminuito perché siamo in periodo di crisi, e su questo non avrà il nostro sostegno, o si può invece utilizzare il ruolo di contributore netto per influenzare positivamente sulle nuove priorità del quadro finanziario pluriennale.
Lei ha accennato a una di queste, cioè alla politica di coesione. Se su questo ci saranno scambio di informazioni, nel prosieguo dei negoziati, tra Governo e Parlamento, avrà non solo il nostro sostegno, ma anche i nostri suggerimenti su alcuni nodi fondamentali del negoziato.
Oltre alle priorità che lei ha accennato e che condividiamo, ci sono anche altri punti su cui riteniamo occorra spingere la Commissione europea e i nostri partner in Consiglio: la politica euromediterranea, che è una percentuale piccola di una percentuale già piccola della politica estera dell'Unione europea, il tema della cittadinanza, il tema dell'economia verde. Usiamo il nostro ruolo di contributore netto per insistere di più sull'accento e sulle risorse su priorità che corrispondono all'interesse del Paese, oltre a quella «macro» da lei citata della politica di coesione.
Lei ha toccato un punto molto importante per il nostro Gruppo, rappresentato dalle liberalizzazioni. Questo tema taglia in maniera orizzontale la politica del Governo, ma non è un caso che anche lei ne abbia parlato in questa Commissione perché questo rientra in quei grandi orientamenti
del mercato unico e dell'Unione europea che sono nell'interesse della crescita europea e italiana.
Noi vorremmo che da gennaio il Presidente del Consiglio Monti attuasse il rapporto del professor Monti sul completamento del mercato unico europeo, e sappia che su questo, se il Presidente del Consiglio Monti fa il professor Monti, avrà tutto il nostro sostegno, e credo che su questo lei possa giocare un ruolo molto importante.
L'ultimo punto: in fase ascendente e in fase discendente occorre anche italianizzare le norme europee e su questo il Comitato sulla fase ascendente di questa Commissione è assolutamente disponibile a cooperare con il Governo per migliorare quel raccordo tra fase ascendente e fase discendente. Oltre che con la presidente Bresso, parli anche con il presidente Errani, perché spesso alla Conferenza Stato regioni si accumulano dei nodi in materia di politica europea.
PRESIDENTE. Darei adesso la parola all'onorevole Maggioni, che ricordo al Ministro essere il relatore del disegno di legge comunitaria.
MARCO MAGGIONI. Cercherò di restare nei cinque minuti che ha assegnato. Ringrazio il Ministro in particolare per la chiarezza con cui ha esposto le sue linee programmatiche.
Credo che il periodo storico che stiamo vivendo sia particolarmente complesso per le istituzioni europee, perché si ravvisa un calo di popolarità e del consenso di cui le istituzioni europee godono sia verso i cittadini, sia nei confronti delle nostre imprese.
Ravvisiamo anche una difficoltà nel prendere le decisioni, che questo periodo così complesso meriterebbe di saper adottare con celerità e incisività. In particolare, ci riferiamo al fatto che un'Europa a 27 deve esserlo in senso concreto, per cui il fatto che accordi molto importanti per la vita e l'economia non solo dell'Unione europea ma anche dei Paesi membri vengano presi con il consenso di una parte anche se rilevante di essi e altri Paesi ne restino al di fuori ci provoca profonda preoccupazione.
Basterebbe citare ad esempio gli Eurobond, che ancora vengono rinviati e da fonti giornalistiche si apprende che la Germania sarebbe disponibile a valutare l'ipotesi, ma, finché non c'è il pieno consenso, una valutazione appare totalmente insufficiente. Ci risulta dubbiosa anche la lentezza con cui si sta rivedendo e si sta valutando il ruolo della Banca centrale europea, perché ribadiamo la nostra convinzione affinché questa istituzione finanziaria, la più importante dell'Unione, diventi prestatore di ultima istanza, e ribadiamo come il ruolo della Banca centrale europea nella politica economica dell'Unione debba essere oggetto di una revisione, perché la Banca centrale europea come stabilizzatore dei prezzi ha un compito estremamente limitato rispetto alle esigenze future dell'economia dei Paesi membri.
Sono d'accordo in merito ai brevetti e qui le chiedo di fare tutto ciò che è in suo potere affinché si riaprano questi termini per presentare candidature. So che su questo versante un nostro europarlamentare, insieme a colleghi italiani di altri gruppi parlamentari, ha presentato un'interrogazione affinché si riaprano questi termini, e in questo senso credo che Milano potrebbe essere un'ottima sede per la Corte europea dei brevetti.
Chiudo toccando l'argomento principe al centro del dibattito di queste ultime settimane: la stabilità e la crescita. Molto si è detto, ma noi crediamo che la crescita sia condizione per la stabilità, e da questo punto di vista la invito a sollecitare le istituzioni europee affinché si apra un dibattito sul pesante differenziale di competitività esistente tra le imprese europee, in particolare del nostro Paese, nei confronti dei competitor indo-cinesi.
Riteniamo che questa sia la strada per creare le condizioni indispensabili perché le nostre imprese possano tornare a produrre e a vendere, come hanno fatto in passato, nel mercato interno e nel mercato estero.
PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire di nuovo per una breve integrazione l'onorevole Formichella.
NICOLA FORMICHELLA. Vorrei affrontare soltanto una questione che concerne la predisposizione del nuovo trattato sulla governance economica, perché il presidente Pescante l'ha accennato prima, però non ho inteso bene la risposta.
La Camera ha seguito fin dal marzo 2010 tutte le fasi di elaborazione del nuovo quadro di governance e ovviamente intende seguirlo anche in questa fase delicata. Vorrei dire chiaramente che non è pensabile che il Governo assuma posizioni negoziali al riguardo che non siano state prima concordate con le Camere, quindi le chiedo se e come lei intenda assicurare l'informazione e la consultazione delle Camere nella fase di predisposizione del nuovo trattato.
PRESIDENTE. Do la parola al Ministro per la replica.
ENZO MOAVERO MILANESI, Ministro per gli affari europei. Nella carrellata delle diverse domande, ciascuna delle quali meriterebbe un approfondimento, prendendole raggruppate per tema.
Parto dalla possibilità di utilizzare questa fase di ulteriore eventuale emendamento da parte del Senato della riforma della legge n. 11 del 2005 per consolidare gli elementi evocati; su questo siamo ricettivi.
Ne abbiamo parlato anche in ambito di Senato, vediamo quanto sarà possibile riuscire a fare, tenuto conto anche dell'opportunità di procedere velocemente a questa revisione, che comunque ha il suo consolidato importante che ha piena corrispondenza con la situazione attuale.
Per quanto riguarda la questione del quadro finanziario pluriennale 2014-2020, cui la sua ultima domanda si riferiva, per essere assolutamente chiari come forse prima non sono stato, come posizione attuale di Governo siamo coscienti - difficilmente potrebbe essere altrimenti - di essere contributori netti al bilancio comunitario. Nello stesso tempo siamo coscienti di altri due elementi. Per quanto possa sembrare semplicemente un elemento di coscienza etica, come ho cercato di chiarire prima, avendo il nostro Paese per tanti anni fruito della solidarietà degli altri partner quando non eravamo contribuenti netti, ci sembra anche corretto reciprocare questa solidarietà.
Questo è un punto di visione più etica che materiale, però credo che abbia la sua importanza. In secondo luogo, tra le grandi politiche - ci sono le grandi e le altre ricordate anche dall'onorevole Gozi - che articolano la spesa dell'Unione europea non c'è solo la politica di coesione, c'è anche la politica agricola, c'è anche la politica di ricerca e ci sono le altre politiche (mediterranea, della cultura).
Queste grandi politiche sono comunque importanti per aree e settori del nostro Paese. Non dimentichiamo, per esempio, con riguardo alla politica agricola che il nostro settore agricolo, anche quello di qualità, anche quello di prodotti come il vino, vive anche fruendo dei contributi e dei sistemi di finanziamento della politica agricola, per non parlare di tanti altri settori importanti come il cerealicolo e l'ortofrutticolo; si tratta di un importante settore produttivo del nostro Paese, oltre che una realtà di presenza territoriale che penso sia importante valorizzare.
Politica di coesione: i fondi cofinanziati dall'Unione europea ormai caratterizzano la spesa nella politica di coesione, quindi è importante per noi preservare queste politiche non tanto perché ci danno di più di quello che noi spendiamo, quanto perché sono delle realtà importanti e consolidate nel funzionamento del nostro Paese e del nostro sistema.
Come contribuenti netti non siamo quindi nel gruppo dei contribuenti netti puri e duri - per riprendere la sua espressione -, che chiedono una riduzione del bilancio dell'Unione europea. Noi siamo nella posizione di un contribuente netto inevitabilmente cosciente di esserlo, che condiziona il proprio consenso al pacchetto che caratterizza il quadro finanziario pluriennale alla riduzione o idealmente
anche all'eliminazione di quegli elementi di criticità che riscontra nelle attuali proposte.
Ho parlato a proposito della politica agricola del fatto che ci si fondi essenzialmente sulla superficie coltivata, che non consideriamo necessariamente il criterio migliore, né nell'interesse nazionale, né forse in assoluto, laddove andrebbe privilegiato un criterio qualitativo; ho parlato per la politica di coesione di queste categorie intermedie che finiscono con l'inserirsi in un contesto di nostra caratteristica regionale, in cui non necessariamente ci si ritrova.
Siamo quindi in una posizione di critica costruttiva. Rispetto a questa posizione per il momento così delineata, ma che potrebbe spiegarsi in maniera ovviamente più dettagliata con ulteriori elementi, il negoziato entra nella sua fase più viva con la presidenza danese del 2012, e in vista di quel tipo di negoziato e di incontri sarò estremamente contento di venire a riferire qui e confrontare con voi le linee, però i grandi parametri ci sono noti, quindi potremmo andare verso una seduta estremamente costruttiva, in cui confrontiamo le rispettive preoccupazioni o considerazioni in maniera di arrivare a definire una linea nell'interesse globale di noi tutti.
Questo è molto importante: critica, coscienza, costruttività nell'approccio. Lo stesso caratterizza il discorso sul brevetto: siamo sensibili a elementi come il fattore linguistico e agli elementi evocati nell'intervento iniziale, ma siamo tuttavia anche sensibili al fatto che, se questa via della cooperazione rafforzata dovesse consolidarsi, potrebbe costituire un precedente che travalica la materia stessa del brevetto, e questa rappresenta il motivo principale della nostra posizione critica rispetto ai regolamenti.
Sul discorso della Corte non ci sembra che sussistano elementi critici di portata tale da averci consigliato di rimanere fuori dal sistema, ma purtroppo la concatenazione delle date è stata tale che non era possibile confrontare in sede parlamentare questa linea, ma tenevo a riferirvi. Siamo quindi dentro il negoziato per la costituzione della Corte e, qualora il Parlamento avesse un'idea radicalmente diversa, ci confrontiamo e in ultima analisi da un negoziato si può anche uscire (il difficile è entrarci nei tempi giusti, ma quando uno è dentro può anche decidere di uscirne, qualora non sia convinto della positività della propria partecipazione).
Essendo nel contesto negoziale per la costituzione della Corte per i brevetti, possiamo esercitare la nostra influenza - e lo stiamo facendo - per ottenere una riapertura dei termini, che purtroppo si sono chiusi prima che potessimo fare questo piccolo mutamento di direzione. Se si riaprono i termini per la presentazione di candidature per le sedi anche su stimolo del Parlamento europeo, questo permetterà a città italiane, in particolare a Milano, di presentare una candidatura.
Sta a Milano avere fiducia in questa evoluzione e quindi predisporre già un consistente dossier di candidatura da mettere sul tavolo nel caso in cui si ottenesse la riapertura dei termini, che magari si riaprono per un lasso di tempo relativamente corto, oppure non avere fiducia, perché è sempre possibile che la presidenza danese intenda lavorare sulle città attualmente già in competizione, ma questo travalica le mie responsabilità.
Per quanto riguarda il Consiglio europeo, è vero che tra l'insediamento del Governo il 16 novembre, Consiglio affari generali e competitività il 5 dicembre, una serie di missioni su fronte extra italiano per la preparazione del Consiglio europeo, è mancata la possibilità tanto a me quanto al Presidente il Consiglio di poter riferire a titolo preventivo alle Camere. Il Presidente però è andato in Senato a riferire sui risultati del Consiglio europeo e naturalmente il mio impegno rimane quello di farlo anche a titolo preventivo, in particolare davanti a voi.
Europa a 27: abbiamo sostenuto questa linea e io continuo ad essere fiducioso che la riunione che proprio oggi si è tenuta del gruppo di lavoro ad alto livello per la discussione di quel testo di progetto di trattato attualmente etichettato come internazionale,
che modificherà alcuni aspetti della politica economica e monetaria dell'Unione, così come è iniziato oggi a 26, presente anche la Gran Bretagna al gruppo di lavoro, si possa poi concludere a 27, il che sanerebbe ogni possibile vulnus.
Non vorrei apparire eccessivamente ottimista, ma continuo ad essere fiducioso su una partecipazione senz'altro attiva della Gran Bretagna a questo negoziato, e forse alla fine su un suo inserimento. I lavori sono appena iniziati, noi abbiamo una delegazione uguale a quella degli altri Paesi che è guidata dall'ambasciatore rappresentante permanente, c'è poi un rappresentante del Tesoro e il giureconsulto della rappresentanza. Ci riferiranno e nel prosieguo potrà essere utile fare degli aggiornamenti su un negoziato che appare molto importante, perché dai suoi esiti dipenderà buona parte della salute dell'euro e di conseguenza della salute dell'Unione stessa. Anche rispetto a questo esito, continuo a esprimere il mio credo ottimista.
Per quanto riguarda le azioni della crescita e le liberalizzazioni, le cose sono abbastanza collegate. La legislazione europea del mercato interno che favorisce la crescita fa leva sulla libera concorrenza, ed è rispetto a questa che dobbiamo guardare. La libera concorrenza europea è una realtà che può far crescere i nostri assetti imprenditoriali così come quelli degli altri Paesi.
Sulla concorrenza extraeuropea vigilano le norme che riguardano le procedure antidumping e gli accordi multilaterali, quindi c'è un apparato normativo che dovrebbe garantire una difesa. Non dimentichiamo mai che è vero che certi comparti industriali subiscono la concorrenza delle economie crescenti fuori dall'Europa, ma è vero anche che spesso queste economie crescenti fuori dall'Europa sono importantissimi mercati di sbocco per le nostre merci, quindi occorre sempre una valutazione ponderata.
Personalmente, sono portato a dire che non bisogna temere la concorrenza: bisogna combattere la concorrenza sleale, fatta in regime di dumping, che può essere un dumping economico ma anche sociale. Questo è un fronte sul quale come Governo ci faremo parte diligente per tenere viva l'attenzione anche a livello di Unione europea. Grazie ancora, presidente.
PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro per il suo intervento e per la sua disponibilità e dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 15,35.